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AUTORI:
P. C. -
CLETTO ARRIGffi - CARLO BARAVALLE
POLICARPO CAMPAGNANI. -
PIER AMBROGIO CURTI -
AUGUSTO FERRAR!
AMERIGO GARZONI
TULLO MASSARANI -
GIUSEPPE SACCffi -
C. TURI.
AL LET'l1 0ltE.
egli tempo di finirla colla Jlilwu1 1'ecf'hia ·~
Xon o eremo ri. pondC'rC' affermati nl mente, se ron_ideriamo c·hC' clalln pa~ ata generazionC' abbiamo ancora ad apprendere ma . imamente a que. ti chiari cli luna in cui mal Rappiamo nascondere la poca impatia della politica che c1 lega ad
un'alleanza, con chi jamo stati tanto contenti cli mettere alla porta di casa nostra.
Però non volendo es. ere ta ati d1 e sere froppo
E
R.\
J lodotori del buon tempo nntico,
qncst' anno ahhiamo laRc iato dormire la T'errhi", per trattare della. Nuorn 1llilrmo, m quest' ultimi anni, che ebbe pure le uc
glorie, e i uoi meriti e, confe iamolo, anche quakhe torto, come a-vvcrrà al buon lettore di vedere, correndo le cape trcrie
critte in que to YOlumc te ~ o da un Originale, un po 1 per altro pessimi ta.
Si ·\Ole\a accennare a tutti i proo-re i a..,·ycnuti fra noi in questi anni, toccare di studi, di industrie e ...-ia via di tutta
la vita milanese nel suo poliedro; ma senza csc1udcme affatto il concetto, Ri aYrisò all1 indole di questo volume e si com·ennc
di non riu cire troppo . CYcri ed accig-1iat.i, hiseiando il compito j)l'imitivo a riviste e libri di pi1'1 concreta materia..
.Jl filano Nuova viene presentata adunque dall 1 Istituto de 1 Rachitici per I strenna dell'imminente anno 1890, che auguriamo
al no tro Pubblico lieto e fel ice, come confidiamo che ptu· adesso le vmT~t fatta onesta e generosa accoglienza, come onesta. e
genero a Yenne fatta negli anni addietro alla Jlfilano V ecchia.
Ai benemeriti collaboratori letterarii cd arti tici no tri manda i più vivi e sinceri ringraziamenti
IL C01IPILATORE.
MILANO NUOVA
STRENNA
DEL
PIO ISTITUTO DEI RACHITICI
DI
MILANO
.
ANNO X.
~ILLANO
TIPOGRAFI A BEHNAHDO.NJ JJ J C. REBESC ll INI & C.
1 90.
111Rl8 811N, CONTS ALH8ANDRO OA9A1!1
DONO LEOflOLD" INCIM D8LLA RDOCH&t'rA. llNIQ.
)
l~DJCE.
La Carità nella Nuova ~Wano, di Giuseppe Sacchi (con Hitrnlti inlcrcalati)
~ loria
f>rt!J.
1
Milano Nuova (dal taccuino d'un originale), di C. Turi (con
Incis ioni) . . .
La Fobellina, di Carlo Baravalle
7
.
A Jacopo Cabinnca, d i P. A. Curli
La. Panern di , . Giorgio, di P. A. Curli
Lo- feste di maggio.
J. li Corso dei Piori, di C. Turi (con Incisioni)
JT. Lo Corso a S. Siro, di C. Turi (con Incisioni)
JJJ. Un ritorno dalle Corse, di 'l' ullo Massarani.
lV. li 'foalro alla Scala, di C. T11ri (con Incisione)
~fenc>ghino
dcl Teatro Milanese (aulo-pscudo-apologia), di Clollo
Arrigl1i
L' inaugurazione della statua cli Gaolano Donizolli nclratrio dcl
'l'oalro alla Scala, la sera dcl 10 marzo L 74, dcl Com-
37
15
id.
pilatore (con Hitratto e Incisione)
Ode, di P. A. Cur!i
17
Extra muros, cli Amerigo Garzoni .
61
Paolo Ferrari, di P. A. C. (con Hi!rallo)
ù5
Dol mio volto, della mia fig urn, non sono padrone io ;:o\o ·!
(Dialogo sceneggialo), di Augusto l"crrari
G7
li giubil130 arlislico del maestro Giuseppe Ycrdi, dcl 16 novembre 1889, di A. C. .
7!)
23
27
31
35
d' altri tempi o ~Ieneghioo dell'oggi, di Policarpo
Campagnani (con Incisione intercalala)
Plf!J. 3!)
:37
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_.. ~·~"H•
A ~·~~ . ..>
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... ___- .. ,.,,
. .. - .- "' - --
:J!)
LA CARITA NELLA NUOVA ~IILANO.
N
EL cuore della triste inYernala del -!9, dopo che ~!ilano aveva
sofferto ogni sorta di oltra~ai, non risparmiando neppure il debole sesso, si vide ad un tratto alla pubblica udienza che lcno,·a il principe di Schwarzemberg, governatore militare, farvi allo di
presenza una gentil donna abbrunala che teneva fra mano un brove
foglio.
li principe pan•e sorpreso, si accostò alla signora o lornlosi il sigaro
di bocca lr disse, con piglio soldatesco, che cosa cercasse.
- Chiedo, ella risposo francamente, che non mi sia impedito di
far dcl bono.
- P or chi? riprese il principe.
- P er mille e mille poveri parvoli che muoiono alla ventura.
li principe prese il foglio, e letto, lo restituì, colla sua firma,
dicendolo:
- Faccia ptu-o.
Si lrallavn di far ritornare al seno materno migliaia di !igliuolelti,
che nol numero di seimila venirnno esposti ogni anno alla Ruota del
Drofolrofio.
S'islitu.irnno per la prima volta in Milano i -Ricoveri poi baml)ini
lallnnli.
Chi li fondam era quoll' egregia Laura olera Manlegnzza, cho a
buon dirillo fu chiamala la ,·era madre del popolo.
:\!creò questa pietosa istituzione si potè ridurre r esposiziono al brefotrofio ai soli figli di connubii illegittimi e dodicimila bambini trovarono invece l"nssislenza materna nei cinque ricoveri ora aperti.
A quc~ta istituzione si aggiunse l'altra dell'assistenza dcl baliatico,
e tulio lo madri del nostro popolo ora possono allattare esse o for allallaro <la nitro madri la loro prole.
}fa pur troppo da lungo tempo si era trapiantala in 11ilano quella
lrisliF<F<ima tabe dcl rachitismo.
Nello memorie lasciato da lllontaigne_. dal De-Brosse ed anche dallo
stesso Goldoni si proclamava Milano come la città clegli sciancati e
dei gohhi.
Un gioYane medico livornese passando da Torino aveva trovato
che ivi si era pensato a raccogliere e confortare i bambini rachitici.
Egli feco un pubblico appello alla cittadinanza milanese per incoraggiarla a rimediare a questo grave strazio delle nuove generazioni. Il suo
ferv ido appello fu accolto con entusiasmo, o da dieci anni si aperse per
cura del suo fondatore Gaetano Pini il nuovo Istituto dei Rachitici che
ora prese il suo nome. Esso può dirsi una vera policlinica ortopedica
con un' eleUa schiera di giovani medici ora esemplarmente direlli dall'egregio dottor Pietro Panzeri.
••
Allo st.razio della rachitide si associa put· troppo queU' altra grave
informità della scrofola, cho afiligge tanta i>arle della nostra popolazione.
Il dottor Barellai aveva pel primo pensato a curaro questa piaga nella
sua Toscana aprendovi i bagni marini. Giunto a Milano ne fece I' annunzio al ceto medico cd ai nostri più cospicui cittadini. Bastò l'anmrnzio per dar tosto opera a questa nuova islituzione, a cui presiede merilnmente il dottor Castoldi sino dalla s ua prima !Ondaziono.
Mancava a Milano uno speciale ospizio per la cura medica dei
poveri bambini, e l'Orclino Gerosolimitano lo faco,·a tosto aprire sollo
l'illuminala direzione ciel dottor Guaita, che può dirsi il medico nato per
curare l'infanzia. Intanto la cittadinanza milaneso conforta ogni anno
con gratissimi doni tutti gli altri bambini infermi nel grando Spedale e
netratliguo Brefotrofio.
Faceva duopo pensare ai mille e milio bambini sani che appartengono alle classi addette al laYoro, ondo formare nuova generazione forte,
intelligente, operosa e cordiale. Riguardo al magistero educati,·o l'isliluzionc milanese pure rispettando i metodi nllrovo inlrodolli, accolse nei
ventisette Asili· Infantili aperti nella cilli~ e nel Suburbio i metodi della
scuola sperimeutaJe che Giantlomonico Homagnosi nvevn saputo instaurare e che cosliluiscc una gloria lullu ilnliaua.
Con questo metodo si addo5trano i fnuciullotti nel csplornn.: colle
-2 loro forze esordienti iJ vero, il bello, eù il buono per accerf.arlo ed operarlo. Si educarono g ià con siffalti processi più cli ottantamila figlj del
noslro popolo.
Qtlesta lJenefica istituzione si volle in parte applicare anche alla
puerizia. Per questi adolescenti, agli ammaestramenti che sono propri
delle scuole primarie, si innestarono alcuni lavori
manuali, per iniziare i fanciulli del popolo all'operosità che deve essere la compagna indispensabile
della loro 'ita. Questa operosità faceva 11arle soltanto
di chi è educalo nei due orfanotrofi o nelle scuole
professiona]j cd iu quella degli artigianelli. Ora si
vuole estenderla anche alle nitre scuole popolari e se
ne leotù la prova nell'istituzione della Scuola e Famiglia, slata iniziata dalla egregia maestra Rosa Cava1li-Porro, oye si tengono occupali gli allievi delle
scuole elcmeulari aucbe durante l'autunnale soggiorno
campestre a cui attendono alla così detta cura climatica.
l'eloquio ai sordo-muti. EgU trovò che nelle omnigene movenze del viso
umano vi stavano già scrilte le evoluzioni della parola. Sollanlo bisognava leggerla imitand.ola o vi riusci. Aiutalo da prodi compagni si
ottenne dopo pazienti studi il nobile intento. Più tardi si fece aprire in
Milano un primo cong resso internazionale degli educatori clei sordomuti di tutte le più colte nazioni ùel mondo. V'intervenne a nome della Francia l'illustre filosofo Franck.
Egli assi lolle agli esercizii. strenuamente riuscili, e
non esitò a tlfohiarnre cbe clovova alJbandonarsi il
processo auto-mimico dell'abate De L'Eptie, e mandò
tosto quaranta docenti f"r:111ccsi acl apprendere il
nuovo metodo che lramuta gli istituti dei sordo-muti
in iscuole pei sordi parlanti . )filano cl)be così la
gloria cli Yecler ridonala la parola a clii ne mancava.
Questa gloria rifulso sulla mm.lesta esistenza dell'abate 'l'arra, ohe pur troppo. lo abbiamo fra il generale compianto pertlulo in giovane efa in questo
slesso anno.
:i'l lilauo cho ricorda con monumenti i suoi figli
più illustri, non vorrù dimenticare il redentore della
parola.
Il magistero eclucalivo non aveva potuto appliJ po\·cri cic·cbi erano nnch'l'ssi considerati come
carsi a due unmeroso classi di infeljcissimi. _\.cl una
il rifiuto della soc iet~t. Quelli eho erano in età aduHa
stavano limosinando alfa porla delle chioso cd i fo11 di queste era negato ogni conforto di voci umane,
ciulli venivano consegnali ai 1lepositi di menclicitù.
ccl ali" altra era staio spento por sempre ogni spiraglio alla luce del ili.
Ad uno <li questi Rico\·eri presicclcrn il benemerito
Un clislinto filantropo milanese, il conte Paolo
diretto1·c Barozzi . ~\fosso a compassione per quei poTaverna, aveva lrovnto vagare per le campagne come
veretti pensò 1li rial>ilitarli educandoli. Li conducern
D. GlU LTO 'l'AHHA
ogtti mattina nd un vicino asilo cl' infanzia, e faselYaggi più centirmia cli poveri sordo-muti. P erché
fossero accolti nel civile consorzio bisognava educarli. Si rivolse allora
ceva assislere i suoi piccoli prolclti ngli e.sercizii ili mcmorin nel campo
ad un g io\'<Ute prctu che stava per recarsi alle missioni d'Australia per
oggeUivo e morale, nei bre\'i cant i corali, e nei più facili lavori infandiffondervi la luce rlcl Vangelo e lo im ilò ~ voler piuttosto dar vita a
lili. Coli[). scoria di quel metodo sperimentale>. il Barozzi educò un
quell'altro presagio evangelico che i)romettcva avrebbero in un dato
po' alla volta i suoi iillicYÌ ull'arle della parola, del canto, dcl o:uol\O e
tempo parlalo i sortlo-muti. ll giovane mfasionario era l' alJate Giulio
(lei fa.voro tattile. Qne1 nnsccnte istituto crebbe tosto ncJJa pubblica simpatia o polli in breYo tempo, morcè l'esercizio clella lcltLLra a caratteri
Tana. Egl i visitò dapprima ciò che era stato tentalo per qucsl' opera
di redenzione in Italia ed altrove, e poi si accinse ali' opera di dar
in rilievo e tlella musica islrumcntalc o vocale, essere salutato iu Ital ia
..
como un istituto modello. Succeduto al Barozzi il Raineri ed ora l'abal.o
Yitoli, ,:eppo questi portare ad un grado perfettivo ogni parla dcl magistero educativo a lal che i suoi allieYi più pro,·etti vanno corno docenti
ad ammacslrnro i loro compagni cli s Yenturn in altri istituti e come musicanti lron1no nuoYi mezzi cli soslentamonto.
Un illustro filnnlropo ingleE'e foce andare a Londra gli allievi cli
Milano per proporli ad esempio. L"amrnaestramenlo lattilo -vcnno ora
condotto a lai pumo di perfezione, che si potè a canlo nll'islitulo, aggiungrn·i uno !:pecinle laboratorio in cui i ciechi, falli adulti, possono g uadn~nnr$i il Yilto con utili e geniali opero di mano.
A qursti nuoYi istituti ora s i associa !"opera bonofi ca di chi professa l'nrlc• medica.
• i npcr:;cro duo i:slituli per curare sino dall'infanzia la sordilf1, ondo
prevr niro ccl fl llcvinro la mutolezza.
Citiamo fra questi, 'lucllo generosamente fondato tlal dottor Olivieri,
a cui diedo il titolo di S pofocomio.
A1l un al!ro benefico inlenlo, il dottor Rosmini fondava 1' Is Wuto
Oftnlmioo, oYe !:'i curano lulte le inferroit<\ che affliggono l'organo della
vista.
P er chi pre nde a c uore l'Istituto di }faternilù, s i trova ora a canto
duo nuove islituzioni promosse esse pure dai medici. Una. di esso s i occupa di nsaislcro g ratuila mcnlc tutte le madri povere nello stato di grnvidnnza e durante il puerperio.
U n"allra attendo alla scelta illuminala delle nutrici snno por g iovare
all'islituziono dcl baliatico e prc,·eniro quegli sconci cho por clifello cli
medica son·eglianza fanno ritornare alle madri i bambi1ti resi rachitici
da inesperte nutrici campagnuole.
~fa vi ha clippiù.
P er una città grande e popolosa come è }filano, occorreva l' istituzione di una Guardia sanitaria che ad ogni ora del giorno e della nolle
potesse, a modo di s quadra volante, apprestare i s ussidi medici o chirurg ici per ogni is tantaneo infortunio. A ciò provvidero s pontaneamente
due comitati medici che apersero noi quartieri centrali della città due
,:tazioni sanitarie a cui si fa richiamo por qualunque urgente bisogno.
La loro opera pronridamente benefica fu vivamente accolta dalla nostra
cittadinanza, doYe in causa dci numerosi opifici sussidiali da macchine,
e della febbrile operosità edilizia accadono ari ogni ora gravi disgrazie.
P er alleviarne le conseguenze s i pensò dal filantropo Ponti, di porgere
un primo assegno cospicuo per fondare un'i tiluzione cbo ,;onc in soccorso agli infortuni dcl lavoro. A ques ta is tituzione s i as-ociarono i capi
fabbrica pei loro operai ed anche g li operai s lossi.
Xò ciò bastava.
li popolo ohe lavora ò pur troppo esposto a mille s trazi o malanni.
Nella s ua inscienza, o si trascura o si c ura con pratiche s uperstiziose o
ciarlatanesche. Bisognava trovar modo di fargli apprezzare i benefici
della scienza, e vi riusoL
Un'eletta schiera di g iova ni medici, apriva in un quarliore centrale
tma PoLiambula nza OYO ad ogni ora dol gio.1·no s'irn parlisoono consulti
gratuiti in ogni Jarno speciale dcll'at'lo medica o chirurg ica. Questa islituzione lrovò tal fa-voro c he inoornggic'l altri medici ad aprire u11<1 s imile
ambulanz.."\ in allro quarliero della città.
Queste folici disposizioni valsero a dar vila alla fonclaziono della
Socictit Italiana d'Igiene, che vcr inizialiva dci dottori Corrncli e Pini
poso in :àlila no la sua ce ntrale dimora. Con puhhliche conferenze,
colla s tampa e con speciali is tituzioni <•s.sa riusci a render popolare
l'igiene.
D'accordo col )Iunicipio studiò i mezzi di migliorare I' ambiente
della vita ciltadjna, che ha urgente bisogno di miglior aria ed acqua.
P er quest"ultima s i fecero studi per introdurre nuova acqua potabile, e
da che fu negala dagli ahitanli dei monti cho vogliono essi soli usufruirla,
si pensò ad attingerla, con mezzi artificiali, dal sottosuolo.
P er l'ambiente respirabile si applaudi al rinnovamento edilizio della
città, ohe allarga le s ue ' 'ie. Si fecero restaurnro g li abituri più immondi,
e si resero più igienici i locali addotti alla pubblica assistenza ed
all'istruzione. S'introdusse una maggior pulizia nei loc.lli ove si noleggia
un notturno giaciglio e si aperse per i girovaghi un ampio asilo notturno. S'incoraggiò l'isliluzione della Società di Cremazione la quale
aperse in Milano il suo primo tempio crematorio, a dispetto dei retrivi
ohe tuttora rimpiangono i tempi in cui, per opora della Santa Inquisi-
r
-4ziono, si ardeva nuche io )Iilano la gente vivo. CoU' incenerimento dei
cadaveri s i purifica l'aura peslilifera dei cimiteri.
Si volle provvedere al miglioramento del villo coll'islil.uzione delle
cucino economiche, ove il popolo operaio lroYa un sano nutrimento ad un
minimo prezzo e si offro l'alimento gratuito ai più poveri, pci quale dà
pel primo l'esempio il duca Visconti di Modrone che no elargisce nell'inverno più migliaia di razioni gratuite. Dall'opera del soccorso fraterno
si distribuisce ai più po,·cri brodo, carne, vino e pano ai vecchi iof'ormi
cd ai conrnlcsceoli. Cogli avanzi della cucina dci privali e clcgli alberghi
s i offro dalle piccole suore, il vitto a centinaia di disgraziati. Persino
dalla vendita della carta straccia si trovò il modo di fornire libri adalli
n chi ò in carcere, ed a chi frequenta le scuole. La Sociolil cosiclctta
elci Piccoli contributi offre s ussidi d'ogni genere a obi non può essere
soccorso dalle altro opere pie istituite in :Milano.
Ma ciò ohe più premeva alla Società Igienica ora il miglioramento
nella parto più us uale dell'alimentazione elci popolo, che ò quella dcl
pano o del latte. Riguardo a quest'ultimo promosso nn' associazione di
propriélarii di cascine che possiedono ottime mandrio por somminislraro
duo volte al giorno alla cittadinanza latte snno. Quosla isliluziono, vigilata dalla sfossa società igienica, })iacque tanlo che un solerte campag nolo introdusse testò nella secle de' pubblici giardini una piccola mandria, cbo fornisco più ''olle al giorno otlùno latte allo persone gracili
ed ni piccoli fanciulli .
Riguardo al pano la società igienica concorso a promuovere due
anni or sono una prima esposizione nazionale di luflo quanto si riferì ·ce
all'arte cleJ panificio. In quelle stupende gallerie si ammiravano lo splendido applicazioni delle arti meccaniche, le quali agevolano la prima
riduzione elci grani in farine. Accanto ai pr0<lolti più squisili dell'opera
dcl panaltiero e del cfambellaio scorgevasi la mesla raccolta dci poveri
pnni, che nolle varie regioni d'Italia servono alla pessima alimenlazione
dcl popolo. In quella collezione trionfava almeno la migliorala fnbbricnziono del pane operala dalle nuove socielì\ dei forni cooporalivi, slali
istituiti noi contado dal benemerito Anelli. La Sociolù igionica poso h-i
in moslm la serie dolorosa degli slrazii che pel misero nlimonlo producono i fenomeni micidiali (lolla pellagra. P er aUe,1are lo slragi di quosla
immonda lebbra, ohe infesta le popolazioni campagnole, il prefetto Basile
fece dar opera a nuove ed accural.o esplorazioni e promosse uDa pulJblica solloscriziono che valso a raccogliere foncli abbastanza cospicui
per aprire uno speciale ospizio per gli infelici colli da siffatta infermità.
L'ospizio ora sorge ad Inzago e gli fu dalo il titolo di Pelagrosario,
nome poco simpatico e noi facciamo voli porchè nclln cillà in cui vive
il principe dei gloltologi, Oraziadio Ascoli, si trovi una parola che meglio risponda alla scienza ed ai moli più cari del cuore.
Le islituzioni sin qui descritte sorsero in }lilano nell'ultimo trentennio
o si aggiunsero alle tanto altre che csislovano ed esistono rinnovale e che
fecero dire all'illustre Lambruschini
c he Milnno era la madre provvida
dcl bono.
Qucslo opere pie servono di prefcn•nza ad allevinre lo miserie della
vita materiale. Restava a proYvedere
alle miserie morali. Su questo cam1>0
ò bene dichiarnrlo, la carili\ attuale
ò lullorn impotente n rispondere nll'urduo suo compilo.
La caritù deve ormai procedere
per vie dcl lutto nuoYt> e ciù in seguilo a falli ùC'l pari nuovi.
.A ppenn I' Jtnlin si trovò libera
rd una scnli,si cla milioni di uomini
ripetere <1uel grido giil audace di
Laurn ~fonlf•,.nzui quando in tempi
LAURA )!Ai'\TEGAZZA.
durissimi ebbe a dire. in faccina chi
imperava, che nessuno do,·ova impedirlo di far ùcl bene.
Quand'ecco che in mezzo a questo santo fremilo cli fratellanza, si
videro ad un trailo sbucare qua o h\ por lo varie rogioni italiche orde
forsennate di selvaggi che alle primo aure di libcrllì mandarono ben
altre grida. Noi vogliamo, ossi dissero, dar libero sfogo ai noslri malvagi
islinli, che la sola forza brutale aveva attutito. E quel g rido seppero
- 6tmdurlo In opere insano a tull' oltranza. Kon ha mancato nè manca
chi veglia alle pubblica sicurezza e chi amministra la giustizia di dar
opera all' ufficio ili reprimere gli alti di quei brutali, o si volle che lo
stesso popolo raccollo nllc àssisi ne conoscesse tutta la pravità.
Questa gravissima anomnlia sociale fermò I' attenzione del clislinlo
antropologo Lombroso, cho volle sludiare siffatta piaga sino nelle sue
più intime ,·iscere. Egli trovò, dopo ripeluti sperimonli, che fra le fasi
che in vari tempi ebbe a subire levoluzione biologica della schiatta
umana ne rimase una parte primitiva che, come ne dànno ad esempio
le Pelli Rosse d'America, è perpeluamenlA restia ad ogni invito di ci,;Jtà.
Per porre un radicale rimedio a questa piaga occorrono istituzioni affatto
speciali che escono dal campo della caritù. Si vaglinrono questi rimedi
nelr ultimo Congresso internazionale di antropologia, cho testò si tenne
a Parigi e noi facciamo voti cito venga presto clivulgnto il frutto degli
sludi stati ali' uopo infrnpresi.
Intanto si potrà in parlo provvedervi coll'applioaziono del nuovo Codice penale if.aliaDo, cbo in quest'anno comincia appu nto ad aver vita. È
questo il miglior portato della sapienza giuriclica degli Hnliani, cbe è sla!o
riconosciuto dagli stessi stranieri. Di fianco ad una scala razionale di
pene sorgeranno lo istituzioni rcpressi,·e. le quali sarnnno informale ai
metodi all'alto propri del sistema penitenziario che ill\·eco di corrompere.
come accade,·a collo vecchie carceri, mira a correggere. Presso le
carceri penitenziario sorgcrnnno anche i manicomi criminali, che dovono
portare nel campo inUittivo i benefici della scienza o dell'arto psichiatrica.
La carità deve lìmitnrsi per ora a trovar modo di rNlimcre se può
col magistero cduoat ivo la gioventù prematuramente scorreUa. Per le
giovani tTaviate o nel pericolo di traviare soccorrono speciali ospizii affidali alla pict.'.t dello suore. Con miglior frutto della vita ritirata negli
ospizi ha l'egregia Felicita Morandi pensato di sostituirvi la fondazione
di una pensiono benefica. hi lo giovani onesto possono attendere liberamente a giornaliero lavoro e col frutto di questo provvedere ai propri
bisogni ed avere una pronida assistenza che ad esso guarentisca la
santità del costume.
Per i giovanetti già iniziati al mal fare vennero ampliati e migliorali nelle discipline i lrr Reformatori, d.i cui due sono n .Milano ed uno
è posto nel contado por addc•slrare gli allievi ai lavori agricoli.
A questi istituti ora si aggiunse una casa pei figli derelitti raccolti
dalla Società di protezione pei fanciulli ed un altro ospizio, fondalo per
lo stesso scopo, che ò intitolalo ni Figli della Provvidenza.
Ma più che ogni altro isliluto d' imlole correttiva andrà a recare
un' aziono ben più efficace In scuola officina stata testè fondata dal Gara,•cnl.fl a Genova e che accoglie anche i nostri giovineLLi più pregiudicati di Milano. Il loro ospizio ò in una nave ancorala in Porto e con
opportune istruzioni si allevano i giovani alla vita del marinaio nella
quaJo riescono esemplarmente, come ne fanno già la prova gli inglesi i
quali vengono ogni anno a prendero dall'isola della ~faddalena i nostri
monelli più scapigliat~ e li tramutano in ottimi mozzi di vascello che
onorano fa stessa britlanica marineria.
La carità meramente soccorritrice deYe ora cedere il campo agli
i;;tituti cli previdenza che sono il più nobile portato della nuova civiltà.
~olto il fascino del libero regimo il popolo che lavora sento più ohe mai
nltamente il proprio valor sociale. Ricorrendo all'antico proverbio, che
dico: " Chi s'aiuta Jddio 1' aiuta ,, il popolo intende di potoro colla
propria previdenza bastare possibilmente a sè stesso. Attivò su grande
.:caln lo associazioni di ~Iutuo Soccorso pei casi di malattia, di inforluni
e di vecchiaia. Fondò sodalizii di protezione mutua per il lavoro ed
aperso a sue spese speciali istituti d'istruzione. Depose i frutti del proprio
lavoro allo Casse di Risparmio, alle Banche popolari e da questo ottenne
anche prestiti a titolo d' onore. Ora sta attivando dappertutto Società
cooperativo di lavoro, di produzione e di consumo.
Noi lasciamo ad allri il compilo cl' illustrare queste nuovo istitu;doni che rendono al popolo tutta la sua dignità. Ci basta soltanto cli
Psprimere la nostra ferma fede cho è quella di prevedere un avvorùro
più consolato e più prospero. Noi siamo lieti di poter ripetere il voto
i.;ii1 espresso da quel grande pensalore che fu Gian Domenico Romngnosi,
il quale desiderava si raggiungesse l'apice della civiltà mediante il mas~i mo pareggiamento dei valori sociali combinati coli' inviolato esercizio
1lclla comune libertà.
A questa specie di nforismo dcl maestro aderisce pienam!\nle il supcrslile suo allieYo.
'
GIUSEPPE
SAccnr.
Mollrnsio, 23 agosto 1889 nel di genetliaco dei miei 85 anni.
..
...
:UO::\ U.\IE:\TO .\ LEO~A I WO J),\ \"l~CI.
J\1:ILAN O NU OV A
Dnl taccuino d' un originale.
Suuf bona. sunt nm/a, su11t modi ocrio pfora
Del buono, de l gromo, del rncd iocrc as.soi.
città, 1 qui a contenerli noi limiti legali bastano la presenza dell'Autorità
o pochi agenti della pubblica forza, là vi vogliono battaglioni. Lo sanno
i poveri sokh1li coslrelti a mal dormire o in umide chiese o su pe' solai,
mal coperti e su paglia non sempre rinnovata.
.
••
N
ELLO sf.rappare dal mio taccuino queste J)aginelle di impressioni
e pensieri an1t.i rive<lendo la mia antica citfi~ natale, per affidarle all'amicizia dcl Compilalore della Strenna dci Hachilici, è
hcne si sappia come io medesimo gli dicessi, di non volerne assumere
Ycruna responsabilità, perchè altro ò sentire una cosa, alt.ro è strombazzarla ai quatt ro venti: mollo più quando scriYcndoli, i11lima idea era
stata quella che tlo,·esscro andar sollo gli occhi cli altri.
La magg ioranza non sarà certo, negli apprezzamenti, con mc; nrn
nella mia vita mi sono a j) Ìù cl'un caso a\'visto che il più spesso ha
ragione la minoranza.
Anche q uesto ò forse un paradosso supcrbioso ; ma andate a convincere del contrario un Yecchio che da lauti ::rnni è diventalo proYinciale, malgrado che sia nato all'ombra della guglia del Duomo.
Ho soppresso le dale giornaliere dallo mie impressioni; ma l' anno
ò quello cli g razia - stilo del mio piovano - 1889.
. . . Voglio proprio anelarmene alla mi,1 cara Milano, al me car
Jliltwin. Parole tcsluali o stereotipe con cu i anche i miei nonni solcnmo appellare la loro cillù. A dir il Ycro, da che gli operai degli stabilimcnli cotonieri e serici di questo villaggio han comincialo a mangiare il pane bianco e a sosliiuiro noi giorni di festa il panno al
fruslagno, dicono di slar peggio e già pa1fan di scioperi, come so lo cluo
lire ilaliano che riccYouo pE>r la loro g iornata, valesser meno dogli ottanta centesimi di lira mifaneso di anni fa . - Questione di prog resso !
Io dogli scioperi di villaggio ho più paura cho degli scioperi cli
Eccomi a M.iJauo.
Che bazza con ciuesli carrozzoni dci lrams ! Il primo piacere che 1ni
sono procurato fu quello di correre con essi in S tl e in giù per la cillà.
Dieci centesim i la corsa ! :Ma che generosità <1uesta della Società degli
Omnibus ! A miei tempi ci volevano due svanziche per distaccare un
Jìacro alto come un primo piano, cui stavano attaccate duo slombale
rozze; adesso, per giunlri, si è tirali da belli e poderosi cavalli.
Che progresso !
P erò ad essere giusli, il più spesso c'è da accomodarsi come sardine nel bari le, o rimanere magari in piedi, come m'è accaduto il g iorno
d'Ognissanti, in cui ho contali i miei compagni di viaggio : eravamo in
30 ! ma non importa, è ancora inverno e stare uu po' pigiati, po' po'
non guasta.
Più comodo è poi borsir cu, che han lutto l'agio di alleggorin·i del
portafoglio o do! porlamoneto, come mi accadde di sentire una povera
~ignora lamentarsene proprio nel carrozzone in .cui stavo, piangendo
a 1~che il suo bcll'abito tagliato presso fa. tasca, dove avern poslo il suo
gruzzoletto.
~
Sono andato poscia nel pomeriggio al Corso, mi son fermato parcccltio ad aspoltaro gli equipaggi delle ricche famiglie antiche, ma fu
opera sprecala. I lhrougs ha n roso inutili gli et1uipaggi.
B tutlo risparmio ! Che importa se Milano porclcrit del suo lustro,
) Iilano cammina col secolo, e questo è il secolo del tornaconto.
' A\'cvn ragione il nos!ro nmico, e ragione da vendere ! Jnrorm ino gli scioperi avvenut i in questo 1S'ì!.l nel Comasco e nel Milanese.
Il Compilatore.
-- 8 -
..
M' banno detlo che i C-Orpi Santi non esislono più, eh' essi ormni
sono tulli riuniti alla città e che a questa si gira tull' ali' inlorno in
tram.
Facciamo questo giro.
Ilo pagalo GO centesimi e bo compiuto anche queslo giro.
Fu una vera meraviglia la mia. L'antica circonvallazione non ò più
riconoscibile. Ai lunghi o monotoni filari di decrepiti pioppi sono succedute case, case e poi case.
P orla Genova non esisteva; porta Volt.a, idem; porla Ticinese,
porla Vcrcollina, cioè porla Magenta, e porta Tenaglia sono divonlato altrettante nuovo città.
Ma le caso nuove o in costruzione in ciltà e noi sobborghi sono
lanlo o lanto che convien dire che Milano da 150,000 abilnnti, come
sognnvano lo statistiche officiali de' miei tempi, siasi aumentata cosi cla
rasonlnro i quattrocentomila.'
.
••
?Ifa forso convien dire si aspetti ancho il milione, pcrchò in ogui
via sorgono coslruziooi giganti, l'area della vecchia Piaz1.a Castello si
va coprendo di caseggiati a quattro e cinque piani, intanto cho nel
centro stesso della citlit su di una buona metà dello case ho letto l'appigionasi.
Ilo chiesto nel fare il famoso giro intorno alJa città, a chi aspettasso un grandioso fabbricato e mi fu dello : ad un talo che ò fallito ;
o quest'altro? Ad uno che è fuggito in America.
Allro che mal della p ietra !
..
nante, che è come i Xapolelani cbo esclamano: w•<li Napoli o poi mori;
uoi lfiJanesi diciamo a un dipresso lo stesso : Milan o peu pu!
Alla ricerca adunque !
••
}; una settimana che giro. Sia che alla campagna sono uso a camere grandi, sia che i miei concilladini si sono ridotti mingherlini. ho
veduto nei nuovi fabbricali camere cosi piccino da non polcn -i collocare
la quarta parte del mio mobilio, e camere da lello, che per posarvi il
letto si dovrebbe metterlo a traverso cl' un uscio, senza contare le camere oscure affatto.
- E per questo, come si fa"?
- c· è il condotto dcl gaz.
- E il prezzo?
- Onestissimo: duecento liro por v ano.
Si ò inventato anche quosla parola, perché si ba vergogna a chiamarle slanze o camere.
Ilo finito a rinunziare allo case nuove; ho appig ionato un apparlamonlo in una casa vecchia o in una via verg ine ancora degli amori
dei nostri odierni archilelli.
..
