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L`emigrazione Sorbese degli anni `60

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L`emigrazione Sorbese degli anni `60
RACCONTI DI VITA VISSUTA
L’emigrazione Sorbese degli anni ‘60
Vorrei parlarvi
di un argomento che mi sta molto a cuore :
‘l’emigrazione’dei mie parenti negli anni ’60. Proprio pochi giorni fa
parlando con mio nonno mi ha raccontato con grande commozione
l’emigrazione dei suoi fratelli , sorelle e di sua madre ,in una terra
lontanissima chiamata ‘Australia’.Chiaramente la loro partenza era dovuta
al fatto che a Sorbo non c’era lavoro e così le famiglie erano costrette ad
abbandonare i loro paesi per emigrare al nord d’Italia ,in Germania,in
America e in Australia. All’epoca si partiva con la nave. La preparazione
della valigia e dei cosiddetti ‘ bauli’era molto dettagliata in quanto
dovevano portarsi di tutto per affrontare una nuova vita in un paese
lontano. Le difficoltà erano molte :la lingua diversa dalla propria ,la
moneta ,gli usi e costumi,quindi non si partiva con entusiasmo ma con
tanta amarezza e con la consapevolezza di non poter ritornare nella propria
terra facilmente. Si aggiungeva un’ulteriore difficoltà :per imbarcarsi
bisognava raggiungere il porto di Messina… ma come???? Generalmente
si noleggiava una macchina per raggiungere il porto stesso. Infine il porto
diventava il luogo dei saluti con i parenti. Abbracci ,pianti e disperazione
non mancavano MAI; era come se quella partenza fosse l’ultima della loro
vita; effettivamente in un certo senso lo era perché una volta partiti non
sarebbe ritornati presto. Ci sono stati dei casi come quello di mio nonno
che alcuni parenti si sono rivisti dopo cinquant’anni. Dai racconti è
emerso ,inoltre ,un avvenimento molto curioso; prima di partire il fratello
di mio nonno si nascose per le vie del paese per evitare quella partenza
tanto temuta. Nonostante ciò partì per quella terra lontanissima e tornò a
Sorbo sono pochi anni fa. I viaggi erano incredibilmente lunghi, si
impiegavano circa 30 giorni per arrivare a destinazione. In quel porto
erano tutti “…con gli occhi spenti, con le guance cave, pallidi, in atto
addolorato e grave; sorreggono le donne affrante e smorte, ascendono la
nave come s’ascende il palco de la morte. E ognun sul petto trepido si
serra tutto quel che possiede su la terra. Altri un patito bimbo, che gli
s’afferra al collo dalle immense acque atterrito…”
LETIZIA GIGLIO
II MEDIA SORBO (CZ)
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