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Kawasaki Ninja 300

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Kawasaki Ninja 300
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PROVE
Numero 75
18 Settembre 2012
135 Pagine
NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
Anteprima
Ducati Multistrada
1200 2013: beccata su
strada!
18 Settembre
Anno
Numero
2012
02
75
SPORT
Mercato
Kawasaki Ninja ZX-6R
Harley-Davidson Iron
883 Special Edition
Triumph Classics 2013
MotoGP San Marino
La gara, le interviste e
le pagelle
da pag. 74 a 109
| prova sportiva |
Kawasaki
Ninja 300
da Pag. 2 a Pag. 13
PROVA
MAXISCOOTER
Kymco
MyRoad 700i
All’Interno
NEWS: M. Clarke “I cilindri” | Michelin: gli pneumatici da corsa | MOTOGP: Ma Burgess sa quello che dice?
Test Ducati: nuovo telaio | Libri: Il nostro Sic | MX: N. Cereghini “Questo Cairoli arriva dritto al cuore”
Kawasaki Ninja 300
PREGI
Estetica e Finiture
DIFETTI
Sospensioni rigide
PREZZO n.d
Prova sportiva
Piccola peste!
di Cristina Bacchetti | Abbiamo provato in Germania
la nuova Kawasaki Ninja 300. Accattivante e con
un’aria decisamente da grande, arriverà nei
concessionari a dicembre. Prezzo non ancora
dichiarato ma stimato intorno ai 5.000 Euro
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PROVE
NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
awasaki Ninja 300, 100% Ninja appeal
Kawasaki affila gli artigli e anche la linea della sua piccola
sportiva, rendendola “più moto” con quel musetto che
tanto ricorda le verdone di maggiore cilindrata e che, possiamo
scommetterci, non farà dormire molti giovani aspiranti biker.
A guardarla lì, placidamente adagiata sul cavalletto, non ha proprio l’aria “da 300”: il frontale aguzzo, il profilo possente e la coda
filante le danno quell’aria da grande che forse mancava alla sorellina da 250 cc.
Anche la ruota posteriore da 140, il serbatoio ridisegnato, le frecce
integrate e gli specchietti dal design spigoloso lasciano trapelare
la voglia di maturità della piccola Ninja.Le finiture attente la rendono una entry-level “di lusso” e definirla una rivisitazione della
250R sembra riduttivo: siamo di fronte ad una moto nuova a tutti
gli effetti.
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Il motore
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SPORT
Il propulsore cresce di cubatura da 249 a 296 cc e si sente, ma gli
ingegneri di Akashi hanno prestato un occhio di riguardo a renderlo rider-friendly progettando un motore facile ma potente che si
è rivelato scattante ai bassi regimi e con un allungo che sembra
non finire mai. Sotto la verde carena batte un cuore dolce ma deciso. Il bicilindrico parallelo da 296 cc, raffreddato a liquido, eroga
una potenza di 39 cv (29 kW) a 10.000 giri, e ha una coppia di
27 Nm a 1000 giri contro i 33 cv a 10.000 giri e 22 Nm a 8.200
della 250R. La potenza di 29 kW risponde alla nuova normativa di
patente A2, che entrerà in vigore da gennaio 2013 e che porterà
la potenza massima per la guida a 18 anni da 25 a 35 kW. Salto
di qualità non solo nelle prestazioni, ma anche nella gestione delle stesse: alesaggio e corsa passano da 62,0 x 41,2 mm a 62,0 x
49,0; i condotti e le valvole di aspirazione sono stati maggiorati, i
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pistoni alleggeriti. La frizione assistita FCC è ora dotata di sistema
antisaltellamento.
La ciclistica
Il telaio a diamante è stato ridisegnato per adattarsi al nuovo motore: i tubi d’acciaio sotto al serbatoio sono più ampi per garantire rigidità; supporti e attacchi del motore in gomma e una nuova
taratura delle sospensioni diminuiscono le vibrazioni e favoriscono maneggevolezza ed equilibrio. I cerchi da 17” a 10 razze, dal
design rubato alla muscolosa ZZR 1400, calzano pneumatici da
110/70 all’anteriore e 140/70 al posteriore, che cresce quindi rispetto al 130 adottato sulla 250R. Per quanto riguarda le sospensioni troviamo una forcella telescopica da 37 mm all’anteriore e
un ammortizzatore Bottom-Link, Uni-Trak a gas al posteriore, con
regolazione del precarico su 5 posizioni.
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L’impianto frenante e l’ABS
Il comparto freni non cambia: per fermare la sua nuova Ninja 300
Kawasaki si avvale, all’anteriore, di un disco a margherita con pinza singola a doppio pistoncino e di un disco da 220mm anch’esso
a margherita e con pinza a doppio pistoncino al posteriore. Tutto come sulla sorellina da 250cc? Non proprio, la vera novità sta
nell’introduzione dell’ABS, disponibile come optional - un sistema di ultima generazione, progettato da Nissin, più compatto del
40% e notevolmente alleggerito.
Strumentazione
Tutto nuovo anche dietro al cupolino: la strumentazione abbandona il look classico della 250 e punta ad una linea decisamente
più sportiva, anche qui con un forte richiamo alle Ninja “più grandi”. Lo schermo LCD riporta tutte le informazioni utili al pilota:
tachimetro analogico, orologio, indicatore di carburante, doppio
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contachilometri parziale e indicatore di consumo. Le spie di segnalazione, indicatori di direzione e luci completano il quadro
comandi. Resta il sempre gradito pulsante del lampeggio. Manca solo l’indicatore della temperatura esterna, ma visto il meteo
avverso e il freddo che hanno fatto da cornice al nostro test, ne
abbiamo fatto volentieri a meno!
Come va?
Così come alla vista, anche la prima sensazione in sella è quella di essersi accomodati su una moto di cilindrata maggiore. Il
peso importante (172 kg in ordine di marcia che diventano 174
con l’ABS) svanisce non appena in marcia, e non va ad inficiare
la maneggevolezza della moto nemmeno nelle manovre a motore
spento grazie alla sella posta a 785 mm da terra. In questo senso
la piccola verdona strizza l’occhio anche ai piloti meno esperti e
alle fanciulle più esili. A tal proposito, un dato molto interessante
riguardo alle vendite della Ninja 250R: su 13.600 unità vendute in
Europa, il 22% del mercato l’hanno fatto le donne. Una bella fetta,
che va a confermare il piacevole avvicinamento delle ragazze al
mondo delle due ruote sportive. Un giro di chiave e, dopo il check
di rito, la nostra Kawa è pronta a scarrozzarci per le strade di Francoforte. La risposta del gas è pronta e decisa (molto più che sul
250) ma, scopriremo poi, la spinta del propulsore è costante e
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SPORT
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Una stabilità che non ti aspetti da “una piccolina”,
che non mette in crisi il neofita e rende
goduriosa la guida al biker più navigato
regolare per tutto il range di erogazione. Un breve tratto autostradale (senza limiti di velocità) ci permette di testare la velocità a
full gas e il tachimetro va a sfiorare i 180 km/h; qui la Ninja stupisce per stabilità e protezione aerodinamica: si avverte qualche
“ondeggiamento” solo nei curvoni più impegnativi e a velocità
decisamente sostenuta. Finita l’ebbrezza del tratto autostradale
ci ritroviamo catapultati nel traffico tedesco mattutino. Anche qui
la piccola di Akashi si dimostra a suo agio e forte di un’agilità che
la rende fruibile anche nel quotidiano tran tran metropolitano. La
leva della frizione è più vicina e più morbida rispetto a quella della
duemmezzo, accorgimento sicuramente gradito da chi bazzica
spesso tra code e semafori. Altro punto a favore del comfort lo
fanno le prese d’aria sulle carene: un nuovo sistema di deflettori
convoglia l’aria calda verso il basso, in modo che il guidatore non
subisca spiacevoli ondate di calore. Appena fuori Francoforte, tra
le belle strade della Foresta del Taunus, la Ninja 300 dà il meglio di
sé. E’ questo l’ambiente che più le piace: tratti veloci e mille curve
da disegnare con precisione. E’ qui che esce tutto il piacere di guida che la Ninja ha da offrire rivelandosi facile e intuitiva e dotata di
una ciclistica da vera supersport. Si inserisce in curva con precisione e ne esce con altrettanta sicurezza. Una stabilità che non ti
aspetti da “una piccolina”, che non mette in crisi il neofita e rende
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SPORT
Interessante...
Non male come entry level
nel mondo delle moto vere....
old.style - 08/09/2012
Bella
Ma si, mi piace.
Da possessore dello ZZR 250
dico che se hanno reso il motore
più fruibile ai regimi medio bassi
hanno fatto un buon lavoro..
PaperLeo - 08/09/2012
1
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2
1 La strumentazione abbandona il
look classico della 250 e punta ad una
linea decisamente più sportiva.
2 Il comparto freni non cambia,
all’anteriore, di un disco a margherita
con pinza singola a doppio pistoncino.
3 La leva della frizione è più vicina
e più morbida rispetto a quella della
duemmezzo.
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Kawasaki
SCHEDA TECNICA
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goduriosa la guida al biker più navigato. Anche le pedane alte leggermente arretrate e la nuova ergonomia della posizione in sella
aumentano il piacere di guida. Un po’ più sacrificata e senza appigli, come da copione su moto di questo segmento, la parte riservata al passeggero. Idem per quanto riguarda lo spazio sotto sella,
un po’ risicato e capace di ospitare un bloccadisco, qualche attrezzo per le emergenze e poco più. Promosso l’impianto frenante:
dolce all’anteriore, più mordace invece al posteriore. Promossa
anche l’adozione dell’ABS optional. Un po’ rigide le sospensioni,
che faticano ad incassare pavè e sconnessioni del manto stradale. La Kawasaki Ninja 300 debutterà sul mercato a dicembre 2012
in due colorazioni: il classico verde Lime Green e il nero Ebony.
La manutenzione è prevista ogni 6.000 chilometri. Il prezzo non
è stato svelato, così come i consumi che però si preannunciano
contenuti. Saranno disponibili nel catalogo accessori l’immancabile plexi fumè, il coprisella monoposto e i tamponi paracarena.
Dato che la 300 andrà a sostituire a listino la 250, ci si aspetta un
prezzo vicino ai 4.990 Euro della precedente versione o poco più.
Per la versione con ABS ce ne vorranno 500 in più.
Ninja 300
Tempi: 4
€ n.d
Cilindri: 2
Cilindrata: 296 cc
Disposizione cilindri: in linea
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 39.4 cv (29 kW) / 11000 giri
Coppia: 2.8 kgm (27 Nm) / 10000 giri
Marce: 6
Freni: D-D
Misure freni: 290-220 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 172 kg
Lunghezza: 2015 mm
Larghezza: 715 mm
Altezza: 785 mm
Capacità serbatoio: 17 l
Segmento: Sportive
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MOTOCROSS
Il nostro tester ha provato la nuova Ninja 300, che con 50 cc in più
punta al mercato dei giovani e anche al cuore delle motocicliste.
Ecco l’opinione dei concessionari
D
iverse le soluzioni di
derivazione pistaiola
nella nuova nata Kawasaki: il telaio - si è lavorato
molto sulla stabilità - e soprattutto la frizione antisaltellamento con servoassistenza
FCC che facilita e rende più
sportiva la guida. Attenzione
anche per il comfort, sotto
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forma di riduzione delle vibrazioni nonché un più efficace smaltimento del calore da parte della carenatura, dotata di nuovi estrattori, che avvicinano la piccola Ninja al livello di moto di cilindrata
superiore.
Ma lasciamo la parola ai concessionari, ecco le domande che
abbiamo posto loro:
1. Conoscete già tempi di consegna e tempi di listino?
2. I lettori apprezzano sempre più le piccole cilindrate. C’è un
riscontro nelle vendite di moto come la Ninja?
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Kawasaki Ninja 300
la parola ai concessionari
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3. L’aumento di cilindrata va incontro ai desideri della vostra
clientela?
4. Qual è il cliente tipo della Ninja 300?
Di Giuseppe Motors, Avezzano AQ. Risponde Massimo Di Giuseppe.
1. Si presuppone arrivi prima di dicembre.
2. Ci auguriamo di sì. Dalle nostre parti si vendono moto più impegnative. Anche perché noi non soffriamo il peso assicurativo.
3. Credo di no, ma la moto è bella e accattivante. Ci aguriamo che
svegli un po’ l’animo dei 18enni e che gli venga in mente di risalire
in sella. Io vendo moto soprattutto a over quarantenni.
4. Mi auguro che faccia riscoprire la motocicletta ai giovani essendo piccola cilindrata con piccoli costi di gestione e prezzo poco
impegnativo. Quando arriverà vedremo.
Drag Center, Pradamano UD. Risponde Moreno Tantin.
1. No, non abbiamo prezzi e date.
2. Sì, il riscontro c’è.
3. Sì, anche se in questo caso bisognerà vedere i dati tecnici per
vedere in quali categorie assicurative ricadrà.
4. Buona parte sarà di neofiti e
attirerà anche il pubblico femminile.
Debert Jr, Bari. Risponde Michele De Benedictis.
1. No, non sappiamo ancora
nulla.
2. Sono un ripiego per via del
costo assicurativo, ma non credo siano così richieste.
3. Credo di sì , anche se la differenza è minima.
4. Il ragazzo che ha appena
preso la patente e ha voglia di
guidare una moto sportiva.
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Kymco MyRoad 700i
PREGI
Estetica, comfort e prestazioni
DIFETTI
Consumi e sella migliorabile anteriormente
PREZZO € 7.999
Prova MAXISCOOTER
Lampo taiwanese
di Maurizio Tanca | Il Costruttore di Kaohsiung ha dimostrato
un gran coraggio, dando il via al progetto MyRoad.
Comodo, potente e veloce, ha anche gli ammortizzatori
servoassistiti di serie. E costa 1 euro… meno di 8.000
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ymco MyRoad 700i. La nostra prova
SUPERBIKE
La gestazione è stata lunga, prima che Kymco decidesse
di avviare le catene di montaggio del più ambizioso e prestigioso dei suoi maxiscooter, ovvero il poderoso MyRoad 700i. Se
ricordate, già all’Eicma milanese di sette anni fa la dinamica azienda taiwanese presentò orgogliosamente il suo nuovo, potente motore bicilindrico da 700 cc pieni, con 59 cavalli dichiarati all’attivo.
Da quel momento, gli impallinati del “di tutto, di più” iniziarono
ovviamente ad attendere l’avvento di quello che sarebbe stato lo
scooter più grosso e prestante mai prodotto, e che effettivamente
apparve esattamente un anno prima del lancio del Gilera GP800.
Tuttavia trascorse un altro paio d’anni prima di vedere il primo
super Kymco, al Tokio Motor Show e ancora all’Eicma del 2007.
Dopodiché, di nuovo il silenzio. In azienda probabilmente sorsero
comprensibili dubbi sul fatto di costruire e commercializzare un
mezzo di tale livello, quando si sentiva già forte odore di crisi un
po’ ovunque. E in ogni caso, uno scooter al super-top di gamma e
così tecnologico – si parlò fin da subito di sospensioni a controllo
elettronico – non poteva certo costare tanto meno di un T-Max, di
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MOTOCROSS
SPORT
un Burgman 650 o di un Silver Wing, né dello stesso Gilerone, che
nel frattempo era già stato commercializzato, seppur con numeri
poco eclatanti. Ma ecco che all’inizio dell’anno scorso Kymco Italia
fece provare alla stampa specializzata un esemplare di preserie
del MyRoad, naturalmente il più possibile affinato e adeguato al
mercato europeo, per raccogliere commenti e impressioni eventualmente utili all’industrializzazione finale. Dopodiché se ne annunciò finalmente la commercializzazione per l’autunno successivo - con Abs e sospensioni posteriori elettro-attuate di serie, nelle
colorazioni argento metal, bianco ice e nero - al prezzo di 7.999
euro e con garanzia di tre anni. Una quotazione effettivamente
competitiva rispetto ai concorrenti sopra citati, ai quali peraltro
ora vanno ad aggiungersi anche i due “gemelli diversi” BMW ed
il nuovo Aprilia SRV 850, quest’ultimo oggi anch’esso disponibile
non solo con l’ ABS, ma anche con il controllo di trazione.
Stile ed equipaggiamento
Lo stile del MyRoad, un classico per questa categoria da guida a
gambe allungate, è stato studiato aerodinamicamente per evitare
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a chi sta in sella flussi d’aria eccessivamente fastidiosi, sebbene
il parabrezza – bello e ben proporzionato – non sia regolabile in
altezza. Elegante, ben dotato e piuttosto curato nei dettagli e nelle
rifiniture, il più prestante dei maxi a ruote basse orientali spicca
per il suo inconfondibile frontale dominato da un potente trittico
di fari alogeni piazzati a triangolo, con l’inferiore affiancato dalle
lucine di posizione; la coppia superiore invece si occupa di garantire un poderoso fascio di profondità, e ai suoi lati sono incorporati gli indicatori direzionali multi-led. Ma un trionfo di sfavillanti
lucine led domina letteralmente anche l’ampio codone, sovrastato
dal gruppo portapacchi e maniglioni in lega leggera. Bello anche
lo scarico a sezione ovale. La strumentazione di bordo verte su
un cruscotto quasi identico a quello del fratellino Downtown 300:
quindi con tachimetro (che qui però ospita anche il termometro
per il liquido refrigerante) e contagiri analogici con lancette retroilluminate, separati da un display a cristalli liquidi discretamente
completo: orario, indicatore di livello benzina, chilometraggio totale e due parziali e indicatore di settaggio degli ammortizzatori.
Dato il lignaggio del mezzo, un indicatore di consumo istantaneo
e medio con calcolo del chilometraggio residuo in riserva sarebbe
stato certamente ben accetto. Una finestrella a sinistra del tachimetro ingloba le piccole icone luminose che segnalano la riserva,
la pressione e l’intervallo di sostituzione dell’olio, ed eventuali malfunzionamenti dell’ABS. Nella finestrella gemella di destra compare invece la spia della batteria. I comandi elettrici al manubrio
sono tradizionali e ed ergonomicamente soddisfacenti, mentre
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SPORT
Ha un ruggito rauco e grintoso che mi ricorda
un po’ (non sobbalzate sulla sedia, dai…) quello da
macho delle MV Agusta
le leve dei freni sono regolabili,
ma già nella posizione più vicina alla manopola per qualcuno
potranno risultare comunque
troppo distanti. Discretamente
ampi ed efficienti i retrovisori
cromati. Esaminando il retroscudo, al centro troviamo il
blocchetto multifunzione con
protezione meccanica tipo Suzuki (che se ricordo bene lo ha
praticamente inventato con il
primo Burgman, nel 1998): il sistema keyless con trasponder,
presente sul veicolo esposto in
fiera, e presumibilmente anche
su quelli destinati all’estero,
è stato dunque abbandonato,
probabilmente per motivi di
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costi. La classica chiave di avviamento, quindi, comanda anche la
serratura della sella e l’apertura a scatto del tappo di rifornimento, comodamente sistemato in alto, sulla destra del retro-scudo
stesso. Una volta estratta, la chiave stessa è sagomata in modo
da far scattare una ghigliottina che blocca l’accesso alla fessura
del blocchetto. Appena sotto il quale troviamo un comodo gancio
porta borse fisso. A destra, più in basso, troviamo invece la leva
sollevando la quale si inserisce il freno posteriore di stazionamento; l’operazione di sblocco richiede però un discreto sforzo. Da
notare anche la leva piatta perfettamente inglobata a sinistra del
blocchetto di accensione: tirandola con l’indice, si aprono a scatto
le belle pedane del passeggero, ben inglobate nella carrozzeria .
Ancora più a sinistra figura un cassettino con coperchio a scatto
(senza serratura), che sul pavé più tenace a volte si apre da solo.
Sotto al faraonico sellone, dotato di supporto lombare (purtroppo
non regolabile) per il pilota, e di un piccolo cassettino portaoggetti
in punta, l’opulento MyRoad offre un vano di notevole capienza,
visto che può ospitare tranquillamente due caschi integrali a magari anche un paio di tutine impermeabili: il ripostiglio, rivestito
internamente in tessuto sintetico, ha però il bordo leggermente
più stretto posteriormente, quindi sistemare il casco lì dietro è
più laborioso. Naturalmente nel sottosella non mancano la sempre benvenuta presa a 12 Volt né la lucina di cortesia, che però è
posizionata in basso, quindi la sua utilità viene vanificata quando il
vano è pieno. Un appunto alla serratura della sella, sovente un po’
ostica da sbloccare sul mezzo da noi provato.
Il motore
Bicilindrico parallelo, naturalmente con ciclo a 4 tempi, il motore
SAAD-KKE5 del MyRoad non ha i cilindri perfettamente orizzontali, bensì inclinati all’insù di 20°, con un rapporto alesaggio/corsa - 76,9x75,3 mm - che porta ad una cubatura effettiva praticamente “piena”: 699,5 cc. Il rapporto di compressione è di 10,5:1,
e le otto valvole a disposizione sono governate da una coppia di
alberi in testa azionati da una catena laterale a sinistra. L’albero
motore, monolitico e con bielle scomponibili che lavorano su bronzine, è fasato a 360°: quindi i due pistoni scorrono paralleli, ma
controbilanciati da un apposito albero ausiliario, necessario per
ridurre il più possibile il tasso
di vibrazioni. Il raffreddamento
è logicamente a liquido, mentre la lubrificazione è forzata,
con scambiatore di calore per
il raffreddamento dell’olio sistemato anteriormente al basamento, sotto ai cilindri, e con
relativo filtro a lato. L’alimentazione è ad iniezione elettronica,
dotata di due corpi farfallati da
36 mm di diametro, mentre la
trasmissione è affidata ad un
variatore continuo collegato
alla frizione centrifuga tramite
una classica cinghia trapezoidale, e finale a ingranaggi. Il
bicilindrico taiwanese è accreditato di 58,8 cv (43,23 kW) a
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MOTOCROSS
I numeri del MyRoad
Il serbatoio tiene 15,2 litri, il piano sella è a 780 mm da terra, ed il
peso a secco, pure dichiarato, è di 281 kg che col pieno di benzina
diventerebbero circa 292: siamo a livello di un’Harley, praticamente, il che regala al maxi-Kymco un senz’altro poco ambito record
di categoria. Per il corpulento capo-flotta taiwanese, il costruttore dichiara una velocità massima di 170 km/h, che alla prova dei
fatti sono diventati 173 effettivi nella media dei passaggi. Quanto
ai consumi, la media rilevata nel corso di una settimana lungo il
nostro abituale percorso casa-ufficio e ritorno (una sessantina di
chilometri al giorno di strade urbane ed extraurbane decisamente
popolate) si è stabilizzata sui 15 km/litro, mentre in passeggiata
ad andatura “moderatamente svelta”, ma senza eccedere con
l’acceleratore – o meglio, cercando di non superare i 4.000 giri - si
possono anche sfiorare i 18 km/litro; idem in autostrada, viaggiando costantemente sui 140 orari indicati.
