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gene ribelle

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gene ribelle
NUOVO CONSUMO
Il mensile per i soci Unicoop Tirreno • euro 1,50 • anno XV • numero 161 • novembre 2006
GENE RIBELLE
Gli organismi geneticamente modificati
tra interessi economici
e preoccupazioni per la salute.
A occhio e croce
Le malattie degli occhi
Piange il telefono
Dossier sui call center
Piazza pulita
Guida all’acquisto
dei detersivi multiuso
PUNTI AGIP FAI DA TE
1 Punto Agip ogni litro di
carburante
DAL 1 NOVEMBRE AL 31 DICEMBRE 2006
(massimo 100 punti al giorno;
solo autovetture e motocicli).
Per ottenere punti Agip con la
modalità FAI DA TE, ritira la
carta “Club Fai da te” presso
una delle oltre 3.000 Stazioni di
Servizio che aderiscono all’iniziativa. I punti Agip raccolti
li potrai trasformare in punti
Coop in qualsiasi momento,
presentando al gestore la tua
carta SocioCoop:
Set
Brandy
lui&lei
850
+
Set 4 segnaposti
Kontiki
ogni 4 punti Agip riceverai
5 Punti Coop.
800
NOVITÀ
La raccolta punti Agip FAI DA
TE terminerà l’8 gennae
io 2007. I punti accumulati in questo periodo potranno essere convertiti in Punti
Coop fino al 14 gennaio 2007.
Se fino all’8 gennaio 2007
raccogli sulla carta “Club Fai
da te” Agip almeno 1.000
punti, al momento della trasformazione riceverai:
400 Punti Coop in OMAGGIO!
I punti presenti su più card non possono esere cumulati.
Su un’unica Carta SocioCoop non possono essere accreditati più di 5.000
punti da conversione punti Agip.
PUNTI AGIP SERVITO
1 Punto Coop ogni 2 litri
di carburante
PUNTI
5,00 EURO
+
6,00
(solo autovetture e motocicli).
Per ottenere i punti Coop con
la modalità SERVITO, presenta la tua Carta SocioCoop al
momento di effettuare il pagamento. I punti verranno accreditati sulla Carta periodicamente e in modo automatico. Le
Stazioni di Servizio Agip che
aderiscono all’iniziativa con la
modalità SERVITO, saranno riconoscibili da
una apposita
segnaletica.
2.500
+
SUPERGRATIS
Set 2 calici
ballon
350
PUNTI
(massimo 40 punti al giorno, solo
autovetture e motocicli).
10 Punti Coop ogni litro
di lubrificante
Coppia telefoni
cordless Best Twin
PUNTI
EURO
Rasoio
HQ5426
2.000
+
PUNTI
14,00 EURO
Frullatore
Smoothie
Set fonduta
SUPER-
per cioccolato
850
PUNTI
Baby tombola
900
PUNTI
Nei supermercati e ipermercati del Gruppo Unicoop Tirreno
4,500
+
PUNTI
14,50 EURO
PUNTI
16,50 EURO
Il punto di Aldo Bassoni
Mensile per il consumatore
Spedito in abbonamento
ai soci di Unicoop Tirreno
Direttore responsabile
Aldo Bassoni
Redazione
Rita Nannelli
Beatrice Ramazzotti
Luca Rossi
Cristina Vaiani
Hanno collaborato
Barbara Autuori
Francesca Baldereschi
Anna Ciaperoni
Viola Conti
Tito Cortese
Eleonora Cozzella
Benedetta D’Alessandro
Eugenio Del Toma
Daniele Fabris
Stefano Generali
Costanza Giambalvo
Carlotta Grimaldi
Silvia Inghirami
Giovanni Manetti
Chiara Milanesi
Roberto Minniti
Isabella Mori
Giorgio Nebbia
Paola Ramagli
Gabriele Salari
Paolo Volpini
Progetto grafico
NeWork&B
Impaginazione
Marco Formaioni
Copertina
Agenzia Grazia Neri
Impianti e stampa
Coptip Modena
Direzione e redazione
SS1 Aurelia Km 237
57020 Vignale Riotorto (LI)
Tel. 0565/24720 - Fax 0565/24210
e-mail: [email protected]
Editore
Vignale Comunicazioni srl
Pubblicità
Giemme Pubblicità di Graziella Malfanti
via Pacinotti, 12 - 57025 Piombino (LI)
tel. 0565 49156 - 226433 - fax 0565 39003
e-mail: [email protected]
Responsabile pubblicità
Roberta Corridori
Registrazione del Tribunale di Livorno
n° 695 del 24/07/2001
Iscrizione ROC 1557
del 4/09/2001
Tiratura prevista: 530.500 copie
Chiuso in tipografia il 19/10/2006
Erario
flessibile
Contro l’evasione fiscale meno parole e più
fatti. Perché non rispolverare l’antica, semplice
idea dell’accertamento del reddito effettivo?
Negli anni Settanta nasceva il nuovo
sistema fiscale elettronico centralizzato sul modello dei più avanzati paesi
europei. Lo chiamarono il cervellone.
Ma le cose non andarono come previsto perché all’aumentare del numero
dei contribuenti non fece riscontro
l’ammodernamento degli uffici. Così
arrivò il condono del 1973 e si finì
con lo scaricare molti adempimenti sui
cosiddetti sostituti d’imposta. Fu il disastro dell’anagrafe tributaria autogestita.
Le cose migliorarono un po’ negli anni
Ottanta quando gli uffici si adeguano
senza tuttavia riuscire a mettere a punto
tecniche efficaci e capillari di accertamento fiscale. Altro condono nel 1982.
Negli anni Novanta cambia la strategia.
Appaiono le denunce dei redditi ex ante,
ma lo stato non è in grado di controllarle
con puntualità e rigore e il nodo rimane
anche oggi sempre quello dei controlli
con l’aggravante di uno stato debole di
fronte agli evasori premiati e incoraggiati
a perseverare dalla comoda pratica dei
condoni e dei concordati. Ora finalmente si torna a parlare di un piano
serio contro chi non fa fino in fondo o
per niente il suo dovere di contribuente.
Padoa Schioppa li ha chiamati ladri.
Ma forse una certa morale prevalente
preferisce considerarli furbi. In ogni
caso più delle parole è il momento dei
fatti. Arriverà finalmente il giorno in
cui anche in Italia tutti pagheranno
le tasse? Il pacchetto messo a punto
dal ministro Visco non è male. Ma ci
vuole un apparato dell’Amministrazione
finanziaria molto più efficiente di quello
attuale e un coordinamento migliore tra
Guardia di Finanza e Erario per renderlo
attuabile. Questione di volontà politica,
che forse questa volta c’è; e questione di
strumenti tecnici che ancora mancano.
Di sicuro i sistemi adottati fino ad oggi
non hanno funzionato; e non hanno
funzionato perché non ha funzionato
la pianificazione fiscale. E allora c’è
da chiedersi se non sarebbe il caso di
tornare a quell’antica, semplice idea
dell’accertamento del reddito effettivo,
magari coinvolgendo in questa attività
gli enti locali, a cominciare dai Comuni,
i soli in grado di esercitare un contatto
diretto e ravvicinato con i cittadini. Per
tutelare chi fa il suo dovere e smascherare chi sguazza nell’inefficienza della
macchina tributaria.
Finanziaria e Prestito Sociale
UNA NOTA DELLA PRESIDENZA ANCC-COOP
Le notizie che attualmente stanno circolando su alcuni organi di stampa riguardo ad
un presunto maggior prelievo fiscale sul prestito sociale nelle cooperative contenuto
nella Legge Finanziaria sono prive di fondamento. La Legge Finanziaria attualmente
all’esame del Governo e delle parti sociali non contiene nessuna norma specifica
riguardante l’argomento. La tassazione delle rendite finanziarie è oggetto di un disegno di legge delega, il cui decreto delegato è tutto da scrivere. Passeranno quindi
ancora diversi mesi; solo a fronte di un eventuale provvedimento che riguardi anche
il prestito sociale sarà possibile esprimere valutazioni.
Stampato su
carta 100% riciclata
NUOVO CONSUMO
5
In questo
numero
rubriche
Il punto
Erario flessibile
Lettere
Coop risponde
Previdenza
Faccende di casa
Chi protegge il cittadino
In cattiva compagnia
Dillo a Nuovo Consumo
Inpressioni a caldo
La merce muta
Tasso alcolico
Sani & salvi
ABCibo
Indice di gradimento
Controcanto
Contro l’agonia
Pace verde
Qual buon vento
Evergreen
Presidi Slow Food
The Queen
A tavola
Bruschette e crostini
Nel carrello
Specie protette
Bella provola
Consumi in scena
Vinca il migliore
5
12
Prima pagina
8
10
10
11
11
17
33
33
39
GENE RIBELLE
31
Salute dei cittadini, interessi economici,
progresso scientifico: il dibattito sugli
organismi geneticamente modificati.
attualità
COOP INFO
44
44
51
52
54
54
Una Coop in salute
Caro amico pc
Tutti insieme per Matteo
Pari o dispari
La vetrina dei soci
SALUTE / A occhio e croce
DOSSIER / Piange
il telefono
Viaggio nel mondo dei call center.
35
prodotti
GUIDA ALL’ACQUISTO /
Piazza pulita
41
Detergenti e antibatterici
per una casa a prova di pulito.
GLI EXTRA / Un
gel per capello
46
Teste sempre a posto.
66
TIPICO / Mondo
pane
48
L’impasto più semplice e antico che ci sia.
SALTIMBOCCA / Buonapera
50
Dolce, salutare, ideale per ogni ricetta.
COTTI & CRUDI / Tesoro
59
I bambini e i loro amici
a quattro zampe.
Cambia musica
21
22
27
28
28
31
Come prevenire le malattie degli occhi.
NC
La bestia nel cuore
Salute
62
Star bene con
la musicoterapia.
Tempi moderni
63
Ginnastica da star
64
mio
57
Tutti a raccolta nell’Italia dei tartufi.
59
NC
Tutti ai corsi di Pilates.
Cuore di Coop
65
Informagiovani
65
NUOVO CONSUMO
7
Redazione Nuovo Consumo
Fermo SS 1 Aurelia Km 237 - 57020 Vignale Riotorto (LI)
posta e-mail: [email protected]
Caro farmaco
La maggior parte degli italiani hanno plaudito al decreto che
liberalizzava la vendita dei cosiddetti farmaci da banco e io
come tutti sono rimasto in attesa dei punti vendita nei supermercati per vedere finalmente questa diminuzione dei prezzi.
Diminuzione che non mi ha per niente soddisfatto perché non è
riuscita ad arrivare ai livelli degli altri paesi europei e inoltre è
spesso mascherata da una quantità inferiore nella confezione o
nel principio attivo [...]. I prezzi di questi
composti in Europa sono spesso irrisori e
non si capisce perché nella furba Italia non
si riesca ad intervenire su produttori, distributori e rivenditori per avere un prezzo
al consumo che non sia scandaloso. [...] La
scorsa settimana ho comprato in farmacia
a prezzo pieno, 6,30 euro, una confezione
di compresse di aspirina effervescente simile a quella venduta
in Coop e reclamizzata su Nuovo Consumo al prezzo di 3,11
euro, solo che nella confezione della Coop ci sono 10 compresse
mentre in quella della farmacia ce ne sono 20. Differenza 8
centesimi di euro che non rappresentano assolutamente un vero
risparmio[...] Spero che la Coop cominci a rivedere i sistemi di
approvvigionamento e di vendita per dare davvero un contributo
reale ai risparmi dei cittadini.
Giovanni Aliboni, via e-mail
A quanto pare – ma la cosa è nota da tempo – in Italia abbiamo i farmaci più cari d’Europa. Questo valorizza ancora
di più la liberalizzazione varata dal governo che ha permesso
anche ai supermercati di vendere alcune tipologie di farmaci
da banco e da automedicazione a prezzi molto inferiori.
La battaglia però non finisce qui. Bisogna intervenire con
più determinazione su una grave “anomalia” che penalizza
fortemente i cittadini italiani rispetto al resto d’Europa. Per
quanto riguarda l’aspirina effervescente, le posso confermare
che il prezzo di una singola compressa acquistata in farmacia in qualunque confezione è di 0,43 centesimi. Forse lei
ha acquistato un altro prodotto simile all’aspirina, oppure
una confezione da 20 compresse scontata di circa il 20 per
cento: questo significa che alcune farmacie cominciano
ad adeguarsi ed è in fondo un bene per il mercato e per i
consumatori che anche i prezzi praticati dalle farmacie si
abbassino. Naturalmente il suo suggerimento circa i sistemi
di approvvigionamento è giusto. Per Coop è un settore
completamente nuovo e non mancano certo problemi che
hanno bisogno di tempo ed esperienza per essere risolti.
Aldo Bassoni
8
NUOVO CONSUMO
Un gran bel viaggio
Siamo un gruppo di Soci Coop di Follonica e siamo tornati da
un viaggio soggiorno in Sardegna. La gita inserita nel catalogo
“Viaggia con noi” diffuso e pubblicizzato sia nel negozio Coop
che nell’agenzia viaggi Farolito Travel di Follonica è risultata
assai soddisfacente e ben organizzata. Vogliamo sottolineare
proprio l’organizzazione: grazie alla presenza di personale
qualificato e direttamente responsabile dell’agenzia è stato
possibile apportare all’istante delle variazioni al programma
che ci hanno consentito di visitare luoghi che altrimenti non
sarebbe stato possibile vedere. Per molti di noi non era la prima
gita come Soci Coop e anche in altre recenti occasioni, per la
presenza del titolare dell’agenzia, sono state effettuate variazioni
al programma, risultate vantaggiose per i partecipanti, naturalmente con aggravi economici per l’agenzia. Per tornare al
viaggio in Sardegna, abbiamo visto posti di incredibile bellezza
naturale, a cominciare dall’Arcipelago della Maddalena con
Budelli e Spargi, dove
abbiamo potuto fare il
bagno in un’insenatura
tanto bella da non avere niente da invidiare
alle tanto decantate
spiagge esotiche. (...).
Abbiamo inoltre avuto
modo, e ci teniamo a dirlo con sommo piacere, di gustare in
varie occasioni la tipica cucina sarda e dobbiamo riconoscere
che tutto è stato ben diverso dalle pensioni complete a buffet e/o
con cestini ai quali eravamo abituati in altri viaggi.
Un gruppo di Soci Coop di Follonica (GR)
Chiamata senza risposta
Sono più di sette giorni che tento inutilmente di mettermi
in contatto con il numero verde del Ministero dei Trasporti
800232323. Questo numero è attivo e ringrazia di aver
chiamato (il tutto via disco) fino alle 8,30; a questo punto
(inizio orario di lavoro) il telefono viene staccato fino alle 14,
dalle 14 alle 14,30 (pausa mensa) le più volte viene rimesso il
disco (se no il telefono è staccato), dalle 14,30 alle 17,30 (orario
di lavoro) viene ristaccato, dalle 17,30 alle 8,30 del giorno
dopo viene messo il disco che ringrazia di aver chiamato: cioè
nell’orario di lavoro il telefono che dovrebbe essere funzionante
è staccato, nell’orario di chiusura è attaccato. A mio avviso è
una cosa vergognosa sprecare così i soldi dei cittadini.
C.R., Rosignano Solvay (LI)
IL NATALE DEI SOCI
Fermo
posta
dal 16 novembre al 24 dicembre
Che bufala!
Vi scrivo per sapere se ritenete fondate le voci che circolano via
e-mail su un preoccupante potenziale cancerogeno di alcuni
prodotti per la cura della persona. (...).
V.S., via e-mail
Il lettore pone un interessante quesito: l’attendibilità di un messaggio che sta circolando da tempo su internet e che sostiene
che una certa dott. Gabriela Casanova Larrosa dell’Università
dell’Uruguay avrebbe riferito che l’uso di antitraspiranti
a base di ossicloruro di alluminio favorirebbe il tumore al
seno soprattutto se applicato sulle ascelle depilate. La tesi
può destare preoccupazione; la depilazione lascerebbe delle
piccole lesioni attraverso le quali gli ingredienti dell’antitraspirante entrerebbero in una zona del corpo femminile vicina
ai linfonodi che potrebbero essere interessati alla comparsa
del tumore al seno. Internet è uno straordinario strumento
di diffusione delle conoscenze e può aiutare a far conoscere
pericoli e ad evitarli. Su internet però può circolare di tutto
anche, talvolta, notizie false, o infondate (chiamate “bufale”,
hoax in inglese) ingannevoli o anche dannose. Talvolta si
tratta di falsi inviti ad azioni ecologiche o caritative; talvolta
sono provocati dall’interesse delle compagnie telefoniche o
informatiche di guadagnare dei soldi (le famose “catene di
S. Antonio”); talvolta sono messi in circolazione da ditte che
invitano a non comprare merci della concorrenza, falsamente
indicate come pericolose. Comunque la possibile correlazione
fra antitraspiranti e tumore al seno ha sollecitato ricerche e
controlli in molte parti del mondo ed è risultata inesistente.
La dottoressa Larrosa ha smentito di essere l’autrice di qualsiasi messaggio su tale correlazione. Il tutto si trova nel sito
“antibufale” www.paoloattivissimo.info/antibufala/ sotto
“deodoranti”. Resta il fatto che la depilazione delle ascelle,
specialmente con rasoi a lamette, può lasciare piccole ferite
o irritazioni attraverso le quali sostanze estranee possono
entrare nel corpo femminile; qualsiasi sostanza che viene a
contatto con la pelle può innescare reazioni indesiderabili;
alcuni antitraspiranti contengono sali di alluminio (leggere
sempre le etichette). Sono state interrogate migliaia di persone
che hanno o non hanno avuto il tumore al seno per sapere se
e da quanto tempo usavano antitraspiranti o deodoranti per
ascelle; la correlazione antitraspiranti-tumori al seno finora non
è stata trovata. Va comunque tenuto presente che i tumori in
genere compaiono mesi o anni dopo l’esposizione alla causa
e che in un così lungo periodo la persona colpita può essere
stata esposta a innumerevoli agenti cancerogeni.
Giorgio Nebbia
NUOVO CONSUMO
9
Panettone classico “Tre Marie” 1 Kg
Torrone classico alla nocciola “Pernigotti” 150 g
Cioccolatini Gianduiotti “Attibassi” 200 g
Spumante Grand Reale Dessert “Gancia” 75 cl
oppure
Pandoro “Tre Marie” 1 Kg
Torrone classico alla nocciola “Pernigotti” 150 g
Cioccolatini Gianduiotti “Attibassi” 200 g
Spumante Grand Reale Dessert “Gancia” 75 cl
PREZZO SOCI 9,90 EURO
PREZZO NON SOCI 17,90 EURO
massimo 2 confezioni per ogni carta SocioCoop
Coop risponde
Giuste agevolazioni
Avrei bisogno di acquistare beni con riduzione Iva dal 20 al 4 per
cento per invalidi 100 per cento. Al negozio Coop di Follonica mi
hanno detto che se ne può usufruire solo per alcuni prodotti. Mi potete
dare maggiori informazioni? Che documenti devo eventualmente
portare per usufruire di questa agevolazione?
via e-mail
I beni sui quali è possibile per legge applicare
la riduzione a cui lei fa riferimento sono le
apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche.
Deve inoltre trattarsi di sussidi da utilizzare a
beneficio di soggetti limitati (o anche impediti) da menomazioni permanenti di natura
motoria, visiva, uditiva o del linguaggio e per
facilitare la comunicazione interpersonale,
l’elaborazione scritta o grafica, il controllo
dell’ambiente, l’accesso all’informazione e
alla cultura, come, ad esempio, fax, modem,
computer, telefono a viva voce, schermo a
tocco, tastiera espansa ecc. L’aliquota Iva agevolata è al 4 per
cento. Sulla fattura dovrà essere inserita la seguente dicitura
“Aliquota Iva al 4% ai sensi dell’articolo 2, comma 9, del
Decreto - Legge 31 dicembre 1996, n. 669”.
Cambio di
pasto
Ho in mano un buono pasto che è valido solo per l’acquisto di
prodotti alimentari e non lo ritengo giusto. Volevo farvi presente
che chi utilizza questo servizio di solito non è benestante.
via e-mail
Per quanto riguarda i buoni pasto Coop si attiene a un
decreto legge firmato dal presidente del consiglio dei ministri il 10/11/2005 e registrato presso la Corte dei conti
il 14/12/2005 che cita all’articolo 2/b “si intendono per
servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo di buoni pasto,
le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di
prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato
effettuate dagli esercizi elencati all’articolo 4”.
Servizio Filo Diretto di Unicoop Tirreno > Numero verde 800861081
10 NUOVO CONSUMO
Previdenza
a cura di LiberEtà
Faccende di casa
Quanto è facile assumere una colf?
Non è difficile assumere un assistente domestico/a. La sua
assunzione non è soggetta a particolari formalità. Per fare
le cose in regola occorre darne comunicazione ai servizi
per l’impiego (il vecchio ufficio di collocamento) entro
cinque giorni di tempo dalla data di assunzione, comunicare poi all’Inail il codice fiscale del lavoratore e aprire
una posizione contributiva all’Inps in tempo
utile per provvedere al pagamento dei primi
contributi trimestrali. L’Istituto pensionistico
mette a disposizione un modello cartaceo (modello LDog) e un programma per l’iscrizione
via internet del rapporto di lavoro. Rivolgersi
pure al patronato Inca Cgil.
Attraverso internet è possibile fare una simulazione del costo contributivo e stampare i bollettini
per il versamento. Per sapere quanto costa mettere
in regola un assistente domiciliare basta inserire
il dato della retribuzione e delle ore lavorate. In
caso di assunzione di un cittadino italiano la
regolarizzazione tardiva può comportare, oltre che le sanzioni
civili (ridotte) per il ritardo nel versamento dei contributi,
anche sanzioni per il ritardo nelle comunicazioni.
Per i lavoratori extracomunitari occorre ottemperare anche
agli obblighi del Testo unico sull’immigrazione che obbliga
il datore di lavoro a:
• trasmettere entro cinque giorni allo Sportello per l’immigrazione il contratto di soggiorno, nel quale deve essere
indicato dove alloggia il lavoratore (articolo 22). In caso
di inadempienza, il Prefetto può comminare la sanzione
amministrativa da 500 a 2.500 euro;
• comunicare, entro 48 ore, all’autorità locale di pubblica
sicurezza sia l’assunzione che l’eventuale alloggio presso la
famiglia che ha fatto l’assunzione. La violazione è punita con
una sanzione amministrativa da 160 a 1.100 euro.
