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I ristoranti etnici
I ristoranti etnici
di Simone Tosi
1.
Introduzione e obiettivi dello studio
"Dimmi ciò che mangi e saprò quale Dio adori, sotto quale latitudine
vivi, di quale cultura sei figlio, di quale gruppo sociale ti proclami. La
lettura della cucina è un favoloso viaggio nella coscienza che le società
hanno di se stesse, nella visione che esse hanno della loro identità" (Bessis
1995, 10). Questo tipo di considerazione per il cibo e le pratiche
alimentari, nelle scienze sociali è piuttosto recente e, pur affondando le sue
radici nel solco della tradizione antropologica (Radcliffe-Brown, Richards,
Lévi-Strauss, etc.) comincia a trovare spazio solo intorno agli anni '70 di
questo secolo, con la diffusione delle storie e delle sociologie della vita
quotidiana .
Nell'ambito della scoperta del cibo come oggetto di interesse
sociologico si possono individuare una serie di impostazioni teoriche e di
ricerca differenti per quanto riguarda i "luoghi" in cui le pratiche
alimentari sono analizzate. Il ristorante è uno di questi luoghi,
particolarmente interessante perché luogo di incontro e di scambio, luogo
quindi in cui si realizzano diversi significati della "sfera pubblica".
Ad esempio, una funzione particolarmente importante che la sfera
pubblica realizza deriva dal fatto che essa mette in relazione individui del
tutto estranei che in tale relazione comunicano alcuni elementi della
propria identità. Nel ristorante questa funzione "generica" della sfera
pubblica si incrocia con il cibo come elemento di forte connotazione
identitaria in virtù della sua grande capacità espressiva e comunicativa. Il
ristorante presenta in maniera evidente un'altra importante caratteristica
della sfera pubblica, cioè quella di fare convergere alcuni elementi
strutturali della società in questione determinati da quella "lunga storia
della socialità umana" descritta ed analizzata da Elias, con elementi più
"leggeri" e transitori che si delineano in particolari situazioni e periodi
storici, nonché con la creatività degli individui che si trovano ad agire
entro le griglie determinate dall'incrociarsi delle strutture profonde
(tendenze di lungo periodo) con quelle più superficiali. Lo studio di questi
aspetti del ristorante costituisce un primo obiettivo dell'articolo. Un
secondo obiettivo è l'identificazione dei frequentatori di ristoranti etnici e
dei rapporti che si instaurano tra uso dei ristoranti etnici e particolari figure
di consumatori, come i turisti e le molteplici categorie di city users.
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1.1 Il ristorante e l’osservazione del cambiamento dei gusti alimentari
Il fatto che il ristorante sia un luogo di incontro e di scambio tra
individui appartenenti a categorie diverse è argomento intorno a cui si sono
sviluppate numerose analisi (a partire da quella classica di Brillat-Savarin,
sulla quale si avrà modo di tornare nelle pagine successive). Le valutazioni
sulla qualità delle relazioni e degli scambi che il ristorante suscita è però
fonte di interpretazioni differenti e a volte controverse, nell'ambito più
ampio del dibattito sulla sfera pubblica e sulle società complesse.
In realtà l'analisi della sfera pubblica è stata sviluppata in due diverse
direzioni, entrambe interessanti per il caso del ristorante.
1) La prima - alla quale si farà qui prevalente riferimento - è di tipo
microsociologico, considera ciò che "accade" dentro il ristorante in termini
di scambio e di interazione tra individui.
2) La seconda, di tipo macrosociologico, analizza la sfera pubblica
come "ambito" della società, e ne discute i significati in relazione con le
tendenze o le trasformazioni del sistema sociale nel suo complesso. Questa
impostazione tratta il ristorante come caso di sfera pubblica, nell'ambito
del generale dibattito sulle sorti della sfera pubblica nella nostra società.
Le analisi di Marcuse e Heller, e con un'ottica contrapposta ad essi quelle
di Douglas, esprimono in maniera chiara questo tipo di impostazione.
1.2 Il ristorante e il dibattito sulle sorti della sfera pubblica
Alcune caratteristiche delle società industriali avanzate inducono ad
un'interpretazione "pessimistica" delle sorti della sfera pubblica: un
pessimismo che ne esprime uno più generale, da parte di importanti
correnti della sociologia, sulle relazioni esistenti tra individuo e società a
seguito dei processi di modernizzazione o dello sviluppo del capitalismo.
Marcuse (1964) e Heller (1976, 1979, 1984) concordano nel ritenere che
l'adesione ai valori di queste società e l'assunzione da parte dell'individuo
dei modelli di comportamento in essa dominanti avvenga senza alcuna
operazione di rielaborazione critica; l'individuo, nella società industriale
avanzata, perde la sua dimensione propriamente individuale e privata,
distinta da quella derivata dall'appartenere ad una società, riducendosi a
quell' "uomo a una dimensione" per il quale i valori e le pratiche sono
imposti o comunque assorbiti acriticamente dalla società. Finkelstein
estende questo genere di considerazioni anche al ristorante osservando che
le relazioni che in esso si svolgono sono caratterizzate da "un esercizio di
buone maniere disciplinato da usanze che ci collocano in una cornice di
azioni prefigurate. Pranzare fuori ci consente di agire a imitazione degli
altri, secondo nuove immagini, in risposta alle mode, fuori dalle solite
abitudini, senza bisogno di riflessione e autoconsapevolezza. Il ristorante è
un'architettura ben accettata dei rapporti umani perché siamo obbligati ad
adottare soltanto un comportamento de rigueur, e dunque sollevati dalla
responsabilità di dare forma alla socialità" (Finkelstein 1989, 13-14).