La ciclistica
Il bicilindrico Kymco è solidamente ingabbiato in un robusto telaio a doppia culla chiusa
in tubi di acciaio rinforzato da
piastre stampate. E davanti
vanta una forcella tele idraulica
con steli da 41 mm con tanto di
doppia piastra, ed escursione
di 108 mm. Una forcella tipo
moto, dunque, che per la prima
volta venne adottata da Yamaha già sul primo TMax, seguita
da Suzuki (Burgman 650) e
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SPORT
pistoncini paralleli, ed ABS Bosch a doppio canale con sistema di
autodiagnosi dei vari componenti elettronici ed idraulici.
7.250 giri, con una coppia massima di 6,4 kgm (62,7 Nm) a
6.000.
18 Settembre
MyRoad on the road
Diciamo che il primo approccio con il muscolosissimo
Kymcone potrebbe certamente lasciare un po’ perplesso
chi non è abituato a muoversi
con scooter di questa stazza. È
successo anche a noi, e del resto tre quintali sono tanti, te ne
accorgi nelle manovre a spinta
(guai a rimanere a secco!) e per
qualcuno anche quando c’è da
issarlo sul cavalletto centrale,
cosa che, tuttavia, con un minimo di malizia alla fine diventa
agevole. Detto questo, mi ci è
voluto solo qualche centinaio di
metri per prendere confidenza
con il poderoso Kymco 700,
pure dalla Malaguti per lo Spydermax 500 monocilindrico. Ma anche dalla stessa Kymco, già sugli Xciting 250, 300 e 500 e poi sul
più recente Downtown. E oggi è stata adottata anche dalla SYM,
sul Maxsym 400 e (finalmente) dalla Honda, sulla meticcia Integra
700. Come già detto, in Kymco non si sono fermati alla forcella
motociclistica, ma hanno anche dotato i due ammortizzatori posteriori - regolabili manualmente in precarico molla su 5 posizioni,
con 96 mm di escursione - del sistema MCS (MyRoad Control System) di regolazione elettronica delle rispettive idrauliche: tramite
un pulsantino vicino a quello d’avviamento, il pilota può comodamente scegliere a rotazione, anche in movimento, la taratura
posteriore preferita tra le tre disponibili, ovvero S come “soft”,
morbido, M come “Middle” e H come “hard”, rigido. Tarature che,
come vedremo, andrebbero però senz’altro ritoccate. Le ruote,
3,00x15” davanti e 3,50x14” dietro, sono equipaggiate con radiali
Maxxis da 120/70 e 160/60. Quanto ai freni, abbiamo due dischi
anteriori da 280 mm e posteriore da 240 (con pinza separata per il
freno meccanico di stazionamento), dotati di pinze flottanti a due
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SPORT
che certamente non è catalogabile come mingherlino, ma nemmeno è così ingombrante da soffrire in colonna; e non è neppure goffo
nei movimenti, se non nelle manovre a bassissima velocità: tant’è
che, grazie anche al suo sterzo generoso, in breve ci si muove nel
traffico con buona disinvoltura, più o meno come con un qualsiasi
altro maxiscooter . Quanto alla postura, si siede comodamente a
busto eretto e abbastanza vicini al manubrio, con gambe e braccia
in posizione naturale, su una sella larga ma non troppo alta, che
però avrebbe bisogno di un rialzo in punta per poter mantenere
la posizione anziché scivolare in avanti, specie in frenata. Molto
apprezzabile la possibilità di spostare i piedi a piacimento su una
pedana che, essendo solo moderatamente svasata al centro (per
poter poggiare un po’ meglio i piedi a terra), in effetti è sfruttabile
per tutta la sua lunghezza. Il che aiuta molto nei lunghi viaggi in
autostrada, per esempio, ma anche nella guida spigliata: gli amanti dell’argomento troveranno infatti comodo poter usare anche le
gambe per indirizzare il mezzo sui percorsi tortuosi, come spesso
si usa fare in moto.
18 Settembre
Il passeggero sta seduto più
in alto, ma certamente non se
la passa affatto male, anche a
livello di protezione dall’aria,
che personalmente ho trovato
globalmente più che accettabile. E se non si è lamentata la
mia “zavorra” abituale (che mi
segue da quasi trent’anni e non
lesina certo critiche anche severe quando non si sente a suo
agio) posso dire che il MyRoad
supera bene anche l’esame
passeggero, a maggior ragione disponendo di un comodo
bauletto come appoggio. Vediamo il motore. Il Kymco KKE5 non è certo un esempio di
silenziosità meccanica, e si fa
sentire con un ruggito rauco e
grintoso che mi ricorda un po’
(non sobbalzate sulla sedia,
dai…) quello da macho delle
MV Agusta… Il MyRoad, insomma, si esprime con un vocione
cupo che dai e dai diventa perfino coinvolgente, a corollario di
prestazioni decisamente gratificanti, pur se accompagnate da qualche vibrazione sulla
pedana. Lo spunto da fermo
paga naturalmente pegno alla
stazza del mezzo, quindi c’è
bisogno di dar tanto gas per
schizzare via di fretta (e il consumo ovviamente ne risente),
ma non è che partendo normalmente l’accelerazione sia propriamente morta, tutt’altro…
Il grosso bicilindrico regala
dunque buone soddisfazioni,
con una progressione che inizia
a farsi decisamente vigorosa
quando la lancetta del contagiri valica quota 4.000 per poi
schizzare in avanti con una
rapidità esaltante, che porta
molto in fretta ben oltre i limiti
autostradali consentiti. Questo
elegante maxi GT automatico
non ha sicuramente alcun problema a macinare tappe di centinaia di chilometri in autostrada (autonomia media circa 220
km, prima della riserva). Ma,
una volta prese le sue misure e
imparato a conoscerne carattere e reazioni - nello specifico
compensando la sua tendenza
ad allargare un po’ nelle svolte
strette: del resto la lunghezza
è quella che è… - è veramente
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ZOOM
ZOOM
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Anno
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2012
02
75
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SPORT
Brava KYMCO
Fortunatamente la Kymco
propone in tutti le taglie i suoi
scooter, dando la possibilità a chi
cerca un mezzo di determinate
caratteristiche, di poter scegliere
con una valida alternativa in più
ad un prezzo sempre
conveniente.
lucacacaca - 13/07/2012
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1
2
1 Frontale dominato da un potente
trittico di fari alogeni piazzati a
triangolo.
2 La strumentazione di bordo verte
su un cruscotto quasi identico a
quello del fratellino Downtown 300.
3 Sotto al faraonico sellone l’opulento
MyRoad offre un vano di notevole
capienza.
28
veramente soffice per muoversi in città e sullo sconnesso, promuovere l’attuale Soft a Middle, per la guida normale da passeggiata e, ovviamente, denominare Hard l’attuale Middle, con la
quale divertirsi a guidare sui bei percorsi lisci e curvilinei, anche
veloci. I freni, dal canto loro, hanno una potenza decelerante effettivamente notevole, e anche provando la classica staccatona alla
Joe Bar lo scooter non si scompone più di tanto, fermo restando
che l’Abs, come quasi sempre accade, posteriormente si fa sentire molto prima e più frequentemente che davanti, specialmente
in caso di rapido trasferimento di carico sulla ruota anteriore. E
quindi anche, e soprattutto, in discesa.
Resta il fatto che la prima parte di corsa delle leve in effetti non
sortisce granché, quindi bisogna imparare lavorare d’anticipo cosa che, giocoforza, con l’abitudine vien presto naturale – e usare tanta forza per ottenere il meglio.
Kymco
SCHEDA TECNICA
3
divertente usarlo anche sul misto, dove sfodera doti di piegatore ben superiori alle aspettative. E anche nei frequenti cambi di
direzione tipo Valtrebbia non serve chissà che impegno per condurlo ad andatura allegra, con l’appoggio di gomme che definirei
più che oneste. Quanto alla guida sul veloce, il MyRoad fila dritto
come un fuso anche al massimo, curvoni compresi, magari innescando qualche pendolamento di avantreno nel caso si chiuda il
gas in curva, per poi recuperare riaccelerando. E qui subentra il
discorso sospensioni. La forcella ha una buona scorrevolezza, ma
purtroppo soffre parecchio il pavé spesso severo del centro cittadino rimbalzando fastidiosamente, se non marciando lentamente. Quanto agli ammortizzatori, diciamo che la taratura minimale
non fa certo onore alla definizione Soft, mentre la Hard è davvero
troppo rigida, anche viaggiando in coppia. La soluzione ottimale,
per quanto mi riguarda, sarebbe disporre di una taratura di base
Myroad 700i
Tempi: 4
€ 7.999
Cilindrata: 699.5 cc
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Marce: AV
Normativa antinquinamento: Euro 3
Lunghezza: 2230 mm
Larghezza: 830 mm
Altezza: 780 mm
Segmento: Scooter Ruote basse
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Sorpresa sulle strade dell’Appennino: ecco la Multistrada 1200
che a prima vista ha tutta l’aria di essere l’edizione 2013, che
verrà presentata alla stampa la prossima settimana. Cosa cambia
L
a nuova Ducati
Multistrada
1200 2013
Sorpresa sulle strade dell’Appennino: un lettore ha fotografato questa Multistrada 1200
che a prima vista, fin dagli accostamenti cromatici, ha tutta
l’aria di essere l’edizione 2013,
30
quella che verrà presentata alla stampa la prossima settimana.
Deve trattarsi del modello Pikes Peak, quello più aggressivo e
sportivo della serie Multistrada: si notano infatti i tipici particolari in fibra di carbonio, e rispetto alla versione oggi in commercio
l’accostamento delle tinte è diametralmente opposto. Se guardiamo con attenzione, sono certamente inedite le ruote Marchesini
a tre razze sdoppiate, anzi triplicate; e diversa è la sella, costruita
con due materiali diversi e cucita a vista con un effetto di maggiore eleganza; probabilmente anche la seduta è più comoda. Pare
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Numero
2012
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News
SPORT
La nuova Ducati
Multistrada 1200 2013
18 Settembre
differente anche il parabrezza
e pure il doppio faro, che è più
esteso sui fianchi del cupolino;
forse lo stesso cupolino è leggermente più grande. Si vocifera che ci siano novità anche
al reparto sospensioni (ancora
più elettronica?); certamente
è inedita la colorazione grigia
dei foderi della forcella. In ogni
modo, per i nostri lettori si tratta di pazientare ancora una
settimana: il nostro Francesco
Paolillo è in partenza per Bilbao
dove proverà la nuova Ducati.
Ne conoscerete dunque ogni
dettaglio.
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SPORT
Kawasaki Ninja ZX-6R:
foto, video e scheda
tecnica
La nuova Ninja ZX-6R 636 garantisce
prestazioni elevate grazie alla cilindrata
aumentata a 636 cm3. Nuovo il sistema
KTRC a 3 modalità, la selezione della
mappatura motore e il sistema KIBS già
visto sulla Ninja 1000
6
36, un numero che è già leggenda
Era l’ormai lontano 2002 quando Kawasaki decise di
non considerare più vincolante la cilindrata 600. Aumentandola di 37cc fece lievitare la cubatura della sua ZX-6R a 636
cambiandone appunto, solo per quell’anno, la denominazione in
ZX-636R. E rendendola immediatamente la “600” più prestante
sul mercato, grazie a qualche cavallo in più ma soprattutto ad un
vigore ai medi regimi sconosciuto alle avversarie - il successo è
stato pressoché immediato. L’anno successivo il nome del modello (stavolta completamente rinnovato) tornò ad essere ZX-6R, ma
la cilindrata maggiorata rimase; per poter continuare a correre nei
campionati Supersport, la casa di Akashi produsse una versione in
serie limitata, la ZX-6RR, da 599cc. La doppia cilindrata restò fino
al 2008, quando Kawasaki decise di tornare alla cubatura “legale”
per i campionati Supersport anche per il modello base .
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La nuova Ninja 636
Tutto cambia di nuovo per il 2013: la nuova ZX-6R, oltre ad essere
oggetto di un leggero restyling, tornerà alla cilindrata maggiorata.
Non c’è traccia, almeno sul mercato USA, di versioni a cilindrata ridotta per l’uso in gara, ma l’omologazione per le gare non richiede
necessariamente una certificazione EPA e non è ipotesi peregrina
che tale modello esista ma non ne sia prevista la circolazione stradale negli Stati Uniti. Ad EICMA sapremo tutto.
Motore quattro cilindri in linea da 636 cm3
Il nuovo motore è caratterizzato da una corsa più lunga per portare la cilindrata a 636 cm3. Alesaggio e corsa sono stati modificati
come segue: ZX600R ZX636E/F, Cilindrata 599 cm3 636 cm3,
Alesaggio x corsa 67,0 x 42,5 mm 67,0 x 45,1 mm. L’aumento della cilindrata migliora le prestazioni del motore a tutti i regimi. In
particolare, la coppia a regimi medio-bassi è superiore. I condotti
di aspirazione e di scarico sono stati perfezionati per adattarsi alla
maggiore cilindrata del motore e regalare prestazioni migliori e
una sensazione di maggiore potenza. Il condotto di aspirazione è
più largo in prossimità dei corpi farfallati e i passaggi che portano
alle valvole si dividono prima. Il condotto di scarico è più largo in
prossimità delle valvole di scarico. Gli alberi a camme sono stati
modificati per sfruttare la maggiore cilindrata. Aumentando la durata in aspirazione e l’alzata per aspirazione e scarico abbiamo migliorato la potenza massima. Il cielo del pistone è stato modificato
in linea con l’aumento dell’alzata della valvola. Anche il rapporto
di compressione è diminuito a 12,9:1 (da 13,3:1) per ottimizzare le
prestazioni con l’aumento della cilindrata. Le modifiche al cielo del
pistone ne aumentano inoltre la robustezza. Il mantello del pistone
con rivestimento al molibdeno riduce l’attrito e facilita il rodaggio
del motore. I nuovi spinotti del pistone (precedentemente affusolati, ora diritti) migliorano la rigidità. Le bielle sono più robuste per
adeguarsi all’aumento della potenza e sono più corte di 1,5 mm
(94,5 mm >> 93 mm). Gli steli più spessi (12-14 mm >> 14-16
mm) e il raggio maggiore del piede (21,5 mm >> 22,5) aggiungono
solidità. I condotti di collegamento tra i cilindri sono stati modificati per adattarli alla maggiore escursione dei pistoni prodotta
dalla corsa più lunga (la forma dei condotti è cambiata e l’area è
34
18 Settembre
leggermente aumentata) Il volume maggiorato della scatola
del filtro dell’aria (4.530 cm3
>> 5.090 cm3) contribuisce
all’aumento della potenza massima e ad un’erogazione omogenea. I cornetti d’aspirazione singoli (precedentemente
doppi) più lunghi garantiscono
prestazioni
particolarmente
elevate ai regimi medio-bassi.
Cornetti di due forme differenti (#1 e #4 sono uguali tra loro,
così come #2 e #3) garantiscono una sensazione di maggiore
potenza.
Gli iniettori a nebulizzazione
ultra-fine che erogano particelle inferiori a 60 μm assicurano
una miscelazione aria-carburante ottimale per una maggiore efficienza di combustione.
Regolazioni più precise contribuiscono a ridurre le emissioni. Gli iniettori garantiscono un
volume di carburante maggiore per alimentare la cilindrata
superiore. I compensatori collegano i quattro collettori di
scarico (in precedenza erano
collegati solo 1-2, 3-4), contribuendo ad aumentare la coppia ai regimi medio-bassi. Il design a sezione triangolare del
silenziatore assicura il volume
richiesto garantendo un angolo di inclinazione elevato e un
aspetto compatto.
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Forcella di ultima generazione: SFF-BP
(Separate Function Fork – Big Piston)
Riunendo i concetti di Showa SFF e BPF, la nuova forcella è dotata di molle su entrambi i lati, con la regolazione del precarico
nello stelo sinistro e lo smorzamento affidato allo stelo destro.
Lo spessore più sottile (2 mm >> 1,7 mm) degli steli della forcella riducono il peso di 220 g. Come con la forcella BPF, l’azione
La nuova frizione servoassistita anti-slittamento F.C.C. è
stata sviluppata in collaborazione con il settore corse. La
nuova frizione impiega due tipi
di camme, una camma servoassistita e una antislittamento.
Quando il motore gira a regimi
normali, la prima camma funge
da dispositivo servoassistito,
avvicinando il mozzo della frizione al piatto spingidisco per
premere sui dischi della frizione. In questo modo il carico
totale delle molle della frizione
può essere ridotto, alleggerendo la leva di azionamento della
frizione. Un numero minore di
molle (3 anziché le 6 della Ninja
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2012
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stessi della ZX600R, garantendo una ciclistica estremamente
equilibrata e famigliare. I componenti del telaio di base offrono un
eccezionale equilibrio tra agilità, stabilità a metà curva e capacità
di cambiare traiettoria in qualsiasi momento, riunito all’eccellente
reattività della ciclistica. L’angolo di incidenza più stretto (24o >>
23,5o) migliora la maneggevolezza. Le dimensioni del telaio sono
essenzialmente le stesse della ZX600R. Gli steli della forcella sono
però più alti di 2 mm: l’abbassamento dell’avantreno migliora l’agilità sulle strade tortuose. Il nuovo design del paraolio del piantone di sterzo riduce l’attrito, aumentando la maneggevolezza in
maniera evidente intorno ai 50-60 km/h. I nuovi pneumatici Bridgestone S20 offrono una maggiore tenuta di strada.
Tecnologia della
frizione di
derivazione racing
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morbida nella parte iniziale della corsa garantisce un’eccellente compostezza in frenata.
Il pistone dell’ammortizzatore
dal diametro superiore è molto più grande di quello usato
in una forcella a cartuccia delle stesse dimensioni. L’azione
dell’olio all’interno della forcella su una superficie molto
più ampia permette di ridurre
la pressione mantenendo la
stessa forza di smorzamento.
La riduzione della pressione di
smorzamento consente un movimento più uniforme del tubo
scorrevole, che risulta particolarmente evidente nella parte
iniziale della corsa. Il risultato è
un maggiore controllo all’inizio
ZX-6R 12MY) si traduce in una leva più morbida del 20%. La camma servoassistita permette inoltre di incrementare la capacità di
coppia della frizione, in modo da adattarsi al motore più potente senza aggiungere peso. In caso di freno motore eccessivo, ad
esempio a causa di una serie di scalate rapide o di una scalata accidentale, la camma antislittamento si attiva allontanando il mozzo e il piatto spingidisco. In questo modo si allevia la pressione sui
dischi della frizione per ridurre la coppia in scalata e prevenire derapate e saltellamenti dello pneumatico posteriore. Il mozzo della
frizione, prima in acciaio e ora in alluminio, riduce il peso di circa
600g. L’uso di un piatto portamolle all’interno della frizione contribuisce ad un azionamento più morbido e a ridurre al minimo il
rumore di vibrazione (saltellamento) della frizione.
Trasmissione
La 1a marcia più corta agevola la partenza da fermi, aumentando
la sfruttabilità su strada.
Il materiale e lo spessore degl’ingranaggi sono stati modificati per
adattarsi alla maggiore coppia del nuovo motore.
Telaio migliorato
Telaio, telaio posteriore e forcellone sono essenzialmente gli
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comprimersi più facilmente migliorano il comfort di guida al retrotreno, offrendo una sensazione di maggiore morbidezza in città o
in autostrada.
Sospensione
posteriore
Con lo stesso sistema presente sull’ammiraglia ZZR1400 2012,
l’impianto KTRC della nuova Ninja ZX-6R 636 riunisce i migliori
elementi dei due sistemi di controllo della trazione di Kawasaki,
S-KTRC e KTRC. Tre modalità coprono un’ampia gamma di condizioni di guida, offrendo migliori prestazioni nella guida sportiva o
la possibilità di affrontare superfici scivolose in tutta sicurezza. Il
conducente può scegliere fra tre modalità. Le modalità 1 e 2 hanno come priorità la massima accelerazione in avanti (come nel
sistema S-KTRC della Ninja ZX-10R 2011). La modalità 3 è simile
La struttura è sostanzialmente la stessa della ZX600R, ma
la maggiore lunghezza della
molla (190 mm >> 215 mm), il
carico della molla più morbido
e rapporti di leva più elevati che
consentono alla sospensione di
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Sistema frenante dotato di pinze
monoblocco
La nuova Ninja ZX-6R 636 è dotata di pinze monoblocco Nissin
ad attacco radiale potenti ed estremamente rigide che offrono
un controllo eccellente e una sensazione di maggiore solidità alla
leva. Le pinze risultano inoltre più leggere di 90 g (45 g ciascuna) e migliorano la dispersione del calore. Dischi anteriori semiflottanti a margherita in acciaio inox dal diametro maggiorato di
310 mm garantiscono una frenata più potente. La pompa freno
radiale assicura un tocco eccellente e un controllo straordinario.