Il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore la lettera
di assunzione, con le condizioni che regolano il rapporto di
lavoro e comunicare al lavoratore l’importo della retribuzione annuale perché le imposte, se dovute, devono essere
pagate direttamente dal lavoratore con la dichiarazione
dei redditi.
LiberEtà: e-mail [email protected]
Chi protegge
il cittadino
Dillo a
Nuovo Consumo a cura di Federconsumatori
In cattiva compagnia
Impressioni a caldo
Ho subìto un tamponamento e non riesco a farmi risarcire. Più di un
mese fa ho anche inviato un reclamo scritto a mezzo di raccomandata
con ricevuta di ritorno all’ufficio reclami dell’assicurazione ma non
ho ricevuto alcuna risposta. Vorrei sapere se esiste un modo rapido per
far valere i miei diritti senza dover ricorrere a un giudice.
A.B., Catania
Circa un mese fa un installatore, chiamato per controllare il
corretto funzionamento della caldaia, mi ha fatto presente che
era necessario sostituirla. Ma la sua proposta non mi è sembrata corretta. Come posso valutare se quello che lui mi dice è
tecnicamente giusto?
L.S., via e-mail
La informo che per risolvere le controversie nate tra assicurazioni e automobilisti in seguito a un incidente d’auto, non
è più indispensabile ricorrere alle vie legali. Esiste, infatti,
l’opportunità di dirimere i conflitti in maniera rapida ed
economica attraverso la procedura di conciliazione. Se non
ha ricevuto alcuna risposta alla raccomandata può esperire
il tentativo stragiudiziale di conciliazione, siglato tra Ania
(Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) e dodici
associazioni di consumatori, tra cui anche CittadinanzAttiva.
L’associazione alla quale si rivolgerà, la rappresenterà in
sede conciliativa. La commissione di
conciliazione è composta da un rappresentante dell’associazione dei consumatori
a cui si è rivolta e da un rappresentante
della compagnia di assicurazione e dovrà giungere ad un accordo entro trenta
giorni. Qualora l’esito della conciliazione
non la dovesse soddisfare, potrà sempre
decidere di non accettarlo e di procedere
per vie legali. Le devo tuttavia specificare
che tale procedura si applica solo a favore di coloro che abbiano fatto richiesta
di risarcimento non superiore a 15mila
euro e che, in relazione all’oggetto della
conciliazione, non si siano già rivolti alla magistratura e
non abbiano incaricato altri soggetti a rappresentarli nei
confronti della compagnia.
La fondatezza di quanto dichiarato dalla ditta può essere
facilmente verificata chiedendo, ai sensi dell’art. 33 comma
2 della Legge 10/91, che siano gli stessi tecnici verificatori incaricati dall’ente locale ad effettuare le opportune
rilevazioni sull’impianto (“La
verifica può essere effettuata in
qualunque momento, anche su
richiesta e a spese
del committente,
dell’acquirente
dell’immobile, del
conduttore, ovvero del responsabile dell’impianto”).
In questo modo,
con una spesa modesta, attraverso
l’organismo pubblico, si otterrà la certezza che le valutazioni circa la necessità o meno di sostituire la caldaia siano imparziali e,
quindi, non risentano degli interessi di mercato delle ditte
private. Tenga inoltre presente che l’ente locale, qualora
riscontri che la caldaia non è a norma, non sanziona immediatamente l’utente, bensì gli concede un periodo di
tempo per l’adeguamento, fornendo la propria collaborazione, affinché l’intero sistema edificio-impianto sia reso
conforme alle norme in vigore, comprese quelle relative
alla sicurezza (Legge 46/90).
Riferimenti utili
www.ania.it/consumatori.asp
Sportello Auto Ania: tel. 027764444
www.tuttoconsumatori.it per trovare l’elenco delle associazioni
dei consumatori che aderiscono all’iniziativa.
Isabella Mori, Pit Servizi-CittadinanzAttiva
CittadinanzAttiva-Pit Servizi: tel. 0636718555
(da lun. a ven.: ore 9-13.30) fax 0636718333
e-mail: [email protected]
Viola Conti, Federconsumatori
Tel. 0642020759/63 - fax 0647424809 - www.federconsumatori.it
e-mail: [email protected]
orario: dal lunedì al venerdì 9.30-17
NUOVO CONSUMO
11
Prima pagina
GENE RIBELLE
Contaminati, modificati, transgenici.
Dal riso al mais, dal cotone al pomodoro
come avanza l’industria delle biotecnologie tra
timori per la salute e interessi economici.
Ma perché non ne parla più nessuno?
12 NUOVO CONSUMO
di Aldo Bassoni
Tutto è incominciato con il flavr
savr, un pomodoro geneticamente
modificato per arrivare sulle tavole
dei consumatori rosso e sodo come
il giorno della raccolta. Per ottenere
questo risultato bastò che gli scienziati della Calgene inserissero nel suo
Dna un gene che ne ritardava l’invecchiamento. Il pomodoro poteva
viaggiare per giorni e giorni senza
deteriorarsi. Peccato che quando arrivava faceva schifo e puzzava. La
Calgene spese 200 milioni di dollari
per migliorarlo, ma finì in crisi e fu
assorbita dalla Monsanto che abbandonò il progetto. Da allora i nuovi
padroni delle biotecnologie applicate
alle piante si sono dedicati ad altre
più sicure e redditizie colture come
il mais, la soia, il cotone e la colza.
Di recente ci hanno provato anche
con il riso, questa volta per creare
una varietà ricca di vitamina A, il
famoso gold rise che avrebbe dovuto
risolvere i problemi nutrizionali delle
popolazioni sottoalimentate dell’Asia
e dell’Africa. Purtroppo è venuto fuori che di vitamina A ce n’era proprio
poca e che una specie di riso rosso
naturale coltivato sull’Himalaya ne
contiene addirittura di più. E intanto
si va avanti col mais, la soia e la colza.
Come? Come capita.
“Siamo in Iraq per spargervi i semi
della democrazia in modo che possano germogliare e propagarsi in
tutta la regione”. Quando George W.
Bush pronunciò questa frase nessuno
pensava che i semi ai quali alludeva
fossero quelli della Monsanto. Poi,
uno dei primi atti dell’allora governatore Paul Bremmer fu proprio
quello di mettere fuorilegge le antiche pratiche dei contadini iraqeni,
abituati da millenni ad utilizzare
le proprie sementi, e obbligarli ad
acquistare quelle della Monsanto,
della Syngenta, della Bayer e della
Dow Chemical, le maggiori multinazionali degli ogm che creano
e vendono sementi brevettate in
mezzo mondo.
COS’È UN
OGM?
È un organismo nel quale, tramite operazioni
di ingegneria genetica, si riescono a innestare pezzi di Dna di un altro organismo,
per creare esseri non presenti in natura e non ottenibili tramite incroci. Nel caso
delle piante, come mais e soia, l’innesto di un gene di batterio può creare una
specie resistente a un diserbante o all’attacco di un insetto o, ancora, al freddo.
Il nuovo organismo, inoltre, è di “proprietà” della ditta che l’ha creato. È il caso,
ad esempio, della soia Roundup Ready (la più diffusa nel mondo) della statunitense Monsanto, geneticamente modificata per resistere a un erbicida, anch’esso
prodotto dalla multinazionale, che quindi fa affari vendendo sia le
sementi che l’erbicida (Monsanto è il numero uno sul mercato degli
erbicidi con un giro di 2,6 miliardi di dollari nel 2000).
GLI
OGM E L’ITALIA
>>> La coltivazione di ogm non è consentita in Italia fino alla adozione degli
strumenti normativi regionali idonei a garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche e all’individuazione di soluzioni adeguate
tra regioni confinanti per la gestione della coesistenza nelle aree contigue.
>>> Circa le soglie di tolleranza rimane in vigore il decreto ministeriale 27
novembre 2003 che prevede l’assenza di organismi geneticamente modificati nelle sementi.
13coltivare
%
>>> Il mancato rispetto del divieto di
ogm comporta l’applicazione
della sanzione di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto legislativo
24 aprile 2001, n. 212 secondo cui “chi mette in coltura prodotti
sementieri di varietà geneticamente modificate senza l’autorizzazione
di cui al comma 2 è punito con la pena dell’arresto da 6 mesi a 3
anni o dell’ammenda fino a 100 milioni di lire”.
CONTRO
natura
Quello che è stato facile imporre ad un
paese occupato militarmente passa per
vie più pacifiche ma non meno traumatiche in altre contrade del mondo,
soprattutto nelle regioni più povere e
affamate, dove le stesse potenti multinazionali stanno spingendo i contadini all’utilizzo di sementi tutelate
dal copyright. Negli ultimi dodici anni parecchi
Stati del Sud del mondo
hanno adottato leggi sui
brevetti delle sementi
tramite accordi bilaterali. Mais, riso, cotone,
tabacco sono alcuni dei
business più redditizi della
ormai florida industria
delle biotecnologie. Ed è questa una
delle ragioni che complica la vita a chi
vorrebbe qualche garanzia in più prima
di introdurre nel proprio organismo
sostanze risultate dalla manipolazione
genetica di piante e animali. L’ascesa del
transgenico sembra irresistibile. Spinta
da enormi interessi e dalla convinzione
(o illusione) che il futuro del cibo,
il benessere dell’umanità, la vittoria
sulla fame non possa che passare dallo
sviluppo delle biotecnologie. Timori salutistici e preoccupazioni economiche,
si intrecciano in un groviglio di problematiche di cui ormai si
parla da anni. E mentre
si parla gli ogm avanzano. Lo fanno in tutti i
modi. Soppiantando le
colture tradizionali dove
è possibile, inquinando
le specie “naturali” in
assenza di precauzioni e
regole precise, invadenNUOVO CONSUMO
13
do i mercati di mezzo mondo esposti al condizionamento economico e
tecnologico delle potenti industrie,
scorrazzando illegalmente in Europa
come nel caso del riso ogm free ma che
ogm free non era, sbarcato a Rotterdam
e Livorno, poi scoperto e sequestrato
prima che si aggiungesse a chissà quante
altre partite di riso transgenico venduto
sui banchi dei supermercati. «Ma non
nei nostri supermercati e nei nostri
prodotti a marchio – assicura Claudio
Mazzini della direzione qualità di Coop
Italia – dai quali abbiamo bandito
ormai da anni la presenza di ogm e
derivati. Inoltre lo abbiamo scritto
anche sull’etichetta che cosa mangiano
gli animali che forniscono la nostra
carne». È il cosiddetto principio di
precauzione a cui fa da contrappunto la
libertà di scelta del consumatore. «Può
anche darsi che un giorno si dimostri
che gli ogm facciano diventare alti e
biondi – aggiunge Mazzini – ciò non
toglie che qualcuno possa decidere di
rimanere piccolo e bruno».
Rischio
CALCOLATO
Intanto le sperimentazioni proseguono
anche nelle nostre regioni. «Noi non
siamo contrari alla sperimentazione
degli ogm nel nostro Paese se impiegati
a favore del progresso tecnologico e
scientifico e opportunamente normati
– dice Rosario Trefiletti, presidente di
Federconsumatori –. Attualmente, infatti,
le biotecnologie vengono utilizzate, non
solo nel comparto alimentare, ma anche
in quello farmaceutico e industriale senza
che ancora si conoscano bene i rischi derivanti da un’eventuale contaminazione.
Inoltre, soprattutto se parliamo di alimentazione, siamo perché sia rispettato il
divieto di introduzione nel nostro Paese
di ogm non autorizzati dalla Comunità
Europea, fintanto che la ricerca scientifica non abbia dato risposte certe riguardo
i rischi nel lungo periodo per la salute
umana derivanti dall’impiego di ogm».
14 NUOVO CONSUMO
Ma sono proprio i risultati sul lungo termine che mancano. Per esempio quelli
realitivi alle allergie. «Cosa non facile
da ottenere – osserva Marcello Buiatti,
ordinario di genetica presso l’Università
di Firenze – perché non è possibile isolare
gruppi umani completamente omogei
come stile alimentare». Quindi non
resta che procedere con estrema cautela. «Regole, controlli, informazione al
consumatore e tutela della biodiversità,
sono questi gli aspetti da approfondire»,
osserva Mazzini. È dal 1998 che Coop
ha chiesto garanzie ai suoi fornitori in
merito al non utilizzo di materie prime
derivanti da manipolazioni genetiche
e nei prodotti a marchio Coop non
sono utilizzati né mais né soia derivati
o provenienti da piante geneticamente
modificate. Una linea, quella di Coop,
condivisa in pieno dai suoi soci che a
stragrande maggioranza si dichiarano
favorevoli al “principio di precauzione”.
Principio adottato dai nostri governi che
hanno vietato di fatto la coltivazione di
ogm fino alla adozione degli strumenti
normativi regionali in grado di garantire
la coesistenza tra colture convenzionali,
biologiche e transgeniche. D’altra parte
sono in molti a pensare che mettere a
rischio la nostra ricchezza di prodotti
tipici e le nostre migliori tradizioni agroalimentari per qualche pannocchia di
granturco in più sarebbe un suicidio
economico oltre che un rischio per la
salute e l’ambiente.
SCELTA
di campo
Intanto ogni settimana saltano fuori
nuove “contaminazioni” da ogm. Il mese
scorso è toccato a un riso transgenico di
provenienza cinese trovato dagli attivisti
di Greenpeace in alcuni prodotti alimentari venduti in Francia, Germania e Gran
Bretagna. Si tratta di un riso modificato
per resistere agli insetti grazie a una
proteina che in laboratorio ha prodotto
gravi reazioni allergiche nei topi. Anche
questa contaminazione è cominciata
MAI DIRE MAIS
Sugli ogm la parola
a Marcello Buiatti,
professore di genetica
all’Università di Firenze.
Sembra calata una cappa di piombo
sugli ogm. Se ne parla solo in casi eccezionali, come se l’argomento fosse
ormai passato di moda. Spesso accade
proprio questo nella vorticosa fabbrica
degli scandali mediatici: tanto rumore
e poi il silenzio. A meno che non ci sia
niente di nuovo da dire. Lo abbiamo
chiesto al professor Marcello Buiatti,
ordinario di genetica presso l’Università
di Firenze. «Le novità ci sono, eccome
– esordisce Buiatti – solo che se ne
parla poco, tranne che nei convegni
tra esperti e ricercatori».
Sono passati 25 anni da quando è
iniziata l’epopea degli organismi geneticamente modificati e il mondo
scientifico non ha mai smesso di
lavorare. Ma con quali risultati? «Il
dato che continua ad emergere costantemente è l’assoluta imprevedibilità di un gene immesso artificialmente nella pianta», assicura Buiatti
citando il caso della Monsanto che
ha dovuto fare un nuovo brevetto
perché il gene previsto mancava di
un pezzo e poteva provocare gravi
conseguenze innanzitutto alla pianta
stessa.
Quindi oggi è possibile capire con più
precisione cosa succede quando si introduce un gene in una pianta di mais
o di soia o di colza?
«Succedono tante cose che qui è complicato spiegare, ma studi recenti hanno
dimostrato che il metabolismo della
pianta modificata tende a sua volta a
cambiare e questo pone interrogativi
nuovi ai quali la scienza deve dare
una risposta prima di sdoganare gli
ogm. Succede anche, per esempio, che
intervengano mutamenti significativi
nella flora batterica del terreno che in
pratica subisce un’alterazione».
Suppongo che le istituzioni pubbliche e
gli organismi di controllo comunitari siano
attenti nel valutare questi dati.
«Suppone male. Il grosso problema è che
in Europa gli istituti di controllo, quelli
che danno le autorizzazioni alle imprese,
non tengono affatto conto di questi dati
frutto delle nuove tecniche di ricerca».
A chi si riferisce in particolare?
«Per esempio l’Aes, l’Autorità europea
per la sicurezza alimentare che ha sede
a Parma, basa le sue valutazioni su
tecniche di indagine vecchie e ormai
superate senza prendere minimamente
in considerazione i risultati che emergono dalle nuove analisi della pianta
dopo l’inserimento del gene. Il fatto
curioso è che anche le multinazionali
biotech sono in possesso di questi dati,
ma siccome nessuno glieli chiede, li
tengono per sé».
Insomma, la scienza non è ancora in grado
di pronunciare una parola definitiva?
«Oggi le tecniche sviluppate nel campo
della biologia molecolare consentono di
vedere molto meglio che cosa succede nel-
l’intimo di un organismo geneticamente
modificato. Pensi che perfino la terapia
genica di cui tanto si parla per curare certe
malattie dell’uomo presenta dei rischi
tuttora imprevedibili. Intendiamoci, la
terapia in molti casi funziona perché
in pratica la scienza ci permette oggi di
sostituire un gene “guasto” con uno sano.
Il fatto è che non si sa esattamente dove
va a finire il gene “nuovo”, e in alcuni casi
tale incognita ha provocato l’insorgere
di tumori nei pazienti. Ora, sulle piante
questo tipo di ricerca non è ancora stata
fatta».
Questo non significa che siano pericolose.
«Infatti. Ma neanche che non lo siano.
Per ora l’unico pericolo reale, quasi
ovvio, è l’uso smodato degli erbicidi
sia come quantità che come tempi di
trattamento a cui vengono sottoposte
queste coltivazioni».
Cioè?
«Un mais geneticamente modificato sviluppa una maggiore resistenza agli erbicidi,
quindi, per aumentarne la resa, può venire
trattato addirittura fino a poco tempo
prima della raccolta con la conseguenza
che le sostanze chimiche non fanno in
tempo a disperdersi e così arrivano più
facilmente nel piatto del consumatore. E
noi sappiamo che i pesticidi non fanno
tanto bene alla salute».
Lei ha sempre dichiarato che le biotecnologie non portano nessun vantaggio
per i consumatori. È sempre di questo
avviso?
«Ne sono più che mai convinto.
Specialmente i consumatori italiani che
non hanno certo bisogno di “migliorare”
la già ricca e qualitativamente alta produzione agroalimentare».
E i coltivatori?
«Dipende. Gli agricoltori americani sono
sovvenzionati dallo Stato se usano sementi
ogm. I contadini poveri dei paesi sottosviluppati invece si suicidano, come accade
in India, perché rovinati dalle coltivazioni
ibride a causa delle quali molte varietà
vegetali locali sono già scomparse. Ma
questo è un altro discorso».
Allora dove sono tutti i vantaggi delle
piante transgeniche?
«I vantaggi “teorici” sono due: maggiore
produttività e minori costi. Solo che, dati
alla mano, l’incremento di produttività
per il mais ogm è stato valutato nell’ordine
dell’1 per cento».
Un po’ poco per giustificare tutti gli investimenti che sono stati fatti in questo
settore.
«Ha detto bene… che sono stati fatti,
perché le imprese non investono più in
nuovi prodotti agricoli ma tendono ormai
a concentrare i loro sforzi sulle due o tre
colture principali. In compenso però fanno un’altra cosa che a me personalmente,
come scienziato, preoccupa molto».
Cosa?
«Stanno provando a ricavare i farmaci dalle
piante geneticamente modificate...».
…Il che non è certo una novità.
«Il problema è che queste piante negli
Stati Uniti sono già in produzione e, senza
bisogno di alcuna autorizzazione, vengono
coltivate in pieno campo con gravi rischi
di contaminazione delle colture tradizionali dalle conseguenze imprevedibili».
Aldo Bassoni
NUOVO CONSUMO
15
RISO AMARO
Il lato oscuro delle biotecnologie.
Il riso è una delle cinque specie fondamentali dell’alimentazione umana.
Soprattutto in Asia, dove due miliardi
di persone al giorno se ne cibano.
Ricco di proteine e di minerali, ne
esistono attualmente 120-140mila varietà. Si coltiva ovunque. Ma anche il
riso ha i suoi nemici: funghi e batteri
ne minacciano la coltivazione in ogni
parte del mondo. La biotecnologia ha
cercato di affrontare il grave problema
delle malattie del riso con l’obiettivo
di migliorarne la resistenza ai batteri.
Si parte con i test, poi, una volta creata la varietà transgenica sarà la scienza
a dirci se vale la pena utilizzarla nelle
colture e nell’alimentazione umana.
Ma intanto pochi mesi fa è stata
pubblicata la sequenza completa del
genoma del riso. Cosa vuol
dire questo? Intanto la
Syngenta ha presentato
richiesta di brevetto
su geni e sequenze
che coprono tutte quelle funzioni
genetiche che si
ritrovano anche
in molte altre
piante. Difficile
credere che lo strumento del brevetto industriale sia il mezzo più
idoneo a far avanzare la scienza
e tutelare la società e i consumatori.
Molti scienziati non lo considerano
affatto un bene per il progresso della
ricerca che da sempre è stata caratterizzata dalla massima circolazione
di informazioni e dati. La maggior
parte delle compagnie biotech non
rivendica diritti sul genoma in sé, ma
piuttosto sulle modifiche genetiche
che intendono migliorare le caratteristiche della pianta per renderla, ad
esempio, resistente ai parassiti o agli
erbicidi. «Questo è esattamente lo
stesso modo con cui i colonizzatori
concessero agli indiani d’America di
tenere le loro terre ma ne rivendica16 NUOVO CONSUMO
vano la proprietà dopo averle occupate», accusa Vandana Shiva, scienziata
e filosofa indiana. Come darle torto.
Se la modifica genetica viene considerata alla stregua di un’invenzione
le industrie finiranno con l’acquisire
diritti su una delle basi fondamentali
della vita: il cibo; e così da un lato i
contadini si indebiteranno per pagare
i diritti sui brevetti delle sementi e
dall’altro, in questo contesto monopolistico, nessuno si opporrà più
a nuove modifiche genetiche che
finiranno per passare come fossero
naturali e necessarie.
In India dal 2000 ad oggi sono stati
registrati più di 40mila suicidi tra i
contadini finiti in miseria dopo la cosiddetta “rivoluzione verde”, anche se
il governo ne ammette “solo”
10mila. Nel villaggio di
Bheemavaram, Stato
dell’Andhra Pradesh,
un contadino di 46
anni s’è ucciso bevendo del pesticida per i troppi
debiti. Ma non
è il solo. Ormai
in India questi episodi avvengono tutti
i giorni, e non fanno
nemmeno più notizia.