D'altra parte sono stati fatti anche dei tentativi di rivalutare il
significato espressivo e comunicativo del comportamento in pubblico.
Douglas e Isherwood (1979) si distaccano dall'impostazione pessimistica
di cui si è detto sopra proponendo una teoria dei consumi in cui il sistema
di informazioni che i beni costituiscono assume un ruolo centrale. Anche a
quest'altra posizione faremo riferimento.
1.3 Il ristorante etnico: innovazione alimentare e rapporti interetnici
Il ristorante etnico solleva ulteriori questioni che possono essere
chiarite utilizzando sia i contributi macrosociologici del dibattito sulla
sfera pubblica sia, soprattutto, quelli microsociologici.
Un primo interrogativo riguarda l'eventuale ruolo dei ristoranti etnici
nel cambiamento dei gusti alimentari e nella diffusione di modelli
alimentari e culturali diversi da quelli dominanti. Su questo tema l'accordo
tra sostenitori delle diverse interpretazioni della sfera pubblica è concorde:
il ristorante si presenta come importante veicolo di diffusione di modelli
culturali , più o meno criticamente assunti, quindi - nello specifico - di
destrutturazione e innovazione della cultura alimentare.
Un secondo interrogativo riguarda la possibilità che i ristoranti etnici,
favorendo una desocializzazione delle abitudini alimentari, che comprende
anche una maggiore disponibilità a mangiare cibi che non appartengono
alla propria cultura, svolgano in qualche modo una funzione che potremmo
definire di "ponte", cioè di "avvicinamento" tra immigrati e indigeni, in
maniera più profonda di quanto non comporti l'esecuzione di una semplice
performance, come sostengono i più "pessimisti" sulle sorti della sfera
pubblica. Una risposta in qualche modo definitiva a questa questione,
posta in maniera esplicita da van Otterloo (1987), non sarà possibile in
questa sede ma cercherò comunque di proporre alcuni spunti che possano
contribuire a chiarire i termini del problema e le variabili che ne entrano a
fare parte.
2
2. Il ristorante
La nascita del ristorante moderno viene generalmente fatta risalire al
periodo della Rivoluzione francese. Secondo questa lettura furono i cuochi
in servizio presso le famiglie aristocratiche francesi che, dopo il 1789, alla
ricerca di nuovi posti di lavoro, si ritrovarono ad aprire dei locali in cui
venivano serviti pasti a pagamento.
Finkelstein sottolinea come questo tipo di interpretazione storica dia
luogo ad alcune anomalie. Alcuni locali che potrebbero essere definiti dei
ristoranti esistevano infatti anche prima della Rivoluzione, mentre in
Inghilterra esistevano fino dal dodicesimo secolo alcune trattorie poste
sulle principali vie di comunicazione e destinate a ristorare i viaggiatori di
passaggio .
La scelta di far corrispondere alla Rivoluzione francese la "nascita"
del ristorante moderno deve essere messa in relazione con un'importante
caratteristica che questo tipo di locale ha dimostrato di possedere nella sua
forma post-rivoluzionaria. "Nell'era moderna il ristorante è diventato un
luogo dove si osserva una chiara esibizione del mutamento delle posizioni
sociali e dei confini di classe" (Finkelstein 1989, 65). Esso ha funzionato
da canale di democratizzazione che ha favorito, sulla base di meccanismi
imitativi, la diffusione di stili "di lusso" e di gusti che erano stati
monopolio dell'aristocrazia fino alla Rivoluzione.
3
Brillat-Savarin (1895), dando una definizione del ristorante, mette in
luce quelle che secondo lui sono le tre caratteristiche salienti di questo tipo
di luogo. La prima è la prevedibilità, ossia la chiarezza circa i cibi che vi
vengono offerti e i prezzi che il cliente dovrà pagare; la seconda
caratteristica consiste nella varietà dei cibi, che deve essere maggiore di
quella mediamente riscontrabile in un'abitazione privata; la terza
caratteristica è la funzione di luogo di incontro fra individui appartenenti a
differenti classi sociali e di propagazione degli stili di vita appartenenti alle
classi più elevate ai membri delle classi inferiori.
Tra queste caratteristiche quella su cui interessa soffermarsi è la terza,
che rinvia direttamente alla funzione del ristorante come luogo della sfera
pubblica. Il meccanismo più frequente di diffusione dei modelli sociali di
comportamento è quello dell'imitazione. Ma ci sono delle regole che
devono essere osservate. Nell'ambito della sfera pubblica l'interazione tra
individui risulta sottoposta ad una rigida regolamentazione che svolge la
funzione di limitare la variabilità dei comportamenti possibili e quindi di
semplificare il "copione" che l'individuo deve conoscere per comportarsi
correttamente (conformemente) sottoponendosi al minore rischio possibile
di fallimento dell'interazione. L'analisi svolta da Goffman (1959) è
probabilmente la più nota in questo senso. La società viene descritta come
un teatro in cui gli individui sono attori che si trovano a rappresentare dei
ruoli seguendo schemi precisi di comportamento. Interessanti
considerazioni sono state fatte da Goffman a proposito dell'interazione tra
cliente e cameriere .