Il posteriore è rallentato da un disco a margherita da 220 mm. La
pinza freno posteriore più leggera della Ninja ZX-10R offre ottime
prestazioni antifading e controllo. Il pedale del freno posteriore
è montato in posizione coassiale rispetto al poggiapiedi, per una
buona efficienza di frenata già a metà corsa e un’eccellente sensibilità sul pedale.
KTRC (Kawasaki Traction Control)
a 3 modalità
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2012
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SPORT
della compressione e un comportamento tranquillo dell’assetto nel momento in cui il peso
della moto si sposta in avanti
con la riduzione della velocità,
oltre a una maggiore stabilità
del telaio in ingresso di curva.
Le regolazioni della forcella
sono state ottimizzate per le
strade tortuose. Ciò garantisce
non solo grandi prestazioni in
pista, ma anche in autostrada
e in città. La forcella SFF-BP è
molto più semplice da regolare.
Tutte le regolazioni si trovano
nella parte superiore degli steli della forcella (sui coperchi
superiori): precarico a sinistra;
smorzamento in compressione
ed estensione a destra. Ogni
componente richiede una sola
regolazione (non una per lato).
18 Settembre
al sistema KTRC presente sulla 1400GTR ABS 2010 (Concours
14 ABS), che garantisce la sicurezza del conducente facilitando
una guida fluida su superfici scivolose. I conducenti possono anche decidere di disattivare il sistema. Rispetto alle tre modalità
presenti nel sistema S-KTRC della Ninja ZX-10R (progettato per
consentire al conducente di sperimentare diverse combinazioni
di impostazioni durante la messa a punto della moto in particolari curve del circuito), gli effetti delle modalità 1, 2 e 3 sono molto
più facili da distinguere e coprono una gamma molto più ampia
di condizioni di guida. Nelle modalità 1 e 2, una programmazione
altamente sofisticata consente una leggera perdita di aderenza, al
fine di massimizzare l’accelerazione. La quantità ideale di perdita di aderenza dipende dalle condizioni di guida e dal tracciato. Il
sistema fa riferimento a numerosi parametri per ottenere un’immagine accurata in tempo reale di quello che sta accadendo: vengono monitorati la velocità della ruota anteriore e posteriore (perdita di aderenza) e i vari parametri in ingresso di motore, moto e
conducente. Utilizzando analisi complesse il sistema è in grado di
prevedere il momento in cui le condizioni di trazione stanno per
diventare sfavorevoli. Agendo prima che la perdita di aderenza superi la soglia della trazione ottimale, il calo di potenza può essere
ridotto al minimo, consentendo un funzionamento estremamente
fluido. Le condizioni vengono confermate ogni 5 millisecondi e il
controllo mediante fasatura dell’accensione consente una reattività elevatissima. Nella modalità 3 (la più invasiva) viene utilizzata
la stessa logica e controllo delle modalità 1 e 2 durante il funzionamento normale. Tuttavia, quando viene rilevato uno slittamento
eccessivo della ruota posteriore, la modalità 3 passa al controllo a
tre vie – regolamento di fasatura dell’accensione, apporto di carburante e flusso d’aria (attraverso le valvole secondarie a farfalla)
– e la potenza del motore viene ridotta ad un livello che consente alla ruota posteriore di riguadagnare aderenza. È il controllo
delle valvole secondarie a farfalla che consente un funzionamento fluido. Questo controllo
sofisticato produce una sensazione estremamente naturale:
l’innesto è fluido, così come
la transizione on/off, e viene
mantenuta la stabilità durante
il funzionamento prolungato.
In modalità 3, il sistema KTRC
consente al conducente di affrontare sia brevi tratti scivolosi (binari o tombini), sia lunghi
tratti con manto stradale in
cattive condizioni (su bagnato,
acciottolato, ghiaia, ecc.) senza alcun problema. La perdita
di aderenza della ruota è limitata anche in caso di partenza su
superfici scivolose. nIl sistema
è inoltre in grado di distinguere
tra impennate di coppia, che risultano uniformi, e impennate
improvvise che possono essere
pericolose. Nelle modalità 1 e 2,
le impennate di coppia sono
consentite se viene mantenuta
un’accelerazione accettabile.
Le impennate improvvise innescano l’intervento del sistema. La modalità 3 impedisce
qualsiasi tipo di impennata.
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Il sistema si avvale di una quantità minima di hardware, ma di
un software complesso. Oltre
all’ECU del motore, il sistema si
affida solo ai sensori di velocità
della ruota anteriore e posteriore, riducendo al minimo il peso
aggiuntivo (nullo nel caso dei
modelli con ABS che sono già
provvisti di sensori di velocità
sulle ruote). Come impostazione predefinita, il sistema KTRC
è sempre attivato all’avvio del
motore (la modalità sarà quella
che era in funzione al momento dell’ultimo spegnimento del
motore, oppure la modalità 1
se il sistema era spento). Per
guidare senza il sistema KTRC,
il conducente deve spegnere volontariamente il sistema
(utilizzando il pulsante sulla
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Anno
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manopola sinistra). ABS Supersportivo: KIBS (sistema frenante
antibloccaggio intelligente, solo ZX636F) KIBS è un sistema a più
sensori che riceve segnali da numerosi componenti della moto.
Oltre ai sensori di velocità delle ruote anteriore e posteriore, come
in qualsiasi altro ABS, il KIBS tiene sotto controllo anche la pressione idraulica delle pinze anteriori e numerose altre informazioni
provenienti dall’ECU del motore (posizione della valvola a farfalla,
velocità del motore, attivazione della frizione e marcia inserita). È
la prima volta che in una moto di serie l’ECU del motore e l’ECU
dell’ABS comunicano tra di loro. Questo controllo della pressione
dei freni ad alta precisione consente al sistema di evitare riduzioni
del potere frenante dovute a eccessivi cali di pressione e di mantenere la sensibilità alla leva durante l’attivazione del KIBS, e fa sì
che le pulsazioni dell’ABS siano uniformi e lievi (non pesanti). Il
controllo della pressione dei freni di precisione fornisce, inoltre,
tutta una serie di vantaggi nella guida sportiva:
1. Soppressione del sollevamento della ruota posteriore
2. Kick-back ridotto al minimo
3. Gestione della coppia d’arresto I modelli supersportivi affondano di più della maggior parte delle moto di altre categorie, pertanto c’è una tendenza maggiore del retrotreno a sollevarsi nelle
frenate violente. Monitorando la pressione idraulica delle pinze
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l’intervento prematuro dell’ABS in queste situazioni, il KIBS consente di mantenere il controllo del freno al retrotreno. L’impianto
KIBS si compone di un’unità ABS BOSCH molto compatta e leggera. Realizzata appositamente per un uso motociclistico, ha fatto la
sua prima comparsa su un prodotto di serie con la Ninja ZX-10R
2011. Grazie alla compattezza e alla leggerezza dell’unità ABS, il
sistema aggiunge soltanto 2 kg rispetto ai modelli senza ABS. L’unità è collocata in prossimità del baricentro della moto, dietro ai
corpi farfallati, lungo il tubo di destra del telaio.
Selezione mappatura motore
anteriori, il KIBS consente di regolare gli aumenti di pressione,
riducendo la tendenza del retrotreno a sollevarsi da terra. Ciò avviene in due situazioni: 1) prima che le condizioni richiedano l’intervento dell’ABS, il KIBS previene un innalzamento troppo repentino della pressione, evitando così il sollevamento del retrotreno, e
2) dopo che l’ABS ha ridotto la pressione per evitare il bloccaggio
della ruota, la pressione del KIBS non viene ripristinata troppo
rapidamente, per evitarne un aumento improvviso che potrebbe provocare il sollevamento del retrotreno. La soppressione di
questa tendenza contribuisce a ottimizzare la stabilità in frenata.
Il controllo preciso della pressione delle pinze anteriori consente inoltre al KIBS di ridurre al minimo il kick-back. La pressione
42
viene aumentata per piccoli incrementi alla volta e le perdite di
aderenza sono ridotte al minimo, contribuendo a una sensazione
di funzionamento estremamente uniforme. Naturalmente ciò contribuisce a mantenere al minimo le distrazioni per il pilota durante
la guida sportiva. Tenendo conto della coppia d’arresto, il KIBS
consente di mantenere un maggiore controllo del freno posteriore
in scalata. I parametri del KIBS comprendono la posizione della
valvola a farfalla, l’attivazione della frizione e la marcia inserita,
consentendo al sistema di riconoscere se la coppia d’arresto è
provocata dalla scalata o dall’esclusione dell’acceleratore agli alti
regimi. Spesso con gli impianti ABS standard la perdita di trazione della ruota posteriore fa intervenire il sistema, ma prevenendo
La scelta tra le modalità Full o Low consente al conducente di impostare l’erogazione di potenza che soddisfa le proprie preferenze
e condizioni di guida. L’erogazione a bassi regimi rimane la stessa,
ma la modalità Low limita la potenza a circa l’80% rispetto alla
modalità Full e si avvale di una risposta in accelerazione più delicata (la riduzione di potenza e risposta in accelerazione varia in base
a velocità del motore in giri al minuto, posizione dell’acceleratore
e marcia inserita). Con le opzioni KTRC e mappatura del motore, il conducente ha a disposizione otto combinazioni tra le quali
scegliere. Ad esempio, su asfalto asciutto un conducente esperto
può scegliere la modalità Full e la modalità 1 del sistema KTRC per
una guida sportiva. Sul bagnato o su superfici stradali scivolose
può selezionare la modalità Low e la modalità 3 del sistema KTRC.
Ciascun sistema può essere impostato in modo indipendente per
soddisfare al meglio le capacità/preferenze del conducente, la
situazione di guida e le condizioni della strada. Come il sistema
KTRC, anche la mappatura del motore può essere controllata dalla manopola sinistra.
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Iron 883 Special Edition
di Maurizio Tanca | Per celebrare le oltre 4.000 Iron vendute dal 2009
ad oggi, Harley-Davidson Italia ne ha allestito una versione speciale,
rigorosamente nera opaca e con logo tricolore sulla scatola filtro.
È già disponibile, al prezzo di 9.800 euro, chiavi in mano
A
l quartier generale
Harley di Arese, un
giorno dello scorso
giugno, è nata l’idea di realizzare una special di serie su base
Iron 883, pensata come un
tributo al nostro mercato. La
Iron, in listino a 9.100 euro su
strada, è notoriamente il modello di accesso non solo della
famiglia Sportster, ma dell’intera gamma Harley-Davidson.
E la famiglia Sportster, nata
nel 1957, è altrettanto notoriamente fondamentale per la
Casa americana, specie qui da
noi, dove ben l’86% della clientela Sportster è composta da
neo-Harleysti. 39 possessori
su 100 vengono da marche
concorrenti, mentre per 3 su
10 la Sportster è addirittura la
prima moto. Fin dal giorno del
suo lancio, nel maggio 2009, è
stato subito chiaro che la Iron
883, clone diretto della Nighster 1200, sarebbe stata molto
ben accolta qui in Italia, che a
tutt’oggi ne ha assorbito oltre
4.000 esemplari, rimanendo
intorno al 15° posto nella classifica di vendita globale. Un vero
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best seller dunque, particolare
attraente in veste completamente nera opaca – denominazione ufficiale: Black Denim
– la stessa scelta da HarleyDavidson Italia per allestirne la
nuova versione Special Edition.
La quale è stata naturalmente
realizzata utilizzando accessori originali del catalogo Harley
2012, e guarnita, come fosse
la classica ciliegina sulla torta,
con un emblematico logo tricolore sul coperchio della scatola
filtro.
Nera, sexy e cattiva
“Nera, sexy e cattiva”, hanno
definito i boss della dependance italiana di Milwaukee
questa bella realizzazione
fortemente connotata tenendo conto dei numerosissimi
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suggerimenti captati dai vari blog, duranti i raduni, piuttosto che
dagli stessi concessionari; ma soprattutto dai social network e
dall’H.O.G., il famoso Harley Owners Group che in Italia conta ben
16.000 iscritti. Non a caso la Iron Special Edition è stata presentata in anteprima su Facebook lo scorso 1° settembre, e, manco
a dirlo, ha un suo mini-sito specifico in seno a quello ufficiale. In
buona sostanza, questo nuovo modello monta un manubrio drag
bar, i gettonatissimi specchietti montati all’ingiù – cioè sotto
al manubrio come sulla Sportster 48, altro best seller di H-D - i
tubi freno in treccia, i comandi a pedale mediamente avanzati, le
pedane posteriori di serie (normalmente optional, sulla Iron), la
sella monoposto Asy, affiancata però dal sellino posteriore rettangolare indipendente, e, dulcis in fundo, gli ammortizzatori ribassati. Il tutto al costo di 9.800, quindi solo 700 euro più della Iron
883 standard, a fronte di un valore aggiunto di oltre 1.700 euro
di accessori, che si spenderebbero per modificare così la propria
Iron. Manodopera esclusa, naturalmente. Quanto alle previsioni di
mercato, in quest’anno davvero terribile per l’economia globale
la filiale italiana di Harley-Davidson ha marcato un calo di vendite
quantificabile tra il 30 e il 35% a tutto agosto, con la speranza di
chiudere l’anno con all’attivo dalle 5.000 alle 5.500 moto vendute.
Grazie anche alla nuova arrivata, naturalmente. Scarica una breve
cronistoria delle Harley-Devidson Sportster.
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MV Agusta Brutale 675 special
Campionati Europei di Canottaggio
La casa italiana, MV Agusta, presenta una colorazione speciale
della Brutale 675 in occasione della 59° edizione dei Campionati
Europei di Canottaggio. La livrea sarà ispirata ai colori della Federazione Italiana di Canottaggio e al suo logo
D
al 14 al16 Settembre
Varese ospiterà la 59°
edizione dei Campionati Europei di Canottaggio.
Sul lago di Varese, vicino alla
sede dei canottieri, sorge lo
stabilimento MV Agusta, una
realtà industriale profondamente inserita nel tessuto imprenditoriale di quest’area. A
sottolineare il suo radicamento
48
territoriale, MV Agusta ha creato una moto espressamente dedicata all’importante evento sportivo in programma nei prossimi
giorni. Si tratta di una versione speciale dell’ultima nata in casa
MV, la bellissima Brutale 675, nuovo riferimento per la categoria
grazie a prestazioni, tecnologia e design.
E’ unica nel suo genere e traccia un ideale parallelismo tra la perfezione della barca che solca l’acqua e la due ruote varesina protagonista sulla strada. La livrea è ispirata ai colori della Federazione
Italiana di Canottaggio e al suo logo, che campeggia sulla parte superiore del serbatoio, mentre lateralmente sono disposti quattro
remi tricolore. Altri particolari identificativi sono i cerchi bianchi
con banda azzurra e logo MV
sul canale esterno; la sella azzurra rivestita con due diversi
tessuti tecnici e cuciture giallo/
oro; il compatto cupolino sopra
la strumentazione con colorazione dedicata, bandiera italiana e logo del modello; infine,
sui fianchetti, la scritta “Varese
2012” a ricordo della manifestazione.
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Dorna, organizzatrice del Mondiale MotoGP, tiene a battesimo la
nuova versione del noto scooter Yamaha in occasione del GP di
San Marino e Riviera di Rimini a Misano
I
l Gran Premio Aperol di
San Marino e della Riviera
di Rimini sul Misano World
Circuit Marco Simoncelli è stato il teatro della presentazione
di una nuova, esclusiva versione dello scooter Yamaha Xenter. Presentato nel paddock
di Misano, lo Xenter MotoGP
rappresenta una variante sportiveggiante di uno dei modelli
Yamaha di maggior successo,
a rafforzatura della già solida
partnership fra Dorna e Yamaha. Invariate le caratteristiche
50
tecniche (motore a 4 tempi raffreddato a liquido da 125 e 150cc,
con telaio a doppio trave, sospensione posteriore monocross e
e cerchi da 16”), le novità si concentrano sulla carrozzeria, dove
spiccano una nuova cover in tinta con lo scooter che copre il portapacchi integrato nella carrozzeria e le esclusive grafiche MotoGP. Disponibile in tiratura limitata di 200 esemplari esclusivamente nella colorazione Midnight Black, Yamaha Xenter MotoGP
sarà disponibile presso i punti vendita ufficiali Yamaha a partire
da fine Ottobre 2012. “Yamaha offre già il suo Jog RR in versione
MotoGP” ha commentato Shun Miyazawa, Product Manager del
dipartimento PTW (Powered Two-Wheels) della casa di Iwata, “e
con il nuovo Xenter MotoGP siamo felici di ampliare la nostra partnership con Dorna entrando per la prima volta nel segmento degli
scooter 125 e 150. Questo nuovo modello sportivo porta un po’ di
MotoGP nei tragitti di tutti i giorni” “Sono molto felice di questo
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Yamaha: arriva lo Xenter MotoGP
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nuovo accordo raggiunto con
Yamaha” ha fatto eco Pau Serracanta, direttore commerciale
Dorna.
“Dimostra quanto sia solida
l’alleanza fra Dorna e Yamaha
dopo tanti anni di lavoro insieme, e rappresenta un’ulteriore
passo avanti.
Un accordo con un costruttore
di punta come Yamaha conferma come le parthership strette in una categoria di primaria
importanza come la MotoGP
abbiano come risultato innovazione nel prodotto di serie.
La conquista di titoli mondiali
non fa che riaffermare come le
migliorie tecniche vengano trasferite su moto e scooter di serie - il cliente finale, su strada,
beneficia di quanto viene sperimentato e testato in pista”
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Prezzi di listino
Bonneville 8.500 €
Bonneville T100 Black 9.300€
Bonneville T100 9.500 €
Thruxton 9.500 €Scrambler
9.500 €
Nuovi colori per la gamma
Triumph Classics
Le Triumph Classics per il 2013 presentano nuovi colori,
per Thruxton, Scrambler, Bonneville T100 e Bonneville SE
G
rande novità per Bonneville e Bonneville
SE, che si fondono in
un modello unico (in pratica
una Bonneville standard con
il marchio cromato sul serbatoio e senza il contagiri) dove
la decal Triumph sul serbatoio lascia il posto a un fregio
cromato. Il tubo di raccordo
dell’olio diventa nero e in gran
parte nascosto sotto il telaio.
La nuova Bonneville è proposta
in Phantom Black o nel brillante
Crystal White e nelle colorazioni two tone Intense Orange/Phantom Black e Imperial
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Purple/Fusion White: un colore evidentemente pensato per un
pubblico femminile. Anche la Bonneville T100, con i suo inconfondibili cerchi a raggi, viene proposta nei colori two tone Graphite/
Phantom Black e Cranberry Red/Fusion White. Tutti i filetti di colore che rifiniscono la doppia tonalità delle moto sono verniciati a
mano. Completa la gamma delle Bonneville T100 la T100 Black.
Per il 2013 la Thruxton, la più sportiva della gamma, è proposta
in Phantom Black/Gold Stripe, con decal dorata in tonalità nuova
e nel classico Brooklands Green/Gold Stripe. Per concludere, la
Scrambler è disponibile in Jet Black e nel nuovo Matt Graphite. Per
avere tutte le informazioni sulla gamma Triumph Classics, cliccate su: http://www.triumphmotorcycles.it/motociclette/gamma/
classics
Per personalizzare la propria motocicletta, basta andare alla pagina di configurazione del sito Triumph Motorcycles:
http://www.triumphmotorcycles.it/accessori/create-my-triumph
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Livrea “Race Blu” per le Yamaha
MotoGP e di serie
Ha debuttato al Gran Premio di San Marino sulle due M1 del team
interno la livrea che arriverà sui modelli 2013 delle YZF-R1,
YZF-R6 ed YZF125R. La rivedremo ad Aragon
Q
uest’anno non si
erano ancora viste
livree speciali per le
Yamaha ufficiali, nemmeno
per le gare statunitensi dove
la filiale USA della casa di Iwata tradizionalmente chiede (ed
ottiene) colorazioni con forti
richiami al passato, dal giallo/
nero omaggio alle 750 e 500
di Kenny Roberts fino al bianco/rosso del cinquantesimo
54
anniversario vista lo scorso anno a Laguna Seca, Indianapolis e
Assen. Quest’anno tocca ad una forse meno carismatica ma indubbiamente elegantissima “Race Blue” che, se non affonda le sue
radici nella tradizione agonistica Yamaha, avrà invece importanti
ricadute sulla produzione di serie. YZF-R1, YZF-R6 ed YZF-R125 in
versione 2013 saranno infatti i primi modelli di serie con le nuove
colorazioni, disponibili in concessionaria a partire da ottobre (la
125 a dicembre). Le nuove colorazioni sono state realizzate utilizzando una raffinata combinazione tra il tradizionale blu Yamaha e
il grigio opaco. I designer hanno ottenuto l’obiettivo di focalizzare
l’attenzione sui vari componenti della moto come i cerchi, sottolineandole con la verniciatura Yamaha Blue.
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di Massimo Clarke | Tra le principali caratteristiche costruttive
che differenziano i motori automobilistici da quelli delle moto vi sono
l’architettura e i materiali impiegati per realizzare questi componenti
M
olte moto sono studiate per ottenere
prestazioni particolarmente elevate. Siccome non
viene adottata la sovralimentazione, tale obiettivo viene conseguito con regimi di rotazione
impressionanti e con sistemi di
aspirazione in tutto e per tutto
degni dei mezzi da competizione. Pure la ciclistica è studiata
per una guida decisamente
sportiva.
