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Adriano Capuzzo Scritti

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Adriano Capuzzo Scritti
Adriano Capuzzo
Scritti
1970 – 2011
Adriano Capuzzo | Scritti
A Piazza di Siena nel 1981, Commissario alle partenze
Adriano Capuzzo
Scritti
1970 - 2011
a cura di Patrizia Carrano
Quando abbiamo deciso di realizzare un volume che raccogliesse
gli scritti di nostro padre, non immaginavamo certo che la prima
edizione sarebbe volata via in due settimane. Viste le numerose richieste
giunteci da molte parti, abbiamo dato il via a una nuova ristampa,
la cui distribuzione è stata affidata ad Equitana (uno storico negozio
di articoli equestri di Roma dove nostro padre era di casa) in grado
di far fronte alle ordinazioni che giungono da ogni regione d’Italia.
Come è già avvenuto per la prima edizione, rinunciamo ad ogni
provento: il nostro solo scopo è di non disperdere un prezioso patrimonio
di cultura equestre utile alle future generazioni di cavalieri.
Francesca e Flavia Capuzzo
Prima edizione ottobre 2012
Seconda edizione dicembre 2012
Copyright 2012 Adriano Capuzzo
Progetto grafico Sofia Barletta
Indice
Un uomo moderno di antico stampo11
Memorie di un cavaliere29
L’avventura olimpica di Stoccolma
31
Roma 1960, un’Olimpiade negata
37
Oro e Argento per due fratelli 40
Piazza di Siena, speaker e vincitore
43
Un aneddoto su Graziano Mancinelli
46
Cronache da Aquisgrana
49
CSI di Joannesburg 1973
52
Piazza di Siena e i cavalli
57
Piazza di Siena e i cavalieri
59
Posillipo62
Due parole su Stefano Brecciaroli
65
Ippodromo di Tor di Quinto illuminato
dal sole e dai sorrisi dei bimbi
70
Lettere73
Al Presidente Luling Buschetti sul cavallo Isotope
75
A Clara Cini sul cavallo Kurbellò
77
Al Presidente Mauro Checcoli
sull’incidente al cavallo Boadmans Beauty
82
Ai suoi allievi carabinieri
84
A Dorit Werner sull’acquisto del sauro Zoey
86
A un allievo sulle redini di ritorno
89
All’ANCCE sullo stile in gara
91
A Piero D’Inzeo, ricordando il cavallo Pioneer 94
A Patrizia Carrano sul suo sauro William
96
A Patrizia Carrano sul lavoro a volontà
98
A Stefano Brecciaroli e a Francesca Simoncini
100
Al Presidente della Farnesina,
sui pony per il Completo
103
Al Presidente Brunetti sui 50 anni
delle Olimpiadi a Roma
105
A Fausto Maria Puccini,
ricordando il suo cavallo Esile
109
A Maria Sole Teodorani Agnelli
111
Ai suoi allievi Brecciaroli e Gentili
113
Appunti di un tecnico
115
Sul lavoro in campagna
117
I cavalli volano in America 130
L’organizzazione di un Completo Internazionale 135
L’errore 4 penalità e la piantata 3. O viceversa?
149
Più rispetto per le articolazioni del cavallo
154
I Pony Games non sono equitazione!
157
Completisti in erba, e sull’erba
160
Otto anni di lavoro
163
Nel ricordo dei suoi allievi
171
Stefano Brecciaroli
173
Marco Cappai
177
Alja Freier
180
Antonio Gentili
183
Francesco Girardi
186
Adriano, un Maestro gentile e concreto
189
Una vita, una passione, una famiglia
195
Album di famiglia
202
Adriano e Rubicon nel 1966 ad Aquisgrana,
sul terzo barrage a mt. 1,90.
L’Italia vinse la Coppa delle Nazioni.
Adriano, in squadra nel ’59, nel ’64, e nel ’66,
tutti anni vittoriosi per l’Italia, scrisse:
“ O io porto fortuna alla squadra
o Aquisgrana porta fortuna a me”
I cavalli sono esseri silenti,
disponibili, generosi.
E gli uomini hanno il dovere
di non ingannarli,
di non abusare delle loro qualità.
Adriano Capuzzo
Nostro padre era un uomo che aveva fatto
della correttezza, del rispetto delle regole,
del senso dello Stato, una scelta di vita.
Per questo vogliamo ricordarlo
con una frase di Giovanni Falcone:
“gli uomini muoiono, ma le loro idee
camminano sulle gambe di altri uomini”.
Francesca e Flavia Capuzzo
1978: Adriano in sella
a Nevischio da Rota
nel Criterium dei cavalli
italiani di 5 anni,
dove il binomio si è classificato
al secondo posto
Patrizia Carrano
Un uomo moderno
di antico stampo
Adriano Capuzzo | Scritti
S
baglia chi crede di trovare in queste mie brevi note
un “ritratto in piedi” di Adriano Capuzzo. Pur non
essendo uomo di lettere, Adriano si racconta benissimo da solo, attraverso i suoi scritti. Aveva una grafia
decisa come la sua voce, imperiosa come il suo profilo.
Ma gli scritti olografi, al dunque, sono pochi: per decenni
ha usato una Olivetti Lettera 22 che si portava dappertutto, per poi passare al computer, di cui s’era impratichito rapidamente e con facilità. Pochi fronzoli nella sua
prosa, ma un grande pathos e una buona dose di ironia.
E soprattutto una grande capacità di comunicare e di
emozionare.
La mediazione della scrittura scioglieva la contraddizione
che si portava dentro, e ricongiungeva le due parti del
suo sé: da un lato l’uomo schivo, riservato, poco incline
alle confidenze, severo, freddo, restio al “tu”. Dall’altra il
gentiluomo cortese, affabile, disponibile, scherzoso. Aggiungeteci un carattere sbalzato nel metallo, un indomabile senso del dovere, una onestà adamantina, un signorile
disinteresse per il denaro, il tutto cucito dal filo di refe
della passione per i cavalli. Che non l’hanno mai tradito,
che a lui - sia che li avvicinasse in veste di cavaliere, di
Istruttore, o di tecnico - si sono sempre rivelati senza infingimenti, senza tradimenti. Adriano sapeva vederli per quel
che erano: ne comprendeva rapidamente - anche da terra
- le qualità, le debolezze, le malizie, i difetti, le pigrizie, o
le sacrosante reazioni causate da una monta maldestra o
13
Adriano Capuzzo | Scritti
prepotente. Le caramelle al miele che aveva sempre in tasca da quando aveva smesso di fumare, venivano sempre
offerte ai cavalli, alla fine del lavoro. Il mio sauro Vouga,
quando Adriano chiedeva un cambiamento diagonale davanti a lui, doveva essere sollecitato perché tendeva sempre a fermarsi, speranzoso di “scroccarne” una in più. E,
naturalmente, se rallentava anche solo un po’, chi veniva
redarguita ero io, che glielo avevo permesso.
Il suo sguardo era squisitamente tecnico, ma in quella sapienza, coniugata con l’esperienza, c’era anche un
“quid” in più, in cui il talento si mescolava all’affezione.
Basta leggere ciò che scrive - e sembra una confidenza
che gli sia sfuggita involontariamente - quando rievoca
la sua avventura olimpica di Stoccolma, dove in Cross fu
costretto a fermarsi in piena azione perché il sottopancia s’era allentato durante i passaggi in acqua e la sella
era finita sulla groppa del puro sangue irlandese Taft of
Heather, di proprietà della FISE: “ero solo, nel folto della foresta, con i piedi a terra e Taft che ansimava e non
stava fermo. Tutt’attorno un silenzio assoluto. Non c’era
anima viva, oltre le nostre due”. Per Adriano, dunque,
i cavalli hanno un’anima. Una convinzione francescana,
comprensibile in lui che era credente? Molto di più e
di meglio: per Adriano i cavalli sono stati - come dice il
filosofo Hegel - un fine, non un mezzo. Non ne ha mai
fatto commercio, ne ha soltanto esaltato le qualità atletiche, il morale, il carattere, la tempra: “dei cavalli qualche
cosa ho capito. Non tutto, perché con LORO c’è sempre
da imparare” ha scritto in una delle sue lettere. Anche
per questo gli piaceva molto un passo delle Memorie di
Adriano di Marguerite Yourcenar in cui l’anziano imperatore ricorda la gioia ormai perduta di montare il pro14
Un uomo moderno di antico stampo
prio cavallo Boristene, con cui aveva un rapporto “di una
precisione matematica: obbediva a me come al suo cervello, non come al suo padrone”.
Adriano non era uomo di rimpianti e infatti nell’aprile
del 2010 gli era capitato di scrivermi: “oggi ho avuto ancora una prova inconfutabile che non sono più in grado
né di montare, né di lavorare COME SI DEVE un cavallo
alla corda. I miei trascorsi, di cavaliere prima e di Istruttore poi, fanno ormai parte di un tempo che fu. Credimi,
non ne ho un gran rimpianto. Tantissimo mi ha dato questo sport equestre ed è ora che io possa ancora offrire
qualche cosa di utile a coloro che amano i cavalli”.
Come tutte le creature davvero vitali, fino all’ultimo giorno Adriano ha sempre guardato innanzi a sé, usando la
propria vecchiaia e persino la propria malattia come una
dimostrazione di carattere. Soleva dire: “sono stato fortunato, ho montato e gareggiato negli anni d’oro dell’equitazione italiana”. Di quegli anni conservava una monumentale documentazione fotografica, che in un Paese
meno distratto del nostro dovrebbe essere scannerizzata
e archiviata in un Museo dell’Equitazione assieme alle
memorie di altri cavalieri, che invece finiranno disperse
dall’incuria, dalla distrazione e dal disinteresse. Dei 318
cavalli che ha montato in gara, quasi sempre fotografati
all’apice della parabola del salto, quel che balza agli occhi è la sua perenne compostezza, ferma ma non bloccata la gamba, impeccabile il piede nella staffa, libera
l’incollatura dell’animale, perfetta la lunghezza delle redini. In certe foto si potrebbe tirare una linea retta che va
dalla connessuna delle labbra del cavallo all’attaccatura
della spalla del cavaliere.
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Adriano Capuzzo | Scritti
Dietro quella “naturalezza” c’era il suo talento, certo, ma
anche tanto lavoro, sempre affrontato da dilettante, parola che - lo Zingarelli ce lo ricorda - indica “chi si dedica a
un’attività sportiva non per lucro ma per pura passione”.
Adriano ha sempre montato per il piacere di farlo. Per
rispondere a una chiamata segreta, profonda. Non per altro. Alla vigilia delle Olimpiadi di Stoccolma, per far fiato
anche durante il suo lavoro in albergo, Adriano saliva di
corsa i dieci piani dell’Hotel Bernini tre volte al giorno.
Poi tornava dietro il bancone di portineria della hall, a
ricevere i clienti.
L’equitazione gli ha procurato soddisfazioni, riconoscimenti, e soprattutto il senso di aver fatto della sua vita
quel che andava fatto. Ci sono stati anche dei dispiaceri, e qualche profonda ferita che soltanto il tempo ha
saputo guarire. L’Olimpiade mancata di cui racconta in
questo libro, ricordando l’ordine di non partire in Salto
Ostacoli, nel 1960, a Roma. Un’altra ferita ha il nome
di Beau Regard, un castrone irlandese che così Adriano
descrive: “un baio ciliegio, appena rossiccio, con una
balzana bianca all’anteriore sinistro, molto insanguato,
di robusto telaio, alto mt. 1,77 al garrese, con un grandissimo passaggio di cinghie”. A quel cavallo - acquistato da un privato ancora puledro - Adriano ha dedicato
cinque anni di lavoro, nella speranza di poterlo montare in Salto Ostacoli nelle Olimpiadi del ’76. Nel ’74
Capuzzo portò Beau Regard a Piazza di Siena in una
condizione strepitosa. Era e restava un cavallo difficile
a cui - è sempre Adriano a raccontare - “non bisognava
far trovare la mano nei primi due o tre ostacoli, evitando però che si scaraventasse troppo, altrimenti sarebbe divenuto ingestibile”. In quell’edizione di Piazza di
16
Un uomo moderno di antico stampo
Siena il binomio vinse con la squadra italiana la Coppa
delle Nazioni, fu terzo al Gran Premio Roma, secondo
nel Torneo Vincitori. Il proprietario decise di venderlo,
la FISE - che pure aveva dimostrato il suo interesse - si
tirò indietro, e il baio fu acquistato da un commerciante
di cavalli, che faceva da tramite per un cavaliere tedesco. “Beau Regard - scrisse allora Adriano in un lungo,
amaro e dolentissimo sfogo - era per me l’ultimo cavallo
di grande classe della mia vita sportiva. Penso di saper
valutare sufficientemente i miei limiti ed avendo oggi
quella certa mediana età di 47 anni, con un cumulo di
esperienza sportiva notevole, la mia grande ambizione
era tentare l’ultima Olimpiade. Ho il senso della misura
e da buon sportivo penso di sapermi ritirare al momento giusto. Dagli impegni internazionali mi sarei ritirato
dopo la splendida parentesi di Beau Regard”.
Adriano era certo di non rincontrare mai più quel cavallo. E invece non fu così: Beau, che nel frattempo s’era malamente piantato a Rotterdam e a Dublino, e aveva mandato per le sacre terre il suo cavaliere tedesco a
Londra, venne restituito due anni dopo al commerciante
italiano con la raccomandazione di venderlo a tutti ma
non a Capuzzo. Poiché il cavallo risultava immontabile,
fu proprio lo stesso commerciante a cercare Adriano e a
chiedergli consiglio. Adriano fece di tutto per ricomperarlo, ma il commerciante fu irremovibile: mancare alla
promessa fatta significava inimicarsi un cavaliere molto
influente sul mercato tedesco.
Sembrava finita lì, e invece no: qualche anno dopo, durante un concorso nel Nord Italia, qualcuno riconobbe
Beau. Aveva un altro nome, ma era lui: montato alla garibaldina da un volonteroso e sprovveduto giovanotto, era
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Adriano Capuzzo | Scritti
stato eliminato in tutti e tre i giorni di gara. Subito avvisato, Adriano offerse una cifra generosa per un cavallo
di ormai quattordici anni, ma il giovanotto non ne volle
sapere. “Per fortuna insistei a lasciargli il mio recapito. Il
10 agosto, un giorno prima del mio compleanno, la sorte
mi fece il più bello dei regali: il giovanotto mi telefonò
da Palermo, dov’era finito in terra per l’ennesima volta.
Di quel cavallo non ne voleva più sapere. Lo comperai
senza neppure farlo visitare: volevo riaverlo con me per
offrirgli una buona vecchiaia”.
Così fu: ora Beau Regard riposa a Manziana, sotto gli
olivi che frusciano al vento vicino alla scuderia di un allievo di Adriano, Antonio Gentili, poco distante da dove
la famiglia Capuzzo aveva fatto costruire la propria casa
di campagna. Beau Regard, che era arrivato da Palermo
“tutto trito, limitato nel movimento, con articolazioni malandate e scricchiolanti” ha passato gli ultimi tempi della
sua vita pascolando tranquillo, rizzandosi sui posteriori
per mangiare i frutti settembrini d’un bell’albero di fico.
Per Adriano Beau Regard è stato il simbolo di un grande sogno sfumato. Uno smacco, una delusione medicata
dalla sua sincera passione per l’equitazione, dalle soddisfazioni che molti suoi allevi gli hanno dato, dal semplice
piacere di stare accanto a un cavallo. Se talvolta i suoi
rapporti con gli uomini potevano essere difficili, i cavalli,
i cani e gli animali in genere, avevano con lui - e lui con
loro - una grande intesa: assieme a sua moglie Bruna
partì per il viaggio di nozze con il loro boxer Astor; un
altro boxer, Brancaleone, vide crescere le sue figlie piccole; la tenera bastardina Briscola, salvata appena nata
da un fosso dove era stata buttata ad affogare, è sempre
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Un uomo moderno di antico stampo
ritratta accanto a lui nelle foto in cui con sorridente orgoglio presenta la squadra dei “suoi” ragazzi del Pony
Club; per ultimo il suo cane Chivas, bravissimo ad andare
in motorino con lui e a seguirlo in scuderia, senza mai
disturbare.
Una volta terminati i due mandati come Presidente del
Comitato Regionale Lazio, Adriano ha rifiutato le molte
offerte di diventare il direttore tecnico di un Circolo
poichè non era certo che la sua salute gli permettesse
di essere in scuderia tutti i giorni di tutto l’anno. Ha invece scelto di dedicare “volontaristicamente” (era il suo
modo di dire gratuitamente) il suo tempo libero ad alcuni allievi, con l’unico intento di restituire qualcosa ad
uno sport che gli aveva dato tanto. Ha seguito, su preghiera di Alessandro Di Marco del Pony Club - Istruttore
di larghe vedute e felice di giovarsi di un contributo
così autorevole - la dodicenne Alja Freier che gareggiava in Dressage con il pony Saturno, e ha continuato
a consigliarla anche quando Alja - che ha poi scelto
la specialità del Completo - è passata al cavallo. Dopo
aver vinto il Campionato Allievi Emergenti del 2011 con
Hantare, nato, allevato e addestrato da Antonio Gentili
Alja, ormai sedicenne, sta affrontando - sotto la guida
di Francesco Girardi, anche lui amatissimo allievo di
Adriano - le sue prime 4. Adriano aveva uno speciale
talento per farsi amare dai giovanissimi che riuscissero
a superare lo scoglio del suo carattere esigente; l’adolescente Barbara Severa, vincitrice ex aequo con Micol
Triberti della gara di potenza pony a Romacavalli del
2011 con la sua pony Westhill con cui ha saltato un
muro di un metro e 55, intervistata alla vigilia del concorso del 2012 ha detto: “vorrei fare un ringraziamento
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Adriano Capuzzo | Scritti
particolare al dottor Capuzzo, che non è più con noi.
Rivolse dei complimenti molto speciali alla mia pony.
Ne sono orgogliosa e soprattutto mi reputo fortunata ad
avere avuto uno speaker ‘grande’ come lui”.
Negli ultimi anni - oltre ad essere referente per il settore
Completo per il Comitato Lazio, su preghiera del Presidente Brunetti che non intendeva assolutamente rinunciare alla sua collaborazione - tutti i martedì e i venerdì
era a Manziana, da Antonio Gentili, suo allievo fin da
quando era bambino. Antonio è proprietario di una piccola, curatissima scuderia vicino alla casa di campagna
di Adriano. Ancora ragazzino - fra l’84 e il ’90 - Antonio
veniva portato tre volte a settimana da suo padre Luigi
a Roma, prima al Pony Club e poi alla Farnesina, perché
potesse seguire le lezioni “del dottore”. Adriano - per carattere assai avaro di complimenti - ha scritto che Antonio “monta assai bene a cavallo con innata sensibilità e
correttezza, avendo fatto tesoro degli insegnamenti ricevuti al Centro Militare Equestre di Montelibretti, dove ha
prestato servizio di leva nel 1995”. Adriano ha sperato
che Antonio si raffermasse, affinché potesse avere a disposizione qualche buon cavallo fornito dall’esercito. Pur
continuando a montare in Completo, Antonio ha invece
preferito la vita civile e dunque - sono parole di Adriano - “come tutti i bravi cavalieri che non hanno un 740
importante, e non possono assicurarsi un cavallo internazionalmente competitivo, ha finito per rappresentare una
perdita secca per l’equitazione italiana”.
Che la FISE avesse rinunciato alla politica di comperare
dei cavalli competitivi da fornire agli atleti - opportunità
che negli anni dei grandi successi italiani era stata offerta
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Un uomo moderno di antico stampo
a lui e ad altri cavalieri - era uno dei grandi dispiaceri,
degli irriducibili crucci di Adriano. Che andava di pari
passo con il rammarico di non veder sufficientemente
curata la formazione degli Istruttori. “Purtroppo c’è una
terribile mancanza di una cultura equestre elementare. E
di questo noi dobbiamo sentirci responsabili. Se mamma
FISE non è stata attenta alla formazione degli Istruttori,
formati con eccessiva facilità, tocca a noi cercar di rinverdire certi valori e certe doverose conoscenze” scriveva
due anni fa a Piero D’Inzeo, considerato da lui un modello di stile e di sapienza tecnica.
Dei suoi trascorsi agonistici con Piero D’Inzeo Adriano
amava ricordare - lo scrive anche nella lettera a lui indirizzata e raccolta in questo volume - l’aiuto che D’Inzeo
gli offerse ai Campionati Europei che si tenevano a nel ’59
a Parigi, dove Adriano montava il grigio Pioneer, di proprietà della FISE. Il percorso della prima giornata si apriva
con una linea di due ostacoli sistemati sul lato lungo del
campo: passato il primo, Pioneer s’era scaraventato contro
il secondo con tale violenza da aprire le mani di Adriano,
strappandogli le redini e lanciandosi contro le transenne
che delimitavano il lato corto, da lui scambiate per il terzo
ostacolo. Mentre suonava la campana dell’eliminazione,
Pioneer s’era ricevuto sulla curva parabolica del velodromo, scivolando per dieci metri in un miracoloso equilibrio, mentre i ferri facevano scintille sul cemento, senza
che lui e Adriano finissero a terra.
Avvilito, quella sera Adriano si consultò con il Capo Equipe Antonio Gutierrez: forse conveniva che rinunciasse a
montare Pioneer, uscendo in gara solo con l’altro cavallo
che gli era stato affidato. Ma Piero D’Inzeo si offrì di dar21
Adriano Capuzzo | Scritti
gli una mano: “credo di aver capito cosa si debba fare”.
D’Inzeo mise Pioneer a lavorare alla corda in modo molto impegnato, con le redini fisse sugli anelli del filetto
e con quelle elastiche sulla briglia. Al termine di un’ora
abbondante di lavoro, in cui non erano mancate ribellioni e impennate - ed un venditore di palloncini che aveva
avuto la colpa di trovarsi lì in mezzo era stato avvolto
dalla longia come un salame - il cavallo finì per cedere
e cercare il ferro. Una volta montato da Adriano, invece
di schizzar via dopo il salto com’era sua abitudine, fece
l’alt che gli era stato richiesto. E un altro alt lo fece davanti al secondo ostacolo. Il giorno seguente, il binomio
Pioneer-Capuzzo gareggiò in notturna, aggiudicandosi
un bel netto. Dopo Parigi la squadra si trasferì ad Aquisgrana, dove vinse una Coppa difficilissima a cui partecipavano ben 11 nazioni. La medesima squadra andò poi
a vincere la Coppa a Ginevra. “Fu dopo l’aiuto offertomi
da Piero a Parigi - raccontava Adriano - che compresi
davvero cosa significasse diventare cavaliere. Non lo si
è fino a trent’anni. Non lo si è fino a quando non si riesce a comprendere cosa, come e quanto chiedere a un
cavallo, rispetto al suo carattere, alle sue attitudini, alle
sue potenzialità. Intuendo la soglia della sua disponibilità e avvicinandolesi il più possibile, senza mai superarla.
Questo deve fare un vero cavaliere”.
Secondo Adriano un cavaliere deve essere tale in ogni
momento, dentro e fuori la scuderia. È un concetto assai
antico, analizzato molto bene dallo storico Jean Flori nel
suo libro, edito da Einaudi, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, concetto che nell’Ottocento ha ritrovato un nuovo
vigore: il cavaliere doveva essere simbolo di correttezza,
gentilezza, giustizia ed eleganza. Adriano (che pure amava
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Un uomo moderno di antico stampo
moltissimo lo strapelato cavaliere di ventura Brancaleone
da Norcia, interpretato da Vittorio Gassman, tanto da chiamare così uno dei suoi boxer) vedeva - e giustamente - nel
cavaliere un esempio da seguire, nell’Istruttore un educatore da ascoltare, nello sport una scuola di vita. Per Adriano un cavaliere non doveva mai perdere le staffe, fosse in
sella o a piedi. Ai suoi allievi che si sposavano (si sa che i
cavalli sono spesso dei magnifici Cupidi) regalava un paio
di staffe d’argento, fatte fare appositamente, con incisi i
nomi degli sposi, e la raccomandazione “di non perderle
mai, soprattutto nel matrimonio”.
Idealista com’era, non ammetteva sotterfugi o scorciatoie. Figurarsi cavalli “sbarrati” o “dopati”. In una delle
sue relazioni come Referente del settore Completo scritta nel lontano ’77 segnalò alla FISE che un appartenente
alla squadra italiana “malgrado il mio intervento dissuasivo, ha trattato il proprio cavallo con una iniezione di
Combelin mezz’ora prima della gara di addestramento,
sostenendo che ‘doveva assolutamente salvaguardare
la sua reputazione di cavaliere’”. Nessun commento a
quelle righe, ma nel leggerle sembra di sentire il rimbombo della sua voce, che nei momenti d’ira si faceva
durissima, metallica. Del resto è difficile immaginare un
pensiero diverso da una persona che ha scritto: “I cavalli sono esseri generosi, disponibili, silenti e gli uomini
hanno il dovere di non ingannarli, di non abusare delle
loro qualità”; da un cavaliere che nei suoi album ha annotato più e più volte, a proposito del grande grigio di
proprietà di Barbara Filippucci, da lui montato in tanti
concorsi internazionali: “Rubicon non sta bene”; e che
il 4 agosto 1967, sotto una bella foto in cui la sua testa
espressiva si stagliava sui muri rossi della Farnesina,
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Adriano Capuzzo | Scritti
ha scritto: “Rubicon ci lascia definitivamente”. Nella pagina accanto, sotto la frase: “abbiamo gareggiato a…”
un lungo elenco di città e di date, da Bruxelles ’65 a
Barcellona ’66 a Lucerna ’64, senza contare l’amatissima
Piazza di Siena. Le due pagine seguenti sono bianche.
C’è appuntata una sola frase: “un grande vuoto”. Se ne
era andato un amico, un interlocutore, un compagno
amatissimo.
Fortemente segnato dalla sua formazione quasi ottocentesca, e dunque inizialmente propenso ad una netta divisione di ruoli fra il maschile e il femminile, col tempo
Adriano ha imparato ad apprezzare il valore intellettuale
e professionale delle donne, anche grazie all’esempio di
vita delle figlie. Assieme alla stima per alcune compagne di sport come Barbara Filippucci - ottima istruttrice e proprietaria dell’amatissimo Rubicon - e Lalla Novo
(che egli aveva invano sperato di vedere Presidente della
FISE) nutriva grande ammirazione per Angela Mascioni,
veterinaria di cavalli che con alcuni colleghi aveva organizzato nel 2010 un convegno di studi intitolato “Horse
Emergency, il veterinario di servizio, procedure di emergenza”. Adriano aveva partecipato a tutto il convegno in
qualità di uditore, ancora e sempre fedele al suo convincimento che “sui cavalli c’è sempre da imparare”.
È stato anche un “capo” molto amato: interpretando i sentimenti di Mariella, Flavia, Gabriella e Serena - le collaboratrici del Comitato Regionale Lazio con cui Adriano ha
lavorato a quotidiano contatto per otto anni - (il primo
giorno del suo incarico si presentò con un mazzo di fiori)
una di loro ha scritto alle figlie dopo la sua scomparsa,
ricordando fra l’altro “la sua disponibilità, la sua enorme
cortesia nell’ascoltarmi; ha cambiato (in verità pochissime
24
Un uomo moderno di antico stampo
volte) e mi ha fatto cambiare (qui le volte sono state decisamente più numerose) opinione su qualcosa da chiarire
o su richieste che magari potevano sembrare sbagliate.
Anche se negli ultimi tempi le sue visite al Comitato, e
quindi le occasioni di incontro, sono state poche il vuoto
che ha lasciato è enorme. Davvero si sente la mancanza
di un grande Uomo e di un vero Signore come non ce ne
sono più molti: aveva sicuramente - permettetemi di dirlo
- difetti e manie, ma vi assicuro che è stato un ‘capo’ e una
persona davvero indimenticabile”.
Poiché qui si tenta di ricordare un uomo e non di avviare
la beatificazione di un santo, va da sé che il carattere di
Adriano aveva grandi qualità, grandi pregi ma non era
certo immune da difetti. Nell’autunno della sua esistenza,
raccontava spesso di essere stato un peccatore. Ma questo riguarda solo lui e la sua coscienza. Certo è che la sua
rocciosa tenacia poteva sconfinare nella cocciutaggine.
Che la sua indubitabile autorevolezza talvolta si velava
di autoritarismo. Che era un Istruttore impaziente con gli
allievi lenti nel rispondere alle sue richieste (io che sono
stata una sua allieva anomala, senza altra qualità che la
buona volontà, ne so qualcosa). Che ha sacrificato ai cavalli gran parte della sua quotidianità familiare. Ma è altrettanto vero che il procedere del tempo gli ha regalato
nuove e inaspettate emozioni: la gioia con cui ha spedito
a tutti via mail la foto della sua bisnipote, la piccola bellissima Anna, era grandissima e sincera. Come l’orgoglio
con cui ha ascoltato la brillante discussione della tesi
della nipote Livia, che si è guadagnata un 110 e lode.
Ora Adriano riposa nel cimitero di San Rocco di Castagnaretta, in Piemonte, dove le figlie lo hanno accompagnato
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Adriano Capuzzo | Scritti
in una giornata tersa e brillante in cui sembrava di poter
sfiorare con mano le montagne là attorno, ancora innevate. Avrebbe desiderato seguire le Olimpiadi di Londra
nella speranza di vedere il suo allievo Stefano Brecciaroli
in gara nell’Individuale di Completo. Nonostante l’equitazione fosse per lui lo sport della vita, Adriano era appassionato anche di tutte le altre discipline. Londra è un
traguardo che gli è mancato. Ma non è detto che dal suo
paradiso - di sicuro assai simile ai verdi drappeggi dei
Pratoni del Vivaro - non abbia seguito i Giochi londinesi,
per tornare poi - come ha scritto nel suo congedo dalla
Presidenza del Comitato Regionale Lazio - “ad incantarmi
ancora e sempre per gli occhi dolci di un puledro”.
26
1956: ostacolo n. 6 del Cross
olimpico di Stoccolma.
Il cavallo che Adriano monta
è il puro sangue Tuft of Heater
Memorie
di un cavaliere
Adriano Capuzzo | Scritti
Memorie di un cavaliere
L
e Olimpiadi, che Adriano considerava il
massimo traguardo di uno sportivo, non
gli hanno portato fortuna: nel 1956, in
squadra per il Completo a Stoccolma (per ragioni
di quarantena i cavalli non furono mandati a
Melbourne e dunque tutte le gare di equitazione
si tennero nella capitale scandinava) la sua
prova di Cross fu parzialmente compromessa da
un incidente che qui racconta; nel ’60 a Roma
fu ritirato all’ultimo momento, perché il suo
cavallo potesse essere utilizzato nell’eventualità
di un infortunio dei cavalli montati dai fratelli
D’Inzeo. Due episodi da lui rievocati con vero,
encomiabile, spirito sportivo, intriso della sua
sorridente ironia.
L’avventura olimpica
di Stoccolma
Al termine di tre anni di preparazione al Concorso Completo (tutte le mattine alle 7 ero in sella a Passo
Corese, estate e inverno) fui selezionato, dopo le prove
selettive finali compiute a Persano e a San Rossore, per
le Olimpiadi del ’56 con il cavallo Tuft of Heater, p.s.i. di
9 anni, nato in Irlanda, di proprietà della FISE, scelto due
anni prima dal Marchese Mangilli. La preparazione per
queste Olimpiadi mi portò per la prima volta all’estero
in squadra ufficiale e montai così nei concorsi di Basilea,
Windsor e S. Gallo. Le Olimpiadi si svolsero a Stoccolma
in alternativa a Melbourne, perché i cavalli non potevano
entrare in Australia per una disposizione quarantenaria.
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Adriano Capuzzo | Scritti
Dopo l’addestramento ero 9° su 62 partiti, 6° dopo la
prova di fondo, e 9° dopo il Salto Ostacoli. Ero in squadra (allora di tre soli cavalieri) con Giancarlo Gutierrez e
Giuseppe Molinari. Capo Equipe il Colonnello Chiantia,
subentrato da soli 4 mesi al Marchese Mangilli.
Nel Cross ebbi uno stranissimo incidente, che molto probabilmente mi tolse la grande soddisfazione di una medaglia olimpica. Il giorno della gara di fondo, per maggior sicurezza, al cavallo fu messo un sottopancia nuovo,
di cuoio, oltre all’usuale sassinga. Ricordo perfettamente
che dopo la prima marcia, lo steeple e la seconda marcia
di ben 14 chilometri, mi trovai alla partenza del Cross
con qualche minuto di vantaggio, appositamente accumulato per poter smontare e dare un breve riposo al
cavallo.
Prima che rimontassi, il sottopancia fu nuovamente tirato poiché il cavallo si era già leggermente “filato” per
l’impegno affrontato fino ad allora. L’ostacolo n. 8 era il
salto nel lago, che affrontai al trotto e superai con molta
facilità. Il lago era lungo circa 25 metri e l’acqua era alta
80 centimetri. Il sottopancia ebbe tutto il tempo di inzupparsi abbondantemente: pian piano si allungò e dunque
la sella si allentò.
Feci tutto il percorso in piena andatura, galoppando sicuramente ad una media attorno ai 570/580 metri al minuto. Tutto mi sembrò facilissimo. Il cavallo era in ottime
condizioni, in piena forma; non ebbe mai un’esitazione; affrontava le discese come un daino; nelle salite non
lo forzai mai; lasciavo che l’irruenza dell’attacco, sempre preso di sua iniziativa, si stemperasse da sola. Era
come fare uno “slalom gigante”: giravo con il solo peso
del corpo, tagliando sempre dov’era possibile, senza mai
interrompere l’azione e restando assolutamente fermo,
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Memorie di un cavaliere
immobile, davanti agli ostacoli. Lui puntava le orecchie,
misurava, apprezzava, si calibrava, esplodeva e atterrava
con una precisione e una sicurezza incredibili.
Dopo il 14° ostacolo mi accorsi che nel fasciare il cavallo con le gambe, sentivo il movimento delle anche.
Compresi subito che la sella era scivolata molto indietro.
Rivivo ancora quei momenti: guardai il pomo della sella
e mi accorsi che il garrese era completamente scoperto.
Sull’ostacolo non era più sufficiente la ceduta delle braccia, così mi lasciai allungare le redini. Ormai ero a un
palmo dalla fibbia.
Sempre in piena andatura, profittando di una dirittura,
provai a bilanciarmi su una staffa sola e sentii che la
sella si girava. Considerai subito la possibilità di fermarmi per rimetterla a posto, ma decisi di rischiare e continuai. In fondo, se avessi fatto molta attenzione a non
sbilanciarmi, sarei potuto restare in equilibro. Pensavo
che a un certo punto quella benedetta sella si sarebbe
fermata. Nel frattempo ero giunto al 24° ostacolo. Ero
a tre quarti del percorso. Gli ostacoli erano in tutto 36.
Ma la sella non si fermò. Continuò ad arretrare e arrivò
all’inizio della groppa. Non potevo più dare le gambe
perché intervenivo sulle anche del cavallo. Anzi, dovevo sforzarmi di tenere divaricati i piedi perché spesso
ricevevo sotto la suola i colpi della rotula posteriore in
movimento sotto la grassella.