Nel loro insieme le caratterizzazioni proposte da Brillat-Savarin
documentano un'ambivalenza delle situazioni di interazione che possono
essere collegate all'ambivalenza spesso attribuita alla sfera pubblica nelle
società moderne, secondo le linee del dibattito descritto sopra. Questa
ambivalenza potrebbe almeno relativizzare alcune delle funzioni di
democratizzazione che vengono attribuite al ristorante: si pone infatti il
problema di capire se la diffusione di pratiche e modelli culturali
(alimentari nello specifico di cui ci occupiamo qui) attraverso i contatti che
si sviluppano nella sfera pubblica seguano dinamiche e meccanismi di tipo
puramente imitativo e diano quindi luogo a fenomeni di "moda" che non
prevedono un'interiorizzazione critica, o se si tratti di una
democratizzazione in senso più pieno, prevedendo cioè dei filtri critici ai
comportamenti che si assumono. Con applicazione al nostro tema, questo
interrogativo è stato sollevato contrapponendo la funzione del ristorante
come luogo di incontro a quella del ristorante come luogo di consumo
(Liperi 1990).
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2.1 Andare a pranzo fuori
Ritroviamo gli stessi interrogativi nel dibattito recente sui ristoranti, a
partire dalla rilevazione della forte crescita del numero di pasti che
vengono consumati al ristorante. Il settore della ristorazione è in costante
crescita, soprattutto a partire dai primi anni settanta e con modalità in parte
differenti a partire dagli anni ottanta. Tra il 1976 e il 1980 la spesa nei
ristoranti è aumentata del 71 per cento in Francia; in Giappone
l'incremento nel periodo 1975-1985 è stato del 97 per cento; in Canada tra
il 1971 e il 1983 la spesa presso ristoranti, taverne e tavole calde è
cresciuta del 114 per cento (Finkelstein 1989, 41). Liperi (1990) sottolinea
come la crescita della spesa nei ristoranti sia dovuta in parte all'aumento
dei frequentatori di questi locali e in parte al fatto che dall'inizio degli anni
ottanta il ristorante si è trasformato da luogo di incontro e di
socializzazione a luogo quasi esclusivamente dedicato al consumo di
alimenti. Anche Finkelstein nota che la comparsa e la diffusione delle
catene di fast foods, dalla metà degli anni settanta negli Stati Uniti e in
tutta l'Europa dai primi anni ottanta, ha favorito la crescita della spesa in
pasti fuori casa secondo una modalità che si discosta in parte da quella
tipica del ristorante "classico".
Quali sono le ragioni di tanto nuovo entusiasmo per "l'andare a
pranzo fuori"?
Una ragione comunemente citata è il cambiamento dei modelli
familiari e dei ritmi lavorativi. Ma Finkelstein sostiene che "i modelli
dell'affluenza al ristorante non soddisfano pienamente questa
interpretazione" (1989, 9). Infatti se la mancanza di tempo per fare la spesa
e per cucinare fosse la ragione principale della scelta di andare al ristorante
non si spiegherebbe il fatto che la maggior parte dei pasti consumati fuori
casa sono generalmente concentrati durante i week-end, quindi proprio nei
giorni in cui maggiore sarebbe il tempo a disposizione per prepararsi da
mangiare in casa.
Una seconda ragione, che può sembrare quasi scontata, consiste nel
piacere fisiologico che deriva dal consumo di cibo e che dovrebbe
logicamente essere maggiore nei ristoranti, dove la varietà dei cibi e la loro
qualità sono ritenute più convenienti che a casa. Secondo Finkelstein anche
questo ordine di ragioni non regge alla prova dei fatti dato che il
superlavoro fisiologico che generalmente segue un pasto al ristorante
dovrebbe controbilanciare i vantaggi; inoltre "quest'interpretazione basata
su cause fisiologiche non dà conto della tendenza diffusa e della
propensione al consumo di 'robaccia', ossia di cibi e bevande inadeguati
dal punto di vista nutrizionale e nocivi al corpo umano" (Finkelstein 1989,
10).
Se le ragioni comunemente addotte a spiegazione della diffusione dei
ristoranti non sono sufficienti a spiegare effettivamente la fortuna di questo
tipo di pratica, occorrerà allora individuare delle motivazioni alternative.
La pratica dell'andare a mangiare fuori casa "è in rapporto con la
presentazione di sé e con la mediazione di relazioni sociali attraverso le
immagini di ciò che è correntemente apprezzato, accettato e alla moda"
(Finkelstein 1989, 11). Precisando ulteriormente, Finkelstein (ma v. anche
Liperi 1990) afferma che le forme di condotta che si manifestano nella
pratica moderna dei ristoranti sono da mettere in relazione con un elemento
tipico delle società industriali avanzate che è quello del consumo e della
sua importanza nella mediazione delle relazioni interpersonali.
Queste interpretazioni assumono come presupposto che "la condotta
tenuta nel mangiare non può essere considerata isolatamente. E' una parte e anche molto caratteristica - della totalità delle forme di condotta istillate
socialmente" (Elias 1969, 237). A partire da questo presupposto però il
dibattito sulle funzioni di democratizzazione svolte dal ristorante diventa
necessariamente più complesso, e deve collegarsi al più generale dibattito
sui significati comunicativi del cibo.
2.2 Il cibo nella sfera pubblica
I modi in cui ci comportiamo quando pranziamo al ristorante, scrive
Finkelstein, sono "indicatori significativi del carattere generale della
socialità moderna" (1989, 52). Il ristorante si caratterizza come "un
diorama, cioè un dispositivo che esalta e intensifica il meccanismo della
percezione" (46).