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Le auto: un’erogazione più corposa in basso
per un utilizzo quotidiano
La meccanica delle auto invece è destinata a un tipo di impiego
più tranquillo, e quindi i motori hanno una vigorosa erogazione fin
dai regimi più bassi, con un ampio campo di utilizzazione; anche le
esigenze in fatto di durata sono ben diverse. A ciò si aggiunge da
qualche anno la necessità di limitare al minimo i consumi. Il contenimento dei costi di fabbricazione costituisce una voce assai importante (diversamente da quanto avviene in campo moto, almeno nella maggior parte dei casi!). Il blocco cilindri impiegato sulle
moto assai spesso è di tipo amovibile, mentre sulle autovetture è
sempre incorporato nella stessa fusione del basamento. A parte
questo, una prima differenza tra i due settori riguarda il materiale
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La tecnologia dei cilindri - parte prima
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impiegato. In molti motori auto il basamento è in ghisa, con canne
dei cilindri integrali, mentre in campo motociclistico si impiega la
lega di alluminio. Questo secondo materiale, che ha nella minore
densità e nella conduttività termica più elevata i suoi punti di forza, non possiede però caratteristiche tali da poter essere utilizzato
per realizzare la superficie sulla quale vanno a lavorare i pistoni e
i segmenti (tranne rare eccezioni, nelle quali si impiegano leghe
particolari). Ciò rende necessario il ricorso a canne riportate o a
particolari rivestimenti superficiali.
Tipologie di struttura del blocco cilindri
Il blocco cilindri può avere una struttura open deck o closed deck.
Nel primo caso l’estremità sommatale delle canne non è collegata
alle pareti laterali e quindi non vi è un vero e proprio piano superiore, sul quale va a poggiare la testa. Nel secondo caso invece tale
piano esiste (le estremità superiori delle canne sono infatti collegate alle pareti esterne del blocco) e presenta delle aperture solo
in corrispondenza dei passaggi per il liquido di raffreddamento. I
blocchi in ghisa vengono ottenuti per colata in terra (ma per i motori monocilindrici si impiega spesso il sistema Croning) mentre
per quelli in lega di alluminio si possono impiegare quasi tutti i
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Le moto: motori ad alte prestazioni
Nei motori destinati alle moto di altissime prestazioni i cilindri e il
basamento, come pure la testa, sono in lega di alluminio. La soluzione che domina la scena prevede l’applicazione sulle pareti delle
canne (integrali) di un sottile strato di nichel, depositato galvanicamente, nel quale è dispersa una miriade di particelle di carburo di
silicio (SiC), aventi una durezza di 2200-2500 punti Vickers (cioè,
per intenderci, doppia rispetto a quella del cromo). Lo spessore
del rivestimento è compreso tra 0,05 e 0,08 mm ; i granuli di SiC
hanno un diametro di 2,0-2,5 mm. Il primo, e più famoso, di questi
riporti è stato il Nikasil della Mahle, sviluppato negli anni Sessanta
per i motori NSU a pistone rotante (Wankel).
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processi fusori (terra, conchiglia, pressofusione, lost foam…). Per
quanto riguarda gli schemi costruttivi impiegati per i cilindri, una
prima suddivisione può essere fatta tra quelli con canne integrali
e quelli con canne riportate. Nell’ambito di ciascuna di queste due
categorie si possono poi avere altre differenziazioni. Le canne integrali, ad esempio, possono essere dotate o meno di un riporto
superficiale.
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Nelle auto alcune soluzioni
motociclistiche si trovano in F1
In campo auto questi rivestimenti per cilindri vengono impiegati
su tutti i motori di Formula Uno, ma solo su pochi modelli di serie.
Non è semplice, infatti, ottenere una deposizione uniforme (come
spessore della matrice di nichel e come distribuzione delle particelle), quando i componenti sono di dimensioni considerevoli.
In effetti, altre soluzioni possono essere più economiche e meno
impegnative sotto l’aspetto tecnologico, e infatti vengono utilizzati largamente. Inoltre, in alcuni paesi dell’America meridionale
ci sono stati, anche se assai rari, dei problemi di corrosione dello
strato di nichel, dovuti al carburante impiegato. Da qualche anno
a questa parte nel settore delle quattro ruote stanno iniziando a
trovare interessanti applicazioni i rivestimenti applicati mediante
spruzzatura al plasma (plasma-spray). Se i tecnici riusciranno a
ridurre i costi e a migliorare la produttività, c’è da pensare che questa tecnologia in futuro possa avere una diffusione considerevole e
forse possa trovare impieghi importanti anche in campo moto. Nei
motori per autovettura vengono tuttora utilizzati largamente i basamenti in ghisa, invariabilmente dotati di canne integrali. Questo
materiale infatti ha ottime caratteristiche tribologiche e possiede una adeguata durezza; la
resistenza all’usura è pertanto
eccellente. Inoltre è possibile, in
caso di usura eccessiva (dopo
chilometraggi assai elevati) o di
danneggiamenti, portare nuovamente le canne a condizioni
di perfetta efficienza mediante
rialesatura e successiva levigatura, e montare quindi pistoni
maggiorati.
Basamenti in ghisa:
costi ridotti ma pesi
elevati
Come ovvio, questo vale anche
per le canne in ghisa riportate
a secco. I basamenti in ghisa
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hanno dalla loro un costo molto
ridotto. Il loro peso è però più
elevato, rispetto a quelli in lega
di alluminio. Da alcuni anni a
questa parte, specialmente per
i motori diesel, alcuni costruttori impiegano per i basamenti
non l’usuale ghisa grigia (con
grafite lamellare) ma una ghisa
vermiculare, dalle caratteristiche meccaniche notevolmente
superiori. Grazie a queste ultime, è possibile impiegare pareti
con spessori minori e quindi
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Colata in conchiglia a bassa pressione
Il procedimento fusorio generalmente impiegato in questo caso è
la colata in conchiglia a bassa pressione. In campo moto la Yamaha
ha sviluppato i cilindri Diasil, in lega di alluminio al 20% di silicio,
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ottenere una apprezzabile riduzione di peso. Il costo è però più
alto. In campo moto la ghisa non viene mai impiegata per i basamenti, ma solo per alcuni cilindri (amovibili) di motori di tipo utilitario e/o dalle prestazioni modeste (per lo più destinati agli scooter
di piccola cilindrata). Alcuni motori automobilistici sono dotati di
un blocco cilindri in lega di alluminio ad altissimo tenore di silicio
(17%). Questo materiale non è facile da lavorare ma consente di
ottenere canne integrali con ottime caratteristiche, grazie alla
esposizione di cristalli di silicio primario, duri e resistenti all’usura.
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che presentano caratteristiche assai simili. Vengono impiegati su
motori monocilindrici di piccola cilindrata, destinati prevalentemente ai mercati asiatici.
E sono ottenuti mediante pressofusione sotto vuoto (sistema Yamaha CF, con stretto controllo della pressione, della temperatura
e della velocità di riempimento dello stampo). Un processo recentemente proposto consente di ottenere nei blocchi cilindri in lega
di alluminio con canne integrali un cambiamento locale della struttura e della composizione, con creazione di una eccellente superficie di scorrimento per i pistoni e i segmenti, grazie all’impiego del
laser e di un getto di polvere di silicio.
Si crea così uno strato dello spessore di circa mezzo millimetro ricco di particelle di silicio, uniformemente disperse, aventi un diametro inferiore a 10 micron.
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Michelin. Come nascono
gli pneumatici da corsa
di Andrea Perfetti | Abbiamo visitato la storica fabbrica di Clermont
Ferrand dove nascono gli pneumatici racing del costruttore francese.
Pascal Couasnon, direttore delle competizioni Michelin, ci parla delle
corse. MotoGP compresa…
C
lermont
Ferrand.
Dove nascono
gli pneumatici da
corsa Michelin
A Clermont Ferrand si trova
un polo produttivo storico per
la Casa francese. Qui infatti
vengono realizzati quasi tutti i pneumatici da corsa per
le moto e per le auto (l’altro
sito è in Spagna). La struttura è operativa da oltre 80 anni
e dà lavoro a 3.000 persone,
di queste ben 50 si occupano
quotidianamente di ricerca e
di sviluppo. L’impianto di Cataroux è stato bombardato
durante la Seconda Guerra
Mondiale e ricostruito nel 1946.
Sino a oggi ha impiegato oltre
30.000 addetti; è facile quindi
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comprendere quale importanza ricopra nel tessuto sociale ed economico della regione. Copre un’area di 50 ettari. Qui vengono prodotti ben 450.000 pneumatici ogni anno, compresi quelli destinati
alle auto supersportive. Il processo di lavorazione, come vedremo
più avanti, richiede un’alta specializzazione da parte degli operatori. Questi ricevono la formazione presso la scuola di Clermont
Ferrand, dalla quale passano oltre 3.000 “studenti” ogni anno.
Pascal Couasnon e le corse.
Rivedremo Michelin nella MotoGP?
Pascal Couasnon è in Michelin da 25 anni. In passato si è occupato
di marketing in Europa, Asia e America. Ma si è sempre interessato anche allo sport e oggi ricopre un ruolo prestigioso: è direttore
di Michelin Motorsport.
Che importanza hanno le corse per voi?
«Le competizioni sono essenziali. Basti pensare che nel mondo oltre 6.000 persone se ne occupano in Michelin. Solo qui a Clermont
abbiamo 50 ricercatori impegnati nelle corse, corse da qui attingiamo informazioni necessarie allo sviluppo anche degli pneumatici di normale produzione. Gli studi su vari aspetti come grip,
handling e durata in gara sono fondamentali».
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Ci interessano le gare dove c’è vera competizione
e concorrenza tra i vari team. Per questo
seguiamo i campionati destinati alle moto
derivate dalla serie
Quali campionati seguite con maggiore interesse?
«Ci interessano le gare dove c’è vera competizione e concorrenza
tra i vari team. Per questo seguiamo con interesse i campionati
nazionali destinati alle moto derivate dalla serie. In special modo
è per noi davvero importante il Mondiale Endurance, che fornisce
riscontri formidabili per la produzione di gomme sportive».
Cosa pensate della MotoGP e del monogomma?
«Come dicevo, per noi è essenziale la sfida con gli altri costruttori.
E, per sviluppare la gomme, è necessario che ci siano regole certe, chiare e durature che permettano alle aziende di seguire una
strategia di lungo periodo che consenta di sviluppare il prodotto e
fare progressi reali sul fronte del grip e della durata. Oggi questo lo
consente solo il Mondiale Endurance, in cui crediamo moltissimo».
Gli pneumatici da corsa delle moto sembrano sempre più vicini a quelli che possiamo acquistare dal gommista di fiducia. È
davvero così?
«Esattamente. C’è un legame molto stretto tra corse e produzione. Questo avviene in modo speciale per le moto, meno per
le quattro ruote. D’altra parte puoi vedere anche tu stesso che le
moto supersport sono sempre più vicine alla moto da corsa. Cosa,
questa, che non accade nel settore delle automobili».
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Torniamo un momento alla
MotoGP. Siete interessati a
un possibile rientro?
«La MotoGP oggi non ci interessa, ma stiamo comunque
alla porta. Ci piacciono le sfide.
Se cambieranno le regole attuali, vedremo come comportarci».
La costruzione degli
pneumatici
A Clermont Ferrand abbiamo visto come viene costruita la gomma, a partire dalla
carcassa. Gli pneumatici da
gara richiedono ancora un importante intervento umano.
La manualità dell’operatore
è essenziale in ciascuna fase
della realizzazione. Per questo
motivo, alla fine del ciclo, rivestono un ruolo fondamentale i
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controlli di qualità, che devono verificare la presenza di eventuali imperfezioni nella carcassa come nel battistrada. La stenditura
manuale dei vari strati che compongono la carcassa, degli anelli di
acciaio che reggono la spalla e del battistrada “crudo” richiedono
circa 6 minuti per pneumatico. Dopodiché questo viene fatto riposare circa mezz’ora prima di essere vulcanizzato. La struttura
radiale (brevettata da Michelin) è molto più complessa di quanto
una sezione dello pneumatico lasci intravedere. I vari strati sono
infatti posti in modo tale da garantire sia la flessibilità che la rigidezza necessarie. Per questo gli strati stessi contengono trame in
acciaio, ma anche in tessuto, combinate tra di loro su un macchinario rotante secondo un ordine ben preciso e variabile a seconda
del tipo di pneumatico da realizzare. Il processo di vulcanizzazione
dà al prodotto il disegno di battistrada voluto (con impressi tutti i
caratteri testuali che lo descrivono) e rende solidali tra loro i vari
strati della carcassa che diventano un tutt’uno col battistrada.
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I racconti di Moto.it: “Adenau mon amour”
di Antonio Privitera | Il distributore automatico di benzina non
accettò gli unici cinque euro che mi trovavo in tasca. Che finale insulso,
vero? Eppure questo fu l’epilogo, la diretta conseguenza di incredibili
eventi che mai nella mia esistenza avrei temuto di scatenare
I
l distributore automatico
di benzina non accettò gli
unici cinque euro che mi
trovavo in tasca. Che finale insulso, vero? Eppure questo fu
l’epilogo, la diretta conseguenza di incredibili eventi che mai
nella mia esistenza avrei temuto di scatenare. Fu quindici
anni fa, ero un uomo sposato;
pensavo che tutto mi fosse
concesso in nome della libera
autodeterminazione. Ardevo di
desiderio per lei. Così la ebbi,
la possedetti. Una, due, cento
volte. E fu come richiamare i
demoni più feroci, combattere le battaglie più sanguinarie
e stolide della storia dell’uomo vincendole, riemergendo
dallo scontro a testa sempre
più alta e col corpo ornato di
stimmate a monito per chi mai
potesse dubitare del mio valore; lei vedeva gli effetti della
sua presenza nella mia vita e
si pasceva dell’ascendente che
esercitava su di me: in verità
ero solo il suo burattino, questo
sia chiaro oggi a voi così come
era assolutamente fuori dalla
mia portata capirlo allora. Maria, mia moglie, era esasperata:
da quando ero diventato un
centauro non le dedicavo più
68
alcuna tenerezza, impiegavo
tutte le energie per andare in
moto. Non importava dove mi
stesse conducendo quella vita,
mi importava solo avere lei,
rapirla quando volevo per una
mattina di passione o un pomeriggio di intimità. Ma fece un
errore: mi tradì. Anzi, mi fece
apertamente capire che non si
considerava mia, ma libera di
accompagnarsi con chi la sapesse far danzare con più grazia e agilità. Non avrei mai dovuto prestarla a Francesco. La
vidi volteggiare con lui e dargli
tutto ciò che a me aveva sempre negato con la banale scusa
della mia scarsa esperienza.
Dopo un paio d’ore l’amico me
la restituì grato e soddisfatto,
pure un po’ invidioso ma certamente pensando che quella
moto con me non avrebbe mai
esplorato i suoi limiti. Liquidai
l’amico e prontamente lo cancellai dalle mie frequentazioni;
verso quella sciagurata quattro cilindri che mi aveva prima
illuso di essere un pilota e poi
coperto di ridicolo come un
adolescente inesperto, meditai
invece propositi di vendetta.
Elaborai allora il concetto di
tradimento selettivo. Volevo a
tutti i costi fargliela pagare a
quella civetta a due ruote ma
tornare da mia moglie sarebbe stato come ammettere le
mie incapacità, così continuai a
portare a passeggio la mia costosa superbike replica usandola per conoscere, affascinare
e conquistare una ragazza. Si
chiamava Adenau, non aveva mai conosciuto suo padre,
morto prima che lei venisse al
mondo: mi chiamava “il mio
motociclista”. Adenau, troppo
bella e troppo giovane per capire le mie intenzioni, fu la mia
nuova passione e possedetti
liberamente anche lei. Di notte
andavo spesso in garage dalla
motocicletta: le dicevo che oramai di lei ero stufo, avevo altro
e di meglio per le mani; le raccontavo i particolari più intimi
dei miei incontri con Adenau,
insistendo sul fatto che finalmente mi sentivo appagato e
dopo un po’ le promisi il benservito, magari cedendola ad
un pensionato facoltoso che
l’avrebbe tenuta al guinzaglio
squadrandole le gomme fino
a quando non avesse subito la
carica dei nipotini con la loro
insolente e demolitrice curiosità per poi essere ulteriormente
venduta, vecchia e fuori produzione, a chi l’avrebbe trasformata in una street fighter con
componenti aftermarket cinesi, verniciata a scacchi, a righe
fluo, o semplicemente viola e
nera, ed esibita due volte l’anno al bar dell’unica piazza di
un paesino montano. Meglio la
demolizione, sussurravo in uno
specchietto, irridendola e assaporando il piatto freddo della vendetta. Poche settimane
dopo la vendetti ad un medico
in pensione affetto da una tardiva crisi di mezza età; trovai
sollievo e un minuscolo senso
di ripicca che furono sufficienti
a scuotermi dalla mia stoltezza.
Ricordo perfettamente l’attimo
in cui mi chiesi chi ero e cosa
stavo facendo, non trovando di
meglio che rispondermi ad alta
voce:
- Mi ero illuso di essere un motociclista e ora sto solo incasinando tutto. Ero ancora in tempo per riprendere in mano la
mia vita senza troppi danni collaterali, mi dissi. Maria non aveva ancora sospettato nulla, né
della maniacale passione per
la motocicletta, né della relazione extraconiugale con Adenau. Nemmeno Adenau sapeva nulla, né dell’una (la moto),
né dell’altra (mia moglie), né
delle motivazioni tutt’altro che
accettabili alla base del nostro
rapporto malato. Incontrai un
pomeriggio fermo ad un semaforo il mio ex amico Francesco:
nella sua auto due bambini
giocavano nei sedili posteriori
e c’erano delle scatole ikea sul
portabagagli; si girò verso di
me: io abbassai lo sguardo e
sentii che era scattato il verde
solo per i clacson che ruggivano. Cominciavo a provare vergona, ecco la verità. I pomeriggi
con Adenau non erano più passionali come quelli di qualche
mese prima. Avere venduto
la motocicletta aveva svuotato la nostra relazione che si
reggeva esclusivamente sulla
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vendetta e sul proibito tradimento, Adenau se ne accorse
e iniziò a chiedermi se avessi
qualche problema, arrivando a
mettersi in discussione e provocandomi con folli trovate,
erotiche nelle intenzioni ma ai
miei occhi soltanto buffe. A volte pure pericolose. Sparii. Adenau continuava a chiamarmi.
Cambiai numero di cellulare.
Non ero iscritto ad alcun social
network, per fortuna. Sei giorni
dopo, uscendo da un cinema
pomeridiano trovai una dimagritissima Adenau appoggiata alla mia automobile. Lei mi
guardò, poi si accorse di Maria
al mio braccio e lasciò cadere
dei baci perugina che teneva nelle mani. Maria le chiese
gentilmente di spostarsi senza minimamente immaginare
chi fosse, quindi Adenau liberò l’accesso alla portiera della
macchina scusandosi con una
lama di voce. Senza dare nemmeno cenno di essermi accorto
della sua presenza, avviai il motore e partii; dallo specchietto
vidi Adenau schiacciare i cioccolatini sull’asfalto. Credevo
fosse la chiusura consensuale
della nostra relazione, invece
no. Una sera tornando a casa
dal lavoro trovai di fronte casa,
ferma ma col motore acceso,
la superbike replica che avevo
venduto al medico in pensione:
riconobbi la targa, era la mia ex
moto. Nessuno accanto, strano. Mi affrettai ad entrare nella
mia villetta monofamiliare.
- Ciao amore; non è una moto
18 Settembre
come quella che avevi, quella lì
fuori? – chiese mia moglie.
- Ciao Maria. Sì, è così. – risposi
turbato.
- Scusa Riccardo, ma è proprio
di fronte il nostro ingresso. Hai
visto di chi è?
- No Maria, non ho idea.
- Motociclisti maleducati come
al solito! Magari sta al cellulare e ha lasciato la moto accesa praticamente dentro casa
nostra! Ora esco e gliene dico
quattro!
- Ferma, che vuoi fare! Lascia
stare, vado io!
Mentre uscivo di casa una ragazza salì sulla moto, senza
casco: Adenau. Mi fissò. Gelai.
Non feci in tempo a parlarle che
svanirono, lei e la moto. Tornai
a casa e riferii a Maria che era
tutto a posto. Da quel giorno fu
un inferno. Adenau mi mandò
in ufficio un mazzo di gerbere allegando un bigliettino nel
quale mi accusava di averla
raggirata, “se avessi saputo
che tu non sei un vero motociclista non ti avrei manco degnato di un saluto. Ho trovato
la tua moto e l’ho ottenuta grazie ai miei servizi ad un vecchio
medico. Volevo riportartela e
ricominciare, ma ti ho visto con
tua moglie e ho capito quanto mi hai ingannata e umiliata.
Ti ho amato, mentre tu mi hai
soltanto usata. Sono schifata
dal tuo egoismo.” Stracciai il
bigliettino e donai i fiori alla mia
segretaria nel tentativo di comprare il suo silenzio. Trascorsi
i mesi seguenti nell’intento di
scivolare verso la piatta normalità, vivere pienamente l’unione con Maria progettando di
avere dei bambini, in tutti i casi
dimenticare quel turbolento
periodo di passioni dissennate.
Con le motociclette avevo definitivamente chiuso. Eppure, fu
impossibile liberarsi di Adenau
che spesso incrociavo nascosta nei pressi di casa mia, la cui
motocicletta trovavo parcheggiata all’esterno dei luoghi che
frequentavo con mia moglie.
Maria iniziava a farsi delle domande, alla faccia di chi pensa
che le donne non riflettano:
moto come quella erano rare,
come mai noi ne incrociavamo
sempre una che era proprio
identica alla mia? Mi trinceravo
dietro i misteri della fede. Sapevo però che l’equilibrio era
destinato a rompersi e l’ultima
volta che sorpresi Adenau dietro un albero a fissarmi mentre
aprivo la porta di casa mi ripromisi di chiamare la polizia e di
fare saltare il banco. Lasciai
perdere. Esattamente dodici
ore dopo, in ufficio, mi arrivò
un altro bigliettino di Adenau:
“Devo parlarti. Vediamoci per
l’ultima volta a cena, poi ti lascerò in pace. Mi troverai domani sera alle 21 al ristorante
“la curva”. L’indomani alle 21
trovai Adenau con il bicchiere
già colmo fino all’orlo seduta
al tavolo del locale, era scheletrica ma elegantissima e senza
un filo di trucco, non le serviva.