Come quell’altro contadino
che si impicca a causa del crollo dei
prezzi agricoli internazionali, mentre
in un’altra regione del paese la polizia
blocca appena in tempo alcuni contadini disperati che stavano per immolarsi
su una pila funeraria. Tutto questo era
sconosciuto in India fino a quando le
multinazionali americane non hanno
imposto i loro carissimi semi – in particolare per la diffusissima coltivazione
del cotone, per di più geneticamente
modificato – costringendo i contadini
a ricomprarli ogni anno per mantenere
gli standard richiesti dal mercato internazionale nonostante il crollo dei prezzi
della materia prima. (A.B.)
da una sperimentazione quando il riso
non aveva ancora superato i test per
la coltivazione commerciale proprio
a causa delle preoccupazioni sulla sua
sicurezza. È un chiaro messaggio per
il comparto risicolo perché una volta
che gli ogm illegali sono entrati nella
filiera alimentare rimuoverli comporta
molto lavoro e molti costi. E purtroppo
questo rischio è drammaticamente reale.
L’attività realizzata nel 2005 dal centro
sperimentale sugli ogm della Regione
Toscana, lo ha confermato in pieno.
Sono stati coltivati tre campi di mais
transgenico a San Piero a Grado (PI),
Alberese (GR) e Cesa (AR). In tutti e
tre i casi è stato confermato quanto già
emerso da precedenti sperimentazioni:
“la possibilità di inquinamento da parte
di una varietà marcatrice posta al centro
di un appezzamento di mais nei confronti di una varietà commerciale”, si
legge nel rapporto scientifico pubblicato
recentemente dall’Agenzia per lo sviluppo
e l’innovazione del settore agricolo-forestale. Ed è un fatto che, nella lotta per
la sopravvivenza che esiste anche nel
regno vegetale, le specie più forti hanno il sopravvento sulle più deboli, con
buona pace della biodiversità. «Stabilire
il raggio di praticabilità di una coltura
transgenica è fondamentale – sostiene
Marcello Buiatti –, ma fare le cosiddette
“regole sulla coesistenza” non è facile poiché la maggior parte delle aziende non
superano i due ettari». Anche secondo
Mazzini, sono ancora molti i dubbi sulla
possibilità di una reale coesistenza tra
coltivazioni tradizionali e ogm nella particolare situazione agronomica italiana.
Per questo le norme sulla coesistenza, di
La merce muta
di Giorgio Nebbia
Tasso alcolico
fatto, ancora non ci sono. In una agricoltura come la nostra fatta in prevalenza
da piccole aziende le contaminazioni
sono facilissime… Insomma, c’è ancora
molto da fare e da studiare. «Non basta
mettere una rete fra un campo e l’altro
per evitare che le colture ogm inquinino
quelle tradizionali o addirittura quelle
biologiche», precisa Mazzini. Dunque,
se gli ogm non possono né ipotecare né
pregiudicare il futuro della nostra agricoltura, si pone il problema dei controlli
su tutto il fronte. E in Italia i controlli
ci sono, ma non bastano. «È necessario,
innanzitutto, rendere l’etichettatura di
origine obbligatoria su tutti i prodotti
alimentari – dice Trefiletti –. Inoltre, è
importante che venga istituita l’Agenzia
nazionale per la sicurezza alimentare in
raccordo con quella europea con sede
a Parma che, ad oggi, non è ancora
operativa.» L’agenzia dovrebbe essere
un ente indipendente, in grado di dare
pareri scientifici in caso di emergenze,
quali quelle derivanti dall’impiego di
ogm nelle diverse filiere alimentari. «Solo
così – precisa Trefiletti – si riuscirebbero a coordinare i controlli su tutto il
territorio nazionale e ad avere anche i
tempi necessari per intervenire in caso
di pandemia».
Per ora comunque la guardia continua
ad essere alta. Ed è meglio non abbassarla. Almeno fino a quando non sarà
dimostrato che gli ogm migliorino la
qualità della nostra alimentazione
senza danneggiare la salute e senza distruggere l’equilibrio di quell’enorme
patrimonio biologico su cui, in ultima
analisi, si è retta la vita della terra e dei
suoi abitanti per milioni di anni.
L’alcol butilico ottenuto da zuccheri, amido o cellulosa può essere miscelato con la benzina o usato
da solo come carburante: un’alternativa al petrolio.
Più volte si è parlato della possibilità,
anzi della necessità urgente, di diminuire i consumi di carburanti derivati
dal petrolio ricorrendo a carburanti
derivati da sottoprodotti e scarti agricoli.
Finora la maggiore attenzione è stata
rivolta all’alcol etilico; adesso si presenta
sul mercato un altro carburante per
autoveicoli di origine agricola, l’alcol
butilico o butanolo o “bio-butanolo”.
L’alcol butilico ha un potere calorifico e
anche un numero di ottano superiori a
quelli dell’alcol etilico ed è privo di alcuni
inconvenienti che l’alcol etilico presenta
quando è miscelato con la benzina.
Già un secolo fa è stato scoperto che uno
speciale batterio, il Clostridum acetobutylicum, trasforma gli zuccheri in una
miscela di alcol butilico e di acetone.
In un primo tempo il processo è stato
impiegato per produrre acetone, ma
successivamente il prodotto principale è
stato l’alcol butilico usato come materia
prima per la produzione della gomma sintetica durante la seconda guerra
mondiale. Attualmente l’alcol butilico è
ottenuto per sintesi dal petrolio ma di recente alcune imprese
sia chimiche sia petrolifere – e questo
è un segno della
preoccupazione che
comincia a circolare
fra i petrolieri per il
loro futuro – hanno
messo a punto un
nuovo processo che
parte, come nel caso
dell’alcol etilico, da
zuccheri, amido, sottoprodotti agricoli
o anche materiali cellulosici forestali, e
fornisce, sempre per fermentazione, una
miscela di alcol butilico e idrogeno. Da
una tonnellata di zuccheri o amido o
cellulosa si ottengono 400 chili di alcol
butilico e 20 chili di idrogeno, una
miscela con un “contenuto energetico”
superiore a quello dell’alcol etilico che si
otterrebbe dalla stessa materia agricola di
partenza. L’alcol butilico carburante può
essere miscelato con la benzina fino al 15
per cento senza modificazioni del motore
e senza inconvenienti, addirittura può
essere usato da solo al posto della benzina
e ha il vantaggio che le emissioni di gas
nell’atmosfera sono inferiori a quelle
della benzina e non contribuiscono
all’effetto serra. La quantità di anidride
carbonica che viene immessa nell’atmosfera durante la fermentazione e durante
la combustione nel motore è, infatti, la
stessa che è stata prelevata dall’atmosfera,
pochi mesi o anni prima, durante la
fotosintesi con l’energia solare, dalle
materie vegetali impiegate per produrre
l’alcol butilico stesso.
NUOVO CONSUMO
17
UNA COOP IN SALUTE
Inaugurati i primi Coop Salute della Capitale e della Toscana. 200 prodotti per un
assortimento che copre circa l’80 per cento delle aree terapeutiche. di Aldo Bassoni
Qualcuno si presenta anche
con la ricetta e il farmacista
gli spiega con garbo che alla
Coop si acquistano solo farmaci da banco, quelli senza
ricetta. I primi giorni di apertura dei Coop Salute negli Iper
di Roma e Livorno succede
anche questo. Ma i soci sanno
bene cosa cercare in questo
nuovo reparto. Lo sanno anche perché
molti di loro hanno firmato la proposta
di legge o la petizione in favore della liberalizzazione della vendita dei farmaci da
banco nei supermercati. «È una vittoria
che ci appartiene», dice una signora in attesa di essere servita tra gli scaffali turchese
che accolgono i clienti. Sono gli angoli
inaugurati il 20 settembre all’IperCoop
di Via Casilina e il 28 settembre all’IperCoop di Livorno. Sia nella Capitale che
in Toscana rappresentano i primi casi di
applicazione del decreto Bersani sulle liberalizzazioni. Ben riconoscibili nei colori
e collocati nella zona Igiene e Bellezza dei
punti vendita, i due Coop Salute offrono
un assortimento di duecento prodotti
tra i farmaci per l’automedicazione, usati per la cura e
la prevenzione di patologie
minori e acquistabili senza
ricetta medica che coprono
circa l’80 per cento delle aree
terapeutiche. I banchi sono
sempre presidiati e assistiti da
farmacisti iscritti all’albo a cui
il cliente deve rivolgersi per
avere il prodotto. I farmacisti assunti sono tre
a Roma e tre a Livorno,
tutte donne giovani e
motivate, selezionate
dalla Cooperativa che
in pochissimi mesi ha
ricevuto centinaia di
curricula provenienti
da tutta Italia. «Questa
apertura soddisfa le richieste dei soci e dei consumatori che lo
scorso inverno hanno firmato la petizione
per questa legge – commenta Marco
Lami, presidente di Unicoop Tirreno –.
In quanto cooperativa, fondata per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie,
crediamo che l’apertura di un mercato
finora eccessivamente protetto vada solo
a vantaggio dei consumatori».
Non c’è quel consumismo farmacologico che qualcuno paventava. In media
ogni acquirente compra 1,5 confezioni
di farmaci e la spesa non supera mediamente i 10 euro a scontrino. A livello
nazionale si conta di arrivare a 150 angoli Coop Salute entro il 2007 e portare
l’assortimento complessivo dell’angolo
I 10 FARMACI PIÙ VENDUTI
1. Voltaren emulgel
2. Tachipirina
3. VivinC
4. Enterogermina
5. Aspirina C (20 cpr)
6. Aspirina C (10 cpr)
7. Moment (12 cpr)
8. Moment (24 cpr)
9. Aspirina (20 cpr 0,5g)
10. Efferalgan
salute a circa mille prodotti (tra farmaci e parafarmaci) offrendo anche
esami diagnostici come la misurazione
della pressione. In fase di realizzazione
anche una campagna di informazione
rivolta a sensibilizzare i consumatori al
corretto uso dei farmaci che si avvale
della consulenza di prestigiosi istituti
di ricerca con la stampa di opuscoli
diffusi nei punti vendita già dalla fine
di questo mese. Quanto ai farmaci a
marchio Coop si dovrà aspettare il 2007:
in questo caso i benefici in termini di
prezzo potrebbero arrivare anche al 50
per cento in meno.
AL VIA LA CAMPAGNA DI
INFORMAZIONE COOP SUL
CORRETTO USO DEI FARMACI
Distribuiti nei primi venti CoopSalute
aperti in altrettanti punti vendita – tra
cui gli IperCoop di Roma e Livorno
– i primi cinque opuscoli informativi.
I contenuti degli opuscoli sono a cura
dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche
“Mario Negri” di Milano,
del Dipartimento di
Medicina e Farmacologia
dell’Università di Messina,
delle Farmacie Comunali
Riunite di Reggio Emilia.
NUOVO CONSUMO
21
CARO AMICO PC
Storia di bambini ricoverati in ospedale e della loro finestra sul mondo chiamata internet.
di Beatrice Ramazzotti
Questa è una storia particolare. Una
storia dove i protagonisti sono bambini
costretti a lunghi periodi di degenza
ospedaliera in reparti di isolamento,
sono i loro familiari e amici che non
possono avvicinarli,
sono medici e infermieri, ingegneri
informatici, tecnici
delle compagnie telefoniche, mamme
lontane migliaia di
chilometri e sindaci
sensibili. Gli autori
della storia vivono
a Roma, si chiamano Bianca Maria e
Lorenzo, madre e figlio quindicenne. Lei
ha perso un figlio,
Lorenzo un fratello
gemello, due anni fa
a causa della leucemia. Con il dolore per
la perdita, la frustrazione dovuta all’impossibilità di comunicare con il bambino
e la forza d’animo di un ragazzino,
Lorenzo e la madre hanno fondato l’associazione I bambini x i bambini e ideato
Un computer per amico, il progetto che
anche Unicoop Tirreno ha sostenuto in
occasione della Notte Bianca di Roma lo
scorso 9 settembre. Consiste nel dotare
i letti dei pazienti di postazioni multimediali – quindi computer, web-cam,
microfono e collegamento internet – in
grado di metterli in contatto con l’esterno e con gli altri pazienti e alleviare per
quanto possibile il trauma del distacco
totale con la realtà al di là di un vetro.
In soli due anni, grazie alla generosità
di tanti e alla sensibilità del Comune
di Roma, il progetto è stato attivato
in tre reparti per un totale di ventisei
postazioni fra Policlinico e Ospedale
San Camillo. Il professore Robin Foà,
direttore dell’Istituto di Ematologia
22 NUOVO CONSUMO
dell’Università “La Sapienza”, è uno dei
protagonisti di questa storia. «Ho accolto
subito con entusiasmo questo progetto
– dice –. Grazie alla tecnologia i bambini
giocano, studiano, comunicano con i
familiari, gli amici,
seguono spettacoli
in diretta, visitano i
musei. L’aiuto psicologico è gigantesco».
Il telefono dell’associazione di Lorenzo
non smette mai di
squillare. La notizia
si è sparsa, ci sono
altri reparti che chiedono le postazioni.
Tra le prossime attivazioni i reparti di
ematologia e oncologia del San Giovanni
Addolorata. “Come
si fa a scegliere?” è la domanda che assilla
Bianca Maria. Una postazione (tra pc
e carrellino speciale) costa intorno ai
2.700 euro. Poi c’è il problema dei cavi,
delle linee telefoniche: cavilli tecnici
che intralciano le buone idee. «Due
anni fa i bambini aspettavano con
ansia un collegamento in diretta col
Campidoglio – racconta il professor
Foà –. La linea saltò nella tristezza
generale. La mattina dopo il sindaco
Veltroni corse al reparto per scusarsi e
salutare i bimbi». Nel reparto del professor Foà il 20 per cento dei bambini
ricoverati è straniero. La maggior parte
arriva accompagnata da un solo genitore.
«C’è un bimbo iracheno arrivato qui
col padre – spiega il primario –. Ogni
sera, grazie alla sua postazione, prima di
addormentarsi può vedere e parlare con
la mamma e i fratelli rimasti in Iraq».
Associazione I bambini x i bambini onlus
Via Filippo Niccolai, 91 - 00136 Roma
Tel. 0635450618; e-mail: [email protected]
SPAZIO VERDE
I punti vendita di Follonica,
Gavorrano, Scarlino interessati dal progetto dei comuni
sugli spazi verdi.
Sensibilizzare i consumatori sui temi
ambientali affinché facciano acquisti
ecosostenibili. Questo l’obiettivo di
GPP in Comune, un’iniziativa promossa dai comuni di Follonica, Gavorrano,
Scarlino che, impegnati da tempo in
attività finalizzate al miglioramento
ambientale e alla sensibilizzazione dei
cittadini sui temi ambientali, hanno
attivato un percorso di applicazione
degli acquisti verdi quale strumento
a disposizione degli enti locali per
promuovere lo sviluppo sostenibile e
orientare il mercato verso l’offerta di
prodotti ecocompatibili. L’iniziativa
dei tre comuni prevede di utilizzare il
momento della spesa, in collaborazione
con Unicoop Tirreno, per informare il
consumatore sull’impatto ambientale
legato al ciclo di vita dei prodotti di
largo consumo e sul significato dei
marchi ecologici di qualità ambientale
fornendo gli strumenti necessari per
scegliere in modo critico un prodotto
anche sulla base di valutazioni legate
alle sue caratteristiche ambientali.
Il 17 e il 18 novembre nei punti
vendita dei tre comuni sarà allestito
un punto di informazione per la
distribuzione di materiale sui marchi
di qualità ecologica dei prodotti e sul
progetto attivato dalle amministrazioni comunali per la promozione
degli acquisti verdi. Una conferenza
stampa aperta ai cittadini il giorno
10 novembre nella sede di uno dei
tre comuni presenterà l’iniziativa.
Info www.e-coop.it
DI QUALITÀ!
Unicoop Tirreno e CittadinanzAttiva
insieme per la sicurezza alimentare.
Informare e rendere consapevoli i soci e
i consumatori sulle problematiche della
sicurezza alimentare. Una “missione
sociale” che Unicoop Tirreno porta avanti
da tempo coinvolgendo in veri e propri
percorsi di educazione al consumo consapevole soci, consumatori, scuole.
I più recenti appuntamenti con le “lezioni” di sicurezza alimentare sono stati
i seminari svolti a Grosseto, Roma,
Livorno, Castello di Cisterna e Terni in
collaborazione con CittadinanzAttiva
che hanno coinvolto, tra settembre e
ottobre, circa 150 soci. Temi come la
qualità dei prodotti Coop, i rapporti
con i fornitori, la garanzia della filiera,
le norme di igiene e sicurezza alimentare
continueranno ad essere proposti ai soci
Coop sempre in collaborazione con
CittadinanzAttiva nel corso di una serie
di presidi in trenta territori durante il
mese di novembre, che avranno appunto
lo scopo di diffondere le conoscenze
in materia di sicurezza alimentare sia
attraverso lo scambio di informazioni
che attraverso l’ascolto delle istanze dei
consumatori.
Per saperne di più A tal proposito, proprio per coinvolgere sempre più i soci
e i consumatori sul tema delle scelte
alimentari, «stiamo predisponendo
dei questionari – dice Alessandro
Fommei, responsabile Politiche di
Integrazione Commerciale di Unicoop
Tirreno – per valutare il livello di
informazione dei soci e dei consumatori sulla tematica in oggetto e
raccogliere suggerimenti e aspettative degli stessi soci e consumatori
su quanto fa Coop sul versante della
sicurezza alimentare». Un progetto
che anticipa la campagna nazionale
su Alimentazione e movimento che
Coop intende sviluppare nel corso del
2007 in collaborazione con l’Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti
e la Nutrizione (Inran) puntando su
un tema di grande attualità, la lotta
all’obesità, in un paese come l’Italia
che registra il più alto tasso di obesi
in Europa. Naturalmente inserendo
il tutto all’interno del più vasto tema
della nutrizione, della qualità degli
alimenti e della qualità della vita.
di Cristina Vaiani
PORTAVALORI ALL’OPERA
A settembre sono partiti i primi presidi dei soci portavalori
nei dieci territori toscani e laziali interessati dalla sperimentazione del progetto C’è tutta la Coop dentro, che consiste nella
realizzazione presso i punti vendita di circa 130 presidi rivolti
a potenziare la partecipazione e a diffondere la conoscenza
degli elementi distintivi dell’attività commerciale di Coop e
dei prodotti a marchio. Gli argomenti trattati tra settembre
a ottobre hanno riguardato l’ortofrutta, l’uva in particolare,
il vino, i formaggi, il pesce, le due campagne nazionali sull’Eco-logico e sul Solidal mentre a novembre sarà la volta della
linea Senza glutine, dell’olio, del vino e del pane e a dicembre
della linea Crescendo, della carne, del pesce e dei piatti tipici.
Pubblichiamo di seguito i presidi di novembre.
10-11 olio/pane super Pietrasanta; olio super San Vincenzo
16-17 olio/pane super e iper Viterbo
17-18 olio/pane/vino super Cerveteri; olio/pane super Colleferro e Pomezia;
pane/olio super Viareggio
21-22 Linea senza glutine iper e super Aprilia
24 NUOVO CONSUMO
DALLE SEZIONI SOCI
Massa Marittima
DIRE, FARE...
Ciclo di incontri culturali gratuiti
organizzati dal Comitato soci di
Massa Marittima presso la sede
del Comitato e del Coro di Santa
Barbara. L’iniziativa che proseguirà fino al 19 dicembre vede la
collaborazione dell’Associazione
Dire Fare, del Comitato soci di
Massa Marittima, della Biblioteca
Comunale “Gaetano Badii”, col
Patrocinio del Comune di Massa
Marittima.
Roma Largo Agosta
MICROONDA
SU MICROONDA
Cucinare bene con il forno a microonde. Ad insegnare I segreti del
microonde ai soci di Roma Largo
Agosta sarà venerdì 10 novembre
alle 16,30 una dietista Coop che,
presso la Libreria Rinascita in viale
Agosta 36, illustrerà i possibili
utilizzi del forno a microonde,
soffermandosi sulle corrette modalità di scongelamento, sui metodi
e le caratteristiche della cottura,
sui materiali idonei suggerendo
anche ricette facilmente realizzabili. Sicurezza alimentare anche
presso il centro anziani di Aprilia
dove il 7 novembre si svolge l’incontro Anziani
con gusto tra gli
ospiti del centro
e una dietista che
darà consigli sulla
corretta nutrizione nella terza età.
Sempre di principi nutritivi e terza età si parlerà il
10 novembre a
Soccavo presso il salone dell’Aias,
mentre altre iniziative sulla sicurezza alimentare avranno luogo ad
Acerra, Castellammare, Nocera e
Casalnuovo di Napoli.
NUMERI TELEFONICI DEI NEGOZI
DEL GRUPPO UNICOOP TIRRENO
TOSCANA
ALBINIA
AVENZA
BAGNO DI GAVORRANO
CALDANA
CAPOLIVERI
CASTIGLIONE DELLA PESCAIA
CECINA
DONORATICO
FOLLONICA
FONTEBLANDA
GAVORRANO
GRILLI
GROSSETO v. Inghilterra
GROSSETO v. Rovetta
GROSSETO v. Ximenes
LIVORNO “Fonti del Corallo”
LIVORNO v. A. Frank
0564.870197
0585.856320-21
0566.844175
0566.81015
0565.935553
0564.934775
0586.686311
0565.773067
0566.264341
0564.885537
0566.844219
0566.88283
0564.452109
0564.491409
0564.25477
0586.432111
0586.860006
LIVORNO v. Mastacchi
0586.404359
LIVORNO v. Settembrini
0586.814485-95
LIVORNO v. Toscana
0586.852245
MARINA DI CAMPO
0565.976266
MASSA MARITTIMA
0566.902012
MASSA
0585.810006
MOLA
0565.957970
MONTEROTONDO
0566.916612
MONTICIANO
0577.756448
MONTIERI
0566.997731
ORBETELLO v. Caduti del Lavoro 0564.865047
ORBETELLO v. Donatori sangue 0564.865157-047
PAGANICO
0564.905098
PIETRASANTA
0584.793655
PIOMBINO p.zza Berlinguer 0565.41521
PIOMBINO v. Gori
0565.220822
PORTO AZZURRO
0565.95101
PORTO ERCOLE
0564.832672
PORTO S.STEFANO via Lambardi
PORTO S.STEFANO via Marconi
PORTOFERRAIO
RIBOLLA
RIO NELL’ELBA
RIOTORTO
ROCCASTRADA
ROCCATEDERIGHI
ROSIGNANO S.
