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Petrobelli, nobili mercanti

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Petrobelli, nobili mercanti
Petrobelli, nobili mercanti
Tra Valle Imagna, Bergamo e altrove
Robert Invernizzi – maggio 2013
[email protected]
Benedetti siano coloro che operano per la giustizia!
Con questa frase si concludono i testamenti di
Antonio Petrobelli e Caterina sua sorella, il
primo deceduto nel 1864, la seconda tredici
anni dopo. Divisa della famiglia o sincero
desidero di incensare gli uomini di buona
volontà? Paura dell'uomo che vuole liberarsi la
coscienza di fronte alla morte o autentico stato
d’animo di chi ha veramente compiuto atti di
equità e di rettitudine nel suo quotidiano?
Tradurre i sentimenti di personaggi scomparsi
un secolo e mezzo fa, alla sola lettura di
documenti d’archivio, non è impossibile ma,
sembra una sfida al buonsenso. Gli anni
passati con i Petrobelli, defunti certo, li rende
presenti in ogni momento, lasciandomi una
piacevole sensazione di complicità e quindi,
voglio accordargli il beneficio del dubbio.
R.I.
---oOo---
ORIGINI e BIOGRAFIE
In alta Valle Imagna, tra le famiglie di notabili e mercanti arricchiti nel commercio dei
pannilane, i Petrobelli fano parte dei primi a lasciare la valle come i Cassotti,
Mazzoleni, Locatelli, Masnada e tanti altri per stabilirsi innanzitutto in Bergamo e da
lì in quasi tutta l’Italia, per finire anche fuori confini dalla metà del Quattrocento agli
inizi del Cinquecento. Da ormai trecento anni non ci sono più Petrobelli nativi della
valle, ne rimane soltanto un patronimico inciso nella memoria collettiva come nome
di una contrada, ma il destino di questo casato è ben più singolare di una semplice
reminiscenza topografica.
Il termine “i Petrobelli” è forse un po' troppo riduttivo, pertanto conviene precisare
che tante delle “famiglie Petrobelli” sono certamente uscite da un ceppo comune
ma, la loro storia e le loro radici, si perdono nella notte dei tempi tra Cepino e
Bedulita. Furono sarti, muratori, mercanti, notai, una tavolozza di professioni
esercitate davvero vasta ma la propensione per il commercio li caratterizza già dalla
fine del Medioevo. Non ci sono eventi particolari per differenziarli dalle altre famiglie
oriunde della valle che hanno percorso una strada identica e parallela alla loro,
passando dalla mercatura all’arricchimento e alla notabilità in città. Sono passati
decenni e addirittura secoli e oggi possiamo sintetizzare dicendo che con il corso del
tempo la lana ha lasciato il posto alla seta e gli articoli del merciaio spariscano
scambiati per belle monete d’oro tra le mani d’un Petrobelli diventato finanziere e
che l'arditezza negli affari del padre mercante, superando monti e fiumi,
attraversando tutta l’Italia di fiera in fiera, si allontana per fare posto alla sedentaria
sicurezza del figlio, nelle diverse funzioni di pubblico ufficiale nel capoluogo
bergamasco. L'impronta lasciata nel corso dei secoli sul territorio bergamasco ha la
particolarità di essere discreta nelle apparenze, certo sempre facendo parte del ceto
dirigente cittadino, attaccati al notabilato locale, ma senza fasti chiassosi che
avrebbe svegliato la curiosità dei ricercatori, ma, anestetizzando la mia.
La durata nel tempo è legata ad un filo che, da Giacomo 1 in Valle Imagna,
capostipite nel Quattrocento della famiglia oggetto della cronistoria di queste pagine,
passa per Benedetto in Campobasso, prosegue con il ramo che qualificherò: di Via
Pignolo 69, questi Petrobelli hanno l’unicità di avere riattaccato i legami con la valle
attraverso la loro proprietà di Berbenno, e si conclude con Carolina, ultima erede del
possedimento di Ceresola, deceduta nel 1903 a Milano.
L’ultima nascita Petrobelli censita in Valle Imagna fu a Bedulita nel 1645, per Cepino,
Francesco Petrobelli fa parte del Consiglio della Valle nell’anno 1680, in questi due
comuni si spengono le ultime famiglie. La seconda ed emblematica scomparsa dei
Petrobelli dalla valle fu per il decesso, avvenuto nel 1864 nella sua casa di
campagna in Ceresola, del conte Antonio Lorenzo nativo di Bergamo. Gravemente
ammalato, curato dal dottor Luigi Pellegrini di Capizzone, il giovane uomo di 26 anni,
ostinatamente legato al suo possedimento valligiano, rogando il suo testamento,
forse si rese conto della simbolica portata della sua dipartita da questo luogo, da
questa valle culla dei suoi avi, sembrava spettasse a lui, ultimo maschio, chiudere il
cerchio. Espresse così nelle sue ultime volontà, il desidero di fare esumare la salma
dei genitori sepolti in Bergamo per trasferirli nel cimitero di Berbenno, accanto a lui2.
1
2
Vedere Tavola 3
Testamento alla fine del libro, vedere Appendice 1.
Le fonti archivistiche consultate, per ritrovare le date più antiche, conducono da una
parte all’abate Giambattista Angelini che segnala la presenza dei Petrobelli nell’anno
1253 e dall'altra al padre Donato Calvi 3 che, nel suo Campidoglio dei guerrieri
racconta le avventure di Pietro Corsini detto il Bello nel 1259. Il patronimico
Petrobelli per secoli si vede scritto Pederbellis, dunque Petrobelli di cognome,
Corsini di soprannome (che probabilmente è un diminutivo di Accorsino, nome molto
diffuso tra i Petrobelli), vengono detti anche Conti, Contalli, Mori, Bozzi, Zenucchini,
Bagioni, Generali. A contraddistinguere la storia di queste famiglie saranno i
cosiddetti Corsini (alcuni componenti abbandoneranno “Petrobelli” per conservare
unicamente il cognome: Corsini).
Quando risaliamo nel tempo, il soprannome che lega i Petrobelli con la Valle fu
quello dei detti Conti portato da Accurso (figlio di Omobono, più avanti citato) nato
all’inizio del ’300 abitante in Bedulita. Un suo discendente, altro Accurso,
probabilmente nipote del precedente, stabilito in Cepino, si suppone che lascerà il
suo soprannome come nome alla contrada Cà Contaglio. Sono soltanto delle
ipotesi, chi può dire con certezza che una persona lascia il suo nome alla contrada
e non viceversa? Bedulita e Cepino si potrebbero contendere il primitivo focolare
ma, l’assenza degli archivi parrocchiali di Cepino lascia il campo libero per affermare
che la culla dei Petrobelli fu Bedulita, ipotesi confermata da diversi atti notarili
rilevati dall’Angelini e avvalorati da Giuseppe Ercole Mozzi. La storia “scritta” dei
Petrobelli inizia con il defunto Domenico Petrobelli padre di Pietro, Martino, Giovanni
e Omobono (sopraccitato) di Valdimania citati nel 1346. La località Bedulita appare,
con i suddetti, in un atto datato 28 maggio 1386: “Acurso dicti Conti f.q.Omniaboni4
de Bedulita”.
Non è facile situare, nel tempo, il momento quando i Petrobelli della città prendano il
passo su quelli rimasti nella valle, sappiamo pero che la parentele Petrobelli si
riuniva in città alta formando un sindacato per la difesa dei loro interessi comuni. Il
fatto anche di segnare negli atti notarili il luogo di provenienza: di Valdimania non
garantisce che il detto Petrobelli abitava effettivamente la valle, poteva essere
stabilito in città da diverse generazione. Lo storico bergamasco Giuseppe Ercole
Mozzi5 ha censito, nel corso della metà del Settecento, migliaia di atti notarili nei
diversi archivi riuniti nella città di Bergamo, tra i quali ci sono più di 250 rogiti relativi
alle diverse famiglie Petrobelli. Da notare che non c’è nessuno classificato con il
patronimico “Corsini”. Questi atti sono stati rogati in “città” o dintorni, visibilmente
non ci sono quelli rogati dai notai della Valle Imagna che prima del ’500 sarebbero
una grande maggioranza (gli archivi notarili fino all’Ottocento erano conservati in
Valle).
Nel ’200 niente di significativo, 9 atti, tra i quali 2 detti di “Lemine” (Almenno),
termine generico impreciso.
Nel ’300, troviamo 26 atti, tra i quali ci sono 16 Petrobelli detti di “Valdimania”.
Opere consultate di Donato Calvi: Campidoglio de guerrieri et altri illustri personaggi di
Bergamo – 1668, Francesco Vigone, Milano. Scena letteraria degli scrittori bergamaschi aperta alla
curiosità de suoi concittadini – 1664 - Effemeride sacra profana di quanto di memorabile sia successo
in Bergamo – 1676.
3
Citando sempre questo personaggio, G.E.Mozzi scrive anche: Omnibeni, Omoboni o
Omeboni
4
5
G.E. Mozzi, Antiquitates Bergomenses, sec. XVIII – Biblioteca C.A. Mai, Bergamo
Nel ’400 ci sono 75 atti di cui: 27 senza luogo, 2 di Bergamo, 46 Petrobelli detti di
“Valdimania” (poche volte è precisato di Bedulita), un dato rappresentativo della forte
attività che questi mercanti sviluppano in città e che oltre il 60% è originario della
Valle Imagna ma iniziano a stabilirsi nel capoluogo della provincia (nel ’500 questi
imprenditori Petrobelli valdimagnini saranno in gran parte abitanti di Bergamo,
soltanto il 14% saranno detti di Valdimagna). Da notare che in questo secolo, 6
Petrobelli nativi di Valle Imagna sono detti abitanti di Bergamo.
Nel ’500 ci sono 84 atti, i Petrobelli sono 12 di “Valdimania”, 60 senza luogo, 7 di
Bergamo e 5 fuori provincia. Nel Cinquecento 2 nativi della Valle sono detti abitanti
di Bergamo e uno di Ancona.
Nel ’600 e nel ‘700 non ci sono dati significativi. Dei 50 atti notarili, nessuno è
originario della Valle. Per concludere, i Petrobelli segnati senza luogo negli atti
censiti dal Mozzi, dopo numerose ricerche appaiano con certezza quasi tutti nativi
della Valle Imagna ma probabilmente già stabilitisi in Bergamo.