Ah! il mio Duomo ! esclamai ponendo piede nella piazza di esso e
s prigionando dnl pollo un sospirone.
Un cicerone vedendomi innanzi alla g ra nde cattedrale in eslasi e
udendo la mia esclamazione, accostatomi, mi informò che tra bre,·e sarebbeFi rinno,·ala la facciata.
Ilo proYalo una slrclla al cuore .. .
Nondimeno mi si ò 1no~trato il disegno del progetto premialo dell'architcllo Brentano ... ~fon o male !
Cercherò atl ogni modo trn appartamento per mo. Quella f)rnetletll\
guglia dcl Duomo per chi vi è nato all'ombra è cosi seducente, a fl'nsci' Al 31 ùiccmbro l S&l erano 385,000 g li nbilanti.
11 Compi fotor o.
Sono stanco. .Andiamo alla
cnla . Un po' ùi musica m1 ricreerà.
-
!l -
.1.zrat'l ! opera dcl m." l"ranchelli. È un italiano. dissi fra me, ed udirò della musica del mio
paese. Xon sarà nò Hossini. nò 13f.'1Jini, nò Donizetti, ma non sari1 nommcno quel \Vag uer, 11è
allro tedesco della scuola, come si dico dcll'iwvcnirl'. Lo hanno questo li'ra11chl'lti proclamato i
giornali ricco a milioni; ma <)Ul'Sto non g uasfa :
ancbe )fe~·e rbeer lo l'ra e lasciù delle magnificlw
opere. Dun<1ue andiamo.
Entro pettoruto e cerco la faccia del Gallarali,
il bollPllinnro amico cli Rovani o dcl buon vino.
1~ corto morto, mormorai non vedendolo, e gli
pregai pacu ncll' intimo dcl mio pensiero, ricordando
i suoi impro\•visi:
Si .sento
Per ogni boschetto
Un frecc mnlarbetto
Che C.... lo sa.
..
Stùla piazza dl'l teatro vidi il monumento a
Leonardo, co' suoi qunlfro discepoli ali' ingiro.
Mi venne sulle labbra un ;:orriso.
Ricordavo la descrizione del mio vecchio :unico.
J'aulore dei r1•nlo . Inni e della G'io1·iiwzrn <li
Passo l'atrio Timodernato, vcggo lo s laluo dci
i;ommi maestri ifnliaui ch e ho pori;onalmcnlc conosciuti: Hossioi, Bellini, DonizeUi, Verdi; ma )Iercadantc perchò non ha la sua sfal11a '? Jn passato
lo s i nominava coi tre primi, come allo scuoio s i
nominavano insieme Dante, Pcfr:ircn, .Ariosto e
'fas;::o.
Anchc a Donizetli sarehbesi usata r eguale
ingiustizia senza quel cuore d'artista di Frnncesco
Lucca, editore musicale, che s i cavò di lasca i
.tonari per pagare la statua a quel g rnnùe, le cui
partizioni dureranno assai pili cli <1ucl )fac!"lro,
cui il :Municipio decretò vivente•, quclln s traordinaria fcRfimon ianza d'onore.
Giulio C.'sa re.
Cn litro in qunll ro !
)fanco male che ora si pensa a dare una
facciata a palazzo \farina : vi banno pensalo 1111
po' lardi, ma ml'glio lardi che mai.
)li prl'Sl'nlo <1110 s portello dcl bolletlinnro,
mollo lit un biglietto da L. 5 e mi s i rilascia quello
d'ingresso.
do aspeUando mi s i dia il rcslo. pcrchò l\ùlima \'Olla ch'ero slalo a )lilano, a,·ern pagato L. 3;
ma. ci doveva e>s<>ero un progresso anche in questo; un'altro spellalorc che acquisl;wa nll11 s ua
volta w1 bigliclto mi fece accorto che io non ::n-evo
allro da aspeUare.
..
••
r.. A XUO\".\ FACCfA'P.\ DEL
DUO~ro.
Progello dt:ll' ing. /Jrf'nlono.
Andiamoci a sedere. Pagando cinquP lire il
biglietto. mi atl!endevo ll'avcr clirilto a1l una polf roncina cla::tica: Ja sospiravo !
Ma che? Enl ro nella gran platea, ma mi
vPggo prcclu><o l'andar innanzi. 'l'uttn era occupata
11 da pollrono e sedie, ma tulle chiuse. E le vecchie panche"? • 'comparse.
:'\on c'l'.l che un piccoli~"imo spazio per gli munlori dello star in piedi.
Cerco a un portiere se si poteva passare alle poltrone e mi rispondP
di si. pagando altro lire quaranta. Preferii rimanl.'rc amalorc dl.'llo star
in piedi.
..
Comincia lopera.
li primo allo ò piu ballo che opera : vcggo diiwoli e nngoli, poi la
prima donna bianco-vestila con le ali lunghis:>imc o mi fa ridere: poi
una musicn india,·olala cho mi fa piangere.
E::;co a rcspirme e scnlo un inglese che se la piglia coli" Jmprcsn,
pcrchò dico esser vcnulo in teatro per senliro a cantaro, nella capitalo
dcli' nrlo lirica, o non per vedere a ballare e pretende Jr~ rcslituziono
dcl suo danaro.
Forse l' isolano non twcva tnlli i torli.
..
Rianùando le improssioni avuto alla . cala, poco favorovoli ali' arte,
mi piacque in ricambio la sostituziono della luco 1.'lctlrica al gaz; mn
trovai cbo no sofl'rirn il palco scenico, che appare alquanto oc;curo o no
::offrono gli spettatori, porchò la sala non ò piu tanto riscaldilta da permctlcro lammirazione delle olimpiche spalle dello abitatrici dcl primo e
del secondo girone dcl paradiso milanese.
••
(Qui ,.i sono dherse pagine strane di confronti sul caro dc' prezzi,
su confronti col passato; rimpianti e censuro che qualificano I' aulorc
per un pessimista e un inconlenlabile. Le sallo a piò pari, perchè non
mi si accusi di invadere il campo di un sensale di borsa.)
..
Oggi vi sarà il corso delle maschero; Giovedì grasso!
Infalli mi dirigo alla piazza del Duomo e mi mollo in cocltl ad una
folla <li genle che muove verso Porla Renza, riballezwla Porla Venezia,
pcrchè oggi s i tlà cli frego ai nomi antichi e si ribaltczza lul!o, come un
cerio compare veneto che bazzicam in pa!;satc al caffè dcff Euxopa di
burma memoria, che per buscarsi i regali dclr anime pie, ebbe lo stomaco di farsi baUczz:irc quallorclici volle. ..:peculazionc non cattiva per
chi ha dimeslicbezza col celltùarc.
A veder tutta questa ressa di popolo, si direbbe che si avessero a
,·edere carri storici od umori-;tici, cavalcale, getto cli coriandoli c di
dolciumi da carrozze e balconi, maschere a piedi, ::allegria dapperlullo.
Suonano le due pomericli;1ne, vengono le lro; ma carri, carrozze,
bando musicali, maschere, coriandoli, dolciumi, brillano l'er la loro
a-:;enza.
E la medesima cosa fu noi sabato grasso.
All'allegria ò successa la musoneria.
O carnevalone ambrosiano dovo sci andato '?
Eppure il Carnernlone, mi ricordo avor letto no' giornali, come i
miei cari concillaclini I'nbbianc persino reso if>t rnlti,·o per il popolo che
non ba mezzi da vi<1ggiarc. A Porla Gonovn, rammento che ·fu dello
e --ors i rappresentalo la ciWt di Gc>nova o panornmi (fallre cillù, e sulr esempio di essa, anche fuori di Porla Oricnlnlo si fece altrelfanlo
iwendo raffiguralo perfino il Campidoglio. EcC'o cho dunque il carne\'alone ha raggiunto il massimo do' vantaggi che ollcncr si possano in
una qualunque impresa, di mescere cioè nl di,·crlimcnto l'utilità, giusta
il concetto del poeta venosino, e-ho non ho mai dimenticato cla che alla
scuola lho clo,·ulo scrivere per p cnsum una trentina di volle
Omnc tu/il punctum qui miscuil utile dulci.
..
Domenica di quaresima!
Spera,·o rivedere il famoso e proverbiale corso cl' una volta di
quanclo si vedevano tiri a quattro, equipaggi alln. Dumo11t, carrozze
nuove fiammanti uscilo appena dallo s labilimcnto dol Stùa, livree sontuose cli Prandoni, pariglie di cavalli fringanls o ili puro sangue, toalellc, ecc. ccc.
Se non '· cnrn più nò il marchese Soncino, nò il Rf' do' hnsloni,
nò :tllrl' notabilifù. ,·i ;:aranno, pensa\'o. successori non meno ricchi o
appru:sionnti cli cavalli.
Ohimò ! J successori crnno la Società J.nonima degli Omnibus, i
brougbams più o meno decenti, /e demi- forlunes.
12 -
Sono salilo in lrnm e ho fallo il giro di circonvallazione.
È un· altra cillà che è venula sorgendo lutl' ali' inlorno della Yecchia. Case grandiose, stabilimenti industriali, villini, archilelturo lodevoli, mediocri mollissime, altre di guslo discutibile o cli comodità all'interno più discutibili ancora.
(Allro lncuno cli impressioni poco interessanti e spicchiamo al taccuino pagine esliYe.)
.•.
) signori che non vollero p1u il caruoYalone, a tli:>pello di S. Ambrogio, che lo ha rcgal:llo ai )[ilanesi, riùucondo di qimllro g iorni la
squallida quaresima, hanno fatto una magnifica frovatu.
Lo foslo Ji maggio.
Cor<'lr di carnlli a an Siro; corso cli fiori: spellaceli <illa Rea hl.
Fui allo prime. :-;nnr Ambrogio ci ha giuocalo. Pioggia a catinella
la prima Q la terza giornata. Molti ci han pigliato egualmente gusto:
io poco. assai poco davvero.
Coro di fiori.
Fiori im balenali ne vidi, ma gello :' nicnlo getto. Cioè spicgamoci:
ci fu geHo di denari per le migliaia cli lire mandale a Genon1, in 'l'oscana a racimolar rose; ma per un corso?... Ricordai il virg iliano: mri
nunf Ps in gu rg ilc n1sfo.
\"cglionr con mru:ehere alla Scala.
A un 'ora dopo la mezzanolle erano chiusi i batlcnli: i fratelli Corti
impresari, bolleUinari, macchinisf~ avevano ceduto il posto ai pi1>islrclli
che ho Yeduli al lume della luce elettrica appicciccati al velario della
platea. Tuili erano andati a dormire, compreso l'unico mascherotfo cho
era comparso o che c•n1 poi fuggilo per la vergogna del trovarsi solo
e fuggilo cosi fu riof:amonle, che l' indomani corse voce che s· era s uicidalo. l Tn buon ambrosiano sorridendo raccoglieva in questa f<inlesi il
giudizio di questo foste di maggio : Zucch e iiwlon aliti s uu slngion.
Ho !allo una sosta in via Giusep1>0 Giusti ...
i:; stato un egregio poeta toscano,
cho ha dalo a graltlll'si la vera a quo! buon g randuca cho asciugava
tasche o ma r1>mme, è vero, verissimo : ma porchò allorn non s'è dnlo
il nomo di Da oLe, cli P cl rnrca, d' Ariosto o cli Tasso a qualche .via?
Qucsr ultimo poi era anche lombanlo, di Bergamo.
:;\fa perchò ;ia Giuseppa Giusti ?
ITo assistilo i11 qu esta via al liro a segno.
Erano monelli che armali cli fionda scagliavano sassi contro i vetri
cl ' una casa nuova. E ra una gioia il vederli felici quo' poverini, quando
avevano miralo giusto e sentin1no cadero lo larghe lastre in frantumi.
..
Ci pigliai anch' io tanto guslo a quelle esercitazioni del tiro a segno
che prolungai la fermata.
Scena più consolante mi si offerse, che gli onore,·oli Crispi e Berlolè-Viale ne avrebbero tratto i più lieti augurii.
ln terreno da vendere, con un mirabilo accordo, vidi una mano di
garzoni muratori armarsi cli sassi da una parte, o dall' altra vidi, oste
schierala in campo, una schiera di garzoni fabbri ferrai e allri giovinotti operai e scambiarsi sassale fra i duo campi ohe era un portento.
I sassi ent.ravano anche nelle caso, ma si sa le son conseguenze della
guerra.
Chi ha dirillo allora di lagnarsi?
Chiesi cosa volovan dire queste fazioni, o mi fu risposto cho l'uno.
parte rappresentava i nostri bersaglieri a Dogali o l' altra i soldati di
Ras Alula.
O che brava gioventù! Cosi si fa, cosi si de,·e fare, cosi si incarna
il concetto della nazione armatn.
Non meravigliai })ÌÙ l' <Wor letto sui g iornali cho ora stato rollo il
gran termometro ai giardini pubblici, rovesciate le banchine, involale
ocho ed anitrini negli stagni. Si sa è il dirillo di conquista.
Seppi poi che quesle leggiadre avvisaglie si facevano anche sul
corso Sempione colle nuovo case che vi sorgono.
Questa si chiama la vera libertà. So poi qualche mal capilat.o tocca
alcuna sassata nel capo o nel pollo, non si sgomenti; non per nulla vi
sono gli ospedali.
TI grandioso palazzo dei Fratelli Bocconi nella località elio una
volta si soleva designare agli scalini del Duomo o cho ora sarebbe il
principio del Corso Villorio Emanuele s' ò inaugLtralo il 21 dello scorso
olt.obre .. . Io non fui tra i duemila fortunali invitali alla grande solenniu\; ma i giornalisti che ricordavano lo dolcezze fruilo in quella sera,
ne scrissero meraviglie; e io le credo, perchè i fratelli I3occoni lo snono
13
faro. 11 marlodi mattina fui ammesso ad ammirare l'intera coslruziono
e le macchine intorno o i molori o l'ascensore e gli addobbi, lo s farzo
di ll1lto.
'l'ulli vollero dire la loro.
~ra I' arclilezza del concetto, lo sludio difficilissimo dci particolari.
la polonza doli' esC'cuzione e la bellezza del porticato fanno del Palazzo
Bocconi un fabbri oato, uno stnbilimenlo che onora Milano e il nome
dell'architetto Giachi.
Elezioni amminislrative.
So per le elcziooi commerciali hanno tappezzalo i muri di mezza
cillì~ o si è fallo uno scalporo no' giornali, ne' circoli, no' caffò; per
quello amministrali ve, per la nuova legge, s' ò già incominciata l'agitazione.
Amante del quieto vivere, lorno al mio paese, dove forse 1' arruffo
non sarù si grande.
Por copia conforme
C.
'f URJ.
-
LA FOBELLINA. I
15 -
A JACOPO CABIANCA.'
Che gli accompagnava i Sonolti por lo Nozze Rossi-Bozzolti con
mestissima lettera in cui lamentava la s ua quasi cecilà, consolata però
dallo curo amorose della moglie o dello s uo figlie.
uA::\DO parl'l per S uez mi disse il bel garzone
Q
Co~ sgt~nrdo o con parola d'intensa pass'ionc
~ );on ti scorar. So,·cnto da quel remoto lido
Ti scriYerò. 'fra un anno forse faremo il nido. .,
E son tre anni ormai che indarno un rigo aspetto !
Forse ferito, forse morenlo il mio dilello !
Laggiù la lcrra o il ciclo son lullo uno spaYen!o,
PioYe la morto il sole, soflìa la morle il vento.
Quando arriva la posla la sera e la matlina.
Mi pianto in sulla via cho fa la procaccina,
E la guardo negli occhi : Ei mi rispondon " Nulla ,,
" Forse, chi sa, domani ! coraggio o mia fanciulla ,,
Mi guarda il buon piovano, mi guarda il sagrestano
E mi dicon " Coraggio, mar Ro;;so è si lontano ! .,
E quando in sul lrnmonto dalle natie montagne
Tornan guidando il gregge le mie buone compagne
Con mesla cantilena cantando a,·emaria,
Vedendomi piangcnlo sul canto della via,
Cessan la pia canzone. Par che mi Yoglian dire
Con quel silenzio oncslo .. Laggiù, si va a morire .,.
è notte ! Un ponsier di me donno
Te quasi cieco a.vanti a me figura
E tal mi punge un' amorosa cura,
Che lonlan fugge da mie luci il sonno.
J
A COPO,
E l'ombra del britanno o pio }[iJtonno
Brancicar di mia s lanza entro lo mura
Scorgo e mi dico: eguale è mia sventura,
Anche c1uest' occhi miei veder non ponno
Ma penso allora cho al Britanno cieco
li Paradiso Perduto lo amanli
Muse ispirar, e mi rallegro meco
P erchè lu inYece di lua donna i sanli
Conforti e delle figlie ognora hai teco
E il paradiso conquislalo canti.
P. A. CURTI.
c.
BARA.VALLE.
' Di Fob.illo, amenissimo villaggio di Yal :\Ia,tellone, in Prov. di Novara.
1
Fu egregio autore d' un palriolfico romanzo Gio,.l!nni Dotlcsio, o valoroso
poeta dello Ore tristi o Ore liete, d'un poema T(Jrqullto T;1sso e d'un dramma
in Ycrsi Gl1Sp81'll Sll!mpll. )fori in questi ultimi anni in Yicenzn sua ciltù natale.
LA P ANERA DI S. GIORGIO .
. . . e chi Redcn
A libar latte.
FOSCOLO,
E
I Sepolc1·i.
J.
lL
giorno 2' op,ilo swo a San Gio,gfo,
""'° g""'''"
oho i
pittori rappresentano u cavallo o tutto catafratto.
Dite a un vero milanese (poicbò de' quattrocento mila abitanti
della citlù, poco più d"un lcrto appena è veramente milanese) che non
esc11 in tal giorno dalla città in cerca di qualche caRcinale dove siav.i
manclra a domandarvi la pùncra, com' egli chiama la crema o fior cli
lalt.e, o che non potendo procacciarsi quosto divertinwnlo fra i campi,
. non vada a riempir In s ua ciotola di latte al vendilorio, e voi gli imporrete cosa impos~ibile. come sarebbe vietargli al Natale il suo panettone e al capo d"anno la sua focaccia. Egli ama cosi In sua pànora, che
Foscolo non esitò a chiamare MiJano la Pnncropoli, la città cioò della
pànera; lo che non tolse per altro che lo sdegnoso poeta l'amasse alla
sua volta assai, come a un dipresso la ricercano e gustano quasi lutti i
vinggiatori forestieri che visitano la metropoli lombarda.
E il 24 di aprile, il giorno sacro a S. Giorgio, ò la solennità. dedicala alla pànera, la glorificazione di questa fresca, dolce, gustosa e impareggiabile bevanda, che si ottiene migliore principalmente alla bassa
del Milanese, nel Lodigiano o nel Pavese. 'tulli i lattivendoli della città,
corno giorno devoto al loro patrono, inghirlandano l'esterno dolio loro
botte~hc di frondi di pioppo o di platano, peroccbè questo non sia soltanto il loro santo patrono, ma in questo giorno ezia.ndio essi stipulano i
contratti cogli affillaiuoli per la fornitura annuale dcl latte. TI minuto
popolo si sparpaglia per le campagne suburbane a mangiar la sua
crema con pane giallo, seduto beatamente sui rivellini d' un ruscello,
sull'erba nascente d' una marcita, o s u d' un trespolo intorno al desco
zoppicante dei contadini, usando dei tersi cucchiai d'ottone o di stagno,
perché a questa resta campestre del !atto :,i tengono estranee lo classi
agiate. Ai facoltosi tuttavia I' affittaiuolo reca alla città i secchielli o le
damigiane colme del candido-rosato liquorP, che quasi burro già ratto, a
stento e a groppi viene versato e cli cui essi guastano il naturale e
squisito sapore mescolandovi zucchero e droghe.
E come poi bono spesso il piovoso aprilo viene a turbare il vagheggialo divertimento campestre, il popolino, pur di non mancare all'antica
tradizione, si accontenta anche dt•I latte troppo cristiano dcl fattivendolo
e allora la bazza di questo ò divisa dni fornai , cho preparano pan i di
tutte lo dimensioni di farina g ialla, leggiormente zuccherali.
Quanto allo scrittore di queste pagino, ognuno il riconoscerebbe milanese puro sangue alla divozione con cui oontellina e gusta la panera,
questa ambrosia do! terrestre paradiso - unica gbiollornia della sua
vita: - abbenchè un cotale ohe volle parodiando, profanare la Divina
Commedia 1 e che mai non lo conobbe per davvero, volendo caritatevolmente, purches ia, assegnare ai cultori delle nostre lettere una bolgia,
lo abbia proprio ascritto a quella dei divoratori, coi quali proprio non
fu mai a mazzo.
Vedi il giudizio umno come spesso crrn 1
Dell'origine di questa festa della pànera, forse più cl"uno aHà vaghezza di oU.c ner notizia. E d'nppagarlo mi sono appunto proposto cli
fare adesso, sulla fede d'una narrazione fnUamane non so da chi, nei
miei giorni giovanelli e che più tardi posi a ratrronto cogli avvenimenti
della storia scritta.
n.
Durando fino a tutt'oggi 111 graziosa consuetudine di Ji..·;;feggiarsi dal
popolo nostro nel modo summcntovato il giorno di S. Giorgio, la narrazione ohe imprendo a fare, o piuttosto a ripetere, non può dirsi estranea alla JJ.fiiano nuo,·a; e sarà dunque ancora cli tutta att ualitit.
1
Il nome di questo poet.a rima con citrullo.
Era Ol 1ll'1111110 di nostra salute, come sorivernno gli antichi nostri
cronisti. mille trecento quarantadue e )Iilano si regge\'a :::olio il dominio
di Gio\'anni e Luchino Yi~couti, elelti a succedere ad Azzone pur della
loro famiglia. GioYanni per altro avovn lascialo subito al fratello Luchino tutln lu curn del temporale governo, il quale, come s'es prima il
Corio. lìn ch~ visse lo ammini:;trò con grandissima umanità. e prudemA\.'
L'Italia era tutta c1uanta fune-tata da fozioni e guerre fra i suoi principi. e come disse efficacemente J'Allighicri;
Di que' cito un muro e
mt:1. ro~sa
~Iilnnn .
Storia di Milono. I.ili. ur, Co p. TU.
La era insomma una vera desolazione intorno a Milano, e Luchino
Visconti, cui wnivnno portale lo notizie di quello nefande gesta, pensò
di porvi una buonn volta riparo; a ciò tanto più pressato eia che nel
mese di maggio di quell'anno 134-2, a poclù giorni cioè di dis tanza, si
altondosse nella noslra città l'arrivo di papa Benedetto da Avignonn e
si facessero inoltre diggiit grandi prrparativi per lo imminenti nozze della
figliuola s ua Caterina con Francesco figlio <li Bertoldo d'Es te, che teneva
il reggimento di Ferrnrn.
se rra.
.-o ,-cnÌ\'a cercata di allennzo e i suoi principi erano in ri\'erenza ed eslimnziont'; ncll' interno, quantunque giit prosciolta dall' intenletto pronunzialo dal pontefice Gion1nni contro i \'isconli nei tempi
addietro; non era tutt.a\'ia :lnùata immune da pericoli nella propria sicurezza o tranquillità. UDi1 congittra era stata contro Luchino orclita da
Francesco Pus terla, il 'lunle in :Milano abbondava piu d' ogn' altro citlaùi no in ricchezw, ripulazio110 e nome, di consentimento con altri non
meno possenti :>ignori : ma, sfatata ogni nrto di costoro, Luchino no
a\'e,·a presa la più allegra \'endella. Ricomposte così le cose, nuo"e turbazioni an ·cnnero se non proprio dentro la cillà, ce>rlo però ne' s uoi
pressi, per opera d'una mas nacla di malviventi e ladroni, che s'era denominala Compag nia di S. Giorg io, la qunle de' suoi mnlcfici iul'eslarn
le >icinnnzc di :\filano; lnl cbe non fosso più lecito a ciltudino d'uscir
dallo muro. senza che venisse assalito e derubalo, cli molti omicidi allrcsi
sapenclo"i da 'luo· tristi perpetrati.
Cnpitam\\'ali un Vione Squilletti, pcs imo e crudele uomo e in pari
tempo d' un cslremo arclimenlo e coraggio o del quale si nn rravaoo rnpine e sevizie, onde talli fossero compresi di sgomento, o i contadini
stessi cbc do,·ernno recare ciYaio o proy,·j ioni alla citliì, ' 'i veni,·ano a
frotte, soli non mai, per non essere taglieggiati e uccisi, abbenché più
\'Olle fossero s ta ti Yisitali nello loro caso eia quo' briganti o avessero veduto ben anco lah-olta incendiali i loro tugttri ne' campi, e pos te a soq<1uadro le loro abitazioni, massimamente se avessero voluto oppor loro
resistenza o contro essi e· ercilare spionaggio.
I
lS -
rn.
Era appunto il mattino del 2-! aprilo 134-2, f(Uando Luchino Yisconti
in pcr.sona si recam nel suo castello di Porla Giovfo, allora forte arnese
di guerra, cli oui quello elio esis to adesso in :,\[i)ano non è che un
povero nvanzo, una squallida immagino. Fallo a Stlon di tromba oonvo~ar tutti i soldati ch'eranvi a presidio, tenno loro una hreve concione
dcl tenore approssimativamente che segue :
" Solrlati. Tutti i buoni cittadini della nostra )lilano hanno ogni di
a levar alti lamenti per le ribalderie cli quegli nssnssini e ladroni onde
si compone la Compag nia di S. Giorgio. Il s uo capitnno Vione Squillelti
ha colmo il calice doli' ira divina. lo principe non posso e non debbo
lollorare ciò ed ho risolulo di muovere oggi stosso alla distruzione di
questa infame masnada e giuro a Dio che coll'niulo suo e \'ostro non
voglio che il solo d'oggi tramonti sonza che lalo clislrnzione sia internmenlc compiuta. Do" o in ciò riusciamo, vi promolto sulla fede di Luchino, la doppia pnga. ,,
Questa perorazione più che il resto fu cli mirabile effetto, i)erchè fu
un grido genernle:
- \'irn Luchino! ~forte alla Compagnia di S. Giorgio!
E una buona mnno di cavalieri bardavano i loro corsieri in un
al!imo o in un attimo furono in sella, e parecchio centinaia di barbule
impugnarono a un lampo medesimo l'armi.
I~uohino ordinò che i primi per vie obliquo si portassero sopra Vigovano, e formassero come una calena per impedire che la banda di
S. Giorgio si sperdesse ; poi i fanti con alla tesla Luchino medesimo,
tmYorsat.n In cilli\, uscirono dn Porla Ticinese e si diressero verso Vigentino stesso, dovo sapevano trovarsi il nucleo di quei masnadieri.
·o in codesti accorgimenti andò erralo il Visconti ch'era buon condottiero, come no aveva dato prove luminose in dh·ersi scontri, e principalmente nella famosa giornata di Parabiago. La Compagnia di S. Giorgio
cho stava accampata sollo tuguri di paglia dentro una selva conlorniala
all' ingiro dn fossatelli che irrigavano le circostanti campagne, allorchò
fu accorta, a mezzo dello sue scolte, che schiere di militi numeroso avanzavano o svolgendosi al cenno de' loro capi si distendevano lungo tutta
la parie della selva ohe riguarda la cillà, si raccolse in un punlo e dietro
!"ordino di Vione Squillelti, che aveva alla sua volta i suoi guerreschi
artifici, vennero incendiali conternporanemnente i luglll·i dis ominat i por
la selva confidando cho il fuoco di quei pagliai, umidi come dissi per le
pioggic clcll'nprilc, producendo grosse colonne di fumo, egli avrebbe potuto aUrnvorsaro l'avanzamento clella milizia cittadina e dar agio alla
sua bandn di uscire inosservata per l'opposta parte clolla selva.
Ma la sorto aveva finalmente abbandonalo l'audace capo e la s na
masnada, perocchò il vento spingeva avanti il fumo ed avvolgeva invece
i fuggiaschi, i quali per lai modo venivano Yeduti dai militi cittadini,
che piit animosi allom si cacciarono dentro la soh·a insegueotloli alle
spalle. E lo Squillotli n incalzare i suoi, ad afl'rellaro i pas i ; ma qualo
non fu 1n sun sorpresa o l'ira, quando all'uscire dal bosco, presso allo
case di Vigentino si vide sbucare furiosa ad investirlo la ca,·alloria.
'accorso allora che la era finita per lui, che l'attacco doveva essere
decisivo o YOlendo nlmeno far pag<lr cara agli avversarii la sua vita, comandò prontamente di volgere la !ronle e non accettare limpari zuffa
coi cavalieri; meglio c-sendo comballero corpo a corpo colle barbuW.
pedestri del Visconti.
Conobbe in quel punto quanto impro,.,.·ido fosse slalo l'ordine da
l ui dato dcli' incenclio dei tugurii per il fumo che veniva loro incontro,
e dava negli occhi; pur nondimeno avanzò contro i militi, che alla loro
,·olta in numero d'assai maggiore erano entrati nel bosco o allora incominciò una lotta, accanita, disperata, feroce. Durò forse un'ora il combattimento, nò ci volle di meno, percbè gli alberi favorivano spesso
ed erano schermo ngli assaliti; ma fu imposto fine allo stesso, quando
il capo della banda, Yionn SquiUetti, cadd.c mortalmente ferito dallo
19 stesso Luchino. Egli era stato incalzalo e spinto fuor della selva dove
avendo trovato che parte dei cavalieri, posto piede a terra erano giunti
loro alle spalle, vedendosi irreparabilmente perduto, lasciando cnder le
braccia, nè più usando della s pada, lasciò che il suo nemico il lralìggesse.
L'urlo della villoria. sor-e allora da mille bocche e ne rimasero cosi
sgominali que' masnadieri, che ancor pugnnvano, che imitando il loro
capo, più non opposero resistenza; onde o vennero massaernti e furono
la più parte, o fatti i vochi superstiti prigioni, la fazione lC'rminò prima
di quanto s'era speralo, e la formidabile Compagnia di S. Giorgio che
aveva sparso il terrore Lull' ali' intorno di Milano rimn nova cosi interamente clislrulta nel giorno stesso <lei santo eho lo aveva dato il nome.
IV.
Quegli che usceaclo dall<l Porla 'l'icincso corre il sobborgo di S. Gottardo, sul fitrir dello stesso a manca trova una vin ciao pare metta ai
campi e il guida al luogo dello il Gentilino, nel quale 1101 1524 venne
eretlo un cimitero, quello stesso che tuttavia esisto, sebbene chiuso ora
alle inumazioni. Vi ebbero allora la loro fossa. bon tremila persone del
solo quartiere di Porla Ticinese, morte di pc·te. Lascinndo addietro il
funereo recinto e tirando dirilli per la stessa s trada che si Yien restringendo, Jliegando a deslra, eccoci apparire campagne ubertosissimc., frastagliale da ogni parte da acquo derivale dalla Vellabbia o da parecchie
roggie alimentate da fontanili e di tanta larghezza e profoncljli1 da prestarsi ai molti gionni, che nel pomeriggio e Li,·o traggono dalln città per
cercare nel nuoto refrigerio e passatempo. E convien diro che anche il
pericolo abbia le sue altrattive, se precisamente nl luogo detto i gorghi,
dovo il fossato è vorticoso, convengono i maggiori nuotatori, dei quali
taluno meno esperto vaga spesso affognndo il suo tributo.
Quivi sono anche viottoli alberali che dàuno ombra o frescura e
sono passeggiali lal fiata da amoroso coppie, o da qualche studioso che,
fuggendo dal cilladino rumore, vieno a cercare la solitudine e il luogo
più adatto alle s ue lellure. Più in lii è il paesello di Vigentino.
20<Juantc 'olll', fanciullo, vi verrnr ro puro insieme alla camt•ri1t11 del
colll'gio Calchi Tneggi. do,·e appresi i primi rudimenti dello lcttcro Oli io
o i miei com1>ngni onwnmo lasciali dal prcfollo correre dietro gli alali
scarafa:igi. Il' libellule e I<' farfalle rnriopinte, finchò ansanti e lrasudali
YC'nivamo ri1·hiamati per ritornare al collegio!
E in fllH'•to luogo appunto veniva morente portalo a braccia dai
milili dcl \'i:;conti il terribile \ 'ione Squillelli e qui appena giunto ;:;pira,·a l'.1nima rea.
uonala allora la tromba a raccolla, mentre le :-:chicre si venivano
riordinando. per rieondursi a i c illadini alloggiamenti, il capo lrombclln,
oltcnuln licerna da Luchino, cacciò gli sproni nei fianchi del suo cavallo
e vin tnwer:mti i Cl'l mpi come una freccia per alla volta di PorU\ Vigcntina ont rnva por ossa in ciU.à, correndo lo conlra<i•', annunziava a
tul!i il folicc esito della s pedizione, la morte del fomiizoralo handilo, la
distruzione dl• lla Compag nia di S. Giorgio.
l<'u tanta a tal nuova la letizia di lulli eh•' per incn nlo balconi o
finestre s i orna rono d i lappeli e arazzi, lo campane dello chiese i;uonnrono a lla distesa, i c·illad ini si ve rsarono nelle vie narrandosi I' 11 n l'allro
il lietissimo e,·ento che ridonava la sicurezza alla c illà e dettosi cln taluno ohe si dovesse uscire incontro a' YiUoriosi militi , pan·o ottimo
partilo a lutti, o colonne infalli di borghesi a ;:filare ,·crso Yigc ntino,
dove lo milizil' Prano ancora accampate.
I contadini. più contcmti di lulli, correvano tra lo lite d(; solth1ti o
dei cittadini ollèrondo latte e crema ai capi o accolta da eosloro l"ollcrta
sedevnnsi a g ruppi sui prati a gustarli, finchè le ombre ddla sera cadendo, o milizie e contadini. adoroandosi di ramo:<celli ,·erdt.>ggianli, cantando patrie o giuJi,·o canzoni. fecero ritorno alla cithi, che lii accolse
restanti' tra i ,·h·n o i battimani.
V.
~è quella giornata ·oltanto celebrò il fausto O.\'\'enimcnto.
Pur negli anni s usseguenti, nel di stesso U a1>rile, il popolo usci di
citu\ a commemorarlo, e si diffuso per le cascine prossime alla città a
chiedere la crema agli affiltaiuoli, ed enlrò tnlrnenlo In fcsla dcl •. Giorgio e della pànera nelle consueluclini s ue, ohe essa dura, come ho detto,
tuttavia, sebbene, più alcuno non sia. che si domandi il porchè di essa,
o si ripeta il fatto drl 24 aprile 1342.