SAN VINCENZO
SASSOFORTINO
SCARLINO SCALO
STICCIANO SCALO
TONFANO
VADA
VENTURINA
VIAREGGIO
0564.817517
0564.814017
0565.930603-16
0564.571219
0565.943364
0565.20838
0564.563714
0564.567023
0586.794310
0565.704317-20
0564.569824
0566.34700
0564.576005
0584.20070
0586.785131
0565.851177
0584.52860
0763.711199
06.92142001
06.9281333
06.9042757
0761.645551
06.9942913
0761.515623
0766.220202
06.97237014
0746.707040
0761.568080
0775.504847
FONTENUOVA
FROSINONE
GENZANO
MONTEFIASCONE
ORTE
POMEZIA
RIGNANO FLAMINIO
ROMA l.go Agosta
ROMA l.go Franchellucci
ROMA v. Bettini
ROMA “Casilino”
ROMA v. Cornelia
ROMA v. Laurentina Km 7
06.90018002
0775.201519
06.93953090
0761.834054
0761.402752
06.91802329
0761.508275
06.2154737
06.40801487
06.87201338
06.235171
06.6242229
06.5020392
ROMA v. Prenestina
RONCIGLIONE
SANT’ORESTE
SORIANO
TARQUINIA
TERRACINA
TUSCANIA
VALLERANO
VELLETRI
VETRALLA
VITERBO “Tuscia”
VITERBO
06.2252045
0761.627007
0761.578760
0761.748479
0766.858577
0773.702944
0761.434580
0761.751310
06.9635362
0761.460003
0761.3951
0761.345573
0763.624063
0744.978437
FABRO
GIOVE
MONTEFRANCO
0763.832196
0744.992432
0744.388635
NARNI
SFERRACAVALLO
0744.726966
0763.341996
CASTELLAMMARE DI STABIA
NOCERA INFERIORE
SOCCAVO
081.8705466
081.929700
081.7678583
SOLOFRA
TEVEROLA “Medi”
0825.532487
081.5000111
LAZIO
ACQUAPENDENTE
APRILIA “Aprilia2”
APRILIA
CAMPAGNANO
CAPRAROLA
CERVETERI
CIVITA CASTELLANA
CIVITAVECCHIA
COLLEFERRO
CONTIGLIANO
FABRICA DI ROMA
FIUGGI
UMBRIA
ALLERONA
AMELIA
CAMPANIA
AFRAGOLA “Le Porte di Napoli” 081.8515111
AVELLINO IperCoop
0825.270411
numero verde 800861081
26 NUOVO CONSUMO
www.e-coop.it
TUTTI
INSIEME
PER
MATTEO
Si moltiplicano le iniziative di Unicoop Tirreno per raccogliere fondi
DALLE SEZIONI SOCI
a sostegno del Progetto Matteo.
Velletri
RIBOLLA In occasione del Ribollino d’oro,
la rassegna canora per bambini organizzata
dal comitato soci di Ribolla col patrocinio
della Provincia di Grosseto e del comune
di Roccastrada, sono stati raccolti fondi a
sostegno dei progetti di solidarietà della cooperativa, dal Progetto Matteo alle adozioni a
distanza. Hanno partecipato un centinaio
di bambini e circa 350 spettatori, mentre
la cifra raccolta ammonta a 750 euro.
Si ringraziano il Presidente della Sezione
soci Est Maremma Francesco Limatola, i
soci Domenica Capolupo, Sandra Ustali,
Sandra Lo Monte, la Maestra Mary, Ornella
Tognarini, Leo dell’Orco e le due anime
del Ribollino d’Oro, Mirello e Ornella, che
hanno seguito i bambini nella preparazione
di Cristina Vaiani
IN CONCERTO Anche Massa Marittima
aiuta Matteo con una cena e un concerto.
Mercoledì 29 novembre alle ore 21 nella
chiesa di S. Agostino a Massa Marittima
si terrà il concerto solidale del Coro S.
Barbara, diretto dal maestro Maurizio
Morgantini al pianoforte insieme al
soprano Antonella Benucci. Musiche
di Haendel, Mozart, Gluck, Frank e
Verdi. Durante la serata le testimonianze
di Luigi Lo Presti, Walter Ulivieri e del
Vescovo Monsignor Giovanni Santucci.
La cena di solidarietà per Matteo avrà
invece luogo sabato 2 dicembre alle ore 20 presso
il Centro Sociale “Grandi”
di Valpiana. Interverrà
Monsignor Andrea Cristiani,
fondatore del Movimento
Shalom. La quota di partecipazione è 15 euro, dare la propria
adesione entro il 28 novembre presso
il Comitato soci di Massa Marittima
(tel. 0566901288) o il supermercato.
Organizzazione a cura del Comitato soci
di Massa Marittima con il Patrocinio
della Provincia di Grosseto, la collaborazione del Comune, della Comunità
Montana Colline Metallifere e della
Diocesi di Massa Marittima-Piombino,
del Coro S. Barbara, del Movimento
Shalom e con il contributo dell’agenzia
di viaggi Farolito Travel di Follonica.
dello spettacolo. Si ringraziano inoltre i
soci e il neo-costituito Comitato Direttivo
della sezione
Est Maremma
che, grazie alle iniziative
realizzate nel
corso dell’anno, hanno
permesso alla
Cooperativa di
raccogliere circa 4.000 euro.
Anche i soci e i dipendenti di Sassofortino
hanno, nel corso di una cena di solidarietà,
raccolto fondi – oltre 1.350 euro – a favore
dell’Avsi e del Progetto Matteo.
PROGETTO MOZAMBICO
Sabato 4 novembre alle ore 20,30
presso il Teatro Aurora di Velletri
serata di solidarietà per raccogliere
fondi in favore del progetto CoopArci in Mozambico. Il Comitato
soci di Velletri, in collaborazione
con la Compagnia Teatrale Già e
non ancora dell’oratorio Don Bosco,
presenta ...E s’a recozzero fora, commedia dialettale in due atti, il cui
ricavato sarà devoluto al Progetto
Mozambico per la scolarizzazione
dei bambini di due Centri aperti per bambini di strada. Biglietti
omaggio per i soci che verseranno
parte dei propri punti a favore del
Progetto Mozambico: ogni 500 punti
versati si ha diritto a un biglietto.
Rivolgersi al comitato soci o al
punto d’ascolto.
Suvereto
COOP IN SAGRA
Si inaugura domenica 3 dicembre la
39° edizione della Sagra di Suvereto
promossa dall’Ente di valorizzazione
di Suvereto per il 3, l’8, il 9 e il 10
dicembre. Martedì 5 dicembre
la Sezione soci di San Vincenzo
e Venturina organizza presso la
sala del Ghibellino una cena di
solidarietà a sostegno del Progetto
Matteo, durante la quale sarà presentato il programma dei percorsi
di turismo responsabile in Burkina
Faso. Il Consiglio Comunale aperto
ai bambini promosso dal Comune
sarà invece l’occasione per presentare il concorso di
scrittura Pari o dispari. Nell’ambito
della sagra, ricca
di spunti enogastronomici, i
soci di Unicoop
Tirreno hanno
diritto a uno sconto su tutte le
degustazioni in programma.
FOTO DI STEFANO FRANCESCHINI - RIBOLLA
Gianni Rivera, consulente per le
Politiche Sportive del Comune di Roma,
darà il calcio di inizio alla partita tra dipendenti dei negozi Coop della Capitale
e personaggi del mondo dello spettacolo,
dello sport e delle istituzioni, mercoledì 15 novembre alle ore 16 presso il
Campo Roma in via Farsalo 21.
Il ricavato dell’iniziativa sarà devoluto
al Progetto Matteo per realizzare in
Burkina Faso corsi di formazione
professionale che permettano alla
popolazione locale di gestire in autonomia i servizi sanitari,
la foresteria e l’attività agricola. L’evento, in collaborazione con il comune di
Roma, si inserisce all’interno di un progetto più
ampio di gemellaggio tra
Roma e Gorom Gorom che vede la
presenza a Roma per alcuni giorni di
una delegazione del Burkina Faso che
assisterà anche alla partita. Lunedì
13 novembre in Campidoglio alla
presenza del sindaco Walter Veltroni
si svolgerà una conferenza stampa di
presentazione dell’iniziativa; martedì
14 la delegazione del Burkina incontrerà i ragazzi di una scuola superiore
di Roma. I biglietti per la partita sono
in vendita presso il punto soci dei
negozi Coop di Roma.
NUOVO CONSUMO
27
PARI O DISPARI
Un concorso di poesia e scrittura per sensibilizzare i bambini
sul tema delle pari opportunità.
Parte a novembre Pari o dispari, il concorso di poesia e scrittura creativa per piccoli
lettori che Unicoop Tirreno rivolge a tutti i bambini di età compresa tra i 6 e gli 11
anni residenti nelle province dove è presente la Cooperativa. Il concorso si ispira
al tema dell’anno europeo 2007 sulle pari opportunità per tutti, i cui temi chiave
sono diritti, rappresentanza, riconoscimento e rispetto. «L’anno europeo costituisce
un’occasione per far sì che il tema della discriminazione sia realmente affrontato,
la diversità celebrata e le pari opportunità promosse», afferma Daniela Raspo,
responsabile Servizi ai soci di Unicoop Tirreno.
«Abbiamo pensato di coinvolgere i bambini, le scuole, i genitori e gli insegnanti
in un tema difficile anche per gli adulti, ma vicino alla realtà quotidiana – continua Raspo – attraverso un concorso letterario, chiamandoli a scrivere le loro
emozioni come fa la mascotte del progetto, un orsetto colorato che scrive. Il titolo
del concorso Racconta perché siamo tutti uguali e tutti diversi pone un problema
che invita i bambini (ma anche tutti noi) a riflettere: uguaglianza e quindi parità
non prescindono dall’unicità. È in questa differenza – conclude Raspo – che
risiede la originalità dei contributi che ognuno può dare alla società».
Per partecipare al concorso basta
scrivere venti versi per la sezione
poesia e 5.400 battute per la sezione narrativa (racconti brevi). I
testi, accompagnati dalla liberatoria firmata dai genitori, saranno
così ammessi alla selezione e al
giudizio della giuria. La selezione
avverrà tra le opere che perverranno
al sito www.librirandagi.coop.it entro il 31 marzo 2007; sul sito è disponibile il
regolamento. Vi invitiamo a seguire su queste pagine e sul nostro sito gli sviluppi
del concorso per continuare a riflettere insieme a noi sulle pari opportunità per
tutti, sulle discriminazioni, per una società più solidale.
UN IPER PREMIO
Ipercoop Tirreno è stato selezionato alla 21° edizione del concorso sulla comunicazione
indetto da ADV, la prima rivista italiana di pubblicità. Ipercoop si è aggiudicata la
Targa d’Argento nella categoria Animazione nel punto vendita con l’evento Da noi
vincono i buoni: una promozione realizzata dall’agenzia pubblicitaria FMA di Roma
che ha coinvolto i sette Iper del Gruppo nell’estate 2005. Durante il periodo della
promozione i clienti, con una spesa di almeno 30 euro, avevano la possibilità di vincere
un buono spesa da 10, 50, 100 o 500 euro. Per le spese superiori c’era la possibilità
di partecipare all’estrazione finale di una Fiat Panda (una per ciascun IperCoop) e
una Fiat Croma (ad estrazione su tutti gli Iper). Soci e clienti però potevano anche
decidere di non spendere i buoni spesa per devolverli ai progetti di solidarietà di
Unicoop Tirreno. Grazie alla generosità di tantissime persone in poco più di un mese
la Cooperativa ha raccolto 55mila euro che sono state donate al reparto di pediatria
dell’ospedale di Koupela in Burkina Faso per la ristrutturazione, la costruzione di
una nuova infermeria e di alcune stanze per il ricovero dei bambini.
28 NUOVO CONSUMO
La vetrina
dei soci
CECINA E LIVORNO
In collaborazione con Slow Food Costa degli
Etruschi e Slow Food Livorno
> Corso sul vino 1° livello riservato ai soci
Coop e Slow Food. Ogni sera degustazione di 5
grandi vini italiani. Ogni partecipante riceverà
la valigetta del degustatore con 6 bicchieri
da degustazione, il libro Conoscere il vino, la
dispensa del Master. Attestato di partecipazione
finale rilasciato da Slow Food
Costo del Master 170 euro
> A Cecina 28 e 30/11, 5-12-14-19/12
Info 0586684929 orario ufficio, 0586630225
(dal lun. al ven. 10-12)
> A Livorno dal 6 nov. all’11 dic. tutti i lunedì
presso il Centro soci Coop in via Settembrini
Info 0586260202-3358252567
LIVORNO
In collaborazione con Slow Food Livorno
> Corso sui formaggi 1° Livello
Ogni sera degustazione di 4 formaggi
Tutti i mar. dal 21 nov. al 12 dic. presso il
Centro soci Coop in via Settembrini
Visita presso un produttore della zona
Ogni partecipante riceverà la dispensa del
Master e il libro Formaggi d’Italia. Attestato di
partecipazione finale rilasciato da Slow Food
Costo del Master 110 euro
Info 0586260202-3358252567
CECINA
> Corso di lingue (base, medio, avanzato) in
collaborazione con il centro Studi L’Arca
Durata 46 ore, 2 volte a settimana
Costo per i soci Coop 240
> Corso di informatica (base, medio, avanzato)
Durata 30 ore, 2 volte a settimana
È disponibile un Pc per studente iscritto
Costo per i soci Coop 120 euro
Info 0586632233, www.centrostudiarca.com
SAN VINCENZO
> Corsi di teatro per adulti
fino al 30 giu. 2007 il lun. con orario 21-23
> Laboratorio di espressione creativa per
bambini dai 6 ai 10 anni
Un incontro settimanale pomeridiano fino
a maggio 2007
Lavoro sul corpo, sulla respirazione e sulle percezioni sensoriali, giochi per lo sviluppo della
comunicazione, ludico/creativi e di espressione
linguistica. Interpretazione di semplici testi o
fiabe
Quota mensile: 40 euro
In collaborazione con l’Associazione culturale
Labirinto Blu
Info 3207025904-3494248396
Salute
A OCCHIO
E CROCE
In agguato gravi patologie della
vista che prevenzione e diagnosi
precoce potrebbero limitare.
di Cristina Vaiani
Al primo lampo o al calar della prima
nebbia correre ai ripari. Occhi puntati
su prevenzione e diagnosi tempestive per riuscire a vederci chiaro in un
paese come l’Italia dove venti milioni
di persone soffrono di difetti alla vista,
circa due milioni sono ipovedenti e
350mila non vedono, il 28 per cento
della popolazione ultrasettantacinquenne è colpita da degenerazione maculare
senile. Colpa di alterazioni oftalmologiche come glaucomi, cataratte, malattie
della retina, dovute alcune all’avanzare
dell’età, altre a familiarità, infezioni e
traumi, che possono limitare l’acutezza
visiva in maniera più o meno grave.
Insomma non solo problemi di vista ma
difficoltà di visione, a causa delle quali
può risultare difficile leggere, scrivere,
distinguere, in una parola: ipovedenza
o inabilità alla visione.
In prima
VISIONE
Gli occhi sono delicati, soggetti a
cambiamenti anche repentini e a volte
influenzati da una serie di possibili
problemi in altre zone dell’organismo.
Mai come in questo caso prevenire è
meglio che curare perché la maggior
parte delle patologie oculari sono
degenerative con disturbi iniziali
spesso poco significativi per le quali
non sempre le cure sono risolutive.
È consigliabile sottoporsi a visita
oculistica a scadenze determinate in
base all’età e alla familiarità con certe
malattie come il glaucoma, la retinopatia diabetica (la più grave causa
di cecità), l’ipertensione oculare, e
assolutamente ai primi “abbagli”, che
siano flash, annebbiamenti, difficoltà
visive.
«Malattie asintomatiche almeno nella
fase iniziale come il glaucoma devono
essere diagnosticate per tempo altrimenti possono portare alla cecità senza
che il paziente nemmeno se ne accorga», afferma Carlo Sborgia, direttore
della Clinica oculistica dell’Università
di Bari. In Italia oltre un milione di
persone soffrono di glaucoma e circa
un terzo non lo sa: l’esordio è infatti
asintomatico con un’incidenza maggiore dopo i 40 anni. Potrebbe sviluppare
glaucoma chi soffre di ipertensione
oculare, è pertanto fondamentale
«controllare la pressione oculare cominciando intorno ai 40 anni – consiglia Sborgia –, prima i soggetti con
familiarità per glaucoma».
NUOVO CONSUMO
31
NON VEDO INFERNO
e provvedo
Importante la prevenzione anche per
le malattie degenerative legate all’età,
come la maculopatia e la cataratta.
«Tra le patologie oculari che riscuotono il maggior interesse a livello
scientifico e congressuale, prima causa
di ipovisione nei paesi industrializzati,
vi è la maculopatia o degenerazione
maculare senile – riferisce Sborgia
–, che interessa il 28-30 per cento
della popolazione oltre i 70 anni di
età ed è in preoccupante aumento
proprio a causa dell’allungamento
della vita media». È caratterizzata
dalla proliferazione di vasi anomali al
di sotto della retina che, crescendo in
maniera irregolare e con pareti molto
fragili, provocano emorragie a livello
della macula, la parte dell’occhio che
permette la visione distinta; quando
questa si ammala l’acuità visiva può
essere seriamente compromessa. Le
maculopatie possono essere di due
tipi: la forma secca su cui si può
agire in maniera preventiva con fattori dietetici e integratori e la forma
umida per cui si ricorre alla terapia
fotodinamica. «Si sono dimostrate
inoltre molto efficaci le terapie a
base di sostanze antiangiogeniche
che, iniettate nell’occhio con punture
intravitreali in ambiente sterile, bloccano il proliferare di vasi sanguigni
patologici», aggiunge Sborgia. Alla
prima comparsa di lampi, macchie
scure, annebbiamento della vista rivolgersi all’oculista perché la degenerazione
è progressiva: si comincia a
vedere le immagini in maniera distorta mentre, a mano a
mano che la malattia progredisce, si forma una macchia
al centro del campo visivo.
Dopo i 65 anni sottoporsi a
visita oculistica accurata una
volta all’anno.
32 NUOVO CONSUMO
di cristallino
Altra malattia legata all’invecchiamento, fortemente invalidante oltreché assai diffusa tra gli ultrasessantenni, è la cataratta, l’opacamento
del cristallino, la lente che sta dietro
l’iride e serve a mettere a fuoco le
immagini sulla retina. «L’intervento
di correzione della cataratta consiste
nell’impianto di particolari cristallini artificiali – spiega Sborgia – che
possono far vedere bene da lontano o
da vicino, a seconda della scelta fatta
dal paziente prima dell’operazione.
Con il cristallino multifocale si ha
addirittura la possibilità di vedere
bene sia da vicino che da lontano
evitando l’uso degli occhiali».
Andando avanti con l’età anche il
vitreo – sostanza che riempie la cavità
interna dell’occhio – va incontro a
processi degenerativi fisiologici.
«È consigliabile sottoporsi a un controllo oftalmoscopico dall’oculista
per vedere se il distacco del vitreo si
accompagna ad alterazioni retiniche
– raccomanda Sborgia –. I disturbi comunque tendono progressivamente a
sparire». Attenzione infine ai flash e alle
macchioline nere che potrebbero essere
segnali di sofferenza retinica. Il distacco della retina è improvviso: valutare
per tempo le eventuali predisposizioni
che possono essere la miopia intorno
alle 7-8 diottrie, traumi, interventi di
cataratta, età avanzata.
UNO SGUARDO AL FUTURO
Speranze per gli occhi dalle cellule staminali.
Grandi speranze sono riposte dal mondo scientifico nelle cellule staminali,
potenzialmente capaci di riprodursi e
rinnovare tutti i tessuti dell’organismo,
occhi compresi. Anche se i tempi non
sono ancora maturi.
«Tranne piccoli impieghi sulla superficie oculare per tutto il resto – interventi
sulla retina e il nervo ottico – siamo
ancora molto lontani dall’applicazione
clinica – commenta il professor Carlo
Sborgia –. Con l’“avvento clinico” delle
cellule staminali si potrà forse un giorno dare risposte risolutive alle più gravi
patologie oculari, dalla degenerazione
tappeto retinica che colpisce i fotorecettori della retina alla retinite pigmentosa
che può provocare cecità completa
anche in soggetti giovani». Per adesso
l’utilizzo delle staminali è limitato agli
interventi di ricostituzione del tessuto
al confine tra cornea e congiuntiva danneggiato da traumi o infezioni, prima
di procedere al trapianto di cornea.
Si preleva un minimo di staminali
dall’occhio sano del paziente, si fanno
proliferare su un terreno di coltura in
laboratorio e si reinseriscono nel tessuto
oculare prima del trapianto. Questa
operazione serve a preparare un terreno
fertile per la nuova cornea che, in
mancanza del tessuto rigenerato,
potrebbe opacizzarsi dopo pochi
mesi dall’impianto.
Sempre nel campo delle terapie,
buoni risultati si ottengono dalla
chirurgia vitreoretinica nel distacco di retina e dalla terapia laser che
può evitare il distacco della retina
nella microangiopatia diabetica
– che colpisce quasi tutti i pazienti
affetti da diabete – diagnosticata
per tempo.
Sani & salvi
Alimenti
stupefacenti
Fame nervosa uguale tossicodipendenza. Il cervello
di chi si abbuffa in modo
compulsivo “ragiona” come quello di un consumatore di cocaina. Scoperta
fatta da un gruppo di ricercatori americani che,
dopo aver individuato le
aree del cervello coinvolte
nel desiderio smisurato di
cibo – la corteccia orbito-frontale, lo
striato e l’ippocampo –, si sono accorti
che sono le stesse che costringono i
tossicodipendenti ad assumere droga.
Colpo di fulmine
Basta un decimo di secondo per farsi
un’idea di chi ci sta di fronte anche solo
osservando i tratti somatici del volto. Se
ci piace, se ci attrae, se ci sembra leale
o se è meglio mantenere le distanze.
Insomma gli scienziati non fanno che
confermare che la prima impressione è
sempre quella giusta!
Portami a ballare
Salsa, rock & roll, danze caraibiche, cha
cha cha. L’invito ai cardiopatici a buttarsi in pista arriva dall’ultimo Congresso
Mondiale di Cardiologia, dove è stato
presentato uno studio messicano che
dimostra come la danza e il ballo arrechino maggiori benefici di una cyclette
o dell’aerobica alla qualità della vita dei
pazienti con malattie di cuore.
ABCibo
di Eugenio Del Toma
Indice di gradimento
Pasta o riso: quale scelta è preferibile
per i diabetici e gli obesi?
L’indice glicemico non è altro che la
diversa risposta insulinica provocata dalla digestione di cibi ricchi di
carboidrati per rendere equivalente
il totale di carboidrati assunti con
ciascun alimento.