Bedulita Le notizie più rilevanti provengono dai tre fratelli Bernardino, Pietro e
Bartolomeo, figli del notaio Giovanni (attivo tra il 1460 e il 1520) 6, mercanti di panni
di lana, lasciano la Valle per stabilirsi in provincia di Rovigo, dei quali parleremo più
avanti. Altri notai lasciano tracce di loro in Bedulita: Tonolo figlio di Benedetto nella
seconda metà del Quattrocento e suo figlio Giacomo, sempre notaio. Non mancano i
soprannomi dei diversi personaggi per distinguere le diverse famiglie nel corso del
Cinquecento. I detti Nerinis, Zoppo, Gibbelini ecc... Alla fine del Cinquecento, il
notariato fu il destino di questi Petrobelli, non si dedicano infatti alla mercatura, sono
agiati proprietari terrieri. Arriviamo a Polidoro Petrobelli, notevolmente citato nella
seconda metà del ’500, marito di Virginia, fabbriciere nel 1559 7 e capofamiglia nel
1605, appare nel Estimo Veneto del 1610 8. Anche suo figlio Giovanni Antonio sarà
notaio9, di lui abbiamo informazioni attraverso l’archivio parrocchiale, padre di
Giacomo altro notaio10, Aurelia, Virginia, Apollonia e Giulia. L’ultimo capofamiglia
Petrobelli che riferiremo fu un nativo di Cepino, stabilitosi in Capetrobelli: Giovanni
Antonio figlio di Accorsino detto Contalli nato nel 1590 circa, marito di Giulia da cui
avrà sette figli, tra i quali il reverendo Andrea nato nel 1632 che diventerà parroco di
Blello, di Berbenno e, anche se solo per due mesi, di Capizzone. Concluderà il suo
percorso ecclesiastico in Bedulita tra il 1665 e il 1686, morirà in S. Michele nel 1692.
Altre scarse notizie provengono dai due fratelli del reverendo Andrea: Genovario e
Carlo, il primo citato fino al 1696, il secondo deceduto nel 1699. Con loro si conclude
il capitolo dei Petrobelli di Bedulita, la famiglia si è estinta senza discendenti. La
contrada Cà Petrobelli di Bedulita è citata solo nel 1609 in un atto notarile.
6
Figlio di Simone – ASB, archivio notarile, faldone 526.
7
Archivio della Curia vescovile di Bergamo, cartella Bedulita
8
ASB, Estimo Veneto “Valium 1640”, compilato nel 1610, trascritto nel 1640 - f°4.
9
ASB, archivio notarile faldoni 3929-3930, attivo tra il 1591 e il 1620.
Di questo Giacomo possiamo dedurre il suo decesso in età giovanile, di lui non ci sono più
notizie dopo il 1628.
10
Cepino
Tra i numerosi Petrobelli detti di Valdimania non è facile riconoscere quelli nativi da
quelli residenti nella parrocchia di San Bernardino. Con certezza possiamo
menzionare la famiglia di Andrea di Cà Contaglio citato tra il 1504 e il 1548, figlio di
Zanini fu Accursio, mercante. Il suo marchio è depositato nel libro Dei marchi de
mercanti di Bergamo (BCM), sappiamo che aveva un negozio con Bartolomeo
Cassotti in Salerno nell’anno 1520. Troviamo suo figlio Accorsino detto Contalli
(sopraccitato nel paragrafo “Bedulita”) marito di Lucia e sua figlia Giulia, moglie di
Guglielmo Manini di Cepino e altre famiglie insediate anche in contrade Cà Cotai e
Cabetolo (‘500 - ‘600).
Il Magnifico Santuario di Santa Maria della Croce
Bartolomeo Petrobelli, detto Contaglio (indubitabilmente di Cepino) mercante, già
colpito dal bando per omicidio nel bergamasco, si rifugia a Crema dove fa la
conoscenza di un certo Cristoforo figlio di Bartolomeo degli Uberti e ne sposa la
sorella Caterina il 13 febbraio 1489. Nella notte del 3 aprile 1490 tenta di uccidere la
moglie che, gravemente ferita, dopo aver avuto la visione della Madonna, muore in
seguito ad una lunga agonia. Sul luogo del delitto sarà eretto il Santuario di Santa
Maria della Croce.
Ecco in poche righe un riassunto della triste vicenda che vede coinvolto uno dei
nostri Petrobelli, numerose volte descritto da tanti autori. Nel 1947 fu pubblicato in
Bergomum11 un breve articolo nel quale interessanti informazioni danno un
orientamento sulla genealogia (TAVOLA 1) del suddetto Bartolomeo, figlio del
sartore Antonio e fratello del drappiere Giovanni.
Secondo Donato Calvi
Una buona parte delle notizie descritte in questa ricerca per ritrovare le antiche
radici delle nostre famiglie Petrobelli provengono dal padre agostiniano Donato
Calvi, che nel corso del Seicento scrisse diverse opere 12 sui noti personaggi che
hanno fatto la storia di Bergamo.
Il Calvi inizia nel suo Campidoglio le biografie dei Corsini con Pietro Corsini detto il
Bello. Sembra troppo facile trovare un Pietro detto Bello come capostipite dei nostri
Petrobelli! Abbiamo una scorciatoia comoda per la definizione del cognome, non
posso mancare di ricordare le parole dell’Abate Angelini 13: “… da cinque fonti a mio
credere provennero i cognomi, dall’Uffizio, dal Luogo, dal Nome, dal Sopranome,
dall’Arte”. Mi permetto di aggiungere dunque una sesta fonte: una caratteristica
fisica, al solito l’uomo si compiace di sottolineare gli aspetti negativi, godiamo lì di
11
<< Meravigliosa storia di S. Maria della Croce di Crema>> della Contessa Winifred Terni de’
Gregory – 1946, Bergomum – Voll. XXI - 3.4 - dicembre 1947, pp. 75 e 76.
12
Già citate nella nota 3.
Giovanni Battista Angelini, erudito bergamasco del Settecento – Vincenzo Marchetti / Prov.
di Bergamo, comune di Strozza - 1991
13
una particolarità positiva: è detto Bello il nostro Pietro! Non è assolutamente il caso
di concludere che l’origine del patronimico (ancora meno l’origine della famiglia) sia
stata trovata, ma è un'ipotesi da non trascurare. Al momento, con lui abbiamo il più
antico Corsini di Bergamo, il Calvi lo classifica nella stessa famiglia dei PetrobelliCorsini. Da notare che padre Calvi non usa mai il cognome Petrobelli ma, soltanto
Corsini.
Pietro Corsini detto il Bello - Carlo I d’Angiò (1226-1285), fratello di San Luigi, Re
di Francia, alla domanda del Pontefice Papa Clemente IV fu investito re di Sicilia
(1265), sconfisse il principe svevo Manfredi nel 1266. Pietro Corsino
soprannominato il Bello, (Donato Calvi precisa “…mà l’eroiche imprese sue li
guadagnorno il titolo di Forte…”), forte, fu il guerriero che partecipò a tutte le
battaglie al servizio di Carlo d’Angiò, il primo a salire le mura nella conquista di
Ceprano (1259), spianò à gl’altri la strada nella sorpresa d’Aquino, prende parte alla
resa di Rocca d’Arce (1266) e sarà accanto al re Carlo per entrare nella città di
Benevento. Fu nominato Consigliere di Stato, avrà il governo d’Otranto e poi della
Basilicata. Alla domanda di Beltramo da Greco di Bergamo, podestà di Milano un
suo congiunto, torna in Lombardia, sarà colonnello sotto Ottone Visconti. Pochi anni
dopo muore in Milano dove viene sepolto nel Duomo Vecchio, nella Cappella
chiamata la Madonna di S. Michele.
Corsino Corsini - Anche lui aiuterà un re di Francia nelle sue conquiste nella
penisola italiana, parliamo di Carlo VIII. Dopo la sottomissione di Firenze arriva a
Napoli nel febbraio 1495. Dopo la morte di Carlo VIII, Corsino sarà al servizio di
Luigi XII, accanto a Gian Giacomo Trivulzio per la conquista del Ducato Milanese.
Parteciperà alla sanguinosa battaglia di Alessandria nel 1499. Combatterà Badino
Beccaria (Pallavicino) per la difesa di Como sotto la sua custodia e Annibale
Balbiano in Lecco, dove uno dei suoi fratelli sarà fatto prigioniero. Gravemente ferito
alla testa in quest'ultima battaglia, Corsino muore nell’anno 1500.
Corsini-Petrobelli - Arriviamo ai fratelli Corsini, figli del mercante Stefano 14 (ved.
TAVOLA 1) e di Lodovica de Castelli, figlia di Gabriele di Gandino. Genitori di undici
figli: Giovanni Antonio, Francesco Giovanni Battista e Accorsino sono i più
conosciuti15 e descritti qui sotto. La famiglia di Stefano e Lodovica abitava in Via
14
figlio di Bernardino, aveva copiosi interessi a L’Aquila, i Corsini sono in questa città anche
nell’anno 1607. Poche notizie su Bernardino padre di Stefano, tuttavia non mancano sui due zii
mercanti, Accorsino sopraccitato e Sebastiano, marito di Lucia Ficieni, figlia di Bernardino, abitante in
Borgo S. Antonio di Bergamo, ma che aveva una bottega in Lanciano, citato in un rogito datato 6
settembre 1535. […In nundinis, in apotheca dni.Sebastiano Corsini. Nardo di biagio Aliani di
Basilicata dichiara di dover dare a Francesco Cursini presente, per Sebastiano, Cursino e Stefano
Cursini fratelli e a Berardino Bellano di Bergamo e a ognuno di essi in solidum, D.25, 4, 10 <<ex
causa venditionis petiarum novem et palmos duos pannorum bergamensium diversi coloris>> e
promette di pagare alle fiera di Quarantana di Norcera o alle fiere di Lanciano, Aversa, Salerno,
Aliano …], da notare tra i testi presenti: Pietro Nicola “Apassero” di Bergamo, si tratta indubbiamente
di Pietro Passeri de Personeni di Berbenno, padre di colui che diventerà il venerabile frate
cappuccino Francesco da Bergamo. Negli atti rogati sulle fiere di Lanciano, spesso troviamo, negli
anni 1534-1538, la presenza dei fratelli Giovanni Andrea e Camillo Masnada (trascritto dall’autore:
Macinati o Marnata) e di Bartolomeo Cassotti (Casciotto) - Registi Marciani (1987) – Area Frentana.
15
Per gli altri figli di Stefano e Lodovica Castelli, dobbiamo segnalare Bernardino, marito di
Lucrezia figlia di Leonardo Albani, console dei mercanti tra il 1580 e il 1600 e vicario della Valle
Seriana Inferiore nel 1594/95, detta il suo testamento il 13 settembre 1575, senza discendenti
Pignolo agli attuali numeri civici 48 e 50 16. Nella casa adiacente cioè al n. 52,
secondo le considerazioni di G. Petrò, nel 1525 abitava Accorsino Petrobelli, zio di
Stefano, casa acquisita nel 1532. Accorsino decederà nel 1544 senza discendenti
maschi. I diversi lotti di Via Pignolo rimangono di proprietà dei Corsini fino alla metà
del Seicento.
La famiglia fu nobilitata nell’anno 1575, alcuni dei suoi componenti abbandoneranno
il patronimico Petrobelli e useranno esclusivamente Corsini. Diversi ricercatori, con i
quali concordo, concludono che, per questi Corsini uomini d’armi o giuristi, il
passato dei Petrobelli, dunque il patronimico, sia simbolo di un’attività mercantile, un
esercizio umile per grezzi rurali, una pratica lavorativa per lungo tempo disprezzata
dal ceto dirigente cittadino, patrizi discendenti da un’aristocrazia i cui i mezzi di
sostentamento furono essenzialmente dovuti ai loro possedimenti terrieri. A mio
giudizio, non manca di disdegno neppure la nota del Crolallanza nel suo
Dizionario17, nella descrizione della famiglia Petrobelli di Bergamo: erano cancellieri
del Vescovato, ed arricchitisi onestamente […]. Queste due ultime parole non
sarebbero mai state scritte per un Suardi o un Colleoni, come per dire: nobili ma nati
dalla plebe!