D'altra parte mi pare che l'interpretazione che Finkelstein (e con lei gli
altri autori che rivelano il suo stesso pessimismo sulle sorti della sfera
pubblica) offre della pratica di andare al ristorante tenga in scarsa
considerazione le valenze positive che la comunicazione presenta, per
quanto standardizzata e influenzata da valori "imposti" dal tipo di società.
Il cibo svolge un'importante funzione comunicativa e di
manifestazione/rivendicazione di una propria identità e di un proprio
status. Questo tipo di funzione acquista una forza particolare quando ci
troviamo al di fuori della sfera privata, in presenza di persone estranee e
sconosciute che ci giudicheranno o valuteranno per quella particolare ed
effimera situazione in cui ci troviamo ad interagire con loro.
Molteplici elementi contribuiscono a determinare il significato del
proprio mangiare al ristorante. La quantità delle porzioni e il numero delle
portate assume un'importanza particolare nella sfera pubblica. Gli uomini,
ad esempio, generalmente ritengono "virtuoso" assumere abbondanti
porzioni mentre le donne apprezzano e considerano più conveniente un
consumo frugale e moderato di cibo. Ciò esprime e rafforza l'idea del
maschio "forte e vorace" e della donna "fragile e morigerata" (Mennell,
Murcott e van Otterloo 1992). Bourdieu (1979) estende questo tipo di
analisi anche al modo in cui i cibi vengono consumati: la carne viene
tagliata in grossi bocconi e ingurgitata rapidamente dagli uomini mentre le
donne riducono il cibo in piccoli bocconi da consumare lentamente. Inoltre
"al 'mangiare schietto' popolare la borghesia contrappone la
preoccupazione di mangiare secondo certe forme. Queste forme sono
innanzitutto dei ritmi, che comportano delle attese, dei ritardi, dei ritegni;
non si deve avere mai l'aria di buttarsi sulle portate, si aspetta che l'ultimo
a servirsi abbia cominciato a mangiare" (Bourdieu 1979, 203).
Accanto a queste esemplificazioni che confortano in qualche modo
l'interpretazione secondo cui nel ristorante, in quanto settore della sfera
pubblica, le relazioni sono improntate a un atteggiamento di rigore,
schematico e scarsamente autonomo, è possibile individuare elementi ai
quali riferire esempi che dimostrano la capacità creativa della relazione
"recitata" al ristorante. E ciò può mettere in questione le ipotesi
eccessivamente pessimistiche circa i possibili ruoli di democratizzazione
svolti dal ristorante.
Un primo esempio è in relazione alla variabile con chi si mangia. Uno
dei cambiamenti intervenuti a livello sociale verso la fine del
diciannovesimo secolo con l'aiuto dei ristoranti consiste nella comparsa
delle donne nella sfera pubblica. Fino agli inizi dell'800 una donna che si
presentasse da sola o in compagnia di altre donne (ma in parte anche in
compagnia del marito) in un locale pubblico era occasione di stupore e di
scandalo. Settanta o ottanta anni dopo lo stesso comportamento, per quanto
ancora considerato da alcuni piuttosto disdicevole, andava assumendo una
certa frequenza (Finkelstein 1989, 61 e seguenti).
Non si può certamente dire che il ristorante sia stato la causa di questa
tappa dell'emancipazione femminile, ma ciò che si vuole sottolineare è
come i cambiamenti riscontrabili nelle strutture della società e nei sistemi
di valori ad esse sottesi possano avere proprio nel ristorante un veicolo di
manifestazione e un palcoscenico in cui le nuove strutture e i nuovi valori
vengono rappresentati e dal quale vengono diffusi.
Un altro elemento rilevante in questo senso è che cosa viene
consumato al ristorante. Bourdieu (1979) ha notato come le preferenze per
certi cibi piuttosto che per altri possano essere messe in relazione con
alcune strutture sociali come la classe, lo status, il livello di istruzione, il
sesso, l'età, ecc. . Possiamo aggiungere che anche le opinioni politiche o
l'atteggiamento rispetto ad alcuni temi possono rivelarsi correlate a queste
pratiche alimentari. In questo caso l'esempio ci porta direttamente nel
merito della cucina etnica: van Otterloo (1987) nota come i primi
estimatori della cucina indonesiana in Olanda siano stati i giovani e i
ricchi: i primi per ragioni di convenienza economica e perché
politicamente più aperti alle istanze di integrazione degli immigrati
indonesiani, i secondi perché meno preoccupati dai problemi occupazionali
che il massiccio afflusso di immigrati sembrava destinato a causare e
quindi disposti ad un atteggiamento di maggiore simpatia nei loro
confronti. Ecco un altro caso di ristorante in senso proprio
"democratizzante".