• è fra. lanli che Yanno pel nuol11 nei dintorni o a giuocar alle palle
e mang iare i gamberi ali' o::loria di ~Corivio n e, non discost.a appunto da
Vigentino, v'è forse mai clii chieda perchò al casato siasi imposto il
nome di Morivione e altribuisce per uvve nlura nlla facezia clell'oste l' iscrizione che si legge ancora sull'osteria:
Qui 111orì I .il}1110,
V' han di coloro che npproffitt.ando, doli' ig noranza dell\•poca, in cui
venne fondaU\ la c hiesa, che ora si va nm1>iamenlo ristaurando, dall'arcivescovo nostro Analalone. Yissuto nei primi secoli dell'era volgare,
lungo l'attuai corso di Porta Tit·inC'se, nl luogo dello in Palazzo, vorrebbero che il nome del sunto cui prima era intitolata, fosse in quest'anno sostituito da quello di 8. Giorgio; ma se prestar s i deve fede
al Laltuada, che aHebbe nella lettura d'un istromonto dcl secolo XHI
trovala già !.aie chiesa designata come di S. Giorgio, ò dalo di poler
negare ohe la sostituzione suddetta pote:-:se essero slnla falla a commemorazione dcl glorioso fallo che ancor ricorda la PùnPrn di S. Giorgio.
P . .\. CURTT.
DEL COmTATO.
LE
~FESTE
J.
IL Oori:;o dei Fiori.
P
OICRÈ, si clisse, lo storico carnon1looe ò sepollo, do"c::i pur pcn-
siwe a sostituirlo in stagiono }liù cOn\'eniente e in più dice\'olo
modo.
Si facciano feste a maggio, nel bel mc~ della prim:wcra. ilei dolci
zaffiri, dei leggiadri fiori, dei teneri amori, e ... diciamo noi. dello importune pioggie.
La pensala fu de' commercianti.
Ebbero essi ragione'?
I buoni ambrosiani crolla\'ano la tesla e rimpiongcvaoo l'ubhnnclooato carnevalone e se non augurn,•ano ohe mal capitassero lo n110,·o immaginate baldorie, certo non le presagivano troppo allegre.
Che si farà per que lo feste'?
11 programma fu presto escogitalo.
Corso di fiori.
Corse di cavalli a S. iro.
'realro alla Scala.
E fu un agitarsi del Comilalo all'uopo costituito un affannnr._;i per
la sottoscrizione de' neccssarii fondi o so ne parlò dai giornnli, so no
chiacchierò ne' clubs, ue' caffè, nelle conversazioni e la stampa pur delle
altre cill.à si fece eco delle mnraviglie che si sarebbero Yeùuto.
E venne il maggio.
Gli antichi celel>ravano solonncmonle il maggio: a Firenze !'i solennizzava la festa di calendimaggio; altrove si facevano lo maggiolalo; i
poeti le cantavano su lulli i toni; era proprio il rinnovamento dclh1
natura, come fin dai tempi di Roma repubblicaua venirn quei-lo inneggialo dal Per,rigilium 1 ·encris, che ci è rimasto nel suo latino o che
un noslro amico ha pubblicnt'> tradotto nell' iruoma nostro.
Ma Yi furono, come alcuni buoni ambrosiani a disapprovnro c1ueslo
fcsle, nnche i !risti che le disapprovavano per insensati progetti ù'nnar-
DI l\1:AGGIO.
chia o corsero \'OC:i di minaccio per gum;tarc codc,;le feste e prima di
lutlo a mandar a male il Corso do' Fiori.
Questo voci ohe pretendevano Rat'obhu;;i allentato agli equipaggi
de' signori, lrallonncro molti dal moslrnrsi o fu però causa che il getto
de' fiori dai cocchi riuscisse scarso o il corso propriamente detto, diciamolo frnncamcnl<', risultò moschino e, por dirlo nel linguaggio dei salon!',
fu uno spcllacolo manqué.
È però giustizia ricordare le duo elcganli"Simo cavalcate, l'una cloltn
della Rosa, l'nllra tlei Dragoni azzurri, rimarchevole questa per l'esattezza
del costume storico, per l'effetto, pur veduta da lungi e pel manialc
contegno de' cavalieri, tutti ufficiali di oa,·nllorin.
Ma in compenso della povcrli1 dci cocchi o dei l)Ochi fiori gettali tln
es:>i, molli i balconi addobbati nelle più pittoresche foggie, inghirlandali
ili fiori, in guiRa tla ,.;ombrare allrellanli g iardini pensili, o bizzarre sc<•nP
tla teatro.
Senza prolcndero di toner conto tLi tutti, mi piace cli non lasciai···
senza pnrticolaro menzione il balcone di ca n Rossi-Bozzolti sul corso
\ 'enezia. che raffiguraYa un ampio ombrello rosso, da cui uscirnno vaghi
aggruppamenli di fiori e uno s\·olazzo di farfalle, che accomandato a
quasi invisibili fili folleggia\•ano, dibattendo lo loro alette inlorno 11
<Jttéi fiori.
1l (·lassico colonnato dcl palazzo dcl )larchcse Hocca-Saporili, rivestito di edera e di ghirlande di fiori prcscnlan-i uu semplice cd cloganlo aspollo.
Cosi il balcone del palazzo Boccon i, quello del Giuri e cleila Compagnia Equilubla, qui di retta dal signor Della Refl'a che l'arricol1ì tli
fiori, ma anche di eleganti signore; quello dello signora Riccardi adornalo riccamente da enormi Yiole, da cesti di fiori e da trofei.
Di quesli porgiamo i disegni; ma con c;;si non inlencliamo dimenticare, sul Corso Vittorio Emanuele, i ricchi addobbi degli alberghi lii
Francia, ù' .Europa, cli Roma, le cui facciate ornno ricoperte di fiori o ili
Yerde con vaghissimo efl'ello.
Nè dimenticar si vogliono gli addobbi di casa Tarsis sull'angolo di
- 24 -
'm :::.. Paolo. il !errazzi110 di casa l'aµrauica, il balc·on!.' dcl Gilnrùini all'angolo di 'ia Paunri, l'ornamentazione del palazzo Hai Pozzo, il baJo:one ùd Rituali. <1m•lln dc!la cmm Hoi'"'il sul cor;:u \ 't•n<'zia. qu<'llo dellu
CASA BOCCONJ.
•'a:-u )!urzio. dn,·P ui liori veri si aggrupparnno gli 11rlilici11li. e <1ur lli
lllri di ,·iu )Canzoni e di anta )fargberi!a. ccc. cc<-. a dcsoriver11~.i
•1unli lulli do\'J'emmo spendere più pagine t• i nostri lollori non CCI 11e
-;._m:hlwro cerlamonle ~rali.
~lu dopo tutto, orediumo noi q ueslo gonerr <I i fr:::le essere più proprio •'" arln!t" lit do,•e i fiori abbo ndano, eomo potrPbbe c:::scre n Go-
noni. a Firenze, a ~apoli o insomma dovo la J.'lorn non ha troppo bisogno cli serre per la mil<'zza del clima. Va noi, nel ma~gio, si può dire
d'essere appena uscili dal vrrno e per dnr:;i il piacere di corsi di fiori,
CASi\ S.\PORl1'1.
e cruopo spogliare i non molfi no:;lri giardini o quelli dello ville, o in
difello ricorrere a quelli Ili ' l'osca11n o d ella Hi,•iera ligure e spendere
di mollo denaro, come I) avvonulo questa ,·olla, souza oht' p oi siasi potuto di re che il corso dei fiori s ia spll'ndidamente riuscilo.
E corno allora maravigliarsi so ad c::iso si cerchi di galvanizzare auoora il vecchio carneva lono '?
-
.\I _ge110 dl•i liori succe<lcri1 lii nuovo qtll'llo ile' l'Orian1lnli e dci
dolciumi " il popolo nostro vi froveri1, n<' siamo sicuri , map:~ior gu,.:(n
(' J' in!l'rt'SS\! CÌftfld inO \'Ì gund11:znrri1. perr h1\ h1 YOJOnf:'i ((i ill Yèldl'I'< ' Ull
2:) -
Allo costumanze •' consuoludini antic-he mul !ii rinunzia, coloro che
,.;pacoiernnno f' gli oprrai larnromnno o quarnlo corro il dena ro, la mu::onerin, l\ huncl ila.
BALCO:-IF. BOZZOTTl.
po' la lunga e alJampanata quaresima aU ircril a :\lilaoo tanti e tanti i-i!.,rnori t]aJla pro\·iocio. oltre che 1'11nn fc;:(a chiama l'altra e i Mmmerd nn(Ì
vorrebbero imporsi 1· costituirsi m l<'gislatori di novità,
ilisguslose delusioni.
r11rco'~on11
'.
TURI.
poi
-
n.
TJe Oorse di S. Siro.
ma nia ùelle corse dei cavalli ha passalo le Alpi cd ha invaso
Ancho gli animi degli Italiani. Corse si fann o a Torino, a F irenze, n P arma, a Brescia, a Homa, a Napoli a in altre minori
citli1 ecl è una gara a chi lo prepara più int.ercssanli. Perfino <li campi
militari, gli unìciali di cavalleria fanno alla loro volta le corse ippiche
non privo di inte resse.
Perché non clo,·eva accontlersi lale m<\nia anche in ~lì la n o, che a
dir vero precede ogni allra città d' Ilalfa in tulle le innovnziooi del progresso e della mode?
E anche nello port (ò ùi l)rammalica consen ·arc i nomi delle coso
che ci giungo uo clall'eslero e la man ia s uddetta è partilo. dall'Ingbillerra
dove essa ba più ragione che al!rove d'averla s uscitala, per le s ue s uperbe razze eavaJlioe), anche nello Sport, ~iJan o ha preceduto ogni
allra oiU.à d' Italia.
Sono molt'anni ohe corse di cavalli si fecero dai noslri sig nori a
Senago, a Varese e nella noslra piazza rl'armi, finchò coslituilasi unu.
imperlante o facoltosa società, acquistò 1rn lerreno proprio fuori la Porla
Magenta, nella località delta di S . Siro, o vi costruì un clicevole ippodromo, ùove d' ora innanzi, senza cercare altre parli, eseguirà le s ue
annuali corse.
Che più?
~o n una sola socieW. si è ve1n1la i;;til ucnùo, ma altri signori, a
rallegrare i loro oziì autunnali, ne fondarono un'n1Lr11, della dell' E up j li,
perchè il suo tu rf stabill nella ridente Yallnta ùul Piano cl' E rba, nel
luogo detto la ~fal peusa ta.
}.fa non è di questo ohe vogliamo ora intn1tleneroi, ma sì delle
corse di cavalli che ebbero per tre g iorni a farsi nello scorso mese cli
maggio e che cosliluirono la migliore attrattiva delle strombazzate fcsle
di quel mese, e la parte ùPI programma ohe chiamò d'ogni i1a1te i forestieri neUa nostra ciltù .
TI gran premio cJj lire cinquantamila, dello il premio del Commercio
L
A
27 pel concorso a formarlo ùei nos tri commercianti, era tale ghiotlornia da
stimolare l'appetilo degli amatori dolio Sp ort.
Tre furono le g iornale delle Corse di S. Siro; ma il tempo non
volle sorridere agli sport man; la prima g iornata fu pfovosa, la seconda
fu nuvolosa, ma passò senza incom·enienti ; la terza, che e::ra quella della
g reat altraotion, la giornata cioè del gran premio del Commercio, la
pioggia, incominciata la malti~na, si rovesciò torrenziale al momento della
corsa più inleressanle.
Era in tutto o tre le giornate uno spetlacolo divertente ed imponente il vedere la folla che pigliava d'assallo trams, omnibus, e broiig hams, per recarsi fuori Porta 1fogonta a S. Siro; era pittoresco e teatrale il passaggio clei landò, dei bi·cochs, degli equipaggi che portavano
leggiadre ed eleganti s ignore e cavalieri che traevano là ; piu belli gli
equipaggi ohe recavano aggruppali uffìziali di cavalleria nello loro
splendide assise e che tulli si precipitavano a quell'unica localih\ .
Nè la pioggia doll'LLltinrn g iornata ra tlenne le ddicate signore dal
presenziare le corse. Difese da manlelli di caoutohou, prolelte lla ombrdli, sfidarono il cattivo lempo e l' ippodromo gremito di spellatori, apparve sempre infioralo delle belle ed eleganti sig nore dell'arislocrnzia
del sang ue e del denaro. 1
Dovremo noi dcscri ''ere l'as petto delle tribune, le pratiohe del p osage
e dcl totalizzntore, r a.fl'acendarsi dci boalunaohors, i costumi dei fantini,
l'osilo delle varie corso, le scommesse, i plausi, le emozioni degli spellatori, le delusioni dei scommettenti, le oonlenlezze dei vincitori?
No. La Strenna, siam cedi, correrà fra le roani di IJ.Uel mondo ohe
se sa divertirsi, sa anche a s uo tempo concorrere a scopi di beneficenza ;
epperò la più parte cle' lollori e delle g raziose nosf.re lettrici troverebbe
le descrizioni nostre sbiadite e inferiori alle impressioni ricevu te allorn :
d'allroncle noi tenendo conto delle corse di S . Sil'O, ~libiamo soltanlo
inleso di far menztone delle nuove abitudini inrnlse nella nos tra i\filnno
in quest'ultimo trentennio, come è J' inlendimenlo di questa strenua.
E ppr:rò, a somplice ricordo, s uppliscano a noi le illustrazioni che qui
intercaliamo.
' Nò meglio forlunate furono le corse a S. Siro dell'ottobre scorso: tulle J,,
ùue g iornat e piovose e per g iunta fredde o neppur co nsolale dalla presenza di
molte s ig nore.
II Compilatore.
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)ion va per altro taciuto, come la vittoria riel gran premio toccasse
al cavallo A.mulio del piemontese signor Barione.
J:' orse pochi avrebbero scommesso per esso, perché al paragone
degli altri cavalli rivali non porgeva quelle garanzie che si deducono
dalla sveltezzi\ cli eleganza dello forme, dalla fin ezza della razza e rla
lutti quelli altri pregi che vengono rilevati dagli intelligenti e dai frequentatori dei lu rfs: solo avrebbe ispirato fiducia a chi più addentro
avesse considerata la natura della pista, o stadio, ed alla struttura. al
rilievo de" muscoli e de' garretti di A.mulio.
La pioggia aveva resa cattiva la pista, lo znmpe dei corridori sprofondavano: do,·eva vincere per conseguenza l' animale che presentava
vigoria maggiore nei garelli e nei muscoli e allora Amulio aveva il
,·nntaggio su tutti.
29 E a lui, si può dire per la differenza di qualche palmo appena, fu
decretata la palma.
Al suo fortunato possessore toccarono le lire cinquantamila.
Chi può dire l battimani, le grida entusiastiche plaudenti ad Amulio,
le strette di mano al suo proprietario, le g ratulazioni all'accorto fantino '?
Rinunciamo a narrare tutto questo trionfo.
Se si fosse stati ancora ai tempi di Claudio imperatore, ad Amulio
sarebbe stata somministrata l'a,·ena dorai.a e fors'anco, come il cavallo
di quol pazzo imperal orl', !;arebbe stato Amulio crealo i::enatore.
C. Tunr.
HJ.
U n ritorno d a lle O orse.
E
bo! giorno di moggio..t "bim, o formo
opima per le vie isi wrsa:
Ride fiorita delle più festi,·e
Giocondezze di foggie e di colori
La femminea progenie; il bruno :>!nolo
Yiril, tutl' occhi à a proseguirla: intreccio
·olito e grato al birichino Amore,
Di speranze, di vezzi e di promesse.
Come da. ceulo parli il formicajo
Bnùica, bolle, s' afl'olta, s' addensa
T utto a una roèla, o tal da cento parli
Anche il popolo fa. Nel dar di volt.a,
Secondo cenna il Fante urban, d' alcuna
marrita carrozzella, che le Yie
Fallò concesse ali' importuna rota,
Nel vario susurrar, nel curioso
Balenar di leggiadre testoline
f'u per loggie e fenestre, assai paleso
B d'ambito spettacolo giocondo
li prossimo apparir.
Lo spiano è questo
Che dcl Castello ornai fin su' Yivagoi
La febbre acuta del murar contende:
)fa più il contende oggi la folla; e in doppio
Ordino fitto, qual di mille e mille
'reste viventi gigantesca biscia,
. 'i dilunga per l'alto, insin che ali' ultimo
Orizzonte dispaja. In mezzo, un fiume
~lo rmeggianle di cocchi e di cavalli,
t na ressa discende, un barbaglio,
Qual d'olimpica polvere tra il nembo
(: recia non vide. Non è cocclùo, ò torre,
t:N
~filano
31 -
B mausoleo,
piramide, pagode,
Questo che, vuota la profonda pancia,
P er diverso e bizzarro ordino cslollo
Capaci gradi in su la vetta. Un saldo
P atrizio auriga da sonano seggio,
Alto erctlo lo storico profilo,
Ben quattro allena con la man gagliarda
Sbuffanti clcstr·ieri, che la gara
Ancora ill\;ctiar sembrano o il campo
Rimembrar scalpitando, O\"O cl'ianzi
Più fortunali eroi corser la palma.
Plaude al valore fa bellezza, o alluto
Del forle Automedonte una gentile
Sè medesma prodL1ce. In doppio verso,
D'ippico senno pngino viventi,
I cavalier' s' impancano. lnfolici
Quei che ali' olimpia Dea volgon le lorga !
Il serYO almen, che sul postremo siedo
Infimo scanno, nel cornar si sfoga
Dentro all'immane tuba una stnrnicrn
Yenatoria fanfara, che il mo nello
Col pronlo genio musical scimmicggia.
E passan carri, e passano ciwnlli,
Quanto il duce magnanimi.
O squisita
Del mul"iehre ingegno inclila 11ro,·a!
Alquanto limideUa ecco qucsl' una
Si dice, o fingo, dci vaganti in ciclo
P er anglico tenor nembi propizii;
E però la mirifica e fiammante
Rincrespeltata mantellina indossa,
Che a poche io dono Amazzoni britanne
L' eginelica Venero trasmise.
Quest' altra inneggia a prima vera; ò il bianco
Vest.ilin tulto sbuffi, è il cappellino
Di mughetti e di malvo un velo, un soffio.
32
Del termometro a senno or tu le adegua,
Galileo padre, e tu Sartorio: io smetto.
Anche r audace vi confido, accesa
Forse da' raggi del vicino Marte,
Che in fuJgor di molleplico peonia
Rutila espansa; e la solinga o mesta,
La quale, ancor che sudino di solto
Al gen"iale molleggiar dell' anche
D' esotico fantino i suoi morelli
Fremebondn pnriglin, nello piume
Che a slrnzzo o a pingu!n Cafro divelse
11 cor gelido nflònda. Avvenlurale
Pur le duo dh·e, so le altero e dotte
Curve del cocchio abbacill!lnti, e il fine
Sugli argentei fanali aureo cesello
E l'armi avito o la recente cifra
Una azzoppala e bolsa non infanghi
Venal cavalla, lrascinanle, ahi lassa!
lnYidie a paro e guidalesohi.
f; tuo
Questo gnudio, Cleone. O pcrchè dunque,
Percbè non ridi alla perpetua umana
fnnocenle commedia, e stai sul bieco,
Aggrottando il cipiglio ? E non ti basta
Che, do,·e intoppa nelle ferreo guide
Dol tram·ai popolano, e la rotante
Mole quadrala gli torreggia innanzi
Hepuhblica del caso, il tiro a quattro
&lrri il fron, scorti il passo, e mogio mogio
'allisti? Akuno giovenil diporto
Più laudabil conosci e meno indegno
D' almo petto viri I? Tornò ali' efebo
Sempre caro il cavallo; ed o traesse
Là di Platea sui ben pugnati campi
Lo spartan gio,·inetlo a dar la vita
Per I' allrice del mondo ollenia stirpe,
O Julo nostro le trinacrie arene
De' magnanimi ludi a far sonanti
Ch' Alba trasmise alla materna Roma.
Piacque ai vati ed ni forti. E non l' esulta
Allcgro7.za nel cor, quando dall'alto
Un armato manipolo, superbo
Della maschia divisa o delle sciable
Bene al . ol rilucenti, allegro incita
Gli allegri palafreni? E non riconti
Quanto amor, quanto sangue, e qun nto lun~o
Pianto di madri a noi scaldò la terra,
Perchò sorgesse benedetta al Sole
Questa dci dritti suoi libera scoltn ?
Fin la giumenta che soltesso al gro,·e
Baroccio anela, se al corsior daccanlo
Viono a passar, sgranchisce il piè randag io,
.\.nnitrendo un s:1lulo. I·: noi da meno
Saremmo? Noi, d' atroci astii senlina?
No, no, per Dio. ) [igliorc è il popol nostro
D'alcun suo losco bandilor. :\on 'edi
Giocondo in alto il fabbro ancor succinto
Dell'iroìno g rembiul , grommala assisa
E a nessuna seconda, il suo masohiollo
.\. cavaloion recarsi in s u le spalle,
E d'nbbronzalo nerboroso polso
Schermo facendo a la belloccia moglie,
Del piccino blandir I' nito esultanze,
Triplice gaudio a un picciol regno? Stanne
Sulla mia fede: nllor che ad umil de:::co
As' isi questa sera, il rantolino
Di cavalloni cianciugliando, al trito
Vecchio balocco suo darà di piglio,
E tutte a modo emulerà le veci
Del cocchior, del sig nore e del valletto,
Oh, non di cocchi e sen ·i arida invidia.
Si lìa gioja a costor di sodi baC'i
Hovesciavan pietosi.
Su duo turgide gote esercitati.
Deh non avvenga che un serpigno Iddio
Entri il placido tetlo! E se novella
Di sciagurate cittadine parti
Mosta vi giunga, meslo evòchi augurio
Di giustizia e di pace. E a voi soccorra
Caldo un impeto allora a quel simile
D'un altro dì, eh' empiean cavalli e C:lrri
Si com· oggi, le ' 'ie; fervea cli donne
Oprn ai balconi e di donzelle; e novo
Sui desolati Liguri trabocco
Di Yesli e lini e capoletli e coltri
Il reo palrizio e il reprobo borghese
Col sacro a gara popolar tribulo
Oh, tutti in uuo
E ognun per tutti! È questo è questo il verbo
Che santo a' figli ed a' nepoti chieggo
Di coloro che a marzo Italia han dèsta.
Se furi"ar discordi strida, o d' imo
- Pera l'augurio! - o d'alto udissi mai,
Non è non è questa r Italia; un' altra,
Direi piangendo, io ne conobbi : quella
Per che il braccio, la fede, il senno, il sangue
Dettero insiem tanti gagliardi. Andiamo
A cercarla, fratell i, in Camposanto.
-
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·
...
~
___ __ __
~
TULLO :MASSARAXI.
TE.\'rnO .\LL.\ StJ.\J.A -
1:-;1; 1rn::;s1) .\L
UJLiU !u~:E
A LI..\ J'HDL\ l•ELL' U1'/;'/.1.IJ.
-
ff.
.\
l Teatro alla
c ala.
lt'1'7A'\ ahrnlti,·n Yngh<'ggiala dal Comitato dello F csle di mng~io
<'rtl il Teatro alla cala.
I fratelli Corti impresari infeudali dnl pns5alo ~funi cipio,
..,, di.:poscro n che lo spettacolo che assnmen\Do anche per qut'. ln
:-lraorllinarin occn.,iono non contemplala nel conlrallo del trirnunlo ap1i.1lto cli dare. ri-..pondesse alln aspettazione.
L·opcru "t·el!a a darsi, tanlo per lrontrc qunlch<' noviti1, crn la
f: itx·rmdu dt•l l'Ompinnlo maestro Ponc·hielli: J' allestimento di ei>sa t•ra
qunlo sanno fnrc• c·odc ...li c. pcrli impresari, che banno snpulo impor... i
al no;;lro ~!unicipio, che con essi largheggia di concessioni nnchc troppi\
sicch~ fanno ~fl<'""O a fidanza col pubblico.
J.:.;:..,i, nel unn col Comitato. immaginalo :we ,•ano che lo foc:;lo ili
mnj!~io 1wrebbrro chinmalo fra noi miriadi di fore liori <In ogni pnrlr
1ll'I bel pnrQ(' e <l' ol!ralpo e che però snrebbe slala bazza per g li ac~·orti appaltatori, pl'rchè vc1wndo a }Jilaoo, chi non vorrcbbr, fonùrn co
per una volta, YC'den' il primo teatro cl' Italia'!
l'o<:toro ndunquc avc,·ano sognnlo In ripeliziono tlellll folla che i;j
pigiava agli ingre~;.i nella ramosa prim11 dell'Oll'//o di Ycrdi, quando,
avanti I' incominC'iamC'nlo dello spettacolo, poltrone e sedie chiuse crnno
-..1at1• a prezzi triplicati Yenduu.', quando la platea per il pubblico che
non puù procuraf"'Ì il lu55o di tanta spesa era quasi lulla sparita; quando
i palchi gremiti cli belle "ignore soffocate dalle te::to de' loro gio,·ani
'i:;italori, chr prr quella sera non Ja badavano troppo prl !'Otl ile nel1' «'lichrtta. e iJ Jogi.,ri<;ne rigur!?ilava d i s:peUalori, non lutti 'olgari, r
~i.1 c;;i saranno <:olfregnlo le mani e benedeflo l'in,·cnlore dPllr Feste di
maggio e d ell·analogo Comilalo.
:\(a noi più po-..itivi, ricorda,·amo che Jes fruils do lo lcrrr doiveni
renir en lrur sc1ison, come lessi nel Pro Clllrlon di Capendu, e noi
:Milanesi abbiamo pure un proverbio che equi,·ale alla medri'ima Fon-
L
!J5 ll'nza dcl r omanziere francese e c he ri"parmia mo di ripelcro, percbù
può e;;sere dalle amabili lcllri ci veduta nello pagine s taccale dal taccuino
d ' un orig inale, cbo si lrascri ::ero per <1uc.:;la . 'trcnnn.
i aggiunsero altre rag ioni.
La 1irima s i ò che coloro cho s i appas;;ionavano per lo Spo rt, non
polcvano curarsi di spettacolo d·opora rivi~ta più volle in lanli modi con
migliori a rti!'li alla , cala e con buoni dcl pari anche al Dal Verme .
La seconda, ch e proprio in quei giorni erano aperti i batienti di
altri teatri ciltadini, elci Dal \'erme, del ~fonzoni. dci Filodrammatici e
pur lnlli que::li per l'opera e ch e fecero alla loro voltn i più magri
nfl'n ri.
L:i lena, che era In i:lagione dci hnrlii o ch e molli signori e mig ravano alle loro ville per curare interes:;i mnggiori.
Neppure l'annunzio d'un vogliono con maschorc, con bande in platea e bande in ri1lotlo, non valse a chiamar genio io tealro e g li accorti impresari Yi rimisero In s 1Jesa.
Laonde lo s pelt.acolo a lla Scala fu nllrn complela delus ione pel
Comitato e più ancora per i signori fratelli Corti, sul labbro dei quali
spirarono le benedizioni s ud<lellr.
La natura, disse l'illustre fì sico TorricolJi, aborre il Yuolo: noi crediamo che i fralolJi 'orti abbiano di lutto cuore s uggellala la verili1 di
questo postulalo.
E.;:si, come il Comitato, corno il pubblico avevano conchiuso: Risorge
il C'nrnevalone!
E alla risurrezione deJ Carnevalone s i pensa:
Noi l'auguriamo splendid o, nllegro. pazzo come quello di parecchi
anni addietro. a onore e g loria di S . .Ambrogio che ce Io ha regalalo e
a conrusione di chi vuole arrogarsi la facoltà di mutare le auliche abitudini della nostra popolazione.
Se poi i s ignori d ello Sport vorranno ritentar e, come pare, le F este
di maggio, ben vengano anche que:;le, tanto per n on sbugiardare Jobn
Bull, che ha gratificalo l'Italia di 'azione Carnevale.
C. TURI.
~IENEGHINO
xor.
JY ALTRI 1'EìV1Pl E MENEGHINO DELI/ OGGI.
che ,·areammo ormai il meuo >"ecolo. quantr dolci rillll'mhran?.c ha suscitalo in cuore• la puhblicaziont' dl'I Jfi/i1110
1 -t>C'<'hin !
Quante care memorie prendernno forma davanli alla
no:':lra menlo nello scorrere quelle pagine! Ci scmbra"a di
essere rilornnti ai bei giorni della gio>enlù e, l>io e" In
perdoni, quasi 8i arrivava a ùimenticaro il progre>":"O ù<'lla
uo-.lrn ~filano, tanto fra quelle slrenn<' ci !>i lro,·a,·a a
nostro bcll'agio.
El noslcr .Jlil1111i11 ! So oggi li hanno onorala d<'lrl'pilclo di capilnlc morale, eri 1•ur bella anche ai no. lri km pi!
La vnlangn. drl progresso ha ingranùila la cerd1in
della tm' fi'migliil, le a,.;pirazioni. dci tuoi figli, ha sviluppalo lo industrie, abbellito il t uo nfrlo e il buon ~fon eglii11 0
che hn fìulnlo, nella >11m maliziosa bonariolù, il vento :illn
cn;;ac-ca, lrn ;;o,.;(iluilo l'abito nero di lu,;so mo<lcrno, camliiii
il suo lra1lizio11nlo lricorno C"ol cappello a cilindro, calznndo
anche lucidi gmmti di pelle.
'l'emprw11 n111ln11fur . •• Eppure noi lo Ye!liamo ancora
il nostro ...lf.·n,.ghin rcgalnloci dallo '· splenclor di .Vilr1110.
il s111·io Jfllggi ., nell'ultimo decennio dcl 1600, da <1urlr illustre milancsc, cui ,;i de\'e uno rlei primi rort una! i fPll tali\'i di liberare il l<'atro clalle scurrili commedie a soggcllo.
Chi era propriamente Meneghino di cui si
parla tanlo se11za che, in generale, lo si conosc·a u bbash'mza bene?
~Ccncghino era un personaggio simlJolico.
il prototipo del plebeo milanese, sfalo messo
in i~cooa •1unndo da mollo te m1io facern le spes<' il Bflllrmnm <I•• r:n.41:inn. il <1unlo cmi una antica maschera chr rappresentava il no;;lro
cnmpngnuolo ,;emplicione.
~l encghino era u n arfiginno, un operain preforibilmont"' einh11lli11u o
A
l<'gnaiuolo. professione coclesla eho gli procurò l'or>:o il Ruo cognoml• di
Pi•cr•f'nn11, como quello che 1linol:\\'a colui che tralln d P•'Ccf'nrll, quella
sprci" di s<'ga quadrilunga raccomandata in lutla In sua lun~hezza acl
un manich'!llo di legno, oggi ancora chiamala a )lilano
eon tale Yocaholo nel nostro vernncolo.
)fonegbino si aceoncinvn, 1n fcslu e nelle slraordiu:irie occasioni. com<' !'Cr\'iloro JlOS(iccio in casa di <1ualc11no cl1e avcsso più ambizione eh" m<'zzi per compnrir
,:ignore.
C..'iò spiega ancho perchè qu<'I popolano si d1iamasst!
:\foncghino, nonv• che 6 una 0011lrnzio11e ùi dorncnicl1ino.
c·ioè sen ·o per la Dome11ica.
Tn quel g iorn o ri coperto delln Rtui brava livrea, col
lia 11co armalo da tanfo rli spadino, t·olln pnrru cca. col coclino e col tricorn o. egli nccompagrmrn la. paùrona ul
pa;;~eggin. seguendola s ul marciap imlu dcl Cor::o per sostenerle al llisogno la coda ùell'abilo. o standolo al fianco
nelle strade remoto e 1lcsorle pP r di,·orlirla coi pl'llcgoll'zzi
della. lmssa gentu e per ascollarc compiaccntomenlc quelli
ckll'alla societil cosi bono analomizznla nei c,•1ilo . \nni
dalla potcnto penna cli G. Jlo,·nni.
Una graziosa ~atira scrilla in latino da certo frale
Guido Fcrrari, clic<' eh<' qucsla intimità suscitava qualche
volla la gelosia dcl padrone. intanto che facC\'a 1li )Jcncghino un intermediario fr:i i \'ari ceti della popolazione
citladioa.
Dalla sua invidiala posiiione )ll•ncghino sapern trarre
buon frullo saliriz1.ando sui tempi e ,mi costumi con una
ca11stica bonomia lulla :ma speciale.
E qui compare un altro per::onag~io. l)pj fronzoli e dci con1loli (bfrli11;.çflill ) smessi dalla s ua dama e n•galali a lui, )fon<'ghino npproftttaYa
per ornarne le1 propria consorle FrancP~cn, la c1unh' ebbe cosi e::sa imre
il suo cognome cli CPr<:n rii &irlinghi{{.
- 38 l:no l>cn di,·crsa leggenda narra il Dofendente Sacohi a proposito
nella <:iorn Cccca; ma di tali Cecche ce ne furono parecchie in Milano ... e dl' Ccccl1 glie n· ò ancamò al dì d'incoeu!
Ma ~frnrghino non s·acconciò a rimanoro nella cerchia ris tretta clrl
Pccrcnna e, n srconda lo trao,·a il bisogno cli deridere pregiudizii, di
!'nfirizznrc. climo11ticaql il cognome i>rimicro per assumoroo altri, quasi
direi di circostnn7.a.
E ro,·i«fando incontriMno lo stesso personaggio sempre col cognome
mutato.
..\llorchò nel 1760 fcn·o,·:i la disputa col padre Branda, in risposta
al Dalcslrirri e a CMl'Anclren Ottolino, ineont rinino J1fonr•~hin Gambus
a la Badia. cho Ri gdfa nolln lotta in fiworo del padro nranda, e qui
anche la Ccrra di Eirlin~hif{ diYenla Sposa Luganc~a miee do
( :amlms.
.Alla sfcs:sa <'poca comparo Jfeneghin Bollriga dcl Bor~ rii goss
che inneggia nl merito impareggiabile di ,lfl'neghin T111ulreuggin.
('fi1:1no, per Giuseppe Mazzucchelli, 1760).
Più avanti nel 176 sorge .Jfonoghin Forcseltn, non perdendosi
però il carailcrislico p('~ooaggio che bas tani. ancho da solo, senza
cognome alcuno. che lo qualificasse specialmente, come nell'a lmanacco:
Jf,,ne~hino critico che si pubblicò per bon quindici anni o cioè dal 177:3
fino alrnnno 178!1, e nel Jfoneghin sott Li i Pnrnzes (ifilano 1799 per
,\ntonio Guerrini), .Jlcneghin slorech Jcpcrl, crilcch o morol de I' in1rada dj FrnnzC's .c:eguido cl dì 14 mog 1i96 al dì dc la soa par1,.nza S<'{{11id11 <'I 28 apri] 1799, ecc. (11ilano, 1799) e JfC'ncghin a la
Senovl'a, i lro c·anti di Girolamo Birago.
Avviccndnndo così cognomi vari seguirn ognora lo vicende dei
tempi e, con verrn inesauribile di gioconclilà, scagJia,·a i s uoi strali alle
cattivo istituzioni, ai vizii del tempo e delle classi i::ociali.
