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Eugenio Montale «Non chiederci la parola» CD292

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Eugenio Montale «Non chiederci la parola» CD292
PARTE TREDICESIMA
CAPITOLO VI
CD292
[Ossi di seppia]
Il fascismo, la guerra e la ricostruzione: dall’Ermetismo al Neorealismo (1925-1956)
Eugenio Montale, § 3
1
Eugenio Montale
«Non chiederci la parola»
È il primo componimento della sezione «Ossi di seppia». È una sorta di manifesto o di dichiarazione di
*poetica rivolta al lettore (il tu, a cui il testo è indirizzato), che accomuna Montale ai poeti della sua generazione (di qui l’uso della prima persona plurale noi). A differenza di Carducci, ma anche di Pascoli
o di d’Annunzio, il poeta non ha alcun messaggio positivo da rivolgere agli uomini: la sua anima divisa
e informe può comunicare solo messaggi negativi, di denuncia del male di vivere e dell’insignificanza del
mondo.
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe,e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
da E. Montale, L’opera in versi,
a cura di R. Bettarini e G. Contini,
Einaudi, Torino 1980.
5
10
metrica Tre quartine di vario metro (endecasillabi sono i vv. 3,
4, 8, 11 e 12 – cioè quelli conclusivi di ogni strofa –
e *martelliani i vv. 2 e 10), con rime.
1-4 Non chiederci la parola [: il discorso] che rappresenti
(squadri) da ogni lato il nostro animo senza forma (informe) [: e quindi non rappresentabile], e lo definisca
(dichiari) con segni incancellabili (a lettere di fuoco) e
[: la parola] brilli (risplenda) come un fiore (croco) perduto in mezzo a un prato polveroso. Il non iniziale definisce subito il tono negativo della poesia e i tre *enjambements sottolineano il carattere conseguentemente
spezzato e faticoso di questo nuovo stile. Croco: genere di piante dal fiore giallo carico (la più diffusa e nota
è lo zafferano).
5-8 Ah l’uomo che va in giro (se ne va) sicuro [di sé], amico degli (agli) altri e di (a) se stesso [: in armonia con
gli altri uomini e sicuro della propria identità], e non
bada (non cura) alla sua ombra che il sole di mezzogiorno (la canicola) disegna (stampa) sopra un muro
scalcinato [: con l’intonaco a pezzi; ma potrebbe an-
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo,ciò che non vogliamo.
che significare ‘senza calcina’, cioè ‘a secco’]! L’esclamazione indica un atteggiamento ambivalente del poeta nei confronti della sicurezza ignara dell’uomo comune: disprezzo e pietà, da una parte, perché questi vive
in una condizione di falsità e di illusioni; invidia, dall’altra, perché è felice e sicuro di sé e degli altri. Fare o
non fare attenzione alla propria ombra vuol dire interrogarsi o meno riguardo alla propria identità e alla propria collocazione nella realtà, avvertire o meno, anche,
la minaccia di un altro se stesso, cioè la minaccia della scissione. Decisivo è poi ovviamente lo scenario non
naturale ma implicitamente cittadino, e squallido, del
muro, che allude a una condizione di limite e di chiusura, quasi di prigionia (il tema del muro è ricorrente
nella poesia montaliana di questo periodo). La noncuranza dell’uomo…sicuro si rivela così tanto più ingiustificata e superficiale.
9-12 Non domandarci la formula che abbia il potere
(che…possa) di aprirti [nuovi] mondi [: rivelarti verità
nascoste], ma (sì; cioè: domandaci pure) qualche sillaba storta e arida (secca) come un ramo. Oggi pos-
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
siamo dirti solo codesto, ciò che non siamo, ciò che non
vogliamo. La terza strofa riprende e integra la prima. La
parola capace di definire con sicurezza e completezza
la condizione umana sarebbe una formula (una ricetta, o una frase magica, o una soluzione scientifica) dotata del potere di rivelare mondi, cioè significati, segreti
e invisibili: secondo le prerogative in effetti riconosciute dal *simbolismo alla poesia. Montale contrappone
a questa illusione una dimensione espressiva nuova,
fatta di parole storte e secche; pronte a esprimere non
l’armonia ma la disarmonia tra uomo e realtà (non il
colore splendente del croco ma la secchezza contorta
del ramo); parole cioè capaci non di affermare ma di
negare. Si badi però che i due versi conclusivi non sanciscono una soluzione nichilistica, ma rappresentano
una risposta a suo modo affermativa alle questioni sollevate, una consapevolezza iniziale e minima di identità e di significato a partire dalla capacità di distinguersi attraverso la negazione e la critica. E non va sottovalutato il carattere provvisorio della conclusione,
messo in risalto da quell’oggi.