Un tempo il medico si limitava a raccomandare ai diabetici soltanto il rispetto
delle equivalenze ricavate dalle tabelle di
composizione degli alimenti. Ad esempio, si permetteva lo scambio di 100 g
di pasta o di riso con circa 120 g di pane,
oppure con 140-150 g di legumi o con
400 g di patate. Nelle quantità citate si
ingerirebbe una quantità di carboidrati
più o meno simile (circa 75-80 g) ed è
altrettanto vero che dopo la digestione,
qualunque sia stata la fonte alimentare,
entra nel sangue (ma con velocità diversa!) un’analoga quantità di glucosio.
Bisogna precisare, però, che gli studi più
recenti hanno dimostrato che il riso o
il pane innalzano la glicemia più della
pasta o dei legumi, pur nel rispetto delle
equivalenze di cui si
è detto.
La spiegazione sta
nel fatto che il tipo
di amido e una serie di fattori tecnologici (ma soprattutto la qualità e la
quantità delle fibre
vegetali) rendono
più rapido o più
lento il lavoro dell’esercito di enzimi
intestinali addetti
alla demolizione
dell’amido. Il risultato finale è che il
glucosio, derivato dal riso, dal pane o
dalle patate, arriverà come una grande
ondata nel sangue costringendo il
pancreas a produrre quantità esagerate di insulina: ormone essenziale
per l’utilizzazione e lo stivaggio del
glucosio.
Se ipotizziamo uguale a 100 l’indice
glicemico del pane bianco si è visto
che per le patate l’indice è 118, per
il riso 81, per la pasta 64, per i legumi da 37 a 49. Quindi, non solo
ai diabetici ma anche ai tanti obesi
che producono quantità eccessive di
insulina sono consigliabili gli alimenti
a più basso indice glicemico.
Inoltre, nel corso di un pasto ricco
di verdure, o comunque di fibre,
l’assorbimento viene rallentato anche
per i cibi a più alto indice glicemico:
accompagnare quindi i pasti con le
verdure o non dimenticare i legumi e
il classico minestrone italiano.
NUOVO CONSUMO
33
DOSSIER / call center
Piange il
telefono
Buste paga troppo leggere
– quando ci sono –, orari disagevoli,
scarse prospettive per il futuro.
Viaggio nel mondo dei call center dove massima
è la disponibilità dei lavoratori, pochi i diritti. E purtroppo la maggior parte sono giovani. di Rita Nannelli
«Buongiorno sono Michela, in cosa
posso aiutala?»... Ma a Michela che
risponde ogni giorno alle chiamate di
gente arrabbiata o disorientata, per un
salario da fame, con contratto precario,
ma controllata a vista dal capo anche
nella pausa caffè – quando ha il tempo
di farla – chi l’aiuta? Michela ci racconta
che ha lavorato negli ultimi due mesi in
un piccolo call center, un lavoro parttime all’interno di un appartamento,
come tanti. Prima un colloquio, poi la
firma di un apparente contratto di tipo
occasionale. I primi dieci giorni sono di
prova e viene pagata 5 euro ogni volta
che un consulente-venditore riesce a
chiudere un contratto attraverso un
appuntamento preso da lei. In pratica
ha regalato dieci giorni della sua vita a
questa società con la speranza di essere
confermata e iniziare una collaborazione
con un fisso orario. Ma a pieno regime di
contratto nemmeno l’ombra. Quando,
NUOVO CONSUMO
35
GLOSSARIO
PUNTO DI CONTATTO
Call center Risale al 1968 il primo call center, quando un giudice americano, su richiesta di un’associazione di consumatori, obbligò la Ford a
istituire una linea telefonica gratuita per facilitare le chiamate di reclamo.
Oggi il call center è un’organizzazione che svolge, all’interno di aziende ed
enti o all’esterno, ma per loro conto, servizi specializzati di relazione con
clienti e utenti mediante telefono o altri media (fax, e-mail, internet). I
centri di chiamata si suddividono in due grandi categorie: in house quando
il centro si trova all’interno dell’azienda e in outsourcing, quando il lavoro
di assistenza viene svolto all’esterno. I servizi forniti possono a loro volta
essere in-bound, cioè erogati al momento del ricevimento delle chiamate
– customer care, cioè cura del cliente, e assistenza tecnica – e out-bound ossia
forniti chiamando verso l’esterno (telemarketing, promozioni ecc.).
dopo due mesi di lavoro senza aver visto
un euro, formula una richiesta scritta
per avere un contratto regolare, viene
licenziata senza una reale motivazione.
Una storia di ordinaria precarietà isolata
o una delle tante che hanno come protagonisti giovani di ogni parte d’Italia?
«Mi sono appena laureata e ho firmato
un contratto a progetto in un’azienda di
telemarketing della mia città – dice delusa
A.S.–. Nel contratto non ci sono vincoli
d’orario, anche perché sono pagata a
provvigione, senza nessun fisso; ma se
lavori meno, allora ti affidano meno
pratiche e ti fanno capire che è meglio
firmare le dimissioni». C’è anche M.P.:
«Ho un contratto a progetto, ma dov’è
36 NUOVO CONSUMO
il progetto? Se non te ne vai dopo pochi
mesi il contratto ti viene riconfermato
alla scadenza, senza alcuna possibilità
di evoluzione».
Una vita da
PRECARIO
I numeri di una recente indagine Cgil
parlano chiaro: i lavoratori dei call center
sono per lo più donne per metà giovani
e per l’altra con età compresa tra i 30 e
i 40 anni con titolo di studio alto (75
per cento diploma, 20 laurea, 5 licenza
media); oltre la metà non ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato: il
20 un contratto a termine, dal tempo
determinato al lavoro interinale, il 34,5
un contratto di lavoro parasubordinato
(progetto, con partita Iva, occasionale);
la paga oraria oscilla tra i 5 e i 7 euro. A
pesare sono soprattutto la ripetitività,
la mancanza di prospettive, lo scarso
rispetto della dignità come lavoratore o
lavoratrice. Infatti tra coloro che hanno
un contratto di lavoro a termine l’80 per
cento spera di essere assunto, ma il 34
per cento di questi ritiene che non vi
siano le condizioni. E solo uno su dieci
dichiara di aver deciso la sua condizione
“provvisoria”.
Dura e senza mezzi termini è l’analisi di
Enrico Finzi, sociologo e presidente di
Astra Ricerche: «Il call center è oggi una
delle due modalità di sfruttamento del
lavoro, soprattutto giovanile. Una è la
delocalizzazione delle imprese: si va a
investire nei paesi dove il lavoro è sfruttabile, l’ambiente inquinabile ecc. perché
non ci sono leggi a tutela dei lavoratori,
quelle insomma che rendono, malgrado limiti e burocratismi, l’Occidente
avanzato. L’altra è sottrarre alle regole
una massa crescente di lavoratori con lo
GLI INCERTI
del mestiere
UN BEL PROGETTO...
Che cos’è il contratto a progetto, almeno sulla carta.
Il collaboratore a progetto (co.pro.) per
essere tale deve svolgere la sua attività in
base al progetto o programma di lavoro
assegnatogli dal committente, ma può
gestirla autonomamente. Inoltre, a differenza del lavoro dipendente, il committente non deve esercitare su di lui il potere
direttivo e il potere disciplinare.
Nella collaborazione a progetto, introdotta dalla legge 30/03, la differenza
dunque con il lavoro autonomo consiste
nel fatto che il collaboratore agisce in
modo prevalentemente personale, in
assenza di rischio economico, senza
mezzi organizzati d’impresa e in funzione del risultato da raggiungere. La
legge indica anche che il collaboratore a
progetto non è un lavoratore dipendente
e che perciò non deve essere sottoposto
a vincoli di subordinazione.
La successiva circolare del Ministero del
Lavoro 1/04 ha sancito però che l’autonomia del collaboratore a progetto deve
necessariamente essere compatibile con
le possibili richieste del committente di
coordinamento con la propria attività. Di
fatto, quindi, l’autonomia del collaboratore nello svolgimento della prestazione
lavorativa viene indebolita e vengono
rafforzati i vincoli dell’orario e del coordinamento funzionale all’organizzazione
dell’impresa. La principale novità introdotta dalla legge 30/03 è che i contratti a
progetto devono contenere l’indicazione
di uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal
datore di lavoro, in base ai quali saranno
stipulati i contratti individuali di lavoro.
Qualora manchi questo riferimento, la
legge stabilisce che il giudice può considerare il contratto a progetto “lavoro
subordinato a tempo indeterminato”, sin
dalla data della sua costituzione (circolare
ministero del Lavoro 1/04).
Norme di riferimento: la legge 30/03
e il conseguente decreto applicativo 276/03 (articoli da 61 a 69) e
l’art. 409 del Titolo III del codice di
procedura civile; la legge di riforma
previdenziale 335/95 con le successive modifiche e, in materia fiscale,
il Testo unico delle imposte dirette
unitamente alla legge 342/00 che
interviene in materia di assimilazione
fiscale al lavoro dipendente.
Gli fa eco Filomena Trizio, segretario
generale Nidil-Cgil: «C’è nei call center
una catena della precarietà che non va
bene: giovani con un livello medio-alto
di scolarizzazione appesi a contratti a
progetto reiterati a oltranza. Si tratta
di migliaia di lavoratori con orari fissi,
impegnati per tutta la giornata, ma senza
tutele e con salari bassissimi. Un uso improprio dei contratti a progetto – che in
realtà non riguarda solo i centri di chiamata – dovuto al fatto che all’azienda un
lavoratore a progetto costa meno di uno
dipendente. La situazione è comunque
molto variabile: si va
dalla società Atesia
– di recente agli
onori della cronaca Sono oltre 400mila le persone che lavorano nei call center.
per un’indagine con- La popolazione dei call center italiani è cresciuta negli ultimi 5 anni con
dotta dall’Ispettora- un ritmo del 20-25 per cento annuo.
to del lavoro che ha
imposto alla società I telefonisti sono per lo più donne, metà sotto i 29 anni e l’altra
tra i 30 e i 40 anni con solo il 13 per cento sopra i 40; titolo di
di assumere 3.200
studio alto – 20 per cento laurea –; più della metà precari:
lavoratori a progetto il 20 per cento ha un contratto di lavoro a termine dal
(ad oggi la società tempo determinato al lavoro interinale; il 34,5 ha un
è in fase di ricorso) contratto di lavoro parasubordinato (a progetto,
– in cui i lavoratori con partita Iva, occasionale ecc.).
precari rappresentaTra i 5 e i 7 euro oscilla la paga oraria degli operatori in cuffia.
no quasi il 100 per
Il 40 per cento considera molto deludente la sua retribuzione.
cento ad aziende più
Il 66,7 per cento di quelli che lavorano “alla cornetta” – 7 su 10 – pensano
equilibrate».
A difendere l’opera- di non avere possibilità di crescita professionale all’interno dell’azienda.
APPESI A UN FILO
NUOVO CONSUMO
37
DOSSIER
sviluppo del lavoro nero, lo sfruttamento
della forza lavoro immigrata e precarizzando il lavoro giovanile, sfruttandolo,
sottopagandolo, impedendo alla parte
migliore della società di vivere degnamente il presente e di fare progetti per il
futuro. Sfruttamento del lavoro, perché
di questo si tratta, uguale arretramento
di civiltà, che non è espressione generica
ma significa che il giovane Rossi non
può prendere un mutuo per comprarsi
la casa, la famiglia Bianchi mantenere i
figli, l’anziana Olivoni arrivare in fondo
al mese».
DOSSIER
to dei call center ci pensa Assocontact
(Associazione nazionale dei contact center
in Outsourcing). «Al di là degli stereotipi
sul settore, nei call center italiani esistono
anche situazioni di eccellenza, dove le
persone sono impiegate correttamente,
dove esistono accordi sindacali; non
dimentichiamo che quasi il 30 per cento
degli addetti del settore sono assunti a
tempo indeterminato – precisa il presidente Umberto Costamagna –. Se
ci sono call center che non rispettano le
regole, che accettano lavori sotto costo
ribaltando tutte le conseguenze solo sui
lavoratori, ebbene, come associazione
diciamo chiaro e forte che queste realtà
non solo sono fuori dell’associazione
ma sono “contro” l’associazione e il
mercato. Comunque i call center sono
solo la punta dell’iceberg di un problema
di ricorso a prestazioni precarie ben
più diffuso: i dati del Censis ci dicono
che il 10 per cento dei lavoratori della
pubblica amministrazione è precario,
nella pubblica istruzione si arriva al 20. Il
nostro settore, che in questi anni di crisi
generale ha comunque svolto una funzione sociale continuando a impiegare
giovani e donne, in particolare nelle aree
più depresse come il Mezzogiorno, non
ha bisogno di precarietà. Ha bisogno di
flessibilità, anzi di buona flessibilità».
CORNETTE
calde
Eppure M.P. continua a lavorare per
cinque euro scarsi l’ora in una stanza
piena zeppa di altri come lui, col rischio
di essere mandato via da un momento
all’altro se non riesce a rifilare a qualcuno un abbonamento. Sarà l’ora di
cominciare a fare qualcosa? «Il problema
è duplice: potenziare le attività ispettive,
ma anche modificare le norme – riprende Trizio –. La Cgil ha posto con forza il
problema sottolineando la necessità di
intervenire a livello normativo, a partire
dal Codice Civile per equiparare i diritti
38 NUOVO CONSUMO
IL MONDO
DEVE SAPERE
Camilla lavora un mese in un call center
e deve convincere le casalinghe a provare un aspirapolvere portentoso. Ma il
suo impegno principale è osservare un
perverso meccanismo aziendale in cui i
telefonisti mentono ai clienti, i “kapò’”
ai telefonisti e ai venditori e i clienti a se
stessi. Il mondo deve sapere della giovane
scrittrice Michela Murgia è una tragicommedia ben scritta
sulla vita di una telefonista precaria in un
call center. Leggendo
questo romanzo-inchiesta, esilarante come
una sitcom televisiva,
si ride, ci si sente più
vicini alle tante Camille
in circolazione... e soprattutto ci si arrabbia
parecchio.
MICHELA MURGIA Il mondo deve sapere
Isbn edizioni, pagine 123, 10 euro
di lavoratori che fanno lo stesso lavoro,
di riequilibrare il costo del lavoro (togliendo alle aziende la tentazione di fare
contratti precari perché più convenienti),
di aumentare il livello contributivo, di
far crescere la tutela assistenziale, di
aumentare i salari anche per avere una
pensione decente».
Insomma regole e qualità non dovrebbero essere le parole d’ordine dei call
center considerando che gestiscono la
risorsa forse più preziosa per le aziende:
il rapporto con i propri clienti, utenti o cittadini? Risponde Costamagna:
«Sì, per essere veri professionisti della
relazione occorre puntare sulla qualità
e sulle regole. Questo settore deve fare
un passo deciso verso una sempre maggiore “professionalizzazione”, deve darsi
regole comuni che frenino la triste gara
al ribasso che ha contaminato il nostro
mercato in questi ultimi anni e che
garantiscano lo sviluppo senza perdere
di vista l’esigenza di flessibilità. Per
fare questo occorre sedersi attorno
a un tavolo e cominciare a pensare a regole nuove, a un cammino
condiviso di crescita: più che un
obiettivo si tratta di una sfida che
lanciamo al governo e alle organizzazioni sindacali. Qualche passo
avanti in questa direzione sta cominciando a muoversi». E poi una
considerazione solo all’apparenza
scontata: «Se tratti bene un lavoratore, questo produce di più – sottolinea
Finzi –: la motivazione e l’attaccamento
all’azienda aumentano concretamente la
produttività. Purtroppo non è difficile
immaginarsi quanto siano motivati tutti
questi giovani...».
Così se dopo pranzo, magari quando vi
prendete due minuti di riposo sul divano, qualcuno vi telefona proponendovi
offerte imperdibili, tariffe telefoniche
stracciate, un elettrodomestico dai poteri
miracolosi, non infuriatevi. Pensate che
dall’altra parte della cornetta c’è qualcuno che non se la passa bene.
PRONTO COOP?
Irene, Daniela e Silvia rispondono alle
chiamate di soci e consumatori, raccolgono lettere, e-mail, schede cartacee con
suggerimenti, richieste di informazioni,
reclami, complimenti. Circa ottocento segnalazioni che arrivano ogni mese
al call center di Unicoop Tirreno a cui
Irene, Daniela e Silvia cercano di dare
risposte esaurienti “in diretta”, quando
è possibile, «altrimenti ci attiviamo per
risolvere i problemi di chi si rivolge a noi
impegnandoci a richiamare non appena
abbiamo tutte le informazioni necessarie.
E il fatto di essere all’interno dell’azienda
rende il nostro lavoro
più semplice», dice
Daniela seduta alla
scrivania, telefono da
un lato, computer di
fronte e attaccato sul
muro un foglio con
una scritta che da sola
dice tutto dello spirito
di questo call center: “i problemi hanno
tutti una soluzione altrimenti non sarebbero problemi ma catastrofi”.
Un punto d’ascolto in cui «si fa tesoro delle
segnalazioni per orientarsi sempre di più
al miglioramento del servizio al consumatore. Per questo puntiamo, fra l’altro,
sull’aggiornamento e sulla formazione
delle nostre operatrici», spiega Marco
Monetti, responsabile Area Ascolto e
Innovazione Servizi. Soprattutto dunque
la cura del cliente «per il quale siamo quasi
una voce amica – afferma con soddisfazione Irene –. Ci chiedono per lo più
informazioni (62 per cento), indirizzi e
orari di apertura dei negozi, attività rivolte
ai soci, ma ci danno anche suggerimenti
preziosi sull’inserimento di nuovi prodotti
e servizi. Non mancano i reclami (35 per
cento) per esempio sul catalogo, sulla
mancanza di prodotti al punto vendita o
sul mancato recapito di Nuovo Consumo.
Ma spesso si congratulano con noi per la
gentilezza e la cortesia del personale e per
il livello del servizio».
Cuffietta all’orecchio e penna alla mano
Silvia continua a lavorare... un socio al
telefono vuole lei e solo lei «succede a
ognuna di noi di essere reclamata da chi
è dall’altra parte del filo. Un segno, credo,
di quanto ci prendiamo a cuore i problemi dei nostri soci e consumatori».
Controcanto
di Tito Cortese
Contro l’agonia
A proposito di eutanasia: lasciamo libera
scelta di mettere fine alla sofferenza.
La morte è inevitabile, lo si sa fin
dalla nascita. L’agonia che la precede,
invece, non è sempre inevitabile: ma
troppo spesso ci si arrende impotenti
a questa liturgia inutile e crudele,
molto crudele, che accompagna la
fine. Come se non ci fosse niente da
fare. Invece non è così.
Di recente si è tornati a parlare, anche
in Italia, di eutanasia, di testamento
biologico, di rifiuto dell’accanimento
terapeutico: cose molto diverse l’una
dall’altra, ma che hanno tutte a che
fare col tema doloroso dell’agonia.
Sono stati invocati interventi normativi che affrontino in termini di ragionevolezza e di pietà questi temi.
Non si può certo abolire per legge
l’agonia, come si è fatto da tempo
per la tortura (che pure si continua a
praticare in tanta parte del mondo).
Si può tuttavia evitare che la legge
impedisca di sottrarsi all’agonia,
che con la tortura ha molti tratti
in comune. Si
può, purché si
abbia piena consapevolezza delle
dimensioni del
fenomeno.
Il dibattito, pure
appassionato e
serio, di queste
settimane, si riferisce a casi limite,
che commuovono
l’opinione pubblica per la loro
vistosa dramma-
ticità: persone ridotte da anni allo
stato vegetativo, persone coscienti ma
condannate a un irreversibile percorso
di immane difficoltà... “Staccare la
spina”, consentire la libera scelta di
porre fine a tutto ciò: di questo si
discute, attualmente.
Ma l’agonia non è un caso limite,
è un dato comune. Non investe
poche persone, colpite da patologie
infrequenti o da traumi eccezionali:
riguarda il destino della maggior
parte di noi. Per alcuni aspetti è, ai
nostri giorni, un risultato stesso del
progresso, dell’avanzamento della
scienza medica, che, senza poter impedire la morte, ha tuttavia acquisito
grande efficacia nel contrastarla e
nel ritardarla.
Si muore male, anche nei migliori
ospedali, tra sofferenze atroci. Dico
solo di dare, a chi lo voglia, la possibilità di evitarle, anche quando non
ci sono spine da staccare.
NUOVO CONSUMO
39
Guida
all’acquisto
PIAZZA PULITA
Tra centinaia di detergenti e antibatterici alla ricerca di
quello giusto per una casa davvero pulita. di Roberto Minniti
Una casa completamente asettica quasi
fosse la sala chirurgica di un buon ospedale. A giudicare dalla pubblicità, gli
italiani sembrano essere diventati tanto
maniaci della pulizia da aspirare per
pavimenti, mura, piastrelle e bagno alla
sterilità completa. Un sogno ben compreso dagli industriali che, prima negli
Stati Uniti e ora nel resto del mondo
“ricco”, hanno lanciato linee di detergenti che puntano proprio sul potere
disinfettante.
Proprio negli Usa, solo nel periodo
tra il 1997 e il 1999, le aziende del
settore hanno lanciato non meno
di settecento prodotti diversi per la
pulizia domestica, etichettati come
antibatterici. Una smania che dilaga
anche da noi attraverso etichette che
declamano l’azione battericida di
saponi, creme e polveri per la casa.
Insomma, rispetto a qualche anno fa,
quando bastavano due o tre prodotti,
per lo più in confezioni sufficientemente capienti, e si aveva tutto il
necessario per la pulizia della casa,
oggi per raccapezzarsi nella scelta del
sapone ci vuole un manuale.
Ad alto
RISCHIO
E se i disinfettanti utilizzati per l’igiene
domestica, oltre che inefficaci, dovessero rivelarsi addirittura dannosi, tanto
da produrre effetti peggiori di quelli che
vogliono evitare? L’ipotesi allarmante,
lanciata qualche anno fa da due riviste
prestigiose concorrenti, lo Scientific
American e il New Scientist, ha messo
sotto accusa due tra gli ingredienti più
diffusi nei detergenti: il triclosan e il
cloruro di benzalconio.
Il sospetto, emerso per ora solo nelle
prove di laboratorio e per fortuna non
ancora verificato fuori dalle situazioni
sperimentali, è pesante: l’uso massiccio
e costante di questi antibatterici potrebbe portare alla creazione di microbi
resistenti, persino con più facilità di
quanto è già stato provato per alcuni
antibiotici. I ricercatori, in particolare,
nel tentativo di ispezionare la reale efficacia di un prodotto per pavimenti,
hanno verificato un inaspettato sviluppo
di organismi del tipo Escherichia coli in
grado di resistere fino a otto volte di più a
due antibiotici molto noti, la tetraciclina
e l’ampicillina.