11 vecchio Men('ghino non è a vero dire una maschera dell'antico
teatro italiano, giacch!'.l esso comparisco soltanto in qualche commedia
ciel ~foggi di dueconlo a nni fa e in pochissime altro: quello ch e si produce modcrnamenlo sulle scene differisce alquanto dal primo, cho non
si pres tava a qualunque parle. Il nuovo Meneghino insomma si può dire
una creazione del no·tro secolo, porUlta atrulliroa perfezione dal merito
arli:::lico del celebro ~loncah·o .
f.tl oggi?
li Ruòn Meneghino, memore ancora del s uo valore cittadino, ullo
spira re dello prime auro di liberli1, gettò la casaccr\ o il tricorno per indossnre la divisa da soldato e, faconclosi accompagnare dalla sua briosa
e satirica musica, fece il doYer Ruo n('llo lolle per la liberazione cl' Italia .
Ma, a noi Yocchi, duole clo,·crlo dire, alla compiuta unità italiana
~Icn eghin o lasciò il cappotlo e il fucilo, senza riprondero la s na casacca.
P ensò forso alla s un ciltì1 e, approfillando della liberlit, delle facili comunicazioni, orgoglioso della guglia elci suo duomo, diede impulso alle
industrie. od intelligentc, alli,·o volle seguire il movimento italiano e
rendersi utile figlio della patria comune.
Qualche frizzo mordMe che scalla dal popolo ricorda oggi il Moneghi no ; ma fra la foll a non s i sa più rintracciarlo ... Come cenlo nitri,
ha forse follo il suo lempo?
Ri~orgerà?
Ombre di P orta, di Raiberli, di Ventura, nof Meneghini dj un tempo
'iviamo intanto dolla cara vostra memoria!
POLICARPO CAi\IPAGNA'l\"T.
STORIA DEL TEATRO
~llLANESE
(AUTO -PSEUDO-APOLOGIA.)
~lilaoo,
15 sellowbrc
JSS~.
C'aro .bT. P. A. Carli.
u mi invitasti a dcltare per la Sfrenna dei Rttcbilici la storia
T
dcl teatro, cbo io ebbi la mala sorte di fondare nel 1870 o che
mi fu causa di lanle amarezze e di tanti disinganni.
Dopo avere tentennalo qualche poco te l'ho promessa, a patlo che i
lcllori sapessero bene, che l'invito mi veni,·a da lo ; corno puro cho qua
e lii, in duo stampati, a,·evo gi~t corrisposto ad altri in vili consimi li, schizzando a larg hi lralli ln cronaca di quella mia istituzione, la quale oggi,
rovinata lcflerariament1;1 e moralmente, è però rigogliosa ris petto a qu~at­
lrini o fa ricco il Porravilla, che merita di diventarlo, pel suo slraorclinario valore comico e di imitazione dcl ridicolo vero.
L'idea di dover ripetere dei falli già pubblicali altrove, mi trìlllenno
sulle prime dal risponderti un si.
.Ma, pensando poi, che se l u mi avevi suggerilo questo argomento,
cm segno che per esso o' era ancora posto neJJa c uriositt\ dcl pubblico,
o che la modestia mi doveva suggerire di credere, che non molli avessero lello altrove i miei aborti, mi decisi di metlermi al lavoro, il quale
questa volta sarebbe riuscito pressoché completo, avendomi lu concesso
una trenlina di pagine.
Ora li so dire che la vuol essere una bu.rlella ! Avrai lu il coraggio
di slnmparla lato e quale? Ilo deciso di trallaro mo slosso come il più
grande imbecille cli questa terra, senza però rinunciare alla difesa di fallo,
i11 lullo ciò che fu dello di assurdo e di falso sull'opera mia. Lo opinio11i variano, ma i falli sono folli e donò npelerli. :Finora mi sono '
destreggialo assai male. Tartassalo da censure maccheroniche, da ignoranze piramidali, da prngiudizii idioti, da cahrnnio schifose, mo la pig liai
a un tanto la calata. A che scopo guastarmi il fegato·? Bisognava ohe
parlassi di mo slcsso, e io so quanto sia pericolosa e uggiosa agli allri
la clifesa di sò stesso. La magnanima indignazione, che si schiude sem-
pre nel!' animo dei lettori italiani coni ro il disgraziato che lenta di for:;i
valere, ò cosi pregna di compatimento, ohe m'ha sempre ,,pa,·cntato.
Non so ne sahò dcl tutlo neppure :Folico CavaUolti (Carlo Emanuele!)
che ò tutlo dire !
Nondimeno, ,-olere o non volere, so clo,•rò scriniro la storia dcl Tculrn
Jli/anese, bisognerà puro, ohe di quando in c1uando io parli anche di
questo povero pulcin bagnalo, che lo ha crealo e m C$SO al moudo! )la
ho pensalo di essere senza pietà ver::;o dì mc; h o pensato tli parlare ùi
Cldlo Arrighi come dcl più accanito nemico, cho io mi abbia nl mondo.
E so poi mi troverò offeso, manderò a mo stesso i mioi pad rini.
Ques ta relazione sarà proprio /'ultima dclì 11ili \'lJ, tla parte miu, (i uan Lunque la mia istituzione s ia sempre viva o lioronlo. Uhi volesse ripigliarla al punto io cui la lasoierò, non dovrebbe più scr ivere la storia
dcl teatro milanese, ma la st.oria dcl teatro l~orravill<1 1 ossia la cronacu
dello traduzioni dal fran cese di Giraud o Soci.
Tuo Ct~'l'TO J..nnwm.
I.
Le anime fiero ed indomite, che, Yolgendo::i indietro a rigurmlare glì
anni trascorsi nelragiatezza e nella fortuna, li vedono cospar;:;i di rose, cli
allori, e tli bìglielli di banca, mì gìuclìchoranno forso un vigliacco. ·e
confesserò che rimembrando oggi quel pllrioclo della min. vita, pur così
pieno di speranze, di illusioni o di am:>ro dcli' arlc, pro,•o, non tlirù u110
strazio orrendo - per non abusaro <l· una frase troppo romantica - ina
un ùispiacere intenso.
Che io abbia avuto dello ideo lrop1)0 in grnmlo, chu sia stato un
fior di srnnlalo ... ciò e fuor di dubbio! Mn non a1Ti \'O pionnmento a
persuadermi che della mia rovina ìo sia stato il p1-incìpalc autore.
E lo si veclrà chiarissimo più innanzi.
( lh 'l' (IU{to;.~i l•l'l"SU;\dCrOli d'avere io IUtlH l,l t·ulpa ! e·-: Ull<I ~ra1111\•
n•luttà am·hc nel riconoscersi autore della propria ro,·i1ul.
In ::.o d1c lulli i miei conciltaclini - tranne qul'lli che sono al fallo
dl•lll' ro--1• mie - credono che io sia slalo la i:oln <' stolida cn u ~a dd
mio dnnno. Li ho uditi spes;:o darmi tlrll"nsino, pPr non a,·cr :;apulo approlitlun' d1•1l11 mia fortuna. E 1ra1troncle non >'nprci dar loro ogni !orlo.
Ila mi1·i diciolr anni lino a1l ieri, infalli, io non ho mc:;so in oprrn nella
miu 'itn d11• ogni ml'zzo po$SÌbilc e imaginabilc. . . per riuscir<.' n 1111
b1 I nulla.
<;iuilit'iltt•nr.
A dil·ioll' :111ni - era il .J..8 - fui nominato clnl Governo provvi;.;orio
:<ultt•lt'lll'ttl c ttC'I reggimento Vn1goni L ombardi. o avC'::;::;i conlinunll•
n<.'lla c·nrril•ra d<.' ll' armi. a q11est' ora, lo g iuro. sarei per lo meno .....
<·npi!nno in nspcflnlirn P pensionalo. Fui preso dt11la no;;lalgia o dopo
In haltn)!lin cli ~o,•:wa diedi le (litnissioni, mrnlre il mio colonnello Porl)Ul·tld n giii mi 11rcE=enlava hl promozione a luogo!enon!o, e mi prrgava
di rCB!Orl' con lui.
.\ :\lilano U\TCi dovuto passar ingegnere. )[io patire U\'O\'a uno sludiu. chf' ~ti rcnr!Pnl una ventina di mille liro annue. <' la 'igna gii1
piantata P rigogliosa avrebbe dali lulli i suoi fru!li a me, primog1•11ilo.
a cui :-nn•hlJ" loccatn dopo la morle dcl mio pon' ro vccchio. ~on ci
prn!'ni.
I.'.\ malt'mllliea mi facern orrore. Quando mio padre mi con(h1ro,·a
'•'C:" in c·ampngna a <'Onl11r le gt1bbe e mi "ug_~rrirn cli seri' ere 1111u.
11110. uno. uno io che pensaYa alrarle e alla lcl!cratura. non m1•llcn1.
I•• 'irp:olc ira l'una c l'altra cifra, e rientrali poi, mio padre non ::aporn
più ~" quei pnlt·lli 1ln mc notali senza punti di di,·i.;iorw voll•o:srro <lin·
uno. uno, uno. oppur<' undici. ccnloundici, magari uudici miln e crnto
undfri.
( >Utlf)lll', dato liii ealcÌO alla ])rOfossionc ù' ingegnere, >'lmliui lc~µ;1• I'
mi pri--i a --eri,·ere <lt·i rornanzi. Gl i [; }{.imi Coriamloli. poi lu SNtpi~ linlum, lt• .\femori<' d'un J:,'x-n•puMlicano, quello di un Sold11(()
l ombnrrfo, la U iol'lwl a di Tngliacoizo, la Co 11l cssn dc/In r;un~to /111
•· ,·iu die1•ndo.
'l'ali porcht· rit• non i:;o davvero nò come 110 pcn:he t'it\ntl piaoiuk•.
li'Opinion(), poi Eugenio Camerini, r l!'ilippo Filippi, o Hovnni, o Solern ,.
-IO
CP:>are Cantù 1 mi fecero iulorno nd l'~i una reclamo cos'1 inunerilala ,
<'ho io mi domando ancora d'ondo mai '1iu vonuta loro quella strana indulgenza per quelle mie sconciature? 'fant' è! • e non fossi una gran be~
stia, aHci dovuto approfitlarnc n· è vero'! Quando capita la fortuna dt
avt•rc una r()clame co i aulorovole, quantunqu<' cosi evidentemente parziale, si donebbe pensare al poi. Xicnl' affallo ! Mi buUai al giornalismo
e fondai la Cro1111ca a rig ia. E qui, siccome mi comincia a g irare 1111
ocC'hio cli don•r parlare in prima pt'rsona di'' falli mil'i, cosi cedo la parohi al signor E. Clerici, il quale nel R egno dellu Cnrta Sporca ebbe a
descri,·ere appunto questo mio difdlo di volcrn provarmi in tutto, lasciando precisamente inclictro ciò chc, colla persistenza, mi anebbc dato
filma e quatlrini.
"Egli ave,·a cominciuta h\ " ua carriera letteraria fondando I' L'omo
di P i etra , che lo fece eono,.cerc como g iornalistn; ma quando vcil!c
rsscre romanziere, di lui g iornalista o polomis!a, più nessuno fiatò. Di,·cnlò il romanziere in voga. Poteva rcstiwoi. No. Si diede t1Ua dramma!iC'a o creò il lealro milanc ·o. ] critici trovarono che lo migliori produi ioni di quel teatro gli appartenevano o scordarono il 1·eslo e si guarcl:.wauo hl'no di parlare d o' suoi romamr.i nuovi. Una foroco congiura dC'I
silenzio ::;i fec" intorno a lui. Dc' "uoi romanzi posleriori a quei primi,
come il Dis,·o/o Rosso, i Q111lllro • I mori cli Claudia, la Jlano N1•rn.
Xanù a Mi fono, la Otinagliu F1•licc. ncsi:;u no fit1lò. Il Secolo stette dicci
anni in coll ~ra con lui. do1>0 il duello che egli ebbe con )foneta Teodoro.
o non lo nominò più come ::;e fos ·t· morlo. La grande molliludine. che
non leggo allro che il Secolo, crcdo\'ll che CIC'UO Arrighi si fosse dato
esclusivamente alla drammatica milanese.
·' .\nchc gli nit ri giornali. che pur sono C'muli <lei 'c•colo, aiulnrono
qucslo nell'opera gencro:<a dcl ::.ilcnzio intorno a Clelto Arrighi, non accorgendosi $Omprc se non ùc~li eterni Ultimi Coriandoli, (·Ome se L'gli
non avesse scriUo cho qurl!i ! Io, quamln gli loccai di que·to argomeulo,
e gli domandai i)erchè si f'ossC' ra ·segnalo con tanta filo,.:ofia sotto <1uella
• Il nome di Cesare Cantù ò fro11po in allo, porchù io f)Ossa lasciar credere
M11 egli ebbe ln bontà
ili c ih~c il mio nomo accanto a •Jliollo ili F1)scolo nolln sua Cronistoria. \ 'òl. 2,
ciù ohe mi mi'l<l subilQ iii un ùclli~siruo po:st1>.
11 ,·o1•
cali scritto qualche at·licolo di lodo in mio favore. No.
11.'rribilo noncuranza rn cui fu lascialo per tanti anni. ebbi in ris pos ta:
-- Prrch è ho fcdo nel tempo. ,.
'·E oggi infatli il nome di Clello Arrighi sfa per ris uonare nuovumcntc 1wlr m n.• italiano. Fra p oco casa onzogno gli slampert1 il suo
nuovo romanzo intitolalo : (; li Estremi A.nelili 1 in cui descrive Homa fra
il 1 '(fi o il l 70 e for>:e Dumolard s· incaricheri1 delle Sublimi C<>r lczzc
colle quali Clctto .\rrighi s· ò arrischialo nel campo altamente filosofico
rnzionnfo:la ..,
11 !'ignor E. Clori ci, che. come s i Yede, ò un altro buon uomo indulgente a torlo con mc, poteva dire anche, g iacchè era in vena, corno fra
poco 1' cdilorr Battezzali pul,blichcrà di Clelto .'urighi un romanzo, ch o
sarà il primo <L'una nuovi -;::ima Biblioteca .Africana, inlilolato il Fùsci110
di Dol(nli, ch o egli scris:oc in collaborazione con un gio,·a110 arabo conosciuto da lui a Genova l' auoo scor so.
JL s ignor E. C lor ici poi, per ciò che rig uarda il mio far di lutlo por
non riuscir nrni a mcllcr insieme quattro soldi, h a d imenticalo u11 punto
ithporta nte, ch e mi pennello d i richiamare io stesso a' mioi lettori.
Prima di fondar il lealro milanese, io ebbi la malinconia di \Olcr
p·serc deputato al Parlamento. e trovai della g onlo che, contro ogni mio
merito, mi e.:audì. Sembra impossibile, pure ò un fatto! Ne l 18Ci7 fui
eletto rappre ·cnlanlo d' un collegio dell' Em ilia e legiferai p er circa
due anni.
Ora ognuno vede, ch e so aYcssi fatto anch· io corno certi colleghi
!Lella stolfo di B.. cli F., cli S., di C .. avrei potuto nwllcrc da p arlo il
gmzzolo anch · io.
Irm'Co un hrl giorno - furbacclùonc esimio! - nau!'ealo da l lripoia~f' che \'Nievo intorno a me, lroncai di:opetlosamento il mio a,·vcnirr politico e. dalO lo dimi<:sioni, lOruai a ~lila no. flon~ mi YCDlle J' idt•a
barbina di fondar il tt•ntro milanese.
..
\"cc.lele combinazioni!
P och i conoscono queste quattro o cinque c ircoslauze di fallo, n ello
I Fu s ii1 slampafo cd ù giì1 esaurito.
41 cp1ali la mia colpa di non a,·cr saputo acciuffar la fortuna é flagrante cd
imperdonabile.
E lutti ioYece mi fanno carico di non 1wcr saputo conseryarmi
il teatro milanese, il quale assolutamente mi s fuggi di mano non pPr
colpa mia!
){a non precipitiamo; andiamo in ordino cronologico. La s piegazione di queslo fallo verrà poi a s uo tempo.
Il.
L'idea di fondare un teatro, nel qualo fossero r ecitate delle commedie,
dr llo farse - e anche dei drammi - in quell;i, parlala schietta, sponlauN1, reale, in cui si esprimono i Milanesi quando cli;;corro110 fra loro, e
non giit in quella ling ua iJlustro o lanlo cara. a noi Italiani, ma elle a lla
commedia o alla farsa è disadalla, giacchò essa non ò pal'lata in qu<>l
modo in nessuna par te d'Ital ia vonno a mo crl a Camillo C ima,
n el 1867.
Dico non parlala in quel modo, g i<tcchè, p oco o mollo, in ciascuna
dello c itb\ d'Italia anche cli 'l'oscana esisto un clia lctlo, il quale è sempre
usalo precisamente nelle c ircostanze cleUa vita, che s i prestano alla commcd ia cd alla farsa.
Pinzo nella Fru la di Piccozzi cd io nella Cromwn Grigia, fummo
i primi a me!ler foori r idea.
"~ella repubblica dell'arto - ~c rive ,·o nel mio g iornale dcl 21 aprile
1867 - è sorta una nuova queslionc, quolln elci l<'11tro milanrse. lo bo
Ycclulo poche questioni appas:oionar tanto lo persone in pro ed in cor.lro
come codc;;la. Kell' ufficio del mio giornale. sr non sono cor:;i dci garònloli a quesC ora. ò un miracolo. Il partilo avversario a tale lentati\'O è
furibondo. Esso non c i risparmia sarca..:mi o insolcnw. IL Teatro Italiano
le si di chiara aperlaruenle a n·crso e di,;suado i drammalurglù milam,si
d al mettersi per questa via ; r agitazione c resce nella cere li ia cl elio mura
meneghine e minaccia di fars i poco meno gravo di q1wlla famosa che
avvampò una quarantina d'anni or sono fra i classici ccl i romanlici! .,
Così ò !
) fonlro a Torino gii1 iJ Toselli trionfava ccl ora fosloggialo, ammiralo, s ussidialo da V ittorio Emt1n11clc, dii Cavour e da tutti i s uoi conG
-
ciUndini, a )lilnno i miei compalriolt i o i c ritici milam•si r non milanc i
si nlzorono come furibondi conlro di me e cercarono di .olroncnro fin dal
principio r orwra iniziata.
Pc>r oonlo mio mi lmUarono da mnllo. Perchò, se non lo sap(•le,
a_!:li occhi di molli )[ilanesi e lauto pili - dopo che il c•co/o, mi ha
b:.lll t'ZZlllll n<'I l 72 p<'r tale - io passo per multo glorio~o.
.\ me naturalmente parcYa che lidea del tf.'alro in 1litllcllo - In
11uah• dcl rc,fo non orn nrppur nuoYa. g iacchò ripeto. ~ili il 'l'o;;pJli J"aYc \·a
attuata a Torino I' git'1 da molti anni lioriYa a ~apoli - mi pareva, dico.
non fo~~c poi cosi bnlzan:i d:i meritare una avvc:raionc lnnfo acc:anita o
un t•pitcto n nit'. cosi poc-o ùa S'·nno.
Oiudicalpno:
Se Cnrlo Porta - ponsarn io - collo :-,c:ri,·ero in milanese potò
dhcntar immortale e rnrsi leggere e gustaro perfino da sfrani<' ri, ò s1•gno
cht• 'Jlll'-:tfo dialoUo hn in sé tanta potenza cJj cspressiono o lnnln vigori1\ rtl eOicacia. <la riuscire eccellente, quando lo si pr<'sr11fi. in boccn
di pcri;unaggi. sulln. sccn;1.
P.-r accorp;rr ·i infuUi di questa pofenzn, basta pcnsaro alla nrnsci1orn
di ~fon t•ghino. Quantunque o,;;;a fosse un assurdo, come lulto lo mnschrro,
pure riuscirn !'empre imme11smuenfc accetta o grn<lita al pubblico, il
quali• non ~wrcbbc volulo vedere cho lui, non rideva c·ho per lui, 11on
s' occupa'a c·hr di lui, como accade oggicll della masclwm Forravilla.
E, da mnllo, pcn~aYO pure:
TI pieinonlc:;:l', che ra cosi g ran fortuna a Torino, non può vaularo
i prccNlonti illu~tri dcl dialetto milanese. Chi non sa che a 'forino si
parlò !'cmprr francc•e da ur.a cerla parte di quel popolo, m!'nlro la leltr·ratura del lingunggio milanese ha le sue origini chinrissime fin dal
Sl'Colo decimoterzo. quando fra Bonvieino da Rjpa si esprimeva con quel
suo r ru1.o, ma efl1cnce dialcllo, e <1ueslo contava di poi un J~omazzo. un
Burigozzo, un ~faggi, un Birago, un Tanzi, un Bale·lrieri, un Bossi, un
Porta, un Ycnfura, un Grossi, un Raiberti, fra i suoi illu,,fralori '?
li dialetto pi1>montese non ebbo J' onore d' e<:scre clichiaralo pnrlaN' gi11 /il'o da Benvenuto Cellini, ne chiamalo ling11n da Ale;:s:indro
Manzoni.
E. l'<'mpro rla mallo, continuavo :
Oggi in Italia 6 sorta e si fa viva la questione clcl l'crismo. Porohò
42 -
non lo si dovrù applicare anche aJ lcatro? Pinom la drammatica italiana
lrn ,·issuto di romanticismo e di classicismo. I per:sonaggi furono sempre
dci lipi; tanC è vero che si sono perfino creali i ruoli o che fino n ieri
s i seri soro delle tragedie in ' 'orsi.
Milano è una grande cilli1, che, por qunoto si fnccia, non perderà
mai lo proprie caratteristiche, la pro1>ria !isonomia, la propria maniera
tlì esprimersi, di ridere, di sentire, cli rivclar;;i. Sarà una grande applicazione di ,·crismo anche qu<'lla di presentare dri personaggi, che parJioo in moclo naturale e non più nò in Ycr:to, nò con certo frasi italiane
contorte o gonfie e certo parolo difiicili, che, in rt'altù non stanno in
bocc·a cbo dei pedanti e !lolla gente noiosa.
Come ò facilE> capire, questi ragionamenti drlla mi:i tesla maiala
erano e'ridcntemenle, cli un uomo ohe ave\'a perduto il ben delJo intelletto !
'l'a11t' ò vero, ohe o' è della gente, la qur1lo credo di rngionare con
grande acume e che oggiùl ripete con molla convinzione quo:;la stolidità :
"Sboclio, Giraud, la Giovanelli o la Comclli dovono pr<'gare il ciefo
c he Fcrra\'ilJa non s i riliri dal teatro; porcltò 1111a volln cht1 egli non
ci fosse più, addio Lealro milanese. Sarebbe morfo, slocohilo. ,,
La ingemtilà colla 'lualc taluni, sb rof/Oni otl altri bonarii e sorridenti, mi Ycngono a dire sul muso questa loro conYiniione, come potete immaginarvi, mi solletica enormomonlo l'amor proprio.
E sorridemlo anch'io sono capace di rispontlcrc : Eh giit !
Es:::i non pensano, che il \•onir a dire a mo cho se il Ferra,·illa non
ci fo se, anche ropera mia non ci sarebbe più, ò il più sanguinoso insulto che mi si possa fare.
Rarebbe come so un industriale, dopo avero montalo un opificio iu
mollo di farlo necessariamente prosporarc, malgrado lo opposizioni degli
avversarii e dei concorrenti, dopo a,·oro disposto lo cose in mollo che
la specttlazionc ricscisse fioronli:isima, o dopo a ,·or allcrnto sotto di sè
un operaio o un economo pieno cli ingl'gno, si sentisse a clire che il
suo opificio doni1 rovinare so quell'operaio morisse.
Cerlo che se il Ferra.,.illa cessasse dal r<'citaro bisognerebbe mutare
di pianta l'indirizzo otlierno, e ritornnro alla mia istituzione, la quale
fioriva già. per elementi intrinseci r veramente nr!is!ici, ancorchè il FerraviUa non si fosse ancora rivelato.
Corto che, per qut1lche lempo. tuUi coloro cl1e ammirm10 con tanta
ragione questo arlista s lraor<linario deplorerebbero quella maucaoza e
forse diserte rellbero il Lcalro milanese.
ì\Ia da questo fall o a dire che la l"Ommedia milanese sareblle mortn.
e sepolta se il Ferravilla mancasse, ci corre un bol trailo.
Io sostengo im·ece che la ve ra commetlia milanese oggi ò morta precisamenle, non dirò per colpa, ma per causa dol Ferravilla, e che essa
non potrà risorgere, come la intendevo io, se non col s uo ritiro dal teatro.
Essa potrà risorgere in modo da compensare l autamente la mancanza del grande alloro, il quale colla propria \1 a lcnlia ha sarJuto far
senza della vera a rle, por incarnare nella propria personalità. tuUi gli
effetti cli gloria e cli cassetta, e per metlero in ombra parecch i attori
della sua stessa compagnia, che a sentire certun i valgono pilt di lui
perohè sono più versatili, più com pleti, più bravi.
Jofnlti non ò elio la personaliUt del Ferravilla, ohe oggidì supplisce
alla vergognosa deficienza del repertorio. Tulle le più applaudito produzioni tlo,·e egli entra - tranne '}Ualcho eccezione - se fossero tentalo da un capocomico italiano tircrelJbero sul valco scenico i torsi di
ca,·oli. ImaginaieYi il Nornlli, che volesse tentare El ~lfacsler Po.stizza
o La Class cli Asen o El Duell del siir Panera, cbo ire desterehbo
nel pubblico del .Manzoni.
Ferra,·illa non lta bisogno di commeclie a rtis licho fatto bene, logiche, interessanti, djvcrlcmti, boa pensate e bene scritte.
Q ttalunque più grama stolicli!~t in c ui egli entri, con q uoll~ s ua
mobilità di lìsonomia, quella sua totale assenza di personaLiht vropria,
que' s uoi cap1lelli, que' suoi paltoncini, que' s uoi silenr.i eloquenti, <1ue'
suoi gesti impagabili, fa furore.
Oggi non e· ò più - lo J·ipeLo - leatro milanese. C' è un leatro
Ferravilla. Quando lui s i rifae1·à, rifaremo il teatro milanese, app unto
in forza di tutti q uegli elementi cli s uccesso, cli vitalità. e di durala di
c ui ho iliscorso più sopra.
.
••
Il primo a darci addosso fu un certo s ignor Zuccoli, il quale in un
giornale ohe ora è morto, intitolato j} TeEtlro Italiano, ci folminò nè
più nè meno cli un Giove Capitolino.
43 Gonfiandosi le gote e montando s ul trèspolo, ci scaraventò nienferneno ohe questo periodo abracadabrante:
" Il pretendere di ele vare la rapsodia municipale alla clignil.à della
vera commedia è un' idea illusoria eçl erronea. ,,
In veritit appena letle lJuest.e parole noi ci siamo guardati l'un
l'altro per scoprire se fra noi ci fosso mai un temerario, il q uale osasse
tli elevare la rapsodia municipale alla ùignitù della vera commedia.
Nessuno ci aveva mai pensalo !
Ah se avessimo poluto agguantare lo scelleralo, che osava te ntar di
elevare la rapsodia municipale, ohi sa che cosa accadeva!
.Ma non ò qui tulto : s i cominciò a tlire dai Zuccoliani, ohe <la noi,
colla is tituiione tlel teatro milanese s i voleva recare o(:l'esa ali' w1il ii rlella
ling ua ito liana.
Io avevo un bel gridare, che la necessità di conscn ·are o di ottenere sempre più piu·a e bella una ling ua unica, la riconoscevo come
chiunque, la riverivo, la esaltavo, la veneravo; ma che, siccome talo nccessitù rig uardava la liog mi scritla o Don la parlata, cosi mi credern incolpevole.
Infatti, mentre è clesiderabile che tutli gli autori italiani scrivano le
loro opere in modo da essere ben capiti e gustali da Susa a "Marsala,
sarebbe segno cli puerilità e di grettezza il preLenclere che tutti gli Italiani, poveri e ricchi, colti e idioti, dai monti dove nasce la Dora fin giù
alle spiaggio ohe pros pettano l'Africa, dovessero parlare una lingua unica,
stereotipa, insu.fficiente e sopratlutto impossibile, come c1uella ohe mancherebbe degli strumenti adalti a esprimere, non solo gli oggetti divers i
in ciascuna regione, ma i sentimenti, le impressioni, l e idee, i ridicoli,
le inezie cliiferentissi.me da r egione a regione in così lunga distesa di
p oni sola.
'ranto varrebbe a distruggere anche le foggio diverse del vestire e
delle acconciature cosl }l ittoresolie in Italia, obbligando tutte le donne e
tutti gli uomini acl a cconciarsi e ad abbigliarsi in un unico modo, per
amore di quella strana idea di unil.à!
Sia clunqlLe unica e un:iforme la lingua dei libri, delle accademie,
delle scuole, dello conferenze, della burocrazia, doli' esercito, della religione ; ma s i permelta alle genti ùelle diverse città italiane, nelle riunioni geniali, nelle partile cli piacere, nei ritrovi, noi clubs, nei oaffé e
-- 44: 1>opratulto nelle ptm'ti domcsliche, di c:;primersi parlando m quel modo
nn!ur;lk. spontam'o, vario, pi!loresco, ebo corri!::ponde ai bisogni e agli
nm hirnli cliversi di ciascuna uil!ù.
Ora. che il lcalro fo a ccc!tato e che dal lato dcl far quattrini ,·a
11 gonfie \'OlC', lutto queslc considerazioni !:'ombreranno superflue.
~[a io :::cri,·o la i:>loria dcl passalo, e prego i lettori di portarsi a
quel !cm1lo in c ui queste considerazion i erano tli gran poso e mi fu ccwano
pigliare dcl m11Uo, nemico dcll\milà italiana, dal signor Zuccoli e du tutti
i s uoi amici annuenti che ccrc:lrnno di schiacciare il teatro mi/(1111>.<;e
prima ancora che foi'sc nato.
Dopo il signor Zuccoli Sllrsc a comballenni e a clir corna della
mia idcn, r illustre Eugenio Camerini, qtwllo stesso, clw avc,-rn lii mostralo
di non possedere ombra di buon gusto. nò eh srnso c ritico, p:nlando
troppo bene dc' miei romanzi.
Il Camerini C'bbc un giorno il tup111; di scri,·erc :
•· Il dialt,tto ò la conlraflhzionc e/(!/ pnrlar<Y. ,,
Leggendo questa fra se dettata eh\ una cosi autorevole persona, io
naturalmente spn lnncai g li occl1i o chinni il capo.
E anche og~i io mi pro lro riverente tlinanzi alla memoria <li quel
colto. :<impatico o santo uomo. quarern Eugenio Camt•rini : ma confesso
che quella sua frasi• non mi è ancora andata giù!
Da un vecchio critico o cosi esporlo. il sontiro che il ling uaggio,
ohe veramente e rcalmenlo si parla da tutto un popolo nei momenti di
espao<:ione, di intimità, di celia. cli godimento, di passione, ò c hiamato
una C"Ontralfazionc del parlnro mi turbava la sinderesi.
'ome clli runc rà allora il Camerini un ceri.o parlar toscano. chu s!a
sulla bocca di c1Jrti cari bambocci milanesi, i quali dalla bambinaia di
Prato o rii Pisloia hanno rice vulo l'ordine <li non purlare il dialetto"! Un
giorno mi accadde di udire queste frnsi da un piccolo marchci<ino di
mia conoscenza :
- li pan moglino è andato tutto iu frcguglie, o l'offella s i è spe-
lllcchiala.
Secondo il Camerini quel bamboccio anebbc parlato confro.ffolto
r,;
se ll\"C:>SC eletto: BI pan m~jn
andua fu({ Jll f1-.•g1~j () r olfel/u la
s'é swtasci8dt1 !
" Tultavia - conlinuava il Camerini - dove il diulelto è vivo gli
si lHIO concedere 'lualche cosa . . . . .,
Oh slclle ! .Ma do,·' è mai nrl mondo intero che un dialello puo non
e-sere vivo? B po~sibile immaginare un dialetto non vivo'! Sono lo lingue
sole, elio hanno In beatittidino di poler morire!
JI Cnmerini, accasato a ~lilano, ma non milanese, solito ad esprimersi in italiano anche colla portinaia, ch e spesso non lo aYrà capito,
s'era tanto scordalo che anche a cnsa sua ci cloYe,•a essere un clialetlo
,i,·o e pnrlalo, che mise fuori quella seconda itlea, non mono .... elcUa
della prima !
E 1>iù innanzi, sempre da maestro n<>ll' argomento, egli confuse le
cose al punto da chiamare, pnl'lat· comune la lingua italiana. Con lutto
il s uo ingegno il Camerini n on era an·ivato a capire, cho quando la ling ua
italiana merita di cssorc chi:lmata parlare comune fra gente colla, ò
segno. cho essa si eleva tanto nelle sfere della scienza o dell'arte o della
filosofia cd è talmcnlc fuori dcli' ambiento domestico o comune d ella vit:-1
Yiss utn, da non prc;;tarsi menomenle alla commedia ed alla farsa. Que- te
cbc vivono cli sccno intime, popolari, clomosliche, non e' e ntrano per nulla
con quel parlare comune cli cui s i sarù servilo il Camerini, quando tliscorro,•a <li filosofiu, cli critica, di lelleratura co' suoi amici. Oh. scri,·ctc
un po· una commedia con <1ucsli clementi elci parlar c·omune !
••
11 lr rzo demolitore. pieno di lulenlo, 1h•I teatro in formazione fu Yorick
figlio di Yorick, nella Xazionc cli Firenze.
L'Yorick con quolh1 soriC'là, quella ponderatezza o quella irnparzinlili1
onde rifulgo la critica in Halin, dopo essere andato una sera di luglio,
non giù al mio teat ro milancso s ul Corso, ma aù una vern contraffazione
di c.;:so, nel giardino pulJblico, do,·e era s taia orclla una baracca, col
titolo ili Teatro Estate, o clovo si recitavano delle produzioni barocche
dinanzi a della gcnto che fumava, ciarlava, b°'·eva elci clwpes di bil"rn
e faceva all'amore, usci in quc to garbato cd equo giudizio :
" J Co d~ piangere una di illus ione, da lamentare un disinganno oggi
a·
che mi ru dato assi:Slcro in 1lilano alla rnppre.o;cnlnzionc dcl teatro milnnt'Se e bere.-, sto per dire. sul luogo il vino di quest'anno.
.. Ohimè! Il lcnlro vcrnacolo milanese ha questo carattere speciale
e riconoscibile a lla prima, eh' ei non è milanese nienlc affaflo. ,,
Se l' Yorick avesse scrillo qucst.o periodo oggidì, ch o la direzione è
venula iu mnno del grande Ferravilln, nessuno g li saprebbe dar torto,
giaccbè ormai tuHi ricono·cono che il lcalro rnilanc:::o fu miseramente
sciupato ùalfaltore. elio vi so::.litLtì la 1wo1wia irresistibile e slupcnda per:::onnlità.
)fa allora?
..ll.lora il Teatro milanese era lutto quel che o' è di più originale e
di più caratteristico che si potesse dare al mondo.