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3. Il ristorante etnico
Le considerazioni fatte fin qui sui ristoranti, in particolare quelle
relative alle funzioni di democratizzazione e diffusione di gusti e modelli
alimentari alternativi che potrebbero essere svolte dai ristoranti, se
applicate al caso particolare dei ristoranti etnici fanno sorgere ulteriori
specifiche domande. La prima domanda è una naturale estensione ai
ristoranti etnici di quanto si è detto dei ristoranti in generale, e la risposta
può essere affermativa per le ragioni sopra ricordate: se si possa cioè
sostenere che nelle società industriali avanzate il ristorante dove si propone
una cucina di tipo etnico svolga (a maggior ragione?) una funzione di
destrutturazione dei modelli alimentari e culturali e ne favorisca la
sostituzione con altri modelli diversi da quelli dominanti, come descritto
da van Otterloo per il caso olandese. La seconda domanda comporta
problemi più complessi e la risposta è destinata ad essere più incerta: ci si
vuole chiedere se il ristorante etnico - in quanto veicolo di uno specifico
processo di destrutturazione della cultura alimentare - sia anche parte di un
meccanismo di allentamento dei confini e delle barriere esistenti su base
etnica, in campo non solo alimentare. Si tratta in definitiva di una variante
dell'ipotesi che attribuisce al ristorante funzioni di democratizzazione,
applicata in questo caso al problema delle relazioni inter-etniche.
3.1 Il ristorante etnico nelle tipologie dei ristoranti
Joanne Finkelstein propone una classificazione dei ristoranti secondo
tre criteri, determinati dagli stili della socialità che caratterizzano i diversi
locali e (residualmente) dal tipo di cucina che vi viene proposto.
Fête spéciale
Divertimento
Convenienza
Spettacolare informale
Parodic restaurant
Café mundane
Spettacolare formale
fast-food
Bistrot mondain
Catene
Etnico locale
Tabella 1: Tipologia dei ristoranti
(Finkelstein 1989,105)
Per Finkelstein il ristorante etnico è caratterizzato dalle dimensioni
generalmente ridotte e dalla moderazione dei prezzi. E' un tipo di ristorante
destinato soprattutto ad una clientela residente nelle immediate vicinanze e
spesso piuttosto abitudinaria sia per quanto riguarda i giorni di frequenza
che per i piatti che consuma. Anche l'informalità del trattamento e la
mancanza di un rigido protocollo sono elementi caratteristici del ristorante
etnico. Lo status di cui gode questo locale è generalmente poco elevato e di
conseguenza anche il frequentarlo non offre vantaggi dal punto di vista
della considerazione sociale (Finkelstein 1989, 135 e seguenti).
3.2 Il ristorante etnico in Italia
Le considerazioni di Finkelstein a proposito dei ristoranti etnici non
sembrano essere particolarmente adatte al caso italiano. Una ragione di tale
discrepanza può probabilmente essere individuata nella scarsa diffusione
che i ristoranti etnici hanno attualmente in Italia, se si eccettuano alcune
grandi città. Le osservazioni di Finkelstein sembrano derivare dall'analisi
del fenomeno ristoranti etnici in paesi come la Francia, l'Olanda o gli Stati
Uniti, nei quali questo genere di locale e diffuso capillarmente nei quartieri
di quasi tutte le città e persino delle piccole cittadine (D'Eramo 1990).
Diffusione
In Italia, al contrario, la diffusione dei ristoranti etnici è un fenomeno
relativamente recente. Solo alcune grandi città come Milano, Roma,
Torino, Napoli, Firenze, Bologna, vantano un certo numero di ristoranti
etnici e una certa variabilità di cucine straniere.
L'unico ristorante etnico che presenta una diffusione simile a quella
riscontrabile nei paesi occidentali di cui si è detto sopra è quello cinese. A
Milano la diffusione della cucina cinese è quantificabile in circa 80
esercizi (Rossi Barilli 1990). Tale diffusione è in parte spiegabile col fatto
che la comunità cinese è di insediamento piuttosto antico nell'area
milanese (il primo afflusso risale al periodo tra le due guerre) e in parte
con le caratteristiche peculiari della cucina cinese che per varietà dei piatti
che è in grado di proporre, per la loro qualità e per i prezzi modici è
considerata una delle cucine straniere più gradite (Chiva 1993). Anche le
modalità di frequenza ai ristoranti cinesi e la tipologia dei suoi
frequentatori si avvicinano alla descrizione di Finkelstein. Il ristorante
cinese arriva ad assomigliare, per clientela, prezzi e diffusione, alle
pizzerie. La diffusione di questo tipo di locale ha raggiunto una
consistenza tale da generare tensioni e proteste nei ristoratori italiani.
(Gonnellil 1995).
Per i ristoranti etnici diversi dai cinesi il panorama italiano si discosta
notevolmente da quello di altri paesi europei e nord americani, e quindi,
come si è detto, dalla descrizione data da Finkelstein.
La difficoltà maggiore di utilizzare lo schema interpretativo di
Finkelstein deriva dal fatto che la variabilità delle forme di socialità
ricercate nei ristoranti etnici in Italia è piuttosto ampia; i prezzi stessi e la
qualità del servizio offerto variano in maniera considerevole da un
ristorante all'altro. A Milano si va da ristoranti con prezzi piuttosto elevati
(90.000 lire per il ristorante giapponese Akasaka ...), a locali con prezzi
medi (50.000 lire al brasiliano Porcao churrascaria ...), fino a ristoranti
del tutto economici come i singalesi Serendib e Shri Lanka (35.000 lire il
primo e 20.000 il secondo) o il senegalese Cayor, chez Yacine di viale
Monza (20.000-30.000 lire). Anche il tipo di servizio e l'atmosfera creata
nel locale variano notevolmente: al ristorante giapponese posate, ciotolame
e tovaglie sono sempre disposte accuratamente e l'atmosfera tende a
un'idea di raffinatezza (forse più legata allo stereotipo che i clienti hanno
della cultura giapponese che non all'autenticità della stessa). Al capo
opposto il ristorante che offre cucina dello Shri Lanka è più simile ad un
"circolone" con tavoli diversi uno dall'altro e con un servizio più alla
buona, pur senza sacrificare decoro e soprattutto igiene e pulizia.