Appena mi sedetti coprì il calice
col tovagliolo.
- Non voglio fare ossigenare
troppo un merlot da venti euro
il bicchiere.
Mi accolse così, senza salutarmi.
- Ciao Adenau. Ho dovuto inventare una scusa per essere
qui, quindi cerchiamo di non
perderci in chiacchere.
- Non mi avevi detto di essere
sposato.
- Non me lo avevi chiesto. La
nostra relazione non era di
quelle che guardano lontano,
del resto.
- Ordina qualcosa, aiuta a non
dare nell’occhio.
Trovai invitante un carpaccio.
Da bere presi solo acqua frizzante.
- Lo sai perché mi chiamo Adenau?
- Scusa che domanda è?
- …tu non capisci niente.
- Adenau… forse il nome di
un’attrice anni trenta che piaceva tanto a tua mamma?
- Riccardo, ti sei mai chiesto
come è morto mio padre?
- Che cavolo c’entra! Se non
te l’ho mai chiesto è perché ho
sempre rispettato la tua riservatezza!
- Quello che penso e la mia vita
non ti hanno mai interessato.
Anche una relazione di sesso
ha le sue regole, Riccardo, la
sua etichetta. Tu non rispetti
niente, perché tu non vuoi capire né conoscere nessuno, tu
desideri qualcosa e te la prendi,
forte del tuo denaro e del tuo
fascino. Lo ammetto, ci sono
cascata come una stupida.
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- Chiarissimo; dimmi quanto
vuoi per non farti più vedere.
Adenau mi guardò come se
avesse previsto la mia risposta.
- Tieni- sospirò porgendomi
una valigetta.
Aprii la valigetta trovandoci la
targa e le chiavi della mia ex
moto; c’era pure un forte odore
di benzina.
- Che fine ha fatto?- chiesi senza mostrare molto interesse.
- L’ho bruciata.
- Peccato, valeva ancora un
sacco di denaro.
- Esatto, se avessi voluto soldi
potevo rivenderla.
- Cosa ti serve, allora? Cosa
posso fare per te?
- Niente, non puoi fare niente.
Il pensiero di essere ancora
innamorata di un uomo abietto come te mi umilia, Riccardo. La psicologa mi ha detto
che in te ho voluto trovare la
figura paterna. Mio papà era
un motociclista: è morto con
la motocicletta al Nurburgring
poco prima che io nascessi;
mia mamma mi ha chiamato
come il luogo dove è avvenuto l’incidente, Adenau. Non ho
mai perdonato mio padre per
avere lasciato sola mia mamma incinta per andare a girare
in una pista a mille chilometri
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da casa, morendoci; chiamami pazza ma ho sempre provato a redimerlo cercando un
vero motociclista, come tu mi
sembravi, da conquistare, da
stringere a me per non farmi
abbandonare mai più. Ho sbagliato tutto: tu non sei un vero
motociclista. Non hai esitato
a vendere la tua moto, io ero
il tuo nuovo giocattolo che ha
preso il posto di quello vecchio.
Ti volevo e ti vorrei tutt’ora, ma
è inutile che mi illuda ancora:
tu sei un ometto che vuole tornare la sera a casa e trovare un
piatto caldo e un letto tiepido.
Non troverai mai più nessuna
donna che potrà darti un amore puro come il mio; guarda che
scema: anche adesso, se tu
volessi, verrei con te ovunque:
noi due, da soli, anche senza
moto. Devo essere veramente
matta…
- Non dire idiozie Adenau! Non
lascerò mia moglie. Mi dispiace
per te e per come hai preso la
fine della nostra storia ma ora
non è più il tempo di rimpianti e
soprattutto tu devi smettere di
perseguitarmi! Seguì un infinito
silenzio nel locale rumoroso e
affollato, mangiai il mio carpaccio e bevvi la mia acqua gasata,
Adenau piangeva a singhiozzi
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muti. Non potevo farci nulla,
avevo sbagliato ma quella ragazza stava esagerando.
- Senti, voglio chiederti scusa
se ti ho ferita, ora però dobbiamo andare avanti per la nostra
vita. Bevi qualcosa, non hai ancora toccato il vino.
Adenau avvicinò a sé il bicchiere ancora coperto dal tovagliolo, dignitosamente. Leccandosi
le labbra mi sibilò:
- Ho il rimorso di non riuscire ad
odiarti. Bevve tutto d’un fiato il
contenuto del calice fino a farlo
strabordare sulla sua guancia,
lo poggiò sul tavolo con simulata calma e mi mandò un bacio, come fanno gli adolescenti.
Nell’aria c’era uno strano tanfo
di benzina che attribuii alla valigetta. Mi tuffai per un minuto
dentro il menu, indeciso se
prendere qualcos’altro o chiedere il conto, poi mi girai verso
la sala cercando un cameriere
per ordinare un cannolo alla
ricotta e un caffè. Udii un tonfo
e il tavolo sussultò, voltandomi trovai Adenau riversa sulla
tovaglia, priva di conoscenza.
Chiesi aiuto urlando; confuso,
pensai ad un malore simulato
per stimolare la mia reazione
pietosa. Arrivò un medico da
un tavolo vicino che domandò
18 Settembre
cosa avesse ingerito questa
ragazza:
- Che io sappia ha ordinato solo
un bicchiere di merlot. - risposi.
Un cameriere disse a voce alta
e stupito:
- Impossibile, qui non serviamo
vini al bicchiere! Presi il calice
dal quale Adenau aveva bevuto e lo annusai: benzina, mista
probabilmente a qualcos’altro
di ancora più venefico. Il medico mi guardò con lo sguardo di
pietra. Mi sentii come se l’avessi uccisa io. Adenau andò via in
ambulanza, poi arrivò la polizia.
Mandai un messaggio a mia
moglie avvertendola che avrei
fatto molto tardi, non rispose.
Inaspettatamente gli agenti
furono molto comprensivi e
subito dopo l’identificazione
capirono che non ero assolutamente in grado di rispondere
ad alcuna domanda né di guidare; mi diedero appuntamento in questura per la mattina
successiva e una volante mi
accompagnò immediatamente a casa. Ero di fronte alla
mia villetta dalle luci ancora
accese, stordito e allucinato,
con un senso di colpa grande
come la mia determinazione a
confessare tutto a Maria e dirle che ero stato uno stupido,
che avrei fatto qualsiasi cosa
per ottenere il suo perdono e
tornare ad avere la nostra vita
così come l’avevamo immaginata prima che io comprassi
una motocicletta e la tradissi
con una ragazza venti anni più
giovane di lei. Parcheggiato sul
marciapiede c’era uno scooter.
Aprii la porta cercando le parole per spiegare tutto dall’inizio,
sapevo che avrei procurato un
enorme e immeritato dolore
a Maria: mia moglie era tutto
quello che mi rimaneva. Appena a casa ebbi l’impressione
come se prima del mio ingresso ci fosse stato un gran trambusto, frettolosamente sedato
e tramutato adesso in una calma sospetta e irreale. Avvertii
una scossa elettrica e corsi in
camera da letto sudando freddo. Trovai avvinti nelle lenzuola
Francesco e Maria: inebetiti e
terrorizzati come nel più miserabile copione di una fiction
a puntate. Nessuno disse una
parola, strozzati chi dalla sorpresa, chi dalla vergogna, chi
da entrambe. Scesi in cucina e
presi un calice da vino, dal portafoglio prelevai cinque euro e
uscii. La stazione di servizio era
aperta anche di notte e non era
lontana.
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otto piloti, affretta i tempi, supera anche Barbera, che però sbaglia
una frenata e lo centra, facendolo finire a terra senza alcuna possibilità di ripartire. “Pedrosa può percorrere traiettorie più strette:
entrambi abbiamo superato De Puniet, ma lui è riuscito a fermare
la moto, io no. Mi spiace tanto per Dani”.
MONDIALE QUASI CHIUSO
Con Pedrosa a terra, per Lorenzo è stato facilissimo trionfare in solitario, senza che il suo successo fosse mai messo in discussione.
Quello che Bautista aveva regalato alla Honda e a Pedrosa in Olanda, viene tolto da Barbera, in una faida tutta spagnola che, di fatto,
consegna il titolo a Jorge, che adesso ha ben 38 punti di vantaggio
da amministrare a 5 gare dal termine: un margine difficile da recuperare, considerando che Lorenzo, alla peggio, arriva secondo al
traguardo.
APOTEOSI ROSSI-DUCATI
di Giovanni Zamagni | Trionfo di Lorenzo, che ipoteca anche il
mondiale, con Rossi secondo e Bautista terzo. Abbattuto al primo
giro Pedrosa da Barbera, in un GP reso caotico da una serie di
problemi in partenza
S
i comincia subito
male: tutti i piloti sono
sullo schieramento di
partenza dopo il giro di ricognizione pronti a scattare, quando
Karel Abraham alza il braccio
perché la sua Ducati si spegne.
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La procedura di partenza viene abortita, si ricomincia da capo, con
la gara, per regolamento, accorciata di un giro. Ma quando tutto è
pronto per il nuovo giro di ricognizione, ecco il colpo di scena che
cambia completamente il mondiale: c’è un problema con il freno
anteriore della Honda di Pedrosa, la moto viene tolta dallo schieramento e il campione spagnolo è costretto a scattare, come da regolamento, dall’ultima posizione. In un solo rettilineo, Dani supera
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2012
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SPORT
Lorenzo vince il GP di Misano
Rossi secondo
18 Settembre
Senza Stoner – in Australia a curarsi la caviglia destra – senza
Pedrosa, è stato subito evidente che Valentino Rossi e la Ducati
avrebbero potuto conquistare un risultato prestigioso, ma il fenomeno di Tavullia è andato addirittura oltre le previsioni, conquistando un secondo posto, mantenuto dal primo all’ultimo giro. “Se
è un sogno non svegliatemi”, ha scherzato ai box l’ingegnere Filippo
Preziosi, che finalmente può festeggiare un grande risultato con
Rossi, che ha guidato bene, senza sbagliare nulla. Dopo tante polemiche, dopo alcune dichiarazioni inopportune di Jeremy Burgess,
Valentino conquista un secondo posto molto significativo, anche
perché arrivato grazie alla nuova ciclistica, con un telaio e un forcellone inediti, provati qui a Misano due settimane fa. I 4 secondi
che dividono Rossi da Lorenzo sul traguardo non sono assolutamente veritieri, perché nel finale Jorge è andato a “spasso”, ma è
evidente che a Misano è stato fatto un passo in avanti. Peccato che
sia troppo tardi per trattenere Valentino in Ducati.
TERZO POSTO AL FOTOFINISH
Al terzo posto è arrivato Alvaro Bautista, per un podio, nel circuito
dedicato a Marco Simoncelli, davvero significativo. Bautista, partito un po’ a rilento, ha effettuato una bella rimonta, che l’ha portato
a superare Spies, Dovizioso, quindi Bradl; poi, nell’ultimo giro, lo
spagnolo ha resistito al ritorno di Dovizioso e i due sono arrivati
sul traguardo separati di soli tre millesimi: per Bautista il primo
podio in carriera in MotoGP, per Dovizioso un quarto posto un po’
amaro e piuttosto deludente. Peggio di lui hanno fatto, ancora una
volta, Ben Spies, quinto e mai protagonista, Cal Crutchlow, caduto
al quinto giro mentre si trovava
in quinta posizione, alle spalle
dello stesso Dovizioso. Ottavo
posto per Jonathan Rea, con
il dolorante Nicky Hayden settimo: il debuttante in MotoGP
non ha fatto una brutta figura,
non facendo danni. Non è così
semplice con queste MotoGP.
I PRIMI COMMENTI
Lorenzo: “E’ stata una gara
strana, condizionata dal fatto
che Pedrosa è stato costretto
a scattare dall’ultimo posto. Poi
lui è caduto: per il campionato
è peggio, per me, ovviamente, è
una situazione ideale”.
Rossi: “Sono contento, devo
ringraziare un sacco di persone
che hanno continuato a credere
in me, a partire da Uccio (l’amico di sempre, NDA) che prima
di venire qui mi ha detto: parti
in seconda fila e sali sul podio”.
Gli ho detto, dai Uccio…
Poi devo ringraziare tutti i ragazzi della Ducati e voglio dedicare questo podio al Sic, a Paolo, a Rossella, a Martina: forse
mi ha dato una mano dopo due
anni difficili.
Un podio per tutti i ragazzi della
Ducati che hanno continuato a
lavorare”.
Bautista: “Bello conquistare
qui il primo podio in MotoGP,
in un fine settimana speciale
per me e per le squadre. Dopo
alcune gare un po’ difficili, qui
sono migliorato e forse Marco,
da lassù, mi ha dato una piccola
mano per battere Dovizioso per
pochi centimetri”.
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INTERVISTA
Rossi: “Per essere vecchio
e suonato non è andata male”
di Giovanni Zamagni | “Nessun rammarico per aver scelto Yamaha
- dichiara Rossi- ma voglio finire bene la stagione con Ducati”. Lunedì
Valentino scenderà in pista sul circuito romagnolo per nuovi test
H
a guidato bene, sfruttando al meglio la sua
Ducati: per questo è
arrivato secondo, anche se,
naturalmente, non bisogna
dimenticare che non c’era
Stoner, che Pedrosa è stato
abbattuto, che Crutchlow si è
steso, che Dovizioso non è stato efficace come al solito. Tutto vero, ma conta di più quello
che ha fatto Valentino Rossi:
è stato lui a fare la differenza,
come ha sottolineato anche
Jorge Lorenzo: “La Ducati non
è all’altezza di Yamaha e Honda, Valentino è stato bravissimo”. “Sono davvero contento
e devo ringraziare un sacco
78
di persone, tutte quelle che
hanno continuato a credere in
me. In settimana, Uccio (l’amico di sempre, NDA) mi aveva
detto che avrei conquistato la
seconda fila e il podio: ho pensato che fosse matto… Voglio
anche ringraziare tutti i ragazzi
della Ducati, che hanno continuato a lavorare e dedicare il
podio a Sic (Marco Simoncelli,
NDA), a Paolo, Rossella e Martina (papà, mamma e sorella di
Marco, NDA). Dopo i test che
avevamo fatto qui due settimane fa ero abbastanza fiducioso
per il nuovo telaio, ma non puoi
mai avere la certezza finché
non ti trovi in gara con gli altri.
Questa mattina Jerry (Jeremy
Burgess, il capo tecnico, NDA)
ha fatto 2-3 modifiche e siamo ulteriormente migliorati.
Non sapevo esattamente cosa
aspettarmi da metà gara in poi,
invece sono stato costante e
veloce, specie nella parte più
rapida del circuito. Sono riuscito a prendere un po’ di margine su Bradl e sugli altri (non
sapevo esattamente quanti ce
ne fossero dietro) e ho iniziato
a fare la gola al podio… Sicuramente se ci fosse stato Pedrosa avrei perso una posizione,
ma sul podio sarei comunque
salito, perché sono andato più
forte degli altri”.
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SPORT
Dopo questo risultato, non c’è
un po’ di rammarico per aver
scelto la Yamaha per la prossima stagione?
“Ormai la scelta è stata fatta,
inutile pensarci. Ma anche se
vado via, per me è importantissimo fare delle belle gare
da qui alla fine della stagione,
incrementare la competitività
della Ducati, anche se poi l’anno prossimo saranno altri piloti
a usufruire degli eventuali miglioramenti.
Ci manca qualcosa nella direzionalità, ma oggi la GP12
era bilanciata. E’ un risultato
importante per me e per tutti
quelli che lavorano nel reparto corse, che non hanno mai
smesso di impegnarsi, esattamente come ho fatto io. E’ la
mia miglior gara con la Ducati:
per essere vecchio e suonato, sono andato abbastanza
bene”.
E’ un risultato speciale, visto
che siamo a Misano?
“Sì, perché qui ci sono tanti
miei tifosi è il mio GP di Casa e
la pista è intitolata a Marco Simoncelli: avrei voluto dedicargli una vittoria, ma bisognava
aspettare troppo tempo. Ma
è anche per la Ducati, perché
tutti lavorano duro, nessuno
ha mai mollato e tutti credono
in me.
E’ stata una gara strana, condizionata dalla falsa partenza.
Al secondo via (in realtà non
c’è stato un primo via, NDA)
ho fatto una delle migliori
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18 Settembre
partenze della mia vita; Lorenzo era davanti, ma non mi andava via e quando le gomme
hanno iniziato a scivolare sono
riuscito a prendere un po’ di
margine sugli inseguitori.
Avevo un buon feeling con la
nuova ciclistica, la moto è più
facile da guidare, si può lavorare maggiormente sulle geometrie: ogni gara ha una storia
a sé, ma sarebbe importante
finire il campionato a un buon
livello. Domani proverò alcune novità: il test era previsto
per Hayden, ma lui, poveretto,
è messo male con la mano e
così la Ducati mi ha chiesto se
volevo sostituirlo. (Oltre a Rossi scenderanno in pista anche
Hayden, Iannone e Battaini,
NDR)Ho accettato volentieri,
anche perché non devo fare
troppa strada, abitando a sei
km da qui…”.
Veramente non hai nessun
rammarico per l’anno prossimo?
“Sfortunatamente si comincia
a parlare della stagione successiva troppo presto e bisogna accellerare le decisioni.
Secondo me era meglio come
qualche anno fa, quando si iniziavano le trattative dopo il GP
della Rep.
Ceca. In ogni caso, non ho
nessun rammarico e spero veramente di poter migliorare la
moto ulteriormente, anche se
l’anno prossimo non la guiderò
più io. E’ importante arrivare ai
GP con buone motivazioni, fare
delle belle gare: significherebbe che ci abbiamo messo tempo, ma piano piano ci siamo
arrivati. Speravamo di metterci
meno tempo e a lungo non è
cambiato nulla: per questo ho
deciso di cambiare”.
Che effetto ti ha fatto essere
nuovamente vicino a Lorenzo?
“E’ stato bello. Sapevo che
lui ne aveva un po’ di più, ma
nemmeno tanto. Dopo 2 o 3
giri quasi si stende (Lorenzo
ha confermato, NDA), gli si è
chiuso il davanti, ha fatto 20
metri con il gomito per terra.
Mi sono quasi preoccupato, ho
pensato: se cade, mi tocca vincere… E’ bello comunque fare
le gare così, essere veloce fino
alla fine”.
Hai detto a Indianapolis: non
so se sono ancora al livello dei
primissimi. Questa è già una
risposta?
“Oggi è stata una bella risposta, ho fatto una gara di livello
dall’inizio alla fine. Ma questo
non vuol dire che riuscirò a stare tutte le domeniche con loro
e magari anche a batterli: bisognerà vedere come andrò con
la Yamaha”.
Questo telaio è arrivato un po’
tardi?
“Secondo me questa modifica
al telaio poteva arrivare un po’
prima. Ma mancano ancora 5
GP e oggi siamo sul podio, tutti
contenti”.
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INTERVISTA
Lorenzo: “Pedrosa avrebbe potuto
essere più veloce di me”
di Giovanni Zamagni | Lorenzo non è andato piano perché non
c’era Pedrosa, semplicemente non riusciva ad andare più forte. Dani,
sconsolato, racconta una gara in cui tutto è andato storto
Q
uesta volta è stato
fortunato, ma non si
può certo mettere in
discussione il primato di Jorge Lorenzo al sesto successo
stagionale. “E’ stata una gara
condizionata dall’errore del
primo semaforo, con la conseguente partenza dall’ultimo
posto di Dani Pedrosa, poi addirittura caduto: se non fosse
finito a terra, forse mi avrebbe
addirittura preso, perché io non
riuscivo a essere troppo veloce,
ero in grande difficoltà con l’anteriore”.
Insomma, Lorenzo non è andato piano perché non c’era
Pedrosa, semplicemente non
riusciva ad andare più forte.
82
“Sì, credo che Dani avrebbe
potuto essere più veloce di me,
ma nessuno lo può sapere. Al
terzo giro quasi cado, anzi ero
già praticamente a terra e ho
pensato “non devo cadere, non
devo cadere” e, non so come,
sono riuscito ad andare avanti.
Valentino ha fatto una grande
gara: la Ducati non è competitiva come Honda e Yamaha, è
stato lui a fare la differenza. Era
alle mie spalle e ha anche iniziato a guadagnare qualche decimo: è sicuro che se guida così
nel 2013 sarà davanti a lottare
per la vittoria”.
Poi Lorenzo torna su quanto
accaduto a Pedrosa.
“La verità è che il campionato è
ancora lungo e, come si è visto,
non dipende solo da noi due:
un altro pilota ti può toccare ,
si può rompere un motore. E’
chiaro che adesso ho un buon
margine da amministrare e arrivando sempre secondo vincerei il titolo.
Ma basta arrivare una sola volta fuori dal podio per perdere
tanti punti e dover ricominciare
da capo. L’ideale sarebbe stato
che io non fossi caduto in Olanda e Pedrosa non fosse finito a
terra qui, però è vero che questo incidente riequilibra un po’ i
valori: il vantaggio che ho adesso in classifica è più realistico
dei 13 punti che avevo prima di
questo GP”.
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Non sapevo cosa fare, se dovevo tornare
ai box e ripartire con la seconda RCV
DANI PEDROSA: “CERTI
PILOTI NON CAMBIANO
MAI”
Dopo la pole di sabato, Dani
Pedrosa era sembrato molto
carico e determinato: ritrovarlo
sconsolato ai box mette quasi
tenerezza. Non ha niente da
rimproverarsi Dani: la caduta
è stata determinata da una serie di eventi sfortunati dei quali
non ha nulla da rimproverarsi.