I formulati finiti in questi prodotti esclusivamente per ragioni di marketing, in
realtà sono nati per tutt’altra funzione. I
disinfettanti, infatti, sono stati inizialmente concepiti per usi ospedalieri, inseriti nei
saponi preoperatori e nei detergenti per
le sale operatorie per evitare che i pazienti
con sistema immunitario depresso sviluppassero infezioni. In quelle condizioni,
concordano gli epidemiologi, avevano e
hanno ancora un senso. Nell’ambiente
domestico, invece, modificano l’equilibrio microbiologico (a cui siamo abituati
e che è familiare anche al nostro sistema
immunitario). In pratica, sterilizzando
l’ambiente e alterando la normale competizione tra batteri, potremmo favorire
lo sviluppo di microrganismi più dannosi
per la nostra salute.
Quale sapone, dunque, utilizzare per
i diversi ambienti della casa? In molti
sostengono che il ritorno al passato
del detergente “buono per tutti gli usi”
potrebbe essere l’idea migliore, tanto
per i risultati che per le nostre finanze.
Vediamone, dunque, pregi e difetti.
NUOVO CONSUMO
41
Prodotti a confronto
Tutto in un
FLACONE
Sono stati i protagonisti del mercato
della detergenza per molti anni. Si
tratta delle formule liquide o in gel
che promettono di essere ugualmente
efficaci sui pavimenti come sulle superfici della cucina, sui sanitari come
sui vetri. E, in generale, sono anche i
saponi per la casa più economici, dato
che vengono offerti normalmente
in confezioni grandi (750 ml o 1 l),
quindi più convenienti.
Mantengono davvero tutto quello che
dichiarano? In definitiva sì, anche se
è opportuno fare alcune distinzioni
tra i possibili usi.
Sui pavimenti, al di là delle promesse
d’etichetta e delle distinte formulazioni, ogni detergente svolge abbastanza
bene il proprio compito, che non è
quello di sterilizzare la casa, ma di
aiutare chi li usa nella pulizia.
Senza risciacquo? Sono davvero molti
i prodotti che reclamizzano l’inutilità del risciacquo, puntando sulla
comodità per gli utilizzatori. E, di
fatto, riducono molto la quantità
di schiuma – per lo meno alle dosi
consigliate – per consentire di evitare
una seconda passata di straccio. Ma
attenzione, non aspettatevi granché da
una pulizia così sommaria. L’effetto
ottenuto sarà sempre direttamente
legato al lavoro speso nella pulizia.
A questo proposito è interessante il
risultato di un test realizzato negli Stati
Uniti, proprio sui saponi multiuso
che pubblicizzavano l’inutilità del risciacquo. Secondo i tecnici americani,
infatti, un risultato di percepibile pulizia (valutato misurando i trattamenti
necessari per ridurre del 90 per cento
l’opacità dei pavimenti) si raggiunge
solo dopo almeno due risciacqui. E
si tratta di un’esigenza che prescinde
dalla tipologia di sapone utilizzato.
Insomma, nulla ancora purtroppo sostituisce l’olio di gomito.
In cucina, i prodotti per togliere le
42 NUOVO CONSUMO
Detersivi multiuso
marca
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CHANTE CLAIR
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2,60
5,05
3,91
1,99
2,47
5,19
2,12
1,47
2,90
2,87
2,31
5,06
Agenti disinfettanti, antibatterici, candeggina. E poi coloranti, conservanti,
solventi, profumi. L’elenco delle sostanze a forte impatto ambientale contenute
nei detergenti è davvero lungo. E inquietante: i formulati finiscono tutti nelle
fogne e da lì nei fiumi e nei mari, inquinandoli. Ma i residui rimangono
anche in casa dove possono dare luogo a fenomeni allergici nell’uomo. O
peggio. Su più di una sostanza grava il sospetto di cancerogenicità: è il caso dei
solventi sintetici, come la trielina contenuta in molti detersivi per pavimenti.
Alcune diventano pericolose in associazione con altri prodotti. Ed è il caso
della candeggina, che a contatto con acidi libera gas irritanti.
È proprio necessario per pulire la casa, “sporcare” l’ambiente e mettere a
rischio la nostra salute? No, non sempre lo è. Spesso, anzi, si potrebbero
sostituire i detergenti tradizionali con quelli a basso impatto ecologico,
sempre più numerosi nel mercato della pulizia. Ma quali sono, e su quali
principi si basano, i saponi “verdi”?
Per la pulizia delle superfici lavabili, per esempio, i sostituti
ideali dei detergenti sono le polveri e le creme abrasive a base
di argilla bianca, gesso, soda, polvere di pomice, sapone
vegetale ed eventualmente oli essenziali.
Per i pavimenti, invece, i prodotti ecologici sono a
base di saponi vegetali oppure di tensioattivi di origine
vegetale, contenenti anche oli essenziali, citrato di sodio
e solventi naturali.
Alla specializzazione, tendenza irrefrenabile del mercato,
non si sottraggono neppure le ecoditte con prodotti
specifici per usi più limitati. Per il wc, per esempio, ci
sono formulati a base di acidi organici naturali (citrico,
acetico, tartarico, lattico), tensioattivi di origine vegetale
e oli essenziali che puliscono e liberano dal calcare inquinando molto meno dei composti tradizionali.
macchie dai piani della cucina o della
macchina del gas sono comunemente
utilizzati puri. E svolgono la loro
azione degnamente. Le differenze si
rivelano nella quantità di schiuma
prodotta e, quindi, nei risciacqui
che impongono. Per questo aspetto
risultano leggermente preferibili i gel
ai tradizionali liquidi.
In bagno. È il vero e proprio punto debole dei detergenti, dato che in questo
caso dovrebbero allo stesso tempo pulire
e svolgere un’azione anticalcare. Mentre
sul primo compito non sembra esserci
grande differenza tra le tante marche di
saponi multiuso, nella lotta al calcare
quasi tutti segnano il passo rispetto ai
prodotti specializzati.
Evergreen
a cura di Stefano Generali
Una Campania verde
La Campania punta sull’energia pulita e, sebbene
costretta da un deficit strutturale a importare circa
l’80 per cento del suo fabbisogno energetico da
altre regioni, comincia a registrare risultati positivi
per la produzione di energia eolica. Altro fronte in
espansione è la cosiddetta cogenerazione: impianti
alimentati da biomasse che in un’area a forte
vocazione rurale come la Campania può offrire
grandi opportunità.
Calo di
energia
Si chiama Building Energy Management ed è un
software che consente di conoscere il preciso fabbisogno energetico di una struttura immobiliare,
che permette di calcolarne i picchi di consumo
e soprattutto studiare e applicare soluzioni per il
risparmio energetico calibrate sui singoli bisogni.
L’innovativo prodotto è stato realizzato da ORS,
la software house che punta a fornire soluzioni di ottimizzazione e risparmio per complessi industriali, pubbliche
amministrazioni, ospedali e centri commerciali.
Vita da
squalo
Anche gli squali rischiano l’estinzione. A lanciare l’allarme
i ricercatori del Pew Institute for Ocean Science di Miami,
che denunciano come ogni anno ne vengano uccisi dai 26
ai 76 milioni di esemplari. Tutto ciò a causa della diffusione
massiccia in tutto il mondo di ricette a base di carne di
pescecane: dalla cartilagine, che secondo alcune tradizioni
dona salute e lunga vita, alle pinne, ingrediente di alcune
zuppe molto diffuse in tutta l’Asia.
Paceverde
a cura di Greenpeace
Qual buon vento
È una fonte energetica pulita, indipendente dal prezzo del petrolio, in pieno sviluppo. Secondo il
nuovo rapporto di Greenpeace e
della GWEC, l’associazione mondiale degli industriali dell’eolico,
circa il 34 per cento dell’energia
mondiale potrà essere fornita dal
vento entro il 2050. Per avere
un’idea, il vento permetterà di
“risparmiare”, ossia non emettere in atmosfera, la quantità di
emissioni di anidride carbonica
dell’intera Europa in circa venticinque anni. «L’abbattimento
delle emissioni di CO2 del 50
per cento al 2050 – obiettivo
minimo per contenere l’aumento
della temperatura terrestre al di
sotto dei due gradi centigradi
– potrà essere raggiunto solamente se l’energia eolica verrà
sviluppata con determinazione fin da ora» afferma Francesco
Tedesco, responsabile della campagna clima di Greenpeace.
Finora la crescita dell’eolico è stata notevole, se paragonata
alle altre fonti rinnovabili. Dal 1995 al 2005 la potenza
installata nel mondo è cresciuta di dodici volte: l’industria
eolica è oggi presente in ben cinquanta Paesi nel mondo.
Germania, Spagna, USA, India e Danimarca sono tra i
Paesi che più hanno creduto e investito nella nuova fonte
rinnovabile. E l’Italia? «Il nostro paese è ancora in ritardo:
serve uno sforzo coerente per una politica seria sull’eolico,
sia a livello centrale che locale» spiega Tedesco. Perché i
governi di tutto il mondo continuano a sostenere le fonti
fossili e il nucleare invece di credere in un’industria fonte di
sviluppo e occupazione? Il numero di nuovi posti di lavoro
creati dall’industria eolica potrà variare tra i 480mila e i 2
milioni. Con petrolio e carbone, invece, si contribuisce allo
scioglimento dei ghiacciai, all’intensificarsi di eventi climatici
estremi e all’innalzamento della temperatura media terrestre.
Le scelte politiche degli anni a venire davvero influenzeranno
il clima e la situazione economica del mondo intero.
Gabriele Salari, Ufficio Stampa Greenpeace
44 NUOVO CONSUMO
Gli extra
UN GEL PER CAPELLO
Tutti i prodotti per mettere in
piega anche le ciocche più ribelli.
di Daniele Fabris
Capelli ribelli? Voglia di una pettinatura
che la nostra chioma non accetta? Beh,
alzi la mano chi di noi non ha mai fatto
ricorso a un gel, a una lacca o a una
mousse per garantirsi “l’effetto bagnato” o
uno stile diverso da quello abituale.
E, visto che non siamo più negli anni
Cinquanta, quando la Linetti era sinonimo di brillantina e la scelta non complicava i sonni dei consumatori (semmai
erano le retine da applicare prima di
andare a letto per allisciare i capelli, a
disturbare un po’), è bene conoscere le
differenze tra i diversi prodotti.
Le lacche sono tra i prodotti più tradizionali di questo mercato. Hanno diversi
gradi di tenuta (quelle leggere donano
un po’ di disciplina ai capelli ribelli ma
evitano che la pettinatura sembri “incollata”). Sono generalmente sconsigliati sui
capelli secchi e disidratati.
Le mousse, per esempio, sono spume che
garantiscono una tenuta non fortissima
46 NUOVO CONSUMO
ma sufficiente a chi ha capelli sottili.
Si applicano dopo il lavaggio (mai sui
capelli sporchi, dato che finirebbero per
spargere il sebo e appesantire il capello)
e si “modellano” con l’asciugacapelli.
Alcuni marchi dividono i flaconi in base
alla tipologia di capello, ma si tratta di
divergenze poco significative, dato che
l’effetto non cambia sensibilmente.
Più forti e tenaci, i gel e le gomme sono
in grado di fissare pettinature molto
particolari per la particolarità di essere
sparsi ciocca per ciocca. Hanno il difetto
di appesantire molto il capello (dunque
dovrebbero essere evitati da chi li ha fragili e fini) e impedirne la respirazione. I
residui si tolgono solo con il lavaggio e in
caso di umidità, in troppi casi, finiscono
per incollare la chioma.
Presi a modello
Le cere modellanti, infine, sono molto simili ai gel perché permettono di
spalmare le singole ciocche. Pregi e
difetti, ovviamente, sono gli stessi
delle gelatine. Ma questi preparati
possono in qualche modo danneggiare i capelli? Secondo i tricologi
no, almeno se utilizzati con criterio.
Il solo caso in cui si dovrà limitarne
l’uso è quando vi siano malformazioni
del capello con aumento di fragilità.
In questo caso l’uso di un fissativo
in gel o lacca potrà danneggiare il
capello. Diverso è il discorso per chi
ha la forfora. Per quanto i fissanti
non siano la causa diretta di questo
problema, possono però peggiorarlo
dato che la traspirazione del cuoio
capelluto.
Il consiglio dei medici, in tutti i casi, è
di eliminare gel, schiume e lacche con
un lavaggio in acqua tiepida e non con
i classici “due colpi di spazzola” per
eliminare i residui di resine e sostanze
depositate sul capello.
Tipico
MONDO PANE
Vita, sorte e miracoli del pane, l’impasto più semplice e
straordinario che ci sia. E ogni paese – o quasi – ha il suo.
di Eleonora Cozzella
Il cibo della sopravvivenza, fatto con
cereali di ogni tipo, il cibo dei riti e
della devozione religiosa, ma anche
uno strumento di potere codificato
già nell’antica Roma. Il cibo che segna
le civiltà in lungo e in largo, sempre
uguale e sempre diverso, e che oggi
nei forni delle città globalizzate fa
circolare profumi e sapori di tutto
il pianeta.
Ecco il pane, semplice quanto straordinario impasto di farina, acqua e
lievito, che ha fatto la storia dell’umanità. È il pane che ha distinto
l’uomo civilizzato che diventa capace
di coltivare la terra, ricavarne prodotti e poi trasformarli in alimenti
come questo, mentre i popoli “barbari” continuano a vivere di caccia e
pastorizia. È il pane che ha sfamato
per millenni la povera gente, a par48 NUOVO CONSUMO
tire dagli egizi, primi panificatori
dell’antichità. Furono loro a scoprire
la lievitazione naturale – ovvero
che lasciando riposare l’impasto per
qualche tempo, il pane poi cresceva e diventava più leggero – e a
inventare i primi forni con la volta
a cupola. All’ombra dei Faraoni, il
pane fu allora usato come forma di
pagamento del salario: di farina di
grano per nobili, di orzo o spelta
per il popolo. I greci istituirono i
primi forni pubblici e le prime associazioni dei panificatori. I cereali
davano l’80 per cento dell’apporto
calorico della dieta media e il pane
era dunque l’alimento fondamentale. Certo, tra il pane fatto con la
farina di frumento abburattata (cioè
passata al setaccio, dunque senza
crusca), destinato ai ricchi, e quello
con cereali minori c’era una grande
LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI
Torna a crescere in Italia il consumo di pane, dopo il forte calo tra il 2000 e il 2004
(-25 per cento secondo l’Aiipa, l’Associazione italiana industrie prodotti alimentari).
Oggi sono poco meno di 4 milioni l’anno le tonnellate prodotte, per un consumo medio pro capite di circa 60 chilogrammi. Ma in Europa molto di più ne
mangiano turchi (154 chili), bulgari (110), cechi (89), tedeschi (80) e polacchi
(73), per citare i primi della classifica. Il fatturato annuo dell’industria italiana del
pane è di 8 milioni di euro (dati Cna alimentare), gli occupati 400mila tra diretti
e indotto. Le tipologie di pane prodotte nel nostro paese sono 250, ma con un
gran numero di varianti per un totale di almeno 1.500 tipi differenti.
differenza di sapore, nutrizionale e
di digeribilità, ma anche Erodoto
non aveva dubbi: pane e acqua a
sufficienza potevano fare un uomo
“beato alla pari di Zeus”.
COTTO
a puntino
Così, in Grecia si arrivò a produrre una settantina di tipi di pane,
con l’aggiunta di aromi e spezie. A
Roma la panificazione fu forse ancora
più importante e l’introduzione dei
mulini ad acqua rappresentò una
svolta tecnica fondamentale. Dal
168 a.C. divenne un vero e proprio
servizio pubblico e in epoca augustea
si contavano quattrocento forni, con
una legislazione severa e magistrati
incaricati di controllare la vendita del
frumento e il prezzo del pane.
Nel Medioevo la panificazione divenne affare familiare ed era il pane
di segale, scuro e indigesto, a riempire i vuoti stomachi dei poveri.
Nell’età dei Comuni, i fornai ricomparvero come artigiani indipendenti
riuniti in corporazioni, sottoposti
a precise regole stabilite dalle autorità. Durante il Rinascimento,
alla corte di Maria dei Medici, ci fu
l’importante introduzione del lievito
di birra che innovò il processo di
preparazione. La stessa principessa
ne portò il segreto alla Corte di
Francia e i francesi divennero famosi
per la produzione di pane di grande
qualità. Una fama di cui più tardi si
appropriò Vienna.
Ma il viaggio nella storia del pane
ha radici ben salde in un’Italia dove
ogni città ha una storia fatta di farina e lieviti, di forme e aromi che ne
fanno un tratto della propria identità.
Lungo lo Stivale “il pane” non esiste
ma vivono le centinaia di pani italici
dove strutti, burro, oli, yogurt, latte,
ma anche alcolici, zuccheri, frutta
secca, ortaggi, si mischiano secondo
tradizioni antiche e mode nascenti.
MANI
in pasta
Se quello Casareccio di Genzano,
quello di Altamura e la Coppa ferrarese sono gli unici tre pani a potersi
fregiare del marchio Dop o Igp, i forni
d’Italia sono il trionfo della diversità:
dalla ciabatta veneta al pane carasau
sardo, dalle griselle di Puglia al pane
sciocco di Altopascio, dalla piadina
emiliana alla pitta calabrese, c’è la
storia di un paese scritta in un impasto. Un alimento che non muore
nell’omologazione che avanza ma che
fa viaggiare la sua tipicità attraverso
i canali della Grande Distribuzione
intelligente e che al tempo stesso
vive – come la ristorazione – il contagio dell’idea di fusion delle cucine.
Così, si fanno strada anche i pani
delle nuove comunità che arrivano
in Italia: accanto all’antico pane azzimo degli ebrei, ecco quello lievitato
(Pita) degli arabi, il Pretzel, l’anello
a forma di pane che ci riporta nel
mondo austro-ungarico, l’indiano
chapati, addirittura il pan-kyoshitsu
giapponese.
Paese che vai, pane che trovi. E viene da
pensare tutti “buoni come il pane”.
PRESI IN CASTAGNA
Alcuni lettori ci hanno segnalato un’inesattezza
nell’articolo “Il pane degli alberi” (Nuovo
Consumo 160, pag. 48) in merito alla differenza tra marroni e castagne.
Risponde Eleonora Cozzella, autrice dell’articolo
Sia castagno che marrone sono oggi coltivati
e si hanno almeno trecento cultivar. Il riferimento era dunque alla diversa origine genetica.
Quanto al numero dei frutti varia a seconda
della cultivar, ma esiste tra le due specie una
sostanziale differenza produttiva. Il castagno
tende ad averne da uno a sette, e si parla di almeno tre di buona qualità; il marrone arriva al
massimo a tre frutti, non sempre tutti perfetti.
Condizioni che cambiano, appunto, secondo
natura della pianta e area geografica.
ERRATA CORRIGE Nel numero di ottobre di Nuovo Consumo – p. 47 – è
stata pubblicata la foto del frutto
di un ippocastano anziché di
una castagna.
Prendere un
filone
Il pane casereccio di
Genzano, primo in
Europa col marchio Igp.
Sono una quindicina i forni, di cui
uno dei principali è la Cooperativa genzanese, che portano avanti la tradizione
agreste di Genzano della produzione del pane casereccio. Un pane che
riempie di profumo l’aria del paese,
primo segnale che si è arrivati in questo
angolo dei Castelli Romani. Il pane
casereccio di Genzano è stato il primo
in Europa a ottenere il marchio Igp,
(Indicazione geografica protetta). E dunque per sfornarlo occorre utilizzare,
rigorosamente, solo alcuni ingredienti:
farina di grano tenero, acqua, lievito
naturale e sale; vietati assolutamente
additivi chimici o biologici. L’impasto
è fatto lievitare per un’ora; quindi
lavorato in forma di pagnotte e filoni
e messo a riposare all’interno di casse
di legno ricoperte con teli di canapa,
non prima però di averlo spolverato
con cruschello
o tritello. Poi è
lasciato in ambienti caldi in
modo che continui a crescere
prima di essere
messo in forno dove la temperatura
di 300°-320° C fa crescere una crosta
dura e alta, secondo il disciplinare,
almeno tre millimetri. È dunque croccante fuori e molto leggero dentro, è
sapido e ha un profumo che riporta
alla memoria i granai. La crosta così spessa preserva anche la mollica,
conservandola soffice molto a lungo.
Un pane che non ama né la conservazione sottovuoto né il contatto con
la plastica, ma che rimane fresco per
diversi giorni.
La sua forma tipica è quella della
pagnotta con “baciatura ai fianchi”
o dei filoni rotondi e lunghi (peso
dagli 0,5 ai 2,5 Kg).
NUOVO CONSUMO
49
Saltimbocca
BUONAPERA
A fianco del casolare vi è un malandato
albero di pere: non hanno un bell’aspetto, ma il gusto le riscatta. Niente a che
vedere con una Kaiser o una Abate in
vendita al supermercato, grandi, lisce,
tutte perfettamente uguali. Il frutto che
raccolgo ha delle lenticelle, forma un po’
irregolare e un colore non ben definito,
verde-giallastro. Eppure la polpa è saporita e profumata. Ho saputo che si chiama
Pera del Curato, un’antica varietà molto
diffusa un tempo in Toscana, ora quasi
abbandonata. Le coltivazioni industriali
hanno omologato la famiglia delle pere,
che invece per natura è variegatissima:
nel mondo esistono infatti ben cinquemila varietà.
Sotto al sole del Sud, ad esempio,
matura la pera Spadona, di polpa
bianca e grana finissima, e tra le montagne piemontesi la pera Madernassa,
croccante e profumata.
Sulle nostre tavole arrivano però quasi
solo le pere emiliane e venete, coltivate
su larga scala. Sono le Abate Fetel, le
Conference, le Decane del Comizio, le
Kaiser, le William, e in minor misura le
Max Red Barlett (cioè la William rossa),
le Rosade e le Santa Maria. Ma l’elenco
sarebbe ancora lungo, volendo ricordare
la Coscia estiva e la Guyot succosa e
zuccherina.
WILLIAM
in testa
Dalla “pera del Curato” alle Abate,
Kaiser e William, l’evoluzione di un frutto
variegato, salutare, versatile in cucina.
di Silvia Inghirami
50 NUOVO CONSUMO
La preferita dalle famiglie italiane,
che in media acquistano 23,5 chilogrammi di pere l’anno, è l’Abate,
di forma grande e allungata, polpa
fine e sapore dolce, anche se il primo
posto per produzione è detenuto dalla
William, destinata all’industria dei
succhi di frutta e delle confetture.