L. Yorick scri,-cn\ <1ucllc righe nel luglio cld 1 73. Ebbene in quel1' nnno e mezzo, in compagnia non era ancora vcuuto il Giraud colla s ua
fal)brica di riduzioni dnl frnn cesc, che piacciono lanlo a l FcrriwiUa. Ma
r Yoriok, ohe non sapPva nulla cli nulla, continuò S ll questo tono:
·· Le opere originali si contano sulle dita. ,, Ahimò ! l'Yorick avrebbe
dovuto :wcro piu ~lita tli unn scolopendra - dato cbo lo scolopendre
a\·essero cinque dita per ogni picdo - per contare tulio lo opere originali, cbe io avc,·o gii~ thtlo recitare dal 1870 al luglio 1 73.
··La Tcre a di Clclto .\rrighi - continua l'Yorick imperterrito In Jfalmaridada di Duroni, la Donzella del Cim:i. la Jfodcr Jladr,.gna,
del Tronconi e a/lro poche hanno vanto di non essere copiato e ridoUe
da la,·ori stranieri. ,,
Dal 1870 al 7:J furono Ila me posto io scena 122 commedie originali, orig inalissime, nello quali non e' era l'ombra di franccso !
Ma qui viene il hnono.
" So la favoln però ù nuova,- continua I' Yorick -· so l'argomento
il tutto nostro, Re l'artificio scenico non è preso a prostilo dalla Francia,
quei drammi o quello commedie appartengono pm sempre alla scuola
francese, seguono lo andazzo, serbano la !isonomia, ripetono l'origine comune dei drammi e dello commeclie di oltralpe...
Cosa Yuol dire mai lessere fiorentino, non capir un aCéidenle delle
cose nostre, e pur voler foro il saccente e il critico arguto!
Povero Yorick ! E pensare che io r a,·e,·o sempre tenuto per un
uomo di spirito!
45 L' Yorick è cli quella razza di critici, i quali credono che anche El
milflncs in mar sia slalo tradotto dal francese! '
Oh dolce Yorick! Mn i:;iamo forso Zulù o Patagoni noi Milanesi per
dissomigliaro dai :Francesi nel modo cho prelenderesle voi coi vostri j )&riod i sgangherali?
C' ò forse a Milano una vita cos·1 cliametralmenle opposta, cosi spiccalnmonlo cliversa da quella ohe si conduce a Parigi, da poter continuamonlo ritrarne con perfella eviclonza dci tipi assolulamcnlo di\'crsi da
quelli della vita francese?
Di r1uesli tipi speciali, spiccali, O\'idenli, originali, noi caratteri, nelle
i1le<', nelle usanze ce ne sono parecchi, caro Yorick. nel repertorio dei
primi anni. Figuratovi so gli scrillori milanesi avevano bisogno che veniste voi Fiorentino ad an·isarneli !
'l'anl' è vero che in qurll' anno e mezzo di vila erano g ià stati presentali al pubblico e mrss1 rn scena:
El pompier o Coo d' or - cho non ò menomamenlo - lo Pompier
do Pa6s.
El prct scapusc e El Cl'/'f'gh ga inatt - diversi dal tipo doi preti
l'rnneesi.
El Cappellon, che non è davn:ro il Serg<'nf do ri/Jf'.
La Sartina e Ja Jfor/a111i11 assolutamenle di,·erse dalle {!risrfte!'
di Parigi.
El slrascee, i angiolilt cbc porlnrn, ;ia. i morlill - El loccb
El IJara/Jba -
Quel/ che vcncl i inguri -
El spazzacamin -
'.M'li toccato di leggero uncho questa! Un giornale artistico, nel quale s i deplo1·i\\'a ohe il F'erraviUa esimio arlisla 1lla pessimo direUoro avesse nssnssinnta la
commedia milanese appigliandosi ulle barocche tr11duzioni dal frunccso f11llo in casa,
stampò queste parole che mi fecero unscoro il desiderio di vedore fra poco dodicahL
qualche ,·in o qualche piazza di Milano ali' argutissimo critico cho nvern fallo la
sC'OpCrla.
" Ci vuol altro - scrive,·n <1uel genio - ci ,·uol ullro signor Ferr:willn, che
ripetere conlinunmcnte le traduzioni di farsetto francesi, quali sono la Stututt di'/
,,u1• ln<:ioda, El duell dcl sur 'P1111en1, E l sur Pedrin ai bagn, e El .llilane,,
in Jfar. .,
Confessiamolo ! Una commedia cho porla per titolo On Jfilanes in mor, o cho
ò lacci11la di traduzione dal francese ò qualche cosa che dimosh·a fino a qual punto
tli elovutezza e di perspicacia possa giungorc lo spirilo critico del nostro paese.
El p1•ll111 -
La ;:11artlin de Jìnanu1 - L'u ur1:1 ri di sc·iori - f/ uEl lìllarol della B11c;s1l - BI Brianzoru - Rl
B 1i><it1 El rcmlilor de colti con sale e erba bonna - RI buio do
Port11 Cincs - Ln .•11bclfo della lobbia - La Jìlnndcrn - Ln donnn.
di pnt:tn d1' colo1· - Ln n~rzt•rnlln - I grappall - I 1'f'duci - T ,·cwroni - I ,.<'{tttill d,./ Lreugh Pii - El brugnrm - El locnnc/N' a
des gbt•i - El brumista - El Yenrlilor de giomni - Ln. giugwlrira
al lott - I filcd1in pnfrntna - I Jalico - El forofolf'ln - T lìwagotlnni - Onn Jlnrio11 drYI 1 "l:S - I noster ari i ...;fn - I gl'rcul I 'ùspons11l1il - On si111/ccli /JnloNl - I Bon:•lonw~li - 1 110.o;lcr scrcul
dc /Jll/I - On mcrrnn. dc "'111YJ11u - L11 m11111ma di gnli, ccc.
El1benc '! ~on c· ò uno solo di questi tipi ciel repertorio milnncso a
cui }lO""fl corril'pondl.'ro neppur da lonlano un p(•rsonaggio, non 1\irò
di Frnnci11, mn ncnncho di nes;;un nitra cillà tl' Ttnlia. E,;si hnnno lutti
unn curallcri:;licn emù prop1·ia o speciulo, cho il sent ir il povorll Yoriek n
dire lull' nl conlrnrio, è unn cosa che dimostra qmrnlo rgli sin tulvolla
dolce di s11le.
surari di 110,·crìtt -
)fu pnrl'c·chi altri nppunli m.:no gravi e na gente meno po' Pr:t di
ingegno -.i foce,·ano al mio leatro:
- Comr mai - mi ::i diceva - potrete voi continuare uC'll' 01wr<t
vo;;lra o formani un drgno repertorio. se il campo che vi .-i spiega dinanzi ù tanto ri:;:lrcllo '! Dove troverete voi, in una cilti'i eh<' conta n
sl,.nlo trrccnlo mila abitanti, hl stoffa per continuaro a ispirarvi in coso
nuo,·c? Dopo rlicci o d0<lici bozzelli casalinghi, dnpo dieci o ùoclici <1ua1lre1ti di gcncr<', gli autori si accorgeranno che non si puii più andare
avanti. perch•" non c' ò pit't nulla di nuovo da presentare al 1>t1bblico.
Quando n,·rctl' esmtrile le risorse ùel color loenlc, tanto nei personaggi
come nf'i modi di dire efficaci dl'i vostro clialello, clo\'l'IJlo smcltcro oppure
ri rctcrvi.
Qunn<lo i vostri Cappellon, Pompier, Snbclt dolla lobbia. fl11r11blw,
Jladnmi1111 cd allre simili macchielle speciali a Milano, nvrnnno folla In
loro eompar;;a gradita e nuova, ma limitala, corno potrei.o voi riprcsenlarli ancora, dato puro che per essi trovasi.e delle situar.ioni nuovo'!
46 -Ed io rispondevo :
- E il teatro italiano 1lunquc, che non ha n<'prmrc ctuesto inacchieUe? B il teatro italiano, cbo vin• eselusivnmento tli duc11es;:o, di marche..."O e cli baronesso apocrifo coi loro rispcltivi mariti e<l nmanti, <tualche
artista e qualche banehicro 11iù apocrifi ancora d<'ll<• donne'?
E del reslo che razza d'un pregiudizio nl('~chino ò quello <li creilero
cho fa commedia milanese non pos~a. o non dohba c;;scro che I<\ riproduzione fologralic:a clr-1 mondo pircino o dPlla vita ca.,alinga dcl basso
popolo·? Questo errore nacque dallo commedia piomonlcsc, la quale infatti si restrinse alle miserie dc-gli :;lrncci, perchò malo si presi.a a dipingere la classe alta della socini.:\. ~fu il 1liulc>Uo milaneso, come il napoletano, come il veneziano, ha una pi0~hovol11zza ed una espressione
cos't gramlo, uho qua111lo si !"appia u"arlo a illl\'Cn' fa buona lìgum anche
jn bocca <Lella gcnlo ammoclo. Como puro ò prcp;iudizio <li mento piccina
il credere ohe col <lialello rnilan<'>iCI non 8i IJO:::i:mno scrivere oho commoclio rln. nulla o farsetto da ridoro. Corlo oho il pubblico am:1 più <li
r idere che ùi piangere! ~{a non si dica cho il 1lialcllo non possa far
pinngorc. E un buon dirolloro, il 1111nlo snpril dmo ri;;allo e varietà al suo
spoltacolo, o colla forza <lei co ntra~lo numonlaro i vnlori ris pettivi <lei
patetico e dell'nllegro, non mancher:'t di mescere nei qunllro o cinque alti
dclJa :=:ernia qualche produzione IOC'Cantc il euoro.
- ~fa ò impossihilo! - sclamtwnno gli oppo;;ilori, - col meneghino
non si puù che fnr ridere.
- Chi lo dice'? Yoi dimf'nlicnto dun r111? cho il Gros"i ha scrillo
la Fu~gilfra.? Forso che nel ...:uor& elci ~ l ilanc~i non bollono affolli,
passioni. desideri, uragani che cs;;:i esprimono nel loro tlialcllo? Forse
cho lln ) lilanese quando <lisprrato va a bullnrsi g iù dal Duomo lo fa in
lingua ilaliann ·? For;;o cho lo slesso scrnc, lo slosso peripezie, le stesse
passioni che d;\nno Yila alla drammatica ilaliuna - anzi clol mondo
intero - non accadono aucho n )liluno in dialcUo milanese?
Milano, rilenula. a ragiono o n lorlo, la capilale morale d'Italia, o
ltn graude centro di vita europcn. Vuol diro che in essa, non sollanto
sono probabili e verosimili lulli i falli o tulle lo scene cho <ll.lcaclono in
ogni grande cii.là del mondo incivilito: dall'adullorio nll'nssassinio, dalla
maledizione paterna al s uicidio, ma vi sono necessario. Se queste scene
saranno llresentate al pulJblico noi ling uaggio vero e reale, ohe i perso-
naggi milnnosi usano appunto por osprimorsi in qnollo circoslanzo solenni
della loro vitn, egli è corto cho ananoo una forza maggiore di verità,
che non presentalo neU' ibrida e accademica lingua, che pur lroppo sono
obMigati di adopera re. senza loro colpn, la maggior pnrle dei drammaturghi italiani. che disprezzano il di<tlello.
- Io sono pronto a scommcllero - saltò su un altro conlradditore
che se lu tonlcrai il dramma iu meneghino farai un gran fiasco.
- Ed io accolto la scommo :;;u - risposi.
Clù ~wesso perduto avrebbe pngato una cena por dodici, da dicci
franchi n ttdtl. escluso ben inteso ogni Yino di Francio.
- Jl giudizio però snrà faHo tlopo la terza recit.1 - soggiunsi giacchti s i sa che la prima sera forò fiasco in ogni modo.
L. amico mi diede la sua parola <l'onore cho non anebbe mandato
in teatro i ,;oliti rifìsclùoni pagali. por far cadere il prossimo dramma
da piangere o che io non avrei comunicato a nessuno il titolo cli esso.
Mi mi,,i al Ji1,·oro o pensai d i s;;c1frere un drammino in un allo solo.
Cosi nessuno sarebbe andato a pensare che con esso io tentavo di vincere la scommessa delle lagrimo. Caph•o bene che sarebl>o slato milio
YOlte piu dillicile il mio assunt o, ma non disperai.
Dopo vonli giorni prcsenla,·o a miei comici: 011 di de Xatal, che
quanlunquc s ia anch· esso una Yern porcheria. ccmc tulle lo cose mfo,
pure ebbo fin dalln prima sera - caso strano ! - un cs;;ilo di emozione o
cli lagrimc, al quale non vogl io io stc;;so dare un aggoltivo qual wcalivo.
Mi ricord o soltanto che un giornale ebbe a scri\'cro cho El di de
11:atal obbligarn la gcnle ad entrar in platea coll'ombrnllo spiegato, per
sah-arsi dai fiumi di pianto cho cadevano dai palchi o dalla galleria.
.l.l pranzo della scommessa presi la sbornia. La sola sbornia di
mia vila!
AYe,•o vinlo un altra battaglia!
47 -
JV.
Ora torniamo ai prino•PJ·
Il J 7 sellembre 1869 -- quando io aYevo già dalo le mio dimissioni
da deputalo' - mori,-a il mio povero zio consigtiero Bernardino Righelli
e mi lasciiwa una oltantiua di mille lire.
La mia illea, covala da lro anni, poteva. du nq ue tradursi in fa.((o.
Pagai.i i chlbiti trovai che mi rcslavano lronlacinque mila franchi, e
senrn perdere tempo mi posi ali' opera.
È da sapcr>'i che in quel frnllcmpo qualche cosa si era già fatto per
avviare lintrapresa. Fin dal maggio dianzi, con Camillo Cima, con Pietro
Tanzi o con Ralagé, ci eravamo riusciti a radunare una decina di dilettanti, i quali ave,·ano recitalo a l 'fealro Fiando - ora Gerolamo una commcdiola in lre alli cd una for;;a, con una naturalezza, una evidenza, una vc riti\ tali da mandar vin il pubblico entusiasmato. La commed ia: On zio scior, di C i.ma, era bellissima; la farsa : ,)[ice elio sccc11,
mal'Ì eh,. pc<:c11, roba mia, ora, naturalmente, 11na vorn abbouiinazionc,
che piacque al pubblico solo prr merito degli allori.
•
••
In pOSS<'S o adunquo dello mie trentacinque mila lir<' mi cljedi intorno por corcaro un localo in c ui potessi costruiro palco scenico, platea
o palchi; mandai fuori un programmn, chiamando a raccolta i giovani
artisti Yolontcrosi di arrolar;;i sollo la mia bandiera e pubblicai un progcllo di , lalulo per una sociell\ in partecipazione con azioni di lire 250,
allo scopo di raccogliere un altra ventina cli milio lire indi~peusabili alla
intrapre::a.
Lo Statuto esprimern la. speranza di aYcre almeno ottanta azioni
sollo cri lto allo scopo :
L Di costruire un piccolo loalro;
2° Di provvedere al corredo scenico e alla g ua rdnroba ;
3° Di c rcaro un reperlorio. rotribuendo gli autori;
0
1
Ci tengo a constatnro questo fallo, percòè il Secolo, quancr era in collera
con mc, mi fece carico ancho di esso, accusandomi di aver date le dimissioni non
perchò fossi nauseato dal fripoftlgo dello Regio, ma pcrcbè lo zio mi aveva lascialo mozzo milione o poco meno.
- 4S 4• Di creare la Compagnia Stabile stipendiata, pagandola anche
nei cinque mesi. che sarebbero occorsi per istruirla, affiatal'la e metterla
in grado cli presenlMsi degnamente al pubblico ;
5° E finalmente di spendere il necessario per la dovuta reclama.
Come si vede se mi fossero venule SLt le sperale ottanta firme avrei
aggiunto alle mie, un'allra ventina di mille lire ; e colle 55 mila, g lt'era
miJ1ga tant de sfoHi. verz ! 1 ma si polern far bene.
Im·ece di ottanta azioni non me ne furono firmale che sed ici. Sedici, numero esprimente la gran f'o rhma, che allietò sempre le mia ,;ta
dal giorno che apersi gli ocel1i alla l11cc.
Ed ecco ad eterna memoria i nomi dei benemerilì cittadini sottoscrittori.
Comm. Giulio Belinzaglli sindaco, Battezzali editore, Bonzanini cav.
..àlessandJo, Berlolotti ing. Pietro, C~j o ìng. Carlo. Chiusi caY. Carlo, Galli
Carlo.Gucrrini Leopoldo, Jungh Ma11rizio, Levi Luigi, 1foscatolli Pietro,
1Iussi Giuseppe, Noscda Giovanni, Righetti ing. Eurico, Ruspini nob.
Fole.bino, Tacchi Pietro.
Quesi i signori a'Tebbero dovuto fra tutti mettere nella società quattromila lire. .Ma siccome il versamento delle azioni si doYeYa foro in J> ÌÙ
rate, cosi non incassai che duemila o quallrocento lire in lullo o por
tutto; giacchè io el1bi lo stupido orgogl io di lasciar credere ohe I' impresa andasse a gonfie vele e che non a,·essi bisogno dì allri versamenti
per tirnr innanzi.
E fu allora che cominciai a 11azzicare coi prestatori di denaro. i
quali mi dimostrarono una fiducia oltre og1ù mio meri to o fu1·ono - lo
dielùaro apertamente - con mo onest issimi.
....
};ei g iorni che prececletlero l' apertura del teatro al pubblico io, come
polete hene immaginarvi, non aYovo proprio mtlla da fare. Ifanno dunque
perfettamente ragiono anche coloro che mi incolpano dì non avere atteso
alla mia amministrazione, o di essermi lasciato mangia re attraverso il
fatto mio.
' 'frallandosi di dialetto la frase non è fuor di luogo. Vuol dire : di scialarlll.
Diamine ! Influo io non dovevo far altro che : attendere alla costruzione dcl teatro, provvedere alla formazione del repertorio, scrivere io
stesso qualche abbominevolo commedia, accogliere gli autori che venivano a portarmi i loro capolavori, leggflrli tutti, attendere ali' esame
e ali" istruzione dei giovani di ambo i sessi, che dovevano formare la
Compagnia Stabile, passar cinque o sei ore al g iorno in provo con quelli
ohe mi si mostrarono abili, abbozzare i contralti acoessorii per Ja formazione del corredo scc·nico, dell'abbigliamento e del parrucchiere, come
pure pensare al servizio del caffè, della guardaroba, al personale, ecc.
Come vedete il mfo torto di non aver badato ai libri di chi amministrava ò imperdonabile, non a,·cndo proprio null'altro da fare !
..
l primi dilettanti ohe mi si presentarono chiedendomi cli essere provali come attori furono Sbodio, :.\ll ilanesi, Pisani, Volontè, FerraviUa,
Cres1ii, :Malgara e fra lo donne: Je duo Giovanelli, la 'l'rezzini, la Vagbi
e la Pisani.
'· Hipassando, oggi, colla memore fantasia la crouaca cli quella mia
fabbr ica clj ilarità e cli buon umore, provo un senso di terribile malinconia. Questa cronaca cova ne' suoi scgreli dei clrammi funerei e dei
dolori strazianti. Vedo ancora piangere e morire cli tisi la pallida Prada
poi la Felicita Giovanelli - da non confondersi colla Giuseppina - e
vedo a dfr così suicidarsi per amore del sig nor Aldo Noseda, l' appassionata Balzarelti; vedo sc.ompariro la genial.o Trezzini, che era moglie
di Vespasiano Bignami - la portinara cantante de1 Bar chett de Boffalo r~i e vedo la gentile Sassella, che ritiratasi iurnno dalle scene
fu colta poco aopo dallo stesso destino che perseguitò per tanti a.110.i le
prime donne del mio leatro, e vedo poi la lvon. colpita da una stolida
calunnia, arrestala, processala, poi libera, ma pi<rngente la perclila della
1n·opria madre. ohe morirn. di schianto. ,,
Gli autori sulle prime non furono che Cima, Duroni, Tanzi, la contessa Viani Visconti, Tronconi e Salngé.
49
Cima aveva già provato il suo Zio scior e mi consegnava i copioni
del Pret scapusc e del Barchett de Vaver; Duroni mi dava I Frough
artificiai; la Viani Visconti El LoU e la Cassa de risparmi; Tronconi
la Mader madregna; Salagé Trii cocumer e on peveron.
Avvenne ohe un giorno - era di settembre - avendo avuto dissapori con Camillo Cima, egli ritirasso i suoi copioni del Barohett de
Vaver e del Pret scapusc, ed io impuntigliato a non dargliela vinta
gli gridassi dietro :
- Non importa; in sosliluzione de' tuoi capolavori io scriverò: El
Barol1ett de Bofi'alora e On pret che sent de vess omm.
Tornato a casa infatti buttai giù di fretta l'intreccio del Barohett de
Boffalora, ohe mi fu ispirato dalla Cagnotte, e con febbrile ansietà, in
cinque giorni, riuscii a terminarlo e lo portai in teatro a miei comici per
provarlo.
A coloro che, tanto per farmi piacere, seguitano a dire ohe El Barchett de Boffalora è la traduzione smaccata dalla Cagnotte, io darei
volontieri ragione se si trattasse di un appreziazione a me contraria e
non di un fatto positivo. Santo Dio! Come si fa poi a stravolgere anche
i fatti ? Finohè ripeterete ohe io sono un matto, vi potrò batter le mani,
per la vostra opinione; ma quando dite ohe il Barchett è una traduzione tal quale della Cagnotte voi non dimostrate altro se non ohe di
avere una intelligenza al cli sotto di quella della melolonta vulgaris,
(vacchetta), oppure di non conoscere l'una o l'altra delle due produzioni
e magari di non conoscerle tutte e due.
Quando annunciai El Barchett fui io il primo ad aggiungere tra
parentesi: (ispirato dalla Cagnotte).
Ma fra la mia commedia e la commedia francese c' è una tale e
così sostanziale differenza, ohe a vedere i critici non accorgersene, c' è
da farne la burletta sul serio.
Il Filippi - il solo ohe non avessi in quei giorni avverso, - scrisse
nella Perseveranza del giorno 28 novembre 1870 - 9 giorni dopo l'inaugurazione - queste righe:
" Il teatro si aperse col Barchett de Boffalora. di Cletto Arrighi,
ohe a mio parere è un ammirabile bozzetto dei costumi lombardi della
campagna. E tratto della Cagnotte, ma la riduzione, o a meglio dire la
trasformazione, è cosi ben fatta da esoirne un lavoro nuovo di getto, pieno
di osservazioni, di vis comica, di spirito e di effetti esilaranti. Nel primo
atto la famiglia Spinazzi e il Piooaluga sono tipi, quali non si vedono
che nelle grosse borgate di Lombardia. E sullo scherzo nuovo si aggira
tutta la graziosissima commedia piena di amenità locali e di frizzi, non
escluso un ma lei mi sgonfia e il non glw 11e impodono del sur Piocaluga, ecc., ecc. ,, '
Adulatore, piallone esimio quel povero Filippi !
E sì che da me non prese mai un soldo!
..
Comunque sia, debbo dire ohe alle prove anche i miei comici, forse
per farmi il solletico, mi diedero tali e tante speranze di ottenere un successo imrnectiato, schietto, sonoro, ohe io non pensai neppure a mettere
in pronto altre commedie pel caso che El Barchett dovesse fare il fiasco,
ohe fece.
Mi ricorderò sempre di Sbodio e della Giovanelli che non rifinivano
di farmi le loro congratulazioni, per avere saputo metter insieme così di
fretta un lavoro, ohe secondo loro superava El Barcllett de Vaver del
Cima.
••
Finalmente il giorno 19 novembre si fece la inaugurazione, e finito
lo spettacolo io mi trovai con trentacinque palmi di naso.
Quand'io ripenso ciò ohe provai andando a letto, la notte del 19 novembre, allorohè, dopo tanta fatica, tante lusinghe e tanti denari spesi,
dovetti accorgermi ohe i miei concittadini non volevano saperne dell'opera
mia, giaoohè tra le altre cose s'erano guardati bene dnl venir in teatro
in folla ...
E risentii suonar negli orecchi i dolci sibili di cui mi avevano
beato quei pochi ohe vi erano capitati.
E li udii, quando uscivano, sclamare: Quel Cletto, lui vuol far tutto,
vuol tendere a tutto, e non è buono a nulla ...
' Perseve1·anza - Appendice del 28 novembre.
- 50 Sento no('ora riuarmi::.i i capt>lli in capo e un Sll(lOr freddo scorr<'rmi
qui lungo In spina dorsale.
N!lndimeno finii coll'nddormenlnrmi o quella notto sognai ohe il si!..'TIOr Zuccoli, Yorick e Cnmerini. colla 1ulm in capo o nel resto nudi come
le tre Grazie cl<>i Cl111ova. mi erano venuti dinanzi n farmi una s morfia
colla mano s1>icgala a ventaglio e colln punta dcl dilo pollice posalo
sulla. pm1ln dcl naso.
J,a mnlliua mi Je,·ai con un' idcn (li feroce ribollioue. Un' iùoa che
non sarebbe certo ,·enuta 11 nessuno capocomico dell'orbe terraqueo, compreso Ferravilla: quella dj forzare il pubblico ad acceU.Me, a capire, a
"1tsl11rc. ad applaudire il mio BRrchetf do Boffalora.
E ordinni la replica.
Dal libro della mia ammioislrnzione ri16vo, ohe se la prima sara
nve,·o fatto poche lire cli introito. la seconda. la lena e la quarta ne
teci ancora meno : e a,-e,·o 3 O franchi di spesa serale!
E i fischi continuavano alla più bella. che era un pilleere do/ gobbo!
1 miei concittadini mi ripetevnno s u lulti i tuoni il nemo proplwla
i11 patria. ~ò io poleYa gcltar la colpa del mio insuccesso sui comici,
c·ome ranno qua"i Eempro gli autori. Essi recitavano bene, secondo me,
pcrcùè facevano lutto quello che loro avevo insegnalo.
Dovetti dunque persnadermi d' essoro tma gran bestia anche come
i~rutlore drammatico.
- Proviamo - mi diSS{' il .\lilancsi. che faceva la parte del sur
Piccaluga - proYiamo n recitar falso. a meli.ere in opera i soliti mezzucci d'effello. 11 pubblico non è avvezzo alla nostra naturalezza. Divent io mo assurdi o vedril che piaceremo.
- Xo - risposi - piuttosto chiudo il tp,atro.
Se non che i comici, i quali erano <Liscretamcnlc mortificali di sentirsi fischlare tulle le sere, cominciarono davvero a strafare e a rappre:icntarmi El Barchett scelleral.amenlc.
E fu allora, quando cioè io autore nvrei preso a revolYcrnw i miPi
attori, che El Barcheft trionfò. Il pubblico ci aveva messo sci sere a
capirlo. E da quel giorno a tutt'oggi fu rappresentato due mila e trecento otlantaduo volle o produsse soltanto a m& - in sei anru dal 1870
al 1876 - la cifra di cinquecent.osettanlano,·e mila franchi di introiti
lordi.
La sorte t.occata al Bllrchett, doveva rinnovarsi ad ogni prod uzione
nuon1, tanto oho diventò perfino tradizione, che al .Milanese i fiaschi pìù
cfamorosi delle prime rapprosonUlzioni fossero precisamente quelli destinali a mutars i nei successi più duraturi. Così che mentre in tutti gli
altri lealri le pieno si facevano con spettacoli nuovi, al Milanese accade\'n lutto il rovc c io.
Non piacquero la prima sera nè la Donzella do ca BelloUa del
Cima, pur tanto be!Ja, nè la )fo.JmM·idacla. e la 111>.so imbaltuda del
Duroni, ne i Trcbuleri del s ur Spella del Parravicioi, con una mus ichetta saporitissimo, nè On prct che sent dc vess omm, nè la. Sura Palmira sposa., nè 011 Milancs i11 mar, ecc., ecc.
..
Il fotto è che le cose della mia ammini:;trazione nel primo anno
e rano andate alla poggio.
Vedendo, che tranne el 1Ja1·chett nessun'altra commedia aveva la
potenza di chiamar gente - i miei libri parlano - ebbi la malinconia
ili montare uno spoU.acolo di musica classica. Diedi Oianni11a. e B er11ardone di Cimarosa. Spesi un monte di quatlrini e mi ebbi una fiera lavai.a. di capo dal Fi]jppi nella Persevera.mm. '
Il primo anno (1870-7 1) ebbi un deficit di ventimiJa lire. I Milanesi non volevano saperne cli venire in folla nel teatro del loro dialetto.
e por attirarli io s pon::levo troppo nella messa in scena e ne!Ja réclame.
ò nella PerSOl'eranzn di quei giorni un articolo del Filippi, SlÙ
modo con 0ui s i presentavano al pubblico Je camere, le cucine, le botteghe, lo piazze. nel mio lealro, che dimoslra sempre più come quel povero a mfoo fosso verso di mc parziale e piaggiatore.
Parlando dcl Nodar e Porucchee, scrive : "La bollega del pnrrucchioro elegantissima, con scaffali, oggetti cli profumeria c lutto l'occorrente ))Cl servizio degli avventori è una maraviglia ...
E il Torelli Viollier nel Corriere:
"Io questa, come nelle altre commedfo date al ~!ilanese, è ' ammirabile l'accuratezza della mossa io scena. Nel Nodar o Perucchee essa
c·
' O marzo 1871.
ù spinla fino nllo scrupolo. Alla bollega da parruccl1iere nel primo alt.o
non manca proprio nulla. Specchi, pettini, profumerie, lrcccio false, ferri
da arricciare. spazzole piane, spazzole rotonde, c· ò tutto! Basterebbe
lrnsportnre la roba che e' è :::ul palcoscenico in una bottega qualunque
per uvere bella e allestita una vera bottega di coifl'eur. La camera da
letto del teno allo non e meno minuziosamente corredata. li signor
Filippo Carenno non è più diligente nel riprodurre il vero ne· suoi quadri di quello che il Righelli nel riprodurlo sulla scena.• e Ralzac fosse
talo impresario non avrebbe fatto di più. ,,
Nuluralmcnte per ottenere questi risultati ci volcvimo di molti
quattrini. E lulti, a gara, me ne preslavano, perchè le trcnlaselle mila
lire dell' impianlo erano gii1 ~f'umnte.
..
Ora 1lirò di qualche innovazione da me introdotta. A dilforenza dolle
Compagnio ilnliane nelle quali sono desigt1ali a ciascun aUore i così
eletti ruoli ed il rango, io volli che gli a((.ori della Compagnia milanese
non avcsi;;ero nù ruoli, nù ranghi.
A mo pareva strano che un artista non dovesse far allro tutta la
vita che bclnro dichiarazioni d'amore, perchè lo si chiama primo o secondo amoroso, mentre un allro non avesse a far allro che dire sciocchezze, lentando di far ridere il pubblico, perchè lo si chiama brillanle.
Nella vita non vi sono uomini che facciano sollanto e continuamenle
all'amore o che non facciano altro che brillare. Io volevo cho gli ntt.ori
<lei mio tenlro fossero uomini, non recitanti.
li fallo li elio con tale mezzo, malgrado il repertorio sulle prime rii;tre((o, io poloi vincere con discreta infamia la più lerribilc, la più insormontabile difficoltà. che mai si sia presentala a Compagnia drammatiéa ilaliana. quella cioè di stare nientemeno che olto mesi di fila a
) I ila no nello stesso teatro.
Questo fatto parve un miracolo anche ai più valenti e provetti capocomici.
- Come! - sciamavano essi - noi che orediamo di avere le
sommità dell'arte llrammaiica, stipendiai.e con ventine di migliaia di lire;
5l
noi che abbiamo un repertorio immenso, non possiamo reggere più di
quaranta gioroi, o tutt'al più due mesi, nolla stessa città e, unita la breve
stagione, ci tocca, a grandissima spesa, <li viaggiare per altri lidi, mentre
tu osi cli tenero la tua Compagnia dal sellembre al giugno?
Com'è questa storia? Insegnami un po', te ne prego, il segrelo d. un
tnle miracolo, che sarebbe per noi un risparmio di molto migliaia di
lire sprecate in trasporti di robe e in perditempo.
Una parte del segreto sla in una cosa semplicissima. Ed è che i
comici ùel teatro in dialetto par/ano una lingua parlata, mentre i comici italiani r ecitano nella lingun scritta.
Ci sono però ùue riforme dc\ mo introdotte fin dal principio, cho
aiutano il miracolo.
La prima riguarda ancora appunto quella 1\ cui acc(.IDnai più sopra
dell' abolizione dei ruoli. Gli artisti del teatro milnneso trasformandosi
continuamente, lauto nella figura come nei caratteri, possono assumere
una infinità di ruoli diversi e lalvoltt\ importanlissimi, che nella drammatica italiana non lroverebbero posto o snrobbero <lati ni cosi eletti generici o parli secondarie.
Da quella varietà di tipi, di caratteri o di varli, cho gli artisti tlel
Milanese assumono, no scalurì fuori una conscgu.enza rara e cioè che a
volt.a a volta ciascuno - anche dei più umili - 1>uò ùire di essere riuscito sommo in qualche parte.
Non dico del Ferra villa, che dopo aver fntlo con plauso il giovinello
retluce dal collegio e innamoralo della Ida nei Trii C e Trii D, ~allò
il pubblico nella parte di vecchio acciacco$<> o rimbambito, a cui il medico ordina di cantare tanto per distrarsi, in un'altra mia commedia Dal
fece a la cantina (dalla qualo poi il J.'crravilla tolse la sua Scena a
soggetto con uno slancio che gli fa grando onore). Non parlo del Giraud.
che dalle parti nobilissime del Nodtlt' C' Perw.:chc<• e dalla ,lfC'i 1m1nC'm
ùo lnssà la Morosa, scendeva a quello volgarissime d<>l Carlambrocus
de Montesell e della Caritaa pelosu. Non parlo di Sbodio, che fa il generico briccone nel Sur Zampetli del Sabot Grass, l'amoroso nel Brus
democratich, il caratterista squisito nel Poe11rn de post, e il caratterista
serio nel padre della Sciora dì Ca.mcli, e como nessuno li saprebbe fnr
meglio.
Non parlo della Ivon che recilò In Sciorn di Gameli - traduzione
62 i loro parti più e più volte e sono: Battoni, Bonzanini, Carati, Cimn,
Conti, Dassi, Dossena, Duroni, Ferrnvilla, due Fontana, Giarelli, Malvezzi, Milanesi, Mendel, Monteggia, Parravicini, Praga, Pozzoli, Romussi,
Salage, Sbodio, Speri, duo Tanzi, Telamoni, Tronconi, Viganò, Villani, e
le tre signore: contessa Viani Visconti, Bereltini o Trezzini, che con me
formano i lrent.atre.