Una volta giunto al 30° ostacolo il cavallo prese un grosso intruppone con l’anteriore destro, che non passò una
staccionata bianca. Si ricevette così su una gamba sola e
per una decina di metri avanzò incespicando a rimbocconi, con il naso in terra. Io finii abbracciato al suo collo.
Persi una staffa e le redini, mentre vedevo il terreno ormai vicinissimo.
33
Adriano Capuzzo | Scritti
Finalmente, da prestigioso puro sangue qual era, riuscì
a sollevarsi e la sua incollatura mi fece da trampolino
e mi proiettò per aria. Fortuna volle che ricadessi sulla
sella, che però era tutta piegata sulla destra. Se rimanevo
in quella posizione, dopo due o tre falcate di galoppo la
sella si sarebbe girata. Poggiai le due mani sul collo, scaricai su di esse tutto il mio peso, quindi - sempre in piena azione - mi ributtai indietro pesando sulla sola staffa
sinistra. La sella si raddrizzò.
Mi rendevo conto di essere ormai in una situazione estremamente precaria. Il minimo squilibro mi avrebbe rovesciato. Saltai l’ostacolo 31, poi il 32, poi il 33… Mi restavano solo 3 ostacoli!
Prima del 34°, una catasta di travetti alta mt. 1,20 e larga
2,10, si doveva infilare una specie di viottolo tracciato in
un folto bosco, ad andamento obbligato e sinuoso, con
una curva a destra notevolmente brusca. Il viottolo era
lungo circa 100 metri.
Rallentai leggermente l’azione sul verde spazio dal quale
provenivo e centrai felicemente l’inizio del viottolo, che
non era più largo di mt. 2,50, inoltrandomi nel cupo della
foresta. Capii che stavo galoppando ancora troppo forte,
perché le curve del viottolo mi apparivano all’improvviso
e rischiavo di sbattere le ginocchia contro i tronchi degli
alberi. Iniziai un ulteriore rallentamento ma d’improvviso mi ritrovai sulla curva stretta a destra. Mi dovetti
bilanciare sulla staffa destra, piegandomi all’inguine per
sottrarre la testa alla “frustrata” dei rami penzolanti.
Fu un attimo! La sella si girò di colpo, come se fosse stata
messa in equilibro su un tubo “Innocenti”. Diedi una bella schienata per terra, per fortuna senza incappare in un
albero (la foresta era molto folta). Mi feci trascinare per
alcuni metri senza lasciare le redini. Taft si fermò presto,
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Memorie di un cavaliere
perché la sella rovesciata sotto la pancia gli impediva i
movimenti. Ero fuori dalla zona di rigore dell’ostacolo
che distava circa 300 metri.
Mi rialzai. Ero solo, nel folto della foresta, con i piedi a
terra e Taft che ansimava e non stava fermo. Tutt’attorno
un silenzio assoluto. Non c’era anima viva, oltre le nostre due. Slacciai subito la sassinga, tentai anche con il
sottopancia ma non ci riuscii. I riscontri erano bagnati e
viscidi di fango. Mi tolsi i guanti di corda e tentai nuovamente, senza successo. Il cavallo s’agitava, infastidito
dall’inusuale assetto della sella. Tentai ancora, con crescente agitazione, ma senza il minimo successo.
Allora mi fermai, ripresi fiato e con molta flemma riconsiderai la situazione. Da quel lato non avrei combinato
nulla perché sviluppavo una forza contraria allo sgancio
delle fibbie. Passai dall’altra parte. Il cavallo s’innervosiva sempre più; dovetti accarezzarlo e parlargli con voce
calma e profonda. Con le redini lunghe sotto il braccio
mi avvicinai al treno posteriore. Trovai i riscontri, mi inchinai, e finalmente, aiutandomi con i denti, ne slacciai
uno. Ce n’erano tre! Ripetei la manovra dopo aver rasserenato il cavallo che, nel sentirmi trafficare lì dietro, si
impauriva sempre più.
Finalmente ebbi la sella in mano. Tornai dalla parte sinistra e lo insellai con facilità senza mettere la sassinga
e neppure i guanti; per non perdere tempo mi infilai
tutto in tasca. Tutti e due eravamo zuppi di sudore e di
fango: fumavamo come ciminiere. Rimontai agevolmente
e ripartii con progressione: qualche metro di passo, poi
pochi tempi di trotto e via al galoppo!
Svolazzai sulla catasta, poi una battuta di frasche che non
vidi neppure. L’assetto finalmente ritrovato mi ridava piena padronanza di me stesso. Infine una discesa di circa
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Adriano Capuzzo | Scritti
40 metri per andare a incontrare l’ultimo ostacolo: un
forte muro di pietre, seguito da un fosso di circa mt.1,50.
Tuft fece un salto acrobatico, alzandosi notevolmente
alla vista improvvisa del fosso. Il cavallo era ancora lucidissimo, anche se la fatica gli aveva tolto l’azione piena
e irruenta.
Terminai così, senza errori agli ostacoli e con una penalità di 6 punti sul tempo. Una sciocchezza. Ma quanto tempo avevo perso nella sistemazione della sella? Un
giorno rifeci tutti i gesti di quei momenti d’angoscia. Mi
risultarono almeno 2 minuti e mezzo, più la caduta e
l’interruzione dell’azione. Diciamo complessivamente 3
minuti? Erano tanti. A conti fatti avrei guadagnato quasi
il massimo degli abbuoni portandomi al 3° e forse al 2°
posto in classifica generale.
La prova di Salto Ostacoli non cambiò le posizioni dei
primi piazzamenti: i primi 3 fecero - come me - un errore
per uno.
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Memorie di un cavaliere
“L’
Olimpiade negata” è il titolo che lo
stesso Adriano ha dato al ricordo
della sua mancata partecipazione
alle Olimpiadi di Roma, dove era stato selezionato
per l’Individuale di Salto Ostacoli. Pronto a
scendere in campo a Piazza di Siena - luogo a lui
carissimo, nella cui chiesetta molti anni prima
aveva scelto di sposarsi con Bruna Beltramo cinque minuti prima della gara seppe che non se
ne faceva niente.
Roma 1960,
un’Olimpiade negata
Gara individuale di equitazione a Piazza di
Siena. Al massimo tre cavalieri per Nazione. Percorso a
due manches. La prima al mattino presto, alle 7,30; la
seconda alle 14.
Dopo l’ultima prova effettuata a Salsomaggiore mi ero
qualificato per la partecipazione con il cavallo The Quite
Man, castrone baio irlandese di 11 anni di proprietà FISE.
Ed ero reduce dal 9° posto Individuale e 5° in Squadra
alle Olimpiadi di Stoccolma del ’56, l’anno di Melbourne,
dove non si poté andare a causa di una quarantena di tre
mesi per i cavalli.
La ricognizione del percorso fu molto scrupolosa. Il percorso era abbastanza lungo ed impegnativo con ostacoli
alle cui dimensioni eravamo abituati (altezza da 1,45 a
1,60 e larghezza da 1,70 a 2,00).
Le difficoltà consistevano principalmente negli spazi tra
un elemento e l’altro delle combinazioni: la doppia gabbia
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Adriano Capuzzo | Scritti
(ostacolo n. 7) e la gabbia di larghi (ostacolo n. 11). La prima - tutta a mt. 1,50 di altezza - era costituita da un muro
distante 7,50 dal secondo elemento: spingendo, bastava
una sola falcata di galoppo. Superato il secondo elemento,
per coprire i 9 metri che portavano al largo d’uscita, una
sola falcata correva il rischio di non esser sufficiente, ma
due potevano esser troppe e si finiva con il petto sulla
prima barriera del largo. Nella gabbia di larghi, la distanza di 8 metri si copriva con difficoltà con una falcata di
galoppo. Guai se un cavallo si alzava troppo sul primo
arrotondandosi! Ci si allontanava dal secondo elemento e
ci si poteva “ingamberare” sull’uscita, come successe a The
Rock con Piero D’Inzeo.
Il Generale Formigli, toscano, all’epoca Presidente della
FISE e responsabile delle squadre, mi disse: “Caro Capuzzo, l’ho messa terzo a partire, così ha modo di vedere
tanti cavalli”.
Verissimo; in un Concorso ippico, se il terreno è buono,
è un vantaggio partire tra gli ultimi.
Non persi un colpo. In tribuna, con la giacca rossa, il
bavero verde filettato di bianco, i pantaloni avorio, gli
stivali neri con risvolto marrone, ero l’unico cavaliere civile tra gli italiani, come già era accaduto alle Olimpiadi
di Stoccolma.
The Quite Man era potente; non molto sangue, a volte pigro ma generoso, non conosceva la piantata. Era in buone condizioni. Visti tutti i percorsi sino a 15 cavalli prima
di me, immaginavo che qualche errore sarebbe venuto
fuori, ma non sarebbe stata una… catastrofe!
Mi avviai nella zona sul retro del tabellone d’entrata, dove
sostava il cavallo; mi infilai i guanti, tirai giù le staffe e
montai in sella per andare in campo prova. Mi sentivo a
mio agio. In quel preciso momento mi si avvicinò il Ge38
Memorie di un cavaliere
nerale Formigli che mi fece smontare da cavallo. Rimasi
perplesso; pensai che mi volesse suggerire qualche cosa
di… molto segreto. Mi mise una mano sulle spalle e mi
invitò a camminare con lui finché mi disse: “Caro Capuzzo, Lei non parte”.
Trasecolai: “Come non parto, Signor Generale, cosa mi
dice? Vuole scherzare?!”
Formigli proseguì: “Sia sereno, forte e mi ascolti: ora Le
spiego…”.
Più andava avanti a spiegarmi, più montava in me un
inaudito livore. Non credevo alle mie orecchie. Da roseo
che ero, passai rapidamente ad un plumbeo pallore; per
il dolore e per la rabbia credo d’essere diventato verde,
come il bavero della giacca.
Il suo discorso era semplice: i due D’Inzeo erano andati
bene e dovevano partecipare alla seconda manche. Vi è
sempre un rischio nell’affrontare questi tipi di percorsi.
Se si fosse fatto male uno dei due cavalli montati dai
fratelli, Formigli avrebbe potuto utilizzare per la gara a
squadra di tre giorni dopo il binomio già iscritto, composto da me e da Quiet Man. A cui - dunque - andava
evitato qualsiasi rischio.
Fu durissima da ingoiare, oltre tutto il cavallo non era
mio. Oggi, dopo 50 anni, riconosco che aveva ragione.
Ma mi ci sono voluti 50 anni! Nella grande tensione del
momento Formigli dimenticò di dichiarare alla Giuria il
mio ritiro e quindi io sono un “NON PRESENTATOSI” alla
gara olimpica.
È un’esperienza che non auguro a nessuno.
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Adriano Capuzzo | Scritti
“V
incere con modestia, perdere con il
sorriso”: questa frase riassume efficacemente lo spirito sportivo di Adriano. Ed
è con gli occhi di uno sportivo, di un appassionato,
di un tecnico che racconta la prova olimpica
individuale in Salto Ostacoli di Raimondo e
di Piero D’Inzeo - per lui il cavaliere perfetto,
metafisico, impareggiabile - alle Olimpiadi del
1960. In quella Piazza di Siena in cui lui non
aveva potuto gareggiare.
Oro e Argento
per due fratelli
La gara di Raimondo
La mattina del 7 settembre 1960 a Piazza di Siena alle ore
7,30 il primo percorso. 23 Nazioni, 60 concorrenti. Raimondo è quarto ad entrare nell’individuale con Posillipo:
penalità 0! Unico netto del primo giro!
Nel primo pomeriggio, il 2° giro: penalità 12! Ahi ahi! L’argentino Dasso con il grigio Final aveva 4 al primo giro ed il
francese Fresson 8 con la sua femmina baia Grand Valeur.
Potevano fare meglio di lui nel conto totale dei due percorsi. Intanto Piero chiude il primo giro con 8. Parte il grigio
Final, con l’argentino Dasso; subito un errore al n. 3.
Piazza di Siena è strozzata da un silenzio extraterreno; il
cavaliere argentino è diventato grigio come il suo cavallo;
secondo errore al n. 7 in uscita della doppia gabbia, composta da un muro a 1,50, a 7,50 una triplice da 1,50 larga
1,80 a 9 metri un passaggio di sentiero a barriere pari a
1,50 largo 1,70.
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Memorie di un cavaliere
In quel preciso momento Dasso è a pari punti con Raimondo. Ci vorrà un barrage? L’argentino sente il timore
di fare ancora un errore; diventa rigido, chiama indietro,
perde fluidità trasmettendo al suo Final tutta la sua tensione ed infatti al n. 12 - un cancello rustico con filagna
a fronte stretto a mt. 1,50 - ecco il suo quarto errore. Più
un fuori tempo (la cadenza era 400 mt/m. e non c’era da
tagliare, anzi alle due curve estreme vi erano due passaggi obbligati). Totale 2° giro, 18. Totale sui due giri, 22.
Tocca ora al francese Fresson; parte con 8 penalità. Monta bene, in avanti, corretto, liscio come l’olio, ma il cavallo non è brillante, ha perso smalto, è poco reattivo, forse
è stanco. Lui non cambia di una virgola la sua monta e
sfiora delicatissimamente ben 4 ostacoli. Finisce con 16.
Sommandole alle 8 precedenti è a 24.
Raimondo con Posillipo, mezzo sangue italiano, Allevamento di Morese, 10 anni, è Campione Olimpico, Medaglia d’Oro!
La gara di Piero
Piero aveva 8 penalità al primo giro: sulla riviera di mt. 5,
e sul n. 10, un verticale di tavole a mt. 1,60. Quando entra
per il secondo giro, Piazza di Siena si paralizza; solo le
rondini garriscono liberamente. Se fa netto, vince; se fa
un errore, barrage con Raimondo! E se invece fa di più?
Piero farà 8 penalità, ma con un’avventura unica nella
storia dell’equitazione olimpica.
Il primo errore, un po’ scontato, è sulla solita riviera; il
secondo in uscita dal largo della gabbia n. 11 così costituita: oxer di siepe con barriere pari a mt. 1,40 largo
1,60 poi, a 8 metri, passaggio di sentiero a barriere pari a
mt. 1,50 largo 1,60. The Rock entra deciso sull’oxer, lo
rispetta anche troppo, si solleva molto e quindi si rice41
Adriano Capuzzo | Scritti
ve vicino all’ostacolo, e dunque leggermente lontano dal
secondo largo che è a 8 metri (pensate che oggi un gabbia simile si mette a mt. 7,30). Piero lo sollecita forte in
avanti, non ha alternative. Il cavallo si distende, allunga
la falcata di galoppo, ma il culmine della parabola non
è a metà del largo: è sulla prima barriera! Con la totale
libertà d’incollatura lasciatagli da Piero il cavallo, in uno
sforzo estremo, passa con un solo anteriore; con l’altro
tocca la barriera d’uscita dall’alto verso il basso e se la
porta in avanti, incespicandoci sopra quando si riceve.
Finisce in ginocchio, strusciando sul terreno con il muso
in terra per 7/8 metri. Piero lascia tutte le redini, ma è saldamente inforcato, non rimane indietro. È perfettamente
bilanciato sul cavallo che dopo questo inizio di cazzotto
classico, con un prestigioso e formidabile recupero, si
rialza, leggermente squilibrato verso sinistra. Piero non
perde l’occasione, recupera al volo le redini, gira immediatamente a sinistra e, dando fiducia a The Rock, attacca
deciso il verticale in curva a fronte stretto a mt. 1,50 di
fronte alla banda dei Carabinieri. È Medaglia d’Argento!
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Memorie di un cavaliere
L
egato fin da bambino a Piazza di Siena, dove
nel 1938, appena undicenne, vide l’allora
Capitano Antonio Gutierrez conquistare il
record mondiale di elevazione saltando 2 metri
e 44 centimetri (tutt’ora record europeo) con
un castrone baio irlandese di 16 anni di nome
Frothblower, ribattezzato Osoppo, Adriano ne ha
sempre scritto volentieri. Ecco il racconto - del
maggio 1991 - di come divenne speaker ufficiale
del Concorso per oltre un decennio.
Piazza di Siena,
speaker e vincitore
Piazza di Siena? Unica al mondo, per la sua
cornice spettacolosa, per i suoi cavalli e cavalieri, per il
suo pubblico. È un traguardo ambito per ogni cavaliere;
è un sogno difficile da raggiungere. Quando si spalanca
quella porta ed entri, ti senti schiacciare dalla cornice che
ti circonda. Io prendevo subito il galoppo per portarmi
al centro dell’arena. Mi serviva per scrollarmi di dosso la
pressione, per mettere il mio compagno atleta sulle sue
gambe, per fargli “assaggiare” il terreno (il campo prova
era ed è di sabbia). Insomma, mi concentravo meglio
galoppando, sentendo il fischio del vento fra le orecchie.
Già pensavo all’ostacolo numero 1 e alla doppia gabbia.
Episodi buffi: quando avevi successo, la gente ti chiedeva un autografo. Una volta un giovane mi presentò una
patente di guida; rimasi perplesso, insistette: “mi firmi
qui così mi rimane per la vita”. Non sapeva, allora, che
sarebbe stata tramutata in una scheggia di plastica.
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Adriano Capuzzo | Scritti
Un ricordo esaltante? Coppa delle Nazioni 1974. Piero
D’Inzeo, Graziano Mancinelli, Vittorio Orlandi ed io ci
troviamo dopo la seconda manche a pari punti con i
francesi. Quindi, barrage. Nessuno di noi aveva mai pensato che ciò potesse avvenire. Era Capo Equipe Fabrizio
Finesi, io ero tranquillamente in tribuna con degli amici,
dopo aver realizzato 4 penalità in prima manche e 0 nella
seconda. Dovevo essere il primo a partire. Mi scaravento
in campo prova; ma com’era il giro? Bisognava fare di
nuovo tutto il percorso? Finesi corre a informarsi, a controllare il grafico. Intanto, trotto; poi una partenza in galoppo a mano sinistra; avrei voluto anche a mano destra.
Non c’era tempo, un salto e via all’ingresso. Fabrizio mi
accompagna: “1 - 2 - 8 - 3 - 7abcd - 10 - 11, te lo ricordi?”.
Era l’unica volta che a Piazza di Siena Marcello Mastronardi, direttore di campo, aveva messo una quadrupla
gabbia: verticale in entrata, oxer di siepe, muro, triplice
in uscita a seguire, poi in dirittura il cancello rustico di
filagne romane a fronte stretto. Andiamo come il vento
e vinciamo la Coppa. I quattro cavalli: Beau Regard con
me, Fulmer Feather Duster con Vittorio, Bel Oiseau con
Graziano, Easter Light con Piero. Fantastico!
Con il passare del tempo, che scorre veloce e increspa
di prezioso argento i capelli, a Piazza di Siena ho collaborato per sei anni come “butta-fuori”. È un termine sbagliato, dovrebbe essere “butta-dentro”. Conoscevo tutti i
cavalieri, li chiamavo dal campo prova: un sorriso e li
accompagnavo a quel famoso portone che si spalanca di
colpo. Fu una bellissima occasione per conoscere le tensioni e le reazioni di tutti. C’era chi non parlava più; chi
sbiancava; chi rideva o scherzava o si sforzava di ridere e
scherzare. I cavalli attoniti, con gli occhi dolci di sempre,
ma qualcuno con il rialzo della temperatura corporea;
44
Memorie di un cavaliere
con il sangue palpitante nelle vene ad arrossare anche gli
occhi. Li chiamiamo “soggetti nervosi”. Sono quelli che
hanno capito tutto.
Quei sei anni li passai con un personaggio incredibile,
il Maresciallo Pinna dell’Arma dei Carabinieri; sempre lì,
validissimo ancora oggi. Nei secoli fedele, anche a Piazza
di Siena.
Un giorno di fine settembre di diversi anni fa ero a Grosseto per giudicare “l’attitudine” dei cavalli di 4 anni al
Premio Allevamento, insieme a Lodovico Nava e Giuseppe Moretti. Era piacevolissimo, con una signora toscana
che fungeva da speaker. Dalla mattina alle 8 alla sera alle
19. Il secondo giorno la nostra speaker si allontanò per
una “impellente necessità” e io la sostituii per 10 cavalli.
Così nacque la mia candidatura a speaker di Piazza di
Siena. Mi divertii per 10 anni con una collaborazione volontaria e appassionata: spiegavo le difficoltà dei percorsi, mi immedesimavo nelle azioni che facevano i cavalieri, illustrandole al pubblico; creavo suspense al momento
giusto; coglievo i momenti comici di disavventure equestri, sempre possibili anche per i campioni. Il pubblico
mi seguiva: lo sentivo ridere, oppure gelarsi in profondi
silenzi. Avevo l’impressione di condurlo per mano.
Lì, a Piazza di Siena, unica al mondo, sotto i severi cipressi che avevano assistito alle prodezze di tanti cavalli
e cavalieri del passato, risuona oggi il galoppo di altri
soggetti con altri cavalieri, ripetendo altre prodezze ed
altre avventure, con lo stesso spirito, con la stessa forza
d’animo e la stessa… disperata pioggia!
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Adriano Capuzzo | Scritti
P
er commemorare Graziano Mancinelli
nel decennale della sua morte, nel 2002
chiesero ad Adriano un suo personale
ricordo sul cavaliere italiano campione di tante
vittorie, medaglia di Bronzo di Salto Ostacoli su
Rockette alle Olimpiadi di Tokyo del ’64, Oro con
Ambassador nell’individuale di Salto Ostacoli alle
Olimpiadi di Monaco del ’72. Adriano, che aveva
montato con lui alla Farnesina, ne descrisse il
precoce talento, ricordando un aneddoto a cui
aveva personalmente assistito attorno all’inizio
degli anni Cinquanta.
Un aneddoto
su Graziano Mancinelli
L’ho conosciuto che era ancora un ragazzino
sui 13/14 anni. Venne a montare presso la Società Ippica
Romana, conosciuta a Roma come la “Farnesina”, dove
troneggiava un grandissimo Istruttore: il Colonnello Giuseppe Chiantia. Graziano venne alla Farnesina perché lì,
ex Sottufficiale di cavalleria, lavorava suo padre, come
segretario del Sodalizio.
Era piccoletto, magro come un chiodo, con un gran testone, le orecchie a sventola, due occhi furbi, chiari come il
ghiaccio, sempre attenti. Subito mostrò una gran qualità
che non si insegna: il talento. Aveva senso del cavallo,
destrezza e quando era in sella non disdegnava l’avventura, con quell’incoscienza giovanile che da sempre è la
molla di tanti giovani sportivi.
Il Colonnello Chiantia gli faceva montare 4 o 5 cavalli al
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Memorie di un cavaliere
giorno; i più disparati; i più difficili; da quelli disperatamente nevrili a quelli pigri, scontrosi, abulici. La Farnesina (con i suoi Presidenti, grandissimi uomini di cavalli
del calibro di Bruni, Formigli, Lequio, Riario, D’Amelio)
fu in pratica il primo efficace sponsor di Graziano.
Ricordo chiaramente il giorno in cui il Colonnello Chiantia, dopo aver lavorato tanti mesi con Graziano, in piano
o con dei semplici esercizi, un certo cavallo della scuola
di nome Que Quenta - un sauro argentino, abbandonato
dai suoi proprietari per quanto era difficile, testa al vento, scarno, con il collo rovesciato verso l’alto, la schiena
bassa, la groppa piatta, insomma brutto, ma saltatore violento - gli fece fare un percorso in campo ostacoli: 10/12
salti di seguito. Noi eravamo al passo sulla pesta, a mano
destra.
Il ben noto Que Quenta aveva fatto fare a parecchi di noi
delle pessime figure e tutti ci aspettavamo di vederlo scappare dopo il 3° o 4° ostacolo, andando contro la mano e
poi sopra la mano, per poi scaraventarsi contro gli ostacoli
in maniera crescente, come L’inno al Sole di Mascagni,
raggiungendo una velocità da “pista grande” a Capannelle.
Questo era quel che accadeva con noi.
Con Graziano andò tutto bene fino al n. 3, poi nulla di
cambiato verso il 4. A seguire, il 5 e il 6 in linea a una
ventina di metri, una difficoltà. Ma nulla cambia: Que
Quenta rimane sereno, con l’incollatura distesa verso il
basso, rotondo sugli ostacoli. La doppia gabbia, perfetta:
una rimessa in entrata con verticale, un tempo di galoppo
e poi bello rotondo sul secondo largo; ancora un tempo
di galoppo e quindi l’uscita, ancora con un largo sul quale
Que Quenta esplode alto, potente, atletico, preciso. Incredibilmente, tutto finì nella massima serenità: netto agli
ostacoli. Eravamo sul mt. 1,25, 1,30.
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Adriano Capuzzo | Scritti
Graziano non faceva nulla. O meglio sembrava che non
facesse nulla. Certo, non lo montò mai in avanti, rimase
asettico, sull’inforcatura, in perfetto assetto (allora era inconcebile che la gamba scappasse indietro!); ogni tanto,
un paio di volte, accennò una carezza a metà collo.
Al termine del suo percorso, Chiantia dette un ordine
perentorio a tutti: aaalt! Nel grande silenzio che contraddistingueva le sue riprese, con il solo stormire delle giovani foglie di primavera dei pioppi della Farnesina, si udì
la voce tonante dell’Istruttore che si rivolgeva a Graziano: “vieni qui”.
Graziano, al piccolo trotto, a redini lunghe, con Que
Quenta senza una goccia di sudore (normalmente era
schiumato bianco), si fermò accanto a lui. Ci fu un lungo
silenzio. Tutti noi eravamo tesi ad ascoltare cosa avrebbe
detto il Colonnello.
Non gli disse nulla. Lentamente tolse il portafogli dalla
tasca posteriore dei pantaloni da cavallo. Indugiò un attimo e ne fece uscire una banconota verdognola; si tolse
il cappello, si avvicinò a Graziano impietrito in sella, gli
strinse la mano, gli sussurrò “Bravo” e gli consegnò il biglietto verdognolo. Poi fece due passi indietro e si rivolse
alla ripresa: “Passooo, a volontà, riposo”.
Chiantia s’incamminò verso l’uscita con una smorfia sul
volto segaligno, spigoloso. Un volto segnato da una commozione intima, profonda, prorompente, che non poteva
essere liberata.
Sorpreso e sorridente Graziano era fermo in mezzo al
campo, con noi tutti attorno a festeggiarlo.
Passarono poche stagioni, ed era già Campione.
48
Memorie di un cavaliere
N
ella sua monumentale Storia dell’Equitazione Italiana, Giuseppe Veneziali
Santonio nota come Adriano Capuzzo
si dimostri, “oltre che cavaliere di gran classe,
uno scrittore scorrevole e divertente” riportando
la cronaca che Adriano scrisse sulla vittoria
che la squadra italiana conquistò nel 1966 ad
Aquisgrana. Guidata dal Capo Equipe Gerardo
Conforti - “cui era toccato l’ingrato compito
di escludere dalla squadra Lalla Novo - scrive
Veneziali - per far posto a Raimondo D’Inzeo
con il suo intramontabile e generoso Posillipo”
la squadra era composta da D’Inzeo, Stefano
Angioni su Canio, Capuzzo su Rubicon, Graziano
Mancinelli su Turvey. Dopo la prima manche
gli italiani erano al secondo posto. Il percorso
scartato era quello di Angioni su Canio, che in
crisi totale aveva sommato 28 penalità in un
percorso definito da Adriano “un calvario”. Ecco
il racconto di Adriano sulla seconda manche.
Cronache
da Aquisgrana
Nella seconda manche noi eravamo favoriti
dalla sorte: gli ultimi a partire. Turvey bissava un netto
strepitoso, siglando così la migliore prestazione di Mancinelli in senso assoluto. Rubicon infilava 3 errori nei primi 4 ostacoli del percorso. Una mezza ingamberatura su
di una barriera del secondo ostacolo lo rese arrabbiato,
violento e quindi disattento. Sono certo di aver sbagliato
49
Adriano Capuzzo | Scritti
in partenza: troppo morbido, troppo rilasciato, il cavallo
non aveva tono e quindi impulso.
“Non si può affrontare un percorso di Coppa come passare i cavalletti” mi disse giustamente il nostro Capo
Equipe Generale Conforti. Ed aveva ragione. Il grande
rientro di Canio ci riporta sulla cresta dell’onda: un Canio trasformato, un Nenè (Stefano Angioni n.d.r.) attento, calmo, dosatore, di un autocontrollo eccezionale, un
bello stile, una monta efficace, serena, consapevole. Una
sfiorata da niente: 4 penalità! Lo stadio di Aquisgrana si
alzò in piedi per applaudirlo!
Dopo i primi tre cavalli sommavamo così 4 penalità,
escludendo Rubicon. Gli americani - che avevano esaurite tutte le loro cartucce - totalizzarono nel secondo giro
19 penalità, che sommate alle 3 del primo, li portarono a
quota 22. Doveva entrare il nostro ultimo cavallo: Posillipo con Raimondo. Ci trovavamo a 12 penalità, 8 nella
prima e 4 nella seconda manche: ciò significava che Raimondo poteva compiere anche due errori per portarci
alla vittoria.
Fulmine a ciel sereno! Al secondo ostacolo Posillipo fa
errore! Un brivido ci corse dalla punta dei piedi a quella
dei capelli. Raimondo fa appello a tutta la sua classe:
Posillipo va avanti, sfiora gli ostacoli, supera una doppia
gabbia sull’incitamento di un gesto di frusta del suo maestro. Siamo a metà percorso: 45.000 persone presenti
trattengono il fiato. Ad Aquisgrana non c’erano le rondini
di Piazza di Siena ma noi le sentivamo lo stesso. Sull’entrata della gabbia dei larghi, Posillipo ripete l’errore del
giro prima: lo stadio freme.
Mancano ancora cinque ostacoli, fra cui un dritto di tavole bianche e azzurre a mt. 1,55. Graziano non ha più il
coraggio di guardare e si rifugia in campo prova. Il Ge50
Memorie di un cavaliere
nerale Conforti ha la bocca secca come polvere di gesso.
Nenè è stravolto, teso come una pittura di Morandi. Lalla
(Novo n.d.r.) ha tra le mani il suo fido e simpaticissimo
cane “Negro”; lo ha preso per il collo e Negro non sa
cosa sta succedendo, ma sente che se dura ancora un po’
farà la fine di un pollo!
Posillipo va avanti, schitarra sulle tavole, supera un oxer,
è salvato da Raimondo su di un dritto successivo; infila la
dirittura d’arrivo, supera di slancio la riviera; è richiamato prima dell’ultimo ostacolo, una triplice; ci vola sopra.
Il trionfo!
Sono 3 anni consecutivi che l’Italia vince la Coppa ad
Aquisgrana. Un fatto unico nella storia del Concorso.
51
Adriano Capuzzo | Scritti
“H
o montato in ogni parte del mondo,
escluso il lontano Oriente e l’Europa
dell’Est” ricordava Adriano. Questo
è il suo resoconto di un Concorso a cui ha
partecipato in Sud Africa, organizzato con una
formula nuova.
CSI di Johannesburg
1973
Il Sud Africa è un paese immenso, di montagne, di foreste, di elefanti, di leoni, di gnu e anche di
cavalli. E fior di cavalli, devo dire. Per il 90% puri sangue
inglesi nati lì, con telai ampi e solidi, robusti e sostanzialmente belli e generosi.
La formula del Concorso era assolutamente nuova: quattro giornate di gare a squadre; tutte le sere due manches
con regolamento tipo Coppa delle Nazioni; la quinta sera,
in chiusura, una categoria a barrage, tab. A. Individuale.
Eravamo in quattro nazioni: Inghilterra, Germania, noi e
il Sud Africa. Il Comitato Organizzatore aveva realizzato
quattro lotti di cavalli, ciascuno composto di 5 soggetti.
A rotazione, ogni sera si aveva a disposizione un lotto
diverso. Nel primo pomeriggio di ogni giorno, tutte le
squadre avevano 30 minuti a disposizione per provare
i cavalli del proprio lotto e scegliere così i 4 con i quali
affrontare i percorsi della sera.
In verità a noi sembrò che i cavalli venissero impegnati
troppo: nel pomeriggio mezz’ora di lavoro, di salti e di
prove; la sera, dopo 6 ore, due percorsi di 9/10 ostacoli ciascuno, sempre con due gabbie o una gabbia e
52
Memorie di un cavaliere
una doppia gabbia. Dobbiamo dire però con altrettanta
franchezza che i cavalli hanno retto benissimo, confermando pienamente le previsioni degli organizzatori e dei
proprietari, che fin dal primo giorno hanno sostenuto
i loro cavalli fossero forti e abituati alla fatica. Ricordo
che l’ultima sera, in campo prova, un grigio ferro con un
nome antico e aristocratico, King Salomon, mi tirò due
sgroppate di allegria, di freschezza.
La formula ha avuto pieno successo perché ogni sera si
poteva osservare la prestazione di ogni cavallo montato
sempre in maniera diversa. Immaginate un intero Concorso articolato su novità assolute; in più, i paragoni! Da
scriverci un libro!
Noi italiani abbiamo subito nominato all’unanimità Giulia
Serventi nostro Capo Equipe; era venuta a titolo individuale, ma nessuno sapeva che non c’erano gare individuali,
ad eccezione dell’ultimo giorno. A dirla tutta noi italiani
avevamo proposto alla Giuria di montare a turno, in modo
che uno di noi restasse a piedi ogni sera. Ma questa proposta non fu accolta, poiché non era stata preventivamente
accettata dalla FEI. Stavamo disputando il primo Concorso
al mondo con quella formula e il Comitato Organizzatore
non intendeva prendere decisioni che non fossero di sua
stretta competenza.
Mi è gradito dire che Donna Giulia ha avuto il suo bel
da fare: conoscendo bene le attitudini di noi quattro e
facendo appello a tutto il suo occhio e al suo mestiere,
ha messo sempre in linea dei binomi validi che hanno
ben figurato. Una sola eliminazione: la mia, il primo giorno, nella seconda manche, con tre piantate sull’ultimo
ostacolo. In quel momento non ho voluto alzare la frusta
dopo la seconda piantata, forse per troppo rispetto per il
cavallo o forse perché assalito dal dubbio che in fondo,
53
Adriano Capuzzo | Scritti
pur essendo giunto fin lì con un solo errore, non lo avevo montato bene.
Prestazioni molto felici in campo italiano. Nuti ha montato bene un baio oscuro Stormy Petrel realizzando 8
penalità (che potevano benissimo essere 4) ed un netto.
Il giorno seguente, lo stesso cavallo ha messo in grande difficoltà l’ottima amazzone inglese Anna Thounsend,
sposata a Mr. Backouse, la quale non è certo l’ultima venuta in campo internazionale; 19 penalità al primo giro,
7 al secondo. Il tutto dopo un pomeriggio di prova quasi
drammatico.
