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Andatura poppa

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Andatura poppa
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Cazza e lasca
Andatura di poppa
Giù col vento
2004) abbiamo trattato l’argomento dell’andatura di bolina con mare formato e, nel dettaglio, del “wind share” - aspetto fisico fondamentale dell’attività velica - con il suo
condizionamento sulla direzione e l’intensità
del vento apparente. L’influenza della differenza d’intensità del vento in altezza - il
“wind share”, per l’appunto - ha la sua importanza anche in poppa.
Osservando alcune regate, specie quelle di
derive e di piccoli cabinati, sicuramente avete notato che le imbarcazioni in poppa spesso vengono portate più o meno sbandate sopravento, più o meno con inclinazioni esasperate. Questo è voluto per la ricerca di un
equilibrio fisico e per lo sfruttamento massimo del vento. Vediamo perché.
EQUILIBRIO PERFETTO
Dopo aver visto sul numero
precedente di SoloVela come
condurre la barca di bolina,
adesso valutiamo gli aspetti
dell’andatura di poppa e il modo
più redditizio di affrontarla
60 Giugno 2004
di Giuseppe Mancini
ownwind” è l’espressione anglosassone che definisce le
andature portanti. Niente di più esatto e preciso, sintetizza così bene tutti i principi e le conoscenze necessarie per permettere di effettuare un’impoppata, sfruttando al
meglio le caratteristiche fisiche della barca e delle vele.
Su “Cazza e lasca” precedente a questo (SoloVela n.25 - maggio
“D
Ancora una volta la ricerca dell’equilibrio,
di tutte le forze - o delle principali - che
agiscono sulla nostra barca, ha una grande
importanza. Fondamentalmente, bisogna
tenere in massima considerazione l’effetto
dello scorrimento dell’acqua sullo scafo e lo
sviluppo del vento sulle vele.
Per quanto riguarda il primo caso, quello cioè
relativo all’idrodinamica, ne abbiamo parlato
in “Cazza e lasca” del numero di aprile (SoloVela n.24 - 2004); lì, si evinceva come e
quanto lo scorrimento dei flussi laminari sulle superfici dello scafo influenza le pressioni
e le depressioni dell’acqua, oltre alle reazioni che a ciò conseguono. In particolar modo,
abbiamo visto come l’immersione asimmetrica dello scafo crea una depressione nella parte più immersa, con relativa deviazione di
rotta dal lato opposto. Se di bolina tale
asimmetria rappresenta un’aspetto negativo
Foto D. Forster/Rolex
nella resistenza che essa produce, col suo
estremo rappresentato dalla straorzata, di poppa può essere
sfruttata come elemento equilibratore della spinta del centro velico. In poppa, infatti, portando la barca piatta l’unica maniera
che si ha per correggere questa spinta è intervenendo sul timone: in pratica, per andar dritti con barca piatta, si deve tenere il
timone leggermente a poggia; la barca va dritta, ma il timone,
non in linea con il senso di scorrimento dell’acqua, crea turbo
lenze e quindi resistenze.
Avanzato
L’eccessiva distanza
del centro velico dal
centro di deriva crea
un momento di forze
che tende a far
ruotare la barca,
portandola all’orza.
Avvicinando i due
centri di pressione si
riduce tale
momento. La
superflua tendenza
all’orza viene
equilibrata
dall’opposta
tendenza a poggia
data
dall’immersione
asimmetrica dello
scafo, sbandato
sopravento.
In questo modo, si
ottiene anche un
innalzamento del
centro velico.
Sotto, si apprezza il
corretto modo di
condurre una barca
in poppa
Centro Velico
Centro di Deriva
Foto Vuilleumier/Slidebox.it
Top
Avanzato
Primi passi
Questi tre simboli indicano la tipologia
di argomento trattato e il loro grado di difficoltà
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Cazza e lasca
esponendo più vela al vento. A conti fatti,
la superficie velica della parte bassa della
randa che si sposta più in alto è molto
maggiore di quella che si perde in prossimità della penna, con il piccolo abbassamento dell’albero.
Inoltre, il centro velico si sposta più in alto
e, rispetto all’asse longitudinale della barca,
più al centro. Poi, inclinando l’albero sopravento si riesce ad allontanare lo spinnaker
dalle turbolenze create da randa e albero. In
definitiva, più superficie al vento pulito.
SENZA ESAGERARE
Foto Vuilleumier/Slidebox.it
In poppa, portare la
barca inclinata
sopravento dà solo
benefici: aumento
dell’equilibrio dinamico,
migliore sfruttamento
della superficie velica e,
in rapporto alla forma
dello scafo, riduzione
della parte immersa.
Sotto, si nota come
l’inclinazione aiuti ad
allontanare lo spi dalle
turbolenze della randa
La sensibilità e la concentrazione sono le
doti maggiori necessarie a un equipaggio che vuole portare la
barca in poppa, in questo modo. La ricerca dell’equilibrio di cui
abbiamo parlato è una situazione in continuo divenire, che si modifica alla più piccola variazione di intensità e direzione del vento. Esagerando l’inclinazione della barca i benefici sono aumentati, ma si rischia di incappare in una strapoggiata, dalle conseguenze note.
Il timoniere non deve mai distogliere l’attenzione, anticipando
tutti i movimenti dello scafo sull’acqua. Per riuscire a “sentire”
la barca nel miglior modo possibile è consigliabile per lui sedersi sopravento, disponendo il resto dell’equipaggio di conseguenza.