Le produzioni più fortunate in quei tre anni dopo El Barchett de
Boffalora, furono El Togn Facchin, (Bonzanini), I Foough artifìcilli
(Duroni), La Donzella (Cima), El Barchett de Vaver (Cima), L'Arcobaleno in cfon Oum~ (Duroni), Trii Oocumer e un Peveron (SalagéJ ,
l fun che va l'alter che l"en (Ferravilla), A/1 maledetta! (Monteggia), I
deslipp do/ sur Barlolomee (Duroni), On Agent teatral (?), El Signor
di PoveriU (Mendel), La malmaridada e la pese imbaltuda (Duroni),
I tribuleri del sur Spalla (Parravicini), Francesca da ridere (?), La
Pina :bfadamin (Fontana), Parer e occasion (Battoni), La festa de San
Luguzzon (Cima), La Mamma di gatt (Sbodio), El sciopero di Jfadaminn (Duroni}, On Farfallin (Edoardo Sonzogno), On spos sequestraa
(Dassi), In vagon de segond post ~fonteggia), e le mie: I Trii C e i
della Dame aux Camelias - in modo da far strabiliaro, e si prestò a
far da comparsa nella Class di Asen.
Non parlo dell' inarrivabilo' Giovanelli, di cui fu dello ohe era
stata creata apposta dalla Provvidenza perohè io potessi farla riuscire
una grande artista.
Ma tutti i minori? Il Gandini per esempio nel Milanes in mar o
nel Camerer dol Barchett era sublime. Il povero Marchesi non ora.
nulla, nullissimo. Eppure nella sua parte cli barbiere nel Barchett, quando
si presentava zoppicante a domandare: l'è chi che voeuren fass desfà.
la barba? - e poi quando legge il cartello appiccicato s ulle spaUe del
sur Piccaluga, non flra egli forse tale che migliore o più vero di così
sarebbe stato impossibile imaginarlo? 'l'anl' è vero che tutti quelli venuti
dopo di lni e islruiti da Ferra\·illu mi parvero abbominovoli.
E il Dassi? Chi è che avrebbe oggidl il coraggio di fare il bidello
della Class di Asen, dopo che il tipo fu creato dal Dassi?
Io ho udito Ferravilla confessare che non saprebbe farlo cosi bene.
E la Comelli non è forse nelle sue parti una gmnd&attrice? Quando
la Duse venne a Milano a rappresentare Francillon, io scrissi per la Comelli: Gran Ciallon. Chi non ha veduto la Comelli parodiar la Duse, non
può sapere fino a obo pttnto }lessa arrivar nel Teatro milanese lo spirito
cli imitazione.
Naturalmente il Ferravilla, vedendo il successo, aboli subilo il mio
Gran Ciallon dal suo repertorio, e non lo dà neppure quando, venendo
la Duse a Milano, o recitando FrancilJon la mia parodia riuscirebbe tanto
opportuna, e sarebbe come si dice una chiamata cli circostanza.
La seconda riforma fu l'abolizione dell'abbonato, che non permette
le repliche.
Trii D del bon gener. - El 0Rppoll d'on Oappellon - Oarlambroous
- La gent de servizi - El casto Giuseppe - El GrllJlduca di Oerolstein - On Mi la11es in mar - On sord e na sorda - On Jfinister in orbe. - El Bersaglier gentil - Teresa - On cfJ de No.ta l
- La moi manera. de lassà la Morosa - On Pret che sent de vess
omm - [,a sura Palmira sposa - On matrimoni per procura Nodar e Peruccheo - On Sabet Orass - Dal tecc a la cantina Miee che secca Mari che pecca - El Milanes in l isola - Tre riviste, ecc., ecc.
••
•••
.
Nei primi tre anni - vale n dire in oircn 460 recito dale a Milano
- erano state rappresentale 146 produzioni nuove, e s'erano fatti innanzi
cinquanlndue aulori fra cui tre signore. Diciannove furono scartati ipso
facto. Oli altri trontatre ebbero la soddisfazione di vedere rappresentati
' Epiteto usato spesso dal Filippi parlando di questa attrice.
Terminata la stagione del 1873 e abbisognando il teatro di altre
modificazioni specialmente nel soffitlo io mi accinsi a nuove spese, le quali
dovevano scemare quelle che nei tre anni avevo dovuto sostenere per
gli stillicidi dalla tettoia a vetri. Nella costruzione della volla col lucernario come sta ora spesi altre quindici mila lire.
La stagione del 1873-74 fu piuttosto felice. Entrarono nella campa-
gnia il Giraud gia provetto e la Emma Ivon, nuovissima alle scene, ma
sfolgorante di bellezza e di ingegno. Mori.a la Prada, morta la Balzaretti,
che dal 1870 al 73 avevano sostenute le parti di prima donna, il loro
posto era stato preso dalla Rica Oldani, che oggidì lasciata l'arte dirige
un fiorente atelier di modista in Torino.
Intanto si faceva innauzi il Ferravilla.
Su di lui pochi mesi fa io ho stampato un libro, che andò a ruba,
nel quale dicevo quello eh' egli merita si dica di lui per quello straordinario intuito artistico di cui è dotato, e mi permettevo di censurarlo
come direttore della Compagnia.
Questo valse perchè egli facesse oggi ciò che Paolo Valera pronosticò : aboli dal suo repertorio le mie produzioni. Chi volesse sa1>ere
di lui adunque non ha che da andar in biblioteca, se non vuol comperar
il mio volume, oppure dal mio editore Carlo Ali1>randi, che ne tiene ancora qualche copia della seconda edizione. 1
Il 1874 segnò sotto la mia direzione l'apogeo della riuscita. La compagnia bene istruita, omogenea, affiatatissima, compatta, giaccM io era
riuscito a ciò a cui pare che i capocomici italiani sieno inetti - valo
a dire a tener insieme i miei attori - mi avrebbe dato un utile grosso
se io avessi saputo frenare la smania di spendere troppo in quel piccolo
teatro, che poteva render poco.
L'amministrazione, che era passata nelle mani di Gigio Perelli,
inappuntabile.
Ma la r éclame, la messa in scena, la guardaroba e sopratutto gli
interessi passivi mi assorbivano ogni guadagno.
Per il debutto della Emma Ivon, le feci fare due abiti dalla Beltemacchi, che mi costarono mille e cinquecento lire.
Per quanto allora il biglietto d' ingresso fosse pari a quello del Teatro
Manzoni io non riuscii a fare mai di più di mille franchi nelle sere di
piena.
•
••
Nel 1876 scadeva il contratto co' miei comici. In quell'anno le cose
erano andate alla peggio. Un complesso di circostanze avverse m'avevano
1
Ii'erravilla per Cletto Arrighi, con illustrazioni di Vespasiano Bignami.
53
messo in San Quintino. I creditori del teatro mi assediavano. Per rinnovare i contratti, i miei comici vantavano pretese esagerate, perchè io
non potessi accettarle e così avere un buon pretesto per distaccarsi da
me. Era naturale che ormai, messi sulla buona via, essi desiderassero di
fare da sè. Io non li rimprovero punto. Ciascuno deve fare il proprio
interesse. La gratitucline è una parola vaga ed incerta; le palanche invece hanno un suono fermo e certissimo.
Un vecchio comico da Stadera, che aveva un gruzzolo da parte, un
certo Telamoni, subodorò l'affare, si accostò a'miei comici, li circuì e Ii
persuase a passare sotto la sua bandiera. Non gli pareva vero di con quistare per mùla una compagnia istruita, affiatatissima, vestit.a, sfruttando
r opera mia., e godendo sulle mie fatiche i frutti futuri. Il FerraviUa in
quel tempo s'era già. rivelato per quel grandissimo attore, che riuscì di
poi; e' era la Giovanelli - che par tagliata a posta per le donne del
volgo - e con loro e' erano la Ivon, la quale, come dissi, nella Signora
delle Camelie si era mostrata così grande da far scrivere al Filippi che
ella aveva superata la Marini e da ispirare a Paolino Valera un tale
entusiasmo che, a me, seduto vioino a lui nelle poltrone, a me, che sapevo essere lui venuto in teatro por fischiarla, parve perfino esagerato.
Il ohe convenitene, è tutto dire!
Paolo Valern, che allora mi confessò ingenuamente d' esser entrato
con intenzioni ostili, mi clùese che lo J>resentassi alla Ivon. Tutti furono
presenti agli sdilinquimenti del povero Paolino " che non avrebbe mai
creduto eh' olla fosse così grande attrice ,,.
••
Fra le innumerevoli incongruenze accadute nel mio teatro debbo
notare anche questa. Chi sapesse spiegarmela sarebbe bravo davvero!
La Ivon recita la Sciora di Camelie come la Duse e la Sarah Bernard. È acclamata dal pubblico, dalla stampa, perfino da suoi più accaniti nemici. La seconda sera mi fa far un pienone, come ne avevo veduti
pochi. Rinnova gli entusiasmi della prima sera. Dopo la recita mi dice
di non volerne più sapere. Perchè? perchè Armando non le va. Armando era Giraud, il quale sia per l1 età, sia pel suo carattere scettico
e brillante, non era certamente tagliato a far l'amorosetto; ed era lui il
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primo a con,·cnirne. Eppure non aveva g uastalo. Tant'è vero che il
dramma aveva prodotf.o un trionfo. Sarebbe stai.o il Giraud in caso, nel
suo pieno diriU.o di rifiutarsi a fare l' Armando. E infatti io proposi alla
Ivon di sostituire al Giraud il Cima. Non ne volle sapere. E la Sciora
di Cnmeli fu messa da parte e nou la si rifece mai più.
Ma pazienza ! Se la I von dopo aver avut.o quel po' di soddisfazione,
dopo avere acquistato la certezza di poter essere grande nel dramma,
avesse volut.o mettere da parlo la Sciora di Gameli, perchè non e' era
l' Armando ohe le andasse, io non avrei av ul.o nulla a ridire. Ma quello
che sbalordisce è che la lvon non cercò mai più di creare una parte
seria, una parte come quella di Margherita.
È vero che anche a lei toccò la sventura, che l'ha stroncata di pianta !
Qtù è venuto il destro di dimostrare a coloro, i quali dicono che io bo
tutta la colpa d' essormi lasciato sfuggire di mano il teatro milanese, di
raccontare in breve il perché ed il come senza mia colpa ciò sia accaduto.
È da sapersi dunque, ohe io avevo s peso nella formazione del re1>erlorio una diecina di mille lire. La Compagnia, che mi aveva abbandonato non a\•rebbe potuto rappresentare nessuna delle commedie di mia
proprietà se non dipendendo da me, giacohè la legge permeUeva bensì cli
rappresentare i lavori stampali, anche senza il permesso del proprietario
ma non già quelli manoscritti. Di produzioni milanesi non ce n'erano
allora di stampate.
Ora avvenne, che in quel frattempo il Parlamento facesse un' altrn
legge, nella quale era abolila la distinzione fra stampato e manoscriUo
e dava al proprietario il diritto di velo su tutte. Allora, siccome il Barbini edit.ore, mi chieclova il repertorio milanese da stampare, io fidand o
nella salvaguardia della legge, glielo diedi. Non appena le commedie
del mio repertorio furono stampate, usci una nuova legge, ohe distruggevn
la salvaguardia e dava ai capocomici il diritt.o di recitare come volessero
le produzioni a stampa, ed io fui bello e fritto. E siccome pe1· ritirare i
diritli d'autore avrei dovuto spendere di più di quello che le commedie
mi avrebbero frullal.o, cosi dovetti rassegnarmi.
Ln mia compagnia dunque mi lasciò e a me restò il solo teatro col
repert.orio e la guardaroba divenuta inutile.
Pazienza! Cedetti ogni cosa ai credit-0ri e sperai, coi proventi dell'affitto, di ammortizzare i debiti, che gravavano appunto sul teatro.
Infatti nei primi due anni, dacché la Compagnia m'ebbe abbandonato,
distribuii in acconti ai credit.ori una dozzina di mille lire o non tenni
per me che cinque miserabili franchi nei giorni di recita. Il signor Azimonti, amministrai.ore, può far fede di ciò.
n contratto d'affitto col padrone di casa andava fino al 1890. Avevo
dunque dodici anni dinanzi a me. Il subaffitto del teatro alle Compagnie mi rendeva circa sei mila lire nette. In dodici anni ne avrei pagate settantadue mila di debiti, e sarei uscito con discreta infamia dal
pelago burrascoso.
Come facevo i conti senza l'oste !
L'oste, nel mio caso, fu il teatro Ring di Vienna, che una bella
sera, andò a fuoco e fiammo, producendo, colla mia rovina, l' immane
disastro che tutti ricorderanno.
La prefettura mi fece chiudere il teatro.
Si trattava, per poterlo riaprire, di dover spendere una quindicina
di milio lire, onde fosse addatlato alle nuove e giustissime esigenze
della sicurezza pubblica.
Io non avevo il denaro per fare queste operazioni, e nessuno me lo prestò.
Mossi causa al padron di casa, il quale avendomi affittato un teatro,
e non una sala chiusa per forza maggiore, sarebbe stato in obbligo di
ridurre l ente affittatomi in istato di essere riaperto.
L' avvocato FacheriA, mi lasciò perdere la causa, ed io mi trovai
spossessal.o anche del teatro, nel quale avevo profuso un centinaio di
mille lire.
E con quest.o vi striscio In riverenza e vi auguro buone feste.
Milnno, 22 ottobre 1889.
~----- ---
1 INAUGURAZIONE DELLA STATUA DI GAETANO DONIZETTI
nell'atrio dcl Teatro alla Scala la
~e ra
dcl 10 mar'L.O 187-0.
L ><ignor Francesco Lucca, dcl quale qui contro porgiamo il fodcle
toria fosso ultimala; e la s un dcg11a Yetlova, la s ignori\ Giovannina
ritratto,' che fu por avventura il più intelligcnto editore musicale
che col s ig nor rn ovanni Hicorcli tenne, s i può quns i dire, il monopolio delle partizioni tlcl1C1 opero d el teatro lirico italiano ; il s ignor Fran1·<'sco Lucca, C"hc provò col folto proprio la vcritii di qucll" assioma cht'
'olere e potrrc. perché da umili C"ondizioni di fortunn, colla propria at1iviti1 P<l in_g<'gno. alla maggior probità congiunti, i>l•ppo elevarsi a ricd1~·zza c alla gcncralP rslimnzionc, generoso ""mpre coi giovani maestri
" cogli arti,.1i, fu nnchc uomo di assai mito animo e virtuoso e mostrò
coll'esempio suo comc non ,.:ia sempre vero il p:iudizil) cho 'recò I' alem::rnno ::\lordau, qunndo nO't·rmù essere la gratitmlino l10n al!ro che la
,:peran za tl i futuri favori.
P er occhò qunndo egli concepì l"idea d i dMe alln slntmi lli Hossioi,
ehe e ra s taIn crcl la ncll' nt rio del 'l'eatro alla 8cula, unn compagna in
ciuclla clelr immortalo a utore di • lrwa Bolcna, tli Lm:i11. lii Lucrezia
JJrirgia, di Poliuto. tlcllu F1n-orilll e dell'Elisir, per non dir <i' altri
molti capohn·ori mus icali, Unelano Donizetfi ora già morto, nè ù;i lui
11uindi era possibile ,:pemr<' r acquisto d. altri sparliti , o la concessione
11" alcun fayore .
E il gentile pcn,.,ioro Yolle Francesco Lucca incnruare. allogandone
l"esecuzione al valoroso cognato suo. lo scultore Giovanni Strazza, l"egregio autore d ell'Js rmil'/e o della colossale statua dcli'. I runnl', cho può
c;;sere ammirata ancorn noi cortile del nostro .\.rcivcscovato.
)fa la morte colse il generoso signor Lucca prima che l'opera soul-
Strazza, credo della di lui furlunu, come de' cli lui nobili Sl!nLimonti,
I
1
Francesco Lucca nncq uo in Crilmona nel 1802; apprese dapprima io ~filano
l'arte dell'incisore nello stnbilimenlo di Gio. Ricordi; quindi viaggiò nll' estero o
di ritorno in )filano ricco ti' utili cognizioni, fondò qucll<> sfnbilimonto mus icale,
eh' egli fe' prosperare cosi da riuscire, come scrisse Filippo Filippi nella Perseveranza, uno de' piia importanti d'Europa. Protesse eflìcacomeute gli ingegni,
soccorse quanti poi;• e si tenno sempre modesto o però fu amnio dn tulti e quando
la sua preziosa vita si spense, ciò che avvenne nel 20 novembre 1872, fu generale
il compianto in )!ilano ; i giornali cittadini e d'Italia no ricordnrono lo virtù ed i
meriti e i s uoi funera li furono onorali dn imponente corteo, in c ui s i videro addolorali i più riputati !IltU?Slri ed artisti che si lro,·avano fra noi.
iutorprolo <lelJa volontà d el compianto marito e fedele escculricn lii essa ,
consC'gnava poscia al )funic ipio clella nostra città la belln statua di Donizctti uscila dallo scalpello dc l s uo illustre fratello e il )lunicipio ne
inaugurava la. collocazione 11cll'atrio ùel suo maggior<' teatro nl•lla sera
1lcl 10 marto 1814, mentre sulle scene <li esso rapprrsenlanu:;i la Luc:ia
di Lt111111icrmoor, l'appassionata o applauditissima opera d1•Ir immortalo
mac,;fro.
Mentre le allre s tatue degli altri sommi maesll·i di musica ilalia ni,
che pur crnno sorto, o sorsero di poi, furono el evate a s pesa dcl )[unicipio nos tro, perchò questo non c hbo almeno Ja g iuslizia Ili scolpire,
nel baf:a mento, a memoria di puhhlion. benemerenza, che l'opera era s taui
a s pesa tlell' unico signor Lucca ·1
J'regiamo 11uesle pagine di'! lliscgno della bella statua d i 11ucslo
~r1111do mae:itro.
P er quella solenne occasiont'. ùcll' inaugurazione di essa, la signora
Giovannina Strazza pregava l'amico avv. Pier .Ambrogio Curti, pcrchò
s i compiacesse unire a q uella fesi.'\ doll' arle fa YOce dello muse, memore, per avventura. c he
Gioia non è compiuta
Quando la voco dello muse Ìl muta ;
e• quo! J10stro amico non lo seppe ri cusare di compiacerla o il dl stesso
le consegnava i ricl1iesti versi, che ben si può di re, corno ancho il letloro potrà accorgersene di leggieri, essere stati dettati ali' improvviso.
E la Strenna de' Rachitici, adesso fra le memorie della Milano
Nuova, crede abbiasi a tener conto di questo tratto di generos ità c he
sommamente onora i signori coniugi Lucca, il cui nome ò oramai assicurato alla storia dell'.àsle Mus icale per tante altre benemerenze, puhblicando il canto che ricorda appunto la collocazione del monumento al
grande Maestro nel nos tro 'fcalro alla Scala.
s
1,
\l I \
\11
1•,.\1/1 I Il
O DE .
cli stolla ignavia
E di codardi amori!
Per lo straniar crescevano
Solo d'Italia i fiori;
Dalle segrete ai popoli
Se un grido mai sorgea,
Mostrando egli la martire,
" Essa non è che un nome ,, rispondea.
T
E poi che a lui di stringerti
In un eterno amplesso
Il fato inesorabile
'r ' ha prima d'or concesso,
Scendi su l'ale agli angeli
Dalle celesti sfere,
Vedi siccome compiasi
Or dalla pia consorte il tuo volere.
EMPO
E a lui dirai: che memore
Sempre l'Italia fia
Delle divine mélocli
Di Po/iulo e Lucia ;
Fin che la mente a Italia
.Rifulgerà serena,
Darà il miglior suo plauso
A Borgia, a Favorita ecl a Bolena.
Pur risuonò di gloria
AUor quel nome allero
P er I' Eliterpe italica
Nel gemino emisfero:
Fra i plausi e fra le lagrime,
Al suo divino accento,
Ognun diceva : ha Italia
Ancor scettro e regal paludamento.
Non più dei trisli secoli
Or la vergogna dura,
Sgombra è dal suolo ausonio
La barbara sozzura:
È nostro alfine il tritico
De' nostri campi e il vino,
Nostri de' fior' l'eflluvio
E la beltà dell' il.alo giardino.
L'alato inno sprig ionasi
Di liberi.e\ dal core,
Né più matrigna Italia,
Nega a' suoi grandi onore
E tu, gentile Spirito,
Dai g1:merosi affetti,
Potesti il voto solvere
All'immortale amico, a DONIZETTI.
-
Dirai: che invano il tempio
Delle celesti ~fuse
Alle straniere illecebre
Jnvan tra noi si schiuse :
Quel ohe si vuol dagli Itali
Ben allro è l' icl"ioma,
Che Dio ci diè l'angelica
Arte del canto, come nostra è Ro:na;
Che sulla sacra soglia
Or del canoro loco,
Quasi tremencli arcangeli
Colla spada cli fuoco,
SLan venerate immag ini
La sua e di Rossini,
Che le superbie attutano
Di chi avversa i lor numeri divini.
P. A. ÙURTI.
EXTRA MURO
R
ITTA sulla soglia dt·lla porla Susanna guarda\'a dnrnnfi u sè nella
via fangosa cito si perd ovn fra le casupolo mcsl·hinc dol borgo,
s lclleggiala tl" immondi7.ic - vero riccllacolo dove formenlava il
rifiulo di tut!a la popolaglin dd rione. li cielo quasi tlapperlutto d\m
bigio cli funerale. nllung:wa qua e fa dei lemhi di nuvolo tl' un colore
pii"1 <'upo. e nelle mostro dei snluma i lunghe fila di snls icciotti ag,,,<>nnciati
all'alto dello stipite. ondeggiavano al vento a utunnale. Salh·a eia quella
suburra alle nari un sentore acro di roba fradicia che inncuti,·a qua:ldo
In. brez:.m iogolfanilo~i nelle cavitù delle botteghe ne uscivn alura di
mole<'ole g rasse : e su lullo incombeva la nebbia griginslra, smòrla
dclln citlù commcrcianlo.
S usanna gua rdava davanti a ;;a senza vedere. con le nari dilatalo,
aspira ndo il s udic iume - dali i capelli al wnlo come In orinicnt di tma
cm·alla selvaggia - o clngli occhioni fissi con ins islcnza usoiva Lul de;;idcrio acuto di voluttii nel istanti ìnlravisle, l"og nntc la notte quando il
sangue irrompente dalle nrlerio le negarn il sonno: il sono opulento
erralo nel logoro corpetto si sollev::wa a sbalzi - prcpolcnlo - iolollcraote della verginitù - e dci ros-ori subilanei le imporporavano le
guancie. Xella Yia dei bambini giuocando moslranrno lo loro nudili1 di
impubere - e un garzone di macellaio dalle spallo quadro, piparn
;;;ulla soglia della bottega collo ma niche rimboccale fino a l gomito sulle
braccia muscoloso e lo s parnto della camiciola aperto - s ul petto
hianco. Lo sguardo della rngazzn fri sando s fuggovolo lo coseic nude dci
bambini andnva acl arrestars i con compiacenza SLLllo uudi tù del g iovanotto, segue11dono i contorni robusti ; - ella era scossa da un fremito
nen·oso d' isterica, chiurlonclo dì quando io quando le pnlpobro s ugli occhi s lra,·olli colle mo\'enzo sornione di una galla in amore.
Julanlo in capo a lla slrnda, dalla parte della campa~na, veniva di
I rollo un cavaliere: Susanna giri> la lesta con un movimento brusco
che svelava la nuca candida sollo ia mala.c;sa dei capelli arruffali e
allungò il colto - curiosa. - li ca,•aliere allo, forte, colla fisonomia
caratlerislica dei sen ·it.ori di nobile casa, alla vista della ragazza aveva
messo al passo il suo cavallo o si ergeva impellito sulla sollo, con delJe
arie da Don Giovanni, traendo sbufll di fwno dallo sigaro pel quale
forse non aveva speso i danari dn.l tabaccaio. Passò vicìno alla giovane
o chinandosi sulla tesla del cors iero, colla mano guantaia le s fiorò il
viso sguaiatamente - poi diede di s proni. Susanna trasali, e stelle un
pezzo a guardare il cavaliere che s'allonlanava caracollando - macchia
più scura s ull' uniformilù grigia clol paesaggio - verso la città chias sosa, che s i disegnava io lontananza in una nebbia opaca o dove pensava - la vila scorreva brillante fra le orgie del senso e -- tani.e
donne erano corteggiale, ricche, felici . . . . .
E loi . . . . .
..
Quando • ' usaona con un g ran fagotto di biancheria s udicia giunse
ul lavatoio, il luogo era giit popolato. L'acqua della ròggia scorreva
pigra sul fondo verdastro, e le donne accosciate nei loro stalli di legno,
ballevano i panni a grandi colpi di braccia : S usanna occupò il suo
posto e s i dìe' a lavare con una specio di rabbia nen·osa, a rricciando
il nasino nauseala nello svolgere i panniJani sporchi. imbrallali di macchie cl' ogni nalura. La maggior parte delle lavatrici eran o madri di
famiglia che avevano fretta di finiro - alcune s i erano tirale dietro i
)Jiccini che g uazzavano nel fango - o ciarlavano poco : solo qualche
g iovanolta barattava una parola con , usanna, facendo da portavoce
collo mani, per soverohiare il frastuono doi colpi sonori dci battitoi.
Erano discors i frivoli che la ragazza ascoltava nonc urante, col pcns ioro
altrove; china sulla rùggin. s i specchiava nell'acqua furti,•amonte, mirando con orgoglio la carne soda che le maniche lirato in su lascin\'aoo scoperta.
- Con quest'aria frizzanle l'ò un g usto maneggiare r acqua fresca,
- dio' fuori a brontolare una donnona grassa ohe sudava sugna dal
faccione rubicondo e moslrarn sconciamenle la pappagorgia avvizzita
sollo il corpetto sboltonalo.
'usanna pens:wa che l'aq ua frcd1l11 scre1>olava la pollo dello nnni
-
e che i ricchi portano guanti in ogni stagiono l'aveva accarezzata nel passare.
Sarebbe tornato? l
como il cavaliere che
..
Tutte le mattine Susanna l'aspettò nascosta nel vano dell'uscio. . .
Era un domestico di famiglia signorile del quale aveva la fisonomia
tipica, le labbra sottili accuratamenlo monde di peli o due fedine che
gli listavano il muso di faina. P assava a cavallo, facendo scalpitare la
sua bestia le cui zampe ferrale sull'acciottolato levavano a rumore lutto
il quartiere ; - e be11 presto il vicinato cominciò a mormorare sulla
condotta di usanna, e i buli del sobborgo specialmente, che puzzavano
di cicca un miglio distante, o cui la bellezza provocante della ragazza
irritava il sangue, avendo invano avanzato lo loro proposte, si vendicavano di lei coi loro frizzi triviali. Ma ella alzava le spalle sfrontata, o
tutta la sua persona si abbandonava al soffio della passione; e il farabutto che trovava il terreno più facile di quel che non avesse sospettalo, aveva degli atteggiamenti da gran signore, sfidando con spavalderia
le occhiate invidiose e fumava sigarette mostrando di onorare, colla
degnazione della sua presenzn, il rione. - A Susanna parlava un linguaggio sdolcinato - da formolario amoroso - affascinandola colla
descrizione del lusso della città; e lei ascoltava col seno anelante, pen-
62 -
dendo dalle labbra di lui, con un pensiero unico che le martellava nel
cranio; poi quando so n'era partito restava come trasognata; in casa
non lavorava più, chè la fatica le riusciva penosa, insopportabile, e lasciava far lutto alla mamma che non s'accorgeva di nient.e, nemmeno
dello ciarle della gente; - e non poteva star forma nel suo stambugio,
saturo d' umidi là. e di miseria, ma usci va e stava del!e oro a guardare
,·erso la città che appariva la sera ravvolta in un chiarore rossastro
d'incendio, insensibile al freddo, alla bruma, alla notte . . . .
••
Quando una mattina le lavandaie recatesi al lavatoio, trovarono
nell'acqua aggricciato un cadaverino abortito, la voce pubblica designò
Susanna come la colpevole. )fa questa era sparita, e la mamma di lei
che scopriva la cosa quanclo il male era fallo, si cacciava le mani nei
capelli, vociando a squarciagola che la t'amiglìa era disonorala e che
ella non avrebbe sopravvissuto ali' onta fatta al nome dcl suo povero
òmo - e alla sera due guardie in perlustrazione la raccolsero di
mezzo aUa via sconciamente ubriaca.
Susanna mutali abiti e nomo furoreggia ora fra i giovanotti alla
moda ; mcntro qualcuno che prima di loro r ha - conosciuta - sogghigna a fior di labbra.
A~ERIGO GARZONI.
l'.\OLO
FE:ll:l~-~\:11~1.___:~---------------
I
FERRAR!.
.\OLO Fr.RR.\RT. chl' dopo C1ultloni e .'\ola. rncco).;p il loro n•h1ggio
P
o leone a· d1 no;::lri il campo nPlla lelll'ralum clrnntmaticn, ha
dirilto di pr<.'nclerc il -.uo posto d'onore nella .lfilo110 X11on1, e
però trovi In l'ommcmornzionc in questo rnlltmo: pcrchi· :'C' ò vPro che
fu nati,·o di )fod<.'nn, an•ndo coli1 spirato le prime nur!' di 'ih1 n1•l ;:;
;1prilo 1 22, puos:;i dire tuttaYia che )ulano fo:;sc la c:itlà di ;;u;1 elezione, <1uh·i avcmlo composto In più parto di sue comm<'di<•, quiYi
ollcnuli i suoi migliori trionfi e <1ui,·i finalmrole dimoralo pt•r lun~o
t~·mpo, l'hi;Hnnlo perfino a rapprr:;eolada nel Comunale Con"i~l io e
professalo dalh~ callcdrn clelr àccadtimia Scienl ifico-Lollcraritt o c1ui ccs-
~11lo
cli YiYNC.
Non prc-;umiamo ridirne i particolari della opc·rosa 'ila, pcrocth ò
t'.· troppo r«'tenlc il l u!to della 11os!ra cilfà per la d i lui morte. cito
par ve a luUi co;::ì inopi1rnt11, o troppo noti d' allronclc per q11tìnlo no
scrissC'rO in quolln dolo ro"a occa<;ionc i fogli cittad ini non solo, ma i g iornali lutti d' J!alia. D'altronde Leone .Forlis, nelle sue Conn'rs11àm1i t/1•//11
/)r1mr11ic·a e nel \'Olu mc elio publ>licù, con amore fraterno o critica in!clligcntc, no sori><~e ampian1enlc e però vi rimandiamo i lei(ori noElri eh••
nmns ·ero di più parlilamenle conoscerli : mollo più che noi scriviamo
<fUP:1la commemorazione colr aiulo della sola memoria come f:upp1·rgiù
farebhc un pillorc o :;cultore chiamalo a e::eguire a memoria un ritratto.
::-coza tumpoc·o l'aiuto ll'una fotografia .
Come Q, idio, eh«' ancor gio,inelto tutto quanto fo cernsi a dire era
'orso, come egli ~te "'O no lasciò ricordato:
Et quod tcnlabam dicere rersus erlll;
Pnolo }'crrari fin da fanciullo aveva sentile le smanio di scri,·ere commedie, e cornei aVC\'<\ fallo Goldoni, gillò pandctle e codici, allo studio
d1:i quali avo,•a atteso alla UniYersilà della sua città natale, dc\ o nel
l845 of(ennc anche hl laurea nelle legali cliscip!inc.
L o primo suo urrni in lealro furono a :Massa, dove suo paclro om
s l11lo uominaLo govornalorc, con 1rna p iociola commedia oc) dinlolLo di
quclln cilli1. cui impose il lilolo di Burlolomf'fl Ntholllio, chi' poi rimaneggiò nella lingua e ridiede 11lle scent>. muhrnclono il titolo, cioè chiamandola J1 Tcsfom<!nlo dello zio 1 ·cmmzio.
Quando le nostre Cinque Giornate inizinrono n<'l I -IB In ri,·olnzionl',
che riuscì più tarili alh.\ indipenÙC'nzn fll·l 11ostro pa!"SC', Pnolo Ferrari p:iiì
tolto i11 sospetto pel suo patriottismo, chC' :\\'C\:l (rnqpirulo di\ un Ruo gioYanile r omanzo, rirugiossi a Vii:;nola o lù scrisi;o ('nri fi.~ln rlu lmllo in
111·01·iJic-ii1; poi Un'nninrn df'llOle e fp1indi {'11'nnim11 forll•, spiccandone
a l d«'i!o suo romanzo e il sogg,.llo e i g(•nero;;i sentimenti.
~ra
Italia non aYeva fin a llora inlraYedulo i11 lui il grnnde commcdi o:i;ra fo elio s i manifestò di poi .
.Fu ne l Uoldoni e lo sue Sf'dici commNlir 11110,•o, ch o Paolo Ferrari afferm ò il s uo gra nde valore.
J/ Italia non ave1·a fino a lai tempo, colpa (Wl'cip11a clello pn;::snlc
condizioni politiche, quella propria vita SOL·inlo cho polt•sso fornire a l
comrnodi ografo i soggelli non solo. ma un C•1rnltt1n• nmdoualr, e il pubblico 1lovcm appagarsi rii qunnlo gli \t•ni,·n da l teatro straniero : Inni o
cosi C'ho capocomici e allori facessero smorfiP o nppon<.':;'lrro rifiuti n
qua lu nque luvoro che Ycnisso loro prcsf'n(alo, il 11unlC' fos:o:r uscilo Ila penna
italiana. Questa commeclia medo;:ima dcl Fcrrnri >'ubirn rlapprincipio la
stessa sorte. in gtùsa che ò appena se Filippo llcrli l'accogHesse 1wr le
miuuscolo cene tlella scuola cli declamazione in via Laurn a Firenze.
perchè Gushwo )fodcna perfino. il sommo attore ancor.1 insu perato e .àbmanno .llorelli e altri intcrngcoti e rinomati arfi.... ti o l'apocomiri non ne
;wean vol uto sapere, anche cli fronlo a gratuita offerta.
Prima che un· oper-a di ingegno italiano venisse accolla, era forza
pa.c•sare per umiliazioni, delu;;:iooi e sagrifici d'ogni manicr<\. Verdi, il celebrato au(oro di Xa/Jucco, Rigo/etio o 'l'rnl"iuta, re;;:pinto dal milanf'SO
Conservatorio di musica come iocllo a riuscire m11,..ic:ista, clo,·clle alJ'in:;is!enza d i autorevoli proletlori so potò far accoglicrC' alla Rea la il suo
.Vabucco. Al!ri esempi polrcbboro essere citali, so da l rcslo non lo fossero coso g ià pur troppo note.
Dalle priv<1le sceue tli ,·ia Laurn, dovo d,t q ue l puhhlico il Uolcloni
r
~
-
('rn ,,la(o C'11lorosamcnll' apphtutlilo, passù n scono maggiori, o i font ri lull i
1h•lh pl'uisola Yidero qucsla commed ia rnpprc enlaln con sempre cresccnfc successo.
. \I wcchio Tealro Re, )[ilano pure applaudi alla bellissima commetlin nella quaresima dcl l 53 c gli fu aggiudicnlo il 1>rimnlo dei commetliogrnfi italiani viventi.