Io - mi spiace parlare di me stesso, ma la cronaca me lo
impone - ho indovinato in pieno il grigio ferro King Salomon dopo la monta del tedesco Melkopf con 47 penalità
nei due percorsi, realizzando 4 penalità in ognuno dei
due percorsi e un netto nel barrage contro i tedeschi (è
stato l’unico barrage delle squadre). Caso volle che questo cavallo mi capitasse in sorte anche l’ultimo giorno
dell’individuale: feci 4 penalità. Peccato non essere entrato nel barrage, dove però sarei stato di certo superato
da uno scatenato Ferrnyoug, un cavaliere inglese che ha
vinto la categoria con un barrage da vero saltimbanco.
Il nostro Lupis, assieme al tedesco Giebmans è stato il
cavaliere meglio classificato del Concorso. Non era il Lupis che conosciamo; si è sempre dovuto saggiamente garantire i cavalli che montava e questa sua apprensione è
andata un po’ a scapito del suo bello stile di monta, quasi
aerea, svolazzante, distaccata.
Non da meno è stato il giovane Sandro Rossi. Una sola
crisi al secondo giorno con un certo Picador, un cavallo
ostico che ha collezionato ben 56 penalità in due giorni
di gare; nel pomeriggio del terzo giorno un “cazzotto”
da enciclopedia ha allontanato Rossi dalla tenzone, per
54
Memorie di un cavaliere
fortuna senza danni per lui. Il terzo giorno ha montato
molto bene il baio Gold Sign, un ottimo soggetto che è
stato il terzo cavallo meglio classificato in tutto il Concorso, realizzando due netti.
Ecco i risultati complessivi: la prima sera siamo arrivati
quarti. La seconda siamo giunti secondi, dopo il barrage
con la Germania; la terza abbiamo vinto; la quarta sera,
di nuovo al 4° posto. Una curiosità: la squadra vincitrice
di ogni sera ha sempre montato lo stesso lotto di cavalli.
Se ne deduce che o quel lotto di cavalli era decisamente
il migliore, oppure, con dei cavalieri ad un certo livello,
il nostro sport è l’espressione del cavallo, non già del
cavaliere.
Terminate le gare, ringraziati i coraggiosi proprietari ed
ancor di più i pazienti cavalli, il Comitato Organizzatore
ha offerto alle squadre straniere tre giorni al Kruger Park.
Un’oasi di foresta primitiva che gelosamente conserva
tutti i segreti di un mondo meraviglioso, e a noi sconosciuto. Uno spazio sconfinato dove abbiamo osservato e
filmato innumerevoli animali in condizione di assoluta
libertà. Era nata in noi la spasmodica attesa dell’incontro
con il leone: finalmente, dopo un ininterrotto girovagare
(anche 12 ore al giorno di pullman) l’abbiamo trovato.
Lui, il re maestoso, attendeva pigramente sdraiato alla
fresca ombra di un albero il ritorno delle “sue” leonesse,
in caccia nelle vicinanze. C’è qualcosa di meraviglioso
nella ferrea legge della foresta: lui mangia e dorme mentre gli altri lavorano. Questo è quel che noi abbiamo immaginato.
A Johannesburg, per finire, non è certo mancata l’ospitalità. Ricevimenti, party, colazioni ufficiali e grande cordialità dei nostri ospiti: quasi tutti noi eravamo ospitati presso delle famiglie, in bellissime ville alla periferia
55
Adriano Capuzzo | Scritti
della città. Abbiamo visitato miniere d’oro e di diamanti,
sprofondando a 1700 metri sotto il suolo. Che tentazioni!
Qualcuno di noi ha anche visitato le “Victoria Falls”. Un
salto dello Zambesi di 128 metri, in un incredibile scenario dantesco al confine con la Rodesia. Due ore e mezzo
di aereo, 2500 chilometri di distanza. Il Sud Africa è grande come tutta l’Europa e ha solo 16 milioni di abitanti.
Signori miei, c’è ancora tanto posto per tutti a questo
mondo!
56
Memorie di un cavaliere
B
attagliero seppur cortese polemista, sempre
dalla parte dei cavalli, a volte assai severo
con gli uomini, Adriano ha pubblicato il
31 maggio 2005 sul quotidiano “Libero” queste
sue note sul percorso costruito per il Gran Premio
Roma di quell’anno.
Piazza di Siena
e i cavalli
Quarantotto partenti. Due soli percorsi netti.
Questo è il bilancio del Gran Premio Roma, che domenica scorsa ha chiuso il Concorso di Piazza di Siena. Un
segnale molto preciso, da non mettere in conto al dispettoso temporale che, come tradizione, ha bagnato la
manifestazione. Ma piuttosto alla malizia dell’uomo.
I cavalli sono esseri silenti, disponibili, generosi. E gli
uomini hanno il dovere di non ingannarli, di non abusare delle loro qualità. Questo, a Piazza di Siena, al Gran
Premio Roma, non è accaduto. Perché il percorso era
pieno di “malizie”, di inganni. Trappole che i cavalli non
dovrebbero essere costretti ad affrontare.
Piazza di Siena è larga solo 55 metri. Ebbene, piazzare
come ostacolo n. 5 una gabbia di verticali, e dopo solo
tre tempi di galoppo sistemare un verticale obliquo verso
destra (verticale che non poteva, per evidentissime ragioni, essere disposto dritto per dritto) non è cavalleristico.
È un inganno che ha comportato moltissimi errori ed è
costato inauditi sforzi agli atleti-cavalli.
Un altro esempio: montare, come penultimo ostacolo, al n. 12, una doppia gabbia con un verticale centra57
Adriano Capuzzo | Scritti
le praticamente trasparente, senza massa, con una barriera a mt. 1,50 tutta marrone, colore che notoriamente
non stimola l’attenzione dei cavalli, è - ancora una volta
- un inganno. Ed ecco, infatti, su quell’ostacolo (piazzato quando ormai i cavalli erano sul finire del percorso,
e quindi con il fiato corto) un’ecatombe di errori e di
eliminazioni.
Come se non bastasse, l’ultimo ostacolo, il n. 13, era posizionato in una curva obbligata e molto stretta, quando vi era tutto lo spazio disponibile per affrontare quello che dovrebbe
essere una sorta di premio per chi arriva in fondo.
Di fronte a un percorso del genere, malizioso, poco cavalleristico, punitivo, molti cavalieri non sono partiti, per
rispetto ai loro cavalli. Quel rispetto, profondo e inalienabile, che deve essere sempre presente, se si vuole che
l’equitazione continui ad essere considerata un nobile
sport.
58
Memorie di un cavaliere
P
er tutta la sua vita di cavaliere, Istruttore,
tecnico e dirigente sportivo, Adriano
ha sempre sostenuto che l’equitazione
non dovesse essere uno sport concesso soltanto
agli atleti con un “740 importante”. È facile
comprendere come la scelta fatta nel tempo dalla
FISE di non comperare più cavalli da mettere a
disposizione di atleti talentuosi ma non abbienti
l’abbia profondamente amareggiato. Durante gli
anni della sua presidenza al Comitato Regionale
Lazio, una delle sue preoccupazioni era di offrire
un sostegno economico alle squadre del Lazio che
si spostavano in Italia e all’estero per gareggiare.
Immaginarsi la sua reazione quando apprese
che a Piazza di Siena si aprivano le iscrizioni
a cavalieri da lui definiti “di sicuro reddito e
insicuro rendimento”. Ne nacque questo articolo,
pubblicato il 24 maggio 2006 sul quotidiano
“Libero”.
Piazza di Siena
e i cavalieri
Piazza di Siena, che nella memoria degli appassionati di equitazione è stata teatro di splendide ed
emozionanti imprese di grandissimi cavalieri, dagli italiani Piero e Raimondo D’Inzeo, fino ai Pessoa padre e
figlio, quest’anno vedrà comparire sul suo green un nuovo tipo di concorrente. Che, con un pizzico di malizia,
potremmo definire di sicuro reddito e di insicuro rendimento. Ovvero ricco ma brocco.
59
Adriano Capuzzo | Scritti
Come mai il tempio dell’equitazione, di solito duramente selettivo, ospita questa nuova categoria? La risposta è
racchiusa nella decisione presa dalla Federazione Italiana
Sport Equestri di indire una gara il cui costo di iscrizione
è di 3.000 - avete letto bene: tremila! - euro, riservata a
trenta cavalieri italiani “amatori”, i quali si misureranno
su altezze oscillanti il metro e venti e il metro e trenta.
Per capire quanto una cifra del genere sia impensabile,
basti sapere che le iscrizioni alle gare nazionali hanno un
costo fra i 25 e i 200 euro.
Da dove esce questa cifra di 3.000 euro, mai chiesta in
nessuna manifestazione organizzata dalla FISE? Chi può
permettersi di spendere così tanto denaro per il semplice
gusto di comparire in un luogo negatogli dalla durissima
selezione che è necessario superare per essere ammessi
a titolo individuale o per entrare in squadra, selezione
che si è svolta ai primi di maggio al Circolo Ippico Aretino su altezze olimpiche, fra il metro e cinquanta e il
metro e sessanta? La risposta è evidente: può farlo solo
chi ha un colossale 740.
Questa politica che premia il denaro e non il talento,
non solo avvilisce la fatica, l’impegno e il sudore di tanti cavalli di grandissima qualità che negli anni si sono
avvicendati allo CSIO di Roma, ma non paga neppure
dal punto di vista sportivo: infatti, nonostante le molte
e ottimistiche dichiarazioni del Presidente FISE Cesare
Croce, la nostra equitazione vive un momento tutt’altro
che esaltante. Tant’è che il Concorso di Piazza di Siena,
tradizionalmente considerato fra i primi 9 del mondo, è
stato declassato alla 2° fascia dalla Federazione Equestre
Internazionale, a causa dei modesti risultati conseguiti
dai nostri cavalieri nelle Coppe delle Nazioni dello scorso anno.
60
Memorie di un cavaliere
In questi giorni, in cui il venefico intreccio fra sport e denaro ci ha catapultato sui giornali di tutto il mondo per lo
scandalo del calcio, nessuna iniziativa poteva essere più
inopportuna di questa. L’equitazione è - nel nostro Paese
- uno sport disgraziatamente molto costoso, e dunque lo
sforzo di una federazione che abbia a cuore il destino dei
giovani cavalieri dev’essere quello di calmierare i costi e
distribuire benefici (cavalli alle scuole, ad atleti talentuosi
ma senza troppi mezzi, premi non concentrati soltanto su
chi è salito sul podio ma “spalmati” sul maggior numero
possibile di concorrenti).
Se la FISE avesse davvero voluto far gustare ai suoi tesserati il piacere di montare a Piazza di Siena avrebbe
potuto, dopo aver lasciato lo CSIO al valore dei cavalli
campioni, organizzare nella settimana successiva 3 giornate di un Concorso nazionale con 9 categorie al giorno,
calibrate per i vari livelli di preparazione tecnica, con libero ingresso al pubblico e la presenza delle scolaresche
romane. Questa sarebbe stata una festa il cui primo vincitore sarebbe stato il vero - e spesso dimenticato - spirito
dello sport.
61
Adriano Capuzzo | Scritti
A
driano sapeva scrivere di cavalli e di
uomini. Ecco un vivissimo “ritratto”
di Posillipo, il cavallo dell’allevamento
Morese portato agli allori internazionali da
Raimondo D’Inzeo, scritto del dicembre del 2009.
Posillipo
È un cavallo che conosco bene poiché ha fatto parte del momento migliore della mia attività sportiva.
Negli anni dal ’56 al ’70 ero in squadra con dei formidabili personaggi, quali i fratelli D’Inzeo, Salvatore Oppes,
Graziano Mancinelli, Lalla Novo, Vittorio Orlandi, Stefano Angioni.
Posillipo era un castrone sauro chiaro nato il 22 settembre 1950 presso l’allevamento del compianto Giuseppe
Morese. Un “salernitano” dunque, figlio del p.s.i. Ugolino
da Siena e della salernitana Veronica. Ugolino da Siena
era a sua volta figlio di un prestigioso puro sangue di
nome Ortello, che ebbe grande successo in corsa.
Ancora una particolarità: Ugolino da Siena fu padre anche di Merano, castrone baio, nato nello stesso allevamento prima di Posillipo, che Morese affidò ugualmente
a Raimondo. Il consolidato rapporto fra Morese allevatore e Raimondo - già cavaliere di classe internazionale
- fu molto stretto, molto sportivo, avulso da particolari interessi economici. Allora poteva accadere che ogni
tanto scoccasse una scintilla del genere, nata da un forte, reciproco, sentimento di rispetto e considerazione.
Merano era un cavallo di medie dimensioni, ben costruito, con un forte telaio, una bella incollatura in rapporto
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Memorie di un cavaliere
alla massa, con una buona stincatura dei posteriori, insomma un bel saltatore, naturalmente dotato di una felice tecnica che gli permetteva di basculare atleticamente.
Posillipo, invece, era assai diverso. Non solo per temperamento e personalità. Molto insanguato, di taglia leggermente superiore a Merano, più alto sulle gambe, più
asciutto, tutta muscolatura scattante, era estremamente
nevrile e quindi difficile da montare. Lo ricordo da puledro nei lavori che Raimondo realizzava alla caserma
Pastrengo, dove il cavallo era scuderizzato. Quei lavori
di infinita pazienza, di grande rispetto, di dolcezza negli
interventi, ma determinati, continui, invariati, tenaci. Vi
erano giornate “storte” nelle quali il cavallo non si assoggettava minimamente ed in quei momenti Raimondo era veramente un grande cavaliere, forse unico: si
fermava, girava al passo a redini lunghe una ventina di
muniti per tutto il campo ostacoli e poi faceva “piede a
terra”. Se ne sarebbe riparlato l’indomani, con la solita
costanza, pazienza e formidabile tenacia.
La difficoltà del cavallo non consisteva soltanto nel suo
temperamento focoso, ma nella sua tecnica di salto. La
schiena ferma in parabola, l’incollatura in avvicinamento
sempre rilevata con la testa al vento e - sempre in parabola - pochissimo sviluppo dell’incollatura verso il basso.
Erano facili gli errori di posteriore perché il cavallo verso
l’ostacolo aumentava, anche esageratamente, le ampiezze delle falcate di galoppo.
Posillipo non si “piantava” mai. Questa era una garanzia.
Era sempre al di là, con una enorme spinta nello stacco
da terra, per cui il culmine della parabola raramente era
al centro dell’ostacolo; il più delle volte era oltre l’ostacolo. Sui larghi il culmine era sulla barriera di uscita!
Ho detto che era molto “insanguato”. In verità Posillipo
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Adriano Capuzzo | Scritti
andava montato “con il pensiero”; gli era sufficiente. Ricordo che Raimondo - quando doveva salutare la Giuria
prima della partenza - non poteva terminare il saluto riportando la mano dal berretto sulla redine in maniera
scattante. Posillipo si spaventava e quella tensione gli restava addosso. Doveva abbassare il braccio piano piano,
come in una ripresa cinematografica al rallentatore!
I suoi mezzi e la sua generosità erano una garanzia, ma
il “netto” era difficile da realizzare, specialmente se in un
barrage bisognava galoppare velocemente su di un percorso già “assaggiato”; allora Posillipo poteva diventare
sciatto e noncurante.
Infatti, statistiche alla mano: Raimondo a Piazza di Siena
con Merano realizzò 22 vittorie, 8 secondi posti e 3 terzi
posti; con Posillipo 5 vittorie, 6 secondi e 2 terzi.
Inequivocabilmente prevaleva il puro sangue con la sua
ipersensibilità, la sua ipernevrilità, la sua spinta sempre
in avanti, anche esagerata, con un coraggio inaudito, cosciente dei suoi infiniti mezzi.
Questo era Posillipo. Un cavallo che non si fermava MAI!
Bene ha fatto Raimondo a sceglierlo per le Olimpiadi di
Roma, memore della fatica immensa fatta con Merano
alle Olimpiadi del ’56. Meravigliose! Io montai in Completo e finii 9° individuale. Insieme a Giancarlo Gutierrez
ed al Maresciallo Molinari, fummo 5° di squadra.
64
Memorie di un cavaliere
Q
uando Stefano Brecciaroli era ancora
un ragazzino che andava a scuola,
tornando in auto dai concorsi, Adriano
gli faceva ripetizione: “Stefano è molto
intelligente, ma chiedergli di studiare è come
cacciargli una cicca accesa in un occhio” soleva
dire. Legatissimo ai suoi allievi, Adriano ha
avuto con Brecciaroli un’assidua frequentazione
che non s’è mai interrotta e che nel 2009 l’ha
portato a tracciarne questo ritratto. Nel quale
non dimentica di citare anche gli altri suoi due
allievi giunti alle Olimpiadi: Marco Cappai e
Francesco Girardi.
Due parole
su Stefano Brecciaroli
Alla fine del 1988 - dopo 9 anni come Direttore Tecnico ed Istruttore al Roma Pony Club - assunsi
il medesimo incarico alla “Farnesina” (Società Ippica Romana), ricevendo le consegne dal Colonnello Piero D’Inzeo. In quell’occasione Piero mi disse: “fai attenzione a
quel ragazzino. Ne vale la pena” e mi indicò Stefano,
allora quattordicenne. Era stato suo allievo per due anni
e si presentò davanti a me con un braccetto ingessato;
aveva preso da poco un sonoro “cazzotto” al Saggio delle
Scuole!
Dopo 10 giorni era già a cavallo. Sempre estremamente attento, sorridente, gioioso, furbo e pieno di talento
personale. Era un guascone, un “D’Artagnan” amichevole
con tutti, coraggioso e simpatico.
65
Adriano Capuzzo | Scritti
L’ho seguito giornalmente per 12 anni ed ancora oggi,
ogni tanto, ci incontriamo per un parere, un’idea, un consiglio, la prova di un cavallo, un lavoro con un puledro. La
sua sola presenza mi fa fare un salto indietro di 20 anni!
Durante le riprese alla Farnesina aveva imparato a capirmi al volo; bastava un gesto e sapeva interpretare immediatamente cosa gli chiedevo; montava cavalli diversi
e con straordinaria velocità si adattava perfettamente al
nuovo soggetto, mettendolo nelle condizioni migliori di
serenità e di impegno per ottenere il meglio delle sue
possibilità atletiche. Sembrava che per lui non esistessero cavalli difficili.
Fu arruolato nell’Arma dei Carabinieri all’inizio del 1992
con il Centro Sportivo del Comando Generale ed assegnato all’allora 4° Reggimento Carabinieri a Cavallo, il
cui Comandante Colonnello Capozzella mi autorizzò a
continuare a seguirlo nel comprensorio militare della
sede del Reggimento e nell’Ippodromo militare di Tor di
Quinto in Roma.
Prima dell’arruolamento, ancora in “giacca rossa” fu Argento nel 1989 al Campionato Italiano Juniores di Salto
Ostacoli a Cesena, con Mara del Quasimodo - una cavalla
della scuola difficile e avventurosa - che era stata regalata
alla Farnesina da un ex allievo, Fabio Pizzoni, Avanguardista insieme a Piero e Raimondo al tempo della GIL
(Gioventù Italiana del Littorio) ove io ero Balilla.
Nel ’90 la FISE gli assegna due suoi cavalli: Blue J e
Dwight. Con quest’ultimo nel ’91 vince a Piazza di Siena
il Gran Premio Internazionale Juniores e sempre con lui
vince a Bastia Umbra il Trofeo Nazionale Juniores con la
formula “campionato del Mondo”, che prevede lo scambio dei cavalli. Una finale entusiasmante con i giovani
66
Memorie di un cavaliere
Frana, Grossato e Bracco.
Con Blue J - irlandese di 12 anni, acquistato a 6 anni
per la FISE dal Consigliere Federale Dottor Dado Lucheschi - partecipa in squadra a due Campionati Europei di
Concorso Completo e nel ’92 - con la divisa dell’Arma - è
oro individuale e di squadra agli Europei di Completo di
Langhenhagen, in Irlanda, insieme a Menghi, Argentieri
e Biasia.
Sempre nello stesso anno è Campione Italiano Juniores
di Completo e di Dressage.
Nel ’93 la prima grande sofferenza con Blue J: passato
Young Rider, agli Europei di Bonn Rodemberg, in Germania, è primo dopo l’addestramento; primo dopo il Cross,
netto nel tempo, con 20 punti di vantaggio sul secondo.
Ma il giorno seguente, Blue J non passa l’ispezione veterinaria: è risentito ad un flessore dell’anteriore sinistro. E
così, in divisa a bordo campo, attaccato alla staccionata,
con il cuore stretto, Stefano rimane solerte ad aiutare e
a tifare per i compagni di squadra. Quel dolore lo fece
diventare uomo. Da allora fuma… ed ancora oggi cerca
di non farsi vedere da me!
Inutile continuare ad illustrare i successi di Stefano. Si
possono individuare nella Banca Dati della FISE. Solamente tre episodi desidero ricordare:
1)L’Arma gli mette a disposizione il cavallo Pinezzo di
8 anni, un sauro dell’allevamento militare di Grosseto che ha fatto per un lungo periodo il servizio di
“pattuglia” nella Città di Roma e che da qualche anno
è in Salto Ostacoli con il Maresciallo Domenico Fedeli. Con quel cavallo, nel ’94 è bronzo agli Europei
Young Riders a Blemenheim, sempre in Completo.
2)Nel ’95, con la cavalla dei Carabinieri Anouk - una
67
Adriano Capuzzo | Scritti
baietta oscura, tutto pepe, di 1,64 al garrese - è in
premiazione all’allora “Gran Premio Italia” a Migliarino, è 4° al Campionato Italiano Young Rider di Salto
Ostacoli alla Bagnaia e si qualifica per il Campionato
Europeo Y.R. di Salto Ostacoli.
3)Tra il ’95 ed il ’96 monta un grigio importante di nome
Goldfinger, figlio del campione olimpico Olimpictreffer, di proprietà dell’appassionatissimo Dott. Grillo e
vince la potenza indoor a Cervia a mt. 2,00. Nel frattempo giunge dalla Nuova Zelanda la “rimonta” dei 5
p.s.i. realizzata dall’Arma e distribuita fra i suoi cavalieri di Completo, tra i quali Stefano, cui toccano Take
Note e Mr. Juppity.
Concludo sottolineando le medaglie ai Campionati Italiani di Completo Seniores:
4 Ori, nel 2001, 2002, 2008, 2009.
2 Bronzi, nel ‘99 e 2003.
Buona parte di questi successi sono dovuti - oltre alle
innate qualità di Stefano per l’equitazione - alla considerazione che gli ha sempre riservato il Maresciallo Giorgio
De Vigili dei Carabinieri, responsabile del settore equitazione del Comando Generale. Ha sempre creduto in lui
ancor prima dell’arruolamento.
Per capire quale enorme carico di esperienza ha realizzato l’Appuntato Scelto Stefano Brecciaroli, 33 anni, ora
all’inizio del momento migliore della stagione di un cavaliere, ecco - in cifre - la sua vita agonistica dall’11 febbraio del 1996 ad oggi 4 novembre 2009:
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Memorie di un cavaliere
In Salto In Concorso
OstacoliCompleto
Concorsi disputati
69
185
460
405
34
43
6
23
Terzi posti
11
30
N. cavalli diversi montati
35
54
Categorie effettuate
Primi posti
Secondi posti
Per un Istruttore è una fortuna incontrare un talento simile. Devo confessare d’essere stato fortunato. Ne ho trovati altri due: Francesco Girardi - al Roma Pony Club per
7 anni - che quattordicenne ha vinto la prima edizione in
Italia dei Giochi della Gioventù e poi ha partecipato alle
Olimpiadi di Seul e di Barcellona; Marco Cappai - per 4
anni alla Farnesina - che ha partecipato alle Olimpiadi di
Atlanta del ’96.
Tornando a Stefano: oggi è un atleta completo nel vero
senso della parola. Si sa organizzare, si sa controllare, si
fa apprezzare dai suoi Superiori e soprattutto è sempre
attento ad imparare ancora qualche cosa nel nostro magnifico e difficilissimo mondo del cavallo.
Io gli auguro di arricchire il suo già vasto medagliere
con quella più prestigiosa: una medaglia olimpica. Ha
la tenacia, la pazienza, la volontà e la tecnica per farcela
e prima o poi troverà un generoso cavallo che lo asseconderà in questa impresa. Ha solo un guaio: continua
a fumare!
69
Adriano Capuzzo | Scritti
R
eferente del Settore Concorso Completo
per il Comitato Regionale Lazio dal 2009,
Adriano non è mai mancato ad una gara,
anche quando le sue condizioni di salute si erano
fatte difficili. Ecco le sue note redatte nell’ottobre
del 2010.
Ippodromo di Tor di Quinto
illuminato dal sole
e dai sorrisi dei bimbi
Tre giornate di Concorso Completo per cavalli e pony. Il Completo quello vero, con ispezione dei
cavalli il giovedì, il Dressage il venerdì, il Cross il sabato
e ultima ispezione dei cavalli e Salto Ostacoli la domenica. Tutto con l’accorta regia di un infaticabile Colonnello
Michele Perugini, magnificamente coadiuvato dal Maresciallo Pecorella e dalla sua squadra militare operativa.
Quattro giornate di quelle “ottobrate romane” famose
per la piacevolezza della temperatura e la generosità di
un sole caldo e avvolgente, a volte fin troppo.
Circa 190 binomi partiti (più di 120 con pony) su 5 percorsi diversi con 5 rettangoli in contemporanea il primo
giorno. Non è uno scherzo! Il Reggimento Montebello ha
presentato un Ippodromo veramente in “grande uniforme”, tirato a lucido. Un colpo d’occhio incomparabile:
100 ostacoli di campagna “bandierati” e disseminati in
ogni dove con i relativi numeri; solo quelli erano uno
spettacolo.
Il laghetto al centro dell’Ippodromo, unico in Italia per
dimensioni e bellezza, oltre ad attirare nuvole di mosce70
Memorie di un cavaliere
rini, ha dato modo a tutti di abituare i propri cavalli ad
un elemento per loro inconsueto.
Io - che non sono tenero con i pony poiché non mi piace
veder montare sciattamente fuori assetto nei loro giochi
di barattoli, birilli ed altro - devo riconoscere di aver visto i piccoli allievi montare in Cross e Salto Ostacoli in
maniera ammirevole. Di questo mi congratulo con i loro
Istruttori.
Ma l’episodio di una incredibile eccezionalità e bellezza è
stata la presentazione dei pony all’ “ispezione” dell’ultimo
giorno da parte degli UNDER 11. Un fatto mai avvenuto
nel nostro Paese. Si sono presentati tutti senza eccezione
in maniera perfetta; serissimi; concentrati; pienamente
consapevoli di cosa stavano per fare. Giusto il controllo
che avevano dei loro cavallini; il loro posizionamento
sugli appiombi; il saluto alla Giuria con le mani guantate
impegnate sulle redini tenute “a vento”; lo sguardo alla
Giuria con gli occhietti furbi, scintillanti, ed un sorriso di
grande passione e di grande verità per questo loro sport
preferito. Non parliamo poi delle loro divise: meravigliose nell’armonia dei colori e delle fogge, tutte indossate
con fierezza e vera signorilità. E la tolettatura dei pony?
Ne ho viste di analoghe ai Campionati Europei, quando
fungevo da Capo Equipe!
Bravi gli ippogenitori e gli Istruttori. Volete credermi?
Mi sono commosso; poche volte ho visto tanta bellezza
intorno a me!
71
Adriano in sella ad Oracolo,
allevatore e proprietario Carlo Ceribelli,
ritratto nel giorno in cui vinse
il 30° Premio Nazionale d’Allevamento
del 1967, che si tenne a villa Borghese.
Sotto la foto Adriano scrisse:
“C’è sempre un grigio nella mia vita!”
Lettere
Adriano Capuzzo | Scritti
Lettere
G
randissimo rispetto per la condizione
fisica, psicologica e morale del cavallo. E
dunque lavoro, ma anche cure, attenzioni
per un “amico” che lo ha accompagnato per quasi
ottant’anni della sua esistenza (Adriano ha
cominciato a montare a 7 anni). Questa lettera è
stata scritta a Enrico Luling Buschetti, Presidente
della FISE dal 1966, e illustra le condizioni del
cavallo Isotope con cui Adriano aveva gareggiato
con successo in molte gare internazionali.
Tre giorni dopo Luling Buschetti rispondeva
ringraziandolo “per lo stato di addestramento in
cui è oggi il soggetto e particolarmente per le cure
ad esso prodigate”.
Roma, 7 aprile 1970
Egregio Presidente,
in data odierna il cavallo Isotope è stato ripreso in consegna dal Centro Federale della FISE.
Da me ritirato il 3 giugno 1969, dopo circa 10 mesi di
utilizzo desidero esprimerle, oltre al mio grazie per la
fiducia riservatami, le seguenti considerazioni:
1)Il cavallo è atleticamente perfetto; esuberante di sangue; simpatico a montare; manca leggermente di coraggio nelle doppie gabbie; in queste combinazioni il
cavallo va montato con molta energia e decisione; un
attimo di attesa da parte del cavaliere e il cavallo può
fermarsi; ha mezzi, sia pure non strepitosi e soprattutto ha un naturale e felice impiego di se stesso sugli
ostacoli; sempre molto parabolico, fa un ottimo uso
75
Adriano Capuzzo | Scritti
dell’incollatura; è attento, preciso, rispettoso.
2)È un cavallo fine e di conseguenza richiede una monta
altrettanto fine, efficace ma non imperativa, che consenta l’espressione della sua personalità nel rispetto
però delle sollecitazioni del cavaliere, sia in avanti, sia
nelle azioni di contenimento.
3) Durante questo periodo non ha avuto nessun incidente;
nessuna zoppia. Normali, semplici precauzioni di scuderia sono state più che sufficienti per il mantenimento
del suo buono stato di salute. È stato colpito 3 mesi
fa da una intossicazione alimentare contemporanea ad
altri 3 cavalli da me seguiti in scuderia. Sembrò che la
causa fosse da ricercarsi in carote rimaste inquinate da
anticrittogamici.
4)Ho notato che il cavallo, tendenzialmente magro, ha
trovato molto giovamento in una alimentazione collaterale a quella classica - composta da biada e foraggio
- a base di farina doppio zero, segala e latte (1 litro in
10 litri d’acqua per 3 volte a settimana) oltre ai normali pastoni cotti.
Ho ritenuto di doverla informare di quanto sopra alla
luce di quello spirito di aperta collaborazione che ha
sempre caratterizzato i miei rapporti con la FISE.
Suo
Adriano Capuzzo
76
Lettere
S
critta a Clara Cini, comproprietaria assieme
ai signori Tuena del cavallo Kurbellò. La loro
figlia, Federica Tuena, che sotto la guida
di Adriano montava il cavallo al Pony Club,
ricorda: “benché fossi una ragazza mi chiamava
‘Donna Federica’. Sono stata sua allieva per dieci
anni. Il ‘dottore’ (doctor lo chiamavo io...) era
un Istruttore speciale, lo faceva dando tutto se
stesso e portava noi a dare tutto ciò che potevamo
dare. Da lui ho appreso anche un certo modo di
guardare alle cose della vita. Kurbellò era un
bellissimo cavallo, un potente saltatore ma con un
carattere molto difficile e troppo forte per me che
sono sempre stata minuta. Il cavallo fu montato
per un periodo da Federico Menghi, mio amico
e suo allievo, poi mi accorsi di aspettare il mio
primo figlio: Kurbellò fu messo in vendita ed io
smisi di montare, almeno agonisticamente. Anni
dopo ritrovai il dottore in giuria per il Dressage
ai Campionati Italiani di Completo. Però questa
volta giudicava mio figlio! Per me fu una grande
emozione e credo anche lui fosse molto contento”.
Roma, luglio 1983
Cara Clara,
in omaggio alla tua richiesta di notizie sulle mie considerazioni a proposito del cavallo Kurbellò, te le espongo
qui di seguito, inviandone una copia per doverosa conoscenza ai Tuena, carissime persone che oggi soffrono più
di ogni altro.
77
Adriano Capuzzo | Scritti
Il cavallo è perfettamente sano ed è atleta adatto per
il mestiere di cavallo da Concorso ippico. Piccole schinelle o piccole abrasioni agli arti sono assolutamente
ininfluenti rispetto alla crisi di buona volontà che passa
attualmente.
Parlo di crisi di buona volontà cioè di mancanza - mi
auguro momentanea - di quell’impeto di generosità indispensabile per un atleta CHE DEBBA AFFRONTARE le
prove che noi gli richiediamo.
Il modo in cui oggi il cavallo si ferma è il risultato finale
di una mancanza di lavoro efficace, sia in piano che in
ostacoli. È un cavallo di massa, di ampio telaio e di forte
costruzione muscolare. Si aggiunga a questa predominante struttura fisica una certa indisponibilità di base ad
assorbire la volontà del cavaliere. Abbiamo avuto esempi
precisi di ciò che affermo. Nel suo abituale campo di
lavoro il cavallo è incline a “tirare” verso l’uscita. Alcune volte, sollecitato dalla sua amazzone, ha accennato
ad una mezza difesa davanti alla porta di uscita. L’anno
scorso, a Punta Ala, dovetti intervenire con il frustone
da terra perché il cavallo si fermò “duro” come oggi. Su
questa sollecitazione esterna il cavallo è andato. Andato
male, esagerando in avanti, contro la mano e fuori da
ogni controllo del cavaliere.
Quando l’ho montato ho faticato non poco a fargli accettare le gambe; quelle vere! Il cavallo reagisce assorbendo l’azione della gamba nel suo costato, senza
realizzare una spinta in avanti. La realizza poi improvvisamente, ma non per volontà di avanzare, bensì per desiderio di svincolarsi dall’azione di compressione nella
mano che deve raccogliere ciò che il posteriore crea di
spinta. Tenta cioè - tuffando l’incollatura in basso e appoggiandosi forte in mano - di rompere l’ influsso di im78
Lettere
pulso controllato che è la base del lavoro di un cavallo.
Montato con destrezza, dopo qualche giorno il cavallo
è in grado di eseguire con un minimo di accettabilità
le appoggiate alle tre andature, la groppa o la spalla in
dentro alle due mani al passo e al trotto, il dietrofront
sulle anche e qualche accenno a figure più rilevate, quali
la mezza piroetta al galoppo ed il cambio di galoppo “in
aria”.
Sull’ostacolo il cavallo non presenta particolari difficoltà; ha un felice avvicinamento, impiega bene l’incollatura
con buona ginnastica degli arti anteriori, meno di quelli
posteriori. Il tutto con un supporto di mezzi che non si
discutono. Un giorno d’inverno - faccio raramente queste
cose - per rendermi effettivamente conto dei suoi mezzi lo
portai gradatamente su un ostacolo ben invitante, senza
malizie, preceduto da un basso elemento di regolazione
della sua battuta, a saltare con disinvoltura mt. 1,50/1,60
montato dalla sua proprietaria.
Devo fare un’osservazione precisa, che avvalora in parte
questa mia impressione di mancanza di buona volontà di
base, e che riguarda il suo occhio. Il cavallo ha l’occhio
piccolo, leggermente infossato, di taglio obliquo; a volte
ha uno sguardo falso, infido. Sovente, anche in lavoro,
quando alza la testa guarda indietro, ruotando la pupilla
e mostrando il bianco della cornea.