Non l’avrei mai immaginato ma è molto interessante, l’affermazione della Contessa
Winifred Terni de’ Gregory18, parlando dei fratelli Corsini militari, […] e da ultimo al
cognome (Petrobelli) infamato da Bartolomeo preferì quello di Corsini […],
riferendosi a quel Bartolomeo citato nel paragrafo precedente “Magnifico Santuario
di Santa Maria della Croce” che avrebbe disonorato il cognome Petrobelli.
Ritroviamo i figli di Stefano e Lodovica:
Giovanni Antonio - I Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di
Gerusalemme dovettero abbandonare l’isola di Rodi e su iniziativa dell’imperatore
Carlo V si insediarono a Malta (1530) e da lì continuarono la lotta contro i corsari
musulmani. Il citato Giovanni Antonio Corsini-Petrobelli sarebbe nato nell’anno 1546.
Distintosi nell’anno 1565 come partecipante alla difesa di Malta nella fortezza di
Sant'Ermo dall’assalto degli Ottomani condotti da Mustafa Bassà, diventerà
cavaliere gerosolimitano e per la sua bravura sarà nominato Commendatore e
Ricevitore di Lombardia. Sappiamo inoltre che, tornato a Bergamo nel 1578, insieme
al fratello Pietro compra una casa al reverendo Filippo Clinate nella vicinanza di S.
Grata in contrada di Valle d’Astino ove si dice al Castello di Moz (ora Castel Presati).
maschi, nomina eredi universali i suoi fratelli, esprimendo il desidero di essere sepolto nel chiostro
del monastero di S. Agostino, tra i testi presenti si notano i fratelli Gio. Paolo e Gio. Francesco figli di
G. Maria Cassotti de Mazzoleni. Pietro, fu console di giustizia nel 1564. I suoi figli Stefano e
Lodovico divideranno il patrimonio famigliare nel 1604. Altri due figli Gabriele e Orazio sono segnati
eredi di Stefano in un testamento del 1551, ugualmente le tre sorelle Sara, Cornelia e Giulia,
quest’ultima moglie di Gio Antonio de Spino.
Gianmario Petrò – Mercanti e cavalieri nella Bergamo del ’500: le case dei Corsini Petrobelli
e dei Busi in via Pignolo 48-52 – La Rivista di Bergamo n.5 luglio 1993.
16
17
Dizionario Storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane – G.B. de Crollalanza -
1886
18
Già citato: <<Meravigliosa storia di S. Maria della Croce di Crema>> della Contessa Winifred
Terni de’ Gregory – 1946, Bergomum – Voll. XXI - 3.4 – dicembre 1947, pp. 75 e 76.
Nel 1593 fu tutore di Stefano e Lodovico fratelli minorenni, figli del citato fu Pietro
suo fratello. Deceduto il 20 maggio del 1595 fu sepolto nella chiesa di S. Agostino di
Bergamo.
Francesco (1555/1584) - il più noto della frateria. Come il fratello G. Antonio fu
cavaliere dell’Ordine di Malta. Fu sepolto nell’antica chiesa francescana dedicata a
Santa Maria delle Grazie in Bergamo, insieme al terzo fratello militare Giovanni
Battista, in un imponente sarcofago di marmo realizzato dalla famiglia Corsini nei
primi anni del Seicento. Nel 1930 la loro tomba fu spostata nell’atrio della Biblioteca
Civica Angelo Mai. Chi passeggia nella città alta, ammirando la Piazza Vecchia, non
può evitare di entrare nel superbo Luogo del Sapere per dare un’occhiata al degno
monumento funebre dei Corsini.
La sua biografia scritta da Donato Calvi non corrisponde ai dati scolpiti sul
monumento funerario, così tradotti: <<Al coraggioso cavaliere dell'Ordine di Santo
Stefano Govanni Battista Corsini e all'impavido di lui fratello Francesco cavaliere di
Gerusalemme. Costui, mentre nello scontro navale tunisino presso le isole Echìnadi,
in quello belga, in quello cipriota e in altri conflitti del suo tempo per la fede cattolica
si stava avvicinando alla gloria militare, a ventinove anni venne raggiunto dalla
morte il 21 gennaio 1584. Quegli, mentre all'età di trentasei anni, per le insigni
imprese militari segnate dalla prudenza, veniva insignito dal duca di Toscana del
comando navale, morì il 31 marzo 1595>> 19. Secondo il Calvi, Francesco aveva
tredici anni quando fu ammesso nella Confraternita dei Cavalieri di Malta e partecipò
alla lotta contro il famoso corsaro Barbarossa (deceduto nel 1546). L’abate descrive
diversi fatti d’armi accaduti prima della nascita del detto Francesco. Nel 1568 ha
avuto “famigliar amicitia” con il perugino Astorre Baglioni governatore della fortezza
di Bergamo, nel 1570 lo seguirà sull’isola di Cipro per la difesa della roccaforte di
Famagosta, e sarà in prima linea per la battaglia di Lepanto nell’anno 1571. Sembra
che non fu del tutto apprezzato dalla Serenissima, per questo fu ordinato il suo
arresto nel 1576 per omicidio, nei conflitti tra Milano e Venezia, tra Fontana Arciprete
del duomo milanese e Marco Giustiniani podestà di Bergamo, o più largamente tra
la Serenissima e il Pontificio. Francesco è descritto come creatura dell’Arcivescovo
Carlo Borromeo, nel 1582 il senato veneto decreta una taglia di 3000 ducati d’oro
per la sua cattura, vivo o morto. Gravemente ferito in un agguato a Milano, morirà
tra le braccia del futuro San Carlo Borromeo.
Giovanni Battista (1559/1595) Fa parte dell’Ordine di Santo Stefano, Generale
delle Galee sarà onorato dal granduca di Toscana Cosimo I con il titolo di Gran
Croce. Come i due fratelli maggiori partecipò anche lui alla lotta contro i turchi, fu
sepolto con il fratello Francesco. Fu stimato20 il 20 dicembre 1590 per una casa in
borgo S. Antonio vicino “da mattina m. Pietro Furietto, da monte la via pubblica da
mezzo giorno e da sera Accursio Corsino (suo fratello).
Accorsino o Accursio (1549/1630), appare come l’intellettuale della famiglia: padre
mercante, fratelli guerrieri, lui studia a Parma, a Perugia e conclude il percorso
Giuseppe Sangalli/traduzione del prof. Francesco Lo Monaco – I monumenti funerari dei
Corsini e degli Agosti… - Bib. C. A. Mai – Notiziario, n. 6, giugno 2007, anno XII.
19
20
ASB – Estimo Veneto vol.31, S.Giovanni dell’Ospedale, foglio 16.
all’università di Padova dove si laurea dottore in legge. Il padre Calvi apre con lui la
sua opera Scena letteraria de gli scrittori bergamaschi, un ritratto rinascimentale del
gentiluomo bergamasco ci regala l’idea della fisionomia del personaggio. Come i
fratelli è amante delle armi ed il piacere della caccia sarà la sua passione. L’arte
venatoria farà di lui uno scrittore riconosciuto fino ai nostri giorni, la sua serie di 8
volumi è considerata come la prima opera italiana stampata in difesa della caccia.
Apologetico della caccia - oue sono narrati vitij da molti scrittori rimprouerati alla
caccia e cacciatori, scopronsi le virtù di lei e'l modo d'usarla, per conseguire ottimo
temperamento di complessione, quadratura di corpo, continua sanità, fortezza.
Pubblicato in Bergamo da Valerio Ventura nell’anno 1626. Il Calvi cita anche altri
scritti di Accursio: un Trattato dell’avicupio - La caccia acquatica de’ pesci – Trattato
speciale della Nobiltà. Sposerà Giulia Vertova, la coppia si stabilisce nelle vicinanze
di San Alessandro della Croce, contrada dove nascono i figli: Alessandro l’anno
1595, Ludovica nel 1598, Antonio nel 1599 e Paolo nel 1601. L’attività professionale
di Accurso tra il 1591 e il 1627 si svolge in Bergamo dove sarà console di giustizia. A
differenza dei fratelli, lui usa il cognome Corsini-Petrobelli, come appare negli archivi
comunali21. La terribile estate del 1630 gli sarà fatale, decederà di peste in Cologna
al Serio, aveva superato gli 80 anni. Un altro suo figlio, Natale, fu eletto il 16.12.1625
vicario della valle Brembana Oltre la Goggia (Piazza). In pieno periodo di pestilenza,
nel 1630, fu nominato sindaco all'ufficio della sanità per borgo Palazzo dove prestò
servizio fino alla fine del contagio.
Tra i Petrobelli oriundi della Valle Imagna, degni d’interesse, possiamo citare anche i
figli di Pietro Moro, stabilitisi in S. Alessandro della Croce: Marco Petrobelli, lapicida,
cementario e carpentiere, Antonio tagliapietre, entrambi impegnati nei lavori nella
chiesa di S. Agostino22. e Maria, moglie del famoso architetto Mauro Codussi 23,
vedova nel 1505.
21
B.C.M. Archivio Storico Comunale di Bergamo - Antico Regime – Uffici giudiziari
Società, cultura, luoghi al tempo di A. Calepio – M. Mencaroni Zoppetti, E. Gennaro, 2005 p.132 “Le trasformazioni della chiesa e del convento di S. Agostino tra il XV e il XVI secolo” di
Gianmario Petrò.
22
I cosiddetti Bagioni (vedere TAVOLA 2) Marcantonio Benaglio24, notaio, cancelliere
del Venerando Consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo, descrive nel
1612 i terreni dell’ente: in Comun Nuovo, nel luogo detto Albarelle, una pezza di
terra di 22 pertiche confinante "di quelli della parentela di Petrobelli di Bedulita",
un’altra pezza detta La Marca di pertiche 67, " da mezzogiorno delli Petrobelli di
Bedulita", una terza pezza detta del Don confinante "da mattina de Petrobelli di
Bedulita..." pervenuta alla Misericordia per legato da Antonio Bagion di Petrobelli. Il
testamento del 9 dicembre 1461, rogato dal notaio Bertulino Marchesi, cita anche
un'altra pezza detta Novella, confinante con i Petrobelli.
Probabilmente discendente del sopraccitato Antonio, un altro Antonio figlio di
Bernardo Bagioni Petrobelli spesso appare come padrino in S. Alessandro della
Croce25 tra il 1587 e il 1599. Fa testamento l'18 marzo 1600 26 e in assenza di figli
maschi lega la moglie Orsola e le figlie Cecilia e Elisabetta (monaca), ma gli eredi
sono i suoi fratelli Pietro, Gio. Giacomo e Gio. Battista. Diverse sono le nascite di
questa famiglia registrate nell’archivio parrocchiale di S. A. della Croce nel primo
registro dei battesimi.