Pedrosa ricostruisce una giornata in cui tutto è andato storto. “Quando è stata annullata la
prima partenza, c’è stata un po’
di confusione, non è stato spiegato bene come sarebbe stata
la nuova procedura. Io e il mio
team eravamo tranquillamente
sulla griglia, quando, improvvisamente, è stato comunicato
che mancava un minuto al via.
A quel punto, però, si è bloccata la ruota anteriore, non
sappiamo perché, e siamo stati
costretti a spostare la RC213V
84
nella pit lane, dove, come per
incanto, l’inconveniente è sparito. Mi hanno rimesso sullo
schieramento, ma nella concitazione, un meccanico deve
aver toccato inavvertitamente
un interruttore e la mia moto
non andava più in prima e in seconda. Non sapevo cosa fare,
se dovevo tornare ai box e ripartire con la seconda RCV, ma
sul rettilineo opposto ai box,
ho smanettato con gli interruttori sul manubrio e la moto
si è rimessa ad andare. Quando sono arrivato sullo schieramento mi hanno bloccato
nell’ultima casella: mi sono un
po’ innervosito, ma mi sono
imposto di rimanere calmo nei
primi giri. Dopo sei curve, però,
ero già in ottava, nona posizione: ho passato De Puniet, ma
l’ha voluto fare anche Barbera
e mi ha steso. Veramente non
so cosa volesse fare: certi piloti
non imparano mai”.
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GP di Misano. Dammi un cinque!
di Giovanni Zamagni | Cinque episodi che rendono indimenticabile
il GP di San Marino e della Riviera di Rimini: eccoli in ordine crescente
C
INQUE: LA GARA
DI FENATI
A volte ci si dimentica
che Romano Fenati ha solo 16
anni ed è al debutto nel motomondiale.
A Misano avrebbe forse potuto vincere con una gestione
più accorta della gara, ma è
comunque stato emozionante averlo visto al comando per
tanti giri e poi salire sul podio,
grazie a una perfetta strategia
nell’ultima curva.
86
QUATTRO: MARQUEZ ED ESPARGARO
AL TRAMONTO
Da quando è stato cambiato il senso di marcia, la curva del “Tramonto” può essere interpretata in vari modi, con traiettorie diverse. E’ successo più o meno in tutte le categorie, ma nessuno era
spettacolare come Marc Marquez e Pol Espargarò, che arrivavano
alla frenata con la moto tutta di traverso: non qualche volta, ma
regolarmente a ogni giro. Spettacolare, davvero.
TRE: “COME VADO?”
Il casco speciale per Misano è una delle cose belle del GP, non tanto per la grafica, quando per il significato: trovate un altro campione, di qualsiasi sport, capace di ironizzare così su se stesso come
fa Valentino Rossi.
DUE: L’ABBRACCIO TRA PREZIOSI E ROSSI
Dopo tante polemiche, dopo alcune parole fuori luogo (quelle di
Jeremy Burgess), dopo litigi e incomprensioni è stato emozionante vedere Valentino Rossi abbracciare Filippo Preziosi appena
dopo la gara.
Un abbraccio significativo e di grande valore, che certifica come
né la Ducati né Rossi si siano risparmiati per provare a ottenere i
risultati sperati.
E’ bello vedere che, anche se le loro strade si divideranno, pilota e
Casa continuano a dare il massimo.
UNO: ULTIMO GIRO MOTO2
Quattro sorpassi in poche curve tra Marc Marquez e Pol Espargarò, in una sfida ravvicinata magnifica, tra due piloti di altissimo
livello, che non hanno sbagliato
nulla. Visto il vantaggio in classifica, Marquez avrebbe potuto
tranquillamente accontentarsi
del secondo posto, invece non
ha avuto paura di prendere dei
rischi per salire sul gradino più
alto del podio. Così fanno solo
i grandissimi campioni e Marc
sta dimostrando di essere un
autentico fuoriclasse. E’ bene
ribadirlo: arriva in MotoGP perché è un fenomeno, non perché
è raccomandato.
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Le pagelle del GP di Misano
finito: con una moto all’altezza della situazione, Valentino è ancora
Valentino.
di Giovanni Zamagni | Nove per Rossi, Lorenzo e Pedrosa. Otto per
Bautista e Pirro. Tutti gli altri non arrivano nemmeno al sei. Otto a
Ducati che finalmente sembra aver imboccato la strada giusta
ALVARO BAUTISTA
8
E’ bello che sia riuscito a conquistare il primo podio in MotoGP proprio nel circuito dedicato a Marco Simoncelli, regalando
JORGE LORENZO
Per una volta è stato più
9
fortunato che bravo, ma ha
4,5
sfruttato al meglio l’occasione
favorevole. Ha ragione quando
dice che il distacco attuale è più
veritiero: l’incidente di Misano,
pareggia quello di Assen, dove
Lorenzo era stato abbattuto da
88
al team Gresini una gioia del tutto inaspettata. Fosse partito meglio (era settimo alla fine del primo giro), avrebbe anche potuto
insidiare Rossi. Ma va bene così.
ANDREA DOVIZIOSO
Prove e gara ben al di sotto delle aspettative. Unica nota
positiva, l’assalto finale a Bautista: troppo poco.
VALENTINO ROSSI
BEN SPIES
9
La Ducati è cresciuta e a Misano era sicuramente più com- 4 Inconsistente, ultimo in prova e in gara tra i piloti Yamaha,
petitiva, ma è stato soprattutto il pilota a fare la differenza: più di mai protagonista. Dovizioso questa volta era in difficoltà, ma nemcosì non si poteva fare. La migliore risposta a quanti lo davano per
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2012
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SPORT
Bautista. Deve amministrare 38 punti in 5 gare: considerando che
quando è arrivato al traguardo non ha mai fatto peggio di secondo,
si capisce come le possibilità di conquistare il titolo siano piuttosto
elevate.
18 Settembre
meno in questa occasione è riuscito a batterlo.
STEFAN BRADL
5,5
Mezzo voto in più perché è stato terzo fino al 18esi-
mo giro, guidando bene e con
buoni tempi. Purtroppo, però,
non riesce a essere costante
fino alla fine: è lo scotto da pagare alla MotoGP.
NICKY HAYDEN
5
Ha corso infortunato,
ancora dolorante alla mano
destra: è già tanto che abbia
finito.
JONATHAN REA
6
Tutto
sommato
un
debutto dignitoso, specie
89
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SPORT
MotoGP Misano
Classifica
considerando che aveva guidato la RC213V solo tre giorni e
venerdì, di fatto, non si è girato. Non ha combinato guai: non
era così scontato alla vigilia…
8 Ha guidato bene, mettendosi dietro tutte le CRT, tranne
MICHELE PIRRO
l’ART di Randy De Puniet (voto
7). Michele è bravo, come hanno confermato anche i test
effettuati con la Ducati: meriterebbe una moto deciamente
più competitiva.
4
CAL CRUTCHLOW
Scattando dalla prima
fila e senza Pedrosa, aveva una
grande possibilità di conquistare il secondo posto. Invece ha
sbagliato la partenza e al quinto giro si è steso, per l’undicesima volta in questa stagione.
HECTOR BARBERA
4
E’ un gran bravo ragazzo,
uno di quelli con il quale ti fermi
90
Classifica Generale
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
Jorge LORENZO
25
1
Jorge LORENZO
270
2
Valentino ROSSI
20
2
Dani PEDROSA
232
3
Alvaro BAUTISTA
16
3
Casey STONER
186
4
Andrea DOVIZIOSO
13
4
Andrea DOVIZIOSO
163
5
Ben SPIES
11
5
Cal CRUTCHLOW
122
volentieri alla sera a chiacchierare, ma in pista perde troppo spesso la lucidità: il suo è stato un errore imperdonabile.
6
Stefan BRADL
10
6
Valentino ROSSI
120
7
Nicky HAYDEN
9
7
Alvaro BAUTISTA
118
9
Il suo lavoro l’ha svolto al meglio, conquistando una convincente pole in prova e recuperando in meno di metà pista più di die-
8
Jonathan REA
8
8
Stefan BRADL
115
9
Randy DE PUNIET
7
9
Nicky HAYDEN
93
10
Michele PIRRO
6
10
Ben SPIES
77
60
DANI PEDROSA
ci posizioni, dopo essere scattato dall’ultimo posto non per colpa
sua. Poi è stato abbattuto, ma non ha nulla da rimproverarsi.
YAMAHA
Decisamente meno a suo agio che su altri tracciati, in
8,5
difficoltà specie sull’anteriore. La sensazione è che in una gara
11
Colin EDWARDS
5
11
Hector BARBERA
12
Yonny HERNANDEZ
4
12
Randy DE PUNIET
48
13
James ELLISON
3
13
Aleix ESPARGARO
45
“normale”, con Pedrosa e Stoner regolarmente al via, Lorenzo non
avrebbe mai vinto.
HONDA
9
La moto è cresciuta dall’inizio dell’anno e a Misano, in un fine
settimana dove si è provato pochissimo, la RC213V di Pedrosa era
a posto fin da subito, senza particolari problemi. La squadra di Pedrosa, però, è da 4 in pagella, perché il blocco della ruota anteriore
e le bizze dell’elettronica nel giro di ricognizione sono stati determinati da errori umani.
DUCATI
8
Un bel passo in avanti rispetto ai precedenti GP, ma ci vuole
almeno un’altra gara per verificare i progressi fatti. Rimane il rammarico che questa modifica al telaio sia arrivata così tardi nella
stagione.
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Fruttuosa giornata di test a Misano per Ducati: Hayden ha provato con
soddisfazione la Evo usata ieri da Rossi, Valentino ha lavorato su un
ulteriore evoluzione del telaio
T
erza variazione del programma dei test, terza
variante del telaio per
Rossi. Questi test, che in prima
istanza avrebbero dovuto essere riservati a Nicky Hayden,
hanno visto il coinvolgimento di
Valentino per poter lavorare su
un’ulteriore evoluzione telaistica della GP12: il pilota del Kentucky soffre ancora molto sulla
mano infortunata ad Indianapolis, ed è apparso chiaro fin
92
da inizio settimana scorsao come non avrebbe potuto garantire la
stessa efficacia di Rossi. Dopo la gara di ieri, però, Nicky è risultato
più in forma del previsto e alla fine ne ha fatto le spese Iannone,
convocato per sostituire Hayden e rimasto invece ai box. Battaini,
regolarmente presente ai test, ha svolto il lavoro previsto sull’elettronica. Hayden, che ha girato per 14 tornate, ha promosso la nuova ciclistica, parlando di una moto meno faticosa a parità di ritmo
se non più veloce. “Per non forzare troppo la mano oggi abbiamo
fatto solo due uscite, una con la moto che ho usato in gara e una
con la nuova ciclistica. E’ stato positivo potersene fare un’idea.
Ho potuto percepire le differenze più di quanto mi fossi aspettavo e sicuramente il feeling è migliore, mi da più fiducia perché il
grip in frenata è migliore e di conseguenza lo è anche l’ingresso in
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2012
02
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Test Ducati: Rossi prova un altro telaio
18 Settembre
curva. Penso sia un passo nella direzione giusta e sono contento
del lavoro fatto dalla Ducati in questo senso. Dovrò probabilmente
aumentare un po’ la rigidezza della molla della forcella ma in ogni
caso già così è uno “step” positivo. Sono soddisfatto e ad Aragon
cominceremo a lavorare sul set-up”. Valentino, invece, ha lavorato su un’ulteriore evoluzione della ciclistica messa a frutto con il
secondo posto di ieri: un telaio modificato nelle rigidezze ed un
nuovo forcellone. “E’ stata una buona giornata: abbiamo provato
un telaio dalle rigidezze diverse ma, onestamente, non mi è piaciuto tanto. Era migliore sotto certi punti di vista ma peggiore sotto
altri quindi alla fine non era un passo in avanti. Poi invece abbiamo
provato un forcellone diverso, che mi è piaciuto molto perché mi
aiuta un po’ in accelerazione e rende la moto più stabile in uscita
di curva. Quindi delle due novità una ha funzionato. Lo useremo
ad Aragon e vedremo se anche lì, su una pista diversa, potremo
confermare queste buone sensazioni”.
Soddisfatto Filippo Preziosi. “E’ stato un test molto utile: avevamo preparato un telaio uguale a quello utilizzato ieri in gara per
quanto riguarda le geometrie, e modificato nelle rigidezze: Valentino ci ha dato un “feedback” che ci permetterà di progettarne
un’evoluzione con le caratteristiche positive che ci ha evidenziato, e che corrispondono
a quanto ci aspettavamo dai
calcoli fatti, senza perdere in
precisione. Avevamo anche un
forcellone diverso che a Valentino è piaciuto e che quindi
porteremo ad Aragon. Nicky
ha fatto una prima comparativa tra telaio e forcellone preMisano e quelli usati da Valentino ieri. Il suo primo commento
è stato positivo ma dovremo
confermarlo ad Aragon quando
le sue condizioni fisiche saranno migliori. Sulla base dei dati
raccolti oggi stiamo accelerando la produzione del prossimo
“step” del telaio che potrebbe
arrivare prima di Valencia”.
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SPORT
Il nostro Sic
di Giovanni Zamagni | Presentato a Misano il libro scritto da mamma
e papà Simoncelli, che raccontano Marco attraverso immagini inedite e
la testimonianza di tanti amici
S
i piange e si ride, proprio come nel libro. “Si
parla di Marco, non
poteva non essere in libro molto divertente” commenta Paolo
“Paolone” Beltramo, la voce dai
box di Mediaset che ha raccolto le testimonianze, i racconti,
gli aneddoti, le confessioni di
Rossella e Paolo Simoncelli e
le ha riportate fedelmente ne
“Il nostro Sic”, presentato oggi
all’autodromo di Misano, in
una conferenza stampa dove
le lacrime di tristezza si sono
94
mescolate a quelle più piacevoli. Assieme a Paolone, Rossella e
Paolo, sempre con quella meravigliosa dignità che li accompagna
dal 23 ottobre 2011, giorno fatale per SuperSic. “Dopo l’incredibile
dimostrazione di affetto che abbiamo ricevuto da tutte le persone
dopo la morte di Marco, volevamo fare qualcosa. Per questo abbiamo deciso di realizzare il libro e lo abbiamo fatto assieme a Paolone, con il quale abbiamo un rapporto speciale” dice papà Paolo,
naturalmente con il groppo in gola.
La storia del Sic, “un guerriero dolcissimo” viene raccontata attraverso centinaia di immagini private e pubbliche, con le parole dei
genitori, ma anche della fidanzata Kate, dell’amico Valentino Rossi, del rivale di sempre Andrea Dovizioso, e di tutte quelle persone
che in un modo o nell’altro sono state più vicine a Marco. “All’inizio – svela mamma Rossella – non ero d’accordo sul realizzare
questo libro, perché sono gelosa delle cose che erano di Marco
bambino. Poi, però, eravamo
tutti insieme a tavola a parlarne
e mi sono accorta che eravamo
tra amici a raccontare degli episodi di Marco.
Questo mi ha “fregato” e mi
ha convinto”. Edito da Rizzoli,
il libro costa 19 euro, in offerta
a 14,25 euro fino al 30 settembre. Una bella iniziativa con il
ricavato che, naturalmente,
sarà per la Fondazione Marco
Simoncelli Onlus, che sostiene
progetti e iniziative di solidarietà in tutto il mondo
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Ma Burgess sa quello che dice?
Il 19 agosto affermava che la Ducati era vicinissima alla competività.
“Manca solo l’1 per cento”, precisò. Ora spara a zero sulla rossa e dice:
“alla Ducati non hanno fatto niente”
S
u Motosprint di martedì 11 settembre, l’ultimo numero, spicca
la clamorosa intervista che il
giornalista australiano Colin
Young ha fatto a Jeremy Burgess, il responsabile tecnico
del team di Rossi e che lavora
con Valentino dal 2000. Il tono
del tecnico, che con il suo pilota
dalla Ducati tornerà (è ufficiale)
alla Yamaha, è molto secco, e
alla richiesta di spiegare il fallimento della stagione 2011,
a proposito di Ducati dice testualmente e molto duramente: “se non fai niente non ottieni
niente”. Più avanti, Burgess arriva addirittura a spiegare che
Rossi è costretto a correre con
il telaio della prima gara in Qatar, un telaio che non gli è mai
piaciuto ma che in Ducati non
hanno saputo evolvere. Jeremy
precisa persino che Ducati ha
evitato di fare un telaio nuovo
perché “per loro stessa ammissione non ne sono capaci”. E infine conclude: “Purtroppo non
è arrivato dalla Ducati alcun
segnale di un cambiamento e
96
dunque Valentino ed io non potevamo restare ancora lì, a fare un
2013 uguale al 2012”. L’intervista è davvero sorprendente per la
schiettezza, che di solito nelle corse non si usa; gli australiani forse
sono un po’ così, basta pensare a Stoner. Ma è addirittura incredibile se viene confrontata con quella che la Gazzetta dello Sport
pubblicò lo scorso 19 agosto. Era la domenica di Indianapolis, e
l’inviato negli Usa Paolo Ianieri riportava tra virgolette la seguente
dichiarazione dello stesso Burgess: “Avrei voluto restare in Ducati
e finire il lavoro perché non siamo lontani, ci manca forse l’1 per
cento”. Nella stessa intervista della Gazzetta, Jeremy esprimeva
per la verità anche molta delusione sull’argomento telaio: precisava che a fine 2011 avevano dovuto mettere un telaio attorno a
un motore già disegnato, e questa non era una buona soluzione.
Disse esattamente “Ci vorranno anni o comunque molto tempo
per trovare la strada giusta, e del resto la Ducati non ha l’esperienza delle giapponesi: nel 1989 Honda fece ben tredici telai per
Lawson”. Ma la contraddizione appare enorme: quale delle due affermazioni è quella giusta? Alla Ducati mancava l’1 per cento per
essere competitiva oppure manca ancora tutto perché niente si
è fatto in tutta la stagione 2012? Mentre aspettiamo che Jeremy
Burgess –che abbiamo sempre stimato per la sua professionalità
e che è certamente accreditato a parlare di tecnica Ducati- faccia
ordine nelle sue stesse parole, ai lettori chiediamo cosa pensano
di tutta la situazione. Aspettandoci anche un comunicato della Ducati, che dopo aver diramato la notizia del divorzio da Rossi pare
essersi chiusa in un mutismo assoluto e difficile da interpretare. A
Indianapolis, prima gara dopo la separazione con Valentino, il top
management della casa bolognese non c’era, e anche a Brno non è
uscita una parola ufficiale sull’argomento. Che effetto vi fa questa
doppia intervista di Burgess con “la contraddizione incorporata”,
e che idea vi siete fatti dell’intera situazione?
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SPORT
INTERVISTA
Gigi Dall’Igna: “La MotoGP è più
prestigiosa, la SBK più interessante”
di Giovanni Zamagni | Il responsabile tecnico spiega perché l’Aprilia
corre nel campionato per derivate dalla serie e non nel Motomondiale.
Praticamente fatta la squadra 2013, con Biaggi e Laverty confermati
I
ngegnere Luigi Dall’Igna, la
prima considerazione che
ho fatto domenica scorsa al termine del GP Germania
SBK è stata: però, l’Aprilia le
moto da corsa le sa fare bene.
La seconda è stata: perché l’Aprilia non corre in MotoGP?
«Ci sono tanti motivi perché l’Aprilia non fa la MotoGP. Intanto,
le moto di questo campionato
sono abbastanza lontane dal
prodotto di serie e per l’Aprilia
le corse sono uno strumento
per sviluppare al meglio le moto
di serie e renderle più appetibili
per il cliente. Gran parte della
tecnologia che c’è sulla RSV4
stradale è stata sviluppata
98
nelle competizioni e tutta la
moto è stata pensata all’interno del nostro reparto corse di
Noale: questo è uno dei motivi
per cui l’Aprilia ha preferito partecipare alla SBK piuttosto che
alla MotoGP. Poi ci sono altre
considerazioni: molti (troppi,
NDA) cambiamenti regolamentari negli ultimi anni, mentre in
SBK c’è stata più stabilità. Ogni
volta che cambia il regolamento devi investire, sviluppare,
quindi spendi soldi».
La MotoGP rimane comunque
la categoria più prestigiosa:
un successo, o comunque un
grande risultato, in questa
categoria avrebbe un valore
enorme per Aprilia.
«Sicuramente la MotoGP è lo
stato dell’arte della tecnica da
corsa in pista: ogni pilota e ogni
tecnico vorrebbe partecipare in
questa categoria. Ma bisogna
guardare anche il contorno e
un’azienda è giusto che scelga
il campionato più conveniente».
Cosa chiede l’Aprilia per rendere più appetibili entrambi i
campionati? Da appassionato
sono un po’ preoccupato per il
futuro del motociclismo, perché la MotoGP è in crisi e la
SBK non decolla…
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L’eventuale introduzione della centralina unica
o della limitazione del numero dei giri, potrebbero
diminuire la differenza tra MotoGP e CRT
«L’esperimento che sta portando avanti la Dorna è interessante (Dall’Igna si riferisce
alla CRT, NDA), ma è chiaramente solo all’inizio. La strada
è quella giusta e le modifiche
che sta portando avanti da qui
nei prossimi anni, potrebbero
essere quelle giuste per invogliare nuove case a entrare.
L’eventuale introduzione della
centralina unica o della limitazione del numero dei giri, potrebbero diminuire la differenza tra MotoGP e CRT: può fare
bene alla categoria. Io sono
però un tecnico che è abituato
anche a sviluppare l’elettronica, anche con delle idee diverse
rispetto agli altri: non avere più
questa possibilità mi dispiacerebbe, ma potrebbe essere un
compromesso ragionevole per
rendere ancora più bella la MotoGP».
E per la SBK? Si è tornati a polemizzare sui sei kg di zavorra
della Ducati.