Tipologia dei frequentatori
Se i criteri utilizzati da Finkelstein, come si è visto, non permettono di
attribuire i ristoranti etnici in Italia ad un'unica categoria, in qualche
misura omogenea al suo interno, vediamo allora di cercare qualche
dimensione che ci permetta di fare un certo ordine e di individuare qualche
criterio per classificare la galassia ristoranti etnici, che appare fino ad ora
piuttosto confusa dal punto di vista concettuale.
Seguendo l'idea di Finkelstein, partiamo dall'esame della clientela che
frequenta i ristoranti stranieri in Italia e dalle motivazioni che stanno dietro
a tale tipo di scelta.
Purtroppo non esiste in Italia, che io sappia, una letteratura
sociologica su questo argomento. La discussione che segue è quindi
dedotta in parte dall'esperienza personale, in parte da articoli di quotidiani
e riviste e infine da quella parte di letteratura straniera (soprattutto
francese) che mi sembra in qualche misura applicabile al caso italiano. Su
questa base, una veloce schematizzazione di una possibile tipologia dei
frequentatori di ristoranti etnici in Italia potrebbe essere la seguente:
1) I risparmiosi. E' la categoria più simile all'idea esposta da
Finkelstein. E' composta soprattutto da giovani con limitate disponibilità
economiche e con desiderio di locali "informali" che permettano una
performance piuttosto libera della loro socialità. L'autenticità della cucina
e dell'ambientazione sono un elemento secondario. Questa categoria di
frequentatori di ristoranti etnici è descritta come particolarmente
importante da van Otterloo (1987).
2) I turisti. Sono quelli che hanno fatto qualche vacanza in paesi extra
europei e che al loro ritorno ricercano "i sapori" della loro vacanza. Per
quanto poco numerose possano essere queste persone in Italia,
rappresentano un settore interessante dato che si rivelano generalmente
attenti (limitatamente all'idea che se ne sono fatti durante il loro viaggio)
all'autenticità della cucina e in parte anche al tipo di servizio e di ambiente.
L'autenticità non deve però essere intesa come una caratteristica in qualche
modo oggettiva e legata ad una qualche pretesa ortodossia, essa assume
rilevanza teorica ed analitica se messa in relazione con il sogno elaborato
durante l'anticipazione del viaggio (Costa 1989). In questo senso possono
essere chiarificanti le teorie di MacCannell sugli staged settings. Come
vedremo, il turista accede ad un'autenticità che è solo "rappresentata"
secondo una differenziata gamma di approssimazioni più o meno
superficiali rispetto alla cultura del paese che si sta visitando.
Goody (1989) sostiene l'importanza delle ripercussioni della
diffusione del turismo in campo alimentare. Anche dalle interviste raccolte
da van Otterloo (1987) risulta che una grossa fetta di avventori dei
ristoranti greci in Olanda sia costituita da persone che sono state in Grecia
a trascorrere delle vacanze.
3) I "solidali". Fanno parte di questa categoria coloro che frequentano
persone immigrate, sul luogo di lavoro o in gruppi di appoggio (corsi di
alfabetizzazione, cooperative, ecc.) o che comunque intrattengono
relazioni di amicizia con persone straniere.
4) I curiosi. Categoria "interstiziale" dato che la curiosità deve essere
messa in relazione con atteggiamenti che possono riportare alle altre
categorie (Moreira 1989b).
5) I city users. A questa categoria appartengono coloro che, senza
risiedervi, "utilizzano" la città per consumare servizi pubblici e privati
(Martinotti 1993, 1995). Questo consumatore ha generalmente una buona
disponibilità economica e l'ostentazione e lo status derivante dall'andare a
pranzo fuori costituiscono per lui le attrattive maggiori. Un tipo di locale
che si addice al city user è probabilmente il ristorante giapponese.
6) Gli immigrati/gli stranieri. Sono "naturalmente" tra i frequentatori
di ristoranti etnici. La frequenza spesso non è particolarmente assidua per
ragioni economiche. In alcuni casi il ristorante frequentato dagli immigrati
svolge anche una funzione di luogo di ritrovo e di scambio per i membri
della comunità immigrata (L'Asmara, ecc.).
3.3 Cibi etnici nella sfera pubblica
In linea più generale è possibile distinguere i frequentatori di
ristoranti etnici tra coloro i quali appartengono al gruppo etnico di cui il
ristorante propone la cucina (insiders) e quelli che a tale gruppo non
appartengono (outsiders). Riferendoci a quanto detto sul consumo di cibo
nella sfera pubblica e, più specificatamente, alla definizione che
Finkelstein dà del ristorante come diorama del desiderio, vediamo ora quali
sono i "desideri" che, per le due categorie di consumatori, sottostanno alla
scelta di mangiare in un ristorante etnico.
Gli immigrati e il ristorante etnico
Penny van Esterik (1982) sostiene che se nei pasti quotidiani il cibo
ha spesso cessato di essere un marcatore dell'identità di un particolare
gruppo etnico, al contrario, la funzione comunicativa del cibo appare con
forza quando esso è consumato in un luogo pubblico come il ristorante.