Della stessa stirpe, come si può vedere nella tavola 2, segnaliamo il notaio
Giacomo Petrobelli abitante in borgo Pignolo (attuale numero civico 58), attivo tra
1496 e 1528. E' impressionante la ricchezza di informazioni del suo archivio, poiché
fu il notaio di fiducia di tutti i notabili e mercanti di Bergamo, i suoi rogiti sono una
testimonianza scritta del quotidiano bergamasco e costituiscono un’importante fonte
per le ricerche storiche. Marito di Maddalena Terzi. Suo figlio Gerolamo, così
descritto da G. Petrò: “Gerolamo divenne un noto dottore in legge, uno dei
personaggi trattati con maggior riguardo nella vicinia di S. Giovanni dell’Ospedale
nella quale restò stimato fin verso la fine del secolo” 27, numerose volte citato con il
fratello Paolo (mercante) tra 1541 e 1559, è stato nominato podestà di Scalve il 14
dicembre 1556. Diverse volte indicato negli Atti della visita di S. C. Borromeo
nell’anno 1575 come uno dei rettori della città, lo ritroviamo come console di
giustizia tra il 1583 e il 1601. Dalla polizza d’Estimo del 1593 28 apprendiamo che
abita nelle vicinanze di S. Michele dell’Arco, con sotto una bottega affittata a Ottavio
Raspis, possiede anche una altra casa in borgo S. Antonio nelle vicinanze di
Nativo della Valle Brembana, famoso architetto, trasferito in Venezia, menzionammo tra le
sue principali opere in Venezia: le chiese di San Zaccharia e San Michele in Isola o i palazzi
Vendramin e Zorsi.
23
Descrittione della proprietà del Venerando Consortio della Misericordia Maggior di Bergamo
– Marcantonio Benaglio, Ediz.dell’Ateneo, 2003.
24
Archivio parrocchiale S.Alessandro della Croce – Bergamo, Libro dei battesimi, vol.I,
1585/1639.
25
26
ASB – Arch.not. Giuseppe Bresciani, fald.2982 “testamenti”, atto n.19
Gianmario Petrò – La Rivista di Bergamo, aprile 1993, Le case di Giacomo Petrobelli e di
Balsarino Angelini poi Collegio delle Dimesse di Borgo S.Antonio.
27
28
ASB – Estimo Veneto n.37 S. Michele dell’Arco – foglio 33.
S.Giovanni dell’Ospedale e una bella proprietà in Seriate nel luogo detto il Paderno,
con numerosi appezzamenti di terra.
Non tutti furano ricchi notabili. I due figli di Marco Petrobelli appaiano sull’Estimo del
152529 in San Giovanni dell’Ospedale, il primo Lodovico, laborator, stimato L. 100, il
secondo Martino, ferrarus, stimato L. 300 (per memoria, il sopraddetto Accursio
Corsini dottore in legge figlio del ricco mercante Stefano alla stessa epoca è stimato
L. 4500). Gli altri due fratelli Petrobelli, figli di Bernardo, Pietro e Augustino abitanti in
borgo S. Antonio si dichiarano frutarolo nell’anno 157530. Per concludere con i
mestieri più umili, citiamo l’annotazione trovata nell’archivio parrocchiale di S.
Alessandro della Croce, tra i battesimi, nell’anno 1593 appare la nascita di Nicola
figlio di Antonio Petrobelli “carrozzero dei S.S. Furietti”.
Nelle pagine seguenti sono descritte le ricerche genealogiche effettuate sulle fonti
archivistiche, già citate, per ricostruire i diversi rami delle famiglie Petrobelli. Devo
quindi avvertire il lettore che il lavoro eseguito è il risultato di deduzioni realizzate
incrociando le informazioni disponibili, spesso lacunose e nonostante l'opera sia il
frutto di numerose ore di riflessione, non escludo possibili errori di interpretazione.
29
BCM – Estimi, 1.2.16.167 – 1525, S. Giov. dell’Ospedale.
30
BCM – Estimi, 1.2.16.512 – 1575, S. Giov. dell’Ospedale.
Tavola 1
Tavola 2
Tavola 3
MERCANTI
Lana che diventa oro
L’economia della valle Imagna e i mezzi di sostentamento sono basati sulla coltura,
il pascolo, i castagneti e sui diversi prodotti derivati della foresta. La pastorizia, oltre
ad essere una risorsa alimentare, produceva lana e pelle, due materie prime
indispensabili. Il cuoio delle vacche e la lana delle pecore furono la base del
miglioramento della vita del produttore, ma fecero soprattutto la ricchezza dei
mercanti. Anche se la produzione tessile nelle valle bergamasche è accertata nel XI
secolo, i ricercatori concordano che lo sviluppo economico delle attività tessili, su
grande scala, è dovuto alla presenza della congregazione degli Umiliati nella
provincia bergamasca nel XIII secolo. Paolo Manzoni ricorda le due case dei
Umiliati in Almenno che si dedicavano soprattutto alla lavorazione e al commercio
della lana31.
L’area di Almenno è particolarmente attiva nelle negoziazioni come lo dimostra il
numero importante dei 49 mercanti di Lemine e dintorni (compresa dunque la Valle
Imagna) convocati in Bergamo, in gran parte probabilmente impegnati nel
commercio della lana perché nel 1251 sono sottoposti alla dathia sive talia, quota
d’ingresso sul mercato della loro attività. Sono citati:
Ventura Cavalonum-Tortellus Bergonzum et fratres eius-Lanfrancus CavalonumIacobus Litotti-Petrus de Villa de Lemine-Lanfrancus et Arnoldus et Pasinus fratres
et filii quondam Marini-Bazzonum de Lemine-Ubertus Bazzonum-Petrus Coazzum,
Maurus et Nantelmus eius fratres-Guilielmus Brumani et Bonettus eius frater et
Petrus frater eorum-Iohannes eius Petri filius omnes de Lemine-Preboldus Alberici
Damannio-Albertus Amici Damiano-Preboldus Alberti Besoch-Blancus Petrochi de
Lemine-Bonninus de Puteo de Lemine-Iohannes Tadei de Lemine-Iacobus Petri de
Ponte-Bellebonus Butene de Lemine-Omniabene de Manzole de Lemine-Barianus
Artuichi -Alexander de Locate-Iustamons de Legia-Bellebonus Zamboni BlaviBellolus Petri de Zuchis-Ventura Martini Tarini de Lemine-Lanfrancus Cavania de
Brolo-Pervitallis Coareghi-Teutaldus Martini Ruffi-Salvus Girardi Ottene de BurlicoMadius Rogeri Gatoni-Giudo Mancasola-Alexander Albrici et Redulfus eius fraterBonadeus Broch-Mercator Artuffonum-Petrus Raggi Acorsi-frater Ayolfus de Borgofrater Bodius de Plazza-Niger Tarinonum-Pilegrinus Iohannis Ravazzum-Rizzius
Coazzum, Johannes Piligrini Blavi, Henricus de Brumano, omnes de Lemine-Petrus
Sabini de Lemine32.
Patrizia Mainoni33 sottolinea con questo elenco come il numero importante di
imprenditori contrasti con la mancanza di documenti o con gli atti notarili ritrovati
negli archivi sulle attività mercantili del distretto che attesterebbero la produzione dei
panni. “Non è azzardato affermare che i <mercanti> dell’aera montana fossero
essenzialmente mercanti dei panni che commissionavano ai produttori locali”.
(Paolo Manzoni-Lemine, p.112 e MT. Brolis – Gli Umiliati a Bergamo nei secoli XIII e XIVMilano 1991)
31
32
ASB. Archivio notarile, notaio Pietro Rocca, faldone 1
33
P.Mainoni Le radici della discordia – Ricerche sulla fiscalità a Bergamo tra XIII e XV secolo –
Ed.Unicopli, 1997
Nelle valle, l’organizzazione del lavoro è familiare e a domicilio, il produttore riceve
gli ordini dal mercante; atti notarili descrivono il prezzo (spesso pagato
anticipatamente), la data di consegna e le caratteristiche del prodotto, al solito
sgrezius (non follato). Il negoziante, comprato il panno dal tessitore, s’incarica delle
finiture quali la garzatura, la tintura e la cimatura, generalmente fatte in città. La
provincia bergamasca produceva nel XIII secolo diversi tipi di panni, di qualità
diverse e dai colori particolari, che facevano l’originalità del prodotto. Il pannus
Pergamensis era una stoffa conosciuta in tutto il nord d’Italia.34
Tutta la regione lombarda nel XIII secolo fu uno dei grandi centri tessili europei,
Bergamo in particolare, esportava quantità di panni di lana in tutta Italia e anche
fuori dai confini. La fiera annuale di San Alessandro in Bergamo vedeva come
prodotto principale i panni.
Valdemagnum - La produzione della lana nella Valle Imagna era molto importante,
benché non fosse considerata di speciale qualità, aveva sicuramente un particolare
valore e un proprio nome, i panni chiamati Valdemagnum figurano infatti nei tariffari
dei pedaggi nel nord Italia nel secolo XIV 35. Negli statuti di diverse città dell’Italia
settentrionale si trova frequentemente citato il drapum valdemagnum, che non era
assimilato ad un tessuto di grande pregio, ma sicuramente di quantità notevole,
forse indicava più una tipologia che non una provenienza, pur avendo il centro
produttivo originario nella valle Imagna. Il valdemagnum si trova inserito fra le merci
elencate nel patto commerciale concluso fra Milano e Venezia nel 1317, nel tariffario
dei dazi di Como e nelle provvisioni emanate dai Visconti negli anni 1340-135036.
Estratto datato 1345 del: Liber datii mercantie comunis mediolanis
In nomine Domini, MCCCXLV, indictione XIII, die sabbati XVIIII mensis martii. Cum
multe mercantie ducantur a civitate et episcopatu Cumdrunt, Pergami et a partibus
Valliscamonice, episcopatu Brixie, ad civitates Papie, Novarie earumque
episcopatum in Lacum Maiorem et ultra Ticinum, maxime, inter alias mercantias,
falces de predariis, drapos de Valdemagna et codas de predariis de quibus evitatur
per mercatores fieri solutio datii, pedagii den.XII pro libra e datii veteris communis
M., asserentes mercatores evitare pro magnis pedagiis que oportent solvere
communi M[…..]37.
I produttori e i fabbricanti dei prodotti tessili non avevano un'organizzazione capace
di diffondersi, mentre i mercanti erano riuniti in una corporazione veramente potente,
questo spiega, tra l'altro, la loro capacità di essere presenti in posti molto distanti da
Bergamo con prezzi molto competitivi. La corporazione dei mercanti, o paratico
datata 1200 è lo strumento nelle mani dei notabili di Bergamo che vogliono
regolamentare i mercati, soprattutto quelli rurali. I consoli dei mercanti avevano
34
BCM, I Bergamaschi in Genova e sua riviera nel secolo XIII – Angelo Mazzi, 1909.
35
François Menant: “Aspect de l’économie et de la société dans les vallées lombardes aux
derniers siécles du moyen age.”