La sua fanrn s i conformò col Parini o In Sntira, cho dnlosi la
prim:1 voltn nel sellembrc L83G al lealro Alfitwi di Torino, avevi\ const'guito ronorP delle più sincero congratulnzioni di C<wour, di Hnllnzzi o di
)famiani: datasi nella nostra città alle stcs;:r scene del Re, se mcrilù nl
suo autori' dalla polizia ùcll'.\.uslria lo sfratto. ebbe in ricnmhio tfo lrelelto publJlico di quel t1•alro le piu aperte dimoslraziooi d'cnltbia,:;tico
aggrodimenlo.
Paolo rerrnri con ttu r ·to due commedie mo'1lrò che non intcndcrn
o.:amminarc nell'arringo dio :•rra propo,;lo s ullo orm e allrui, ;1econnt1 \·a
nrl una propria scuola o in cs::n proseguì il :.: 11 0 cammino glorio;;;o, C'hiu~o-i col dramma storico FolFio T('sfi piii volle rnpprc;;enli1tosi fra noi
::ullc scene dei Filod mmmntici fra i plausi.
Xon ci siamo J>roposti <li entrare io critiche rlissertazioni su i1uc,.l;1
i.'cuolu dcl Ferrari e sopra o~ni singola commcrliu di lui: no>'tro compilo
Prn r111ello unic<tmcnlc di menziona re (iuas i per :;ommi capi i fasti della vita
rii quL•s lo illustre ingcgno. Allri d'altrondo ci hanno prevenuti: epperò
1w hn,-li, per rispondere pic11amente allo sco1>0 che ci siamo prefissi,
1farc qui il sommario di lul!o le tli lui 1>roduzioni, che i nm:fri l•·lfori
elci resto conoscono diggiii o no apprezzarono più d'una Yolla CPrlament<' il 'alorr:> : nella mn.,.,ima parle <iual piit, quul mono applau1lita.
Eccolo aùunquc, oltre le commedie giit 1>iù sopru ricordate:
Lu .r·uoh1 drgli i1mnmol'ali - Ur111 polfrona slori<:a - Dolc·1•zui I' rigo/'e - La morli<'itlll di una raguzza nwlafa - Lu lmtl!·gu di un cappellnio - p,.o a - LLi don1111 r• lo s<:eltico - Il du ello
- Amor<' senza stinw - .ll11rùrn1111 - TI pollrono - Vecchir· storie,
on·ero Curbonari (' SanfNli:.ti - DFLnle n Vl'rona - U att r i<:c c111111·rù·ra - Cause cd cffl•lli - Il codicillo d1·//o zio l -c111111zio - l'cl'-11nrlrrc. condncere r commuo1·('re - Gli 110111i11i srrii - J/ suil·idirJ
- li lion in riliro - .Amici e l'intli - 11 Rirli<:olo - Il Cunlonù•r1·
(jfl l7ol1c•rto 1·ig liu s
.Yl'ssuno Y11 nl cnmpo - li po,.d11no, ossio. li
doliriu, io yersi - Jlmwmcnfo Goldoni, 2 prologhi - Anlonirllti i11
1·0/legio - Lr tlul· d11111r• - P rr renrfolln
Il gio1·ino ufli<·iulc Il si[!nor Lorcnxo - Lu Sl'pttraz i onc - P11lse famiglir.
)In i riportali ;;uccr~ ...i, ma il primatò riconosciutogli da lulli i pubblic·i d'Italia non lo irnunirono mai: mocl1•sfo Sl'lmpre e buono C'l'n largo
1l' incornggiamento o di plu.uso agli allri chr si cimentavnno n('ll' nnlua
nrri11ga dcl teatro, nè ci eousla merilatn l'nccusa che si volle ùnrgli da
bduni che fosso n capo d'una consorteria propnrnlrice ùi sucre ,;i lellt•rnri. Forse a ciò conlribuirn I'amicizin che il Ioga va a p •rsono che si
... opc\'nno cli partilo.
,\ bhiam giù dolio come a lui fosse s lnla aflìdata la cattedra di lcllcrntura nella nostra . \ ccadcmia Scienlilìco-T.cltcrnria: questa egli uw•\'n
accclln(o anche prima ili quanrlo l'lbbo rinunziato ad essere direltorc di
unii compagn ia drnmmnticn stabile in Homa.
Alle sue lezioni ir11orn110 udilori ccl anche gentili uditric i, dalla
d1inra cd amena esposizione, ollre g li ,;colari di quel)' islitulo, pront
non dulJbia della loro bontà.
Di lui si ha puro una dotta inlrocluzione storica ncll'l'grcgia opero
l;Ulla Lf'gislllzione e giuri prudenza df'i 7'1 'nlri dell'an-. Enrico n osmi ni: ciò ohe dimo;,frn per allro titolo come il suo ingegno non si restri ngc~so a lavori sconici, ma fosso fornil o d i versatile colturn c clolt ri n,1.
Ebbo Paolo Forrn.ri numerosa famig lia, r hc grandemenlc il confortò
p!."r oltimn riuscila: ebbe amici sinceri Il r affollo di quanti l'lJbcro il
bene di an·icioarlo.
Lu s ua morie, nvvt•nula nel giorno 8 mnrw del corrente anno 1 9
- lo abbiamo dello - fu lulto ciHadino, tli,·onnc nnzi di lulta Italia.
.\ lulgrado il tempo fosso piovoso, i suoi fun erali furono onorali da una
fo ll<i enorme di popolo ; nuloritii e personaggi cl' ogni ord ino no soguirono il mortilro al noslro cimitero momunentalc, dove ebbe splendide
tc::limonianze di meritalo lodi e di compianto.
li Consig lio comunale in solenne adunanza decretava la piazzn
rio· Filodrammatici d enominarsi quind' innanzi da Paolo Ferrari.
-
P..\ .C.
DEL
~rro
VOLTO, DELLA MIA FIGURA, NON SONO PADRONE IO SOLO\)
DIALOGO SCE NEGGIATO .
Persone del Dialogo.
DOXXA LUISA. Ì
. .
Dox ROBERTO \ cowugi
I L COADIUTORE DEL PAESE
u~
UN l~ GEG).'ERE
MDHS'l'RO DI S·rATO
Ux PITTORE
U~
u~
COSSIGLrnRE D',u>PELLO
A \'YOOA'rO
(In villa di Don Roberto.)
Dm."NA LUISA (con sclierzosa solennilù, al Mfo isll"o). Eccellenza, posso offri.rie un cognac?
)[tXISTRO.· Anche il cognac ! e mc lo offrite con quello sguanlo seclullore! Volete proprio formi J>erdcre la g rnv.it.à.
Do~ ROBERTO (scherzoso) . Un Minis tro Segrelario di Stato non perclc
la g ra,·ità per cos't poco.
1Lrxrs·rRo (a. Donna. Luisa, con garbata g111a11tel"ia) . Bella cug ina, mi garanlile YO Ì '?
DOXN A LUI~A (versandogli il cognac e sorridendo) . Garantisco! (,.oJgvndos i al
Coadiutore) E Je:i, cognac o cha rlreuse ·?
COADIUTORE (con compunzione). Oh, donna Luisa, cognac, io ! Con questo ahito saccrdolalc !
PITTORE. Vada la, che l'abilo non fa il monaco.
DOX'.li.\. LUISA . Via, prenda la chartreuse dci reverendi padri bencdet!iui
di Grcnoblc.
CO.ADlU'TORE. Piultoslo. - Grazie.
PITTORE (scaldandosi al fuoco colle spalJe ri••olle al cami110). S i ha un bel
cl.ire, ma, dopo pranzo, io campagna, con queste giornale d'autunno,
un bel fuoco fa ua gran piacere !
lliGEGXERE (sorbendo il caffè, lonfl!no dal camiuo). Oh vergogna, un gio vinotto come lei, nel vigore degli arrni, <1uaudo il sangue bolle nelle
vcac! Guardi, noi, uomini maturi, come s tiamo lonlani dal fuoco.
PITTORE. Caro Ingegnere, similia similibus: il fuoco che ho di dentro,
mi fa amaro il fuoco, che mi scalda di . . . fuori (si l'ide).
CONSIC:J,IERE (guardando una fotog rafia). Che stupendo rit.ratto, donna
Llùsa, e come è somigliante. Chi lo ha fatto?
DONNA LUfoA. Bicci .
CONSIGLIERE. Veramente bello (mostra la folografill agli alll'i).
lNGEG~ERE . Sì, bello, proprio liello.
PI'l"l'ORE. Sì, non c'è male ; la posa è ben trovata; quella forma tonda
del fondo, SCLLrO; l'aggruj)pamcnlo delle due bambine coUa mamma;
Jc tinte chiare degli abili ... -- c'è gusto, c'è sapore ; è una delle'
pochissime fotografie in cui il fotografo ha sapulo servirsi bene
<lèlla macchina.
Do~ ROBERTO (al camino, accendendo un sigaro). Cioè son io che ho sapulo
servir bone la macchina; perchè l'id.ca della posa è stata propria mia.
)frnISTHO. :Mc ne congratulo. Hai dato al ritratto un aspetto di quadrello raffaellesco veramente riuscitissimo. Del resto (volgendosi 11
donna Luisa) non s i poteva trornre soggello più degno. (Guardando
la fotog1·afia) Qui non c'è una mamma colle sue bambine; (a. donna
Luisa, con galt.tntcria) ci sono tre sorelline.
DON ROBl!!RTO (con sche1·zosa serielit). Eccellenza, mi raccomando! ... la
graYitì1 cl.ella carica ! .. .
J NGEGX.l':Rfl (e• donna Luisa). Ma io ho vedltto un al!.ro s uo rit.rnlto, ancora
più bello, a Roma, espos to nella grande vetrina di IIochc; di formalo granclissimo, figlLra inlera, abito da ballo, décolleté, con un
immenso cappello faulaslico di piume.
)[INISTlW (a do11na Luisa, con rimpro1·ero scherzoso). DécolJelée in una
vetrina!
Do~ !~OBERTO (con sorpresa). Un l'ilratto g rande, décollclé, col cappello?...
che razza cli toiletle? ... - A Roma, csposlo da Hoche? ... Non
può essere.
l NGEGXERE. Anch'io ne sono rimasto un po' sorpreso ; lànto più che
- 68 focova pentlnnl con quello, pure bellissimo, cli uua ... orinonlatc.,
mollo nota nlh' cnpitale. )fa ern Jlroprio il ri tratto di donnn l.11is11.
l>oXXA LUI:'!A (8 clo11 Ro/;••rio). Sarà c1ucllo in co:;fumc del ballo di casa
Grazioli, nou ti ricordi?
Dox !:OBERTO. •\h !... )fo, es1X>sto io vetrina. e a far pendant al ritratto
di una orizzontale ! Chi ha permesso a lfochc tli esporlo?
DOX:\A LurnA. Io no c1'rto, e trovo assai ,;convouicnlo cho Jlochu si "in
presa la libcrlit cl i mctle rmi in vetrina n quol modo.
J>1T'l'OR1::. Ah! ricordo di :wcrlo Ycclulo nnch · io e notai anzi cho la sua
toilette (8 clonn11 Lui,o) faceva risallnro maggiormente la toilette
dl'lla orizzontale - toilette severa, tutt'nltro che da orizzonlnlc. Xon
ho bi:;ogno di dir,'. auclw ;:enza imitare la galantcrin dcl sig nor
)fini::lro, che, malgmdo la bellezza indiscutibile della orizzontale,
nel confroulo re,,[:.\\ a vincitrice donna Lui,.;a.
OOX'\.\. LUISA (seria) . La 'illoria non mi lusingn, o il coofronlo mi offoutle. Trovo ingiustificabile l'arbitrio dcl fotografo .
Ilo:-> HODERTO. Uni ragion<•, e• non pcrmotleru corto che Iloc·he co1.tinui
a ::"t•nirsi ùel tuo ritratto per attirare clicmi nl suo stabilimc11to. E
un aùuso, è una \Cra mancanza di rispetto.
J>rnonE. Cosu rnoi faro?
IJOX R OBERTO. Prok,..tt• rò. farò ritirnro il rilrntlo.
J'n'ToltK C'era anche il ritratto del povero Deprelis, in l'olografia di
uguale formato, frn <lo11 11a. Luisa e l'orizzonlnle, o ci faceva una
ligura ! . .. h'1, cosi inùeciso, come sc111 11rc, eia qual parf,c voltnrsi.
Eppure egli non 11rotc~lò; sebbene allora fo,,sc nncor vivo o primo
)liuic:tro di .::ua ) fiw..,lù.
( 'O.\DlUTOEE (con compu11zio11c). Io non sarei ::;lalo indeciso come J'onorc,·olc Depretis.
l'l'l"r<>RJo:. Ah :;i! o lla chu parte si sarcl>bo voltato?
COAlJfJ;TORE. Ad am mirnre la sola degna di rispcllo.
Pl 'fTOTIE . Ah ah! bnwo Coadiutore!
I lO\' HonERTO. Huo11 11adrono il De1m:tis di lasciarsi fotogrnfare, eioporro
io ,·etrina. e nrng.1ri wndere. .Ma (!UMlo al rilrallo di mia moglie
u un caso ben cli,cr:;o.
)11 :->Ts'l'Rn. \"i sono clt·i riguardi, specialmenlo per il sesso gentile, che
no11 pcrmcllono certe cose.
PPI''l'ORE. Sta bono i riguard i; ma, ac:lratlamonle parlando, io crci.1 0 che
quando un fotogra fo lw fallo, con rogolare incarico, il rilraUo <li una
persona. la quale, per qualsiasi titolo, o pcrchò ò celebre, o perchu
ò illustre, o p!'rchò ò bella, suscita la curiosità del pullhlico, possn
esporre al pubblico quel ri tratto, che i· un prodotto dclrarlc sua e
son ·e appun to a richiamare sulla :<ua arle l'allenzione dcl pubblico.
JxcnmNE:RE. No n sono di qucE:lo ;w \·iso, o nlmeno lroYo la s ua leoria
g iusta sollanlo in pal'lo, e cioè in qn nnlo rig uarda i ritraiti di per8onc. come dircbho , ·barbaro. p11l1hl id ic. Un ministro, un g(•nerale,
un principe, 'J':una~no, la Duse, il l'iipn, che >:o io, sono tulle pcrSOll<' puliblichl' : la loro ef\1gie appa rtiene in cerlo modo al pubblico :
e quindi il fotogrnlo può . liberamcnlo ripro<lurre. esporre, 'cndere
quelle elHgi.
OON'XA LnsA. cnzn permesso dcll'offigialo?
11\0l•:C:xF.RE. Naturnlmcnle.
DoxxA L lfISA. Ah, c:cu~i, ma io credo che la s ua teoria sin errala.
MI Xl:";TRO. To, <lun<1uc, c:::sendo ) [inistro, non potrei più impedire che
;::i facciano df'l mio volto. della mia fì~ura, quanti ritratti :::i vuole,
o che si espongano al pul1blico, e che si ,·endano - suppo ·lo che
vi sia qualcuno che voglia compernrli ·?
l' I TTOR~; e l :\OEGXEH J·:. No, non polrobbc.
H1 N1:-;·r.no. Ma como!? .Ma, dcl mio ''olle, d1•1la mia persona sarò padrone
io solo, spero '? - l<J se non mi gurhnsso di vedere In mia immagino per i canti dello vie o nello vetri ne dci negozi, non pot rò impedi rlo·! So lrovas~i r um:rnilit inùegna cli bCilrsi nel mio aspetlo, non
potrò negarglielo'!
P nTORE. :\on può.
1J0N' RORERTO. Credo anth' io che non polro5li. È ltna qui.::lione s peciale.
l\[i pare cho vi sia di mezzo un int crt~i:li:lC pubblico.
Co~S I GJ,IERE. Sarollbo una specie di c:;propriazione forzala per causa
<li pul)blica ulilili\.
P J'J"l'OHF.. Bra rn. Bcco il mngislralo, cho trova il principio di diritto :
c~propriaziono forzata per cau"a di pubblica ulil ili1.
CO,\ DIJ;TORE. E aJIOr<l la pubblica utilil:1, a mio sommc::·o an ·iso,' ,.i
::mrcbhc ancho n1•l caso. l'scmp\;grazia, di qualche hclla immagine
di \'irluosa donn n o ma1lrc.
(;!I -
Dox RonKRTO. C:::cnza il pcndrml df'Ua orizzonfalc, i::pcro.
PJTTORC. )[a bcni;,isimo. Coadiulorc ! Sicuro : la belll'zza l',,fdica dPlla
donna è di pubblico interesso che sia diffusa, contcmpbla, ammirala. Proibire 1:-i libera riproduzione del bello femminile i• porro un
ingiusto o lacolo alla più nobile manifoslaziono della grande arie.
Dosx.\ IXI!':A . Questo interes·o publ>lico. di cui parlate. non mi va. La
sua e proprinzione forzala, caro Consigliere, mi pare una , crn ;,:pl)glinzione.
Cox~t01.IF:RE. Definendo col concetto clella espropriazione per pubblica
ulililil la iclca dell'interesse pubblico. emessa da Don Hoberfl). io
non mi ::;ono pronuncialo nò in un senso ne nell'altro.
Do'\X.\ Lt:MA. Quale è>, 1lunque. la sua opinione·?
Coxswr.IBRR. Premcllo ...
PITTORE (schenosamcnlo sonto11z ioso). AUosochò! ...
(Si sentono i campa nelli e il mmor delle ruolo di un cq uipoggiu, e lio
0111rn in uol'/c.)
Dox RORI~wro. Una carrozw. Chi saril, a quest'ora?
PITTORE. Che sia il Doltore?
(Lu c111·ruzza
.~i
J'c,.ma o si sentono roci divc1·;,f'.)
D0:-1.\.\ L UISA. 1Ii
pnro 1>roprio lui.
CoAort:TOJm. Dirci che si ò :,;enlila anche la ,·occ della Signora.
PITTORE. Anche la clolcc mclii! (A clon Roberto, sclicrzosamc11lo.) Prcpnrali a far il tarocco e a perdere. per <l.o,·erc di ospitalilù, nfl1nrhò
la moglio dt>I dottore non si nrrabbì e non si vendichi lormcnlanclo
il marito, poYcra Yillima !
Do:x RonF:R'fO . •'la.,cru non me la senlo proprio!
lJOXXA L u!sA (con rimpro•·ero). Roberlo ! - .lodiamo a incontrarli.
(.llcnlrv>
~i ll\'l'Ìll,
entra il Domestico o annuncia.)
DOlfEsTrCO. Il signor A n ·ocalo.
lJox Ronuno ( inco11tr1wdo
J'f'stosamcnte J'A n-ocato). Oh carissimo, che
piacrre!
PITTORE ( ugualmente). llenvcnulo, corno stai ?
Ixc: E<i xmu: ( ugualmc11lc). Egregio arnico, come arrivi a proposilo!
~\. \'\·ocA'rO (formandosi sul/11 p orta). Oh Dio! quanto entusiasmo! Chi
aspulla,·alc?
Dox ROBERTO. Figurali! il Dollore colla dolce metà.
A n·ocATO. Allora capisro il YOsfro entusiasmo al veder mc.
( ' '11
li
stringere In mono tt Do11 11t1 Lui ,n.)
Dox:-; A Lll"'A (sfri11gN1rlogli ln 1110110). \ ' crgogna ! anche lei, uomo scrio,
di lo~. unirsi a quei rapi scarirhi ! Dcl resto lei arriYa a propoi:ito, ma per lull'allro motfro. - Prende un caffè'?
An·orATO. Grazie, volentieri. - Ect·<>llcnza (siringo la mano al Ministro).
Uo\"XA Ln"'.L Senza zucchero, è Ycro '!
A n·oc'.\'fO. ~Pnza. - ){ille grazi<> {prP11df' In fllua). Dunque, qual'è l'altro
moli,·o del mio arri,·o a proposito? - Oh, caro Consigliere! 1gli s fringo
In 1110110) mo l'ha fatln g ro;:"a la Corto con quella sentenza.
( Salulll gli altri e .-iene al cn111i110,
11
Fc1ilr/111·si, pre11denclo il cam".)
Co:xsIGLIE rrn. Come si fil; la Corte ò rimasta i111 prcs:;ionata dalla idea
di favorire di più lo slnrnicro in confro11lo dd nazionale; ò parsa
un· ingiustizia. )fo. io credo che la Cassazione riformeril.
AVVOCATO. Grazie! ma intanto?
DONKA LUL-;A. ì\Ia . . . dico ... ò \'crrnlo a frov11rci por parlare dello
sue cnuso '!
.A VVOC'ATO. Scusi, scusi, ha ragiono. Eccomi lullo 1wr lei. Dando alle
llispulo rl' Avvocalo! Basta beno cho io lo subisca nel mio studio
e nei lribuua1i. Qui, accanto n lei, in queslo delizioso satollo. lull'allri pensieri ...
PITTORE. Ahi, ahi !
DOXNA LUISA (ridendo). PtLr troppo, per que.;fn volh1, caro A Yvocato. bisogna che si rassegni a una disputa legale.
AYTOOATO. B c'entra anche lei·?
1X<:EGXERE. Essa ne fu l'orig ine.
~llXh'rRO. E quindi l'argomento è bl'llo.
A \'YOCNL'O. Allora sentiamo.
UOXXA LUJS_\. Riassumerò io lo slntv della quislionc. (. Ll Jlini~lro) Dicono cosi, è vero, gli wnuini Sl'rÌ '!
){IXIS'rRO (..,·;nclii11a sorridendo).
l>OXXA L U I:<.\ ( confinuando, con into1111zio110 di soltorzosll gra ..iiu). , i dima11da: se sia lecito faro il ritratto lii persona vh·ontc, e metterlo
in mostra ...
AV\'01.'A'l'O (co1ilinm111rlo, collu irilonazionc 1/i rlcmn11 f,uisll) ... o 111 vendila,
senza permesso della per;;ona i11krc::><alu.
- 70
Do~~-\ LUI:;.i. Appunto. Como ba rallo a indoYioarc'?
.\ V\'OCA.TO (sc:herzost1mc11lo). Intuito legale ! (C't1mb io111/o tono) ;\o, no: rtli i•
occorso, appunto in questi giorni, di studiare la quisliono per un caso
cbevi si connelle.- E quali erano lo opinioni mani fesi.aie d;1i pre,:;enti:'
]JO:>.~~\ LTI~.\. Varie, naturalmente. Il più radicalo di tutti ...
.\ \' \"OCATO. Cho sarii l'arti.;la (ncccnnt1ndo t1l Pilfore).
llOX~A. LUISA. Giil : sostiene il principio della assoluta libertà. L' Ingegnere . ..
.\. rYOCATO. Posith-o per professione, farù dci casi pratici.
llnx\".\ LGIS.\. Precisamente: ammcl!e, cioè, la liber!il di fare, esporre
o ,·cndero i ritratti, quando le persone folograf'at o sono o principi,
o ministri, o canlau!i celebri ...
AYYOCATO. Si, insomma, persone comunque pubblicamente uole.
llOXX.\ Ll.;L~A. E mio marito è pure di tale opiniom>. !rornndo che ciò
deri,·a da interesso pubblico; ma egli si oppone i11Yeco che possa
esser lecito di vendere o di esporre i ritratti di una bella o rispettabile Signora.
•\ \"\'OC.\TO. l'er esempio di sua moglie.
l>ox ROBERTO. J3ra,·o ! ò proprio c1uesto il punlo di partenza della rli scussio11c.
])Q)<XA. L UIR\. Il Consigliere. senza pronunciarsi in un senso o in un
altro. ha definito quel tale interesso pubblico . . . spogliazione ...
no . . . Corno ha dello·!
Co~sWL1EJrn. Espropriazione fo rzala poi· causa cli pubblica uliliUt.
DONXA Lur:;A. Ecco. - Il Coad iutore poi ò di a\·yiso che Lt1lo mossima
possa giu,,lifìcare anche r interesso pubblico cli vedere liberamente diffusa O ammirata]' immoginc di q ualcho bella Ylr(UO:'l\ donna O madre.
l!rrTORE ( imii1111du scbcrzost1111e11lc, mli con gt1rbo, lo sii/,; n la comp1111zione
E;;cmpligrnzia, la bella ~faddalona, alla quale fu
mollo perdonalo perchi\ mollo amò.
lJOXX.\ LtiIS.\. 11 cugino )fiui;:tro in,·eco si oppone a qualunqur liber!ù,
combaUendn in particolare lo ideo dcli' Jogcgnere nel ca;;o degli
uomini pubblici.
COADffTOHK ('iN!l'O pro domo sua.
.\. \'\'OC.\TO. E l..i. <lonm\ Luisa, di clw parere è? Pcrchè - non ne
dispiaccia ngli altri - il suo parere mi pfcnw !>opra lutti.
dcl Coadi11fur1•) .
DoxxA L UISA. Io non sono compelcnlc; ma, giudicando col mio senlimt'nlo cli donna, mi paro che non dobba esser lccilo al primo fotog rafo venuto di faro il ritrnllo, per esempio, della Regina e di metlorlo
in mostra, chist-i~ io quale compagnia, o venderlo per quallro soldi
al primo capi!uto. Qucslo urla, secondo mc, contro qnaluottuo principio di delicatezza. Io poi non faccio distinzioni o erodo cho chiunque abhia diritlo di oppor:;i a l li bero uso dell ~~ su.~ effig io.
AVVOCA'fO. Si dice chu la pi1'1 ,;cmplico donna valo duo volte un uomo.
B io nggiungc>ro che Yalt• duo \'OltP il più acuto giureconsulto. Ella,
donna Luisa, ha il Y<:ro, c;:allissimo concetto dl'I diritto in quislione.
o lo ha dolinilo colla mas>'ima precii;ionc, dicendo c:hc chiunque ha
dil'illo di opporsi al lihi.:ro uso dt•lhi sua c/ligir•. Jnfntti so vi o
un di ritto natural(> per eccellenza ò quello della lilwrh\. della 1>icna
o libera tli.,pooibililà <k•lla propria 11crsona. Finchè io non offendo
i d irilli altrui, 13ono pionnmcnle arbitro di me, sopra di me ho un
dominio pi1>110; o quindi quel:lto pieno dominio l' ho della mia figura,
lkl mio voltu, lil'llo .. .
P ITTORI::. o hrullo.
.\ V\'O(;ATO. . . . che• sin.
MrNJsTRO. ]~ quello che npp11nfo dicevo io poco fu.
A V\'0('.\ 'l'O. ::\la <:erto. Per con::;cgucnzu, chiunque• puù vie!arc che un
fotografo, o un pittore, o u11 inci::.ore riproduca in tul!o o i11 parte
il suo corpo c<l u::ponga e smerci lu riproduzion i.
1lr ~ 1 ~·1·1:0 . Degli al!i, degli scritti. dell1> parole di una persona puù '1nrsi
che il pubbl ico ab bia lt•gillimo intorco;sc, e quind i diritto, di es ore
informalo o di chiecloro anche coulo. ~fu così nnn u e non può
c.:;serc 1·iguardo alla fignn\.
PITTORK Adagio, achtgio. pr11t<•:;to! la massima é troppo assoluta. TI pitll1rc, che fa un quadr o storico, non dove avere il diritto (li introdurre
in esso i ritn1tli di luUi i pcr;;onug~i, n11d1c vi\'onti, che partocipnrono all\wvcnimc·nlo rnpprc~onla!o nel quadro:' omo lo storico
ha diritto, e nessuno lo conlt·sla, di l',\Ceonlarc qucll'an·enimcnto,
nominando o tlc:icrh·cnclo tull i quelli 1·lu• uo furono allori, indicando
la parte che vi rhbero e, se vuole. commenta ndo, criticando, binsimawlo gli alti di cias1:uno. t'O"Ì dt:vc r:::;l.'rc per il pittore, il c1uale
é anch'esso uno .;torico: in\cce di raccontare i falli, li rapprcst•nla,
71
li riprodm·I'. l' ('nn tultn impnrzinli!it. perche non fa romml'n ti, non
C'llH'tlt• giudizi.
A \'\'OC.\TO C
,hialchc 'ull•• anche In :;torico- pi1torl' fro,·a moclo di far
comnwnli e pronmlC'iar t•o111lanm•. _\_ :.\1ilnno. in unn t·hit'•n, dio
non Yoglio imlif'nrt'. pcrC'ht'• 'irnno lt1lle IP per-ono del c·a"o c he
Till'<'Onto. un in><igne pittore ha dipinto a fr<.'sco In 1lctollationc di
un • auto. 11 pittorr ha per cognato un indh·iduo di pe<:.-imo nnimo.
Qnc~to in1lidcluo. nella tri--te circo-tanza ùi una gran:! S \ Pnlura,
loccah\ nl pittori.', aveni dato provn della Hm mancanza di cuore.
li pittore - che in quei giorni, come potete immaginnrc. non trnntva lena prr attendere al quadro del Santo - indignalo dcl ro nlcgno 1l1•l cogrrnfn. ebbe una i-;pirnzione : corsi.' a lla chicsn e n<'lln
figurn dcl mnnigoldo, che lcnt la scuro sul Santo. fccP il rilrnlt•J
do\ cognnto
fig ura s plenrLiclamenle riuscita.
Dox Ilorn:1no. Brn.vis::>imo !
('O.\.Dro·i·oi:g. Ji'c r if in1Ug 1111tio ùnng im'm . Lo s<lcgno guidl1 il pr·nnello.
ArYOC..\.'l'O. Non 'i pnre che io quel caso iJ piftor<' ahliia gi1ul ic•ato, conclannalo e punito '?
UnxX.\ L U l1'A . • l, mn fece benissimo, era nel suo dirillo di uomo di cuore.
Cnx,.;i m.irmE. Giudicando col scnlimcnto, anch· io appro,·crci l'allo 1M
pillorl'. )fa in linen ili d iriflo, mi perdoni, donna Lui~a . non pot rei;
11crohè, ant•hc supponendo che la pena fosse proporzionalo alla ""lpn,
il piltnre .;;i crcs"c a g iuclicr e si fece giusli~ia da s('.
.\ rnW.\TO. Oh, u cPrto C"hc il cognato polrrbbo far cau,.:n per diflilmazionr.
IXGEG"'i1:1n:. p ,.r ottrnl.'rl' il risarcimento d1•i danni?
.\ n·oc.\ TO. E la c.incoJJaziono rlelln ~ma figura, o:>Sia della rassomiglianza
ingiurioso.
Dox HoaEnTo. ).[n credi che l"ollerrebbe '!
.\ Y\'OC.~:ro . Senza rlubbio.
lJOXXA Lur1u (•clwrzo.~a). Pr-rc:h& i tribunali so110 compo&li di uomi11i.
).fa so c·i fos ...imo noi su quei seggioloni!
~! r.s- rsnw (schcrzo~o) . Ne farcsfo ili belli.' !
.\. VYOCA'l'O. S i snr<'bbe fortunati no i.
PITTORE. Ma non altrettanto i poveri clienti, dei quali clovreslo trallaro
lo causo. - 'l'orninmo alla miu osservazione, a cui nessu no ha risposto.
Io di co. come r Ingegnere, elio Yi :::ono pr r:::on<' volale a lla pu 11blicità. uomini politic~ generali, gra ncli seriflori, gr:-mdi arli~ti. La notoridi1 si attacca anche alla loro persona fi.;:ica. ~i impone nd C"-"i...
Dox Rom:n.To. _\.nzi sono e"si che la cercano.
P ITTORE. E quindi clebbono accellarnr lo conseguenze. :-3arcbbo bella
d1e i pt>rsonaggi dei g randi quad.ri storici di David. per esempio,
o delle famose ùallaglio di Iloraco \"ernc•t, nveN•ro a,•ulo il diriUo
di far cancellare da quegli immortali dipinti Ili loro fìg ur;i e di co;;:tringcro i1 piUoro a so:;lituirc a l personaggio s foric:o un inrlividuo
immag ina rio.
Jxr. imxi,;Ri,;. Kclla gnlleria dell'ala destra dcl Caslollo ili )foncalieri, in
fonrlo proprio alla galleria, e' ò un g rnnd o quadro, non so di quale
autore, rappresentante il Barone Ri easoli che pori.;" a Vittorio Emanuele l'alto recante il plobiscilo di annessione rlr1lla 'l'oscana nl Hegno
r\' Jfalia. Ollro al He e a Ricasoli, s i -vorlono lo fig uro <li C'avow-, d i
J~a m armora, o cli molli altri personaggi s to ric i. Surchbo possibile immaginare che Lamarmora, Cavour, Ricnsoli o g li a ltri avessero av uto
fa<-ollii (li opporsi alla introdttziono dello loro fig ure in q uel quadro"?
Pl'l'TOR I·:. :.\fa mai più.
D O,\ H onERTO. Do,·e nndrcbbo n fini1·0 In. pillura s tori ca'?
Coxsrcr,mm:. Questo ò vero.
,\_ Y\"OC'ATO. Sì, è vero. )fa adesso la quisliono è s latn sposlatn. S i parlava (sollolineamlo le parole) di rifrnlli fotografici. Ora io sot:longo
che qua nto ai ritraili, sempli<:i rilralli i;.;olali, chiunque, senza far
distinzioni. può 'iefare che sieno Mpo:::ti o vc•nd uti: non solo per il
moliYO gi~t dello <lai s ignor ).!iai>=tro. ma anche pcrchè r aspello cli
uun persona non può essere oggetto che di una pum <' cmplicc
curio ità. Non sarà mai possibilo parlare di un interesse. di un
hcno pubblico, che reclamino la conlcmplnzionc del ,·oHo o delle
forme di r1uesf.a o 'lllella persona.
PrTTORE. )!ah! secondo. L'aspello cli una scdu<:cnle fa nciulla clù certa me nte tale soclclis faziono - purissima, cslt'f.i ca - ohe mi pare leg iU imo il <lesiclcrio t1 i non esserne privali, a beneficio, per esempio,
di un solo 1n·i ,iJ.egiato.
DON ROBER'l'O. Quando poi s i tratta cli persone pubblich e, io credo che
noppurn i l sem1)lìce ri trallo possa cssoro imped ito.
DossA. Ln,.;.\., )fa com<> t-i fa a stabilire bene la distinzione fra persone pubblichC' e pril'f1fo?
.\ Y\'OCA'l'O. llrnvissima. Qunlo (; la lincn cli :::opnrnzione frn lit persona
puhblicn o ln pl'rsonn prh·nfn ~ Uno. che è conosciuto cla lutti g li
abitanti dc-I suo Comune. ò ignoto a quelli dcl Circondario.
CO.\.DrtrrORE. E~empligrazin. il no;olro rovorenclo Curato. Tutti in pae~e
lo conoscono, è un uomo pub/l/iro qill; fuori, ncs-uno sa cho
esista. È un Carnl'aùe, come 1lir()bbc don Abbondio.
•\HOC A 'fO. F.C'co. Alcuno (• celebre frn i filosofi, nitri fra gli ari isli. altri
fra i giuri,,pcrili - io, per esempio (sclicrzo•t1111••nh') - altri t:· nolo
in tutto lo , I alo. senm destare nlclm interesso :tll'c !pro.