Mangiare in un ristorante etnico per un membro di quel gruppo etnico
è una pratica connessa alla comunicazione/rivendicazione della propria
identità e nello stesso tempo svolge una funzione di rinforzo dell'identità
stessa. Alcuni piatti ed ingredienti assumono un ruolo di particolare
rilevanza in questo tipo di operazione. Siamo tipicamente nella categoria di
piatti che Calvo definisce del "piatto totem", cioè un piatto culturalmente
molto specifico che in seguito all'immigrazione subisce una rivalutazione
culturale; tale tipo di piatto può diventare "l'oggetto mediatore"
dell'identità (1982, 420). Non si tratta necessariamente di un piatto che
viene consumato esclusivamente in un ambito pubblico, ma, per le sue
caratteristiche e per i suoi significati simbolici assume una forza
particolare se è consumato in pubblico .
Il processo varia però a seconda degli "interlocutori". Secondo Van
Esterik "l'identità etnica può essere espressa dal cibo e dalle abitudini
alimentari, sia rivolgendosi ai membri dello stesso gruppo etnico, sia agli
esterni che associano dei particolari cibi a determinati gruppi etnici". In
questo secondo caso la scelta del cibo può rispondere ad aspettative
convenzionali da parte degli outsider: "il cibo può entrare a fare parte di
uno stereotipo etnico" (van Esterik 1982, 208).
6
Gli indigeni e il ristorante etnico
Per quanto riguarda gli autoctoni che vanno a mangiare in un
ristorante etnico occorre fare un discorso diverso. Tale pratica non assume,
in questo caso, la funzione di comunicazione di un'identità etnica ma si
possono individuare una serie di messaggi che tale pratica mira a
comunicare: lo status, il tipo di considerazione per quella determinata
cultura etnica, eventualmente delle idee politiche, ecc. Come si è detto la
pratica dell'andare a mangiare al ristorante è sottoposta ad una serie di
pressioni differenti, comprese le influenze della moda; è quindi difficile
valutare i significati, peraltro variabili, che tale pratica può avere. Non è
comunque assurdo immaginare, con le dovute cautele, che tra i significati
di questa pratica possano esserci anche quelli inerenti alla
"democratizzazione" o all'allentamento delle barriere su base etnica.
Il cibo come ponte tra immigrati e indigeni: un’ipotesi da
approfondire
Secondo Anneke van Otterloo (1987) è possibile ipotizzare che
attraverso la diffusione della cucina etnica, in particolare coi ristoranti
etnici, venga favorito un avvicinamento tra le diverse culture che vivono in
una stessa società e il superamento delle barriere che le dividono.
In linea generale, viste le implicazioni simboliche, sociologiche e
psicologiche che abbiamo detto essere dimensioni estremamente rilevanti
della pratica alimentare (si vedano i capitoli precedenti) mi pare che questo
tipo di ipotesi possa essere verosimile.
Alcune obiezioni sono certamente possibili a questo tipo di
argomento:
1) Tra cucinare cibi etnici nella sfera privata e l'andare a mangiare in
un ristorante etnico esiste una differenza fondamentale. L'andare a pranzo
fuori - per le caratteristiche che il ristorante ha assunto nelle società
industriali avanzate e per la stretta connessione tra fenomeni di moda e
ristoranti - viene ad assumere una valenza comunicativa o di ostentazione
(consumo vistoso ecc.) che prescinde in molti caso dal desiderio di
superare le barriere etniche e di conoscere culture differenti.
2) In alcuni ristoranti non viene data un immagine "corretta" della
cultura alimentare del paese d'origine. Piuttosto il gestore "asseconda" lo
stereotipo che l'autoctono ha in merito a quel dato paese.
3) Le ricette che vengono proposte nella maggior parte dei ristoranti
etnici frequentati da stranieri, anche se non conformi allo stereotipo, non
sono comunque fedeli all'originale. Al contrario esse sono quasi sempre
modificate, "edulcorate" ed alleggerite dagli ingredienti che si sanno poco
graditi alla clientela locale.
Queste obiezioni sembrano in realtà fondarsi su di una visione
riduttiva ed ingenua di ciò che viene identificato con termini quali
"corretto", "autentico", "originale", applicati al campo delle relazioni interculturali. In questo senso per rispondere alle obiezioni sulle potenzialità
del ristorante etnico di svolgere funzioni "ponte" può essere utile la
teorizzazione di MacCannell sull'"autenticità" degli ambienti turistici. A
proposito di tali ambienti MacCannell sostiene che la loro autenticità può
essere rappresentata secondo una differenziata gradazione che prevede sei
diversi staged settings. Le sei categorie possono essere descritte, seguendo
Costa (1989), applicando i relativi criteri al caso della corrida.
1) La front region è data soprattutto dalle bancarelle di souvenir che
circondano gli ingressi della Plaza de Toros. Esse sono provviste, ad
esempio, delle corna del primo toro ucciso da Dominguin.
2) La front back region è data dall'ammodernamento delle tribune,
che pur mantiene lo stile tradizionale, oppure dalla sostituzione degli
strilloni che annunciano l'evento con furgoni dotati di altoparlanti.
3) Il front, che sembra in tutto e per tutto una back region, è la stessa
corrida, con la sfilata dei banderilleros a cavallo, dei paggi del torero e
infine del toro.
4) Se la corrida è organizzata appositamente per alcuni tour operator
si ha back region limitata ad un gruppo ristretto di turisti.
5) La back region alterata è data dalle prove che precedono
l'avvenimento: la sfilata è provata e riprovata nei dettagli, ma soprattutto si
pensi alla vestizione del torero, che abitualmente non è vista dai turisti.