[G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE TREDICESIMA
CAPITOLO VI
Il fascismo, la guerra e la ricostruzione: dall’Ermetismo al Neorealismo (1925-1956)
Eugenio Montale, § 3
CD292
Eugenio Montale ~ «Non chiederci la parola»
guida alla lettura
La struttura del testo e la questione del simbolismo
Il testo è costruito su un sistema di semplici e radicali opposizioni. Da
una parte stanno la parola che squadra da ogni lato, dichiara a lettere di fuoco, risplende (vv. 1-3), il croco (v. 3), l’uomo sicuro e amico di
sé e degli altri (vv. 5 sg.), la formula che apre mondi (v. 9). Dall’altra
parte stanno l’animo informe (v. 2), il prato polveroso (v. 4), la canicola
e il muro scalcinato (vv. 7 sg.), le sillabe secche e storte come un ramo (v. 10). Sono, come si vede, due modi opposti di concepire la na-
tura, la psicologia dell’uomo e la sua condizione, la funzione e la possibilità della poesia. A questi due modi corrispondono poi due diverse *poetiche: per usare le parole stesse di Montale, al primo quella
dell’«inno» – e cioè di una poesia piena e propositiva, sul modello di
Carducci e soprattutto di d’Annunzio –, alla seconda quella dell’«elegia», che contraddistingue la poesia negativa dei poeti delle nuove generazioni.
Un nuovo paesaggio, una nuova dimensione interiore, un nuovo linguaggio
Il paesaggio è arido e squallido, non ha niente della sensualità lussureggiante di quello dannunziano. Siamo lontani anche dal fascino e dal
mistero della natura che si riscontrano nella poesia pascoliana. Ci troviamo piuttosto nei prati polverosi delle periferie cittadine, cari ai crepuscolari, ma senza l’ironia e il languore di questi poeti. La dimensione interiore è quella della privazione, dell’informità, della scissione:
rinvia a una situazione di squallore e di sdoppiamento riscontrabile
nella poesia di Sbarbaro o nei romanzi e nei racconti di Pirandello
(cui sembra rinviare il tema dell’ombra, presente per esempio nel Fu
Mattia Pascal). Anche il linguaggio non può perciò essere pieno, ricco,
rivelatore: potrà essere solo arido, secco, contorto. È evidente qui il
nesso fra psicologia e poetica: da una situazione di impotenza e di frustrazione può nascere solo l’«elegia», non l’«inno», un atteggiamento critico e negativo, non un messaggio positivo.
esercizi
Comprendere
1
Individua schematicamente i principali passaggi argomentativi del testo.
6
Quale spazio rimane per la poesia in questa visione dell’uomo?
7
Quale linguaggio e quali scelte metriche sono le più adatte
per la poetica negativa montaliana?
Analizzare e interpretare
2
3
Elenca le contrapposizioni sulle quali si fonda il componimento.
Quale visione della natura è proposta dall’autore? Quale rifiutata?
4
Quale ruolo e quale identità sono possibili per l’uomo?
5
Quali valori sono relegati nella sfera delle illusioni irrealizzabili e ingannatrici? Perché?
Approfondire
8
Quali mutamenti possiamo notare da Corno inglese (CD291)
a questo componimento?
9
Puoi trovare, fra gli autori contemporanei a Montale, altri
esempi di una visione dell’uomo così critica e incentrata sulla negazione?
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
[G. B. PALUMBO EDITORE]
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