Segue la Kaiser, dalla buccia rugginosa
e polpa consistente, tra le più adatte a
trasformarsi in dessert. Questo frutto
è infatti molto versatile in cucina: può
essere uno sfizioso antipasto accompagnato da formaggio, un fine pasto
salutare se cotto in acqua e zucchero,
un succo nutriente per accompagnare
una merenda, un dolce sfizioso se
ricoperto di cioccolata o mischiato
all’impasto di una torta.
Sotto ogni aspetto e ricetta, inserire la
pera nella dieta quotidiana è un regalo
che facciamo al nostro organismo: estremamente digeribile, la pera è ricca di
zuccheri naturali, rappresenta un’ottima
fonte di fibra naturale e si può dire che
sia una vera miniera di potassio.
Un vero
TOCCASANA
Non esitate quindi ad addentarne una
in qualsiasi momento del giorno,
soprattutto se avvertite un po’ di
stanchezza fisica o mentale: il
fruttosio compenserà il calo
glicemico. Non temete per
la linea, perché un frutto di
IN POLPA
MAGNA
Per capire se una pera è matura,
bisogna esercitare una leggera pressione alla base del picciolo: la polpa
deve risultare cedevole.
Se le pere sono ancora dure, riponetele in un sacchetto di carta a
temperatura ambiente per 2-3 giorni. Per conservarle qualche giorno
(anche 7-8 giorni) riponetele nella
parte bassa del frigorifero (5-7°)
dentro un sacchetto di carta.
COMPOSIZIONE E VALORE
ENERGETICO DELLA PERA
Acqua (g)
Proteine (g)
Lipidi (g)
Glucidi disponibili (g)
Fibra alimentare (g)
Sodio (mg)
Potassio (mg)
Ferro (mg)
Calcio (mg)
Fosforo (mg)
Niacina (mg)
Vitamina C (mg)
Energia (Kcal)
85,2
0,3
0,4
9,5
2,8
2,0
130,0
0,3
6,0
11,0
0,1
4,0
41,0
(Istituto Nazionale della Nutrizione)
dimensione medie (circa 160 grammi)
contiene solo 100 calorie. Toccasana
per l’intestino e per il funzionamento dell’apparato digerente, le fibre che
contiene una pera possono contribuire a
ridurre il rischio di tumore del colon e a
tenere a bada il colesterolo. I sali alcalini
di acidi organici aiutano poi a regolare
l’equilibrio acido-basico dell’organismo
e la vitamina C (7 mg per una pera di
medie dimensioni) aumenta le difese immunitarie e aiuta a prevenire i danni da
radicali liberi. Il contenuto in composti
fenolici, a cui vengono riconosciute proprietà antiossidanti, serve a mantenere
permeabili le pareti dei capillari sanguigni, prevenendo così i pericoli di
infarto. I polefenoli agiscono poi
sull’intestino normalizzandone
le funzioni e, infine, il potassio
(210 mg per una pera di
medie dimensioni) è importante per la contrazione
muscolare, la trasmissione
nervosa e il metabolismo
delle proteine.
Chi ben
COMINCIA...
Tutte queste proprietà e la facile digeribilità hanno fatto della pera una
protagonista della dieta dei bambini
durante lo svezzamento: ma l’abitudine assunta nel primo anno di vita
non deve andare perduta. Meglio
mettere una pera nello zaino di un
piccolo scolaro piuttosto che una
merendina farcita di conservanti. Per
i più grandi le occasioni di consumo
non mancano, soprattutto se si vuol
mettere un tocco di fantasia in cucina:
qualche spicchio in un’insalata mista,
delle fettine in un arrosto, un po’ di
polpa in un risotto. L’abbinamento
migliore è con formaggio piccante,
carne di maiale e cacciagione, per
creare il contrasto di sapori. Ma nei
dolci la pera esprime il massimo delle
sue potenzialità: caramellate con vino, con pasta sfoglia e crema, in un
budino di cioccolato e panna.
Presidi
Slow Food
The Queen
La pesca si mangia anche
d’autunno... ma solo se è la
“regina” di Londa, tra la
Valdisieve e la vallata del Mugello.
di Francesca Baldereschi
Anche se l’origine è sconosciuta e la
sua coltivazione in forme specializzate
relativamente recente, è una varietà sicuramente antica. La pianta fu individuata
negli anni Cinquanta del Novecento in
un podere di Rufina, in Valdisieve, da
un esperto arboricoltore, Alfredo Leoni,
che iniziò a coltivarla a Londa, paese
attraversato dalla strada che, sul versante
occidentale del Monte Falterona, porta dal Mugello al Casentino. Grande,
rotondo e leggermente schiacciato ai
poli, il frutto ha buccia di colore biancoverde chiaro, ampiamente macchiata e
marezzata di rosso vivo nelle parti più
esposte al sole; la polpa – soda, dolce e
profumatissima – è bianco crema, con
venature rosso
vivo vicino al
nocciolo. La
pesca matura
nella seconda
decade di settembre, per
questo è nota
anche come regina d’autunno e tardiva
di Londa. È ottima appena colta, ma
mantiene intatte le sue caratteristiche
organolettiche solo per una settimana
da quando è staccata dall’albero. Oggi
se ne coltivano appena mille quintali
l’anno e la vendita è limitata ai mercati
locali, nei paesi di Scarperia, Vicchio
e Dicomano. Per preservare la pesca
regina di Londa è nata un’associazione
di piccoli frutticoltori, che si sono dati
un disciplinare di coltivazione rigoroso.
Per prolungare il sapore e i profumi
delle regine anche nei mesi successivi, i
produttori del Presidio hanno avviato
la trasformazione delle pesche in confetture e sotto sciroppo.
NUOVO CONSUMO
51
A tavola
Bruschette e crostini
Ricette a cura di Paola Ramagli foto Carlo Bonazza
Consigli dietetici a cura di Chiara Milanesi, dietista
Il termine bruschetta, originario del centro
Italia, indica una fetta di pane rustico abbrustolito (bruscato) nel forno o sulla griglia, sul
quale viene strofinato a caldo uno spicchio
d’aglio e poi condito con olio extravergine
d’oliva. Si aggiungono quindi ingredienti a
piacere, primo fra tutti il pomodoro. Essenziale
in queste preparazioni la qualità dell’olio
che deve essere necessariamente extravergine
d’oliva, ancora meglio se novello.
Bruschetta
al pomodoro
Ingredienti: 8 fette di pane casereccio, 8 pomodori
maturi, 2 spicchi d’aglio, 1 mazzetto di basilico,
olio extravergine d’oliva, sale e pepe
Sbucciare i pomodori, privarli dei semi,
tagliarli a tocchetti e metterli in una terrina con un po’ di sale per eliminare l’acqua
di vegetazione. Condire con olio, pepe
e foglie di basilico spezzettate e lasciare
insaporire per almeno un’ora. Tostare il
pane, strofinare ogni fetta con l’aglio e
distribuirvi sopra il pomodoro.
PREPARAZIONE Facilissima ● TEMPO 20 min.
● COSTO economico
LA DIETISTA 300 Kcal a porzione
Piatto antiossidante grazie al pomodoro e anticolesterolo e trigliceridi grazie all’aglio.
Ingredienti: 2 filini di pane (o una busta di
crostini già pronti), kg 1 di cozze, 1 vasetto di
maionese, 1 barattolo di cetriolini, 1 mazzetto di
prezzemolo, 1 spicchio d’aglio, 1 peperoncino
Scottare le cozze con aglio, prezzemolo e
peperoncino e privarle del guscio, scegliendo
le più grandi e tenerle da parte. Spalmare i
crostini di maionese e disporre una cozza
sopra ognuno di essi. Guarnire con una fetta
di cetriolino e una foglia di prezzemolo.
L’abbinamento migliore è con un buon Novello
Novello,, fresco e profumato.
Crostini
con le cozze
PREPARAZIONE Facile ● TEMPO 30 min.
● COSTO economico
LA DIETISTA 565 Kcal a porzione
Il prezzemolo è vasodilatatore perché ricco di vitamina K e il rame, abbondante nelle cozze, favorisce la produzione di emoglobina.
52 NUOVO CONSUMO
Si consiglia un Prosecco di Valdobbiadene oppure un Pignoletto emiliano, frizzante.
Ingredienti: 8 fette di polenta abbrustolita, g
500 di finferli (o altri funghi), 2 spicchi d’aglio,
g 400 di fontina, 1 mazzetto di prezzemolo,
1 bustina di semi di sesamo, olio extravergine
d’oliva, sale e pepe
Crostoni
con la polenta
Cuocere i funghi per 15 minuti in una padella con olio, aglio e prezzemolo, lasciando interi i più piccoli e dividendo i più
grandi. Disporre sui crostoni di polenta
precedentemente abbrustolita 3 fettine
di fontina e un cucchiaio abbondante di
funghi, quindi spolverizzare con i semi
di sesamo. Mettere per 2 o
3 minuti sotto il grill
ben caldo e servire
subito.
PREPARAZIONE Facile ● TEMPO 25 min. (con polenta pronta)
● COSTO medio
LA DIETISTA 520 Kcal a porzione
Ottima ricarica per gli sportivi grazie al fosforo – di cui è ricca la fontina – che è prezioso
per i muscoli e al sesamo per le sue proprietà
toniche e rimineralizzanti.
Ingredienti: 12 fichi, g 300 di quartirolo, g 100
di miele millefiori, 12 fette di pancarrè
Incidere i fichi dalla punta alla base
in modo da ricavarne quattro spicchi,
lasciandoli uniti sul fondo. Sbucciare
il quartirolo e tagliarlo in 24 tocchetti
il più possibile uguali tra loro. Ricavare
dal pancarrè delle fette rotonde e tostarle
leggermente nel forno, cospargerle di
miele e disporre sopra ognuna il fico con
dentro i pezzetti di formaggio. Cospargere
ogni fico con il miele rimasto e portare
in tavola.
Un giovane rosso Doc Val di Cornia non dovrebbe deludere le aspettative.
Crostini con fichi
e quartirolo
PREPARAZIONE Facile
● TEMPO 20 min.
● COSTO medio
LA DIETISTA 460 Kcal a porzione
I fichi sono frutti energetici, ricchi di vitamina C e adatti a chi ha problemi di stipsi per la
loro leggera azione lassativa.
Va bene uno Chardonnay
Chardonnay,, anche toscano.
NUOVO CONSUMO
53
Nel carrello a cura di Rita Nannelli
Menu incompleto
Un panino si consuma in cinque minuti, per un piatto di pasta ne
bastano dieci e in un quarto d’ora si archivia un pasto completo.
La pausa pranzo è passata di moda per gli italiani che preferiscono
da mezzogiorno alle quattordici
fare shopping, andare in palestra
o tornare in ufficio a chattare su
internet. Secondo una recente
indagine un italiano su tre (34
per cento) considera la pausa
pranzo l’occasione per fare ciò
che si vuole, un altro 22 un
momento di relax, mentre per
il 16 è il momento ideale per
stare un po’ da soli; solo il 19 per cento del popolo degli spaghetti
si siede a tavola ogni giorno per un vero pranzo. A essere cambiata
anche la concezione del cibo: da piacere a semplice rifornimento
di carburante per poi dedicarsi ad altro, rimanendo leggeri.
Con buona pace dei nutrizionisti nemici giurati del panino
davanti al computer.
Supercafone
Lei è una cattiva ragazza incinta col pancione bene in vista,
bigodini in testa, fuma e fa battutacce; lui, in canottiera,
jeans al ginocchio, tatuaggio al braccio, senza un dente,
impugna sempre una lattina di birra. Turleen e Jerwayne
sono due bambole “supercafone” made in Usa, una coppia
politicamnte scorretta nata dalle ceneri degli splendidi
Barbie e Ken. I ragazzini americani ne vanno matti... genitori
italiani preparatevi!
Guida pericolosa
Non c’è multa che tenga. L’abitudine di guidare parlando al
cellulare senza il viva voce o l’auricolare dilaga tra gli italiani.
Nei primi sei mesi dell’anno la Polizia Stradale ha contestato
19.508 sanzioni per la violazione dell’articolo 173 del Codice
della Strada, il 10,79 per cento in più rispetto al 2005. E si
tratta di una parte piccolissima delle violazioni reali, quasi
impossibili da accertare negli orari notturni o in caso di
maltempo per la scarsa visibilità. Se si andasse poi a verificare che cosa faceva il conducente pochi istanti prima di un
incidente si scoprirebbe, probabilmente, che aveva l’orecchio
incollato all’amato telefonino e la testa altrove.
54 NUOVO CONSUMO
Specie
protette
Bella provola
Da Sud a Nord il provolone un po’ dolce
un po’ piccante oggi prodotto in Valpadana.
di Anna Ciaperoni
Il Provolone Valpadana Dop è un perfetto figlio della tradizione casearia delle paste filate del Sud e dell’abbondanza
del latte degli allevamenti bovini della Valpadana. Originario
del Mezzogiorno, le cronache attribuiscono alla conquistata
Unità d’Italia la trasmigrazione al Nord della produzione di
un formaggio tipicamente meridionale. L’abbattimento delle
barriere doganali avrebbe consentito a imprenditori caseari del
Sud, a corto di materia prima, di trasferire lì la loro attività.
La denominazione Provolone, che significa provola di grandi
dimensioni (può raggiungere anche decine e decine
di chili), appare per la prima volta nel Vocabolario di
agricoltura di Canevazzi-Mancini del 1871, quella di
Valpadana nel 1993. Il Provolone è un formaggio
a pasta semidura di latte vaccino intero ad acidità
naturale di fermentazione e a crosta liscia che
si produce in numerose province padane. Di
notevoli dimensioni, ha diverse forme: oltre
quella a pera sormontata da una testina sferica, la
più classica, può essere a melone, a salame, troncoconica. La lavorazione, come quella di tutti i formaggi a pasta
filata, è particolarmente lunga e complessa, poiché richiede
una “doppia lavorazione”: oltre alla procedura seguita per
tutti i prodotti caseari (formazione della cagliata, salatura,
stagionatura) la pasta, dopo la coagulazione e lo spurgo, viene
sottoposta a trazione in acqua calda, ovvero al processo di
“filatura”. Sebbene a pasta filata può stagionare a lungo, senza
troppo indurire. Esiste in due versioni: il tipo “dolce” per il
quale si utilizza il caglio di vitello e una stagionatura più breve,
da uno a tre mesi; il “piccante” fatto con caglio di agnello o
capretto (o entrambi) e una stagionatura più lunga, da tre mesi
fino ad un anno per i formati più grandi. Entrambe possono
essere affumicate. Il tipo dolce, oltre ad essere consumato
semplicemente, si usa anche “condirlo” con sale, pepe, olio
ed erbe aromatiche, mentre il piccante si accompagna con
un po’ di burro. Si trova in commercio con il marchio del
Consorzio che riproduce un cerchio verde con la denominazione d’origine e all’interno la raffigurazione di un formaggio
a forma di pera, solcato dai classici segni verticali delle corde,
all’interno di un quadrato blu. In vendita anche porzionato
con l’obbligo dell’indicazione della denominazione d’origine
protetta su ciascuna confezione.
Cotti
& crudi
TESORO MIO
Nasce sottoterra, profuma d’albero, è ricercato e caro.
Chi “cerca” trova nell’Italia dei tartufi.
di Costanza Giambalvo
A RACCOLTA
Tartufo bianco
tra settembre e dicembre
Tartufo bianchetto
“Sta fra quelle cose che nascono ma
non si possono seminare”. Così Plinio
il Vecchio definiva il tartufo, non immaginando che alla fine gli uomini
sarebbero riusciti comunque a forzare
madre natura. Certo, questo particolarissimo fungo resta legato alla “cerca”,
con o senza cane: il “tartufaio” munito
di regolare tesserino di riconoscimento,
va a caccia del tesoro accompagnato
dall’esperienza, dalla fortuna e dal fiuto dell’animale specializzato, come il
Lagotto Romagnolo, il Border Collie e lo
Spinone Italiano.
Zona prediletta sono le Langhe, il
Monferrato e le colline di Torino,
dove nasce il Tuber Magnatum Pico,
conosciuto come Bianco d’Alba,
d’Acqualagna o Bianco pregiato, e
in dialetto “trifola”. La città di Alba
vanta il mercato più antico, quello
che ancora oggi determina il prezzo
“ufficiale”. Tartufo bianco si può
trovare anche in altre zone del Nord
Italia e in Istria, ma di qualità meno
elevata e valore più contenuto: ad
Acqualagna e S. Angelo in Vado nelle
Marche, a Gubbio e Città di Castello
in Umbria, a San Miniato in Toscana
e nella Valle del Montone in Emilia
Romagna.
I prezzi di questi funghi ipogei, che nascono cioè sottotterra, sono da capogiro:
le ultime quotazioni erano intorno a
250 euro l’etto per un esemplare di 20
grammi, ma lo scorso anno un tartufo
di 1 chilo fu pagato all’asta 98mila euro!
Decisamente più abbordabile il tartufo
nero di Norcia e Spoleto, dal profumo
meno intenso ma sempre molto apprezzabile, il cui prezzo oscilla dai 50 ai 70
euro l’etto, oppure lo Scorzone, detto
anche tartufo nero estivo, diffuso in
varie regioni d’Italia, che costa intorno
ai 20 euro l’etto.
Profumo di quercia
L’intensità e la finezza del sapore e del
profumo dipendono dalla varietà ma
anche dall’albero con cui il tartufo vive
in simbiosi, in particolare querce, salici,
tigli, pioppi, faggi, ciliegi e anche conifere: ad esempio, quelli che crescono
nei pressi di una quercia avranno un
profumo più pregnante, mentre quelli
che sono vicini ai tigli saranno più aro-
tra gennaio e marzo
Tartufo estivo o scorzone
tra giugno e dicembre
Tartufo nero invernale
tra novembre e marzo
matici. La forma invece dipende dal tipo
di terreno: se soffice, il tartufo sarà liscio
e tondeggiante, se compatto e argilloso,
diventerà nodoso e bitorzoluto.
Secondo i vecchi tartufai di Langa
e Monferrato il tartufo bianco sarà
maturo soltanto la terza luna dopo le
piogge a partire dal mese di settembre:
se avete un cane di grande olfatto e
uno zappino, provate ad avventurarvi
avvolti dalle tenebre e dalla nebbia
autunnale. Se invece non volete tentare l’avventura, potete accontentarvi
dell’esperienza di una sagra: l’appuntamento più importante è naturalmente
la fiera di Alba e in Piemonte quelle
di Asti e di Murisengo. In Umbria
potete scegliere tra Spoleto e Norcia, in
Toscana tra San Miniato e S. Giovanni
d’Asso; nelle Marche tra Acqualagna,
S. Agata Feltria e S. Angelo in Vado;
in Emilia Romagna, infine, la sagra
più famosa è quella di Savigno.
NUOVO CONSUMO
57
NC
LA BESTIA NEL CUORE
Cuccioli a confronto: quando, come e
perché aiutare i bambini a costruire un
rapporto con gli animali. di Ca
Carlotta
rlotta Grima
G rim ald
ldii
televisione
copertura
giorno e orario giorno e orario replica
TeleGranducato Livorno
ven. 20,20 sab. 14,20 dom. 20,20
Tv9-Telemaremma Tosc.-Alto Lazio ven. 20,00 sab. 20,55 dom.18,55
Teletirreno
Grosseto
ven. 20,00 sab. 20,00 dom. 20,00
Reteversilia
Versilia
ven. 20,05 sab. 20,05 dom. 20,05
Telecivitavecchia Civitavecchia ven. 20,00 sab. 20,00 dom. 21,00
Romauno Tv * Roma
ven. 20,00 sab. 20,00 dom. 20,00
Rete Oro
Roma
ven. 19,04 sab. 19,04 dom. 14,10
Telegalileo
Umbria
ven. 20,00 sab. 20,00 dom. 20,00
Irpinia Tv
Avellino
ven. 20,15 sab. 20,15 dom. 20,15
Canale 21
Napoli
ven. 19,25 sab. 22,30 dom. 15,40
* Visibile anche via satellite sul canale 860 di Sky
Quante volte i bambini lo hanno
chiesto ai genitori e quante volte i
grandi hanno sperato che il figlio
cambiasse idea. E invece secondo
alcune ricerche i bambini che crescono con un animale hanno maggiore
capacità di socializzazione; se poi se
ne prendono cura in prima persona,
a essere stimolato è il loro senso di
responsabilità. Di contro i cuccioli
di uomo devono sapere che cani,
gatti, uccellini non sono giocattoli.
Prendiamo, ad esempio, i cani, i più
richiesti come regalo a mamma e papà. Hanno caratteristiche diverse da
razza a razza: molto meglio scegliere
un boxer, considerato il baby sitter
dei piccoli (sopporta bene le loro
pressioni e urla) e non un dalmata
che – nonostante il tenero film La
carica dei 101 – si adatta poco ai
bambini. L’oscar del migliore va
comunque al pastore tedesco, al
fedelissimo per eccellenza paziente e
docile anche con i bambini. Oppure
al terranova, il gigante buono al
quale però dovete concedere, ogni
tanto, un tuffo. Che sia in un ruscello, in un fiume oppure... nella
vostra vasca da bagno.
NUOVO CONSUMO 59
Di che
RAZZA SEI?
Qualunque razza o qualunque animale
si scelga, il rapporto che lega i due cuccioli (uomo e animale) è un rapporto
molto stretto, certe volte simbiotico
che comprende uno scambio continuo
di emozioni, ma anche un’assunzione
di responsabilità.
«Il rapporto con un animale – dichiara il team di ricercatori dell’Istituto di
scienze e tecnologie della cognizione (Istc)
del Consiglio nazionale delle ricerche di
Roma che ha realizzato lo studio “Ricerca
ed etica: osservare, capire, rispettare”
– rappresenta un primo passo per imparare ad assumersi responsabilità verso
un essere più debole. È fondamentale
insegnare che gli animali hanno esigenze
diverse e che vanno rispettati non perché
costosi o di razza ma per ciò che sono».
Quante volte ci è capitato di vedere dei
bambini che trattano gli animali come
QUA LA ZAMPA
Ecco alcuni consigli per una
corretta convivenza con Fido.
>>> Se in casa arriva un cucciolo,
l’approccio col bambino deve essere
lento e controllato dei genitori.
>>> Il cane difende i suoi due sensi
più importanti: le orecchie e il naso.
Da cucciolo, se infastidito, potrebbe
solo scappare, ma da adulto potrebbe
ribellarsi.
>>> La coda è un mezzo di comuni60 NUOVO CONSUMO
L’80 per cento dei bambini
bacia il proprio animale.