6) La back region vera e propria: l'amore e l'orgoglio degli spagnoli
verso la loro corrida e soprattutto il raccoglimento del torero prima di
entrare nella Plaza de Toros. E' un'autenticità che il turista non può
sperimentare nella sua pienezza culturale perché espressione di una
tradizione a lui estranea" (Costa 1989, 193-194).
Seguendo lo schema di MacCannell, possono essere individuate
anche per i ristorante etnici diverse gradazioni dell'autenticità, in questo
caso con riferimento all'ambiente proposto e al cibo offerto. Anche in
questo caso, l'accesso all'autenticità totale non è possibile per il turista e
per l'avventore di ristoranti etnici; o meglio, superare il limite superiore
dell'autenticità rappresentata (la back region secondo la teoria di
McCannell) immette in un'esperienza che va oltre la figura sociale del
turista. Ma ciò non esclude che il ristorante etnico, anche in presenza di
"autenticità limitata", possa svolgere funzioni "ponte" nel senso indicato.
Questa posizione è stata espressa con forza da La Cecla (1995), che
ha sottolineato le valenze positive che il contatto attraverso il ristorante,
seppure "in assenza di autenticità", offre:
"Nei ristoranti 'etnici', nei luoghi 'tipici', ciò che ci si attende dai
clienti non è la profondità, al contrario: è la curiosità superficiale che
forma la base della jouissance. La cucina dei ristoranti tipici è uno spazio
di tolleranza precisamente perché è uno spazio di superficialità. Non si
trasmette allo straniero che viene a pranzo che ciò che può e che vuole
comprendere (...). La cucina 'tipica' è per eccellenza l'ambito in cui si
simula una cultura (...). La cucina è anche zona di traduzione ma, affinché
non presenti alcun pericolo per le due parti, si mima una lingua che non è
né quella dell'autoctono né quella dello straniero. (...) Si produce
un'alienazione della cucina quando una cultura consente di abbassare la
sua soglia di contatto. Questa alienazione non appoggia sull'universalità
della cucina in questione ma sull'attrazione che esercita la sua estrema
particolarità (sia essa falsata, senza rapporto col paese d'origine). Il 'tipico'
è sempre una caricatura, un'estremizzazione. Il successo di alcuni piatti
come la pizza o le paste va di pari passo con una rappresentazione teatrale,
esagerata e caricata di cliché della cultura italiana. Ma le due parti
accettano la simulazione. Ad Amburgo, i fabbricanti di pizza fingono di
preparare la pizza come a Napoli e gli abitanti di Amburgo fingono di
crederci. Non è forse l'inizio della tolleranza? La simulazione serve a
mantenere una convivialità tra culture differenti e contribuisce a una
meravigliosa illusione: quella di credere che, andando più lontano, si
potrebbe comprendere (La Cecla 1995, 86-88).
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NOTE
1
Per una rassegna sugli sviluppi dell'interesse delle scienze sociali per il cibo e
l'alimentazione si rimanda a Mennell, Murcott, van Otterloo (1992). Occorre precisare
che, oltre alle antropologie e alle sociologie della vita quotidiana, alle quali si fa un
riferimento esplicito in questo articolo, anche settori di studi storici, in particolare la
"Nuova storia", hanno sviluppato un notevole interesse per l'alimentazione. Si vedano le
classiche opere di Braudel (1967), Ferniot e Le Goff (1986), Ariès e Duby (1986), etc.
2
Tradizionalmente la diffusione di modelli attraverso i ristoranti è stata vista come una
diffusione "discendente", tesa cioè ad esportare le maniere e i gusti delle classi superiori
alle classi inferiori. Attualmente (e in particolare ciò e vero per l'argomento specifico di
questo articolo) si prescinde dalla direzione che la diffusione assume.
3
Per una bibliografia specifica che tratti il tema della nascita e dello sviluppo dei
ristoranti, e per una trattazione critica delle diverse periodizzazioni a cui è possibile fare
riferimento si rinvia, oltre che a Mennell, Murcott, van Otterloo (1992) a Mennell
(1985).
4
A questo proposito si accenna soltanto a tutta una letteratura che investe diverse
discipline che vanno dalla sociologia alla psicologia all'economia e al marketing e che si
sono interessate alle diverse strategie messe in atto dal personale dei ristoranti per
"gestire" in maniera vantaggiosa i rapporti con i clienti. W.F. White (1984), B.J. Mann
(1975).
5
Gradimento per i cibi esotici e per pasti poco abbondanti è dimostrato dai dirigenti e
dai professionisti, mentre gli impiegati e gli operai specializzati dimostrano una
preferenza per i pasti abbondanti e a base di carni rosse. Inoltre questi ultimi ritengono
pesce, frutta e verdure cibi adatti a donne e bambini, così come per queste categorie
ritengono più indicate le carni bollite che non quelle arrostite (Bourdieu 1979, pag. 191
e seguenti).
Analoghe considerazioni sono espresse da Roland Barthes, a proposito dell'opposizione
tra vino e latte e della bistecca che "è il cuore della carne, la carne allo stato puro, e
chiunque se ne cibi assimila forza taurina (1957).
6
Calvo sottolinea come il piatto totem, ostentato e ricercato come "megafono" della
propria identità, può d'altra parte essere fuggito e rifiutato in situazioni di "identità in
crisi". (Calvo 1982, 425).
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