«Sulle polemiche della Ducati
100
non vorrei dire niente. Nel 2013
in SBK ci saranno le ruote da 17
pollici, i cerchi in alluminio: sta
facendo dei passi per essere
ancora più vicini alla moto di
serie.
Non bisogna che diventi troppo
uguale alla moto di serie, perché perderebbe un po’ di interesse tecnico per gli appassionati: è comunque importante
fare un passo verso il contenimento dei costi».
Un pronostico sulla MotoGP:
chi vedi favorito tra Lorenzo e
Pedrosa?
«Io sono legato a Lorenzo, che
ha vinto due campionati del
mondo in Aprilia: faccio il tifo
per lui. Jorge mi è sempre piaciuto, gli ho visto fare delle cose
meravigliose sotto l’aspetto
della tecnica di guida: è un pilota che mi emoziona. Diciamo
che non sono obiettivo».
E sotto l’aspetto tecnico chi
vedi avvantaggiata tra Honda
e Yamaha?
«Sono due moto meravigliose:
la Honda mi attira per il cambio, la Yamaha per la tecnica
ciclistica.
Si fa fatica a dire qual è il progetto migliore e più equilibrato».
SBK: Biaggi e Melandri si
giocano il mondiale. Come la
vedi?
«Qui sono di parte, anche per
motivi scaramantici faccio fatica a esprimere un parere».
Giro la domanda: ti aspettavi
una BMW così competitiva?
«La BMW è un’azienda importantissima, non solo nelle
moto, ma nel panorama motoristico: già confrontarmi ad
armi pari con BMW mi sembra
qualcosa di estremamente positivo».
La squadra Aprilia 2013 è fatta?
«Non ancora, ma siamo vicini
al traguardo: stiamo lavorando
perché rimanga così com’è».
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SPORT
Ben Spies con Iannone
in Ducati Pramac. E’ ufficiale!
Ducati ha ufficializzato l’accordo per il 2013 con Ben Spies e Andrea
Iannone. L’americano e l’italiano saranno i piloti del Ducati Junior Team
Pramac e avranno a disposizione i materiali del team ufficiale
D
ucati annuncia di aver firmato un accordo con il pilota
americano Ben Spies e l’italiano Andrea Iannone per disputare il Campionato del Mondo MotoGP 2013. Dopo la
conferma di Nicky Hayden e l’annuncio di Andrea Dovizioso per il
Ducati Team, la Casa italiana ribadisce fiducia e impegno nel Campionato del Mondo MotoGP completando lo schieramento per la
prossima stagione con due piloti veloci e competitivi, già protagonisti del Campionato del Mondo Moto2 e MotoGP. Contestualmente è stato rinnovato il sodalizio che lega Ducati alla Pramac Racing
a cui continuerà ad essere affidata la gestione del Team Satellite.
I due piloti, che hanno un legame diretto con la Casa, avranno a
disposizione materiale ufficiale. Questo accordo consentirà un ulteriore e importante supporto nello sviluppo del progetto Desmosedici MotoGP, offrendo un’ulteriore opportunità per il processo di
miglioramento delle performance della moto italiana.
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Ben Spies, la carriera
fino ad oggi
di Edoardo Licciardello | In occasione
del suo cambio di casacca ripercorriamo
la carriera del pilota texano campione del
mondo Superbike 2009
B
en Spies, nato a Memphis l’11 luglio 1984 (si considera Texano a tutti gli effetti essendosi trasferito a Longview, TX,
in giovanissima età) si è avvicinato alle corse molto giovane, con l’appoggio della madre ma soprattutto del suo patrigno,
che ne ha intuito fin da piccolo il talento e lo ha sempre supportato
nella sua carriera. Dopo l’inevitabile debutto nel motocross, Spies
si orienta però rapidamente verso la pista con un breve passaggio
sulle 125GP per arrivare fra i grandi dell’AMA nel 2000, dove debutta nella categoria Supersport.
I titoli AMA e le wild card in MotoGP
Un po’ di purgatorio in Superstock per poi arrivare nel 2003 sulla
sella più ambita del Campionato Americano: quella della Suzuki
GSX-R del team Yoshimura, partendo anche qui dalla Supersport
per poi arrivare alla Superbike nel 2005, dove si presenta con un
secondo posto alle spalle del suo compagno Mat Mladin, recordman assoluto di vittorie nell’AMA e dominatore di sei delle sette stagioni precedenti. Spies, nonostante Mladin si dimostri un
avversario durissimo tanto in pista quanto fuori, lo batte per tre
anni consecutivi vincendo nel 2006, 2007 e 2008 il titolo statunitense SBK. Suzuki, che segue con grande impegno il campionato
AMA, ne premia l’impegno con tre partecipazioni da wild card in
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SPORT
già forte di Rossi e Lorenzo. Due podi (Silverstone, terzo, e Indianapolis, secondo) ed il sesto posto finale ne fanno di gran lunga
il migliore dei privati, tanto che nel 2011 la promozione nel team
ufficiale a seguito della partenza di Rossi è praticamente scontata.
Da ufficiale, su una M1 in sella alla quale lo stesso Lorenzo non riesce a conquistare più di due gare, Ben porta a casa la sua prima
(e finora unica) vittoria nella massima categoria ad Assen, chiudendo il mondiale in una più che onorevole quinta posizione finale.
Purtroppo, la stagione 2012 è un vero disastro: errori del pilota ma
anche tanti cedimenti della moto fanno si che dopo dodici gare sia
solo decimo con 66 punti. Già a fine luglio, Spies ha annunciato il
divorzio da Yamaha; solo oggi la conferma dell’ingaggio da parte
di Ducati per il suo inserimento nello Junior Team.
MotoGP. La prima a Donington,
in sostituzione dell’infortunato
Loris Capirossi, poi nelle due
prove statunitensi di Laguna
Seca ed Indianapolis; nell’ultima, in particolare, Ben taglia
il traguardo primo fra i piloti
Suzuki al traguardo, con un
ottimo sesto posto. La logica
evoluzione della sua carriera
sarebbe il debutto in MotoGP,
ma qualcosa nel programma va
storto. Che sia stato il rifiuto di
correre ad Assen (Spies avrebbe ricevuto richiesta da Suzuki
di sostituire Capirossi anche
in Olanda, ma si rifiutò per la
106
sovrapposizione con una prova del campionato AMA) o una trattativa troppo aggressiva di mamma Mary, che gli fa da manager e
premuroso – anche troppo, dicono alcuni – angelo custode non
si sa bene, fatto sta che l’arrivo in Europa di Spies avviene si, ma
sulla sella della R1 del team ufficiale Yamaha.
Il titolo Superbike e il passaggio alla MotoGP
Ben stupisce tutti vincendo 14 manches su 28, imparando a velocità lampo piste mai viste né conosciute e recuperando un distacco da Haga apparentemente incolmabile; all’ultima gara Spies
conquista il titolo e regala a Yamaha il primo iride piloti in Superbike – l’ultimo che mancava al palmarés della casa dei tre diapason
– con la debuttante R1 a scoppi irregolari. A fine anno Ben viene
premiato con la partecipazione al GP di Valencia sulla M1, per poi
passare armi e bagagli alla MotoGP nel 2010 – nel team Tech3,
dal momento che Rookie Rule o meno il team interno Yamaha è
107
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SPORT
Nico Cereghini: “Dopo gli Anni Settanta,
parte la nuova serie”
Dall’attualità della MotoGP, da Stoner che annuncia il suo clamoroso
stop, viene la voglia di indagare sul carattere dei piloti ricostruendo la
loro storia motociclistica nazionale e il DNA comune. Piloti e Paesi
C
iao a tutti! Tra qualche
giorno partirà sul sito
la mia nuova serie.
Dopo gli Anni Settanta raccontati in sette puntate, ci è arrivata qualche richiesta di passare
agli Anni Ottanta, ma non sono
così sicuro che valga la pena
di lavorarci subito sopra. Un
po’ perché per me gli Ottanta
sono meno significativi dei mitici Settanta, e un po’ perché
mi piace cambiare. Cambiare
genere, cambiare prospettiva
sulle cose. E allora, ragionando
in redazione sulle varie opportunità, si è fatto strada il nuovo progetto: gli Anni Ottanta
possono aspettare, questa
volta partiremo dall’attualità
sportiva per scavare intorno
ai fenomeni più clamorosi. Nel
mondiale MotoGp, Casey Stoner annuncia a sorpresa il suo
ritiro dalle corse proprio quando è al vertice della categoria.
Come nasce questa scelta che
ci priva del maggior talento
vivente? Come ha ragionato
Stoner? E’ vero, come si dice,
che gli australiani sono dei tipi
molto particolari? Ecco, da qui
nasce lo stimolo ad approfondire la storia del mondiale piloti in
108
un’ottica inedita: piloti e Paesi,
campioni e nazionalità, per tentare di individuare il DNA comune ai protagonisti di ogni Paese.
Perché un DNA comune sembra esserci davvero: un pilota
come Stoner è anche il frutto
della storia motociclistica australiana, come Valentino Rossi
è il risultato dei cromosomi tipici del motociclismo italiano. La
tesi, per capirci, è che Rossi e
Biaggi e Capirossi e tutti gli altri
italiani si sono cibati delle storie
e delle esperienze di Cadalora,
Agostini, Masetti, Nello Pagani
e anche più indietro. E se non
conoscono direttamente queste storie, sono stati comunque contaminati dagli uomini
che li hanno conosciuti, oppure
dai tecnici che hanno lavorato
con qualcuno di quelli o dentro
il reparto corse delle maggiori
case motociclistiche italiane o
di fianco ai figli di quelli di una
volta. Valentino non è nemmeno mai entrato nella fabbrica
della Benelli di Pesaro, ne sono
sicuro, ma il motociclismo della sua città proprio dal mondo
che gravitava intorno alla Benelli è stato forgiato. Il tema ci
è piaciuto e comincio trapochi
giorni proprio dagli australiani.
Carattere e storia del motociclismo che ha fatto da culla
a Casey Stoner, per cercare
di capire un po’ meglio la sua
scelta particolare. Poi gli spagnoli, che dominano la scena di
questi ultimi anni e non si capisce bene perché. E poi avanti:
gli americani, i giapponesi, gli
italiani…
“
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2012
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» Prove
»»»MotoGP
Piloti e Paesi, campioni e nazionalità, per tentare
di individuare il DNA comune ai protagonisti
di ogni Paese
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
C’è qualcuno che vedendolo guidare ti ha lasciato a bocca aperta?
«Beh sì, li vedi che riescono a portare la moto subito al limite, ma
se daranno spazio e tempo anche a noi giovani sono sicuro che ci
arriveremo anche noi».
Abbiamo sentito parlare di
BMW. SBK o Stock?
«Stiamo parlando. Speriamo in
Superbike, non nel team ufficiale, ma hanno un’ottima struttura anche in Superstock... perché no?!».
“
U
110
con l’arrivo di Guintoli le cose sono andate migliorando anche perché prima ero da solo nella messa a punto. Da tre gare a questa
parte siamo andati abbastanza bene».
Hai preso l’arrivo di Guintoli nel modo giusto.
«Io credo che non ci siano fenomeni, e a parità di mezzo non vedo
perché dovrebbe starmi davanti. In condizioni normali siamo lì».
Un risultato che ritieni particolarmente importante?
«Sicuramente la gara di Imola, anche se non ero maturo come in
queste gare e poi abbiamo fatto un bel risultato».
75
già che non farai risultato è meglio una categoria inferiore ma
per vincere».
Chi pensi che abbia fatto i più grandi passi avanti?
«Kawasaki e BMW sono quelle che sono migliorate di più. Aprilia
era già ad un altissimo livello e con le nuove arrivate l’asticella si è
alzata parecchio».
n consuntivo della
prima stagione in
SBK.
«E’ dura, ma ci siamo tolti anche delle soddisfazioni. Siamo
partiti abbastanza bene senza
troppe aspettative, poi man
mano le aspettative sono arrivate e ho subìto un po’ la pressioni. Abbiamo passato una
mezza stagione sottotono poi
Numero
02
L’esperienza in SBK è stata più difficile di quanto pensassi?
«Per me è il secondo anno che guido una mille e cerco di imparare
passo per passo».
Quest’anno avete fatto tutti fatica voi piloti Ducati.
«Il progetto comincia ad avere la sua età, mentre le altre Case
hanno fatto parecchi passi avanti. Aspettiamo la Panigale e poi
vedremo».
di Carlo Baldi | Alla vigilia del GP di Germania abbiamo intervistato
l’esordiente del team Pata. Gli abbiamo chiesto le sue impressioni sulla
stagione trascorsa e quali sono le aspettative per quello futuro
Anno
2012
» Prove
»»»Superbike
SPORT
Zanetti: “La SBK è dura.
Ma siamo al top della categoria”
18 Settembre
L’anno prossimo sai già qualcosa? Hai qualche ambizione?
«Vorrei rimanere in SBK e abbiamo dimostrato di poter fare bene.
Ma non disdegno nemmeno una Stock o una Supersport a condizione che sia fatta per vincere. Se devo rimanere in SBK per far
numero preferisco una Stock per puntare al titolo».
Preferiresti una SBK non ufficiale o una Stock per vincere.
«Mi andrebbe bene una SBK non dico ufficiale ma basterebbe con
un progetto per crescere. Se devo farlo in una struttura in cui sai
Se no aiuterai Ducati a sviluppare la Panigale.
«Magari! Visto che è una moto
che mi intriga parecchio!».
Un giovane come te che approda alla Superbike, che è un
campionato con piloti di una
certa età cosa ne pensa: ci
vuole tanta esperienza o sono
i team che fanno fatica a credere a un giovane?
«E’ più la paura del cambio generazionale ma presto avverrà.
Noi giovani abbiamo voglia,
dobbiamo trovare team che
abbiano fiducia».
Noi giovani abbiamo voglia, dobbiamo trovare dei
team che abbiano fiducia
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SPORT
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Chaz Davies: “Posso vincere ancora!”
di Alessandro Colombo | La presentazione del Team Virgin Radio Rally
ci ha offerto la scusa per scambiare due battute con Chaz Davies. Che ci
ha parlato della Superbike, del suo futuro immediato e delle prospettive
S
i è tenuta nella serata
del 12 settembre 2012
al numero 3 di via Thaon De Revel la presentazione
del Team Virgin Radio rally che
presto partirà per il Pharaons
Rally (che avrà luogo dall’1
al 6 ottobre, segnando l’atto
conclusivo del Mondiale Cross
Country Rally FIM, nonché il
penultimo appuntamento della
Coppa del Mondo FIA, e che si
disputerà su una lunghezza di
sei tappe per 2.800 chilometri
attraverso l’Egitto) con una vettura che ha come comune denominatore con l’Aprilia RSV4
di Davies la sponsorizzazione
del Team ParkinGO. Ospite d’onore della serata è stato Chaz
Davies, pilota del team ParkinGO che nello scorso weekend si
è aggiudicato Gara 2 al Nurburgring, divenendo il primo pilota
a parte Max Biaggi a vincere in
Superbike con un’Aprilia, oltretutto clienti. Abbiamo colto
l’occasione del suo passaggio
112
nel capoluogo lombardo per porgli alcune domande su questa
bella avventura, sulla soddisfazione provata nell’ottenere un così
bel risultato e sulle aspettative che ci sono per il prossimo anno,
quando approderà nella squadra ufficiale BMW al fianco del nostro
Marco Melandri, che ha a sua volta portato alla vittoria la moto bavarese per la prima volta dal suo debutto in SBK.
Chaz, tu sei l’unico pilota, oltre a Biaggi, ad aver vinto in SBK
con l’Aprilia. Com’è stato? Come ti sei sentito?
«E’ stato bello per un sacco di ragioni: perché è stata la mia prima
vittoria in Superbike e perché era qualcosa che speravo arrivasse
da un momento all’altro. E’ stato inaspettato, in quanto ogni volta
imparavo qualcosa di più e credevo che mi ci sarebbe voluto più
tempo. E’ una bella sensazione, vincere in Superbike è molto difficile e sono contento di esserci riuscito».
Secondo te come mai sei stato l’unico, oltre a Biaggi, a vincere
con l’Aprilia?
«Onestamente non saprei. Tutto quello che posso dire è che la
moto è buona ed il mio team è eccellente e io ho sempre cercato di
dare il massimo, quindi penso che la combinazione di questi fattori
abbia concorso nel centrare questo risultato, inoltre io stavo guidando bene in quel momento, avevo un bel feeling con la moto».
Che differenza c’è tra l’Aprilia da SBK, una moto da GP di tipo
prototipale ed una SuperSport?
«Nella SBK ci sono un sacco di opzioni, si può intervenire su molte
cose, è un po’ come una moto da GP, si può intervenire sul telaio,
sull’elettronica - che è molto complessa – e su una svariata serie
di parametri. La SuperSport è più limitata, si può intervenire solo
su poche cose. E’ più semplice, nonostante anche la SuperSport
richieda dimestichezza con l’elettronica; la SBK è su un altro livello. In SBK serve un team dedicato sull’elettronica, mentre in
SuperSport c’è una sola persona delegata a questo compito. In
SBK il lavoro è molto duro e serve un team specializzato per ogni
singola cosa».
E’ vero che la tua squadra verrà con te in BMW l’anno prossimo?
«Sfortunatamente solo un ragazzo, non posso portare tutti con
me. Ho un ottimo rapporto con tutti i ragazzi del Team ParkinGO,
siamo amici e lo rimarremo, anche perché sino a quando sarò qui
continuerò a dare il 100% per questa squadra».
Cosa ti aspetti di trovare l’anno prossimo in BMW?
«Non ho aspettative al momento, ogni volta c’è bisogno di provare
e conoscere la moto per migliorare».
Pensi che sia possibile vincere ancora quest’anno?
«Si, penso che sia possibile, ho un buon feeling con la moto e Portimao e Magny-Cours mi piacciono molto, quindi potrebbe benissimo essere».
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Niccolò Canepa operato per
ridurre la plurifrattura alla tibia
di Carlo Baldi | Canepa è ancora in ospedale dopo l’intervento che ha
ridotto la plurifrattura alla tibia che si è procurato durante le prove del
GP di Germania. Nei giorni scorsi ha ricevuto la visita di Lorenzo Zanetti,
amico prima che rivale
C
anepa è caduto sabato scorso durante le
prove libere del GP di
Germania e si è rotto tibia e perone in un brutto incidente che
lo terrà lontano dalle piste per
alcune settimane. La rottura
alla tibia è pluri frammentata
e quindi ha richiesto un primo
114
intervento per ridurla e in questi giorni Niccolò verrà rioperato per
l’inserimento di una placca che lo aiuterà a accelerare i tempi di
recupero. Lorenzo Zanetti e Canepa sono stati avversari lo scorso
anno il Stock 1000, ma sono amici da tempo. Non c’è da stupirsi
quindi che Lorenzo sia andato a far visita all’ospedale all’amico-rivale. In Germania abbiamo intervistato proprio Zanetti e nel video
che pubblicheremo nei prossimi giorni il giovane pilota Ducati ci
racconta com’è stato debuttare in SBK e quali sono i suoi progetti
per il futuro.
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Non sono come i piloti moderni, come Rossi o
Dovizioso che sanno guidare tutti i tipi di moto. Per me,
“Questo Cairoli arriva dritto al cuore”
di Nico Cereghini | La sua impresa va ben al di là del Motocross.
E’ la promozione più vera del motociclismo, e anche la prova che
molti giovani sanno sacrificarsi per un obbiettivo concreto
C
iao a tutti! L’impresa
di Tony Cairoli, campione del mondo per
la sesta volta, è qualcosa che va
ben oltre il motocross e arriva
dritta al cuore. Perché questo
pilota super-talentoso non è
nato in una famiglia di sportivi
o in una terra che profuma di
motori, Tony è siciliano di Patti; eppure ha saputo farsi largo
con una passione e una tenacia
che lasciano stupefatti. Leggo
sulla sua biografia che persino
lui, il nostro fenomeno, ha fatto
fatica ad imporsi. Nel mondiale
116
della classe 125, quando aveva diciotto anni e già allora una tremenda voglia di vincere, non riusciva nemmeno a qualificarsi. Per arrivare alla tecnica e alla preparazione ideali è stato costretto a trasferirsi
lontano da casa, e l’incontro con Claudio De Carli ha rappresentato
la soluzione della sua carriera. Nella vita ci vuole fortuna, il talento è
fortuna e l’incontro giusto pure. Ma la fortuna bisogna meritarsela
e il talento va coltivato e sono sacrifici veri. Io festeggio questo straordinario sesto titolo –un traguardo che porta Tony appena dietro
ad Agostini e a Rossi- con una particolare gioia e per tante ragioni.
Perché amo la Sicilia e molti siciliani, perché il motocross contiene per me una specie di magia, perché è la dimostrazione che i
giovani hanno energia e solide ambizioni. Non conosco personalmente Tony Cairoli, l’ho visto soltanto una volta e di sfuggita, non
seguo il cross. Ma lo anticipavo in apertura: la sua impresa va ben
oltre. Io vengo da una generazione che si è avvicinata alla moto con
le piccole motorette da enduro, quelle che chiamavamo allora da
il cross mantiene una sua magia
Regolarità. Da ragazzo l’idea di fare i salti mi scaldava, poi è andata
che di saltare bene non ero capace, ho scoperto l’asfalto e le pieghe, mi sono innamorato della pista.
Non sono come i piloti moderni, come Rossi o Dovizioso che sanno
guidare tutti i tipi di moto. Per me, il cross mantiene una sua magia
e pur essendo un motociclista di vecchia data non riesco proprio a
capire come si possa volare così leggeri sui salti e sulle buche, nel
fango o nella sabbia. E in particolare Tony ha, come tutti i campioni,
il dono di far sembrare facili le cose più difficili e faticose. Vederlo
vincere il suo sesto titolo, che poi è anche il quarto consecutivo
nella massima categoria, è stato quindi per me una specie di miracolo.