Quel che dico potrà sembrare un’osservazione bizzarra,
da ippofantascienza. Invece è provato che il cavallo di
buon carattere ha l’occhio tondo, grosso, da bove, che
fuoriesce nettamente ai lati dell’osso frontale con espressione dolce, buona, a volte stupendamente fiera. E questo Kurbellò non ce l’ha!
Cosa penso si possa fare per risolvere questo momento
di crisi? Sinceramente non vedo la possibilità di compro79
Adriano Capuzzo | Scritti
messi; l’illusione delle buone maniere e delle dolcezze,
i lavori senza impegno a fare “olio”, gli interventi limitati, le soluzioni di compromesso, in questo caso servono
solo ad illudere, a perdere tempo.
Il cavallo va affrontato con efficacia e determinazione;
non con violenza o brutalità, ma con molta predominanza. Gli metterei la briglia e lo terrei alcuni giorni in lavoro sotto l’azione costante delle gambe forti e della frusta
lunga; al primo accenno di insofferenza una punizione
biblica da alzargli quattro dita di pelo. Occorre lavorarlo
anche alla corda “dura”: in briglia con redini fisse sul
filetto ed elastiche sul morso, il tutto passato dentro al
sottogola per avere azioni più efficaci che interessino la
connessura delle labbra anziché le barre; doppia longe
con redine diretta e controredine d’appoggio passata
dietro la groppa sopra i garretti; frusta schioccante e impietosa. Mezz’ora di lavoro così alle due mani su cadenze
sempre impegnatissime, con il cavallo schiumato il quale
stemperi la sua falsa forza su se stesso. Un lavoro in cui
non vi sia un attimo di tregua nell’allungare, riaccorciare,
alt, galoppo, ecc. Insomma, spingere sempre ma NELLA MANO e con leggerezza avvolgente. Poi, in sella, un
cavaliere possessivo, forte, audace che lo monti con un
filetto con le rotelle. Dal galoppo accorciato all’allungato
in 3 falcate, quindi riaccorciare IN LEGGEREZZA in altre
3; galoppo seduto, una mezza volta, affrontare un ostacolo poi dirigersi verso un altro ostacolo, una volta, due, tre
e finalmente saltarlo, per poi fare un alt. Nessun passo
indietro (è quello a cui lui è disponibile). Via nuovamente in avanti. Deve diventare un soffietto, una fisarmonica.
Al primo sgarro, al primo cenno d’impertinenza: punizione immediata, memorabile, forte, travolgente. Occorre
inoltre cambiare spessissimo campo di lavoro (almeno
80
Lettere
due volte a settimana). Insomma, un regime di severità.
Devo anche fare le seguenti considerazioni:
1)Provare a metterlo a mangime, nell’ipotesi che l’avenina gli dia alla testa.
2)Non impostare questo lavoro nel periodo caldo. Il cavallo è in piena acclimatazione.
3)Trovare il cavaliere adatto. Io non posso per motivi di
tempo, perché ho male alla schiena e sto superando i
56 anni. A parte ti accludo una lista di alcuni nomi. Ma
a questo punto si impone una domanda obbligatoria:
quale sarà il rapporto con Federica Tuena?
A mio giudizio Kurbellò non sarà mai il cavallo nato per
lei. Dopo un regime di forte disciplina potrà anche andarle bene, ma per quanto tempo? Io vedo quanto si
impegna Federica: è disposta a soffrire, dà tutto ciò che
può dare. Come posso chiederle di più? Vi è una predominanza fisica del cavallo che Federica non potrà mai
sovrastare. Potrebbe ritrovarcisi se il cavallo avesse della
buona volontà e non dell’indisponibilità. Ma per quanto
tempo?
Anche a te quindi, cara Clara, aiutarci. In fondo non meritiamo un tale smacco anche se sappiamo bene quanta
sofferenza c’è nello sport, quello vero, che riesce a sublimare ogni sacrificio.
Considerami a tua disposizione per qualsiasi cosa ed accetta i miei migliori saluti.
Adriano Capuzzo
81
Adriano Capuzzo | Scritti
Q
ueste dimissioni sono state inviate nell’89
all’allora Presidente della FISE Mauro
Checcoli. Adriano aveva accompagnato
la squadra italiana di Completo
a Burghley, in qualità di Capo Equipe. In
quell’occasione un cane, salito sul van con la
sua autorizzazione, aveva aggredito uno dei
cavalli imbarcati sul mezzo, Boadmans Beauty,
di proprietà dello Stato. Otto giorni dopo questa
sua lettera Mauro Checcoli gli rispondeva: “Caro
Adriano, sei un gentiluomo ed un uomo di
cavalli e per questo io per primo, la commissione
Completo e nessuno dei Consiglieri, accettiamo le
tue dimissioni. Ti chiedo quindi di autorizzarmi
a stracciare quella lettera e di restare fino alla
fine del tuo mandato. Un abbraccio e… (una
frase aggiunta a mano n.d.r.) non se ne parla
proprio! Tuo Mauro”.
Roma, 13 settembre 1989
Caro Mauro,
rientrato dall’avventura di Burghley, dopo serena e ponderata valutazione vi prego di accettare le mie dimissioni
dall’incarico di coordinatore e selezionatore del settore Senior del Concorso Completo che mi avete affidato.
Sento in prima persona il peso della mia assoluta diretta
responsabilità dell’incidente occorso al cavallo Boadmans
Beauty di proprietà dello Stato, in quanto la sera che caricammo i cavalli ho permesso di trasportare fino alle
Querce anche il cane lupo della groom di Lara Villata.
82
Lettere
Dovevo essere inesorabile ed inflessibile. Il mondo dei
cavalli è complesso e particolare e non va inquinato in
nessun modo. Non si debbono fare favori a nessuno e
per nessuna ragione.
Quella notte dovevano partire cinque cavalli e non sette.
E nessun cane!
Ti sono devoto e riconoscente per la fiducia che mi hai
voluto riservare e considerami a tua disposizione per
quanto posso esserti di aiuto al nostro ineguagliabile
sport.
Tuo cordialissimo
Adriano
83
Adriano Capuzzo | Scritti
A
driano era severo in campo, non tollerava
chiacchiere o distrazioni. Al Pony Club
appiedò per una settimana un suo allievo
che, sbalzato di sella, uscì dal campo, lanciando
rabbiosamente le redini che ancora stringeva
in mano. Ma era anche capace di scherzare e
far sorridere i propri allievi: per abituare i suoi
ragazzi a galoppare seduti, metteva fra la sella
e le natiche un foglio da mille lire. Se dopo due
giri di galoppo alle due mani le mille lire erano
ancora lì, venivano messe in una “cagnotte” che
una volta piena veniva utilizzata per andare
tutti assieme in pizzeria. Questa è una lettera dei
momenti duri, scritta durante il lungo periodo
di collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, in
qualità di Istruttore.
Roma, 2 gennaio 1999
Signori Cavalieri,
all’inizio di quest’anno di attività sportiva desidero puntualizzare alcune questioni, sul piano tecnico equestre e su quello
comportamentale. Vi sono infatti dei comportamenti che non
condivido: se dovessero persistere, non mi permetterebbero di
continuare la mia collaborazione con l’Arma.
Sul piano tecnico non condivido l’esagerato uso di attrezzi complementari alle imboccature dei cavalli, quali
abbassa testa, gog, redini di ritorno, ecc. Ne fate un uso
indiscriminato senza tenere minimamente conto dell’efficacia o meno che detti marchingegni hanno, dimostrando così due incontrovertibili realtà: la non conoscenza
84
Lettere
di un minimo di ippotecnica ed una disponibilità di comodo ad ottenere dai cavalli rapide condizioni di sottomissione, dovute ad elementi costrittivi, anziché ad un
lavoro cavalleristico di base.
Sul piano comportamentale stimo che - per la particolare
situazione di privilegio che viene riconosciuta a Voi cavalieri atleti nell’ambito di tutta l’organizzazione militare
- abbiate il dovere di dare costantemente l’esempio di
come si monta correttamente a cavallo e si vive accanto
ai cavalli.
A cavallo si monta con i guanti, con gli stivali e con gli
speroni. Sempre e con qualunque cavallo. Per saltare è
auspicabile l’uso di un casco. Non ci si deve mai far travolgere dai propri nervi, scadendo in azioni “selvagge”
che nulla hanno di equestre.
A cavallo non si fuma.
A piedi non si fuma in scuderia ed in modo assoluto
non si fuma accudendo un cavallo per l’insellaggio, il
dissellaggio, la toelettatura e l’applicazione di fasce o
stinchiere, ecc.
Concludo invitandovi a mantenere il comportamento sopradescritto e - per quanto riguarda le imboccature e
l’insellaggio - ad avere sempre preventivamente la mia
autorizzazione.
Cordialmente
Adriano Capuzzo
85
Adriano Capuzzo | Scritti
S
critta a Dorit Werner, che provava il castrone
olandese di 5 anni Zoey, poi acquistato e con
il quale due anni dopo ha vinto la “Coppa
Lazio Dressage 2011 Trofeo Dilettanti” riservata
a cavalieri Seniores.
Roma, giugno 2009
Gentile Signora Dorit,
mi ha fatto molto piacere rivederLa a cavallo. In queste
cose, e molte altre, Donna Patrizia, che legge per conoscenza, è una grande organizzatrice.
Le mie impressioni sul sauro che oggi ho visto:
- Non è piccolo, come lei crede; anzi, direi che è proporzionato alla Sua statura ed al Suo peso. Se lo osserva
con attenzione noterà che il garrese è alto e ben pronunciato creando un bel “passaggio di cinghie”, cioè la
profondità del torace, utile per una valida ed abbondante respirazione.
- Ha la schiena molto corta. È un grandissimo vantaggio
per un cavallo che debba diventare un atleta nel mondo dell’equitazione più classica (Salto Ostacoli, Completo e Dressage). Il posteriore è naturalmente sotto
la massa ed infatti sia al trotto ed anche vistosamente
al passo, l’orma del posteriore supera quella dell’anteriore di buoni 25 centimetri. Ciò renderà nel tempo
più facile ottenere la cosiddetta “riunione”, che Lei ben
conosce, unitamente alla “messa in mano”.
- È leggermente vuoto dietro rispetto alla spalla e l’incollatura. La groppa è leggermente sfuggente, ma ciò è
sicuramente dovuto anche alla mancanza di muscolatu86
Lettere
ra. Il cavallo è “verde” di lavoro. Ed anche questo è un
vantaggio perché ciò significa che non dovrebbe aver
subito danni d’impostazione.
- È leggermente “chiuso di dietro” cioè le punte dei garretti tendono ad essere troppo vicine. È più un fatto
estetico che funzionale. Si dice che questo difetto di
appiombi sia espressione di poca forza. NON è il caso
del soggetto che ho visto. Ho visto invece che quando
è cadenzato ha un bellissimo trotto ed ugualmente bello è il galoppo, esuberante, ampio, vigoroso, pieno di
forza.
- Il cavallo ha un occhio buono; una buona espressione
nei suoi vari atteggiamenti; è fiducioso con l’uomo e
disponibile al grooming.
- Tutto l’insieme della struttura è leggermente verso il
“puro sangue” con la sua leggerezza degli stinchi e la
vivacità dei movimenti. Non ultimo il pelo del mantello: molto fine e delicato nell’armoniosa piacevolezza di
tono del sauro.
- Va costruito piano piano; è vero che va rispettata la bocca; dovrà entrare nella mano morbidamente, con un filo
di appoggio in una mano SAPIENTE. E Lei, Donna Dorit,
ha la pazienza, la costanza e la conoscenza per riuscirci.
Sin d’ora Le dico che questo sarà il maggiore problema
che dovrà affrontare, perché con una incollatura così
sviluppata e corto di reni com’è, il cavallo richiederà
grande attenzione affinché non “s’incappucci”. Già ora
l’ho notato, in alcuni momenti, spezzare l’incollatura ed
avvicinare la bocca al petto.
- Cerchi di chiarire bene perché è ferrato in alluminio;
non basta che la proprietaria ci dica che è un metallo
più duttile e che si adagia meglio al bordo plantare del
piede. Questo lo sanno tutti; bisognerebbe sapere per87
Adriano Capuzzo | Scritti
ché è così ferrato, dal momento che il cavallo non è in
lavoro metodico e continuo e passa più del suo tempo
al prato. Beato Lui!
- Posso sinceramente dirLe che lo ritengo un cavallo
assolutamente adatto al Sua monta ed ai Suoi utilizzi.
Non conosco il prezzo. Non può essere alto perché è
un cavallo non lavorato; ancora molto puledro.
SE LE PIACE, NON ABBIA DUBBI. E secondo me potrebbe anche saltare bene, proprio per questa bella incollatura e queste reni corte. Se mia figlia Flavia montasse
ancora, lo prenderei io.
Spero di essere stato chiaro. Chiaro come i Suoi occhi.
Che galanteria!
Un saluto cordiale
Adriano
88
Lettere
Q
uesta lettera non ha intestatario, per una
evidente precisa volontà di Adriano. Che
voleva rimproverare duramente un suo
allievo senza che la sua identità fosse nota
a nessun altro che a lui. Non ci sono riferimenti al
luogo, non c’è alcun accenno personale che aiuti a
ricostruirne l’identità. La pubblichiamo egualmente
perché è una magnifica lezione sull’equitazione.
Roma, 7 aprile 2003
Carissimo,
era un freddo pomeriggio di primissima primavera; in un
impianto equestre ho visto un uomo a cavallo su di un
sauro magro, atletico e di sangue. Aveva, quest’ultimo, il
collo spezzato in due da una redine di ritorno impugnata
dalle mani esperte di quell’uomo.
Vi era una impostazione di obbligo totale; una sottomissione forzata e intransigente; una volontà di quell’uomo
di togliere a quel sauro ogni iniziativa e personalità. Non
vi era più un cavallo atleta che collabora con il suo cavaliere; era uno schiavo soggiogato ad un’unica volontà;
non certo la sua.
Un’espressione avvilente di una equitazione che non era più
un’arte ma una lotta di forze contrapposte paragonabile a
un processo di brutale lapidazione. Il cavallo lavorava male,
tant’è che non aveva un filo di schiuma tra le labbra.
Aveva dimenticato, quell’uomo, che le redini di ritorno
sono il mezzo per la ricerca della distensione dell’incollatura verso il basso con interventi non continui e delicati,
così da arrotondare la schiena verso l’alto portando di
89
Adriano Capuzzo | Scritti
conseguenza più sotto il posteriore.
Aveva dimenticato, quell’uomo, che le redini di ritorno
non servono per saltare.
Aveva dimenticato, quell’uomo, che sul salto, anche se lasciate del tutto, le redini di ritorno non permettono all’incollatura di svilupparsi completamente e quindi non consentono alla bocca del cavallo di allontanarsi dalla mano
del cavaliere, di portare avanti il garrese arrotondando la
schiena e svincolare atleticamente il posteriore dalla sommità dell’ostacolo; in un’unica parola “basculare”.
Aveva ancora dimenticato, quell’uomo, la pericolosità di
saltare con le redini di ritorno. Se il cavallo abbassasse veramente l’incollatura e rilevasse gli avambracci infilando così il muso fra le ginocchia, le redini di ritorno
farebbero “arco” perché non in tiro. Vi sarebbe a quel
momento il rischio che un ginocchio si infili dentro la
redine allentata, con inevitabile rovinosa e stramazzante
caduta, in gergo un bel “cazzotto”.
Aveva poi dimenticato, quell’uomo, che per evitare il rischio di cui sopra avrebbe potuto passare la redine di
ritorno all’interno del pettorale del cavallo, evitando così
il “lasco” della redine stessa.
Aveva infine dimenticato, quell’uomo, che un bravo cavaliere deve sempre dare l’esempio, e che per saltare è
doveroso mettersi il cap a protezione del CRANIO dentro
al quale dovrebbe esserci il CERVELLO, indispensabile
per ragionare.
Tutto questo ho visto in quel freddo pomeriggio primaverile e sono stato pervaso da tanta tristezza e da tanta
amarezza.
Un abbraccio
Adriano
90
Lettere
Q
uando l’ANCCE, l’Associazione Nazionale Concorso Completo, decise di
celebrare una volta all’anno i protagonisti
di questa specialità, la prima serata fu
dedicata ad Adriano, che aveva partecipato alle
Olimpiadi del ’56. La foto di cui Adriano parla
nella lettera inviata al dottor Censabella è quella
che ritrae la Junior Alja Freier, di 14 anni, patente
B in sella ad Hantare, cavallo italiano di 12 anni,
nato, allevato e istruito da Antonio Gentili, ed è
stata scattata durante la prova di Dressage del
Concorso Completo svoltosi presso il Circolo New
Trekking dei Pratoni del Vivaro in data 11/4/2010.
L’idea di dedicare uno spazio ad amazzoni e
cavalieri ritratti mentre montano in gara con
grande compostezza ed eleganza, Adriano
l’aveva già realizzata quando era Presidente
del Comitato Regionale Lazio: su un pannello
esposto nella stanza del Comitato aperta al
pubblico aveva appeso una serie di immagini
di perfetti stilisti con la scritta “Così si monta”.
Al Presidente dell’ANCCE
Dott. Censabella
Roma, 23 aprile 2010
Mio Grande Presidente
dopo aver avuto la fortuna di “incontrarmi” con la foto
che ti invierò lunedì prossimo (la stanno riproducendo
e la riceverò a Montelibretti in occasione del prossimo
91
Adriano Capuzzo | Scritti
Completo), mi è venuta un’idea che espongo alla tua
email personale, onde evitare che in Ufficio si mormori…
ecco qua, ancora più lavoro!
Perché non ritagliare un angolo del notiziario “Il Completo” intitolato COSÌ SI MONTA, nel quale pubblicare
un massimo di tre fotografie, una in Dressage, una in
Cross, una in S.O. inviate dall’utenza secondo un piccolo
regolamento che sintetizzo qui di seguito. Lo scopo è
quello di contrastare le troppe immagini “orrende” riportate sulla stampa - purtroppo anche specializzata - che
forse non ha la capacità di rilevare certe brutture equestri, oggi molto di moda.
Non mi si venga a raccontare che sono immagini di gara
e che quindi… tutto è permesso: è una falsità di comodo.
A cavallo si monta correttamente sia che tu faccia un “cavalletto” in lavoro, sia che affronti una doppia gabbia di
un qualsiasi Gran Premio, anche olimpico! Lo stile a cavallo diventa un’abitudine; lo stile va imposto dall’Istruttore… finché si è in tempo. Basta guardare una qualsiasi
foto di Moyerson: parla chiaro.
Ecco il regolamento, come lo immagino:
-Occorre specificare dove vanno inviate le foto; le dimensioni delle stesse; accetterei sia quelle in colore
che in bianco e nero, purché abbiano una buona qualità tecnica.
-Le foto devono essere state scattate in occasione di
“gare di Concorso Completo” nel corrente anno (o se
vuoi ad iniziare ormai dal 2011) e quindi accompagnate dalla classifica ufficiale stilata dal centro calcoli del
Comitato Organizzatore;
- Deve essere indicato il nome del cavallo, la sua nazionalità, l’età e possibilmente l’allevatore, specialmente
se “italiano”; il nome e cognome del cavaliere con in92
Lettere
dicazione del tipo di autorizzazione a montare specificando se Junior, Young Rider o Senior (se è Junior deve
comparire il Circolo di appartenenza ed il nome dell’Istruttore); il luogo della gara e la categoria; il nome
del fotografo che ha afferrato l’immagine. Tutte queste
notizie verranno riportare sotto la foto.
- Le foto verranno pubblicate ad insindacabile giudizio della Redazione del notiziario, che si avvarrà della collaborazione tecnica di Istruttori federali iscritti all’“Accademia
F. Caprilli” e verranno catalogate sotto il cognome del cavaliere. Tali foto potranno essere utilizzate liberamente
dall’ANCCE in altre occasioni, sempre pertinenti all’equitazione. (Sarà utile consultare le regole legali sull’utilizzo
dell’immagine, per non avere grane).
- La scelta delle foto verrà effettuata tenendo conto della
correttezza della posizione del cavaliere in relazione
al momento atletico, unitamente alla prestazione del
cavallo; alla tolettatura e bardatura di quest’ultimo, alla
corretta uniforme del cavaliere ed all’importanza dell’ostacolo in superamento anche se eventualmente con
“errore” in termini regolamentari.
- Al termine dell’anno verrà scelta “La Foto dell’Anno”:
una per il Dressage, una per il Cross, una per il S.O.,
sempre di un Concorso Completo. I cavalieri o amazzoni vincitori verranno invitati… a che cosa? La cena
sociale? L’ospitalità a Piazza di Siena? Oppure verranno offerti due biglietti aerei per andare ad assistere
al Campionato Europeo di Completo? Non so. Io non
sono capace a trovare degli sponsor. Sono poco convincente!
Che ne pensi? Un abbraccio
Adriano
93
Adriano Capuzzo | Scritti
S
critta a Piero D’Inzeo, profondamente urtato
da una equitazione di cui - così scriveva ad
Adriano - “tutti parlano senza cognizione
di causa. Mi è sconosciuto ad esempio, perché,
di un cavallo che termina un percorso senza
errori, si dica che è riuscito a ricadere dopo
ogni ostacolo, invece che a riceversi sul terreno”.
Ormai disilluso, Piero D’inzeo intendeva ritirarsi
da qualsiasi iniziativa, compresa l’Accademia
Caprilli, fondata da Mauro Checcoli, di cui
Adriano era Presidente.
Roma, ottobre 2010
Piero caro,
rispondo alla tua lettera, dolorosa per me e per tutti noi
dell’Accademia. La tua presenza è fondamentale per la
nostra credibilità. Anche io soffro, come tanti altri, quando sento che è caduta “la barra” o quando vedo cavalli
e pony con le staffe a penzoloni mentre sono in attesa
del loro cavaliere. Io mi avvicino e le tiro su. Chi tiene
il cavallo con le redini sotto la barbozza mi domanda,
attonito o attonita: “perché?” Ed io rispondo: “lo chieda
al suo Istruttore. Se non avrà risposta, lo mandi da me”.
Purtroppo c’è una terribile mancanza di una cultura
equestre elementare. E di questo noi dobbiamo sentirci responsabili. Se mamma FISE non è stata attenta alla
formazione degli Istruttori, formati con eccessiva facilità,
tocca a noi cercar di rinverdire certi valori e certe doverose conoscenze.
Non ci abbandonare, Piero mio! Io che ho avuto la for94
Lettere
tuna e l’onore di gareggiare assieme a te, facendo tesoro
dei tuoi suggerimenti e dei tuoi “interventi” (ricordi all’Internazionale di Parigi l’uomo che gonfiava i palloncini in
campo prova avvolto e immobilizzato da Pioneer, che lavorava alla corda con te?) sento il DOVERE di respingere
garbatamente le tue dimissioni. Accompagnaci almeno
per tutto il corrente 2010. Dobbiamo ancora festeggiarti
ed abbracciarti assieme a Raimondo a Piazza di Siena
a novembre, quando realizzeremo il nostro Campionato
Regionale di Salto Ostacoli per ricordare le vostre scintillanti medaglie delle Olimpiadi del 1960!
Non toglierci questo piacere! Con tutto il mio affetto
Adriano
95
Adriano Capuzzo | Scritti
S
critta a Patrizia Carrano, amazzone
amatoriale, più che mai incerta in sella,
dopo un incidente occorsole montando il
suo sauro William.
Roma, maggio 2010
Grande Signora,
è l’aggettivo giusto che spesso abbino al tuo nome. Ce ne
fossero di persone come te; della tua generosità e sensibilità! Non devi minimamente preoccuparti della mia
poca pazienza. È vero; non ne ho tanta quando sono in
mezzo ad un campo a seguire un allievo. Ma il tuo caso
è diverso; è diverso perché il fatto di essere tu a cavallo
ed io a piedi, ma accanto ad un cavallo, qualunque esso
sia, ci regala lunghi momenti di piacevolezza e di buon
umore. Oggi ho avuto ancora una prova inconfutabile
che non sono più in grado né di montare, né di lavorare
COME SI DEVE un cavallo alla corda.
I miei trascorsi, di cavaliere prima e di Istruttore poi, fanno ormai parte di un tempo che fu. Credimi, non ne ho
un gran rimpianto. Tantissimo mi ha dato questo sport
equestre ed è ora che io possa ancora offrire qualche
cosa di utile a coloro che amano i cavalli. E dove trovo
una persona che possa amare i cavalli più di te?!
Se vi è un momento in cui tu hai bisogno di un aiuto
ancora più generoso, è proprio questo. Vedrai che piano
piano ti toglierai di dosso il sacro timore del tuo sauro,
nato dal disagio che hai sofferto, quando hai sentito - per
un tempo che deve esserti sembrato interminabile - di
essere in sua totale balia. È un timore che ancora ti assilla
non appena monti non soltanto il tuo, ma qualsiasi altro
equino; perché la mente ti torna subito a quei momenti.
96
Lettere
Indipendentemente dalla sostituzione del tuo cavallo - so
già che tu non vuoi sentirne nemmeno parlare - dovrai
serenamente affrontare questo problema. Lo potrai risolvere unicamente continuando a montare, con la stessa
dedizione, pazienza e tenacia che ti hanno sempre assistito. È la stessa precisa situazione che si realizza quando
un principiante cade. La prima cosa è farlo rimontare
subito (certo, se non vi sono danni!).
Forte Signora, ritrova il tuo coraggio! Lo stesso con cui
affronti la vita da sola. Non abbandonare il cavallo. Tornerà a darti quella piacevolezza di sempre. Ne hai il pieno diritto come io ho il pieno diritto di vederti montare
SORRIDENDO!
Un abbraccio
Adri
97
Adriano Capuzzo | Scritti
S
critta a Patrizia Carrano, tornata da poco
a montare il suo sauro William, dopo
un’operazione al ginocchio. Quel giorno
Adriano non poteva essere con lei al Circolo
Cascianese, dove ogni tanto la seguiva. Per questo
le mandò una mail di primo mattino. Adriano
era stato un grande amico della fondatrice del
Circolo, Franca D’Angelo, di cui in gioventù
aveva montato dei cavalli. Era stato anche
Istruttore di sua figlia Paola, che con la cavalla
Ottavia aveva partecipato agli Europei Juniores
di Completo del ’79. Ecco le sue istruzioni sul
“lavoro a volontà”.
Roma, 22 ottobre 2010
Donna Pat, oggi da sola.
Nel montare dal muretto fatti assistere da una persona
che resti alla destra del cavallo, ed eviti il suo possibile,
improvviso allontanamento. La giornata è prevista splendida. Entra in campo sorridendo; mantieni questo sorriso
che ti illumina gli occhi durante il lavoro ed esci al termine con un sorriso ancora più brillante.
Durante il tuo periodo di passo, dopo 5 minuti di passo
libero, ma sempre attenta, inizia a cercare qualche flessione dell’incollatura sia a sinistra che a destra. Ricorda
che a destra troverai più difficoltà. Proprio per questo
motivo dovrai insistere di più a destra. Fai già qualche
alt sulla pesta e spostamento della groppa alle due mani.
Poi, subito in avanti con passo allungato: 8 tempi di passo allungato, 8 tempi di passo riunito. Ripeti tutto ciò
98
Lettere
nel primo quarto d’ora di lavoro al passo. Guarda avanti;
stai diritta; sfiora con la testa il soffitto sopra di te; fuori
il petto dove appuntare una medaglia; la punta dei piedi
leggermente verso l’esterno; le gambe avvolgenti dietro
la regione delle cinghie; tallone basso e suola in fuori!
Ciò detto e fatto, inizia il lavoro al trotto. Cerca subito
un notevole movimento in avanti. Non ti far allungare le
redini. Inizia le transizioni al trotto. Ricorda che sono 4.
Sarà sufficiente che ne realizzi almeno 3. L’ordinario, il
riunito e il medio. Il vero allungato lo potrai tentare dopo
che hai galoppato: dopo un bel galoppo allungato verso
la scuderia, scendi al trotto e chiedi subito l’allungato.
Spesso chiedi l’alt e inizia anche a chiedere qualche passo indietro sulla pesta. Ricorda, mani a metà collo con
redini corte; ferma così e poi le due gambe insieme indietro. Il busto appena in avanti, poco, poco.
Chiedi degli alt anche al centro del campo ostacoli, per
giungere ai passi indietro fuori dalla pesta. Riposati, non
molto per non perdere l’impulso che sei riuscita a creare.
Vai in galoppo, deciso in avanti sia in assetto leggero che
seduto. Spesso galoppo - passo (senza trotto) e passo galoppo, senza trotto.
Le azioni le conosci. Per l’alt non avere le mani vuote.
Forte la presa sulle redini e busto verticale e gambe vicine; pochi attimi prima dell’arresto alleggerisci le dita per
evitare il contraccolpo indietro.
Non ti dico altro. Fai ciò che ti senti di fare, ma ricorda:
se sei sulla pesta non ti far portare all’interno. Sei tu che
comandi lì sopra, sempre con il sorriso.
Un abbraccio e buona equitazione!
AdriCap
99
Adriano Capuzzo | Scritti
S
critta a Stefano Brecciaroli e alla sua
fidanzata (ora sua moglie) Francesca
Simoncini, che gli avevano presentato un
giovane sauro proveniente dal Dressage, possibile
soggetto per il Completo.
Roma, gennaio 2010
Carissimi Francesca e Stefano,
eccovi le mie impressioni e pensieri relativi al sauro dalle
profonde “fontanelle” visto l’altro ieri. Prima di tutto complimenti a Francesca; lo ha montato bene e ciò è a tutto
vantaggio del soggetto. Così dovrà continuare.
Il cavallo è più bello montato che dissellato sottomano.
È leggermente alto sulle gambe ed i garretti non sono
molto bassi rispetto a quelli dei grandi saltatori.
Si muove molto bene in piano. È un movimento naturale
che gli ha dato quel Personaggio che sta lassù e che gli
uomini, quaggiù, devono soltanto ringraziare facendo un
saggio e corretto uso del sauro e delle sue potenzialità.
Mi è piaciuto come lo ha interpretato Francesca perché
non l’ha preso forte in mano evitando che spezzasse
molto l’incollatura. Di sicuro, per il Dressage cui era destinato, è stato preso forte in mano. Per un buon lasso di
tempo bisogna tenere la bocca lontana dalla mano con
l’incollatura che scenda verso il basso, senza particolari
obblighi.
Dovrà migliorare decisamente il trotto allungato, che
oggi non c’è. C’è un trotto medio leggermente affrettato
ma si vede bene che il cavallo ha la possibilità di esprimersi validamente.
Sarà utile impegnarlo sulle barriere a terra (8 o10) ini100
Lettere
ziando con distanze di circa mt. 1,60 allargandole via via
sino a superare i due metri, aumentando leggermente
la velocità nell’attacco della prima. A seconda del suo
comportamento il cavaliere sceglierà se eseguire questo
esercizio in trotto leggero, le prime volte, per passare al
trotto di scuola con un buon contatto nella mano.
Questo “sardo” (non ne conosco il nome) a volte non è
sincero nell’accettare la gamba (vedi le partenze in galoppo). Qui servirà molto esercizio dall’alt con spostamento della groppa ¼ di giro alle due mani, per terminare con lo spostamento di ½ giro groppa a destra o a
sinistra. Questo esercizio è propedeutico al lavoro su due
piste da realizzare con molta gradualità.
Non ho visto se sa fare il passo indietro, ma non me ne
preoccuperei più di tanto. Con l’eventuale aiuto da terra
di una persona che prema sul petto ed un cavallo accanto che lo sa fare, stimo che imparerà subito. Lo deve però
imparare correttamente. Il passo indietro deve avvenire
per diagonali sollevando decisamente gli arti anteriori;
non strusciandoli sul terreno. Sarà utile le prime volte
farlo arretrare su due barriere a terra messe a V che lo
obbligheranno a sollevare gli arti. Le prime volte potrà
anche ingamberarsi, ma non importa. Una carezza e si
ripete dopo averlo fatto allungare al trotto o al galoppo
su tutto il campo. Ricordiamoci che per il cavallo il passo
indietro è assolutamente “innaturale”. Il cavallo va sempre in avanti; se ha paura non arretra, gira su se stesso
con una mezza piroetta da 10 punti di merito e fugge.
Da dove ero “parcheggiato” non ho potuto vedere bene
il salto. Non l’ho visto lateralmente, quindi non ho visto
il gioco dell’incollatura; il cosiddetto “bilanciere”. Ho visto la spinta ed i posteriori che andavano verso il cielo.
Gli anteriori mi sono parsi leggermente ciondoloni, da
101
Adriano Capuzzo | Scritti
purosangue. Voi sapete bene cosa fare e non mi dilungo.
Molti esercizi al trotto con facili dentro-fuori e piccole
combinazioni a seguire, spesso variate nelle distanze.
Con un modesto basso largo di mt. 1,10 di larghezza per
esempio, con una barriera a terra prima a 3 mt. scarsi,
fargli trovare ogni tanto una barriera a terra a 50/60 cm.
dopo il largo, onde obbligarlo all’attenzione in sede di
parabola discendente. Piano piano allargare senza esagerare per evitare che pesti la barriera a terra di arrivo,
sulla quale potrebbe “snodellarsi”.
Concludo dicendovi che il cavallo mi piace molto. Può
venire un ottimo cavallo da Completo se avrà coraggio in
campagna. E lì a Tor di Quinto avete tutto a disposizione.
Anche i piccoli talus sia a scendere che a salire; come
pure i fossi. Non raramente portatelo fuori su terreni diversi (vedi CEF o New Trekking, che ha molti ostacoli
adatti a puledri).
Termino con il suggerirvi di utilizzare un bravo veterinario per un approfondito controllo della dentatura al fine
di non avere dubbi sull’età del cavallo. Dei sardi, tolte le
dovute eccezioni, ho una fiducia che si allinea alla dizione musicale “andante ma non troppo!”.
Un abbraccio e ci vediamo a cena dalla Signora Patrizia
in pullover!
Adriano
102
Lettere
A
driano ha cominciato a montare a 7
anni alla SIR, Società Ippica Romana,
da tutti chiamata “Farnesina”, e ne
è poi diventato direttore tecnico per quattro
anni. Per tutta la vita non ha mai rinunciato
a visitare periodicamente quel Circolo, che lo
vide giovanissimo allievo di Costante D’Inzeo.
Il primo dell’anno aveva l’abitudine di passare
a salutare gli artieri al lavoro in quel giorno
di festa. Lasciava spazio ai ricordi ma il suo
sguardo era sempre rivolto a quel che si sarebbe
potuto fare per i giovani cavalieri. Questa lettera
è indirizzata al Presidente della SIR di allora,
Amedeo Vittucci.
Roma, 4 giugno 2010
Egregio Dott. Vittucci,
mi permetto inviarLe questa mia relazione quale Referente del Settore Concorso Completo del Comitato Regionale Lazio della FISE.
Ieri mattina sono venuto alla Farnesina verso le ore 11
per ritirare dal sellaio un paio di redini elastiche che gli
avevo ordinato la settimana passata. Non le aveva potute
realizzare a causa di un lutto familiare. Ho così avuto
occasione di parlare con l’Istruttrice Cinzia Malatesta e di
sapere che nel pomeriggio aveva in programma di portare allievi e pony a Tor di Quinto per un lavoro. Ho colto
l’occasione per dirle che ci sarei stato anch’io, poiché
tengo molto che i giovanissimi si avvicinino al Completo.