36
Prof. Patrizia Mainoni Per un'indagine circa i panni di Bergamo nel 200, in EAD, Economia
e politica nella Lombardia medievale, da Bergamo a Milano fra 13 e 15 secolo
37
Liber datil mercantie communis Mediolani Registro del secolo XV – A cura di Antonio Noto Università Bocconi – Milano, 1950.
come compito principale il controllo delle successive fasi della fabbricazione dei
panni, primo prodotto dell’esportazione bergamasca. Diversi componenti Petrobelli
saranno consoli dei mercanti (‘500 - ‘600).
Gli abitanti delle valle, non solo d’Imagna, vendono direttamente una parte dei
prodotti senza passare nella città di Bergamo. La prossimità del territorio milanese
influirà fortemente lo sviluppo economico della Valle Imagna e sarà fonte di conflitti.
Le autorità della città di Milano, dopo aver conquistato il territorio bergamasco, nel
corso del Trecento tenteranno, in diversi modi, di obbligare il passaggio nel
capoluogo per la riscossione dei dazi, proponendo ai Visconti anche la distruzione
dei folli, lo scopo era di bloccare la finitura dei prodotti tessili, dunque frenare la
commercializzazione diretta. Nel suo libro Le radice della discorda la professoressa
Mainoni dimostra l’incidenza dei tentativi di Bergamo per monopolizzare il
commercio, nel conflitto delle fazioni nella seconda metà del ’300. La rivolta dei
guelfi della Valle Imagna, non era solo politica ma era anche per la sopravvivenza
materiale, il conflitto cambierà il volto economico della Valle.
In Valle Imagna - citiamo alcuni esempi ritrovati nei diversi archivi che attestano
l’attività tessile in valle: nell’anno 1355 Alberto Arrigoni di Cepino, consegna dei
panni di lana ai fratelli Ceresoli di Almenno, atti del notaio Simone Pilis 38. Alla fine del
Trecento abbiamo notizie di un certo Giovanni q. Enrico detto Volta de Musso de
Locatello che fa negozio dei panni di lana (1397 – Bib. Ambrosiana – Milano). Nella
Biblioteca Civica A. Mai non mancano le pergamene che testimoniano la produzione
tessile in Valle Imagna:
Tonolo fu Albertino de Amanio l’anno 1425, vende 4 pezzi di panno veronese per L.
80. Pasino fu Giovanni Locatelli di Valdimania, nel 1477, paga a Giacomo fu
Giovanni Vincenzo Personeni di Valdimania, 82 fiorini d’oro e 14 soldi per panni di
lana. Fachino fu Martino d. Breta Moianoni di Valdimania, nell’anno 1482, vende 1
pezza di panno basso di lana per L. 25. Ser Pietro fu Giovanni Giobbe Locatelli di
Valdimania, nel 1488, è garzatore. Pietro di Giacomo d. Cornello di Locatello, nel
1495, paga 148 fiorini a Zani fu Giovanni d. Fragio di Locatello per la fornitura di
panni di lana. Bartolo fu Tonino Personeni di Valdimania, nel 1500, paga L. 185 per
la fornitura di lana.
L’importanza dell’attività tessile si traduce anche nella lettura dell’Estimo del 1476 in
Valsecca39 dove su 136 uomini adulti censiti troviamo: 19 batilana, 12 lavorante de
lana, 1 merchadante pagni e lani, 16 sartore, quindi il 35% di essi ha come attività
esclusiva un lavoro in relazione con il tessile, a cui aggiungere gli altri 16 che
lavorano la lana oltre ad avere un altro mestiere. E' da notare che il patrimonio più
alto della comunità con 1516 Lire è quello del detto mercante di panni e lana. Da
altre ricerche, ritengo interessante la citazione di Gabriele de Rosa: “...in anagrafe
veneta del 1559 troviamo, che Fò in Plano (Fuipiano) e Valsecca, luoghi riposti in
capo a valle Imagna, aveano tre gualchiere e producevano 250 pezze di panno
annualmente”40.
38
Hitomi Sato, Fazioni e micro fazioni … in Bergomum 2009 - 2010.
Storia economica e sociale di Bergamo: Il lungo Cinquecento. – Marco Cattini, Marzio Achille
Romani – 1998
39
40
Notizie statistiche della provincia di Bergamo in ordine storico di Gabriele de Rosa – 1858.
Alla fine dello stesso secolo, Giovanni da Lezze 41 nella sua descrizione del territorio
bergamasco mette in evidenza la povertà della Valle Imagna, la produzione dei
cereali corrisponde a circa 3 mesi del fabbisogno annuale della popolazione. La
castagna è il complemento indispensabile per il sostentamento della gente, il
carbone ed il fieno permettono di andare avanti ma, leggendo il numero del
bestiame: vache e manze et buò n.1208, mulli et cavalli n.140, peccore circa n.1400
(in valle Cavallina: 7380 pecore, Valle Seriana Inferiore: 7700), troviamo anche i
prodotti di scambio, quel valore economico che permette la sopravvivenza dei
bisognosi e la base sulla quale si svilupperà l’attività di negozio che farà la ricchezza
degli imprenditori valdimagnini.
Proseguiamo con il racconto di G. da Lezze, parlando del torrente Imagna: << sopra
la qual fiumara vi sono molini da grani n.13 // un follo da folar panni>>. Un solo follo
quando la valle Gandino ne ha 36 (numero importante giustificato dalla presenza
dell’argilla, minerale indispensabile per la feltratura della lana). In valle Seriana
Inferiore: 26 folli, in Lovere: 8. Si può dedurre che la Valle Imagna era unicamente
specializzata nella tessitura, gli huomini lavorano panni … le donne filano i stammi e
altri negoziano i panni al di fuori della valle.
<< …non si raccolieno grani né vino per il bisogno. Ma il commun di Berbenno fa
per sé tanta biava / e tanto vino che gli basta per sei mesi, il resto dil paese
raccoglie castagne, noce e feno per sei mesi. Gli huomini fanno gl’officii della lana e
con quelli si sostentano et le donne filano stammi a Bergamaschi et a Milanesi.>>
Valsecca: la gente è povera, gli huomini lavorano panni che si fanno in esse terre
intorno cinquanta pezze all’anno e le donne filano i stammi … castagne per sei mesi
del anno et carboni intorno cento sacchi - Rota: in questa terra si possono far circa
X panni l’anno che si vendono a Bergamo …. Si raccolie …pochissimo formento et
farro, ma castagne circa some 150 l’anno - Fuipiano: quel paese non produce altro
che feno… - Cepino: non si raccoglie grani per quattro mesi e poche castagne Corna: né si raccolie grani né vino per trei mesi del anno, ma castagne intorno some
dusento… - Bello: raccolgono grani per trei mesi. Selino: castagne circa some 100 Strozza: si raccolie grani per mesi tre - Capizzone: raccogliendosi grani per tre mesi
… mercandando de panni et altre merci… - Berbenno: grano per 5 mesi et certa
quantità di castagne. Si lavora de panni facendosene all’anno pezze 20 - Locatello:
carboni intorno sacchi 400 et castagne some 50.
Una descrizione che mette in parallelo miseria, povertà, scarsità dei frutti della terra
e il lavoro della lana sembra l’unica alternativa per il sostentamento delle persone.
Traffici e scambi - Alla fine del Medioevo, Bergamo situata tra le due metropoli
Venezia e Milano, zone tra le più economicamente sviluppate nell'Europa dell'epoca,
conosce le richieste dei grandi mercati italiani ed europei. I mercanti-imprenditori
specializzati nel commercio e nelle attività manifatturiere migrano in tutte le regioni
d’Italia. Lana, seta, ferramenta, olio e grano sono i prodotti più richiesti nelle grandi
città, ma anche il commercio interno è molto florido e ciò spiega l’installazione di
questi mercanti fuori il bergamasco.
Il Regno di Napoli è tra gli stati più attrattivi, dove gli imprenditori veneti godono di
importanti privilegi fiscali. L’industria e il commercio nell’aera napoletana sono
l’oggetto di importanti fonti documentarie, non mancano studi e ricerche che
Giovanni da Lezze – Descrizione di Bergamo e suo territorio – 1596 – Vincenzo Marchetti e
L.Pagani – Prov. di Bergamo, 1989.
41
dimostrano l’attività dei bergamaschi, spesso descritti come i più dinamici nelle città
meridionali. L’arrivo dei mercanti bergamaschi nel regno di Napoli è datato dalla
metà del XV secolo e si rafforza particolarmente sotto il regno di Ferrante d’ Aragona
(1458-1494). Si contano 12000 veneti nel Regno 42 per lo più bergamaschi…. Sono
otto i consoli che Venezia mantiene nel Regno, dato simbolo dell'importanza degli
stretti rapporti tra i due stati. Numerose e diversificate fonti citano tra le famiglie più
conosciute, le bergamasche: Furietti 43, Noris, Suardi, Tasso, e le valdimagnine:
Cassotti, Locatelli, Rota, Roncalli, Marendini, Scanio, Petrobelli, Masnada.
I bergamaschi iscritti all'arte della seta in qualità di mercanti in Napoli, sono 36 negli
anni 1591-1600; quelli di origine valdimagnine registrati nel 1559: Nicola Persona,
nel 1564: Bernardino Corsino, nel 1566: Giacomo Cassotti, nel 1590: Gio. Giacomo
Petrobelli, nel 1592-93: Stefano Corsini, nel 1596: i tre fratelli Giovanni Battista,
Giovanni Giacomo e Benedetto Petrobelli, nel 1598: Aurelio Masnada44.
La presenza delle famiglie Petrobelli è segnalata in un vasto triangolo geografico
L’Aquila-Napoli-Lecce. Nel Regno di Napoli è presente dal 1534: Buttardo Petrobelli,
a Campobasso nel 1601 Gio. Giacomo, a Bari Marcantonio Petrobelli e in Cerignola:
Iacopo. Due note particolari, la prima per Alessandro Petrobelli spesso citato tra
1607 e 1625, console rappresentante della Repubblica di Venezia a Bari, svolse
l'attività a Lecce, a Monopoli, Giovinazzo, Molfetta, Montarone e Rutigliano. La
Cappella Maggiore della chiesa di S. Pietro, (Bari) è opera della generosa pietà
d’Alessandro Pietrobelli - Gentil’huomo Bergamasco - dall’anno 1610. La seconda
dimostra che, anche se non ce n’era bisogno, per raggiungere i propri scopi, questi
mercanti non avevano scrupoli. Nel periodo 1602-1612 Jacobo Petrobelli e gli eredi
di Aurelio Furietti vengono accusati per la corruzione e concussione del magistrato
della Gran Corte della Vicaria Juan Sanchez de Luna, per ottenere trattamenti di
favore in diversi procedimenti presso i tribunali napoletani.