E poi penso che queste sono le imprese che avvicinano alla moto
anche chi ancora non sa che cosa può rappresentare nella propria
esistenza. Questa è la vera promozione del motociclismo, la più autentica. Anche se purtroppo si vede poco in televisione.
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Tony Cairoli. Le foto del trionfo
di Massimo Zanzani | Sei titoli mondiali, quattro consecutivi
nella massima categoria. I numeri parlano da soli, ma ancora più
eloquenti sono gli scatti che celebrano il trionfo del campione
messinese nel GP d’Europa
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Le foto più spettacolari del GP d’Europa
di Massimo Zanzani | Il Gran Premio disputato a Faenza non ha solo
incoronato Cairoli e Herlings come campioni, ma ha dato spettacolo in
mille altre forme. Ecco le foto più belle dentro e fuori la pista
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SPORT
giugno infatti), ma moto derivate dalla serie guidate da piloti del
calibro di David Checa, John McGuinness, Kenny Foray, Steve
Martin, gente disposta e ormai più che abituata a guidare in pista
per tutta la notte avvolti unicamente dal buio, potete stare certi di
vivere una giornata assolutamente emozionante e coinvolgente,
che difficilmente dimenticherete. Anche solo per respirare l’atmosfera tutta particolare che sprigiona il circuito di Le Mans vale
la pena di affrontare il viaggio - magari in moto, come fanno ogni
anno migliaia di appassionati francesi - per partecipare da spettatori alla 24 Heurs Moto. Mentre si cammina all’interno del Circuit
de la Sarthe, nei paddock, sulle tribune o magari in pit lane infatti
è possibile sentire più viva che mai la più autentica passione per il
mondo dei motori, evocata dalle strutture di una pista che nei suoi
quasi 90 anni di storia (fu inaugurato nel 1923, e già quell’anno vi
si corse la prima 24 ore automobilistica) ha visto sfidarsi i piloti
più leggendari, in quella che viene considerata comunemente una
delle gare più impegnative del mondo.
Il tramonto accende l’emozione
Il momento più affascinante di una gara lunga 24 ore ha inizio senza dubbio quando sulle curve del circuito inizia a calare il sole. Non
appena scende la notte, la competizione cambia completamente
volto divenendo minuto dopo minuto sempre più coinvolgente. Ci
si immedesima infatti con i piloti che continuano a girare in pista
facendo segnare tempi sul giro inferiori solo di qualche secondo
rispetto a quelli ottenuti durante il giorno, potendo contare esclusivamente sulla luce dei loro fari anteriori e quindi sulla loro grande esperienza. Non è un caso, infatti, se si sente spesso dire che i
piloti che vi partecipano conoscano il tracciato a memoria, tanto
da poterlo affrontare anche ad occhi chiusi…
Il lavoro ai Box
Una notte a Le Mans per la 24 Heurs Moto
di Matteo Valenti | Qui si seguito troverete tanti validi motivi per
assistere alla 24 Heurs Moto di Le Mans, una delle competizioni
motociclistiche più estreme, colorate ed affascinanti al mondo
126
L
e Mans – Andare ad assistere ad una gara endurance di 24 ore è già
di per sé un’esperienza unica.
Se ci aggiungete poi che la corsa si svolge sul glorioso Circuit
de la Sarthe di Le Mans e che
le protagoniste della competizione non sono auto (la 24 Ore
delle quattro ruote si corre a
A rendere così coinvolgente la notte a Le Mans non sono solamente il coraggio, la professionalità e l’audacia dei piloti in pista, ma
anche tutto il mondo che continua a girare come un orologio preciso e puntuale intorno a loro. Il lavoro dei team ai box è regolato
da dinamiche rigidissime e collaudate, perché il tempo speso ai pit
stop in un gara così lunga può veramente fare la differenza. Ogni
meccanico sa esattamente cosa deve fare e in quanto tempo,
nessuno deve intralciare con il suo lavoro quello degli altri, tutto
deve funzionare come in un meccanismo perfetto. Un piccolo errore, una svista, una dimenticanza può compromettere un’intera
gara e mettere in serie difficoltà, oltre che in pericolo, il pilota una
volta rientrato in pista. Cambio gomme, pastiglie e carico benzina
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PROVE
avvengono in un tempo veramente impressionante, come
mostra il video qui di seguito. In
meno di un minuto, il pilota che
dà il cambio a quello uscente è
pronto a ripartire con un treno
di gomme nuove e con il pieno
di carburante, oltre che con la
catena perfettamente ingrassata e i freni nuovamente pronti a riaffrontare staccate violentissime. Veri e propri maghi del
pit stop si sono rivelati anche
quest’anno i meccanici del plurititolato Team Sert, vincitore
proprio qui del suo 12° titolo
nel Mondiale Endurance, che,
sempre magistralmente coordinati dal mitico team manager
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Dominique Meliand, hanno fatto registrare un tempo complessivo di sosta ai box inferiore di alcuni minuti rispetto a tutte le altre
squadre.
I Box, un’atmosfera d’altri tempi
Il fascino della 24 Ore è certamente magnificato dal clima che si
respira ai box, che regala momenti di sportività veramente unici.
Quando per esempio un pilota arriva nella corsia dei box spingendo a mano la propria moto a causa di un guasto o di una caduta
- una scena che si ripete più frequentemente di quanto si possa
immaginare, visto che per non essere squalificati dalla gara è necessario riportare in qualche modo la moto ai box - tutti i meccanici, anche quelli dei team avversari applaudono il pilota in difficoltà,
riconoscendo il suo valore e la sua tenacia. Stessa cosa quando
avviene un pit stop perfetto, senza errori, effettuato in un tempo
record: tutti i meccanici applaudono, complimentandosi l’un con
l’altro. Siamo stati testimoni di una scena indimenticabile, nel box
di un team che stranamente utilizzava in gara una Yamaha FZ1
(unica naked delle 55 moto partenti quest’anno), il cui motore
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aveva lasciato a piedi il pilota:
ci mostrano il pistone responsabile del guasto, seriamente
danneggiato e bruciacchiato.
In pratica, si era fuso il motore,
inconveniente non da poco, ma
il team non si è dato assolutamente per vinto. In un clima
addirittura festoso i meccanici
hanno tirato giù il quattro cilindri e l’hanno smontato e rimontato completamente, riparandolo così bene che la FZ1 alla
fine è riuscita tranquillamente
a tagliare il traguardo alle 15:00
della domenica. Quello che ci
ha sorpreso è l’atteggiamento con cui i meccanici hanno
affrontato il grave guasto: nel
box si sentiva ridere e scherzare, mentre la moto veniva
riparata rapidamente e, naturalmente, con grande professionalità, mentre qualcuno di
loro ha anche speso del tempo
prezioso per parlare simpaticamente con noi, spiegandoci nei
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dettagli tutto quello che stava succedendo.
Grandi e piccoli team
Curioso inoltre osservare le differenze tra i team maggiori e più importanti e quelli dei privati, che naturalmente hanno meno mezzi e
meccanici meno preparati, e di conseguenza si trovano a sostare
più lungamente ai box. Abbiamo partecipato con entusiasmo, per
esempio, al drammatico pit stop di una Aprilia RSV4 di un team
privato. Il pilota, arrivato ai box, non ha trovato nessuno dei meccanici pronto sulla pit lane. Tutti erano tranquillamente dentro al
box ma nessuno si era accorto che nel frattempo il pilota era rientrato per il cambio gomme e il pieno... Appena resisi conto di
cosa stava succedendo, si è ovviamente scatenato un parapiglia
generale nel quale è stato effettuato uno dei pit stop più anomali e
curiosi a cui abbiamo mai assistito. Del resto, la 24 Ore di Le Mans
è anche questo: riuscire a venire a stretto contatto con l’umanità
del mondo delle corse, solitamente celata agli occhi del pubblico
nelle competizioni delle categorie più blasonate.
Fuori di... pista
A onor di cronaca, occorre infine almeno fare un accenno allo strano e colorato mondo che popola i numerosi campeggi che circondano la pista, dove abbiamo trovato un universo di moto e motociclisti di ogni tipo. Moto parcheggiate di fianco alle tende, musica
e festa per tutta la notte, motori che ruggivano da tutte le parti
portati al limitatore, ci hanno regalato alcuni momenti veramente
indimenticabili.
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INTERVISTA
Speciale Sei Giorni: ci sarà anche Oldrati!
Intervista a Franco Gualdi
di Elisabetta Caracciolo | Apriamo una serie di interviste dedicate alla
Sei Giorni in Germania dal capo della spedizione italiana, Franco Gualdi
che ci racconta le aspettative di Maglia Azzurra. Anche Oldrati in gara
con la Husaberg
S
peciale
Sei Giorni
Germania
Anche Guido Conforti salterà
la Sei Giorni in Germania. Dopo
la rinuncia di Matteo Bresolin
per un infortunio alla spalla anche Guido Conforti è costretto
a dare forfeit per un problema
vertebrale alla schiena. Al momento però ancora non si sa chi
lo sostituirà in squadra. Jacopo Cerutti, appena convocato
dopo la debacle di Bresolin potrebbe salire in squadra Junior
– con Gianluca Martini, Rudy
Moroni e Nicolò Mori – ma a
questo punto serve un pilota
per la Club da affiancare a Davide Soreca e Nicolò Bruschi.
Notizia dell’ultim’ora è invece
la partecipazione di Thomas
Oldrati alla Sei Giorni tedesca.
132
Thomas Oldrati avrà
la sua Sei Giorni !
Ieri al termine di una giornata
laboriosa e ‘vissuta intensamente’ si è trovata la soluzione
al problema Conforti. Thomas
correrà con una moto nuovissima, addirittura non ancora
in vendita. Partirà per la Germania con la GP Motorsport di
Chicco Piana e correrà in sella
alla nuovissima Husaberg 250
4T. “Per la moto si tratta di
un’anteprima assoluta, di un
vero debutto - spiega Franco
Gualdi, coordinatore nazionale
enduro - e verrà venduta solo
dal 2013. Thomas la porterà in
gara in anteprima mondiale”.
La chiamata ad Oldrati ieri, è
arrivata in giornata, ma non è
stato facile approntare il tutto:
“Anzi, direi che è stato difficile
ma molte persone hanno dimostrato la buona volontà e siamo
riusciti a portare a termine il
progetto. Ne approfitto perchè
voglio davvero ringraziare tutti
quelli che hanno contribuitoprosegue Gualdi.
Li ringrazio personalmente per
come hanno affrontato e risolto
il problema. In mezza giornata
Oldrati stesso, Chicco Piana,
Angelo Crippa ed i vertici della
Husaberg sono riusciti a trovare un accordo e a far sì che
il tutto si tramutasse in realtà”.
Thomas Oldrati dunque, entrerà a far parte della squadra Junior perchè nonostante abbia
già 23 anni, è anche vero che li
ha compiuti quest’anno e quindi, siccome vale l’anno solare,
può ancora correre nella Under
23.
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PROVE
L’intervista al capo
della spedizione
italiana
Franco Gualdi, 55 anni, è il coordinatore nazionale dell’Enduro in Italia ed è ovviamente il
‘capo’ della spedizione italiana
alla Sei Giorni in Germania. Con
chi, se non con lui, aprire questa serie di interviste dedicate
alla Sei Giorni in Germania?
Cominciando da Franco ascolteremo tutti i protagonisti di
una trasferta che sulla carta si
prospetta difficile, ma che potrebbe regalarci grandissime
soddisfazioni. Franco Gualdi
dunque, è il primo intervistato:
giustamente si comincia con il
più alto in grado !
Che numero è per te questa
Sei Giorni?
«Deve
pensarci
su
un
pochino....”Sicuramente è un
numero a due cifre, ed anche
parecchio alto...ma così su due
piedi non lo so, devo fare i conti” e ci rimugina sopra».
Circa?
«Bè sicuramente siamo oltre le
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trenta edizioni, ma oltre oltre...
Se pensiamo che ho fatto la
prima nel 1974 a Camerino, da
pilota, e l’ultima, sempre da pilota, nell’89 e poi ho iniziato da
Commissario Tecnico.... Ne ho
saltate due: una perchè correvo
con Cagiva e loro non avevano
interesse a partecipare alla Sei
Giorni ed un’altra volta invece
perchè ci fermarono a Tarvisio perchè era il periodo della
Guerra Fredda, noi eravamo
Fiamme Oro – la squadra ed
io con loro - e non ci lasciarono
andare. Io ero già commissario
tecnico, e con noi c’era Marco
Rossi e non ci lasciarono passare: c’era una situazione delicata e il ministero non ci diede
l’autorizzazione, per questioni
di sicurezza...sai com’è l’Italia
avrebbe comunque avuto dei
poliziotti in un Paese ...pensa
che Marinoni era già arrivato lì e
lo fecero rientrare in aereo...».
In definitiva saranno più di 30
edizioni...?
«Credo 37 più o meno, troppe, vabbè però sono divise,
da pilota e da commissario e
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coordinatore, quindi sembrano
di meno...».
Troppe hai detto, non vorrà
mica dire che sei stufo?
«Mah, diciamo che cominciano
ad essere un po’ pesanti. Questi ultimi 15 giorni - per esempio - ora cominciano a pesarmi
perchè si sta via per tanti giorni,
ma tutto sommato mi piace ancora, lo faccio volentieri. Certo
l’entusiasmo che uno può avere a 20 o 30 anni va scemando, ma c’è ancora la voglia di
esserci. Come tutte le persone
non hai più quella carica che
avevi all’inizio, da giovane, però
mi piace ancora».
E poi comunque ogni anno conosci o scopri persone nuove,
piloti nuovi con cui lavorare, ci
sono ancora delle incognite in
questo tuo lavoro?
«Bè il discorso qui si fa ampio. Lo sport serve proprio
per queste cose: da un lato ci
sono le amicizie di 30, 40 anni
fa dall’altro conosci anche
persone nuove. Devi cercare
di capire – e sottolineo molto
cercare – la mentalità dei ragazzi che oggi fanno sport. Dico
cercare perchè diventa davvero
complicatissimo capirli, ma è
normale, probabilmente quando avevo io vent’anni quello di
50 non mi capiva e viceversa,
però, detto questo, credo che lo
sport aiuti ed avvicini le diverse
generazioni. Si è tutti lì per ottenere il massimo dei risultati, che non significa per forza
vincere ma significa ottenere il
miglior risultato possibile. Nello sport credo che questo sia
determinante e un’altra cosa
importante è parlare dello sport
a squadre, delle nazionali...».
In che senso? Questo discorso mi incuriosisce e nello
stesso tempo mi coinvolge
molto.
«Bè, io credo che in questo
momento lo sport nazionale,
di squadra, stia attraversando
un momento difficile perchè
ha perso un po’. Il fascino del
tricolore si è un po’ perso, indossare la maglia azzurra non
è più così appetibile, sta perdendo molto...mi auguro che
sia una cosa passeggera però
si nota, lo vedo un problema, in
tanti sport, non solo nel nostro.
Però, è anche vero che rientriamo in un momento del mondo
in cui non tutte le cose vanno
come dovrebbero e questo ne
fa parte...».
C’è meno innamoramento nei
confronti della patria? Sempre per colpa di questa crisi
secondo te?
«Mah, diciamo che il momento ti porta a questo...ne senti
di tutti i colori. Senti dire che il
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mondo fa, la patria fa... e ad un
certo punto uno dice, ‘vabbè, io
penso solo per me stesso’, può
capitare...».
Ma davvero? Sai che invece
secondo me stiamo recuperando questa cosa? Penso
alle Olimpiadi – che sono la
massima dimostrazione di
squadra, anche se le medaglie
sono individuali.- Penso alla
commozione, alle lacrime degli atleti.
«E’ vero...secondo me adesso
si sta ripartendo con un’inversione di tendenza. Abbiamo
toccato il fondo, se così si può
dire, e quindi adesso stiamo riattaccandoci alla maglia azzurra. E forse proprio le Olimpiadi
ci hanno aperto gli occhi. Soprattutto le Paraolimpiadi, chi
le ha viste non può non essersi
innamorato della maglia: basta
pensare che fino a due edizioni
fa non sapevamo quasi che esistessero. Invece dall’edizione
2008 a quella di quest’anno le
abbiamo scoperte ed amate,
hanno avuto un successo quasi
maggiore delle Olimpiadi, paragonando i due eventi. Credo
che forse un ragazzo, un giovane sportivo, possa riflettere
guardando il lavoro che stanno facendo questi para-atleti e
capire cosa vuol dire la maglia,
non perchè devono darne conto alla Federazione – nel nostro
caso - ma proprio e solo per il
fatto di indossare la maglia e
rappresentare la Nazione insieme agli altri piloti...questo è
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lo scopo delle gare internazionali».
A proposito di squadra, parliamo un po’ dei ragazzi di
quest’anno.
«Sappiamo un po’ come
sono andate le convocazioni
quest’anno, ma d’altra parte
riconosco che la nostra è una
disciplina difficile. Non devi
convocare solo il pilota, ma comunque anche un team e non
sempre tutti hanno lo stesso
obiettivo. Per questo motivo
un pilota si trova a dover rinunciare perchè un team dice no,
o viceversa...La storia è complicatissima e ci sono stati dei
problemi... per cui io considero – come già accaduto – che
la squadra che rappresenta
l’Italia sia la squadra migliore
che è stato possibile mettere
in pista. E’ una buona squadra
e sicuramente dovrà riscattarsi
dal risultato dell’anno scorso
(undicesimi !) che è stato negativo, non tanto per il valore
quanto perchè le cose non
sono girate nel senso giusto. Io
non lo nascondo, abbiamo vinto delle Sei Giorni laddove non
eravamo la squadra più forte,
ma eravamo la più organizzata,
ma è vero anche che ci sono,
poi, dei momenti in cui oltre a
non essere la squadra più forte ti va anche tutto male...Tra
l’altro è una squadra molto
giovane, anche se abbiamo dei
nomi ‘vecchi’ perchè li sentiamo da anni, per esempio Micheluz, che comunque ha solo
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29 anni. Non ne sono sicuro,
dovrei informarmi meglio, ma
non so se abbiamo mai portato una Nazionale alla Sei Giorni
senza neanche un elemento di
trent’anni! E’ anche una squadra giovane, insomma».
Secondo te pesa su di loro
questa polemica che si è innescata sul fatto che non sia una
squadra di prima scelta?
«C’è solo da far capire che la
squadra è questa. Loro sono
comunque consapevoli del
fatto che qualcuno sia entrato
in squadra perchè gli altri non
hanno accettato – fra virgolette
– la convocazione. Ma si deve
reagire a questo, anzi. E’ proprio l’occasione per dire: anche
se sono stato scelto all’ultimo
momento io vi dimostro che
comunque, ho meritato questa
chiamata in extremis ed anzi,
sono andato anche più forte di
quello che pensavate !».
E la squadra junior, che ne
pensi?
«Bè adesso il problema più
grosso è la sostituzione di Bresolin che non può partecipare
perchè ha la spalla malconcia
– si è fatto male domenica. A
questo punto i tecnici hanno
deciso di spostare Gianluca
Martini nello Junior e Jacopo
Cerutti è stato ripescato e correrà nel club.
Adesso però è un tour de force
perchè manca l’abbigliamento,
manca la moto...però Cerutti
ha dato la disponibilità e questo
ci fa molto piacere...Ora dobbiamo aspettare di risolvere
altri due o tre problemi con altri
piloti ma mi auguro che rientri
il tutto».
E a questo primo problema
ora si è aggiunto anche quello di Conforti e ci sono meno
di due giorni per trovare una
soluzione. Speriamo bene,
dai, comunque è una buona
squadra.
«Sì è una squadra buona.. Ripeto, certe volte l’Italia è partita con i migliori piloti e l’unico
risultato possibile era il primo,
con la squadra di oggi invece,
arrivare quinti sarà un ottimo
risultato e se poi arriviamo terzi
sono contentissimo. - Ci pensa
un attimo e aggiunge - E’ chiaro
che possiamo anche vincere,
se i nostri vanno fortissimo e gli
altri hanno qualche problemino...non dico che non vinceremo mai».
Bè, non dimentichiamo che
arriviamo da un Europeo in
cui abbiamo vinto tutto quello
che c’era da vincere.
«Appunto, secondo me un bel
risultato ci può stare. Sei giorni
sono tanti...è una squadra che
può fare un bel risultato...».
Come li vedi insieme? Mi sembrano affiatati, un bel gruppo
e lo dico mentre li vedo che
si stanno sfidando a calcetto,
dentro il bar, giocando una
partita all’ultimo sangue.
«Bè, è un po’ presto per dirlo...
anche se sì, è un bel gruppo,
ma il gruppo vero si vede dopo
una settimana di permanenza
sulla gara perchè convivere 15
giorni, in squadra, non è facile.
Ci sono delle regole, perchè
quando si è in squadra è così, ci
sono orari da rispettare e dopo
una settimana cominci a capire
se c’è questa amicizia. Il bello è
anche divertirsi, certo che c’è
la gara e che è una cosa seria,
però si devono anche divertire
insieme, specie nei giorni che
precedono la gara».
Sapete cosa vi aspetta a livello meteo, e come terreni di
gara?
«Sembra che ci siano stati problemi con gli ambientalisti e
quindi hanno dovuto ritoccare
alcuni tratti del percorso. Forse rendendoli più semplici. Se
piove diventano difficili, ma se
si vedono costretti a deviarli,
magari sull’asfalto per non creare danni ed evitare le proteste
degli ecologisti, allora diventa
un pochino più facile, ma ancora non si sa esattamente. Però
le prove speciali dovrebbero
essere molto belle, ed anche
molto difficili, vedremo».
Ultima domanda: un pronostico? Chi vincerà?
«Mah, io voglio dire...il pronostico per noi è il podio, se poi
arriva il gradino più alto benissimo, ma sappiamo che ci sono
squadre più forti di noi. Arrivare
nei primi cinque sarebbe un ottimo risultato !».
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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