Soprattutto in un Circolo come la SIR, che deve ritornare
103
Adriano Capuzzo | Scritti
a fare un Saggio delle Scuole per non perdere la qualifica
di Scuola Federale di Equitazione della FISE!
Ho così passato uno splendido pomeriggio di sole in un
Ippodromo tra i più belli d’Italia con sei ragazzi e con
i loro cavallini. Ho assistito come semplice spettatore.
Posso dirLe che Cinzia ha la capacità di preparare una
squadretta e tra quei cavalli e pony da me visti, ve ne
sono due o tre che hanno attitudine e classe.
Concludo informandoLa che con Cinzia Malatesta abbiamo convenuto di fare un altro lavoro venerdì 18 giugno
presso il Circolo New Trekking che è vicino al Centro
Federale dei Pratoni, che ha un ottimo terreno e dove
farò preparare anche il guado del laghetto.
Stimo che con tre o quattro lavori si potrà affrontare una
Cat. 1 di Completo e poi una 2, che è la minima qualificazione richiesta per il Saggio.
Concludo permettendomi di suggerire che il nostro Sodalizio dovrebbe in qualche modo aiutare gli ippogenitori, facendosi carico ogni tanto di qualche spesa come il
trasporto dei cavalli o le spese di utilizzo impianto (che
in genere sono sui 20 euro a cavallo).
Grazie per la Sua attenzione, a presto, cordialmente
Adriano Capuzzo
104
Lettere
I
l Presidente del Comitato Regionale Lazio
Giuseppe Brunetti organizzò il 22 novembre
del 2009 un Concorso a Piazza di Siena,
luogo che di solito il Comune di Roma concede
soltanto per la Coppa delle Nazioni che si tiene a
fine maggio. In quella felice occasione Adriano
tornò dopo molti anni a fare lo speaker (lo si
vide nuovamente nel 2011 a Romacavalli,
dove commentò la gara di potenza dei pony)
e a rivedere il celebre ovale davvero gremito di
pubblico che si affollava numerosissimo intorno
al campo. Niente sponsor, niente biglietti, niente
tribune riservate, soltanto due autobus a due
piani per ospitare Ufficio Stampa e Giuria. Una
vera festa di sport, assieme elitaria e popolare.
Pochi mesi dopo il Presidente Brunetti pensò di
ricordare i cinquant’anni delle Olimpiadi che si
erano tenute a Roma, ripresentando a Piazza
di Siena il medesimo percorso di allora in
occasione della Coppa del Lazio. E ne parlò ad
Adriano. Questa è la sua appassionata lettera
di risposta.
Roma, aprile 2010
Carissimo Presidente,
è tutta la giornata che rifletto sulla tua idea di ripresentare a Piazza di Siena il percorso olimpico per celebrare
e ricordare il suo cinquantenario.
La trovo strepitosa ed affascinante. E se sarà ben propagandata avrà (ne sono sicuro) un successo epocale! Non
105
Adriano Capuzzo | Scritti
scherzo e non esagero. Ma desidero richiamare ancora, con molta calma, la tua attenzione e quella dei tuoi
stretti collaboratori sulla formula di gara. Considero
infatti un errore limitare questo splendido impegno ai
cavalieri del Lazio, inserendo il tracciato olimpico solo
per il quarto cavaliere delle squadre della Coppa del
Lazio.
Ti parlo con molta franchezza e mi spiego: la Piazza ha
una sua splendida storia sportiva. In quello splendido
scenario si sono esibiti negli anni meravigliosi cavalli
provenienti da tutto il mondo; lì hanno sudato insieme
ai loro prestigiosi cavalieri (per carità non parlo in prima persona) imponendo la propria classe atletica che
li ha inseriti nel libro d’oro dell’Internazionale Ufficiale
di Roma.
La sigla era, come ben ricorderai, CHIO di Roma cioè
Concours Hippique International Officiel de Rome.
Desidero sottolineare il fatto che il CHIO di Roma non
è un episodio regionale, ma una manifestazione di noi
italiani; di tutti gli italiani. Riuscire a montare a Piazza
di Siena è un traguardo ambito da ogni amazzone e da
ogni cavaliere. Se non ricordo male - in verità ricordo
benissimo - anche tu hai avuto questo onore e questa
occasione.
Il Comitato Regionale Lazio ha la fortuna di avere Piazza di Siena nel suo territorio; ha l’abilità di avere la
stima delle autorità preposte per l’utilizzo dell’arena;
ha dimostrato una capacità organizzativa indiscutibile;
ha l’occasione - unica per la nostra generazione - di
rinverdire un percorso olimpico che fu il culmine di un
momento magico della nostra equitazione nazionale…
E cosa fa? Ammette solamente i cavalieri del Lazio!
È un’idea che mi avvilisce profondamente. Lo sport è di
106
Lettere
tutti. Non può appartenere solamente a quei fortunati
che sono nati nel Lazio, che hanno abbracciato questo
sport ottenendo risultati notevoli tesserandosi nella nostra regione. Con una scelta del genere daremmo l’impressione di un egoismo senza pari.
Esagero? Forse. Ma come credi che la penseranno quelli
che sono nati a Grosseto o a Napoli? Saranno felici e
verranno ad assistere alla gara!?
Lascio alla tua saggezza una risposta e - nella profonda
convinzione che non è sempre il miglior collaboratore
quello che dice solo “Signorsì” - ti espongo una possibile soluzione che potrebbe accontentare tutti: nella
giornata di domenica si realizzi solamente la Coppa del
Lazio ed il Trofeo Olimpico Roma ’60. Squadre di tre cavalieri che si impegnano su un percorso che può anche
riprendere in parte il giro ridotto dell’Olimpiade; le dimensioni come quelle dell’anno passato. Loro classifica
e loro premiazione.
Poi il “Trofeo Olimpico Roma ’60” sul tracciato olimpico
con dimensioni massime di 1,35 x 1,70 con 3 ostacoli a
1,40 x 1,80. Categoria a tempo tab A. Velocità 400 mt/
minuto, aperto a tutti i cavalieri italiani con il 2° grado. Premio netto € 10.000 più oggetti. Tassa d’iscrizione
€ 150. Numero massimo di partenti 80 cavalli (poco
meno di 4 ore). Un solo cavallo per concorrente. Scuderizzazioni presso i Circoli e anche presso centri militari
di Roma e vicino Roma (Polizia, Carabinieri, Montebello, Centro Federale, Corpo Forestale, ecc, ecc.).
Stimo di poter ritrovare in FISE tutti i risultati esatti della Olimpiade romana cavallo per cavallo. Per lo meno,
me lo auguro.
Presidentissimo, ti ho espresso un mio personale parere, e come sempre resto disponibile a qualsiasi collabo107
Adriano Capuzzo | Scritti
razione, indipendentemente dalle tue decisioni.
Cordialità
Adriano Capuzzo
108
Lettere
N
el marzo del 2010 Fausto Maria Puccini
ha mandato ad Adriano una copia del
suo bel libro di memorie, intitolato “Storia
di un cavaliere” appena uscito per i tipi delle
“Edizioni Puky”, casa editrice della figlia Desirèe,
con questa dedica:“al caro amico Adriano
Capuzzo, vecchio compagno di tante battaglie
sportive, con stima e affettuosa amicizia”.
Ambedue dilettanti puri dell’equitazione, Puccini
e Adriano erano stati in squadra assieme, fra
l’altro, a Lucerna nel ’64 (Puccini montava
West Court e Adriano Rubicon) e allo CSIO che
si tenne nel ’66 a Barcellona. In quell’occasione
Puccini montava Esile: affrontando una gabbia
di verticali, il cavallo s’ingamberò sull’ostacolo
in uscita, cadendo e rovinandogli addosso.
Roma, 15 marzo 2010
Fausto carissimo,
grazie per il libro e la bella dedica che mi hai voluto riservare. L’ho letto tutto d’un fiato al mio ritorno dall’Oncologico di Milano dove mi ricovero per tre giorni ogni
tre mesi. Sembra che il tre sia il numero perfetto! Ho
delle cellule irregolari al fegato e devo fare una cura di
medicina nucleare.
Con il tuo scritto mi hai fatto fare un salto indietro di cinquant’anni! E mi si è gelato di nuovo il cuore al racconto
di Esile a Barcellona! Quel cazzotto l’ho ancora negli occhi! Sei stato “rullato” dal cavallo per ben due volte!
Mi dispiace non essere stato presente al tuo gentile invi109
Adriano Capuzzo | Scritti
to, ma immagina che mi sia fatto un’amante a Milano; è
una donna prepotente, insidiosa, costante e devo andare
a trovarla spesso; l’ho battezzata “tumorina”.
Un abbraccio forte forte, unitamente alla tua grande
Ninny.
Adriano
110
Lettere
È
stato assai lungo il legame di amicizia che
ha legato Adriano a Maria Sole Teodorani
Agnelli, che venne a dargli l’ultimo saluto
alla cerimonia funebre che si è svolta il 16
dicembre 2011 all’Ippodromo di Tor di Quinto.
Forte di questa amicizia, Adriano le chiese di
mettere a disposizione una Panda come premio
per due Completi internazionali che si sarebbero
svolti a Montelibretti nel settembre del 2009.
La Contessa accettò con entusiasmo e “solo per
lei, dottor Capuzzo” venne alla premiazione
anche se non era in perfetta salute. Nonostante
la presenza di numerosi cavalieri d’oltralpe la
Panda fu vinta da una atleta italiana, Francesca
Simoncini, in sella all’irlandese Terranova.
Roma, 24 luglio 2009
Gentile Contessa Maria Sole,
faccio seguito alla mia telefonata odierna per confermarle che, quando ho ricevuto da Virginia la conferma della
“Panda” messa a disposizione come premio per il miglior
binomio nei due Completi Internazionali del prossimo
settembre 2009 nel Lazio, sono rimasto “senza parole”
per la commozione.
Se sono “senza parole”, dovrei “fare silenzio”. Ma non mi
è possibile!
La prego di accettare un profondo grazie a nome di tutti
i Completisti sia italiani che stranieri, dei Presidenti dei
due Comitati Organizzatori e mio personale per il Suo
prestigioso interessamento che realizza un fatto unico ed
111
Adriano Capuzzo | Scritti
eccezionale nella storia del Completo Italiano.
Sarà mia cura, con l’aiuto delle Sue figliole Argenta, Cinzia e Virginia, con le quali ho sempre avuto un’ottima
collaborazione, puntualizzare ogni dettaglio per la perfetta riuscita di questa operazione, che dovrà essere particolarmente esaltata in tutto il mondo sportivo equestre
italiano e straniero.
Voglia gradire Contessa Maria Sole i sensi della mia profonda ammirazione per la sua sempre grande e signorile
sportività.
Non mancherò di tenerLa informata di ogni sviluppo.
Cordialmente
Adriano Capuzzo
112
Lettere
A
driano ha festeggiato il suo penultimo
compleanno, in una cena nella casa di
campagna di Patrizia Carrano, assieme a
Stefano Brecciaroli, la sua fidanzata Francesca
Simoncini, Antonio Gentili e sua moglie Francesca.
Quella cena allegra con i suoi allievi l’aveva così
entusiasmato che il giorno dopo ha spedito “alle
due Francesche” questa mail.
Roma, 12 agosto 2010
Illustri Giovani!
non sarà facile per me dimenticare la data di ieri. La
vostra affettuosa presenza ha stimolato in me un sentimento di gratitudine nei vostri confronti che arricchisce i
valori della mia vita, rendendomela veramente... “da non
perdere”... finché sarà possibile.
Un abbraccio affettuoso
Adriano Capuzzo
113
In sella a Ballynool,
ai Campionati europei
che si svolsero a Parigi
nel 1958 a Parc des Princes
114
Appunti di un tecnico
Adriano Capuzzo | Scritti
Appunti di un tecnico
C
onvinto che una buona equitazione non
sia possibile senza l’insegnamento di
capaci Istruttori, Adriano ha scritto nel
gennaio del 2010 questo testo, indirizzandolo
soprattutto ai giovanissimi OTEB (Operatori
Tecnici Equestri di Base) e agli Istruttori di
1° livello che non avessero ancora maturato
una sufficiente preparazione per condurre i
loro giovani allievi ad affrontare il lavoro in
campagna.
Sul lavoro in campagna
È ormai mondialmente riconosciuto che il
cavallo è un essere abitudinario, in grado di assorbire
gli insegnamenti elargiti grazie alla costante ripetizione
degli esercizi, negli stessi luoghi e negli stessi spazi. È
dunque facile comprendere come l’inizio di una nuova
attività, svolta in un ambiente completamente diverso,
possa creare delle difficoltà all’Istruttore responsabile
della sua crescita atletica. Il medesimo concetto vale anche per il giovane cavaliere; anche l’uomo è un essere
abitudinario.
Ne consegue che, per preparare correttamente dei binomi ad affrontare una gara di Completo, non è assolutamente sufficiente uscire in campagna una sola volta.
I binomi dovranno esser portati fuori per almeno tre o
quattro lavori.
Sarà dunque opportuno:
-Non uscire con più di 5 o 6 binomi; con un numero
117
Adriano Capuzzo | Scritti
maggiore bisognerà effettuare il lavoro articolandolo
su due riprese.
-Cercare il più possibile di avere dei binomi allo stesso
livello di preparazione tecnica.
- Avere tra gli intervenuti un binomio più esperto, capace con il suo esempio di “tirare” i binomi in difficoltà.
-Assicurarsi che tutti gli allievi abbiano il cap (o casco)
con allaccio a 3 punti e il giubbetto paracolpi.
Inoltre è auspicabile:
- Che l’Istruttore sia in corretta tenuta equestre per poter
montare un cavallo in difficoltà.
- Che l’Istruttore segua a piedi il lavoro dotandosi di una
“frusta da caccia” con la quale potrà inquadrare ed aiutare un cavallo in difficoltà. La frusta da caccia ha la caratteristica di avere un’ impugnatura rigida, lunga circa
cm. 80, da cui parte la doccia in cuoio intrecciato morbido lunga sino a circa 2 mt. per finire con il fiocco che
può determinare lo schiocco. È facilmente trasportabile
anche sotto un braccio se si arrotola la doccia di cuoio
alla parte rigida. Quando è necessario si srotola la doccia e, se usata con arte, tale frusta può essere utilissima
per sollecitare un cavallo in avanti, senza colpirlo.
-Che accanto all’Istruttore segua un palafreniere o persona esperta di cavalli, con una musetta piena di biada
ed un curasnetta.
- Che i cavalli abbiano la ferratura con i buchi predisposti per avvitare i ramponi, se necessari.
-Che siano insellati con la sassinga ed una martingala
anche senza forchetta, oltre a stinchiere, paranocche e
paraglomi. Per questi ultimi tre accessori sarà utile abituare i cavalli già da molto tempo prima. In alternativa
alla martingala, sarà sufficiente un collare (basta uti118
Appunti di un tecnico
lizzare un semplice staffile) al quale possa “attaccarsi”
l’allievo in perdita di equilibrio.
-Che gli accompagnatori degli allievi (siano essi ippogenitori, zii, nonne, amanti o spasimanti) rimangano a
debita distanza, almeno a 50 metri, da dove si svolge il
lavoro. È necessario chiarire loro con cortesia che non
potranno intervenire in nessunissima maniera, se non
autorizzati dall’Istruttore.
-In occasione di tempo incerto, è saggio montare con
indumenti di protezione dalla pioggia, visto che non si
potrà interrompere il lavoro quando si sarà nel mezzo
di un’ampia tenuta, lontano da scuderie o zone protette
dall’acqua.
Giunti sulla palestra che ci ospiterà per il lavoro, occorre
fare attenzione ai cavalli appena usciti dal van. Saranno
più o meno tutti con le incollature rilevate e le orecchie
“appizzate” per rendersi conto di dove diavolo sono finiti! Non è escluso che qualcuno si rallegri e se ne vada
sgaloppazzando a coda dritta! Pur bellissimo da vedere, è
un avvenimento da evitare poiché è pericoloso per il soggetto in libertà, e suscitatore di simili reazioni negli altri
soggetti. Questa situazione si accentua particolarmente in
giornate abbastanza fredde, frizzanti o ventose. Si sa che il
vento che è un fattore di eccitazione per non pochi cavalli.
Sarà opportuno montare in un campo ostacoli recintato
- se esiste, in sabbia - per iniziare lì il normale lavoro di
riscaldamento, mettendo i cavalli in sezione in un ampio
circolo intorno all’Istruttore, cambiando spesso di mano.
Si potrà subito incominciare a trottare. Restare troppo
tempo al passo con una temperatura nettamente più bassa di quella che era dentro al van può comportare il rischio di infreddature.
119
Adriano Capuzzo | Scritti
Quando si sarà abbastanza sicuri che i cavalli hanno incominciato ad ambientarsi e quindi a calmarsi, si potrà
iniziare un lavoro a volontà, un binomio alla volta, senza
allontanarsi troppo dal centro del campo. Se tutto si svolgerà correttamente si passerà, sempre a volontà, a realizzare qualche partenza in galoppo alle due mani, ponendo particolare attenzione ai momenti nei quali i cavalli
s’incontreranno alla stessa andatura a mani diverse.
Se in questa sede un cavallo continuasse a dare segni
di pochissima sottomissione, sarà opportuno che l’Istruttore lo prenda sotto il suo preciso controllo, facendolo
lavorare vicino a sé, con un trotto molto impegnato, cambiando continuamente direzione, anche con girate assai
strette continuando a richiedergli molto impegno.
Questo lavoro di riscaldamento potrà durare dai 10 ai 20
minuti, a seconda della calma che si otterrà. Per calma intendo il superamento dell’eccitazione per il posto nuovo.
Uno o due saltini al trotto con la barriera a terra a tre passi
saranno un ottimo completamento del riscaldamento.
Si passerà quindi sul terreno di campagna. Suggerisco che
avvenga, le prime volte, in sezione dietro un cavallo sicuro,
che non si spaventi. Controllare l’insellaggio; in particolare la tensione del sottopancia, le imboccature e la staffatura. Sarebbe opportuno sistemare lo staffile un buco più
corto del normale. Ma non si deve esagerare nell’accorciare la staffatura! Una regola generale è che l’inclinazione
del femore del cavaliere debba, con il suo immaginario
prolungamento, raggiungere il terreno in piano, formando
un angolo acuto di 45 gradi, non meno.
Sarà utile scegliere una zona abbastanza pianeggiante e
ripetere intorno all’Istruttore un secondo leggero riscaldamento per vedere come si comportano i cavalli. Qual120
Appunti di un tecnico
che rallegrata potrà avvenire… e qui si individuerà subito il livello di preparazione atletica dei giovani allievi!
Sempre al trotto, gli allievi cominceranno ad allontanarsi dall’Istruttore, con puntate progressivamente sempre
più lontane, ma rientrando spesso verso di lui, dandogli
così modo di suggerire consigli ed istruzioni. Gli allievi non devono restare sempre lontani poiché l’Istruttore
non può raggiungerli con la sua voce, soprattutto se la
giornata è ventosa.
Ogni tanto l’Istruttore dovrà chiamare a sé un allievo,
per dargli un consiglio e per offrire un pugno di biada
al cavallo, facendogli contemporaneamente vedere ed
annusare la frusta da caccia. Dopo aver ripetuto qualche volta questi gesti potrà, accarezzandolo, strusciare
leggermente la frusta sul collo e piano piano anche sul
muso con una mano vicina agli occhi. Tutto ciò servirà a
farsi “amico” il cavallo, invitandolo ad essere disponibile
alla collaborazione con il proprio cavaliere, senza avere
il “terrore” dell’Istruttore; e cioè di colui che ogni tanto
alza quella frusta… terrificante.
Sarà opportuno cambiare in continuazione zona di lavoro;
passare ad andature superiori, incominciare con qualche
“allungate”, sia al trotto che al galoppo. Molte partenze al
galoppo alle due mani, con un galoppo mai tenuto per più
di un minuto. Scendere sovente al passo, con redini alla
fibbia in passo libero, sempre bene impegnato.
Se il lavoro si è sviluppato bene si vedranno i cavalli
distendere liberamente l’incollatura verso il basso, come
per annusare il terreno, distendere le reni e scaricare così
un poco di fatica.
A questo punto sarà indispensabile incominciare a lavorare su zone di terreno non in piano. Scegliere una col121
Adriano Capuzzo | Scritti
linetta con una dolce pendenza, non eccessivamente ripida, ed inviare uno alla volta gli allievi in salita al passo
in piedi sulle staffe con la ricerca di un nuovo equilibrio
senza attaccarsi alla bocca e tanto meno alla martingala o
collare. La salita (lunga 60/80 metri) dovrà essere affrontata sempre dritta, senza variazioni in diagonale; quindi
con leggere correzioni del cavaliere che avrà le redini
lunghe. Le prime volte qualche cavallo tenterà di passare al trotto se non addirittura al galoppo. Glielo si può
permettere, a condizione che non esageri. È il famoso,
innato, impeto che una volta si utilizzava per le “cariche”.
La discesa deve essere obbligatoriamente eseguita al passo, diritti, mai in obliquo, con una posizione del cavaliere non rovesciata indietro, con un leggerissimo contatto
con la bocca, bene nell’inforcatura e piedi “pesanti” nelle
staffe, con il baricentro in avanti.
Sarà opportuno che l’Istruttore chiarisca alcuni concetti
relativi alla discesa o ai terreni in dislivello.
Il cavallo frena con gli anteriori! Non con i posteriori!
Questi ultimi danno la spinta in avanti. Nella discesa i
cavalli devono frenare per rallentarsi e di conseguenza
hanno necessità della maggiore aderenza degli anteriori
al terreno. Se un cavaliere in discesa si “stravacca” (scusate il termine) indietro, carica fatalmente il treno posteriore poiché tutto il suo peso rimane sul centro schiena,
mentre la gamba scappa in avanti e la mano, fatalmente,
tende ad attaccarsi alla bocca e quindi a sollevare l’incollatura. Mentre il cavallo - quando è in discesa - porta
l’incollatura verso il basso, proprio per appesantire il treno anteriore. È comprensibile che all’inizio un giovane
cavaliere abbia una certa diffidenza a scendere; non dico
paura, ma un po’ d’impressione... poiché vede il terreno
più lontano del solito. È questione di abitudine. Ricor122
Appunti di un tecnico
date quando all’inizio di queste pagine avete letto che
anche l’uomo è un essere abitudinario? Concludo sottolineando che di discese occorrerà affrontarne tante; dalle
più facili alle più ripide, giungendo, dopo qualche anno,
sino allo “scivolo”.
Perché si deve scendere diritti e non in diagonale, come
pure è pericoloso procedere (anche al passo!) su di un
pendio in senso parallelo al termine del pendio? Perché il
cavallo, per sua natura, non è capace di flettere il bipede
laterale a monte rispetto a quello a valle, che rimane teso.
Mi spiego meglio: sugli sci l’uomo si può tranquillamente
fermare a metà di una ripida discesa, mettendosi di traverso - con la gamba a valle tesa e quella a monte leggermente piegata - bilanciando così uniformemente il proprio
peso sui suoi due arti. Al contrario, il cavallo non è capace
di flettere un solo bipede laterale! Potrebbe essere un errore del Padre Eterno? Non lo so. So per certo che, se vi
fermate di traverso in una discesa, tutto il peso del cavallo
e del suo cavaliere è sul bipede laterale a monte, che rimane teso. Mentre quello a valle è scarico, pressoché non
aderente al terreno. Ne consegue che il cavallo può rovinosamente cadere a valle sino alla fine della discesa (se
molto ripida). Egli, infatti, non riesce a rialzarsi su un forte
dislivello, poiché ha bisogno di inarcare i due anteriori
parallelamente in avanti per sollevare spalle ed incollatura
e dopo - solo dopo - inarcare i posteriori. Anche i muli, in
montagna, soffrono della stessa sorte e dopo aver patito
amare esperienze, quando si devono fermare, si posizionano da soli verso la salita. Io non li ho mai visti, ma me
l’hanno raccontato i potatori dei boschi, che adoperano
ancora i muli per portare a valle il legname tagliato. Sembra una pratica antica, ma avviene ancor oggi nei boschi
vicino ai Pratoni del Vivaro.
123
Adriano Capuzzo | Scritti
I primi salti in campagna
Si potranno realizzare già in occasione della prima uscita
in campagna, verso il termine del lavoro, dopo che cavalli e cavalieri si saranno bene ambientati in quella nuova
dimensione di spazi e di natura.
Per prima cosa l’Istruttore dovrà insistere molto affinché
i suoi allievi guardino sempre attentamente in avanti. In
campagna non ci si può incantare a guardare in terra
vicino a sé o guardare il collo del cavallo. Lo sguardo
sempre in avanti fra le orecchie del proprio destriero!
Sarà utile avvicinare al passo i cavalli ad un piccolo tronco basso. Avvicinarli venendo da lontano (30 metri) al
passo impegnato, perpendicolari all’ostacolo; a 3 o 4 metri di distanza, rallentare fino a fermarsi davanti. Fare
allungare l’incollatura lasciando sfilare gradatamente le
redini. L’Istruttore sarà al di là dell’ostacolo, al centro,
con la musetta, e porgerà al cavallo una manciata di biada, abbassando la mano in modo che il cavallo la segua.
Quando l’Istruttore avrà depositato la biada sull’ostacolo,
il cavallo, finalmente, potrà mangiarla. Questo è un utile
espediente per invitare il cavallo ad avvicinarsi all’ostacolo, annusarlo e prenderne confidenza. Tale espediente
potrà essere utilizzato con un cavallo alla volta o anche
con due o tre contemporaneamente: il cavallo è sempre disponibile all’imbrancamento, che è una delle sue
condizioni di vita da puledro, mai dimenticata e spesso
ricercata, poiché gli dà coraggio e serenità.
I primi salti del tronco saranno al trotto con una barriera, anche rustica, a terra a tre metri (anche abbondanti),
aumentando nelle ultime battute e puntando diritto al
centro dell’ostacolo. Poi si passerà ad un galoppo tranquillo, senza nulla in terra per due o tre volte. Cambiare
124
Appunti di un tecnico
spesso tipo di ostacolo; sempre sul basso e facili. Comprendere anche siepi verdi o secche. Ogni tanto ripetere
l’avvicinamento al passo con la biada. Quindi si potrà
cominciare a legare tre o quattro salti di seguito in galoppo, con una velocità di poco superiore a quella di un
normale percorso di concorso ippico, facendo attenzione
che sia costante, escludendo grandi rallentamenti e rapide allungate. Sarà bene abituare sin dall’inizio gli allievi
ad evitare in campagna i grandi strappi di velocità in
avanti in breve spazio; sono sforzi inutili, che tagliano il
fiato, estremamente dannosi quando si dovranno affrontare lunghi Cross, complicati ed impegnativi. In Cross
non forzare assolutamente mai la velocità in una salita.
Lasciare che il cavallo l’affronti con il suo dispendio di
mezzi; i cavalli sanno benissimo quando rallentarsi per
la fatica ed in quel momento devono essere assecondati:
una forzatura del cavaliere in quel momento può voler
dire... non finire il Cross.
In discesa, analogamente, lasciarli scendere anche molto
velocemente; è inutile contrastarli, a meno che non vi
siano ostacoli da affrontare, o il terreno sia sconnesso e
poco uniforme.
Sarà opportuno realizzare a passo gli spostamenti tra
una zona e l’altra, alla ricerca di ostacoli adatti; si darà
così modo ai cavalli di perdere tensione e riposare. Ricordatevi sempre che la tensione e la fatica in qualsiasi
cavallo s’individua con il sudore. Se un cavallo lavora
bene, in serenità e nel giusto impegno, non schiuma. Si
potrà notare una leggera umidità sul pelo alla base del
collo e sotto la copertina sottosella.
Negli ulteriori lavori in campagna - da ripetersi ogni 10/12
giorni con i medesimi criteri sopra indicati - si dovranno
possibilmente affrontare ostacoli sempre diversi, com125
Adriano Capuzzo | Scritti
prendendo anche qualche semplice combinazione. Con
questo sistema, il cavallo fa “condizione” per affrontare
una Cat. 1 o 2 di Completo, senza necessità di realizzare
galoppi prolungati a velocità particolari. Sarà invece utile
affrontare in un lavoro anche un controllo delle velocità, affinché il giovane allievo cominci a sapere a quale
velocità galoppa, senza bisogno di controllare il proprio
cronometro. È facile: si misurerà un tratto in piano di 200
metri; si stabilirà quindi un traguardo di partenza ed uno
di arrivo. L’Istruttore sarà all’arrivo, vedendo da lontano
la partenza che sarà indicata da un braccio alzato dall’allievo quando taglierà il traguardo, già in galoppo. Non
deve partire da fermo; quindi dovrà prendere il galoppo
50 metri prima. Fermato il cronometro all’arrivo, sarà facile far conoscere all’allievo a che velocità ha percorso i
200 metri (per es. 400 mt. al minuto = 200 mt. in 2 minuti). Per distanze più complicate, sviluppare (per esempio)
la seguente equazione: se devo galoppare per 400 mt. in
60 secondi, per coprire 800 metri, quanti secondi dovrò
impiegare? 400:60 = 800:X per cui X= 60x800:400 = 480:4
= 120 secondi = 2 minuti.
Passaggio in acqua
Sarà bene realizzarlo ogni qualvolta si fa un lavoro in
campagna, avvisando prima - se necessario - il Circolo
ospitante. In Completo un cavallo deve entrare in acqua
con facilità e sicurezza. In Concorso guai se tocca la riviera! A questa bizzarria dobbiamo abituarli per tempo,
possibilmente fin da giovani; già a 4 anni.
In questo caso sarà molto utile avere un cavallo già
esperto che possa “tirare” l’altro o gli altri. È comun126
Appunti di un tecnico
que buona regola avvicinarsi tutti all’acqua, facendo
sostare i cavalli per qualche minuto. Fare entrare in
acqua il cavallo esperto affinché passeggi con gli zoccoli a mollo davanti agli altri. Organizzare quindi, in
ripresa, l’entrata al passo, uno dietro l’altro. Può darsi
che alcuni entrino e altri no. Far sostare a redini lunghe quelli entrati in acqua, fino a quando incominciano ad annusare l’acqua; a volte potranno anche bere
(consentitegli solo pochi sorsi). A volte qualche cavallo incomincia addirittura a giocarci! È estremamente
divertente, ma… attenzione: con una rapidità incredibile possono di colpo piegare gli anteriori e sdraiarsi
dentro il laghetto! È uno degli spettacoli più comici
che l’equitazione possa riservare ai presenti. Del resto,
una volta apprezzata la piacevolezza dell’acqua fresca,
magari in una giornata estiva di gran caldo, è facile
che nella loro mente si affacci il pensiero “ma se mi
fanno entrare e sostare, potrò godermi fino in fondo
questo bagno rinfrescante!”.
Con i cavalli che non sono entrati, occorrerà insistere.
Con le buone, ma con determinazione. È assai utile avere
a disposizione un cavallo che entri sincero, perché quello restio possa seguirlo con il muso attaccato alla coda,
mentre l’Istruttore sarà dietro con la famosa frusta, che
potrà ruotare colpendo leggermente i garretti. Basta che
il cavallo riesca a mettere un arto in acqua e, in genere, tutto si risolve. A volte il problema si risolve all’improvviso, con il cavallo che allunga il muso sul bordo
dell’acqua, si accuccia leggermente, trema, e poi spicca
uno dei più grandi salti della sua vita, finendo a 4 zampe
nel bel mezzo del laghetto. Di solito, in questo colossale sconquasso, il giovane allievo viene disarcionato! Se
dopo questi tentativi un cavallo ancora non si decide a
127
Adriano Capuzzo | Scritti
entrare, bisognerà che l’Istruttore, aiutato da un uomo
esperto, entri in acqua con il cavallo sottomano, facendo
bene attenzione che non gli salti addosso. Bisognerà prima fermarsi sul bordo, bagnargli un piede; se possibile
alzarglielo e farglielo appoggiare dentro l’acqua. Non è
facile: ci vuole pazienza ed insistenza. È un gravissimo
errore abbandonare ogni tentativo. Diventa necessario
che lo monti lui, impegnandosi a fondo con l’aiuto di un
uomo esperto di cavalli (di cui abbiamo detto prima) che
lo inciti da dietro con il frustone.
Con cavalli non abituati, intorno al laghetto si sosta per
una buona mezz’ora. Una volta entrati, uscire e rientrare in continuazione, due, tre, quattro volte; prima al
passo, poi a trotto e per ultimo in galoppo. Non dimenticare mai di dar loro la biada - il premio! - quando
fanno bene.
Alla fine del lavoro
Per questi lavori in campagna necessitano mediamente
due ore buone. Appena smontati da cavallo, occorre controllare attentamente i quattro arti - togliendo stinchiere
e quant’altro - per garantirsi che non vi siano ferite. In
qualche caso un pronto impacco di amuchina è comunque consigliabile, onde evitare il rischio di infezioni.
Giunti in scuderia è indispensabile un ulteriore accurato
controllo degli arti, scorrendo con una mano contropelo attorno al nodello e sullo stinco, per scoprire piccole
fastidiose ferite che non creano zoppia, ma infezione anche dopo tre o quattro giorni. Controllare i ferri e lo stato
generale del cavallo.
Il giorno seguente si dovrà controllare il cavallo al trotto
128
Appunti di un tecnico
sottomano; se assente da zoppia, non deve fare riposo;
una tranquilla passeggiata di una mezz’oretta abbondante a passo montato sarà utile per smaltire qualche residua tossina da affaticamento. Controllare che l’occhio
non abbia colorazioni gialle; in questo caso avvisare un
veterinario.
Al rientro in scuderia sarà molto utile applicare per una
notte intera impacchi di astringenti ai tendini, sia anteriori che posteriori. Un tempo si adoperava l’acetato di
piombo, se non vi erano ferite. Oggi vi sono molti prodotti utili e meno tossici (l’acetato di piombo è velenoso
se ingurgitato).
Il secondo giorno dopo il lavoro in campagna, il cavallo
potrà riprendere il suo normale lavoro quotidiano.
Termino questi miei appunti suggerendo che il giovane
OTEB od Istruttore non abbia riserva a farsi accompagnare nelle sue prime “uscite” da un collega particolarmente
esperto. Non si può imparare tutto nei nostri corsi, stages o quant’altro. L’esperienza sul campo è fondamentale, poiché è inevitabile trovarsi a fronteggiare un’infinità
di casi differenti fra loro. In ogni modo non è pensabile
affrettare i tempi per i debuttanti in Completo, siano essi
cavalli o cavalieri; entrambi devono maturare esperienze
diverse, che andranno risolte con interventi diversi, volta
per volta. Una vita intera passata attorno ai cavalli non
è sufficiente per imparare tutto il necessario! Affrettare
i tempi è prima di tutto SCIOCCO, oltre che INUTILE,
INOPPORTUNO e per finire PERICOLOSO. E la responsabilità, in primis, è senza dubbio dell’ISTRUTTORE.