Cox;;rGLIBRE. Oli esempi polrehbrro moltiplicarsi fin c he si v11oll'.
.\ \'\'OCATO. )[a giù : e quindi. come dice' a donna Lui;oa. il distinguere non (• po-;oibile. Quasi mai, è Yl'ro. Il' pe~onc. ;:o~elfe per
il loro ullìcio, o pl'l' pnrlicolari loro qualilù, al dominio d1'1hi pubblicità. s i oppongono a che sieno p,; posti 11 wmluli i loro rifratti:
ma ciò dipende dalla vnnilù umnnn. l ' n uomo r sempro 1 11~inga!o
di Yedrr la gpn(e ferma 11aYanti al ,-uo riln,llo. Ciò non loglio d1c
so a qut•ll'uomo -aHa~..;e in mente ili sollmrre il :'UO rnlto a qul'lla
''xhiùilion, egli sarclJbc nel pit•no <liril(o rli farlo. KPI caso poi
della donnn. ln cosa ò tnnlo più evidente o nalurnlo.
L>ox RODCRTO. ,\h sì. in quc,,lo siamo pit•namentc d'accordo. ) la come·?
mia moglie inlen;t•nc in casa nrat.ioli, a noma, nel 1111 hallo in coS!lLIDC, e dopo si fn rnro il ritrallo npl costumi' che a,·em al ballo,
e il fologrnfo. SC'nza d ir n iente a noi, lo ospono nella " un ''<:trin a
i11c:iemr a quello rli C'guale formalo di una domin . . . qunlunquo.
::-ira li pare lecito quc..to? - La genle va lil ml osla:;i11r,;i d1n-anli
alle hl'lh•21.c cli mia moglie .. .
DONNA L UISA . l{obcrlo, antlinmo!
Dox ROBER'fO (confinwindo) . .. . )A ::oludinno, lo confrontuno con quelle
d ella cocolle, ci fanno c:u mill1' comment i ...
UOXX.\. Lms.\. Insomma! Hohcrlo !
•\ \'YOCA.TO. Ah si, ò co!'n inlollcrabilo. La poesia, il mistero, la river ente am mirazione, oho dcbl1ono circondare ht fi~lua dnlla donna,
tanlo maggiormente quanto è più tzrunde la bellezza o la purczzn
<lella gentil" per50na, scompaiono <lei luUo, se dalo alla fotografia
12 la libortl'1, cho invochi tu, caro artista (al Pitto1-o), per amore della
tun grandi' nrtc.
PI.'l''l.'ORE. Avrai ragione, ma ci scommoUo che i Tribtmali non seguirclJbcro lo lue idee; cho sono jdoo dn poeta o non da avvocato.
Che ne dico lt•i, Con,.i:,:lierc '?
COX:-.LGLIERR )1i spiac<.>, mn \'eramenle ~li Scrittori o i Tribunali si
schierarono finora dalla parte dcl signor Avvocato.
rxnE(;X.EltE. Ah s't? vi furono casi g iu1lica!i dai Tribunali?
.\ \'\'OCATO . .1\. Jf ro, specialmc11te in Frane-in. Citerò un caso celebre. ~fa~·cr
,. Pierson. fotografi di Pnrigi, a\'evano fatto i ritratti cli ~apoleono Hl
o tlol Duca di Uorny, nel tem po della massima g loria elci caduto
di Seclun. Vi orn tiuin<li g rnn ri cerca cli rruci ritratti. Qualcho folo1-(rafo ripro1lu:.:.so le fofografìo cli )Jayer e Pierson e le mise in commercio. )fiwcr e Picr;;on mossero causa, e la Cassazione francese,
con una S<'~lcnza dcl l O-!, se non erro, diede ragiono a Maye r e
Piùrson, afl'l'rmnndo elio può ben i, in virlù di un lliri lto nnlurale,
In persona, ri i cui si riproduce l' immagine, impedire al fologrnfo d i
fare, cli e"porrt' e cli vendere il ri i rallo: ma u11a voi la che queslo è
f11llo e me;o"o in commercio senza oppoc:izione della persona inleres,;ula, nes,:;uno 1mò riprodurl o, senzu violare il di ritto d' auloro dcl
fotografo cho lo fece per il primo.
Co~,.; 1CiLJERE. Il che non vuol dire che colui, il quale non opposo cliflicoltà alla c;;po.:izione " alla vendita de' suoi rilralli, abbia perduto
per scmpro il diritto <l'impedire in srgujto che si continui a ripro'1 llrre o a venrlcre lalc s ua folografìa. Anche quoslo fu giudicalo a
P arigi . •\lcs;..nnclro Dumas padre sembra che rwe:;se delle speciali
s impatie por una damige lla .\dah 1Icnken, a rtista cli lealro.
l>OSSA L UISA (schcrzosamcnlo so•·cra). Mi raccomando, Consigliere!
CìLT ALT.RJ . Avanti, avanli!
DoNXi\ LUI~1\. i~ prescnlabilo la s toria'?
CON'ilGLlEBE. Oh, presenlabilis.-;ima.
OONXA L UIS_\ (sorridendo). )foh, porchò loro signori , abituali a giud.icare cli tutto, non vedono che la foll ispecie .
CoXt--COLIERE. Stia tranquilla. La fa.tlispecie di questa volta (so1·ridcnrlo) e\ davvero prl'sentaùile, anche ad una :::ignora. Dunque,
Dumas e In :::ignorino ~Ienkeo, un giorno, nel 1867 mi pare, s i
73
recarono da un fotografo di Parigi, e si fecero ritr,\tlaro in <li,·crse
pOSC', insitrn1e e scpnratamcnte.
PITTORE. i redama, per la ,·crit:\ storica, qualche mnggior pnrlicolnrc
intorno allo pose.
DOXXA LnsA. Lo proibisco ! (sclzerzosamenre) .
CoxsIGLn:RE. li fologral'o, qualche giorno dopo, in,·iarn in dono a
Dumas un corto numero di copie delle fotografie. e poi esponc\"a
lo fotografio al pubblico. Questa esposizione, sia per il genero
dello poso ...
PITTORE. Insomma ò indispensabile che sìeno clcscrillc lo poso ; allrimcnli non si può apprezza re il racconto.
DONXA Lu i::;.\. Insomma non voglio.
Cossror.tERE. Dunque. sin per il genere delle pose, sia per lo persone
che ne erano il soggello, nei lealri e nei giornali s i parlò mollo
di quollo fotograHe, e in modo piutlos!o mordace per Durnas; tantochò Oumas promosso causa nl fotografo, por fargli proibire la
pubblicazione o la vendila di quei ritratti, sostenendo che non
erano dcslioa!i alla pubblic it.ù.
TYGEO~Em:. Dnl rn omcnlo che lillustre Dumas non avc,·a creduto cli
dorogan•, andando dol folografo s ponlancamcnte colla signorina
lifonken ...
CO="l:>IGU ERE. Anzi aderendo all"invito del fotografo.
IXGEGXERE. 'l'anto più ... e s i era faUo fare i ritratti ...
PITTORE. lo pose ... più o meno plas tiche.
IXGEG~ERK ... do,·eva beo sapere che il folografo non faceva quei rilralli per tenerseli poi da coolemplare segretamente.
PITTORE. Fos ero slali s oltanto i ritralli della signorina A<lah ... in
quello poso ... i:i potrebbe capire.
DoXXA L UISA (scherzosa). \ "i richiamo alr ordine, e, se non la finito
coi vostri commC'nli, vi mantlerò via.
Coxs t<.n. n:R~~- È d t\ notarsi che il fotografo non s i foce menomamenlo
pngaro. cd anzi offerse in dono al Dumas, come giii dissi, alcuno
copie delle ,·arie pose.
) lrxrs·rno. Allora, poi, Dumas anit perduta la causa.
Cox::>ror,rn:1u:. La perdett.e infalli in prima islanza davanli al T ribunnlo
Civile .della Senna; il quale, considerate le circoslanzo, ritenne cho
lla cs~e scaturiva una autorizzazionr prr lo meno t:wita di l'"'l·"rrc
e cli vendere le fotografie.
Mrx1STRO. TI Tribunale non poteva sentenziare di,·er;:nmenk.
Dox RouEBTO. Sfido io!
.\ n·ocATO. Scusalo. ma non sono cli questo parere. li Tribunale ha
dato a quella tacita autorizzazione una portala lro1>po rslcsa. produtli,·a di effetli, che potevano eccedere lt• previsioni di Dumas.
~IrnrsTnO (sche1"Zosamcnle) . l'.'amosi gli avvocati, per tro,·arc appig li conlro
qualun r1ue sentenza.
JXGF.GNERE. Non sarebbero 3\' \'0cali (sorridendo) .
A\'\"OCA'l'O. No, permettete, qui non ò il caso di nppigli o di nì mp101.
lo. se fossi stato I° Avvocato di Dumas, lo avrr i, con pie na co ·cien:ai,
cousigliato di appellare.
Coy:-;ror,rnR1·;. Infatti Dumas appellò, oll'rcmlo 1li rimbor:<uro il prezzo
dei negali vi, di cui domandava la d islru;1,ione - o la Corlu ili Parigi opinò - mi pare che la sentenza s ia del maggio 1867 - che,
in seguilo alla convenzione lacila, vorilicalnsi lra il Dumas e il fotografo, quest'ultimo aveva potulo riteners i aulorizza!o a pubblicare
quelle fotografie, a condizione di non chiedere a Dumas il prezzo
di quelle a lui dalc; che I.aie e ra elci resto l'uso in materia ùi protluzioni fotografiche; ma. cho (sollo linoa 11do lo parole) fJll C~to stesso
uso vuole che la pubblicazione o la Yonclila cessino, allorquando
chi le autorizzò tacilamenle dichiara ùi rilirnro la s ua autorizznzionr
o offre il prezzo dcl lavoro del fotografo : c he - come ttcccnnavn
ora l'AvYocalo - nel consenso tacilo non i::i può (soffolincl.lndoleparolo) ravvisare una concessione definitiva o prrpetua del dirilto di
pubblicare rii ralli fotografici; me ntre per questo sarebbe necPs:::aria
una vera convenzione e non una somplico tolleranza, la mis ura
della quale ò sempre a flispo:;iziono cli chi l'adopera.
A\" \'OCATO. Giustissimo.
OO~XA LUISA. Non dico cho la Corte
Appello abbia malo giuclicnto :
ma il signor Dumas l\\Tel>bo meritata una lozione.
CosSIOLIERE. Oh l'ebbe e abbastanza severa!
COADlUTORE. Ah sì'?
CONSCGLrnRE. La Corte, nei motivi della sonlonza, clisse : che milio c ircos tanze possono giustificare la cessazione della !ollNm1za o In re-
cr
10
7.J -
voca della aulorizzazione. o che l effetto slesso della pubblicazione
p11 (1 :wn•rlirc quegli che la permise qui comincia In lezione a
Durnac:; - come egli (sotiolineando le parole) abbia climcnlicalo, autoriuandoln, cli pensare alla propria dignifl1 - può ricordargli che.
(«A1olineando le parole) se la Yita pri,•ala dc"e es ere sollrnlla agli
~guardi nltrui nell·inte resse indinduale, lo de,·e es ero anche. s pc so.
nPlrinferesse dci costumi e del rispelfo. che ciascuno dc,·o nll' opinione pubhlien.
lJOXXA Ln::::.\. ),folto bene.
),fJXJ:-.TRO. Bisogna che com•enga che lrovo ineccepibile la decisione
cll'll1i Corl o.
I xr:r:x: ~m1rn. Mn. ò un futlo che neppur io saprei lrornrci a ridi re.
.\ YVOCATO. Vedete'? E poco fa: eh g ià, gli .àvvocnli! ... famos i per
trovar mm pini!
UOX:\A Lurs.\. P overi ,\,.,·oca ti, sempre calunniali!
.\ \'VOCNl'O (0011 c;alanteriti) . Purcbò ci difenda il sesso gonfilo. ci lasciorcmo calunniare dagli allri a loro lalenlo.
DOXXA Lrrs.\ .• empre amabile.
,\\'YOC.\.TO. Ut'I reslo il caso cli Dumas padre me ne ricordo 1111 altro
analogo e g raziosi;:simo toccalo a Dumas fi"'li o.
PITTORE. Un'nllra damigella Adah Menken in poso'?
DOXXA Lu r~A (ron scherzoso gMlo di minaccio). Pittore !
IJox Honr.RTO. Olt bella! Pare che i signori Dumas fo ~ero tlostina(i
alla celebriti1 fotografica di padre in figlio .
•~ \' \'Of'ATO. Per il figlio non si tralta cli fotografie. lale a senliro che
la &loria è piccante. - TI pittore J aquel cli Parigi n,·o,·a cspo~lo al
• 'lllon nel l S. I un quadro inlilolato La premièro ar1·in:o. ~o n so
che cosa rapprcscnla:>sc, ma il quadro a,·e,·a ottenuto mollo imcCf'"SO. Duma,; figlio lo comperò, Jesinantlo un poco sul preZ7.o, o
l'artista s i confcntù del minor prezzo offertogli, per un certo senfi·
mt•nlo di omaggio all'insigne dramma!urgo. Dumas, nppena fallo
l'acqui lo, rivcndello il quad ro, facendovi sopra un rilcvnnlo guadagno.
l'I'f'TORJ.:. Esoso !
UoxNA LIJJSA. Oh ohe indegnità !
.\[lNIS'l'.U.O. Ma s a rà poi Yero?
AVVOCATO. È storico.
lNGEGSERE E Dox ROBERTO. Che vergogna !
CoxsIOLIE.RE. L'allo del Dumas ò brullo, ma ora nel suo dirilto.
Aì'TOCATO. Jaquel seppe la cosa - o polele figurarvi se andò sulle
furie. P ensò a vendicarsi, o nel febbrnio del 1882, alla esposizione
degli acquarellisti nella galleria del signor Giorgio P elil, faceva un
g ran chiasso un acquurello del Jaquet, rappresentante un bazar
orientale, nel mezzo del qunle stava un mercante, avvolto nel tradizionale calfelano e seduto alla turcn. Il morcnnle era il ritratto perfetto di Dumas e sotto al ritratto c'era il titolo Le marchand juif.
{lfol'ifi1go11er111c.)
Do:-,~A
LUISA. Ah bellissimo, bl'llissimo!
)f:rn:r;:;TRO. La vendetta ò fiera, ma ben moritala ( rivolgendosi all'An·ocalo) .
È a naloga a quella dn lei raccontala poco fa, di quel pittore del
Santo.
DON R013ER'.ro. Ma c'è più spirito.
INGEGNERE. Stupenùa!
COADIUTORE. Accipe ! Piglia s u!
PITTORI;:. Bravo Jaquet! riconosco il coofrnlello.
A VYOCA'ro. JI tout Pal'is, come dicono i giornalis ti, ora felice di quella
s atira al poco s impatico drammnlurgo. Og nuno correva alla esposizione degli acquarelli. Dtl\'.anli nl bazar di Jaquet c' era la folla,
non s i potern muo,·ersi. q uantunque i sorveglianti gridassero il solito : Circulez, Jfrssicurs, circulcz. P en·ato cho scandalo.
CoxsTGLr.EHE. Dumas s i sarà risentito.
AVTOC..\.TO. Il primo a risentirsi fu il genero di Dumas, il s ignor Lipmann : che andò all'esposizione e lacerò il volto del mercante turco.
Poi Dumas ollenuo dal Presi1lcnlo dcl Tribunale Civile r ordine
che fosse riliralo il quadro llalla esposizione o dato in custoclia al
signor Giorgio Petil - come fu infatti - fino a decis ione del
'l'ribunale sulle domande che, c nlro
giorni, doveva Dumas presentare. La causa ebbe luogo, e l'ins igne avvocato Demange, che
difendeva Jaquet, sostenne la lesi che Dumas, scrittore celebre,
uomo pubblico, uon potava impedire la riproùuzione dcl s uo volto,
essenclo t.ale riproduzione ormai di dominio pubblico, o che d' altronùe l'atto di .Jaquet non conteneva nò dilfamazionc, nò ingiuria
i.)
ma sollanto una satira, una cnricalura, pungente ò vero, ma giustificala.
PITTORE. Benissimo.
A n·orATO. L'.\nocalo di Dumas - adesso non mi ricordo il nome ostcnnc, naluralmente, che l'essere celebre e uomo pubblico, no11
toglie il pieno dominio che ognuno ha della propria figurn, dcl
proprio vollo, e Chll poi I' allo di J aquet era diffamatorio, ingiurioso. cccclcrn, eccetera.
lXGEGXERE. E il 'l'ribunnlc?
Dox Ho~1mTo. Avrà, come al solito, dato un cnlcio alla bolle e uno
nl cerchio.
A Y'YOCA'tO. Presso n poco, ma con ragione. J1 Tribunale, proclamando
ancora una volta il principio che non s i può esporre il ritratto di
una persona scmm l'autorizznzione di essa, e tanto meno quando col
rii.ratto l'artista hn manifestamente ceduto a un pens iero di denigrazione, nello scopo cli porlnro oflèsa a lla persona ritrattata, violò u
.Jaquct di esporre e di vontlerc il quiulro : ma respinse la domancln
di Dunrns, il qunlc voleva che fosse ordinnta la dislruziono <lcll'ncqunrello e fos:>c condannato il Jaquct a risarcil'gli i danni morali.
Cox ~ic:LrERf:. )li semlm1 unn sentenza correttissima.
I XGEmnmE. È andato in appello Dumas'?
A V\OCA1'0. ~o. la causa finì lì.
Dox ROBERTO. Insomma però ,·in;:r Dumns.
DOX'XA LU1"-'· \ .illoria giuridica, ma condanna morale.
.\n·orNro. Vedete, dunque, che i Tribunnli rrancesi, come del reslo In
massima parte <l<'gli scrittori di d iritto, non ammeltono - ncppurr
noi caso di persona pubblica o celebre - eccezione qualsiasi alla
regola che ciascuno ò padrone della propria figura, e riconobbero
anche che lale dirillo passa, come qualunc1uc allro, agli eredi.
M:rs1s·rRo. Que lo poi mi paro troppo.
L'\GEGNERE. lo polrei ctuindi impP.dire che si venda o si espongn il nlratlo di mio padre generale'!
CoxsrnuERE. Porchò no?
no~"NA LUlSJ.\. Ma si; vi possono essere ragioni di affello, di ris petto,
che impongono ad un figlio di non permettere che si venda110 i
ritralt i clol padre. Mi pare naLuralissi mo.
Av\'OCATO. Precisamente·: e potrei citare un nllro caso celebre, giudicalo io Francia, se non mi paresse ora di chiudere l' incidente.
DoxsA L UIS.\. Sentiamo anche questo caso, eppoi il Consigliere. tenuto
conlo di tullo qurllo che si è detto, pronuncicrà In sua sentenza
:;ullo questioni trattate. (llll'.1ln·oc11io). Arnnli, Avvocnto.
A \"YOCATO (schermendosi). Ma, veramonle ... mi scmbrn ...
DoxxA LUCS.\. Andiamo, non si faccia pregare.
PI'.r'l'ORE. Quando poi aYrà comincialo non si snpri1 come fare a farlo
finire.
DON ROBERTO. Fuori l'ultimo raccontino - poi s i g iuochcrù la solita
poule al bigliardo.
0Lr AT,TRI (oll'A1..-ocato) . Avanti, preslo.
AVVOCA.'l'O. Insomma, ecco quù. Quando mor'1 In celebro tragica
Rachcl ...
l.NUIW:NERE. Io non so come faccinno gli avvocati ml a\•er sempre
pronto un qualche bel caso._
00ADI1J'rORE. Hanno tanla immaginazione!
PI'J'TORR. Giit, quanclo non ne banno cli veri, li inventano.
.\VVOCA'l'O (scherzoso) . .Allora io non vndo aYan(i.
DO~XA l.iGfSA. (con scherzosa solcnnitìi). S ignori, non in(orrompnao. Prosegua. onorevole A 'wocalo.
AYrOCATO. DLmquc, quando morì la Rachcl, la son·lla di loi, Sarah Fclix.
incaricò i fologra(i Crelte e Ghcmar di ricnvarno il ritrnlto dal suo
letto di morte: stipulando cspressamenlo che talo rilraLto sarebbe
rimasto proprietà esclusirn di essa e cho i fotografi non awebbero
potuto comunicarne copia ad alcuno. Qualche tempo dopo. pr<'.:"o
Goupil, la rinomata Casa Editrice, di cui (sc·/1erzos11me11fc) ho l'onore
di essere 1' A. YYocalo iu Tlalia.
PtrroRE (scherzosnmente). Con s tudio via lalc, numero lalc, consultazioni
gratis alle belle clienti.
(Tufli ridono.)
A\'VOCATO (ridendo nncb'esso, continua}. Presso Ooupil l'u esposto o messo
in vendita un disegno a. malila, fU'lnato dalla signora O'Connol, ricavato, non interamente, ma nelle parli principali dnlhi fotografia
cli Orelle e Ghemar. La Sarah Peli:-.. promosse cau:m, o il Tribunale Civile della Senna ordinò la dis (rnziono di lul!o lu copie o di
lulfi i disegni ri cavali tlaUe cleU o fotografie. La motivazione dolb
srntenza mi ò rimasta im pr essn. perchè è ispiraln ùa ttn sentimento
molto delicato e fine.
Doxx.\ Lnl"A. Cosa dicern la sentenza?
. \ n'OL'.\'l'O. Dicovn, presso a poco, c he nessuno puù, (solloli11oando le parole) ;;enza il p ermesso formaJc della famiglia, riprodurre e dare
nlla pubblicità i !ralli cli una persona morta, sul s uo letlo di
morie.
Pt'l'Tmrn. Già. ,·frn sul s uo lello di morte, non si potreb be cifre.
(Si rideJ
A \'\'OC'.\ TO (ridendo anch'esst'I, continua) ... e ciò qualunque sia staln la
celeb rità di quel la persona e la maggioro o minore pubblicitit oho
si ;;ia attaccnta agli alti tiella sua vi la: cho il diritto di oppors i
alla riproduzione è assoluto: che ha il suo fondamento nel risp etlo
impo lo dal dolore cfollo famiglie, o cl1e non s i p otrebbe discono' ccrl o senza offendere i sentimenti i Iliù intimi e i più rispellnbili
della pietà domestica.
Doxx.\ Ln .\. Ah. mollo brne! Xon crcdern i 'l' ribunali cosi sens ibili.
Coxsrn LlF.EE. Anch e n oi abbiamo delle famiglie: an che noi ahbinmo
purtroppo d~· i d olori.
00).--X.\. Ln".\· E unche loro sono uomini cli cuore. mig liori di molli
ahri.
COXi'ìlG r,rnRE (s 'inchino, in Ili/o di g rnlo assenfimc11lo).
Uoxs.\ Lns..l. Orhene, adesso, ginclicando come magistrato e come uomn
di cuore. pronunci la sua scnlenza.
CoxsIGJ, Lt-:RE. E lla mi impone uu arduo compito. Le quistioni sono moll r
e com1)lessc. Non è possibile formulare un a soluziono precisaj oho
comprenda lutti i casi diYcrsi.
.\Y\"Ol'.\ TP. Lo <·redo aocl/io assai difficile.
1flxL-;TRO. Bisognereb be che il nostro gentile prositlenle (a donna L11i.9n,
con pnl1wferi11) proponesse al Consig liere dei quesiti distinti.
Cox,.;1<:r,11:ar:: . •\llorn mi azzarderei cli rispondere.
lJnxsA Lrr:-..\. \lo, non ò facile n eanch e formulare i quesiti. - Bastn,
proverò. - 1Junc1ue (con ,;chcrzosa sole11niti1) quesito primo: Es isto
1111 diritto nnlurnlc di proprietà, a,·cnto per oggetto la fig ura, il volto
di una persona?
71i
CoxsCGLU:RE. Sono d'avviso che esis ta, come derivazione o parlo dcl
maggior diritto, che tuU.a comprende la persona co' suoi vari attributi.
DoX XA LUISA. Qursito soconclo : Taio dirillo ò esso illimilalo, as olulo?
CoNsmr,mRK In senso astratto, è un diritto assoluto; ma, in senso pos itivo, va anch 'esso soggetlo a delle restrizioni speciali, come qualunque allro diritto, a seconda dei casi e delle persone.
DOSK'.\ LUI::i.\. Quesito terzo: (Scl1or zos11menio) Quid come diceva
sempre il povero babbo - quid nel caso ùel ritratto puro o semplice, in folografia, in piUura, in acquarello, o in altra forma?
Co~SIGLIERE . rn tal caso il dirilto d clJa per;iona non subisce alcuna
limitazione; potranno tuttavia il pitloro, il fotografo, lo scultore,
faro, esporre, e venùcre Jibcra monle i ritratti, n ella presunzione
scmplfoe di non opposizione della persona ritratta ; ma salvo a
questa il diritto, come cli dare, cosi di reYocare, io qualunque m omento, il consens o, anche se dato esplfoitamcnte.
DoXSA L UISA (sempre con scherzosa prosop opea). Quesito quarto: quid
nel caso della pittura storica'?
Co ~SIOLTERE. In tal caso il ùiritlo ùolla p ersona viene limitato dai dirilli delJa Storia; quindi nessuno potrà op1>orsi a oho la s ua immagino sia riprodotta noi quadro rappresentante un avvenimento al
quale la persona partecipò; purchè, ben inteso, la parte ch e nel
quaùro s i attribuisce nlla persona sia qu ella c he la p ersona ebbe in
r enlli\ nell'avw nimenlo - e salva sempre l'azione contro la diffnmazione o l'ingiuria, secondo i principii generali c he regolano questi
argomenti.
DOX'NA LUISA (dop o a1·e1· 1·iOctt11lo un momento) . Mi paro c he 0011 vi
s iano altri quesiti?... Ah si, ancora uno. Quesito quinto ed ultimo:
' i dove rar distinzione rra persone pubbliche e private'?
Cox:-imLIERE. No, s ignora: i principi i, che h o accennato ris1)omlond o
agli a ltri quesiti, cont,ongono le sole distinzioni possibili e, sccomlo
mc, le sole razionali e g iuste.
CoADrnTORE. Dixit et optime dixit; functus esl munore suo. Disse
oltirnamealc, h a esaurito il compito suo.
Do~A L UISA (a l Cons igliere, con 11mabililil). Don issi mo! Bravissimo!
Dox llnOF:RTO (a/ Consiglic1-c, complimentandolo). P crfetlamenle. Cosi io
ii
potrò impedire a Roche di esporre il ritratto di mia moglie alle irriverenti ammirazioni della genle e a far pendant al ritratto d'una ...
orizzontale.
Cox sIG LIERE. Sicuro.
txGEOXERE (al Consigliere) . Ella ha sapul-0 dare splendida form a ai concetti che io, malamente, aYeYo esposti.
COXSIGLIERE (con un po' d' ironia). Oh, troppo buono!
~[IXISTRO {slri11gendo la mano al Consigliere e con scherzosa s uperbia). Io.
dunquP., mi rassegnerò ai diritti della Storia.
PITTORE (scherzosamente al Consigliere). :Mi pare che lei abbia (.rascurafo
i diritti dell' ari.e sul bello femminile. Basta, ha salvalo la pittura
storica, e per queslo le perdono.
.\ YVOCATO. Consigliere, i miei sinceri complimenti. Ella ha dalo a tuUi
i quesiti soluzioni ineccepibili.
PITTORE. Bel caso che un A vvocalo non trovi a ridire!
AYVOCATO. No, davvero. Quelle soluzioni, poi, a mc, come Av\"Ocalo.
piacciono tanlo più in quanto offrono largo campo allo spirito litigioso e alla contraddizione.
PITTORE. Grazie tanto! e le chiama soluzioni ineccepibili!
DOXNA LUISA. Ed ora basta. L'argomento è esaurito e il bigliardo ò
acceso. Andiamo.
(Si an·iano fuUi alfo sala di biglit11vlo.)
..'li i/ano, 1.J ottobre 1889.
A"" AtiGUSTO FP.RRA RT.
IL Gll BILEO ARTISTICO DEL JVIAESTRO GIUSEPPE 'rERDI
16 novernbre 1889.
n:s~:PPt: \" EJmt da Busseto nel Parmigiano. avuti i primi rudi-
G
Anche allon1 era difficile ad un gioYane maestro farsi dischiudere
menti mus icali nel s uo paese dal s uonatore d 'organo della s ua.
i battenti d'un lealro, mollo più in quei giorni in c ui il maestro ?\ipnrrocchia, conduceYasi a )lilano, aspirando di poter enlraro
colai col suo T empforio aveva fotto preconizzare in lui qu egli che
nel Consern1lorio di musica a farvi la s ua educazione, sentendosi potenavrebbe degnamente s urrogato Donizelfi, pronos tico per altro compiutatemente chiamnto a divenirne mneslro.
mente fallito, ed ò appena se il s uo nome vien ricordalo.
Il u o:Slro Consen ·alorio aveya allora n. s uo capo quel maestro Vaccni,
Ma Verdi potò nel 16 novembre 1839 esporre s ulle scene del noche con altri pregevoli lavori, lasciò quelle immortali
s tro maggior teatro il suo primo spartilo, l'Ober to conte
di San Bonifacio.
pagine della Giuliclla e Romeo, che surrogano sempre
l'ultimo allo dci Capulet i e Jlon le<:chi del sommo BelFortunato no fu l'esito, quantunque non !aie da far
lini, perché mrglio d i coslui interpretò g li ultimi moproclamare il suo autore i>er un gran maestro, e infalli
di molto ci volle ancora perchè gli s i riaprissero le
menti dei du e infelici amanli cli \'eronn. Altri egregi
maestri illuslr:wano quel n ostro istituto, qua li Hn~',
po rt e clella Scala.
Ma uri, Ièerrarn, Cavallini, Rabbonì, ccc.
Fu dovuto nlle calde ed efficaci mecliazioni d ell'otNon pa rri\ vero che questi rg regi non ave;.sero
timo ingegnere Francesco P11selli se l' impresario Bartointuito nel giovinotto bnssctano un'eminente v ocazione
lomeo Merell~ d' allronde espertissimo, g li concesse a
mu::icale, perch(• all"esperimenlo per la di lui accetta mus icare un secondo librello di Solorn, il l\·abuccn.
zione, lo ritennero cli non possibile riu· cila , e non g li
ch e s uscilò poi alla s ua ra ppresentazione decisi e g iu:Sti
entus iasmi, che s i rinn ovarono forse maggiori acl nna
dissero il dig nus es intrare.
Hespinto dnl palazzo della P assione, Giuseppe Verdi
terza opera, I J,ombo.rdi alla p rimo. crociala, o cosi
non per qu esto s i scoraggiò o corno che por le umili
via via ad ogo i s uo nuoYo spartilo, e non interroUi
rondizioni ùi fortuna gli nuocesse I' cse:lusione, incl efo~:;;n
ma i per i tanti capolavori che ognuno conosce e chu
GIUSEl'PE \' EROI
ci dispensiamo dal parlilamente ricordare .
aflese egua lm rntr nrlla. nostra citU1 allo studio di qucll"arte, che Danlc chiamò a Dio quasi nepote.
L'Italia ebbe nncora il suo maestro ; perocch c i
Divideva a llora una stanza con 'l'cmislocle Solera, di,·cnuto dopo
grandi che ll\"evano fin allora deliziato e lei e il r estante monclo s i
il s uo p oeta e prima musicò g li Inni sacl'i di Manzoni, oho non eberano chiusi noi più assoluto s ilenzio.
bero grande fortuna, perché il s uo nome non era p or anco rivestilo
Ciuquanl' an ni sono tra cors i dal 16 novembre J839 e Milano inù' alcun raggio di g loria.
fondeva celobraro l'artistico g iubileo di tanlo maestro, al q ua le già. eres~o
Ma. il :;uo genio gli additava il sentiero che dove va p ercorrere,
una statua, onoro raramente concesso ai vivi, noli' atrio dcl massimo
11uello dell'operista.
suo teatro, ch o fu l'arringo migliore delle sue g lorio; ma Giuse11pc
Temistocle Solera gli era al fian co e gli scrisse l'Oberto conte di
Verdi non p ermise che s i inclicessero feste per lui, come erano slalc
Snn Bonifacio. Era un libretto, che dopo quei di F elice Romani, poimmaginai.e, pago della memoria o dell'altissima stima c he cli lui serba1c ,·a dirsi scril to con lodeYoli versi, o Verdi lo musicò.
vano i Milanesi.
Ln stnmpn tuttavia. cittadina non solo, ma anche dì nitro oiltù
J' Ualin, commcmornrono questa datn del 16 noYembro 1839 noi 16
no,·cmbro del correnlo nn no 1 !), ricordando le opere dcli' immorrnle maestro. e noi pure YOleYamo che que'la data venisse eziaodio
m•lla no'lra strenna me nlon1tn. come g iù è impressa nello storia del1'.'lrrn.
)foi non fu mne:.:lro. t ho più dì Vercli, fo 'o forlunalo o onoralo dì
t•ontinui $ucces:.:i: uno $Oln "olla egli cnddo e fu noli' Un giorno di
r.•'\'nO. che lo ammoni come la s ua mu a non era pel genero giocoso.
!' ft'<'o bene a non ritentarlo più, qunnlunquo anche quella caduta fo
"' 'l'nutn in condizioni lu rbali5s.ime d'animo per la morto della sua
prima <'Onson e.
Fu la fama procacciatagli dalle suo opere che glì valse un seggio
in Parlamento, do\'e speraYas i che a vrebbe portalo la s ua parola, almeno quando si sarebbo lrallalo dei Dirilti d' nulore ; ma lullo il s uo
lo,·oro parlnmenlaro s ì ridusse a scrivere una fuga s ullo parole Ai
wA i! . \i ,-oti ! chi' s i sogliono gridare dai rappresentanti della nazioni'.
"°
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<1 uando lor paro c he la di:icussione d' unu questione s ìa esaurita.' Da
c1ueslo s uo fatiche di deputalo venne mandalo a riposarsi nella Camera
vitalizìu. Si, egli ò sennloro e decoralo di non sapremmo quante croci
dì cavaliere e dì commende, di medaglie d'oro o di diplomi d'Accademic
o di Società o Circoli nrlislicì.
A s uo onore ~lilnno gli destina, dìcosi, la consacrazione d'una \'ia.
o ari1 quella che ora s i appella da S. Cìusoppe, corn o cho quella \'ia
fiancheggi ìl tempio arlislico jn cuì Ciusoppo Verdi apparve por la prima
volla corno slolln fulgonto s ull'orizzonto musicale e io cui, ' malgrado i
suoi sellanlacinquo anni, dalla robusta sua cosliluziono e dalla svlcndida sua immaginazione, facciamo Yoli cho Otello non s ia stata l'ultima sua creazione.
A. C.
.,11\0
' Stori co, queslo pnrlicolnro lo ebbi dal compianto amico mio Pasquale Stani~fanci oi, che scdc"n n fianco di Verdi nello snln dei Cinquecento in Firenze.
276339
1 2 LUG. 1983
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