Ad Ancona troviamo Paolo Petrobelli nell’anno 1581, dal suo testamento
conosciamo sua moglie Dorotea dei Conti Calepio; nell’anno 1633, sempre nel
capoluogo marchigiano, troviamo Pietro Petrobelli probabilmente figlio del
precedente Paolo. Antonio f.q. Gottardo de Peterbelli de Valli Imania habitator
Ancona, citato nell’anno 1583 dallo storico Giuseppe Mozzi. Sempre in Ancona,
Alessandra Bulgarelli Lukacs45 conferma la presenza all’inizio del ’600 de
discendenti Cassotti: Andrea e Francesco, ma anche Lanfranco e Bernardo Frosio,
Giovanni, Tomaso e Bartolomeo Mazzoleni.
Storia arcane ed aneddotica d’Italia – raccontata dai veneti ambasciatori- voll.3, secolo XVI –
Venezia 1858.
42
Aurelio Furietti originario della valle Brembana, nel 1583 acquista il feudo di Valenzano di
Bari, con il titolo di barone, alla sua morte nel 1606 lascerà una colossale fortuna.
43
44
Napoli, città della seta: produzione e mercato in età moderna - di Rosalba Ragosta - 2009
Meridiana
Libri S.r.l.
- Donzelli editore – Roma – Anche in Storia Economica e Sociale: sempre R.Ragosta – 1998, p.226.
A. Bulgarelli Lukacs - Bergamo e i suoi mercanti nell’aera dell’Adriatico centro meridionale –
in Storia Economica e Sociale
45
Sant’Omobono Tucenghi (m. 1197)
mercante laniero cremonese, fu il primo
santo laico canonizzato per la sua
leggendaria generosità. Patrono dei
mercanti, lavoratori tessili e sarti.
Nel comune di Sant'Omobono Terme in
Valle Imagna, la chiesa parrocchiale in
Mazzoleni è dedicata a Sant’Omobono:
coincidenza?
E' interessante avanzare con la descrizione della Valle Imagna fatta da Giovanni da Lezze:
Sono molto ricchi de gl’huomini della valle fatti con negocci per ogni parte d’Italia …
- Fuipiano: persone fuori… alcun con facultà per la summa di 4 mila scudi Mazzoleni: son fatti ricchi alcun de scudi 15 mila - Cepino fatti richisimi in negocii de
cento mille scudi - Roncola: altri sono fatti ricchi in Roma - Strozza: … facendo
botteghe de merzaria et altri…traffichi non vi sono se non che messer Antonio
Marendini… - Locatello : un Zovanne Gallo ricco di scudi 30 mila in trafichi che fa
fuori del paese… altri con l’industria et mercantia facoltosi et ricchi de 15 mila et 30
mila scudi.
Le preziose fonti di ricerca come le monografie, gli studi e le tesi che narrano
l’attività mercantile di queste famiglie provenienti dalla Valle Imagna, dimostrano che
spesso hanno accumulato ingenti fortune grazie all’industria tessile. Altri punti in
comune tra di loro sono i luoghi, che siano i borghi di Bergamo o i mercati
meridionali, non manca tra loro la solidarietà negli affari, spesso grazie ai legami di
parentela con diversi matrimoni.
Di seguito citiamo alcune delle famiglie più esemplari, anche se questo elenco non è
esaustivo e potrebbe estendersi su altri casati come i Camerata di Mazzoleni in
Ancona o i Coronini46 di Berbenno in Gorizia, i Marendini della contrada Amagno di
Strozza, ecc.
Cassotti de Mazzoleni - Tanti ricercatori si sono impegnati per descrivere la famiglia
Cassotti. Personalmente, non mi dilungherò più di tanto sulle loro vicende, voglio
soltanto ricordare che dobbiamo distinguere i due principali rami di questi mercanti: il
primo con i fratelli Giovannino e Paolo figli di Antonio, il secondo con Giovannino e
46
Alla fine del Medioevo un'importante emigrazione lombarda, in particolare bergamasca,
verso il Friuli apporta alla regione “un‘impronta più marcatamente italiana” afferma Alessio Stasi. Abita
in contrada Cabaffeno di Berbenno il notaio Alessio detto Corona di Locatelli figlio di Antonio detto
Bozi, del suo soprannome Corona deriva il cognome Coronini. Il figlio di Alessio fu Giovanni, alla fine
del Quattrocento traffica in Gorizia, suo figlio Cipriano è conosciuto come il Mercante (Vedere: Fasti
Goriziani – note su Rodolfo Coronini e i Fasti Goriziani – Alessio Stasi – Edizioni della Laguna, 2001)
Bartolomeo figli di Bertulino, cugini tra loro, nativi di Mazzoleni. Nella seconda metà
del Quattrocento si sono arricchiti nel mercato dei panni di lana, strettamente legati
con i Masnada, li ritroviamo nel centro e nel sud d'Italia nei mercati e nelle più grandi
piazze d’affari, ma anche negoziando con l’estero. La loro fortuna gli ha permesso di
arricchire il patrimonio artistico di Bergamo, contattando diversi artisti tra i più
rinomati come Andrea Privitali, Lorenzo Lotto, Jacopo Scipioni. Giovannino e
Bartolomeo ottengono la cittadinanza di Bergamo nell’anno 1506, dove li ritroviamo
stabiliti in borgo Pignolo in sontuosi palazzi. Paolo deceduto nel 1528 non
dimenticherà di legare pane cotto e vino ai poveri di Mazzoleni.
Grassi di Locatelli - Bonadeo detto Grasus figlio del q. Ser. Antonio di Locatello
citato nell’anno 1448 dall’Ab. Angelini, produttore e commerciante, esponente di
rilievo nell’industria tessile. Fa importanti investimenti fondiari 47 nella pianura
bergamasca. Stabilitosi in Borgo S. Antonio, ottiene la cittadinanza di Bergamo
nell’anno 1476. Suo figlio Martino, marito di Giulia Alessandri, nel suo testamento
nell’anno 1500, lega il sale ai poveri di Corna e Locatello48.
Passeri de Personeni - Pietro figlio di Gabriele Personeni di Cà Passero in
Berbenno, marito di Felicita Mazzoleni, conosciuto per essere il padre del venerabile
frate cappuccino Francesco da Bergamo (1536-1626), fu mercante di panni in S.
Angelo in Vado, poi si stabilì in Ancona. Gabriele Passeri mercante in Rimini 49 è
segnalato nell’anno 1537. Battista, figlio di Giacomo Passeri, in Urbino.
Masnada - rinomato come il più caro amico50 di Bernardo Tasso, Giovan Andrea
Masnada, anche lui discendente dei Personeni51 della Valle Imagna fa parte di
Paolo Cavalieri, citando le famiglie Cassotti e Grassi: <<…si erano ormai dotate di un
articolato patrimonio fondiario, condizione necessaria per coronare con successo l’ambizione di
essere accolte in quel ceto dirigente cittadino che individuava appunto nella terra il bene primario tra
quelli che concorrevano alla formazione del perfetto gentiluomo>> - Qui sunt guelfi et partiales nostri
– Ed. Unicopli, 2008
47
48
Già citato: Paolo Cavalieri
Con questa incursione in Emilia Romagna approfittiamo per citare la ricerca di Vittorio Adami
compiuta negli archivi notarili di Rimini sulla prima metà del Cinquecento, dalla quale ha rilevato la
presenza di 110 immigrati bergamaschi, certi mercanti, ma la maggioranza esercitava umili
professioni. Oltre al segnalato Gabriele Passeri, due valdimagnini sono facilmente reperibili: nell’anno
1521 è citato in un atto notarile il maestro Simone q. Pietro Mazzocavalli di Valle Magna del comitato
di Bergamo, nell’anno 1522 Giovanni Florentini de Mazzoleni di Valle Magna del distretto di Bergamo.
L’autore è fortemente impressionato, con ragione, dalla notevole presenza di tutti questi
bergamaschi, pensando che si trattasse delle sole persone comparse negli atti notarili, questo lascia
supporre ad un numero molto più importante di bergamaschi in questa lontana città adriatica. In
Bergomum – fasc. I, 1931, anno XXV e Bergomum – fasc.V, 1932, anno XXVI
49
Il più caro amico di Bernardo Tasso nel Regno di Napoli, Giovanni Lepore - Atti dell’Ateneo –
Vol. XLV – 1986
50
L’abate Angelo Peroneni nelle sue Notizie genealogiche, storiche, critiche e letterarie del
Cardinale Cinzio Passeri di Cà Passero Aldobrandini – Bergamo, per F. Locatelli-1786, lega gli
ascendenti di Giovan Andrea Masnada alla famiglia dei Personeni-Passeri di Berbenno, tutti
discendenti dei Personeni di Bedulita.
51
questa generazione di mercanti, è deceduto a Bari nel 1552. Suo nonno Antonio fu
già mercante di lana in Savona e Genova. Il padre di G. Andrea, Aurelio, gestore dei
negozi paterni, sposerà Caterina della famiglia Cassotti (figlia di Giovannino di
Antonello) noti imprenditori, anche loro arricchitisi con la mercatura della lana. La
dote di Caterina Cassotti rappresenta 1650 ducati d’oro versati in diverse volte in
contanti e in lettere di cambio.
Codelli e Zois di Berbenno - Giovanni Locatelli figlio di Giacomo detto Codele è
citato nei statuti della Valle del 1456, ciò è detto per evidenziare l’antichità della
famiglia e sottolineare che Codelli era un soprannome dei Locatelli, famiglia che
lascerà il nome alla contrada di Berbenno. Le ultime ricerche effettuate fanno
intravedere una genealogia che possiamo iniziare con il capostipite sopraccitato:
Giovanni > Paolo > Andrea > Paolo > Andrea, quest’ultimo nato in Berbenno nel
1570 circa, è presente in Gorizia nel 1639 nel Borgo di S. Rocco, avrà tre figli morti
in combattimento nel 1632 nella Guerra dei Trent'Anni, Giovanni e Pietro
nell'Assedio di Norimberga, il terzo Lorenzo, in Lutzow. Altri tre figli nativi di
Berbenno: Antonio viveva in Valle nel 1637, Paolo in Gorizia fu nobilitato
dall’Imperatore Leopoldo nel 1679, Domenico nato nel 1597, rimasto in Berbenno,
dalla moglie Santa nacque Giovanni Agostino, registrato negli archivi parrocchiali di
Berbenno come nato il 15 ottobre 1645 che sarà medico in Gorizia e da lui
discenderà altro dottor, Carlo Agostino "fornito di ingenti ricchezze"52, che fonderà un
vescovato in Gorizia e sarà nobilitato con il titolo di barone nel 1749. L’altro figlio di
Domenico sarà Pietro Antonio, nato in Calocatelli di Berbenno il 5 febbraio 1656,
mercante di ferrarezza in Lubiana. Con lui si estingue la famiglia Codelli in
Berbenno, (ultima nascita registrata), una parte della ricchezza della famiglia
proviene da lui. Lavora con lui un altro bergamasco, Michele Angelo Zois, che si
trasferì sin dalla tenera età nel triestino.