A tutti un sincero augurio di buon lavoro saggio e sereno, indispensabile per grandi risultati.
129
Adriano Capuzzo | Scritti
A
l termine di ogni viaggio in cui era Capo
Equipe, Adriano era solito inviare alla
FISE una dettagliata relazione su quanto
avvenuto: trasporti, prestazioni di cavalli e
cavalieri, inconvenienti, successi. Questa è
stata scritta in occasione del Concorso Completo
Internazionale di Leyland Farm che si svolse fra
il 13 e il 17 ottobre del 1977 ad Hamilton, Boston.
Dunque nei lontani Stati Uniti, dove l’anno
seguente, il 1978, si sarebbero svolti i Mondiali
di equitazione a Lexington, Kentucky. Dove
Adriano si è recato a fare un sopralluogo per
rendersi conto di terreni e per cercare di ovviare
a certe strettoie burocratiche per l’ingresso dei
cavalli negli USA.
I cavalli volano in America
Il viaggio è stato movimentato e assai lungo,
malgrado il trasporto aereo. Il cavallo Matheus è partito
lunedì 3 ottobre dai Pratoni per Milano (Le Querce). Il
giorno seguente, assieme a Ever Ready e Dolcye siamo
partiti in aereo per Londra. C’è stato un ritardo nella partenza per uno sciopero alla torre di controllo londinese.
Siamo decollati soltanto alle 20. E siamo arrivati a Londra alle 23. Poi, il trasbordo sul van per raggiungere una
scuderia distante 100 km. (Hikstead). Siamo giunti alle 3
del mattino del giorno 5. Non c’era nessuno: senza luce,
senza acqua, senza lettiere nei box, che sono stati preparati sotto una pioggia battente.
Siamo ripartiti, dopo diversi rinvii, la sera del 6: in van
130
Appunti di un tecnico
fino all’aeroporto di Gateway, dove siamo arrivati a mezzanotte. Alle 3 del mattino, finalmente, il decollo. Siamo
giunti a New York alle 6 del mattino, ora locale. Poi un
fermo di 5 ore per le operazioni di scarico e le pratiche
doganali. Quindi in van nel New Jersey (150 km circa)
per la quarantena. Siamo giunti al luogo stabilito alle ore
17 del giorno 7. Lì sono stati presi in consegna i cavalli
e tutti i materiali. Ma non ci hanno neppure fatto entrare
nell’impianto. Il giorno successivo, sabato 8, ci hanno riportato i cavalli sottomano perché potessimo passeggiarli in un apposito recinto riservato. Alle 10 del mattino di
domenica 9 abbiamo caricato sui van, e ci siamo avviati
in direzione di Boston, dove siamo arrivati alle 18.
- La sistemazione nelle scuderie: ottima.
- I cavalieri alloggiati presso famiglie con sistemazioni
eccellenti.
-Terreno delle gare: ottimo, malgrado la pioggia continua per 5 giorni consecutivi (compreso il giorno del
Cross).
- Partecipazione ad alto livello. Assenti francesi, australiani, austriaci; vi erano le Nazioni di maggior prestigio
in Completo. Le più forti, Inghilterra, Germania, USA.
Poi Canada, Olanda, Irlanda.
- Non vi era classifica di squadra.
- Il Cross era impegnativo. Terreno sempre vario, con salite e discese in continuazione. Ostacoli imponenti, ben
costruiti, di massa vistosa, 5 combinazioni non a trabocchetto ma con le loro indubitabili difficoltà. Nell’insieme un percorso superiore agli europei di Burttley.
Ottimo quindi per la valutazione di cavalli e cavalieri.
Avrebbe potuto essere un’ottima selezione finale per i
mondiali.
- 40 i cavalli partiti. Hanno partecipato:
131
Adriano Capuzzo | Scritti
- Anna Casagrande con Dolcye.
- Marina Sciocchetti con Ever Ready.
- Mario Marocco con Matheus.
- In addestramento la migliore è stata la Sciocchetti con
punti 80, quindi Marocco con 85 e infine la Casagrande con 86,33. Tutti e tre hanno commesso qualche errore, scarsi gli “allungate” sia al trotto che al galoppo. Il
primo classificato M. Plumb, USA con punti 47; secondo
K. Schultz, Germania con punti 47,33. Il decimo stava tra
i 65 e i 67, quindi 30 cavalli tra i 70 e gli 80 punti circa.
- La prova di fondo - data l’alta qualità dei cavalli - non
ha determinato grossi spostamenti in classifica. Solo 2
cavalli nel tempo. 10 cavalli eliminati.
- Anna Casagrande ha montato in avanti, molto decisa.
Il cavallo è un galoppatore di prima qualità. Salta d’impeto qualsiasi cosa si trovi davanti. Nelle combinazioni
non è franco e spesso inganna la sua amazzone, che
non riesce ad averne pieno controllo se deve realizzare
delle curve strette. Si è fermata tre volte su combinazioni diverse e due volte è uscita e rientrata dalle aree di
penalizzazione. La Casagrande ha dimostrato coraggio,
impegno, freddezza.
- Marina Sciocchetti non ha risposto alle aspettative. Già
molto tesa fin dal primo giorno, non si è trovata a suo
agio. Ha montato con apprensione, senza galoppare, timorosa che il cavallo le prendesse il sopravvento; già ferma al n. 4 ha scartato su una combinazione
(7 e 8), ancora ferma sul 10 (un salto in discesa) ed è
stata definitivamente eliminata sul salto nell’acqua n.
15, per 3 piantate. La giovane si è molto avvilita. Le
va però dato credito per una prova di riscatto, come
Badmington. Giudicarla ora sarebbe un errore dato che
il cavallo è buono ed è presumibile pensare che, tro132
Appunti di un tecnico
vandosi ad affrontare un impegno importante, la Sciocchetti si riscatti pienamente.
- Mario Marocco ha montato molto bene, con attenzione,
capacità, mestiere e sereno coraggio. Netto in Cross,
senza forzare enormemente l’andatura, ha sofferto di
un grosso ritardo nella prima marcia per un banalissimo incidente: una pietra si era caparbiamente incastrata sotto l’anteriore destro e dunque il cavallo marcava vistosamente. Sceso, ha sbloccato la situazione
con mezzi di fortuna, ma ha perso del tempo prezioso.
Matheus è un cavallo coraggioso, attento e generoso.
Ha superato tutti gli ostacoli con molta facilità e buona
volontà. Non vistoso nei passaggi, calibra i suoi mezzi
e la sua esperienza in maniera ottimale. È un cavallo
non facilissimo da montare, ma sul quale si può fare
affidamento.
- Nell’ultimo giorno, sia Dolcye che Matheus hanno commesso 3 errori; il primo perché ancora irruento, sicché
spesso si abbassa di schiena sugli ostacoli; il secondo
perché non aveva ancora smaltito la fatica del giorno
precedente.
-Classifica finale: Matheus 25° e Dolcye 30°. Nel complesso un’esperienza enorme per tutti.
Desidero evidenziare l’efficienza, la disponibilità e la
validità del sig. Gianni Nicolé, che è stato pienamente
all’altezza della situazione, anche se la scarsa conoscenza
della lingua non gli era certo d’aiuto.
133
Adriano Capuzzo | Scritti
Sopralluogo a Lexington
nel Kentucky,
sede dei mondiali del 1978
Approfittando dello spettacoloso servizio delle linee aeree nazionali americane, cambiando 4 aerei sono andato
per un giorno a visitare la tenuta entro la quale si svolgeranno i mondiali dell’anno prossimo.
Cordiali rapporti con i personaggi locali mi hanno permesso di essere ricevuto e accompagnato a visitare luoghi di estremo interesse per noi. Posso asserire che la
nostra preparazione - che si svolgerà ai Pratoni - è assolutamente in linea con il tipo di terreno che troveremo
laggiù. Lexington ha un terreno più morbidamente ondulato dei Pratoni. Certo, vi è il problema della quarantena
e del trasporto dei cavalli da New York (che dista 1200
miglia).
Il Presidente del Comitato Organizzatore mi ha pregato di
far pervenire a lui personalmente una petizione che trasmetterà al Governo degli Stati Uniti per riuscire ad ottenere lo sbarco dei cavalli a Cincinnati (dove sono stato) che
dista da Lexington una sola ora di van. Una soluzione del
genere sarebbe estremamente interessante.
134
Appunti di un tecnico
A
driano considerava i Pratoni del Vivaro
il cuore del Completo in Italia e il CEF,
Centro Federale di Equitazione, una
palestra ineguagliabile per la qualità del terreno
e per il validissimo lavoro di persone da lui
amate e stimate, primo fra tutti Albino Garbari,
“che ha fatto del Completo la sua vita, dando a
tutti noi ed ai nostri cavalli il suo ineguagliabile
aiuto in qualsiasi circostanza, con generosa
professionalità e tenacia”. Il Campionato Europeo
Juniores di Completo, organizzato ai Pratoni del
1994 fu considerato da Adriano “un’edizione
da dimenticare”. Per questo, in previsione dei
Campionati Europei assoluti del ’95, nel novembre
del ’94 Adriano scrisse per gli organizzatori una
lunga memoria “considerando che ho fallito
totalmente come consulente ‘a voce’ nell’edizione
del ’94”.
.
L’organizzazione
di un Completo Internazionale
Ammettiamolo: i moltissimi disservizi, le occasionalità, la scarsa organizzazione, l’assenza di referenti nei momenti determinanti, i ritardi macroscopici nella
realizzazione degli impianti, la mancanza di collegamenti
radio con le persone responsabili dei vari settori, l’insufficienza di attrezzature, l’indisponibilità di spazi, l’assenza di mezzi di trasporti idonei e tante altre inesattezze e
imprecisioni hanno fatto del Campionato Europeo Juniores di Completo 1994 una edizione da dimenticare.
135
Adriano Capuzzo | Scritti
Con ordine elenco i fatti accaduti e mi permetto di suggerire delle soluzioni.
Scuderizzazione
- Era senz’altro accettabile; le scuderie erano pronte
all’arrivo dei cavalli. Si deve però porre attenzione al
fatto che Roma è lontana dal cuore dell’Europa equestre. Il viaggio è lungo. Per un campionato di rilevante
importanza come quello che avremo nel ’95 (l’ultimo
qualificante per le Olimpiadi), non saranno pochi i cavalli che arriveranno in anticipo, onde avere più giornate di riposo e di ambientamento. Le scuderie dovranno essere pronte per il venerdì antecedente alla gara.
- Si deve organizzare il 1° controllo veterinario dei cavalli quando scendono dai van. Lì deve esserci il veterinario che controlla dai passaporti la corrispondenza dei
soggetti in arrivo, e con una visita sommaria accerta
l’inesistenza di malattie infettive. Ciò non è stato fatto
ed è invece prescritto dalla FEI.
- Le scuderie devono essere migliorate con 4 punti
doccia per i cavalli (ora sono solo 2) che abbiano un
impiancito non dico di cemento, che sarebbe l’ideale,
ma almeno in scaglie compresse di materiale duro
(come calcinacci o tufo tritato) perché, con il continuo scorrere dell’acqua, si formano dei pantani. Se
poi viene a piovere, si finisce nel fango più totale.
- Devono essere più ampi i corridoi fra una linea di box
e l’altra. Lo spazio c’è. È inutile farli stare sacrificati. Un
cavallo che passa può prendere un calcio da un altro
legato all’esterno per il grooming.
Devono esserci 3 macchine fabbrica-ghiaccio a disposizione. Ricordiamo che ai cavalli non si può fare alcun
trattamento. L’unica cosa è il freddo o il caldo.
136
Appunti di un tecnico
Per i motivi di cui sopra occorre anche uno scalda-acqua
elettrico, di quelli a riscaldamento rapido istantaneo, senza accumulo.
Devono esservi 3 toilette W.C. per il personale.
Segreteria del concorso
- È stata drammatica. Il primo giorno nel localetto dell’ex
bar alle scuderie del CEF; il secondo giorno, all’insaputa di tutti, nella villetta; il terzo presso il villaggio. È un
errore; crea confusione e disorientamento per i cavalieri
e Capi Equipe; perdita di tempo con difficoltà di spostamento di carte, documenti e attrezzature. I primi due
giorni la segreteria non aveva un telefono, né una radio.
Non erano pronti i programmi, i buoni pasto, non c’era
una fotocopiatrice (i primi due giorni! I più importanti!)
La soluzione:
- Accanto all’entrata delle scuderie (vi è tutto lo spazio)
devono essere piazzati 2 grandi containers. Uno attrezzato a segreteria, con il suo grande e vistoso cartello
e uno destinato alla direzione-scuderie e alloggi del
personale.
- Tutto nasce e gravita nella segreteria, dal momento dell’arrivo fino alla partenza. Lì si devono pagare le iscrizioni, le
eventuali profende, ritirare i numeri di testiera provvisori,
i documenti vari, i “passi” per persone e auto, i tagliandi
dei pasti e ogni altro documento. Lì gli orari delle gare, le
piante e orari di utilizzo dei terreni; lì i risultati e le comunicazione per i Capi Equipe. Lì il ritiro dei premi.
- La segreteria deve essere inoltre dotata di un altoparlante per chiamare le persone e dare comunicazioni anche in lingue straniere; deve avere una radio collegata
con i dirigenti della manifestazione; un telefono e un
fax (a meno che per quest’ultimo non si autorizzino i
137
Adriano Capuzzo | Scritti
Capi Equipe ad usare quelli dell’ufficio stampa) ed una
fotocopiatrice che funzioni.
- Vi deve essere un turno di personale qualificato che
sappia le lingue dalle ore 7 alle 20.
- All’esterno della segreteria 2 colonne con 2 coppie di
telefoni, possibilmente protetti dalla pioggia, abilitati
per l’estero, funzionanti anche con le carte telefoniche
che si devono poter comperare presso la segreteria
(non era ancora tempo di cellulari! n.d.r.).
Parcheggio auto concorrenti
- Vi devono poter accedere unicamente le macchine munite di apposito “passi” ed è quindi necessaria una persona che controlli l’entrata. Nell’accesso, va sistemata
sul terreno una pista di legno o metallo per non impantanarsi se piove.
Aree ed orari di allenamento
- Devono essere ben chiari sin dall’arrivo dei cavalli, fornendo mappe indicative del terreno ed i relativi orari.
Una considerazione importante:
- Per un Campionato Europeo bisogna dare la possibilità di
fare anche dei galoppi veloci. Ripeto che i cavalli arriveranno sicuramente con molto anticipo e qualche preparatore vorrà sicuramente far fare qualche apertura di fiato
ai suoi atleti-cavalli. In orari stabiliti e sotto il controllo di
un Official, si deve poter dare la disponibilità della pista
di sabbia in piano circolare attorno allo steeple.
Ristorazione
Tutti sappiamo che in Completo si vive sul campo e in
scuderia dalla mattina alla sera. Serve quindi un luogo
riservato ai concorrenti e agli accompagnatori. Non de138
Appunti di un tecnico
vono andare nella confusione delle tende del villaggio.
Sempre accanto alle scuderie, a seguire dopo i due containers di cui abbiamo già detto, è necessaria una tenda
rettangolare sempre aperta dalla mattina alle 7 sino alla
sera dopo il dinner (ore 22).
-Deve essere riservata esclusivamente ai Capo Equipe,
tecnici, veterinari, concorrenti, grooms, proprietari e se lo desiderano - anche alle Giurie, che devono però
poter andare anche alla tenda VIP del villaggio.
Servizio a self service con scorrimento del vassoio; ognuno si serve di ciò che desidera; al termine la cassa, dove
si paga o in contanti o con i buoni-pasto. In ogni caso le
bevande saranno a pagamento (non a prezzi iperbolici).
Orari: Dalle 7 alle 10 - breakfast
Dalle 12 alle 14 - lunch
Dalle 16 alle 17 - thè
Dalle 19 alle 21 - dinner
Negli intervalli dei servizi la tenda deve essere sempre
disponibile come luogo di incontro e di riposo.
Possibilmente tavoli tondi da 10/12 persone. Sui tavoli le
bandierine delle nazioni. Capienza di 120 posti a sedere
oltre il banco del self service. Il tutto su pavimento tavolato in legno, con possibilità di tende verticali marginali
di chiusura, se piove a vento.
Lì si deve fare la riunione dei concorrenti (il breefing).
Per quel giorno è necessaria una lavagna luminosa, una
lavagna a fogli, l’impianto di amplificazione con microfono a mano. Lì deve essere fatta l’estrazione degli ordini di partenza. Lì devono essere installati 2 televisori a
circuito chiuso per poter seguire le gare di Dressage, di
Fondo e di Salto Ostacoli. Nei tempi morti, delle cassette
delle grandi prove equestri o la ripetizione delle prove
della giornata.
139
Adriano Capuzzo | Scritti
Luoghi di incontro dei Capi Equipe
Ogni giorno i Capi Equipe devono potersi incontrare in
un luogo confortevole per discutere di ogni cosa con il
delegato tecnico, le Giurie e un rappresentante della direzione del Concorso.
Io suggerirei la tenda VIP, con un piccolo angolo riservato chiuso con piante, dove possano essere offerte delle
bevande e qualche cortesia.
Mezzi di trasporto
Sono stati una delle grandi pecche dell’edizione del ’94.
Dopo la riunione dei concorrenti, un’autocolonna di
mezzi adatti a percorrere tutte le marce deve attendere
lungo la strada sterrata. Bisogna calcolare almeno 120
persone da trasportare.
Quest’anno sono state utilizzate delle AUTOBLINDE
DA GUERRA; una da 6 posti ed una da 10, armate con
mitragliatrici e lanciarazzi! Divertente per gli Juniores
ma ridicolo e inqualificabile per la FEI. Per “vedere”
avevano delle feritoie circolari del diametro di 6 cm.
Perfetto per non far entrare le pallottole. Ma per esaminare un sentiero? Durante il secondo giro la mitragliatrice si è infilata sopra un ramo; il ramo non ha
ceduto, l’autoblindo non si è fermata; è stata strappata
la mitragliatrice che si è rovesciata per terra. Per fortuna senza ferire nessuno. E per fortuna non ha sparato!
Ispezione dei cavalli
La stradina sterrata, anche se opportunamente e leggermente insabbiata, non è gradita alla FEI. Si desidera una
striscia d’asfalto larga mt. 3 e lunga una trentina. Le soluzioni possono essere diverse. La prima: realizzare la striscia fra due file di alberi esistenti accanto al maneggio,
140
Appunti di un tecnico
lasciando il resto dello spazio a prato. La seconda: (suggeritami dal delegato tecnico della FEI di quest’anno)
realizzare la pista all’esterno della staccionata dell’attuale campo di Dressage. La terza: copiamo semplicemente
Burghley. Abbiamo un campo ostacoli in erba immenso e
dunque realizziamo una striscia parallela alla staccionata.
Le tribune sono già lì. Durante le prove di Salto Ostacoli
sulla striscia d’asfalto basta sistemare una fila di vasi con
i fiori.
Il Dressage
Bene dov’è, con il suo rettangolo di attesa per un solo
cavallo. Però…
- Se piove si allaga dalla parte dell’entrata.
- Va festonata la staccionata di limite campo; così è brutale, non raffinata. Pensate agli addobbi che si realizzano in Gran Dressage.
- Nuove cabine per i Giudici. Allego disegni in pianta e
prospetti. Le attuali sono misere, bruttine e tristemente
piccole.
- Si deve installare verso il pubblico un pannello elettronico che indichi il numero del concorrente in campo,
che rimarrà fisso per tutta la durata della ripresa. Si
dovrà vedere anche il numero del movimento ed i 3
risultati che escono contemporaneamente per qualche
secondo. Quindi comparirà il numero del successivo
movimento e relativi punteggi e così via, compresi i 4
punteggi delle valutazioni complessive. Al termine della ripresa, il numero del concorrente e il suo risultato
finale. Lo speaker deve dare il risultato di un cavallo
dopo che abbia terminato il successivo e così via.
- Va curata l’apertura e chiusura del rettangolo per ciascun cavallo. Quest’anno abbiamo affidato quel compi141
Adriano Capuzzo | Scritti
to ad una bambina splendida ma troppo piccola. Dopo
7/8 cavalli si è stancata e da allora l’ha sostituita il nostro bravo operaio Bepi, con la sua maglietta a maniche
corte fuori dai pantaloni, una bella pancetta in evidenza e poi stravaccato a gambe larghe su una sedia.
Serve invece un militare in alta uniforme che saluta il
concorrente all’entrata e poi rimane a fondo campo in
piedi, fermo, impietrito. Oppure un distintissimo Commissario in bombetta. A questi personaggi va dato il
cambio ogni ora. Si può anche pensare a una piccola
garitta antipioggia.
- La musica di sottofondo va variata, altrimenti diventa
noiosa. Per limitare la zona del pubblico, anziché i nastri che con il vento vibrano e possono spaventare un
cavallo, meglio delle transenne bianche.
- Deve essere costantemente in zona un Commissario
che si preoccupi degli allestimenti, tenga a bada i fotografi, cacci via i cani, controlli i movimenti del pubblico
e sia a disposizione della Giuria.
Prova di fondo
Il percorso deve essere pronto nei suoi minimi particolari
dal lunedì sera. Il martedì lo visitano le Giurie. Il mercoledì mattina i concorrenti. Non devono esserci vasi, piante,
transenne, nastri che vengano messi… DOPO!
Il percorso deve essere nastrato per l’80% del tracciato;
al posto dei nastri che vibrano e si rompono facilmente, meglio una bella corda bianca. I punti dove il pubblico può attraversare la pista devono essere indicati
da cartelli con la scritta: “Attraversamento autorizzato”;
in quei punti deve esserci una persona che abbassa la
cordicella e fa attraversare nei momenti opportuni. In
pratica, chiude quando il cavallo si avvicina.
142
Appunti di un tecnico
Ricordiamoci cos’è accaduto a Chiara Pavesi agli Europei
di 2 anni fa quando, in pieno galoppo, travolse uno sprovveduto spettatore con un bambino di 3 anni in braccio!
I posti di ripresa tv devono essere aumentati; tranne 3
o 4 ostacoli si dovrebbe poter seguire tutto il percorso
attraverso i vari televisori piazzati in luoghi strategici: 2
presso le scuderie, 2 presso la tenda ristorazione concorrenti, 1 presso la tenda VIP, 2 sotto la tenda ai 10 minuti,
1 al centro controllo gara, accanto al Presidente di Giuria
e allo speaker.
I Giudici agli ostacoli
Malgrado fossero stati invitati per lettera e malgrado le
risposte positive, molti non si sono presentati e quindi abbiamo avuto difficoltà. Siamo tutti d’accordo che è
indispensabile avere delle persone competenti. Ciò non
toglie che accanto agli ostacoli più impegnativi o quelli
ritenuti più a rischio devono esserci 2 persone (qui possono andare bene militari che sappiano di cavalli) che
aiutino un concorrente caduto a riprendere un cavallo
scosso, che possano dargli la gamba, aiutarlo a riordinare
la bardatura, a sbloccare un cavallo incastrato.
L’elicottero
Va ben stabilito in tempo utile dove farlo atterrare e preparare la famosa “H”. Quest’anno, quando è arrivato, è
stato spostato 3 volte.
I “10 minuti”
Oltre al Giudice del Terreno e almeno 2 veterinari e il maniscalco (meglio 2) necessitano 3 Commissari riconoscibili
dal bracciale, che conoscano almeno l’inglese. Ognuno si
prende in carico un cavallo in arrivo dalla seconda marcia:
143
Adriano Capuzzo | Scritti
si presenta, si mette a disposizione del cavaliere per qualsiasi necessità, lo accompagna dal veterinario e lo informa
di quanti minuti mancano alla sua partenza. Lo riavverte
poi ai 5 minuti e quindi ancora ai 2 minuti e lo invita
ad avvicinarsi alla partenza ove sarà “preso in carico” dal
Commissario capo che è in contatto con il Giudice Ufficiale di Gara. Ovviamente deve avere il suo bravo cronometro al collo, con l’ora ufficiale di gara. È importantissimo
che sappia almeno una lingua straniera (non il circasso!).
Notoriamente serve acqua e ghiaccio. Insisto sull’importanza del ghiaccio. Si deve anche organizzare un piccolo
posto di ristoro per i concorrenti con bevande che dovrebbero essere offerte GRATIS. Un cavaliere, quando va in
Cross, sicuramente non ha in tasca il portamonete.
Insisto sulla tenda con i 2 televisori a circuito chiuso. È
soltanto lì che i poveri e stressati Capi Equipe e i tecnici
possono vedere qualcosa del Cross!
Collegamenti radio
È stato il servizio più disastrato di tutta la manifestazione.
Si era chiesto che l’assegnazione dei Giudici agli ostacoli
con le relative prove generali delle loro radio avvenisse il
giorno prima del Cross; cioè il venerdì. Non è stato possibile. I militari sono venuti all’insaputa di tutti il giovedì e
hanno realizzato una loro rete, che non è servita a nulla.
Le nostre radio - insufficienti come numero - sono state
sopraffatte da interferenze di ogni genere: radioamatori
che si consultavano su come usare la varechina sui pavimenti, registi delle televisioni locali che ordinavano di
“allungare il campo”. Insomma, un inferno. Non avevamo
alcuna comunicazione da più di metà degli ostacoli e la
cosa non è sfuggita al signor Mead, Presidente di Giuria,
che non ha perso l’occasione di dirmi, con uno stereoti144
Appunti di un tecnico
pato sorriso molto inglese: “dovete imparare”.
La soluzione:
- In occasione degli Europei di Blenheim ho chiesto e ottenuto ospitalità al centro controllo della gara. Vi sono
rimasto per oltre un’ora. Poiché possono esserci 4 cavalli sul percorso, più uno sullo steeple, diversi operatori ricevono in cuffia notizie dai settori a cui sono collegati. Il primo riceve notizie dai Giudici degli ostacoli
dal n. 1 al n. 10. Il secondo dai Giudici dal n. 11 al n. 20.
Il terzo riceve dal n. 21 all’ultimo. Vi è anche un operatore che riceve i tempi dai cronometristi. Ciascun operatore muove il dischetto del concorrente - scrivendoci
sopra le eventuali penalità - posto su un tabellone che
lo speaker guarda, riuscendo così a seguire il percorso
di ciascun cavallo. Vi è un silenzio tombale e TUTTO
FUNZIONA PERFETTAMENTE.
Suggerisco con insistenza di usare il medesimo sistema e
di provarlo in occasione della gara che si terrà in primavera. Bisogna collaudare tutto con le medesime persone
che poi saranno al lavoro nel Campionato Europeo Assoluto del ’95. E non fare le cose ALL’ITALIANA.
Salto ostacoli
Bene, come al solito. Ma:
- Il personale in campo deve avere una divisa. Tutti eguali ad eccezione del Direttore di campo.
-Ci deve essere un controllo all’accesso della Tribuna
Autorità. Quest’anno sono entrati tutti, con bimbi, carrozzine, fagottelli di plastica pieni di panini, aranci e
banane.
- Ci deve essere un settore delle tribune riservato ai concorrenti, Capi Equipe, veterinari, proprietari, con una
persona che controlla e permette l’accesso.
145
Adriano Capuzzo | Scritti
Centro calcoli
È perfetto. A mio avviso superiore a qualsiasi altro in
Europa, per la precisione, la tempestività e la chiarezza
di grafica.
Però, pochi giorni dopo il termine delle prove, bisogna
inviare alle singole Federazioni delle Nazioni partecipanti i risultati ufficiali completi, comprese le schede di ogni
singolo cavaliere con le sue performances.
Premiazioni
Sono state incredibilmente sbagliate.
Mancavano le bandiere, il podio e la banda, sia essa militare oppure no. Non si danno i premi ai vincitori a piedi,
e in terra.
La soluzione:
-Entrano con una bella musica solenne le squadre in
ordine di classifica, precedute dalla propria bandiera
e dal Capo Equipe; a seguire gli individuali che hanno terminato, in ordine alfabetico per Nazione, sempre
con bandiera e Capo Equipe e si schierano al centro del
campo in linea di fronte alla Giuria.
Premiazione delle squadre. Avanza a cavallo la squadra
prima classificata e si schiera dietro al podio. Piede a
terra (cavalli tenuti dai grooms) cavalieri sul podio e consegna delle medaglie d’oro. Poi avanza a cavallo la seconda, e infine la terza.
Terminata la consegna delle sole medaglie sul podio,
onore alle bandiere. Si alzano contemporaneamente le
tre bandiere (nello stesso ordine del podio) e suona l’inno della Nazione vincitrice.
I premi: poche cose, ma belle! Non si può dare ai primi classificati la stampellina di filo di ferro ricoperta in
cartone con un giubbetto senza maniche! Non esiste al
146
Appunti di un tecnico
mondo! Ai vincitori quattro piccole coppe d’argento. INCISE. Al Capo Equipe un paio di staffe in argento. Mentre
vengono consegnati i premi e le coccarde alle prime tre
squadre, occorre dare coccarde e medaglie ricordo a tutti
gli schierati in campo.
Premiazione dell’Individuale. Vanno premiati i primi tre
con le stesse modalità usate per le squadre. Poi si prosegue sino all’ultimo cavaliere a premio.
Per finire giro d’onore di tutti i presenti in ordine di classifica individuale; un secondo giro per i medagliati individuali. Il terzo e ultimo giro, è solo per il Campione.
Tanta musica, tanti applausi e due parole di chiusura con
un grazie ai cavalli e ai cavalieri.
Considerazioni sintetiche finali
- Non devono esserci contemporaneità vistose durante il
Completo. Quest’anno c’era più gente attorno al campo
ostacoli che sul Cross.
- Occorre salvaguardare la splendida zona di pini e di
verde accanto al campo ostacoli. Troppi gli stand - rimasti vuoti di pubblico - che minacciavano pericolosamente il passaggio della prima marcia che passava
obbligatoriamente dietro alle tende, con l’esecrabile
eventualità che un cavallo spaventato finisse in mezzo
alle tiranterie d’acciaio e sui picchetti delle tende medesime. Mi si rimprovererà che sono più realista del re.
Tutto è possibile, a cavallo. Ci provi qualcuno ad andare con un cavallo spaventato in mezzo alle tiranterie.
Poiché può accadere, una buona ed attenta organizzazione deve prevederlo ed evitarlo.
- A fine settembre sparirà l’ora legale. Potrà piovere e la
sera potrà far freddo. È rischioso qualsiasi tipo di gara
notturna.
147
Adriano Capuzzo | Scritti
-È necessario dotare i responsabili di piccoli mezzi di
trasporto (motocicli).
-Non dimenticare che i Pratoni sono “un fazzoletto” rispetto agli spazi che godono gli altri Concorsi ad alto
livello. Il grande problema delle strade di accesso è praticamente irrisolvibile. Ma bisogna fare attenzione alla
vicinanza fra una iniziativa a un’altra. Un esempio per
tutti: le scuderie dove erano stati scuderizzati i cavalli
da polo erano troppo vicine al rettangolo di prova del
Dressage. Non desidero ripetervi ciò che mi ha detto un
belga che aveva un ragazzo in procinto di entrare con
il suo cavallo a coda dritta e soffiando come un mantice, perché intorno alle suddette scuderie si era messo a
galoppare all’improvviso uno scapigliato argentino che
montava a pelo con sottomano 4 cavalli (2 a destra e 2 a
sinistra) che - a suo dire - doveva “muovere”. L’argentino
sarà stato abile, non discuto. Ma sono fatti che NON DEVONO ACCADERE!
Concludo con un plauso senza riserve per tutto il personale che si è impegnato a fondo per la riuscita della
manifestazione. E anche a chi ha avuto la pazienza di
porre attenzione a questa mia memoria che nasce dal
mio profondo, immenso, amore per il Completo.
148
Appunti di un tecnico
N
el giugno del 1989 Adriano si espresse con
molta chiarezza riguardo alle penalità
previste per la piantata. Nel 2001, proprio
come egli auspicava, la FEI finalmente si decise
e le 3 penalità previste per la piantata furono
portate a 4.
L’errore 4 penalità, la piantata 3.
O viceversa?
È una vecchia storia, lo so. Se ne è parlato
molto nei tempi passati, ma sembra non si abbia il coraggio di cambiare la valutazione degli errori in Concorso
Ippico. “La FEI fa così” si obietta; ma ciò non è sufficiente, né valido. Quante volte la FEI ha cambiato totalmente
certe sue regole? Ed è indiscutibile che potrebbe cambiare solo a seguito di pressioni delle singole Federazioni
Nazionali.
Espongo perciò alcune considerazioni che, se recepite
negli ambienti tecnici responsabili, potrebbero essere di
stimolo a rivedere l’attuale regolamentazione che prevede l’errore ad un ostacolo più punitivo di una piantata.
1)Il Concorso Ippico ha lo scopo di mostrare il normale
utilizzo di un cavallo in campagna, su una zona di terreno più ristretto. In campagna è gravissimo toccare
di anteriori. Lo è tuttora: si rischia una bella giravolta.
Agli inizi del Concorso Ippico si penalizzava 4 l’errore
di anteriore; 3 la piantata; 2 l’errore di posteriore. In
sostanza se un cavallo passava toccando o sfiorando di
posteriore, non era grave; c’era il minimo della pena.
149
Adriano Capuzzo | Scritti
Le difficoltà sorte in seno alle Giurie per stabilire se
l’errore fosse di anteriore o di posteriore hanno fatto
sì che venisse abolita la differenza e si considerasse
ogni errore 4 punti. Di tutta l’erba un fascio.
2)Poniamo il caso che un uomo di cavalli, un tecnico
voglia comprare un cavallo per sé o per altri. Dopo
averlo esaminato vorrà vederlo muoversi. Prima sotto mano, poi - forse - alla corda, ed infine montato.
Probabilmente lo vorrà “sentire” lui personalmente.
Comunque, dopo averlo visto alle tre andature vorrà
vederlo saltare e molto probabilmente chiederà di vederlo impegnato in una successione di ostacoli.
Orbene, io sono certo che se in questa esibizione saltano fuori uno o 2 errori non grossolani, il giudizio
sarà forse positivo; ma se assiste a una piantata o peggio a più di una, si creano sicuramente in lui alcune
riserve sull’acquisto. La piantata, infatti, è più traumatizzante dell’errore e crea fondate riserve per la valutazione positiva del soggetto.
3)Ad una persona qualificata, ad esempio un tecnico selezionatore di binomi per impegni ad alto livello, darà
sempre più fastidio e creerà sempre qualche perplessità una piantata rispetto ad un errore.
Parliamo del massimo impegno: le Olimpiadi. Si è
sempre detto, ed è la verità: “meglio un cavallo che
vada al di là di una doppia gabbia con le barriere alla
gola o alle grasselle, che un cavallo che si fermi”.
4)Quante volte è successo che un cavaliere, entrato
malissimo in una combinazione, tiri via il cavallo,
poiché ha compreso di non potercela fare a supe150
Appunti di un tecnico
rare l’ostacolo successivo, se non franandoci sopra.
Cosa fa? Si salva dalle 4 penalità scegliendone soltanto 3.
5)Quante volte si è visto, soprattutto nelle gare di potenza, fare una volta davanti a un “ostacolo montagna”
perché il cavallo è arrivato sbagliato! E così si verifica,
ancora una volta, una condizione di comodo: la scelta
dei 3 punti invece del rischio quasi certo di 4.
