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14° Zadankai 16 luglio

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14° Zadankai 16 luglio
TRATTO DAL NUOVO RINASCIMENTO N°290!
16 LUGLIO 2009
ZADANKAI
La voce della saggezza
La capacità di capire,
momento per momento, ciò
che è giusto e scegliere
la cosa migliore da fare è
indispensabile per vivere
bene. Per fortuna ne
esiste una riserva
inesauribile dentro di noi,
alla quale la pratica buddista
ci permette di attingere.
a cura di Marco Magrini
Vivere è decidere. Che lo si voglia o no, ogni singola ora, ogni singolo minuto e forse anche ogni singolo
istante trascorso ad occhi aperti, ci obbliga a prendere delle decisioni. Magari quella di non far niente,
oppure quella opposta di cambiare il mondo. Tuttavia quelle stesse decisioni una volta tradotte in pensieri, parole o azioni sono cause che producono l’effetto di influenzare invariabilmente il corso di una vita.
Ecco perché la saggezza, il motore delle decisioni, è il primo dei tesori. «Più preziosi dei tesori di un forziere scrive Nichiren Daishonin nel Gosho I tre tipi di tesori sono i tesori del
corpo, e prima dei tesori del corpo vengono quelli del cuore» (SND, 4, 177). La
salute è più importante della ricchezza, e i tesori
del cuore come la saggezza sono i più importanti di tutti. Alla luce del Buddismo, la saggezza è quel che distingue una persona nella condizione “illuminata”
della Buddità, da una persona nella condizione “oscurata” degli altri nove
mondi. Chi è Budda è perfettamente saggio, vede e percepisce la realtà per
quella che è. Tutto il contrario di chi Budda non è. Ovviamente, con vistose differenze: nel mondo di Inferno o di Avidità, la realtà che ci circonda risulta fortemente distorta da una visione delle cose centrata sulla propria sofferenza o
sulla disperata volontà di possesso personale; ben diversa è la realtà osservata da chi si trova nel mondo di Tranquillità o di Studio. Ma in tutti e
nove i mondi non si può parlare di saggezza “perfetta” e, invariabilmente,
una concezione poco o molto distorta della realtà porta a decisioni poco o
molto sagge, che generano a loro volta effetti karmici. Positivi o negativi.La saggezza non è isolata dal
karma. Lo spiega la teoria della nove coscienze, dove l’ottava (giustappunto il karma) influenza le sette
coscienze precedenti (i cinque sensi, più l’istinto e la razionalità) le quali tutte insieme determinano le
decisioni degli esseri umani. Per riprendere l’analogia di prima, una persona costretta dal proprio karma
entro i confini angusti dell’Inferno o dell’Avidità, non ha la saggezza necessaria a spezzare quelle catene
che lei stessa si è creata. In altre parole, è come se vivessimo costantemente in un circolo di decisioni-azioni-karmadecisioni, che può essere tanto vizioso quanto virtuoso. Ma che ovviamente, nella visione dinamica della vita proposta dal Buddismo, può essere spezzato. Il circolo vizioso può diventare virtuoso, e
viceversa.
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Inutile dire che in questa sede siamo interessati solo a quello virtuoso. Ovvero a come fare in modo che
anche una vita incatenata all’oscurità innata della prigione karmica, possa risplendere grazie alle gemme
dei “tesori del cuore”. Ai lettori più assidui de il Nuovo Rinascimento, la questione potrebbe apparire
scontata: le catene del karma si spezzano tramite la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Eppure scontata non è. Chiunque viva entro i confini dei nove mondi riesce a dimenticarsi facilmente tutto: esperienze vissute, lezioni imparate, promesse fatte. Ecco perché la ricerca della saggezza o se volete della
Buddità è un processo che richiede un costante impegno e una continua dedizione. Abbiamo accennato
alle prime otto delle nove coscienze. L’ultima, la
nona, in sanscrito si chiama amala: «pura», «immacolata». È la natura di Budda.La quale, essendo più
profonda dell’ottava coscienza (il karma), dal karma
non viene diciamo così macchiata. Al contrario,
aprendo le porte della nona coscienza, il karma si
“pulisce” e, di conseguenza, si ripuliscono anche le
altre coscienze (quella che nel Buddismo è chiamata la “purificazione dei sensi”). In poche parole, recitare Nam-myoho-renge-kyo significa attingere
acqua dal grande lago della Saggezza. Alcuni anni
fa, ho assistito a una spiegazione su questo tema
fatta da Richard Causton, l’anziano gentleman inglese che per anni ha guidato con passione giovanile la Soka Gakkai del Regno Unito. «Così come il
Budda è in ognuno di noi cito a memoria la saggezza del Budda ce l’abbiamo dentro. Non nei momenti qualsiasi della giornata, ma mentre recitiamo Daimoku. Mentre recitiamo con fede sincera, possiamo
attingere alla saggezza necessaria per prendere decisioni significative e senza rimpianti». Ricordo di aver
fatto una straordinaria esperienza personale, seguendo il consiglio di Mr. Causton. E credo che la parola-chiave sia «mentre». Perché è mentre si pratica l’insegnamento del Daishonin ovvero nel momento in
cui si recita il Daimoku del Sutra del Loto che si sperimentano le sue verità. Anche se di parole-chiave
ce n’è un’altra: fede. Nella sua esegesi su Il vero oggetto di culto, il ventiseiesimo patriarca Nichikan
Shonin spiega che il potere del Budda e quello della Legge, propri del Gohonzon, si attivano tramite il
potere della pratica e quello della fede. Anche chi vive abitualmente nei nove mondi, può sperimentare
la Buddità quando le sue corde vocali intonano il Daimoku e contemporanemente il suo cuore è rivolto
al Gohonzon. A molte orecchie, la parola fede suona un po’ vaga, indefinita. O forse troppo grande, difficile da concepire. Però si può provare a semplificare. «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni
altra», diceva il Daishonin. Il che vuol dire recitare Daimoku prima di cercare di affrontare qualsiasi cosa con impeto o magari a seconda delle inclinazioni personali con ragionamenti più o meno emotivi.