In ogni caso, come per qualsiasi cosa nuova, è meglio sperimentare con gradualità, provando prima con vento leggero, poca onda e modesti gradi d’inclinazione. Successivamente - man mano
che si acquisisce esperienza, sensibilità e si impara a conoscere
le reazioni della propria barca - si può iniziare a estremizzare.
Infine, un altro elemento da tenere in debita considerazione, che
influisce sulla dinamica di quest’andatura, è l’onda.
Foto C. Borlenghi/Rolex
duce effetti evidenti, se non un aumento proporzionale della sensibilità del timone e di ogni altra piccola variazione della distribuzione del peso dell’equipaggio a bordo. Se, invece, si sta procedendo con la barca inclinata sopravento, l’aumento di velocità
del flusso laminare accentua gli effetti di asimmetria dello stesso
e, quindi, la tendenza a strapoggia.
Si intuisce che in caso di onde corte e basse il timoniere può,
autonomamente, gestire i piccoli cambiamenti intervenendo leggermente sul timone. In caso di onde lunghe e di una certa altezza, la tendenza a strapoggiare deve essere gestita in anticipo, sempre e soprattutto dal timoniere - agendo in modo deciso
con il timone - ma anche da piccoli spostamenti della posizione
dell’equipaggio.
Si deve avere ben presente che l’onda arriva di poppa ed è più veloce della barca. Tanto più formata è l’onda, tanto più la sua spinta è forte e maggiore la velocità che raggiunge l’imbarcazione. Oltre tutto, la sua altezza espone le vele a più vento, visto che più
in alto si va, più questo aumenta.
IL GIUSTO RITMO
ONDA AMICA
PIÙ SUPERFICIE
In poppa, un altro aspetto positivo del condurre la barca sbandata sopravento è strettamente legato al “wind share”. Inclinando
l’imbarcazione si ha una conseguente inclinazione dell’albero e del
boma. Anche se questa azione, rispetto alla superficie del mare,
abbassa leggermente la penna della randa, per contro alza il boma
62 Giugno 2004
E’ risaputo quanto l’onda sia d’aiuto nelle andature portanti. Favorisce quelle splendide planate che, oltre a essere estremamente divertenti, fanno aumentare di molto la velocità della barca,
facendole superare la velocità critica.
Per sfruttarla al meglio, si devono analizzare gli effetti che questa produce sulla barca. Un’onda, di fatto, “spinge” l’imbarcazione, sia per il moto dell’acqua, sia perché crea un piano inclinato, più o meno accentuato, mettendo la nostra barca in leggera
discesa.
Per quanto riguarda l’opera viva, con l’aumento di velocità in planata si ha un relativo aumento dello scorrimento dell’acqua sulle
superfici dello scafo. Se quest’ultimo è perfettamente in piano,
per cui con le parti immerse simmetriche, tale aumento non pro-
Saper fruttare al meglio il moto ondoso di poppa, così come di
bolina, può fare la differenza tra una barca stabile, che guadagna
metri a ogni onda, e una sempre in ritardo sull’assetto, quindi instabile e lenta.
Il ritmo delle onde determina una frequenza di aumento e diminuzione della velocità della barca. Poco prima del cavo si
tocca la velocità più bassa, mentre quasi in cima alla cresta la
punta massima della planata. Inoltre, tra il punto più basso
(cavo) e il più alto (cresta) si ha anche una differenza d’intensità del vento reale, che influisce molto sulla variazione del
vento apparente. Questo, a differenza della bolina, è determinato dalla sottrazione del vento creato dall’avanzamento dell’imbarcazione, al vento reale e, considerando le velocità che si
possono raggiungere in planata, si può arrivare ad avere po-
Avanzato
A sinistra, il
momento in cui la
barca, appena
superata dall’onda,
inizia a rallentare.
A questo punto è
meglio orzare
leggermente
per non perdere
troppa velocità.
Nel disegno,
riportate in
modo
volutamente
eccessivo, le
variazioni di rotta
da tenere in caso di
mare formato: dal
cavo alla cresta,
considerando che è
l’onda a
raggiungerci, la
barca parte in
planata. Questo si
può sfruttare per
guadagnare
gradi
sottovento,
poggiando in
modo
progrssivo,
proporzionale
alla velocità
raggiunta dalla
barca
chissima pressione sulle vele. Ma, in effetti, questa diminuzione di vento non deve trarre in inganno, inducendo a cercare di
“crearsi” un apparente ad hoc dove non serve: in planata, è vero che si riduce molto l’intensità dell’apparente ma non quella
della barca, anzi. La tentazione sarebbe di andare all’orza,
quando, invece, quello è un momento in cui ricercare il massimo angolo possibile a poggia che fa guadagnare tanta acqua
sottovento. La variazione del vento apparente in planata si avverte anche nella direzione, che tende a girare verso prua, passando da una poppa a un lasco. Questo si può gestire guadagnando qualche grado a poggia e, contemporaneamente, cazzando progressivamente le vele con l’aumentare della velocità
della barca in planata.
Come di bolina, dove si cerca il migliore compromesso tra angolo
all’orza e velocità, così in poppa si deve avere come obbiettivo
quello di andare più a poggia possibile senza penalizzare la velo
cità della barca.
Giugno 2004
63
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