6)Che la piantata sia grave lo dimostra implicitamente
l’attuale regolamento. Per la seconda si raddoppia la
pena. Alla terza si elimina. Giusto. Ma allora perché
l’errore è sempre 4? Forse il secondo dovrebbe essere
5, il terzo 6, sino all’eliminazione per troppi errori.
Invece no. Di errori, evidentemente meno gravi della
piantata, se ne possono fare all’infinito; però sono penalizzati di più. È un controsenso.
7)Perché si pianta un cavallo? Domanda sublime. Sublime perché il cavallo non ha la parola. È anche vero
che se l’avesse non esisterebbe l’equitazione.
L’occhio esperto vede abbastanza chiaramente se l’arresto è colpa del cavaliere o del cavallo. Personalmente penso che nell’80% dei casi la colpa è di noi cavalieri. Specialmente se ciò avviene con dei buoni cavalli.
Soggetti generosi, atletici, possenti. Vogliamo strafare
e perdiamo la sensibilità dell’intervento al momento
giusto.
Se così fosse questo nostro maldestro intervento dovrebbe essere sportivamente punito. Se la colpa fosse invece del cavallo, ritengo che il peso di una sua
grave disobbedienza debba pesare maggiormente
151
Adriano Capuzzo | Scritti
nella valutazione della sua condotta di gara. Perché
lui si è fermato, lui ha spezzato un’armonia, lui ha
disubbidito.
Ma oggi, rispetto ad un altro suo simile che comunque è andato di là, che ha gettato “al di là” quel
famoso cuore, gode di una valutazione di privilegio.
Un cavallo non salta, ed è premiato rispetto all’altro
che salta e dunque rischia, sbaglia ed è punito. È
ancora e sempre un controsenso.
8)Errori in Concorso ne abbiamo sempre fatti. Tutti,
nessuno escluso. E continueremo a farne, questo è il
bello. Se facciamo con attenzione un sereno bilancio
alla fine della stagione agonistica, ci accorgeremo che
il numero delle volte in cui abbiamo avuto sfortuna è
assolutamente eguale a quello in cui siamo stati fortunati. Noi ricordiamo molto bene la barriera appena sfiorata che cade; la “pelata” fatale di una filagna
traballante; ma dimentichiamo con estrema facilità il
taquet del muro assurdamente spostato, incastrato fra
altri due elementi, capace di infrangere ogni più elementare legge di gravità. Oppure lo sconquasso vistoso di una gragnuola di barriere che saltano, rimbalzano, ruotano su loro stesse per ricadere sagge e silenti
nei loro rispettivi alloggiamenti.
Nell’errore vi è una sorta di fatalità, di elemento occasionale favorevole o no, avulso dal nostro controllo,
che però gioca in maniera assoluta nella determinazione o meno dell’errore stesso.
La piantata invece è categorica, assoluta, ostile. Non
vi è fortuna che salvi o sfortuna che condanni. È una
cruda realtà che frantuma ogni speranza, ogni illusione. Una manifestazione di disaccordo, di rottura
152
Appunti di un tecnico
d’ogni intesa, di ingenerosità. Un dissenso totale che
cancella ogni armonia fra cavallo e cavaliere, i quali
hanno osservato, valutato, calcolato e reagito in modo
assolutamente autonomo e contrario l’uno dall’altro. 3
punti per questo misfatto! E invece 4 per una carezza,
a volte un soffio di vento su una barriera, con l’aggravante dell’ingiustizia che a volte la fa cadere e a volte
no! Per me è sempre e ancora un nonsenso.
Concludo affermando che si dovrebbe portare a 4 punti
di penalità la piantata o la disubbidienza e a 3 l’errore. In
alternativa, 4 punti a tutte e due. Comunque, nelle categorie di potenza, mai la piantata meno dell’errore. Oggi
un cavallo rapido, con un cavaliere accorto, specialmente
nelle gare con cadenze di 350 mt. al minuto, riesce a non
essere penalizzato per il tempo e con una piantata e un
errore rimane in classifica davanti a un cavallo con due
errori. Francamente non mi sembra giusto.
Vedrei un’unica, saggia, eccezione per le categorie debuttanti. Lì sì dobbiamo perdonare l’inesperto cavallo per
un attimo di perplessità, di incertezza, di paura. È giovane! Beato lui!
153
Adriano Capuzzo | Scritti
Q
uesto articolo, pubblicato nel ’95 sul
bollettino dell’ANCCE (Associazione
Nazionale Concorso Completo di
Equitazione), nasce dalla sentita
esigenza di dare una risposta ai giovani atleti che
non avevano potuto partecipare al Campionato
Europeo di Completo che si era svolto quell’estate
in Svezia, a causa della zoppia dei loro cavalli,
infiltrati subito prima della partenza. Dopo
la pubblicazione di questo testo, ad Adriano
giungeva una lettera di ringraziamento dei
genitori di una delle atlete in cui si leggeva tra
l’altro: “grazie, signor Capuzzo, perché Lei è
stata l’unica persona a dire come sono andate
realmente le cose. Le sue parole ci hanno dato
emozione e fiducia, fiducia che non ci verrà mai
a mancare fino a quando esisteranno persone
come Lei nel futuro dell’equitazione”.
Più rispetto per le articolazioni
del cavallo
Non sono un veterinario, sia ben chiaro, ma
da oltre 60 anni ho esperienza di cavalli da competizione;
ho avuto l’onore di montare in tutte le parti del mondo
(esclusi i Paesi dell’Est e il lontano Oriente) ed ho avuto
un grande privilegio: aver avuto come veterinario dei miei
cavalli per oltre 20 anni un certo dottor Menichetti. Grande sfortuna per chi non l’ha conosciuto!
Ciò premesso, mi si consenta un’osservazione: con troppa disinvolta facilità oggi si infiltrano i cavalli nelle ar154
Appunti di un tecnico
ticolazioni. Nelle corone, nei nodelli, nei garretti, nelle
ginocchia, nella schiena. Nella mia esperienza mancano
solo le orecchie!
È giusto che le cure e le attenzioni ad un cavallo siano anche e principalmente preventive; ma sempre quando necessitano. Trovo assurdo, inutile e soprattutto pericoloso
andare a infiltrare un cavallo che sta bene o quanto meno
ha uno stato di salute al limite dell’accettabilità.
Un ago che penetra nelle articolazioni è sempre un elemento traumatizzante, oltre che un fatale portatore d’infezione, perché prima di penetrare deve per forza passare
attraverso il pelo, anche se ben rasato, e la pelle.
L’abile mano del veterinario può sbagliare nella localizzazione del punto d’innesto. È fatale e umano che sia
così, senza nulla togliere alla sua bravura ed esperienza.
Entrare con tanta facilità e frequenza in un sistema naturale e meravigliosamente perfetto, quale la lubrificazione
interna delle articolazioni è una forzatura traumatizzante; una violenza cui si deve giungere unicamente in casi
estremi.
Ci sono tante altre cure ed attenzioni da prodigare a un
cavallo prima di infiltrarlo. I rischi sono tanti, troppi e tutti sappiamo benissimo che possono andare zoppi dopo
tre o quattro giorni e ritornare validi dopo altrettanti; e
dunque inutilizzabili proprio al momento della gara.
Ricordiamoci i guai del cavallo di Roberto Arioldi ai Campionati del Mondo di S.O. a cui non ha potuto partecipare. Abbiamo sofferto ultimamente con tre cavalli degli
Juniores di Completo i quali, partiti dritti in aereo per
la Svezia (3 ore e mezza di viaggio) sono arrivati zoppi
tronchi. Non mi si venga a dire che si sono azzoppati in
aereo. Dopo 4 giorni dall’arrivo erano dritti. Erano stati
infiltrati 3 giorni prima della partenza.
155
Adriano Capuzzo | Scritti
Concludo per sostenere: più rispetto per le articolazioni
del nostro grande amico cavallo. Cavalieri, proprietari, allenatori, tecnici… so bene che ciascuno di voi ha fiducia
nel proprio veterinario; ciononostante cercate di evitare
questo intervento e in accordo con lui cercate di far utilizzare questa tecnica unicamente in casi eccezionali.
Nell’insieme, auspico meno farmacoequitazione e più
tecnica di lavoro, pazienza, dosaggio degli impegni e occhio sempre attento al cavallo, alla sua espressione, al
suo tono di vivacità, alla sua regolarità di movimenti, alla
sua buona volontà, alla sua alimentazione, al suo tono
muscolare.
Il cavallo ci dice tutto senza parlare; noi dobbiamo capirlo, interpretarlo, assecondarlo. Non è facile… ma è
stupendo!
156
Appunti di un tecnico
C
ontrarissimo all’idea di concedere
un “bonus” in favore di giovani che
partecipano alle gare di Pony Games,
a valere sul punteggio necessario a montare in
1° grado in Salto Ostacoli, nell’ottobre del 2005
Adriano inviò ai firmatari di tale proposta questa
sua memoria, unitamente ad una fotografia del
1939 in cui si vedeva il Colonnello Francesco
Forquet impegnato nello scivolo di Tor di Quinto.
I Pony Games
non sono equitazione!
Spiace dirlo ma i giovani che montano nelle gare Pony Games realizzano una equitazione sciatta,
disordinata, spesso violenta. Non esiste un assetto, essi
sciacquano con le gambe dalle punte delle spalle alle
grasselle del loro cavallino, sollecitandolo in avanti con
vistose “sederate”, sbracciando con le mani in aria, copiando malamente i “fantini in corsa”.
Spesso adoperano inopportunamente la frusta, impugnata “a bastone”, percuotendo il loro destriero, che più di
tanto non può dare perché esausto, dimostrando così di
non possedere nessunissimo senso cavalleristico di rispetto del cavallo, travolti come sono dalla foga di voler
correre sempre di più.
Nell’ultima Consulta, che si è tenuta lo scorso settembre,
si è parlato erroneamente di “solidità di assetto”, frutto
dei Pony Games. Non è affatto vero. È una monta istintiva di equilibro. Un equilibrio che è abbastanza facile da
trovare su un cavallino spesso sopraffatto dall’esuberan157
Adriano Capuzzo | Scritti
za fisica del proprio cavaliere. Tant’è che questi ultimi
perdono spesso le staffe nei repentini cambi di direzione. Io darei loro - per regolamento - una penalità, poiché
il fatto che continuino il loro percorso a sederate non suscita in me la minima ammirazione. Quella non è solidità
in sella. La solidità in sella si ottiene portando i cavalieri
in campagna a saltare al trotto, con le mani ai fianchi, il
nodo alle redini, restando sull’inforcatura ed in seguito
sui salti a scendere e poi ancora su uno scivolo! Il tutto
nell’arco di un paio d’anni!
Al contrario, ho assistito ad azioni violente ed inaudite per “bloccare” un cavallino perché il suo cavaliere ha
sbagliato un passaggio. Azioni da “scozzonatore di cavalli” non da cavaliere. Pensare che alcuni Istruttori hanno
passato l’intera vita ad insegnare che le azioni a cavallo
“si devono fare ma non si devono vedere!”.
Dichiaro infine, senza tema di smentita, che se un giovane fra i 6 e i 14 anni si abitua a montare in quel modo, gli
sarà estremamente difficile, pressoché impossibile, cambiare il suo stile di monta. La morbidezza di monta, l’efficacia senza vistose azioni, il montare un cavallo nevrile,
difficile, un cavallo che si deve montare “con il pensiero”
e con assetto assolutamente fermo: tutto questo esalta
davvero l’equitazione e la fa diventare “un’arte”. Esistono
cavalli sui quali non si può sfogare nemmeno un modesto starnuto.
Queste sono considerazioni tecniche. Ma ho altro da
aggiungere:
- Come deve regolarsi un ippogenitore? Deve comperare
un pony per far divertire il figlietto? E per quanto tempo
lo deve tenere? E se il figlietto cresce rapidamente e a 13
anni è alto mt. 1,70 cosa deve fare? Continuare a montare il pony creando un binomio a 6 arti?
158
Appunti di un tecnico
- Chi compra un pony, generalmente lo fa per far crescere il proprio pargolo sul piano dell’equitazione
agonistica. Le gare riservate ai pony (Salto, Dressage,
Completo) sono quasi sempre affrontate con lo stesso
cavallino atleta. È sempre lui che ogni settimana va in
gara in una delle tre discipline. Deve partecipare anche
ai Pony Games?
Concludo sostenendo che i Pony Games sono un gioco. E tale devono restare. Sono un’occasione di facile e
utile avvicinamento di un bambino a un cavallino. Ciò
va benissimo, ma non devono essere considerati una disciplina sportiva e neppure una disciplina propedeutica
all’equitazione. Sono quindi assolutamente contrario alla
proposta di concedere ai giovani che montano nelle gare
di Pony Games un “bonus” a valere sul punteggio necessario per ottenere l’autorizzazione a montare in 1° grado
in Salto Ostacoli.
159
Adriano Capuzzo | Scritti
N
elle sue brevi note biografiche Adriano
ricordava di essere andato per la prima
volta in gara dopo quattro anni di lavoro.
Severo con gli Istruttori che fanno uscire i piccoli
allievi con soli sei mesi di equitazione nelle gambe,
era però ben consapevole quanta emozione e
quanta mobilitazione familiare prevedesse il
debutto di un bimbetto in Completo. Dal suo
buon senso e dalla sua preparazione nascono
queste note del novembre 2008 che riguardano
l’eliminazione per caduta nelle categorie Invito,
1 e 2 di Completo, da lui giudicata eccessiva.
Completisti in erba
e sull’erba
La nostra Federazione ha sempre opportunamente adeguato i propri regolamenti a quelli della FEI
(Federazione Equestre Internazionale). È indubbiamente
corretto sul piano agonistico, al fine di evitare ai nostri
cavalieri che partecipino a gare internazionali di trovarsi
“spiazzati” da regolamenti che non conoscono, o ai quali
non sono abituati.
Colgo l’occasione per sottolineare che ci sono voluti circa 60 anni per ottenere dalla FEI che la penalità per la
“piantata” in Salto Ostacoli fosse penalizzata in maniera
maggiore rispetto all’errore all’ostacolo. Dal tempo del
nostro grandissimo Presidente Tommaso Lequio di Assaba fino a pochi anni fa, non s’era ottenuto nulla. Finalmente, dal 2001, la FEI ha fatto lo sforzo di adeguare la
piantata all’abbattimento di una barriera. Per me non è
160
Appunti di un tecnico
ancora sufficiente. Però, meglio che niente. Se ricordo
questo fatto è solo per dire che non tutto quel che decide la FEI è oro colato! E vengo al punto, riguardante
il regolamento di Concorso Completo. Secondo tale regolamento, in Cross, alla prima caduta del cavaliere c’è
l’eliminazione. E noi abbiamo immediatamente recepito
questa indicazione per tutte le nostre categorie nazionali
di Concorso Completo.
Mi permetto di richiamare l’attenzione della Dirigenza Federale - nuova o antica - sul fatto che non si può fare
di tutta l’erba un fascio. Mi riferisco alle categorie “Invito
Pony”, e alle Cat. 1 e 2. Spesso, in questi livelli, i cui concorrenti sono alle loro primissime esperienze, accade che
la caduta sia banalissima; praticamente - soprattutto se si
tratta di un pony - equivale a fare “piede a terra”, a causa
di un immediato e brusco squilibrio. Fatti del genere sono
frequentissimi in queste categorie.
Eliminare così brutalmente un giovanissimo che finalmente - dopo tanto lavoro, tanta pazienza, tanta speranza
- affronta una garetta fa vacillare la spinta verso il Completo non solo in lui, ma anche nei suoi travolti ippogenitori e nel suo povero Istruttore.
Se nella caduta il bambino o il cavaliere alle prime armi
si fa male, va naturalmente fermato. Il primo a volersi
fermare sarà proprio lui, e il suo Istruttore non assumerà
certo un atteggiamento intransigente; a qualche ippogenitore non sembrerà vero che la sua “creatura” voglia
fermarsi.
Ma la bizzarria di questa nuova regola sta anche nel fatto che se il piccolo concorrente non cade a causa di un
ostacolo ma perché il cavallino scivola in curva e cade “di
quarto”, allora è possibile continuare. Mentre è ben noto
che la caduta di quarto è sempre rischiosa per il cavaliere
161
Adriano Capuzzo | Scritti
poiché il cavallo viene a mancare di colpo, stramazzando
a terra. E dunque è difficile anche per un cavaliere esperto svincolare la gamba dal lato della caduta. Lì si rischia
veramente un femore, una tibia o un perone!
Mi auguro sinceramente che questo mio scritto venga tenuto nella dovuta considerazione affinché nelle tre suddette categorie (invito, Cat. 1 e 2) si ritorni alla regola
antica e cioè che l’eliminazione avvenga dopo la seconda
caduta.
162
Appunti di un tecnico
C
on questa relazione del 2008 - in cui rende
conto del suo lavoro e sottolinea i temi
a lui più cari - Adriano conclude il suo
secondo mandato quale Presidente del Comitato
Regionale Lazio.
Otto anni di lavoro
Mi è gradito porgervi il mio grazie per essere
intervenuti così numerosi alla nostra assemblea elettiva.
Mi auguro infatti che la nuova dirigenza federale riconsideri l’uso eccessivo delle deleghe. Non desidero tediarvi;
poche parole, come è mia abitudine, per mettervi sinteticamente al corrente dell’attività del Comitato Lazio.
Tempo stimato, 9 minuti. Non di più.
Non sta a me sostenere se siamo stati bravi o poco bravi.
I risultati sono quelli che contano e siete voi a doverli
valutare. Desidero però sottolineare alcune questioni.
Il calendario agonistico. La sua gestione ha rappresentato - come sempre - una grossa difficoltà. Il semplice spostamento di una data o il cambiamento di una programmazione creano disagi a tutti, nessuno escluso. Desidero
ringraziare pubblicamente i nostri consiglieri Bellantonio
per il mio primo quadriennio e Pollastrini per il secondo,
i quali si sono dedicati a questo settore con grandissimo
impegno. Tra di voi vi sono anche molti responsabili di
Comitati Organizzatori. Mi permetto consigliarVi, nel vostro interesse, di cercare per il futuro di non fare cambiamenti. So bene che per un C.O. il problema è anche di
non andare in rosso. A volte però è più importante man163
Adriano Capuzzo | Scritti
tenere una data che richiedere l’annullamento del concorso. Parlo in special modo del Salto Ostacoli. Perdere
la stima dei concorrenti è pericoloso. Se si viene valutati
come non affidabili, è difficile risalire la china.
Il sito internet. Abbiamo istituito un nostro nuovo sito
internet che funziona bene ed è sicuramente utile per
la nostra utenza. Una curiosità: sapete quale è la maggiore giornata di visite? Il lunedì, quando tutti vanno a
controllare se è stato pubblicato il proprio risultato in
gara. Grande ambizione umana! Il mondo cambia e, in
un certo senso, affoga nelle notizie. Io ho vissuto tra il
mondo alberghiero ed il mondo del cavallo; e ce l’ho
fatta benissimo anche senza internet! Ma l’evoluzione dei
tempi va rispettata.
Tutto si evolve, anche l’equitazione. Ma attenzione: la sua
è un’evoluzione tra le più lente. Il cavallo cambia poco;
è così da centinaia di anni. Sottolineo questo concetto
per invitare voi tutti - in special modo i Presidenti e gli
Istruttori - a non forzare la formazione dei giovanissimi. Il nostro è uno sport lento, tedioso, ingrato, avaro
di soddisfazioni immediate, terribilmente caro e spesso
ingiusto. Non condivido l’idea di bruciare le tappe nella
formazione dei giovani: lanciarli in Salto Ostacoli dopo
pochi mesi di sella, con assetti rotolanti dalle orecchie
alla coda non è formativo, anzi è terribilmente dannoso.
Una volta assimilati dei difetti macroscopici nello stile di
monta, è terribilmente difficile abbandonarli.
So bene che gli ippogenitori forzano spesso la mano agli
Istruttori, soprattutto ai più giovani; in questi frangenti
dovete essere Voi, Presidenti dei Circoli, a fare opera di
convincimento per dare tempo agli allievi di consolidarsi
in sella; senza di essa non vi è equitazione. Mi augu164
Appunti di un tecnico
ro che il mondo dei Pony Games rimanga un gioco; un
bellissimo gioco con il cavallo che non pretenda di sfornare campioni di tutti i generi in gare di tutti i tipi. Far
credere che l’equitazione è “facile” è molto pericoloso;
può divenire un inganno. Non tutti saranno poi capaci di
assorbire le disillusioni e finiranno con l’abbandonare il
nostro sport. Mi auguro di sbagliare; ma purtroppo temo
di essere nel giusto.
I Corsi Operatori Tecnici Equestri di Base. I cosidetti
OTEB. Nell’arco di 6 anni, seguendo le direttive federali
ne abbiamo formati ben 241. Sin dall’inizio questa formazione fu da me molto contestata, in sede di Consulta Nazionale. Per principio non ero d’accordo che a formarli
fossero i Comitati Regionali; per avere una uniformità di
formazione doveva farlo la FISE Centrale. Abbiamo così
OTEB di diversa estrazione, ed essendo diversi i docenti
non vi è dubbio che abbiamo OTEB di diversa valenza.
A suo tempo mi sono battuto affinché fosse elevata l’età
minima per partecipare ai corsi: 18 anni, a mio personale giudizio, sono troppo pochi. OTEB così giovani non
possono avere esperienze sufficienti sia con i cavalli sia
nel difficile rapporto con allievi e genitori. Ho insistito
molto per allungare il tempo di formazione degli OTEB.
Noi li abbiamo realizzati in due settimane continuative,
un’ immersione completa nel mondo del cavallo, in quella formidabile struttura che è il Centro Militare di Equitazione di Montelibretti con un complesso di docenti di
indiscutibile, elevatissima professionalità.
La questione degli OTEB - sempre a mio personale giudizio - si è esasperata perché pian piano essi hanno ottenuto di non limitarsi a mettere in sella i principianti,
come aiuto ai propri Istruttori presso il loro Circolo, ma
165
Adriano Capuzzo | Scritti
in pratica di poterli sostituire, accompagnando gli allievi
in gara. È certamente vero che debbono essere autorizzati dagli Istruttori, ma è anche vero che questa autorizzazione viene data con molta facilità. Salvo le doverose validissime eccezioni di OTEB molto bravi, com’è possibile
pensare che essi possano accompagnare i nostri giovani
ai Campionati Italiani di Salto Ostacoli o ad una Cat. 5 di
Concorso Completo o ad una prova di Gran Prix di Gran
Dressage?!
È un problema al quale io sono molto sensibile perché
sono convinto che se non abbiamo bravi Istruttori, non
possiamo costruire buoni cavalieri. Mi auguro fervidamente che la nostra Federazione Centrale utilizzi l’occasione della progettata riqualificazione degli OTEB per
realizzare una maggiore professionalità di questi personaggi che saranno lo zoccolo duro della carriera dei nostri Istruttori del futuro.
Concludo informandovi che lasciamo ai nostri successori
un Comitato ben consolidato sotto il profilo economico.
Non abbiamo debiti. Anzi, abbiamo un fondo di accantonamento di circa 80/100.000 euro, per coprire ogni eventuale
emergenza, attentamente costruito in questi anni con una
equilibrata ed attenta politica economica. Avremmo potuto
elargire maggiori risorse nei confronti dello sport attivo se
non fossimo stati obbligati a corrispondere il 20% di IVA
calcolata sulle mercedi dei nostri dipendenti pari a circa
€ 30.784 l’anno, oltre ad una quota del 10% circa sempre
delle mercedi, in favore della Equestrian Service, società
costituita dalla FISE per assumere e gestire il personale dipendente, pari a circa € 16.484. Un totale di esborso di circa
€ 47.268 che non è poco; è il 7,35% delle nostre entrate
di un anno.
166
Appunti di un tecnico
Permettetemi due ultimi miei atti. L’assegnazione dell’“Oscar del Circolo Ippico del quadriennio 2005/2008”
al New Trekking Horse Club con la seguente motivazione: “Circolo ippico a conduzione familiare, è riuscito ad
organizzare gare di livello regionale e nazionale per molte delle discipline sportive della Federazione - con particolare riguardo a quelle Olimpiche - con risultati che
sono andati oltre ogni più ottimistica previsione. Interpretando con diligenza le direttive federali ha lavorato
con entusiasmo, competenza e genialità per il miglioramento del proprio impianto divenendo una primaria palestra della nostra regione, indispensabile per l’addestramento dei giovani, siano essi atleti o cavalli. Usufruendo
dell’ottimo terreno, caratteristico della zona del Vivaro,
il New Trekking ha saputo diventare - anche grazie al
cordiale, generoso e sensibile ambiente creato dai propri
addetti - un punto di riferimento a livello nazionale per
tutti quegli sportivi particolarmente dediti al Concorso
Completo di Equitazione”. Auspico che questa iniziativa
venga mantenuta nel futuro con una cadenza annuale o
biennale. Vi sono tanti Circoli che meritano.
Desidero consegnare in vostra presenza un mio personale ricordo ai nostri collaboratori sul quale è inciso - oltre
che il loro nome e gli anni della loro presenza - la scritta “con ammirazione e riconoscenza, Adriano Capuzzo”.
Senza di loro nulla sarebbe stato possibile.
Termino qui, oggi, la mia Presidenza del Vostro Comitato.
A volte, con accesa dialettica abbiamo affrontato in seno
al Consiglio alcune divergenze che avrebbero potuto pregiudicare il suo funzionamento. Il buon senso alla fine
ha prevalso e dopo alcuni aggiustamenti si è ritornati
167
Adriano Capuzzo | Scritti
all’operatività. Vi ho lavorato per otto anni con assoluta
dedizione considerandolo una vera e propria azienda.
Come in effetti è. Rimango a bordo campo, attento e appassionato, pronto ad incantarmi ancora e sempre per gli
occhi dolci di un puledro.
168
Adriano con i suoi allievi del Pony Club
al Campionato delle Scuole 1982.
Ai suoi piedi la cagnetta Briscola.
Il terzo da sinistra è Francesco Girardi,
che ha poi partecipato alle Olimpiadi di Seul
e di Barcellona nella specialità del Completo
Nel ricordo dei suoi allievi
Adriano Capuzzo | Scritti
Nel ricordo dei suoi allievi
“S
traordinario. Disinteressato. Autorevole.
Difficile. Severo. Avaro di complimenti.
Capace di regalarti una grinta
inaudita. Di farti ritrovare il cuore quando
temevi di averlo perduto. Un tecnico formidabile.
Un gran signore”: tutti gli allievi di Adriano
- siano diventati Istruttori, cavalieri di spicco
internazionale, siano rimasti semplici dilettanti,
o abbiano ormai smesso di montare - conservano
di lui un ricordo indelebile. Tutti concordano nel
sottolineare la sua determinazione ad aiutarli
quando li giudicava talentuosi e meritevoli, il
suo sovrano disinteresse per il denaro, la sua
inesausta disponibilità. La più giovane degli
allievi che lo ricordano in queste pagine, dopo
un Completo in cui era andata in premiazione,
gli ha mandato una mail in cui ha scritto: “spero
di averla accanto sempre e di poter contare su
di lei come ormai faccio. Dottore lei è mitico!”.
Due righe scritte con slancio adolescenziale,
che riassumono il comune sentire di tutte queste
testimonianze, chieste a chi ha avuto per lui
particolare affetto.
Stefano Brecciaroli
Istruttore federale, Cavaliere Olimpico,
37 anni
Non è stato un bravo Istruttore, ma un grande
Maestro che sapeva insegnare “la vera arte dell’equitazione”. Per Adriano Capuzzo, “il dottore” come lo chia173
Adriano Capuzzo | Scritti
mavamo noi allievi, non esistevano scorciatoie. I risultati
arrivavano solo grazie ad un corretto metodo di lavoro,
che prevedeva tenacia, disciplina, rispetto per il cavallo,
comprensione dei suoi limiti. Senza contare la tecnica e
l’eventuale talento. Non posso dimenticare la perseveranza di cui diede prova con un cavallo, Blue J, con il quale
partecipai per 3 volte ai Campionati Europei Juniores.
Per due anni di seguito non andammo a medaglia per
una sua disubbidienza sull’acqua. “Si vede che c’è ancora
da lavorare” commentava il dottore. Il terzo anno, quando vinsi la medaglia d’oro, mi sussurrò: “ci abbiamo messo un bel po’ di tempo, ma siamo arrivati dove volevamo.
E non è stata fortuna”. Aveva ragione: grazie a un lavoro
senza forzature era finalmente giunto lo scatto di definitiva fiducia del cavallo verso il suo cavaliere. Tant’è che
l’anno seguente, Blue J si comportò benissimo: ero ormai
passato Joung Rider, ero primo dopo l’Addestramento e
il Cross, ma non partimmo in Salto Ostacoli perché aveva
avuto un piccolo risentimento. In ogni caso il cavallo aveva dimostrato di essere ormai un soggetto competitivo
con i migliori cavalli europei.
Il dottore era convinto che - se la preparazione necessaria era stata fatta con scrupolo - al momento della gara
bisognava solo raccogliere i frutti di quel che s’era seminato. Per lui lo sport era una scuola di vita ma anche un
grandissimo, serissimo gioco, da affrontare con lealtà e
sorridente passione. Per questo, quando stavi per partire
per il Cross, poteva permettersi di dire: “mi raccomando,
divertiti”. Serviva a stemperare la tensione, a darti la sensazione che stavi mettendo in pratica quel che sapevi fare.
Io sono convinto che abbia abbandonato l’agonismo non
tanto per “raggiunti limiti di età” quanto perché sentiva il
174
Nel ricordo dei suoi allievi
dovere, la necessità, di trasmettere quel che sapeva a dei
ragazzi cui avrebbe risparmiato quell’“equitazione sbrigativa” che già cominciava ad affermarsi negli anni ’80.
Non è un caso che tre suoi allievi abbiano fatto le Olimpiadi. Il dottor Capuzzo era una miniera di conoscenze
e non solo sui cavalli: sulla natura, gli animali in genere,
i terreni, i venti. E sulla matematica. Quando tornavamo
dalle gare, mentre guidava veloce e sicuro, mi martoriava con le equazioni, perché non andavo troppo bene a
scuola. Per questo temevo i viaggi lunghi. Perché lui non
mollava la presa per ore e ore.
Gli sono stato vicino per 22 anni e, anche negli ultimi
mesi, avevo sempre l’impressione d’avere ancora qualcosa da imparare. Nell’ottobre del 2011, ancora battagliero nonostante l’aggravarsi della malattia, venne a trovare me e mia moglie Francesca, per vedere la nostra
nuova casa, la scuderia, i campi in sabbia e il percorso
da Cross. Per me è stato un momento importantissimo:
m’aveva conosciuto ragazzino e adesso ero un uomo che
gli mostrava la palestra per il Completo che avevo realizzato anche grazie ai suoi insegnamenti: i beverini da
8 litri, per esempio, (che fatica per trovarli!) sono una
scelta nata dall’averlo ascoltato quando si raccomandava
di permettere ai cavalli delle lunghe abbeverate estive.
Era contento, gli brillavano gli occhi. Anche se - com’era sua abitudine - trovò qualcosa da ridire: secondo lui
mancava un posto all’esterno dove strigliare e bruscare
i cavalli. Avevo previsto ampi spazi interni, ma lui non
si convinse del tutto. Del resto, certi puntigli del dottore
sono ormai leggendari: i guanti, gli speroni e la frusta
per montare, il cap per saltare. Guai se appena smontato di sella non tiravi subito su le staffe: “e se arriva una
175
Adriano Capuzzo | Scritti
mosca e il cavallo volta la testa all’improvviso e la staffa
gli si incastra malamente fra i denti!” tuonava e tu dovevi
sbrigarti, perché altrimenti quella remota eventualità si
verificava di sicuro!
Nessuno aveva come lui la capacità di starti vicino nel
momento delle grandi competizioni: la sera a cena non
parlava mai della gara. Era un modo per farti ricaricare.
Al mattino c’era sempre il momento dei consigli. Alle
Olimpiadi di Atene, la mattina presto mi arrivava sempre
un suo fax dall’Italia. Temeva il caldo torrido dell’estate
greca per il cavallo che montavo, l’irlandese Cappa Hill.
Ma io avevo portato con me due ventilatori che avevo
piazzato davanti al box. Ho dato al dottore una foto in
cui si vede Cappa affacciato nel corridoio della scuderia
con… la criniera al vento! Il cavallo aveva 11 anni, ma ha
poi partecipato con me anche alle Olimpiadi di Pechino,
offrendo un’ottima prova. Non solo: fino a 19 anni ha
gareggiato nelle Cat. 3 di Completo. Il dottore era molto
orgoglioso di come ho gestito quel cavallo e gli altri che
ho montato. Diceva che un cavaliere si vede anche da
questo. Aveva un gran bel parlare e un bellissimo scrivere. L’ho già detto, era un Maestro.
176
Nel ricordo dei suoi allievi
Marco Cappai
Istruttore federale, Cavaliere Olimpico,
38 anni
Nella mia vita di cavaliere ho avuto innumerevoli Istruttori, alcuni tecnicamente molto preparati.
Ma su tutti quanti campeggia lui, il dottor Capuzzo. Un
gran signore, un grande leader, capace di massimizzare
il talento dei suoi allievi, di credere in loro, di aiutarli a
crescere come sportivi e come persone. Sono in tanti a
dire che era avaro di complimenti: con me questo non è
accaduto. Anzi, m’ha sempre detto che avevo del talento,
che gli piaceva il mio assetto, il mio senso del cavallo. Mi
vide la prima volta alla Farnesina, dov’era subentrato al
Colonnello Piero D’Inzeo. Avevo 14 anni, e quel giorno
montavo senza guanti e senza speroni. Mi rimproverò,
ma alla fine della ripresa mi disse che il giorno dopo m’avrebbe fatto montare una cavalla, Falena di Sisini, una
sarda molto calda e abbastanza difficile. A patto che mi
presentassi “come si deve”, con guanti e speroni.
Nei quattro anni in cui è stato direttore tecnico, ha portato al successo molti suoi allievi, sempre con i cavalli
della scuola. Facevamo Salto Ostacoli e Completo, che
giustamente riteneva molto formativo e che alla fine - influenzato da lui - ho scelto come mia specialità. Ricordo
che i concorrenti degli altri Circoli avevano cavalli costosi, selle da Dressage, in Cross si cominciavano a mettere
le prime stinchiere e paranocche. Noi usavamo quanto
passava la Farnesina: selle normali, testiere che avevano
visto tempi migliori, niente protezioni alle gambe dei cavalli nella gara di fondo. Eppure eravamo estremamente
competitivi: vincemmo il Premio per la miglior Scuola di
177
Adriano Capuzzo | Scritti
Equitazione d’Italia, nel 1989 io fui terzo al Campionato
Debuttanti, nello stesso anno fui primo Individuale al
Saggio delle Scuole con una cavalla che Capuzzo aveva
fatto comperare alla Farnesina, Topazia di Valleverde.