«Prima di ogni altra», non implica che altre strategie siano escluse. Solo che è consigliato un ordine di
precedenza: prima è meglio ascoltare la saggezza interna, poi fare qualsiasi altra cosa. E cos’è la fede, se
non questo? Non è forse ricordarsi di coltivare prima di tutto i tesori del cuore? Non è superare le visioni ristrette dei nove mondi e prendere acqua a piene mani dal nostro lago di saggezza interiore? Imbattersi in un problema e andare il prima possibile davanti al Gohonzon, è fede. Oppure svegliarsi la mattina e mettersi a fare Gongyo volentieri e con entusiasmo, è fede. Può sembrare troppo semplice, ma è
così. Ad altre orecchie però, la parola fede suona stonata, soprattutto quando è collegata alla saggezza.
La saggezza, non c’è dubbio, è anche riflessione, comprensione, conoscenza, esperienza. E a molti pare
impossibile che tutto questo sia sposabile con la fede. «La fede del Buddismo risponde il presidente della SGI Daisaku Ikeda nel libro La saggezza del Sutra del Loto non è una fede cieca e fanatica che respinge i criteri della ragione: è una funzione della mente razionale, un processo di sviluppo della
saggezza che comincia con un devoto spirito di ricerca». E poco più avanti: «Il Sutra del Loto, come tutti gli altri sutra, afferma che la saggezza equivale alla Buddità, ma la saggezza è già contenuta nella fede».
Quindi, non soltanto fede e saggezza non si elidono a vicenda, ma al contrario si compenetrano. Spiega
ancora Ikeda: «La ragione per cui il Sutra del Loto dà tanta importanza alla fede è che lo scopo del sutra
è quello di eliminare l’ignoranza fondamentale della vita, che il Buddismo chiama oscurità
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fondamentale, e di permettere a tutti gli esseri viventi di risvegliarsi alla loro Illuminazione, la saggezza
inerente nella vita di ognuno. Questa Illuminazione fondamentale può anche essere definita come natura di Budda o mondo di Buddità». Se vivere è decidere, decidere bene significa vivere bene. Peccato che
decidere bene possa spesso rivelarsi difficilissimo: è vero che la saggezza è (in parte) fatta anche di riflessioni, conoscenze e esperienze, come si diceva prima. Ma a volte le esperienze del passato sono del tutto
inutili, di fronte alla realtà che muta continuamente. A molti piacerebbe avere un manuale da seguire
pedissequamente, per assumere questa o quella decisione. Peccato che un libro del genere non esista.
Nemmeno nella Soka Gakkai, dove riunioni, lezioni, “guide” personali e attività di shakubuku si ripetono in maniera solo apparentemente uguale. «La saggezza ha detto il presidente Ikeda durante una riunione del 3 agosto scorso sorge dal senso di responsabilità. Una riunione, ad esempio, sarà un fallimento se i membri la percepiscono come la ripetizione delle stesse, vecchie cose. Portare freschezza e creatività nelle attività buddiste è importantissimo». Valutare ogni situazione sapendo che, per sua natura, è
diversa da tutte le altre incontrate prima per esempio quando si dà un consiglio o si incoraggia qualcuno
a sperimentare la pratica buddista è a dir poco fondamentale. Però non ci sono soltanto gli altri. Ci siamo anche noi con noi stessi, in definitiva soli con le nostre decisioni da prendere, spesso ostacolate da
pensieri e preferenze contrastanti. «Quando andate di fronte al Gohonzon per cercare una risposta diceva ancora Richard Causton in quell’occasione dovreste cercare di accantonare le vostre preferenze
personali. Il Gohonzon non ha un monitor o una stampante per risponderci. La saggezza della nostra
inerente natura di Budda ci parla al cuore: se noi stessi creiamo una specie di rumore di fondo a forza di
“mi piace” o “non mi piace”, sarà più difficile udirla». Recitare con fede e senza preconcetti e pregiudizi,
è la chiave per un’autentica introspezione personale. «Se cerchi l’Illuminazione fuori di te si legge nel
Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza qualsiasi disciplina o buona azione sarà priva
di significato». La fede, lo spirito di ricerca, sono il grimaldello per aprire la porta della nona coscienza e
cambiare la visione del mondo e delle cose. Non secondo una mera teoria filosofica, ma nella pratica
quotidiana di una vita che scorre mutevole sotto i nostri occhi. Occhi ma anche orecchie, nasi, bocche,
mani, istinti e intelletti che percepiscono il mondo col loro carico di umane e karmiche imperfezioni.
Ma che, quando attingono alla natura di Budda che tutti abbiamo, possono vedere, ascoltare, annusare,
assaggiare, toccare, avvertire e addirittura capire un lato nascosto e più profondo della vita. Sarà tutt’un
altro decidere.
L o Za d a n k a i
riprenderà giovedì 3 settembre
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