Il 38 per cento divide il cibo con
l’amico a quattro zampe quando
guarda la Tv; il 28 se pensa di
non essere visto dai genitori.
Il 36 per cento dei genitori
ammette che il figlio non si
lavi le mani dopo avere giocato
con cani e gatti.
ANIMALI
DA LETTURA
A scuola di animali Pensieri a confronto per
un nuovo rapporto
a cura di Elisabetta
Falchetti e Silvia Caravita
Franco Muzzio editore
Collana Nature, 2004
252 pagine - 15 euro
pupazzi, che pensano di poter far loro
tutto ciò che vogliono senza reazioni “in
cambio”. Cosa che accade soprattutto
– come rivela lo studio – in chi ha maggiori conoscenze perché tende a essere
più in confidenza con loro, ma, al tempo
stesso, “pecca” di antropomorfismo,
cioè attribuisce agli animali sentimenti
umani. Fondamentale allora il ruolo
dei genitori che non devono lasciare,
soprattutto per i primi tempi, bambini
e animali da soli: devono essere vigilati
e il loro rapporto deve crescere di giorno
in giorno. Anche perché il rapporto con
gli animali è molto importante per lo
sviluppo cognitivo dei piccoli anche se
con un differenza fra maschietti e femminucce. «In particolare – ribadiscono dal
Cnr – i bambini con Fido in casa hanno
una visione più utilitaristica degli animali
rispetto alle bambine che mostrano invece di essere più informate».
Un confronto di esperienze per
analizzare in modo approfondito
i diversi modi di considerare gli
animali.
cazione per l’animale, la sua “bussola”:
bloccarla significa per lui limitare il
movimento e la comunicazione. Non
fate mai avvicinare il bambino “quatto quatto” mentre il cane è assorto,
sonnecchiante o distratto. Il cane si
potrebbe spaventare e reagire.
>>> Insegnate a vostro figlio a non
urlare. L’udito del cane è finissimo
e la voce alta come gli strilli non gli
sono graditi; li percepisce amplificati
e li associa a segnali di pericolo, a cui
può quindi reagire.
>>> Mai fissare un cane negli occhi:
nel linguaggio canino equivale a una
sfida che, se raccolta, sfocia in un
iroso ringhiare, seguito da possibili
morsi.
>>> Non date al bambino la cattiva
abitudine di disturbare il cane durante
i pasti. La ciotola è sua e il bimbo non
deve permettersi di sottrargliela o di
disturbarlo mentre mangia.
>>> Il bimbo non deve mai soffiare
sul muso del cane. Questo gesto
è un segnale di dominanza che il
capobranco riserva ai sottoposti per
allontanarli. Il cane non accetta questo comportamento da un suo pari
e può ribellarsi.
Storia del magico incontro tra una ragazza e un
cucciolo di balena che
ha perso la mamma
di Lynne Cox
Corbaccio edizioni
Collana Narratori, 2006
140 pagine - 10 euro
Che cosa si prova a incontrare in
alto mare un cucciolo di balena?
Che cosa significa rimanere con lui
per impedire che si avvicini troppo
a riva e rimanga incagliato? Una
storia vera, ma anche simbolica,
di quello che dovrebbe essere il
nostro rapporto con gli animali e
con la natura.
CAMBIA
MUSICA
Dal ritmo al movimento alla vocalità: la musicoterapia al servizio della
salute e del buon umore.
di Benedetta D’Alessandro
Partorire ascoltando Bach, vincere l’ansia
sulle note di Mozart, imparare ad accettare il proprio eccesso di peso con l’aiuto
di Rossini. Ma anche curare o prevenire
alcune patologie psichiche e fisiche. Che
la musica fosse capace di procurare benessere e ricostituire l’armonia perduta
è noto da sempre, ma in tempi recenti
è diventata la base di una vera e propria
disciplina scientifica: la musicoterapia, da
non confondersi con il rilassante ascolto
della musica, antidoto allo stress, ma che
non c’entra nulla con la medicina. Nella
cura di patologie gravi, come l’autismo o
l’Alzheimer, i risultati della musicoterapia
possono essere sorprendenti. «Rientra tra
le arti-terapie che utilizzano tecniche non
verbali. In quest’ambito per “musica”
s’intende l’intero mondo del suono, dal
ritmo al movimento alla vocalità» spiega
Federica Chiappori, specializzanda
del Corso quadriennale della Scuola di
Musicoterapia di Assisi.
Buon ascolto!
La musica consente di aprire un canale
comunicativo alternativo, in grado di
raggiungere soprattutto quei soggetti
che soffrono di deficit sensoriali. «Nella
62 NUOVO CONSUMO
maggior parte dei casi la stimolazione
musicale viene impiegata per curare
malattie di origine neurologica, ma il
campo d’applicazione della musicoterapia si sta allargando» conferma l’esperta.
Per questo l’attività del musicoterapeuta
si svolge spesso in équipe, a fianco di
altri specialisti come psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri e fisioterapisti.
Sono numerose le case di riposo dove
l’uso della musica viene proposto agli
ospiti sotto forma di gioco: quiz musicali o veri e propri karaoke hanno
dimostrato un’efficacia spesso maggiore di tante terapie tradizionali. «La
musicoterapia viene utilizzata anche
nella cura di disturbi come i deficit
dell’attenzione, dell’apprendimento
e del linguaggio, che si riscontrano
sempre più spesso in soggetti molto
giovani. Ma la vera potenzialità di
questa arte-terapia si rivela soprattutto
nel campo della prevenzione» assicura
Chiappori. Lavorare con le gestanti o
con i neonati, per esempio, può aiutare
a prevenire vere e proprie patologie. E
per questo non c’è luogo migliore della
scuola: «la musicoterapia preventiva
potrebbe facilmente essere inserita nei
programmi scolastici, magari in parallelo con l’educazione musicale che è
di solito un’attività molto ben vissuta
come gioco da parte dei bambini».
Prendi nota
Ma l’efficacia della musicoterapia dipende da un fattore personale: ognuno
di noi percepisce il suono e la melodia
in modo diverso. C’è chi si rilassa con
la marcia trionfale dell’Aida e chi con
il pop. Chi si scuote con il rock e chi
si lascia coinvolgere da un assolo di
jazz. Ecco perché i musicoterapeuti
non hanno “ricette musicali” universali. Ogni persona deve aprirsi senza
schemi e pregiudizi alla musica, per
trovare la “sua”. La musicoterapia insegna proprio che se si “cambia musica”
senza criterio gli effetti benefici possono svanire. Insomma non esiste una
musica di benessere per definizione:
un pezzo heavy metal può essere per
qualcuno più soave e curativo delle
note di un’arpa celtica.
INFO APIM (Associazione professionale italiana musicoterapeuti) - via Curletto Chiuso
5/6, 16121 Genova - tel. 010593641.
Tempi
moderni
a cura di Rita Nannelli
La lingua è
mobile
Belle no, corrette sì. Parole come lampadato che in coppia con palestrato dà
l’idea del tipico macho italiano, smucinare
– sbirciare, rovistare – e Sudoku, sinonimo
di gioco di massa, entrano di diritto nello
Zingarelli 2007 (Zanichelli). Sulla scia di
cronaca, attualità e politica fanno capolino anche maxiemendamento, eurocommissario e quote rosa. La lingua italiana è
mobile: basta
sfogliare un
po’ il famoso
vocabolario
comodosi –
purtroppo si
può dire – sul
divano.
Minima
mente
Sfiziosa, superflua, microscopica, tutt’altro che pratica. Torna la pochette
in versione extra lusso o minimalista,
rétro o psichedelica. Sempre da tenere
a portata di mano.
L’anima del
commercio
Basta con il bombardamento di spot
televisivi, cartelloni che ci guardano in
mezzo al traffico, apparizioni improvvise di pubblicità su internet. Nasce
un nuovo modo di fare pubblicità
– marketing alternativo o non convenzionale per gli esperti – che viene
dal basso e fa ridere perché si ispira ai
comportamenti abituali della gente.
Come pubblicizzare un’imminente
fiera del libro? Si mette Biancaneve
nelle casse di mele dei supermercati,
tra le teste d’aglio volumi sui vampiri
e dalle triglie si fa sbucare a sopresa
Moby Dick. Simpatica e meno invasiva... chissà se funzionerà.
IN PRIMA PAGINA
Livorno e Mascagni protagonisti del cartellone
d’autunno del Teatro Goldoni.
Entra nel vivo la stagione del Teatro Goldoni di
Livorno, che presenta a novembre novità insieme
a grandi titoli del repertorio classico e brillanti
momenti di evasione.
Per il progetto dedicato al maggiore compositore
livornese sabato 11 e domenica 12 novembre
ecco Mascagni in scena, ovvero la rappresentazione in forma semiscenica di atti singoli tratti da
opere scarsamente frequentate in sede esecutiva,
ma di forte impatto drammatico: il romantico
Guglielmo Ratcliff (atto IV), la tragica Parisina
(atto IV) e il sanguigno affresco storico del Piccolo Marat (atto III). Un
unico spettacolo che verrà allestito in coproduzione con l’Istituzione Clara
Schumann di Collesalvetti, sotto la direzione musicale di Aldo Sisillo e
la regia di Francesco Torrigiani. Sempre legato alla città di Livorno un
affresco allegorico e divertente sulle sue origini e la sua storia il 16 e 17
novembre attraverso O porto di Livorno
traditore, straordinaria “cronaca sceneggiata” di Giorgio Fontanelli, poeta,
letterato e cantore della cultura popolare
livornese. Per la prosa due titoli dal
forte richiamo: il 21 e 22 novembre
Gianmarco Tognazzi sarà protagonista
dell’irresistibile commedia Prima pagina
di Ben Hecht e Charles Mac Arthur
nell’adattamento di Edoardo Erba, mentre una settimana dopo Sebastiano Lo
Monaco si produrrà nell’Enrico IV di
Luigi Pirandello.
Nel cartellone dei concerti appuntamento con un grande interprete della tastiera, il russo Grigorij Sokolov
che il 24 novembre si misurerà
con un programma dedicato a
Bach (Suite francese) e Beethoven
(La tempesta).
Si ricorda che per i soci Coop
sono previste condizioni vantaggiose e agevolate.
Info: Teatro Goldoni tel. 0586204290 - www.goldoniteatro.it
e-mail: [email protected]
NUOVO CONSUMO
63
GINNASTICA DA STAR
Coniuga i principi dello stretching
con quelli della tonificazione, rende
il corpo più snello e più libera la
mente. Basta con la ginnastica tradizionale... tutti ai corsi di Pilates.
di Barbara Autuori
Il primo dubbio è sulla pronuncia... poi
sul tipo di sport che è, a chi è adatto, a
che cosa fa bene. Meglio noto come
la “ginnastica delle stars”, il metodo
Pilates – pronuncia pilates – non è più
considerato uno sport di nicchia e sta
rapidamente conquistando anche in
Italia il popolo del fitness. Intanto non è
una ginnastica nel senso tradizionale del
termine ma un nuovo modo di allenarsi,
capace di coniugare i principi dello
stretching e quelli della tonificazione.
Stira e ammira
Si va in palestra per rassodare i muscoli, ma anche per rilassarsi e acquisire
una più profonda consapevolezza del
proprio corpo. «Obiettivo principale è
quello di intervenire sulla postura per
ottenere un corretto allineamento del
corpo – spiega Simona Nesi, abilitata
all’insegnamento del metodo Pilates e
ex ballerina della Scala –. Si cerca di
rafforzare i muscoli addominali, dorsali
e della cintura pelvica (la cosiddetta
“cintura di forza”) così da alleggerire
la zona lombare, più sollecitata e che
causa spesso mal di schiena». Gli oltre
duecento esercizi proposti prevedono
movimenti lenti e controllati, dove la
respirazione è essa stessa esercizio di
tonificazione del torace. Ventre più
sodo e più piatto, «una taglia in meno
sul giro-vita è assicurata» conferma
l’esperta, un corpo più snello dai movimenti fluidi grazie a muscoli tonici
UN BUON METODO
Alcune indicazioni per scegliere
un corso “originale” e non prendere fregature.
>>> Oltre a esercizi a corpo libero, il Pilates prevede il ricorso ad
attrezzi appositi di cui non tutte le palestre dispongono.
>>> Gli attrezzi vanno utilizzati sotto la supervisione di
insegnanti qualificati. La cosa migliore dunque è quella
di verificare i titoli degli istruttori e gli eventuali corsi di
aggiornamento annuale che dovrebbero seguire.
>>> Affinché una seduta di Pilates sia veramente efficace il
numero degli iscritti non deve essere elevato: una lezione non
può superare i due, massimo tre partecipanti per volta.
>>> I costi variano da città a città, ma bisogna diffidare dei
64 NUOVO CONSUMO
sembrano essere i maggiori vantaggi
di questa ginnastica. La tecnica del
Pilates d’altra parte si avvale anche di
attrezzi specifici: quello base è l’Universal Reformer, dalla singolare forma
simile a un letto, a cui si aggiunge la
Cadillac, nata in particolare per la fisioterapia. Ecco perché il metodo Pilates
viene utilizzato come allenamento
riabilitativo per quei soggetti con vizi
posturali, come adolescenti o donne
in gravidanza. «Il Pilates – precisa Nesi
– serve inoltre nella preparazione agonistica dei ballerini di danza classica,
agli sportivi che eseguono programmi
di riabilitazione e alle persone non più
giovanissime che ricercano un benessere fisico e mentale».
“prezzi” stracciati: le lezioni individuali possono andare dai
35 ai 50 euro, mentre in gruppi di tre il costo si aggira tra
i 20/25 euro a testa.
PILATES STORY
L’invenzione di questa particolare tecnica si deve al tedesco
J.H. Pilates nato a Dusseldorf nel 1880. Bambino cagionevole, si dedicò a sviluppare un fisico sano e forte con
ginnastica e sport. Internato in Inghilterra durante la prima
guerra mondiale, passò gli anni della prigionia ad affinare
le sue tecniche e a progettare attrezzi modificando i letti
dell’infermeria. Alla fine degli anni Venti emigrò negli Stati
Uniti dove aprì uno studio che divenne ben presto famoso
tra danzatori, attori, ginnasti e atleti.
Insieme
Informagiovani
a cura di Paolo Volpini
in collaborazione con
Mary per sempre
In Brasile e Uganda per scoprire che cosa Avsi e
Unicoop Tirreno fanno per tanti bambini poveri.
BRASILE Si chiama Mary ed è un progetto di doposcuola
realizzato dall’Associazione Maria Teresa di Calcutta a San
Paolo in Brasile destinato ai bambini dai 7 ai 14 anni. Grazie
al Sostegno a distanza di Unicoop Tirreno e Avsi (Associazione
volontari per il servizio internazionale)
Mary garantisce a trenta bambini educazione e aiuto psicologico e sanitario,
rivolto anche alle famiglie spesso incapaci
di tirare avanti da sole.
Grazie a questo progetto i bambini sono
seguiti nello svolgere i compiti a casa e in
attività guidate da insegnanti, volontarie
e talvolta dalle loro madri: lavori con ferri
vecchi, collage, educazione fisica, canto corale,
tappezzeria, laboratori artistici.
Ecco di seguito le poche righe di ringraziamento ai loro genitori adottivi di
due bambini brasiliani, Lucas Dias Menezes – 9 anni – e
Vinicius Silveira Balarin de Melo di 8.
“Ringrazio il mio patrigno per il fatto di aver aderito al progetto”.
“Sono grato al mio patrigno. Che Dio ti aiuti sempre”.
UGANDA Qui il 9 per cento degli adulti ha
l’Aids, gli orfani sono un milione e settecentomila, il 60 per cento della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno,
quasi la metà è ancora analfabeta. Bambini
orfani o bisognosi grazie al Sostegno a
distanza possono andare a scuola, avere
cure e vestiti, persone generose al loro
fianco. Spesso sono malati e malnutriti
come Justine Nalunjogi, della quale una
collaboratrice Avsi in Uganda, ha scritto:
“Justine è nata nel 1995. A tre anni ebbe
la febbre alta e perse l’udito. La famiglia è
molto povera: la madre sta via molto tempo
da casa per cercare lavoro dimenticandosi della bambina (...).
Ma Justine è intelligente e ha voglia di imparare”.
Per informazioni o per inviare lettere, cartoline, foto ai vostri figli
adottivi rivolgersi al Servizio sostegno a distanza scrivendo all’indirizzo e-mail: [email protected] o ad Avsi, viale Carducci,
85-47023 Cesena (FC)
Lavoro di stagione
Il lavoro stagionale nel settore
turistico è spesso associato
al turismo estivo e balneare.
Invece sono molte le opportunità di impiego in montagna
durante l’inverno: settimane
bianche e manifestazioni
legate agli sport invernali
richiamano un
gran numero di
turisti nelle località più rinomate. Le figure più
ricercate sono
principalmente
addetti alla reception, cuochi,
baristi, camerieri
di sala e ai piani.
I requisiti preferenziali, oltre
all’esperienza
e al possesso di
qualifica professionale o di un diploma di
scuola alberghiera, riguardano
in particolare la conoscenza di
lingue straniere, in particolare
del tedesco.
Per facilitare l’incontro tra
domanda e offerta di lavoro esistono enti e agenzie
che gestiscono banche dati
utili sia alle aziende che ai
lavoratori.
Ne segnaliamo alcuni.
EBNT - Ente Bilaterale
Nazionale del settore Turismo
Si occupa di attività legate
alla contrattazione collettiva
in materia di occupazione,
al mercato del lavoro, alla
formazione e qualificazione
professionali. In questa pagina web – www.ebnt.it/gestione_rete/larete_frame.
asp – si possono trovare i
recapiti delle varie sedi locali,
alcune delle quali gestiscono
in modo autonomo alcune
banche dati rivolte a chi è in
cerca di un’occupazione nel
settore turistico.
Tra questi l’Ente Bilaterale
Turismo del Trentino, www.
ebt-trentino.it, e
quello Gardesano
(provincia di
Verona), www.
ebtgardesano.
it. Il candidato
deve compilare
gli appositi moduli disponibili
on-line per essere inserito nella
banca dati.
I portali web
delle province
di Trento e di
Bolzano sono
particolarmente ricchi di informazioni.
Si tratta in dettaglio dell’Agenzia del Lavoro di Trento
– www.agenzialavoro.tn.it
– e della “Borsalavoro” di
Bolzano: www.provinz.bz.it/
borsalavoro.
In questi due siti sono già
direttamente consultabili numerosi annunci lavorativi.
Per ulteriori informazioni come sempre può essere utile
rivolgersi anche alle associazioni di albergatori locali, alle
agenzie di lavoro interinale, ai
centri per l’impiego e ai centri
Informagiovani.
Ufficio servizi sociali e politiche giovanili Comune di
Campiglia Marittima (LI)
tel. 0565855659.
NUOVO CONSUMO
65
Consumi in scena
di Giovanni Manetti
Vinca il migliore
Una gara di carrelli dove non vince il più veloce, ma chi frena meglio e uno scienziato-giudice di gara che si trasforma alla fine in un giocoliere un po’ maldestro...
Non ci vuole la scienza per sapere che la spesa alla Coop è più conveniente.
Spesso la pubblicità per convincere della bontà di un prodotto
o di un servizio affida alla figura di un esperto, introdotto
come personaggio nel messaggio promozionale, il giudizio.
Normalmente l’esperto è un uomo di scienza. La figura
dello scienziato nell’immaginario collettivo appare come
garanzia di massima oggettività e la sua parola finale parrebbe
togliere ogni spazio alle opinioni controverse. In realtà è una
più sottile forma di persuasione e l’ultimo spot della Coop
sembrerebbe affidarsi a questa modalità. Sembrerebbe, dico,
perché vedremo che c’è un interessante colpo di scena. Così
lo spot inizia mostrando uno scienziato inglese, dall’aspetto
piuttosto segaligno, come se fosse consumato dal suo lavoro
di ricerca, immediatamente riconoscibile per il fatto di
indossare un camice bianco e portare in mano una sorta di
apparecchio elettronico con antenna. Lo scienziato vuole
mostrare il diverso comportamento di alcuni carrelli pieni
di spesa, collocati in una pista e in procinto di intraprendere
una corsa nella quale uno di essi risulterà vincitore. Ma
non vincerà quello che corre più forte, bensì quello che
ha la maggior capacità di frenare. Si tratta infatti di una
metafora della corsa al rialzo dei prezzi. Corsa folle, perché
SPOT Mister eleganza
Era comparso già sulle pagine dei
giornali in compagnia del socio
Domenico Dolce e la guancia
graffiata da un cellulare Motorola.
Lo stilista Stefano Gabbana sembra
essere il testimonial del momento.
66 NUOVO CONSUMO
condurrà alcuni carrelli a schiantarsi contro la parete di arrivo. Un arrivo reso più spettacolare perché mostra i prodotti
acquistati turbinare nell’aria, presi nel vortice di un valzer
viennese straussiano, il cui senso connotativo è quello di
sottolineare l’uscita di controllo della situazione. Uno solo
dei carrelli si sottrae a questo destino, operando una brusca
frenata; e lo scienziato, che ha anche il ruolo del giudice di
gara, oltreché quello di promotore dell’esperimento, stacca
la fascia dal carrello per scoprire il marchio del supermercato
di appartenenza. Si noti per inciso che ancora una volta è la
simulazione dell’oggettività dell’esperimento scientifico – che
deve essere anonimo – che qui viene evocata. Il marchio è
Coop. Ma ecco il colpo di scena. Lo scienziato esce dal suo
ruolo e si mette a fare il giocoliere con delle uova contenute
nel carrello, rendendosi ridicolo perché gli cadono a terra.
Ecco il cambio di segno nel tono dello spot: da serioso a
giocoso, da gerarchico (lo scienziato come personaggio superiore) a complice. Si ricompone l’immagine del consumatore
Coop, o almeno quella che ne suggerisce l’azienda stessa:
un consumatore che non ha bisogno dello scienziato – per
altro un po’ fasullo – per capire la convenienza.
In occasione dei suoi cento anni di
vita Lancia lo sceglie per lo spot
della nuova Lancia Ypsilon. In
un’atmosfera da film noir Gabbana
osserva una Lancia Ardea, storico
modello della casa automobilistica.
«Qui finiscono 100 anni di eleganza
e temperamento» recita una scritta,
mentre lo stilista strappa con forza
le lamiere fino a scoprire che sotto
l’auto d’epoca si cela la nuova Ypsilon.
«Qui iniziano 100 anni di eleganza e
temperamento»: si chiude così questa
pubblicità sofisticata dove una scena
violenta viene resa elegante dal più
glamour dei testimonial. (B.R.)
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