Il Completo del Saggio delle Scuole non era una garetta
da poco, equivaleva a una Cat. 4 di oggi. Un Istruttore
qualsiasi avrebbe “confermato” quel binomio, che si era
rivelato competitivo. Ma il dottor Capuzzo non pensava
certo a far bella figura come Istruttore. Lui voleva soltanto farmi crescere come cavaliere. Così, il giorno dopo la
vittoria, mi disse che ormai Topazia la sapevo montare
bene e che bisognava mi misurassi con un altro cavallo.
Lì per lì la presi malissimo. Anche mio padre, che da
buon sardo ha sempre avuto una gran passione per i
cavalli, si arrabbiò per quella scelta e per 2 o 3 mesi non
mi mandò a montare. Alla fine non resistetti e tornai in
sella con lui.
Oggi riconosco che quella decisione era stata presa per
farmi maturare, ma allora non ero in grado di comprenderlo. In verità il dottor Capuzzo s’è fatto in quattro per
aiutarmi in tutti i modi: ricordo che riduceva al minimo il
costo delle lezioni della scuola, in modo che io - e anche
altri allievi - potessimo montare tutti i giorni. Per come
vanno le cose oggi, io non sarei potuto emergere come
cavaliere. Ora bisogna avere dietro le spalle una famiglia
con dei grossi redditi. I miei sono impiegati statali. E io
avevo cominciato a montare perché il Messaggero aveva
lanciato una iniziativa promozionale con una scuola di
equitazione, che poi lasciai per passare alla Farnesina.
Un altro grande aiuto me lo diede facendomi partecipare
al maggior numero possibile di stage nazionali di Comple178
Nel ricordo dei suoi allievi
to o di Salto Ostacoli. Mi veniva a prendere all’aereoporto,
dopo le vacanze in Sardegna, e mi portava direttamente
ai Pratoni del Vivaro. Ero un ragazzino introverso, posseduto dalla voglia di far bene, forse sembravo più maturo
della mia età. Il dottor Capuzzo mi parlava come fossi un
adulto, ma al dunque io provavo per lui un po’ di soggezione. A pensarci bene, non sono mai riuscito ad aprirmi
completamente con lui.
Quando divenni cavaliere federale, il dottor Capuzzo se
n’era già andato dalla Farnesina. E così accadde che i
nostri contatti si allentassero. Volevo crescere, proprio
come un figlio che vuole staccarsi dall’ala protettrice
del padre. Diventando uomo ho avuto l’impressione che
quel distacco gli fosse dispiaciuto. Negli anni, tutte le
volte che ci siamo rincontrati mi ripromettevo di spiegargli quant’era stato importante per me. Tre anni fa, ai
Pratoni, mi vide montare un baio tedesco di quattro anni,
Flannagan, un cavallo di grandissimi mezzi ma con un
carattere molto difficile. Si entusiasmò per quello che gli
sembrò un “cavallo che si incontra una sola volta nella
vita” e che somigliava ai cavalli nevrili, difficili, “tiratori”
che aveva montato. Siccome lo possedevo in comproprietà con altri, mi propose di rilevare la parte non mia. Per
ragioni che non dipendevano da me o da lui non se ne
fece niente. Peccato. Non tanto per il cavallo. Ma perché
se avessimo ricominciato a frequentarci quotidianamente, avrei finalmente trovato il modo di dirgli che per me
è stato l’Istruttore più importante che ho avuto. Un uomo
a cui vorrebbero somigliare tutte le persone di cavalli.
179
Adriano Capuzzo | Scritti
Alja Freier
Amazzone di 1° grado,
16 anni
In camera mia, sulla parete di fronte al mio
letto, ho appeso un bellissimo ricordo di Adriano, che
mi è stato dato dalle sue figlie: una raccolta sotto vetro
di coccarde da lui vinte in alcune delle molte gare cui
ha partecipato. Eppure, lui che ha vinto tanto, teneva
soprattutto ad insegnarmi il vero senso dell’equitazione.
Che è quello di conoscere il proprio cavallo, di intuirne
limiti e pregi, di saper montare bene, di costruire un binomio. Dopo, soltanto dopo, viene la competizione, l’agonismo, la sfida.
Avevo 11 anni quando un’amica comune l’ha pregato di
passare al Pony Club, dove montavo un pony che avevo
in fida, Saturno. Per puro spirito di cortesia venne a vedermi, senza dire una parola. Da persona corretta qual
era, non voleva interferire con l’Istruttore che mi seguiva.
Ma fu proprio il mio Istruttore, Alessandro Di Marco, a
chiedergli se aveva voglia di occuparsi ogni tanto di me.
Adriano accettò un incarico “volontario” (cioè gratuito)
dopo avermi visto in un Concorso di Dressage, dove mi
classificai prima (anche se, secondo lui, c’erano “un sacco
di cose da mettere a posto”). Mi chiamava “la ragazzina” e
credo di essergli piaciuta per l’impegno con cui montavo.
Avevo sentito parlare della sua severità, ma a me non è
mai sembrato severo. All’inizio mi metteva un po’ di soggezione, soprattutto, quando, con il suo vocione, mi gridava “schiappa!” se sbagliavo qualcosa. Ma in poco tempo
sono arrivata a chiamarlo per nome, anche se continuavo
a dargli del lei.
180
Nel ricordo dei suoi allievi
Non c’era mai un momento di noia, di ripetitività, di sciatteria con lui. Niente era scontato, anche se aveva a che
fare con un’allieva giovanissima come me. Ricordo come
incrociava le gambe per farmi vedere il modo in cui “il
cavallino” doveva fare il dietro-front sulle anche. Come
mi faceva reggere la frusta con due mani, per imparare a
tenerle pari e indipendenti dalle gambe. E come mi metteva un biglietto da cinque euro sotto al sedere per costringermi a galoppare seduta. Per le nostre lezioni individuali (in cui insisteva perché io imparassi tutto anche
sul grooming) ci vedevamo alle otto del mattino, quando i
campi erano ancora vuoti. Una volta mi accompagnò fuori in Dressage, perché Alessandro era impegnato altrove
con altri allievi. Era appena tornato da Milano dove faceva
delle cure molto pesanti. Io volevo rinunciare perché non
si affaticasse. Ma lui non ne volle sapere: m’ero iscritta e
dovevo andare. E lui con me.
Quando Saturno se ne tornò in campagna, dai suoi proprietari, a godersi un meritato riposo, Adriano insistette
moltissimo perché passassi direttamente al cavallo. Ero
già alta un metro e sessanta, mi aveva visto montare senza problemi un grigio grande e grosso di un socio del
Pony Club. Ma avevo appena dodici anni e non me la
sentivo di lasciare il mondo dei ragazzini della mia età.
Gli dissi di no, e gli chiesi di darmi qualche consiglio
nella scelta del nuovo pony. Bocciò un sauro che mi era
stato proposto, ma approvò un baio, Ibalgin Fast, che
provai anche nei prati dell’Ippodromo di Tor di Quinto. Adriano stava da una parte a guardare, ma dietro gli
occhiali da sole, il suo sguardo aveva “radiografato” questo nuovo pony, con il quale passai al Circolo S.S. Lazio
Equitazione.
181
Adriano Capuzzo | Scritti
Adriano mi aveva suggerito il Completo: la mia scelta
s’era compiuta. Con Ibalgin, in un Completo al New Trekking nel 2009, ebbi un brutto incidente. Ero quarta dopo
il Dressage e il Salto Ostacoli, ma in Cross il pony fece
un brutto salto di rimessa e io mi fracassai uno zigomo.
Fui operata il giorno seguente (ho ancora una placca di
titanio, anche se per fortuna non è rimasta alcuna cicatrice) e solo dopo 2 mesi ebbi il permesso di ricominciare
a montare. Il giorno stesso ero in sella! Quando tornai in
gara, Adriano venne a incoraggiarmi e scrisse a mia madre una bella lettera. Nel frattempo era giunto il momento di passare al cavallo e così mi segnalò un baio di un
suo allievo, Hantare. Un cavallo-professore, a cui sento di
poter affidare la mia vita. Io mi fido di lui e lui si fida di
me. Con Hantare ho vinto il Trofeo Allievi Emergenti del
2011, ed ora, al Circolo C&G, sotto la guida dell’Istruttore Francesco Girardi, di sua moglie Laura e di Deodato
Cianfanelli, sono approdata alla Cat. 4. Adriano è stato
il primo a credere in me e io ho ritrovato il medesimo
atteggiamento in Francesco, che non a caso è stato suo
allievo. L’ultima volta che Adriano è venuto a vedermi in
gara, nella primavera del 2011, ero ai Pratoni del Vivaro.
Quel giorno c’era anche mio padre, che vive in Germania, dove ha una nuova famiglia. Adriano l’aveva conosciuto soltanto di vista, ma era così contento di come
avevo condotto la gara che, sotto la pioggia battente, si
sporse dall’auto e gridò: “Ha visto com’è stata brava la
ragazzina?”. Era logorato dalla malattia, stanco… ma il
suo entusiasmo era bellissimo. Indimenticabile.
182
Nel ricordo dei suoi allievi
Antonio Gentili
Istruttore federale, Cavaliere di 2° grado,
35 anni
Il dottor Capuzzo mi ha insegnato tutto. Non
solo come ci si deve comportare a cavallo o in scuderia,
ma anche nella vita. Avevo appena sette anni quando
l’ho conosciuto: montavo a pelo un’anziana fattrice di
mio padre, in una nostra vigna di Manziana, dove la famiglia Capuzzo aveva una casa di campagna e una bellissima scuderia privata, “La Torre” in comproprietà con dei
loro amici. Dei cavalli sapevo tutto e niente: mio padre
possedeva un piccolo allevamento, e dunque avevo una
grande consuetudine con loro. Ma non potevo certo immaginare cosa significasse montare sul serio.
Alla fine di quell’estate, colpito dal mio entusiasmo, il
dottor Capuzzo mi invitò a frequentare il Pony Club,
dove era Istruttore. Non chiedevo di meglio: l’avevo visto
montare e benché fossi molto piccolo mi aveva profondamente colpito. Così, tre volte a settimana, papà mi prelevava all’uscita da scuola, e mi portava in auto a Roma.
In viaggio mangiavo un panino e alle due e mezzo ero
in sella con il Maresciallo Quarta, nel campo più piccolo,
quello dei principianti. Nel campo di fronte, c’era il dottore con gli allievi più grandi. Guardavo da quella parte
sognando di riuscire un giorno a passare di là, in quella
che mi appariva come l’università dei cavalli. Anche se il
dottore non era il mio Istruttore, non mi mancavano mai
i suoi consigli. Due anni dopo cominciai a montare con
lui. E poi lo seguii alla Farnesina, dove si era trasferito.
A casa avevo cominciato a montare i puledri che ogni
anno andavano presentati al Premio Allevamento, a
183
Adriano Capuzzo | Scritti
Grosseto. Avere a che fare con cavalli inesperti, sprovveduti, dunque più difficili, accelerò il mio apprendimento.
Avevo solo tredici anni quando presentai per la prima
volta un cavallo di mio padre a Grosseto. Andar male
significava non riuscire a vendere il puledro. Andar bene
voleva dire trovare un acquirente e dunque rientrare delle spese sostenute. Un traguardo determinante per un
piccolo allevatore come papà. Quella responsabilità la
sentivo tutta quanta. Era un’emozione in più, che si aggiungeva all’inevitabile tensione di ogni prova sportiva.
Ricordo che feci 0 al primo giro e 4 al secondo. Il dottor
Capuzzo era lì e anche in quell’occasione non mi sono
mancati i suoi consigli. Me lo sono trovato accanto quasi sempre, prima di ogni gara, per tutta la vita: magari
arrivava solo due minuti prima, perché era Giudice in
un’altra categoria, ma in quei due minuti riusciva a darmi
il consiglio giusto, illuminato, determinante. Ha sempre
saputo darmi una gran carica, e infondermi la voglia di
fare meglio che potevo.
Ormai Junior, alla Farnesina cominciai a fare dei concorsi
con una certa frequenza, sempre sotto la sua guida. Non gli
sfuggiva il minimo particolare, e non sto parlando solo della
preparazione tecnica: ci insegnava come salutare la Giuria,
togliendoci il cap senza mostrare la fodera “altrimenti sembra che lo usiate per chiedere la carità”; ad avere sempre gli
stivali puliti; a levarci gli speroni appena smontati di sella;
a montare sempre con i guanti. Il dottore poteva perdonare
un errore, ma non una trascuratezza. Ti faceva avvicinare, ti
spiegava cosa non andava e ti… mandava fuori dal campo.
Ma quando, dopo un esercizio, un salto o un percorso, mi
sentivo dire “ok, va bene così”, per me era come andare in
paradiso.
184
Nel ricordo dei suoi allievi
Non avevo ancora diciott’anni quando una sera a Manziana, squillò il telefono. Andai io a rispondere. Era il dottore,
che mi disse: “Antonio, mettiti a sedere, che devo farti una
proposta importante”. Gli obbedii e lui continuò: “te la sentiresti di montare un cavallo federale?”. Era il mio sogno. Ma
significava doverlo portare fuori in Concorso, viaggiare… E
questo era al di sopra delle possibilità della mia famiglia.
Fu duro rinunciare e anche per questo decisi di fare subito
il servizio militare, riuscendo a farmi assegnare alla Scuola
di Cavalleria di Montelibretti.
Quando mi sono congedato e ho cominciato ad occuparmi della piccola scuderia affidatami da mio padre,
l’ho sempre avuto accanto, prodigo di consigli su ogni
questione: la qualità del terreno del campo, il tipo di
ostacoli, il lavoro da fare con i cavalli più diversi. Inventandosi del tempo che non aveva, per via della sua carica
di Presidente del Comitato Regionale Lazio, mi è stato
accanto durante la preparazione della cavalla Trilli, terza
ai Campionati italiani di Completo dei 4 anni dell’UNIRE
(Unione incremento razze equine n.d.r.) del 2005. Quando ha lasciato la carica di Presidente, ha preso l’abitudine di venire almeno due giorni a settimana nella mia scuderia di Manziana. È venuto anche cinque giorni prima
di andarsene per sempre. Sapeva benissimo che ormai
mancava poco al suo congedo definitivo. Mi ha parlato a
lungo, ma voglio tenere per me quel che mi ha detto. Il
dottor Capuzzo è stato come un padre e per questo mi
manca moltissimo. In scuderia, ma soprattutto nella vita.
185
Adriano Capuzzo | Scritti
Francesco Girardi
Istruttore federale, Cavaliere Olimpico,
45 anni
Sono stato allievo di Adriano Capuzzo dai 12
ai 19 anni. Da ragazzino ero un cavaliere di campagna,
con una monta un po’ ruspante, come la cavalla Soledad
che scuderizzai al Pony Club su consiglio del generale Panetta. Anche se avevo fatto qualche piccola gara dalle parti
di Magliano Sabina, e m’ero smaliziato montando cavalli
di ogni genere, restavo una patente A, e dunque venni
messo nel campo piccolo con i principianti.
Ma due o tre giorni dopo il dottor Capuzzo, che lavorava
nel campo grande con gli allievi dell’agonistica, mi chiamò “di là”. E spiegò a mio padre d’essere rimasto colpito
dal “senso del cavallo che ha il ragazzo”. Gli disse anche
che la mia Soledad non era il massimo per un cavaliere
che volesse fare della buona equitazione. Per farla breve:
sotto la sua guida, a 14 anni, con la cavalla Quadrella,
vinsi i Giochi della Gioventù. Capuzzo è stato un Istruttore straordinario, ma anche duro e difficile: alle due del
pomeriggio, dopo aver lasciato il suo lavoro in albergo,
era con noi in campo. Faceva l’Istruttore senza essere pagato: in cambio il Pony Club manteneva un suo cavallo,
Socrate de Sariaxu, che lui metteva a disposizione degli
allievi. Socrate ha fatto 9 Saggi delle Scuole con 9 allievi
diversi! Era un sardo che ogni tanto si piantava e ti sbatteva per terra.
Al giorno d’oggi una piantata innesca un circolo vizioso:
per l’allievo è colpa del cavallo, per il genitore è colpa
dell’Istruttore, per l’Istruttore è colpa dell’allievo. Capuzzo, quando il cavallo che montavi si piantava, ti appieda186
Nel ricordo dei suoi allievi
va e lo passava immediatamente a un tuo compagno di
corso. Un ragazzino della tua stessa età, che ce la metteva
tutta per mandarlo di là. E di solito ci riusciva, dimostrando che “si poteva fare” e che non c’erano scuse. Un’altra sua abitudine era quella di farci scambiare i cavalli,
perché non diventassimo “cavalieri di un solo cavallo”.
Di solito “lo scambio” avveniva nella ripresa della domenica mattina. Questa sua decisione suscitava qualche
malumore fra i genitori, a cui non piaceva che il cavallo
comperato per il loro figliolo, magari a caro prezzo, fosse
montato a turno anche da altri allievi. Ma Capuzzo tirava
dritto per la sua strada: non ha mai badato al lato commerciale dell’equitazione.
D’estate capitava spesso che ci ospitasse nella sua casa
di Manziana, dove c’era un bel campo ostacoli. Tre giorni di gare, anche sulle massime altezze delle categorie
Juniores, mt. 1,30. Ci ha dato una formazione sportiva
ma anche umana, ci ha insegnato come inseguire un risultato ma anche come comportarci. Ricordo benissimo
un episodio: a 14 anni partecipai al Campionato Italiano
di Salto Ostacoli che si teneva a Cervia. Andai bene il
primo giorno, bene il secondo, il terzo venni eliminato.
Livido di rabbia mi avviai verso una pinetina, dove volevo
nascondermi per “strattonare” il mio cavallo, per punirlo.
Non avevo neppure iniziato, che da un cespuglio sbucò
Capuzzo, che mi fulminò. È stata l’ultima volta nella mia
vita in cui ho avuto la tentazione di maltrattare un cavallo.
Ancora ricordo le parole con cui mi salutò quando non
ancora ventenne venni chiamato dal Marchese Mangilli,
per montare dei cavalli della Federazione: “Ormai il Pony
Club ti è diventato un po’ stretto. Le nostre strade si se187
Adriano Capuzzo | Scritti
parano, ma io ci sarò sempre, per qualsiasi cosa possa
esserti utile”. Fu un distacco difficile da superare per me,
sul piano umano e sportivo. Ma Capuzzo aveva ragione:
il nostro dialogo non si è interrotto e continua anche ora
che non c’è più. Perché mi accorgo di trasmettere ai miei
allievi moltissime delle cose che lui mi ha insegnato. Non
soltanto dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di
vista umano: la necessità dell’impegno, del rispetto, l’attenzione in scuderia, la capacità di fare squadra. Ricordo
quanto fosse importante per lui il Saggio delle Scuole. E
quanto fosse contento che il C&G, di cui sono direttore
tecnico, l’abbia vinto per cinque volte non consecutive
(un anno siamo arrivati terzi!) nella disciplina del Completo. Per lui - e anche per me - era il segno tangibile che
quanto aveva insegnato non era andato perduto.
Quando da ragazzi andavamo ad affrontare i Campionati
Europei di Completo in Polonia o in Germania, o in tante
altre nazioni, Capuzzo ci salutava all’inizio del ritiro. Ma
alla conclusione del Concorso, arrivava sempre, in qualsiasi posto fossimo, un suo bellissimo telegramma, sempre diverso, e sempre toccante. Non credo sia un caso
che tanti suoi allievi abbiano partecipato alle Olimpiadi:
Marco Cappai ad Atalanta, io a Seul e Barcellona, Stefano Brecciaroli, presente ai Giochi di Atene, di Pechino e
Londra. Per non dire degli Juniores che si sono distinti in
competizioni internazionali. Quando montavo da ragazzo non pensavo che l’equitazione sarebbe diventata la
mia vita. Forse, se questo è accaduto, è anche perché ho
incontrato un uomo come lui.
188
Mauro Checcoli
Adriano, un Maestro
gentile e concreto
Adriano Capuzzo | Scritti
Adriano, un Maestro gentile e concreto
A
driano è stato Presidente dell’Accademia
Caprilli, ideata e fondata da Mauro
Checcoli - medaglia d’Oro individuale
e in squadra per il Completo alle Olimpiadi di
Tokyo del 1964, Presidente della FISE dal 1988 al
1996 - che lo ricorda così.
Avevo sedici o diciassette anni, e a quell’età
un ragazzo, consapevolmente o no, è alla ricerca di modelli, di esempi di vita cui ispirarsi e da cui essere rassicurati. Al liceo si studiano i classici e da questi emergono
figure ciclopiche, eroi mitici e favolosi, lontani dalla vita
comune. Si sa che non saremo mai come loro. Tuttavia,
nella mia lunga vita dentro lo sport, ho incontrato persone che avrebbero potuto benissimo ispirare un Tacito, uno Svetonio. Individui ben caratterizzati, pezzi unici
emergenti dalla banalità della “gente”. Portatori di idealità e di benevolenza, generosi di sé, sicuri nel proprio
umile altruismo. Veri uomini e donne.
Adriano Capuzzo è uno di questi, con una dote in più: la
gentilezza.
Avevo quell’età quando lo incontrai la prima volta, sui
campi di gara di Salsomaggiore, nel 1960. Lui era già un
cavaliere pieno di esperienza e di successi, Olimpiadi,
Piazza di Siena, vittorie. Ma mentre gli altri mi trattavano
come un bimbo o non mi trattavano affatto, lui mi considerò da subito un concorrente alla pari. Mi rispettava.
Solo lui. Mi apparve subito come un essere speciale, da
imitare e cui voler bene. Non mancò mai negli anni un
sorriso, un consiglio, una richiesta di consiglio, un’offerta di aiuto. Mai, per cinquanta e più anni. Quando gli
191
Adriano Capuzzo | Scritti
parlai e con lui a Giulia Serventi, della mia idea dell’Accademia Caprilli, colse subito il forte senso di sportività,
di amore e rispetto del cavallo che l’idea comportava. Fu
subito cosciente del valore ideale e concreto che l’Accademia avrebbe potuto avere. Aderì subito e fu acclamato
fin dalla fondazione quale Presidente. Tutti d’accordo,
pur nelle diversità di esperienze, cultura ed età. E’ stato
il nostro Presidente per quattro anni, sempre presente di
persona o in spirito, anche durante la malattia. Un grande uomo, un cavaliere vero e un Maestro gentile e concreto, come sanno bene tutti i suoi allievi, tutti cresciuti
nel Sistema naturale di equitazione Caprilliano, cultura
italiana trasmessa al mondo intero. Questo vuole l’Accademia Caprilli e voleva Adriano e noi continueremo a
volere, anche per lui.
192
Flavia Capuzzo in sella a Rubicon, accanto a suo padre che
monta Prince Burring, alla Farnesina nel marzo del 1967.
Rubicon non stava bene. Se ne sarebbe andato il 4 agosto
di quell’anno. Flavia, che ha partecipato ai Campionati
Europei Juniores di Salto Ostacoli nel 1970,
con il cavallo Sergent Major, ha poi smesso di montare.
Anche sua figlia Livia ha montato per qualche anno
Una vita, una passione,
una famiglia
Adriano Capuzzo | Scritti
Una vita, una passione, una famiglia
U
na vita in cinque pagine. Fin da quando
era trentenne, Adriano ha sempre
aggiornato il suo curriculum vitae. Questo
è l’ultimo da lui scritto, nel febbraio del 2010,
un anno e mezzo prima di mancare. Sulla sua
tomba, in Piemonte, ha voluto fosse scritto: “Sposo,
Padre, Albergatore, Cavaliere Olimpico, Istruttore
di Equitazione”. Teneva al suo lavoro in albergo
che faceva con passione, e teneva all’equitazione,
un sport che lui ha fatto sempre da “amatore”
senza mai avere ingaggi, premi in denaro (esclusi
quelli vinti in gara), o borse di studio di qualsiasi
genere.
Nato a Roma l’11 agosto 1927, ex Dirigente Alberghiero,
Direttore Tecnico ed Istruttore FISE di 4° livello, ormai
vedovo di mia moglie Bruna, ho due figlie, Francesca e
Flavia, sono nonno di due nipoti, Giulia e Livia, e bisnonno di una bellissima bimbetta di nome Anna!
- Ho iniziato a montare a cavallo come “Figlio della Lupa”
presso l’Opera Nazionale Balilla alla Farnesina di Roma
nel settembre 1934, seguendo tutti i vari corsi impostati
dall’Istruttore dell’epoca, il Cav. Costante D’Inzeo - padre
di Piero e Raimondo - continuando senza interruzione,
prima come “Balilla” e poi come “Avanguardista”.
-Le prime gare nel 1939, cioè dopo ben 4 anni di maneggio e di lavoro. Fui selezionato per due “Ludi Juveniles” in rappresentanza della GIL Roma.
-Abolita la GIL (Gioventù Italiana del Littorio) conti197
Adriano Capuzzo | Scritti
nuai a montare alla Farnesina, divenuta Società Ippica
Romana, nella squadra sociale guidata dal Colonnello
Giuseppe Chiantia sino al 1953.
- Non avevo un cavallo di proprietà. Montavo cavalli giovani “da fare” della Scuola o cavalli di altri Soci riservatimi per stima e considerazione, partecipando alle più
svariate gare nazionali.
-Nel 1953 fui invitato dalla FISE a montare presso il
CEPIM (Centro Preolimpionico Ippico Militare) per il
Concorso Completo di Montelibretti, alle dipendenze
dell’Istruttore Marchese Fabio Mangilli.
- Nel 1956 partecipai come unico civile alle Olimpiadi di
Stoccolma in squadra per il Completo insieme al Sottotenente Giancarlo Gutierrez ed al Maresciallo Giuseppe
Molinari. Era l’anno di Melbourne, dove non si poté andare per una obbligatoria quarantena dei cavalli di tre
mesi. Terminai 9° individuale e 5° di squadra. Allora la
squadra era solamente di tre cavalieri. Montai il cavallo
Tuft of Heather p.s.i. della FISE, scelto due anni prima
da Mangilli.
- Nelle Olimpiadi di Roma del 1960, fui selezionato come
Individuale al Salto Ostacoli, con il cavallo The Quite
Man (anch’esso della FISE) insieme ai fratelli D’Inzeo.
All’ultimo momento non mi fu permessa la partecipazione dall’allora Presidente della FISE Generale Formigli, che mi volle come riserva per la gara a squadra di
4 giorni dopo allo Stadio Olimpico. Questa decisione
nasceva dal fatto che i due D’Inzeo, partiti prima di me,
si erano qualificati per la seconda manche dell’indivi198
Una vita, una passione, una famiglia
duale e quindi esisteva il rischio che un cavallo dei due
si potesse far male. Nessuno si fece male; Raimondo
fu oro, Piero fu argento, la squadra composta dai due
D’Inzeo e da Antonio Oppes fu terza ed io restai… a
guardare!
- Dopo le Olimpiadi del ’56 gravitai per 15 anni nella prima squadra di Salto Ostacoli della FISE, montando diversi cavalli in Concorsi Internazionali Ufficiali sia di S.O.
che di Completo, quali, ad esempio, Basilea, Windsor,
Burgley, San Gallo, Lucerna, Ginevra, Londra, Aquisgrana, Madrid, Barcellona, Piazza di Siena, Parigi, Nizza,
LaBaulle, Bruxelles, LeZout, Dublino, Dakar, Casablanca, Rabat, Malmòe, Stoccolma, Jonngchòpping, Città del
Messico, Cocoyòc, Caracas, Johannesburg.
-Ho contribuito alla vittoria di diverse Coppe delle Nazioni, delle quali 3 sempre ad Aquisgrana.
-Nel 1962 sono stato selezionato per i Campionati Europei di S.O. a Parigi al Parc des Princes con il cavallo
Pioneer della FISE, terminando 14°.
- Amo i cavalli in avanti, irruenti, forse tiratori. Posso ricordare quelli di maggior spicco ed i relativi proprietari: College Valley (Piccini); Rubicon (Filippucci); Sturm
(mio); Hack on (FISE); Pioneer (FISE); La Kira (Napoleone); The Quite man (Stato); Bonzo (Cassinelli); Rahin
(FISE); Ballyblack (FISE); Ballynool (FISE); Beau Regard (Borghese).
- Per 7/8 anni ho presentato puledri al Premio Nazionale
Allevamento vincendone uno con il cavallo Oracolo di
199
Adriano Capuzzo | Scritti
Carlo Ceribelli. Egualmente ho partecipato al criterium
dei 5 anni di Completo vincendone uno con il cavallo
Pagano della Crucca di Carlo Lepri.
- Dal 1960 ho affiancato il Colonnello Chiantia nella preparazione dei giovani al “Saggio delle Scuole”.
-I miei Istruttori: Costante D’Inzeo, Chiantia, Mangilli,
Lequio, Formigli, Bruni, Gutierrez, Conforti.
-L’ultimo cavallo montato a Piazza di Siena nel 1974 fu
Beau Regard di Nicolò Borghese. L’Italia vinse la Coppa
delle Nazioni dopo il barrage con i francesi.
-Per 9 anni sono stato Direttore Tecnico ed Istruttore al
Pony Club Roma e in seguito per 4 anni alla Farnesina.
- Sono stato per 6 anni Vice Presidente della Società Ippica Romana durante la presidenza del Commendator
Mario D’Amelio e per 8 anni Consigliere della FISE durante le presidenze Lequio e Luling Buschetti.
- Con la Presidenza Cigala Fulgosi sono stato per un anno
Tecnico Responsabile Nazionale del Settore Completo.
- Successivamente, con la presidenza Checcoli, ho collaborato in FISE Centrale per 4 anni quale Referente del
Settore Completo.
- Durante tutta la mia carriera sportiva da “amatore” non
ho mai avuto ingaggi, premi in denaro (esclusi quelli
vinti in gara), borse di studio di qualsiasi genere. La
FISE mi ha aiutato molto dandomi cavalli da monta200
Una vita, una passione, una famiglia
re ed Istruttori che mi seguissero. Da documentazione
fotografica in mio possesso ho montato in gara 318
cavalli diversi.
- Sono insignito del Distintivo di Bronzo come cavaliere
FEI.
-Sono Giudice Nazionale di Salto Ostacoli, Completo e
Dressage (fuori ruolo).
- Parallelamente alla mia vita sportiva mi sono sempre impegnato nella mia vita di lavoro. Ho iniziato a 18 anni
come “ragazzo di portineria” in albergo; nel 1958 sono
diventato dirigente alberghiero all’Hotel Bernini Bristol
di Piazza Barberini in Roma, per continuare negli ultimi
8 anni di attività come imprenditore dell’Hotel Globus in
Roma, fino alla pensione giunta nel 1990.
- Parlo quattro lingue: bene il francese; discreto l’inglese;
poco lo spagnolo; malissimo il tedesco.
-Sono stato Presidente del Comitato Regionale Lazio
della FISE per il quadriennio 2001/2004 ed ancora per
il 2005/2008, senza più ricandidarmi, convinto come
sono che in queste cariche è necessario un avvicendamento che comporti nuove idee, nuovi entusiasmi,
nuovo vigore organizzativo.
-Ho accettato con entusiasmo l’incarico volontario richiestomi nel 2009 dal Comitato Lazio quale Referente
del Settore Concorso Completo.
201
Adriano Capuzzo | Scritti
album di
Adriano e Bruna alla Farnesina
con l’inseparabile boxer Astor,
con cui sono partiti
per il viaggio di nozze.
Nonostante i documenti in ordine,
il cane fu fermato
alla frontiera svizzera.
E mentre i freschi sposi Capuzzo
discutevano con le guardie,
il treno partì,
portandosi dietro le loro valigie
La moglie di Adriano,
Bruna, a cavallo.
Da ragazza frequentava
la Farnesina
ed è lì che ha conosciuto
il giovane cavaliere
che sarebbe diventato
202
suo marito
Una vita, una passione, una famiglia
famiglia
Adriano e Bruna
appena usciti
dalla chiesetta
di Piazza di Siena,
dove si sono sposati
il 16 luglio del 1949
203
La primogenita Francesca,
nel 1952 alla Farnesina,
su un cavallo della scuola,
Lampo. Francesca
non ha mai montato,
preferendo la scherma
Adriano Capuzzo | Scritti
album di
Stile Capuzzo: in alto Flavia nel 1967, in sella a Talamone, in un concorso
a Villa Borghese. Accanto alla foto Adriano ha scritto:“ Flavia nei suoi primi
percorsi a mt.1,30”. In basso Adriano su Rubicon
204 a Losanna, al CHIO 1962
Una vita, una passione, una famiglia
famiglia
Adriano
fra le sue due
figlie, Flavia
(a sinistra)
e Francesca
sullo sfondo
delle colline
delle Langhe,
nell’autunno
del 1997.
Adriano
amava molto
tornare
a Cuneo,
dove sono
seppelliti
i suoi genitori,
e dove ora
riposa
anche lui
Adriano
mentre
conversa
con sua nipote
Giulia,
che festeggia
il suo
compleanno
a casa
della madre
Francesca
205
Adriano Capuzzo | Scritti
album di
Adriano e sua nipote quattordicenne Livia al Circolo Cascianese,
in sella allo stesso cavallo, il castrone francese Vouga, di 13 anni,
di proprietà di Patrizia Carrano
La sera di Natale
del 2009,
Adriano
con Francesca,
in una foto scattata
da Flavia
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Una vita, una passione, una famiglia
famiglia
La nipote Livia, che Adriano
andò ad applaudire il giorno
della sua laurea,
fiero del suo 110 e lode.
Qui sotto la bisnipote Anna,
in braccio a sua madre Giulia.
Quando la bimba nacque
il 22 dicembre del 2009,
Adriano spedì via mail a tutti
i suoi amici una foto
della bimba a 3 giorni,
sottolineando di aver avuto
due figlie femmine, due nipoti
femmine e una bisnipote,
femmina anche lei!
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Ringraziamenti
Questo libro - che ha l’intento
di non disperdere materiali e conoscenze
di un recente passato,
utili per un prossimo futuro è nato grazie al lavoro di Patrizia Carrano,
all’entusiamo del Presidente
del Comitato Regionale Lazio della FISE
Giuseppe Brunetti.
Vogliamo inoltre ringraziare il Presidente
Sandro Blasi, che ha dedicato un campo
del Pony Club alla memoria di nostro padre,
per 9 anni Istruttore del Circolo.
Un grazie di cuore anche
a Caterina Vagnozzi,
alle “ragazze” del Comitato FISE Lazio.
E a tutti gli allievi ed amici che hanno
collaborato con sincerità, disponibilità
ed entusiasmo.
Francesca e Flavia Capuzzo
note
Finito di stampare nel mese di dicembre 2012
dalla Tipolitografia Valprinting - Roma
Quarant’anni di equitazione italiana, rivissuti
grazie agli scritti di uno dei suoi protagonisti.
In questo volume sono raccolti i materiali più
significativi dell’archivio di Adriano Capuzzo: le
sue memorie di cavaliere, le lettere sui cavalli
scritte agli allievi o ai propri dirigenti sportivi,
gli appunti presi sul suo lavoro di tecnico.
Un personalissimo e fascinoso affresco di cavalli e di uomini. E di uno sport, l’equitazione, cui
Adriano Capuzzo ha dedicato tutta la vita con
passione e competenza.
€ 13,00
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