Ma chi è questo Zois? Ovviamente un altro nativo di Berbenno (14 marzo 1694)
figlio di Antonio e Angela, famiglia agiata di Cacodelli. Alla morte di Pietro Antonio
Codelli53, senza figli, il negozio, del valore di 120000 fiorini, sarà ripreso da
Michelangelo, seguendo le volontà del Codelli, con l’obbligo di mantenere per 10
anni il nome “Codelli” e al termine di restituire il capitale al suo erede dottor Codelli
di Gorizia. Michelangelo, veramente dotato negli affari, rispetterà le volontà di Pietro
Antonio Codelli in pochi anni. Acciai e ferramenta sono venduti in Italia e nel centro
nord europeo, il suo fondo è valutato a circa un milione di fiorini, anche lui sarà
nobilitato con il titolo di barone nel 1739 dall'Imperatore Carlo VI. Marito di Johanna
Katharina nobili Kappus di Pichelstein, la sua grande ricchezza gli consentì di
finanziare l’Imperatore.
Insediamento in Bergamo - I mercanti della Valle investirono i loro guadagni nelle
fertili terre54 della pianura bergamasca. Il patrimonio fondiario rappresentava la
52
Enciclopedia Storico Nobiliare - V.Spreti
Dispiaccio del provveditore generale di Palma, Alvise Foscarini, inviato al Senato della
Repubblica di Venezia, il 2 aprile 1754.
53
54
Le trasformazioni del paesaggio agrario – G. Petrò – in: L’Isola fra Adda e Brembo – A.
Martinelli e A. Ragionieri – Bergamo, 1988.
sicurezza, la base sulla quale costruire il futuro mentre il commercio era aleatorio 55,
bastava un conflitto o il decesso dell’imprenditore nelle lontane terre meridionali per
veder sparire in pochi mesi le entrate di denaro. Stabilirsi in città significava investire
in tintorie o laboratori per la lavorazione dei panni grezzi, botteghe e magazzini,
indispensabili per la vendita e la gestione delle merci. Mancava però una residenza,
la dimora che rappresentasse la nuova posizione sociale. Dalla fine del
Quattrocento, in seguito allo spopolamento della città, le autorità offrivano, ai rurali e
a coloro che sborsavano almeno 200 lire nell'acquisto o nella ristrutturazione di un
luogo di residenza, la possibilità di stabilirsi nel capoluogo e di ottenerne la
cittadinanza56. I Petrobelli e altre famiglie di mercanti della Valle come i Roncalli, i
Cassotti, i Camerata, i Grassi, i Mazzoleni, si ritrovarono vicini in borgo Pignolo. Le
ricchezze generate dal forte sviluppo commerciale dei prodotti tessili indussero i
nostri imprenditori valdimagnini ad insediarsi in città, per nobilitarsi in residenze
signorili, dove la loro influenza permetteva di facilitare gli affari. Le vicinie di S.
Alessandro della Croce e S. Giovanni dell’Ospedale, rappresentavano i principali
quartieri dove troviamo le diverse famiglie Petrobelli 57 e altri imprenditori valligiani in
Bergamo. La parrocchia di San Alessandro della Croce vide, in particolare
nell’attuale via Pignolo, i nostri mercanti costruire elegante case tra la fine del
Quattrocento e l'inizio del Cinquecento. La ricchezza guadagnata con il commercio
permise loro di contattare architetti rinomati come Pietro Isabello, di comprarsi ville
diroccate, terreni adiacenti, casette di poco valore per far sorgere raffinate dimore.
L’aspetto religioso non veniva dimenticato, cappelle affrescate nelle diverse chiese
erano ordinate ai più famosi artisti, il denaro non mancava per far vedere agli
esponenti della vecchia aristocrazia lo stato sociale del nuovo venuto. Dopo
l'acquisizione della cittadinanza e con un eventuale titolo nobiliare, le porte si
aprivano per la conquista del potere e per far parte dell’oligarchia urbana58.
Paolo Cavalieri nota la presenza sui banchi del Consiglio Maggiore dal 1517 dei
Cassotti, Grassi e Roncalli. Soltanto nel 1546 appare il patronimico Petrobelli. Pietro
figlio del q. Bertrami dicti Mori de Peterbellis iscritto nell’estimo del 1448 in contrada
di S. Giovanni dell’Ospedale ottiene la cittadinanza nell’anno 1476. La famiglia che
55
<<Di certo le famiglie mercantili in qualche caso si poterono definire ricche, ma la loro
posizione fu costruita e difesa con fatica, affrontando gli incerti e i disagi dei mercati e delle fiere
dell’Italia centro meridionale o d’oltremare e le impervie strade della Francia, della Germania e delle
Fiandre. Ricchezze che in molti casi non si consolidarono e che si sbriciolarono al verificarsi delle
prime inattese insolvenze. Maggior fortuna toccò ad alcuni di coloro che emigrarono altrove e che in
qualche caso riuscirono ad accumulare vistose fortune.>> La Rivista di Bergamo “Lorenzo Lotto nella
Bergamo del '500” (1998) – G. Petrò, p. 74.
56
Paolo Cavalieri-Qui sunt guelfi et partiales nostri – Ed. Unicopli, 2008
57
G. Petrò, ha censito almeno 5 famiglie Petrobelli.
P. Cavalieri nel suo sopraccitato libro, parlando delle famiglie provenienti dalle valli
bergamasche alla conquista del centro urbano: “…coronavano finalmente il tanto accarezzato sogno
di sedersi tra i banchi della massima assemblea (Consiglio Maggiore) e partecipare alla gestione
della Comunità…” L’autore non manca, a diverse riprese, di sottolineare a giusto titolo, il bisogno di
queste famiglie di affermare la loro presenza. Una parte dei patrizi bergamaschi, fermamente
arroccata ai propri privilegi, per lungo tempo ha disdegnato questi vili mercanti, quando altri, tra le
nobili e antiche famiglie di Bergamo, senza vergognarsi, troveranno con la mercatura l’opportunità di
rifarsi una posizione.
58
interessa questa ricerca, i Petrobelli detti di via Pignolo n. 69 proprietari in Berbenno,
fu aggregata al Magnifico Maggiore Consiglio nell’anno 1608. Nel 1596 i Petrobelli
sono segnati come parte delle: Famiglie nobile e Antiche della Città di Bergamo dal
capitano Giovanni da Lezze. Hieronimus Petrobellus e Accursius Cursinus de
Peterbellis fanno parte dell’ Ex. mi Domini iuriste almi collegii bergomi.
Voglio aprire una parentesi sul patetico bisogno di alcuni di questi nuovi ricchi di
essere riconosciuti. La fortuna, la cittadinanza e i bei palazzi non bastano a
soddisfare il loro ego, vogliono essere identificati come parte integrante di una certa
classe sociale. Il titolo nobiliare diviene indispensabile, a qualsiasi prezzo e con
qualsiasi mezzo. E' vero che spesso sono stati malmenati e disdegnati da un ceto
dirigente stabilito da secoli: si tratta di un bisogno di rivincita o di un orgoglio
smisurato? La rivalsa induce certi personaggi e certe famiglie ad inventare
genealogie fantasiose, spesso il ramo mercantile della famiglia si diluisce in una
nebbia irreperibile, radici nobili ma introvabili, succede allora che l’avo, mercante
con la gerla sulle spalle, diventi un glorioso cavaliere! In questa ricerca spesso
vengono alla luce ambigue storie famigliari, più avanti vedremo il caso della
dubbiosa nobiltà dei Petrobelli di Ceresola. Sono parecchie le pubblicazioni sui conti
Coronini de Cronberg, oriundi di Berbenno, con incomprensibili genealogie. Alessio
Stasi nel suo saggio59, parlando della famiglia Coronini de Locatelli di Berbenno
<<…dimenticano ben presto la propria origine di mercanti bergamaschi
proclamandosi discendenti dei cavalieri margontini di Kronberg…>> sottolineando
con un certo umorismo, che il povero alloco sullo stemma, comune a tutti i Locatelli,
poteva essere acconciato con una corona.
59
Fasti Goriziani – note su Rodolfo Coronini e i Fasti Goriziani – Alessio Stasi – Edizioni della
Laguna, 2001.
PETROBELLI
Benedetto in Campobasso – (TAVOLA 3) Le diverse ricerche di Giovanni Lepore
(nativo di Ripabottoni-Campobasso) pubblicate negli Atti dell’Ateneo di Bergamo 60
sono alla base di questo capitolo, indispensabili fonti di riferimento.
Nella seconda metà del Cinquecento Giovanni Pietro Petrobelli61 detto Pinallis e il
figlio Benedetto, con altri mercanti bergamaschi, si trovano in Campobasso, si
stabiliscono ai piedi del Castello di Monforte, hanno una casa alla porta del mercato
nel luogo detto piano di santo Bernardino. Anche il cugino Andrea Zannocchino 62 ha
lì i suoi beni. Spesso è citato il socio dei Petrobelli: Giovanni Antonio Razzuolo di
Bergamo63, deceduto nel 1576.
I nostri mercanti spediscono, da Bergamo alle fiere del Regno e da Lanciano a
Salerno, la loro produzione bergamasca: panni di lana alti e bassi, mercanzie varie
come ferrarezze o armi da taglio della Valle Seriana, ma non mancano di
commercializzare prodotti napoletani come telerie di seta e merceria. L’altro
importante lato della loro attività fu il mondo finanziario, opportunità ad alti profitti:
prestiti64, negoziazioni di lettere di cambio e pagamenti o riscossioni per conto di
terzi, diversificando, con operoso dinamismo, dalla vendita di bestiame alla
contrattazione con i nobili napoletani.
Abbiamo un'interessante descrizione dell’attività di Benedetto Petrobelli attraverso
un inventario, fatto dal notaio Francesco Angelo Prunauro il 14 ottobre del 1572, che
elenca la merce nella bottega dei Petrobelli: manufatti di diverse province del
Regno, o locali: velluti, sete, saie e tessuti ascolani, cimose di Venezia, tele
d’Olanda, panni bergamaschi; un reparto di merceria: bottoni, zagarelle di seta,
berretti e lacci, bombace, scardi per la cardatura delle lane. Il tutto per un valore di
tremila ducati del Regno. L’inventario descrive anche le tende, i carri e i cavalli
60
Mercanti Bergamaschi in terra di Molise nel tardo Cinquecento - Giovanni Lepore – Atti
dell’Ateneo di scienze ed arti di Bergamo – Vol. XLI – 1978-79 / G. Lepore cita: G. Ramusio – 1597 –
Relazioni di Napoli in Relazioni di ambasciatori veneti al Senato.
61
Il “vecchio” Giovanni Pietro Petrobelli è citato nell’anno 1562.
Per tentare di scoprire questi Zannochini, abbiamo qualche traccia con G. E. Mozzi che cita
nell’anno 1474 Zanni dicti Zanuchini f.q.Martino de Peterbelli de Valdimania. Potrebbe anche essere
un Zanucchini di Rota Fuori, famiglia di notari abitante in contrada Cabrignoli. Li Zanucchini de
Moscheni erano strettamente legati ai Petrobelli di Bedulita. Dagli archivi di Bedulita segnaliamo, per
concludere, la presenza in Cà Negrè di Giovanni Andrea Zanucchini, marito di Maddalena, fa parte
dei capifamiglia tra il 1600 e il 1605, è deceduto il 29 gennaio del 1620.
62
63
Nel 1547 è presente a Lanciano, dove è segnalato per la vendita di panni di Ascoli, detto
abitante di Campobasso, deceduto il 17 marzo 1576, marito di Paola Rota, il figlio Valerio è deceduto
giovane, sua figlia Giulia sposa (1572) Giovan Donato Locatelli bergamasco.
64
Il denaro è prestato su garanzia di case, terreni, vigne, botteghe, all’interesse del 10% di
solito per 3-4 anni. Spesso i comuni s’indebitano per far fronte alle spese militari. Lepore cita il caso
di Ferrazzano che acquista panni da Pietro Petrobelli per vestire i miliziani, impegnando terreni
comunali. Stesso caso: Andrea Zannocchino vende panni al comune di Ripabottoni.
utilizzati per la vendita ambulante di fiera in fiera, ci sono anche 2000 tomoli di grano
e i contratti relativi agli animali dati a soccida: 100 maiali, 2 somari e 20 giovenche.
Gli inventari del Razzuolo e del Petrobelli, fanno vedere che il primo non ha debiti in
sospeso, il Petrobelli deve a 4 creditori la somma di 240 ducati, mentre sono oltre
2000 i debitori delle 2 ditte, per una somma dovuta di circa 40000 ducati, tra i quali:
Giovanni Petrobelli di Salcito, Marcantonio Petrobelli di Bari, Iacopi Petrobelli in
Cerignola.
Alla sua morte Benedetto lascia di soli crediti oltre 37000 ducati. Fu sepolto a
Campobasso nella Chiesa della Trinità nella cappella di Santa Caterina. Lascia ai
preti una bottega alla porta di S. Blasio, fuori le mura della Terra e la metà di un orto
a porta Mancino. I figli di Benedetto incaricano Annibale Scattone, pittore, di
adornare la cappella di famiglia. Dei tre figli di Benedetto, sarà Giovanni Giacomo a
riprendere l’attività del padre vendendo a Giovanni Zannocchino i beni lasciati dal
padre nel Molise. La bottega fu venduta per 5000 ducati. La divisione tra i fratelli
Petrobelli avviene nell’anno 159865, Pietro Benedetto e Giovanni Battista, altri due
fratelli di G. Giacomo, ricevono ciascuno trentamila ducati veneti.
Continuando con i figli di Benedetto, i tre fratelli appaiano nell’Estimo Veneto 66
(1603) nella vicinanza di S. Alessandro della Croce per: “una casa con horto per
nostro uso cò un giardino di P.34 di terra aradora e vidata e prativa nel borgo di S.ta
Chaterina, confina da monte e da sera strada pubblica da mezzo il Serio […]
Numerose pezze di terre in Redona, Gorle, Boccaleone, Alzano, Grasobbio.
Giovanni Battista - Nello stesso Estimo sopraccitato Gio. Battista dispone di “una
casa posta nel Borgo S. Antonio, cò horto cò hortaglia di pertiche tredici in circa
confina da levante il barone Furietto da mezzo cò strada pubblica da ponente e
monte cò Gherardo e Pietro Sale”. Giovanni Battista sposerà nel 1598 67 Cornelia,
figlia del Nobile Pietro Grassi de Locatelli, sarà aggregato al Nobile Magnifico
Maggior Consiglio di Bergamo il 29 dicembre 1608, fu vicario di Gandino tra il 1622
e il 1624 e podestà di Scalve nel 1633. Il figlio di Giovanni Battista: Alessandro
sposa Maddalena Colleoni, fu notaio tra il 1633 e il 1637 68, confermato al Consiglio
Maggiore nel 1635. Dei suoi tre figli possiamo ricordare il canonico Benedetto che fa
testamento nel 167469, istituendo eredi i suoi due fratelli e le sorelle Cornelia e
Alessandra monache di S. Orsola. Tra i figli di Alessandro, troviamo Pietro, notaio
che assume la carica di cancelliere episcopale 70, e Giovanni Francesco nato
nell’anno 1646 e battezzato in S. Alessandro della Croce, medico in Venezia e
marito di Anna Vamagni.
ASB. Arch.not. Francesco Mojoli faldone 3774, il 24 gennaio 1598, da notare tra i testimoni la
presenza di Paride figlio di Cristoforo Cazzano, vedere pagina 31.
65
66
ASB. Estimo Veneto vol.24 foglio 141
ASB. Notaio G. Giusto Lazzaroni Averara, cart. 3068, contratto di matrimonio del 4 gennaio
1598, con una dote di duemila scudi.
67
68
ASB. Archivio notarile, la sua cartella n.6570, anni 1640-1644.
69
ASB. Archivio notarile, notaio Camillo Albano, faldone 7681, il 9 marzo 1674.
ASB. Archivio notarile, cartelle 5174/5176, attivo tra il 1643 e il 1688. Cancelliere, citato nelle
diverse visite dei vescovi tra il 1649 e il 1682, dovrebbe essere il marito di Maddalena Franchetti figlia
di Gerolamo.
70
Giovanni Giacomo - Sappiamo che Giovanni Giacomo decederà nel 1604 circa,
lasciando la figlia Cornelia (monaca in Matris Domini) e i tre figli minorenni:
Alessandro, Silvano e Pietro sotto il tutorato dello zio Pietro Benedetto.
(Pietro) Benedetto - Abbiamo poche notizie su di lui: G. E. Mozzi lo cita nell’anno
1632 come patrizio di Bergamo, G. Petrò, lo cita nell’anno 1614, come proprietario in
Lurano e Brignano. Con lui continueremo la genealogia di questa famiglia.
Ma una nuova parentesi dobbiamo aprire sull’eredità giacente dei Petrobelli di
Lendinara dopo la morte di Petrobello nell’anno 1635 71 ultimo e diretto discendente
dei Petrobelli di questa città. La ricchissima famiglia Petrobelli della provincia di
Rovigo, originaria di Bedulita, anch'essa arricchita nel commercio dei pannilane, è
apparentata al sopraccitato Giovanni Pietro Petrobelli detto Pinallis (il primo a
stabilirsi in Campobasso). I discendenti di Gio. Pietro con questo legame di
parentela possono fare valere i loro diritti per recuperare il patrimonio dei
lendinaresi. Il 13 marzo 1636 davanti al notaio Paolo Tasca 72 di Bergamo sono riuniti
i due fratelli << … Li Nob.Gio.Battista et Benedetto q.altro Benedetto olim Gio.Pietro
Pietrobelli d°Pinallo, et il Rev.Antonio Maria 73 Canonico Dottor dell’una et l’altrà
figliolo del d°Gio.Battista, et d°Benedetto facendo anco per nome di Giovan
Giacomo figliolo del q.Gio.Antonio74 figliolo del sop(radetto) Benedetto […]
Alessandro75 Pietrobelli figliolo del S.Gio.Battista et il S.Gerolamo figliolo del
Su(detto) Benedetto…>> E' Lunga e difficilmente comprensibile la descrizione dei
fratelli, nipoti e cugini Petrobelli, ma ciò che è essenziale comprendere è che
l’attrazione del lucro riusce a riunire i membri della famiglia per creare un “sindacato”
per la difesa dei loro interessi e dare procura ad altri al solo scopo di accaparrarsi la
fortuna dei lontani parenti di Lendinara. (ved. il capitolo su Lendinara).
Vedere il libro:<< Paolo Véronèse, Le Retable Petrobelli >> – Xavier F. Salomon – Silvana
Editoriale – 2009.
71
72
ASB, archivio notarile, Paolo fu Belisario Tasca, faldone 7470, foglio 63.
Il Reverendo Antonio Maria nato nell’anno 1600 in S. Alessandro della Croce fu canonico
alla cattedrale di Bergamo.
73
Gio. Antonio Petrobelli, e la moglie Francesca Vailetti de Marchesi sono deceduti di peste in
Foligno dove avevano un negozio, il figlio Giacomo di anni 5, sopravvissuto, fu affidato al nonno
Benedetto Petrobelli.
74
75
Alessandro nato nell’anno 1599, marito di Maddalena Colleoni fu notaio in Bergamo.
RITORNO NELLA VALLE
Proprietà di Ceresola76 in Berbenno
Brembilla Vecchia Una parte delle terre dei Petrobelli in Berbenno è strettamente
legata alla storia della valle, alle vicende delle fazioni guelfe e ghibelline avvenute
soprattutto nella parte bassa, nella Brembilla Vecchia, cosi definita da Giovanni
Maironi da Ponte: “Tutto il terreno sulla destra del Brembo fra li due fiumi-torrenti
Imagna a mezzodì e Brembilla a settentrione formava la cosi detta Brembilla
vecchia, comunità assai antica e bellicosa”77.
La cacciata dei brembillesi, avvenuta all’inizio del 1443, fu l’episodio conclusivo del
controllo totale della valle da parte di Venezia: con arguta astuzia i Rettori di
Bergamo per neutralizzare i diciotto capi ghibellini brembillesi, li faranno incarcerare
a Bergamo, e concederanno solo tre giorni alle famiglie ghibelline per sgomberare i
luoghi e andarsene delle loro abitazioni; allora “squadre di soldati e di guastatori
andarono poi a distruggere dalle fondamenta il castello del monte Ubione, la rocca
di Casa Eminente, e tutti gli edifici della valle, che fu resa un deserto” 78, descrive
così Bortolo Belotti lo spoglio delle famiglie e la rovinosa vendetta della Serenissima.
I possedimenti incolti e abbandonati furono confiscati, venduti o regalati ai fedeli
della Repubblica, alcuni ceduti per 60 ducati a Benachino Locatelli 79, altri contestati
dal vescovo di Bergamo Giovanni Barozzi 80 dichiarando che tutti gli appezzamenti di
terra nelle contrade di “Ubiale,… , Clanezzo, …tutte le contrade che prima della
desolazione formavano l’Imagna bassa ed erano situate nella regione del forte di
Brembilla fra la Brembilla, il Brembo, l’Imagna e quella valletta che a settentrione va
a confinare con Berbenno e con Laxolo, sono di sua pertinenza e domanda che gli
vengano restituite”. Il Senato veneto accolse la sua domanda.
Bartolomeo Colleoni avrà la sua parte di questa refurtiva per i servigi resi alla
Repubblica, queste terre saranno legate alla Magnifica Pietà. Il Condottiero fondò
Dal libro: “Valle Imagna”, dobbiamo risalire all’anno 1353 per trovare la prima citazione della
contrada: Zeresola. (F.Sinatti D’Amico, L.Pagani, A.Baronio – Ediz.Bolis).
76
77
Dizionario odoporico … G.Maironi da Ponte – Vol. II, 1820 – “Clanezzo”
BCM – Bergomum, 1935-Anno 29, vol.9 – La cacciata dei Brembillesi (1443)Bortolo Belotti
(secondo il racconto di Romano Andrea Cato, notaio).
78
Il Benachino Locatelli riferito da B.Belotti è ugualmente parecchie volte citato da Donato Calvi
nel suo Effemeride, ma in precedenze fu il cappuccino Celestino Colleoni a dare qualche notizie sul
personaggio nella sua Historia quadripartita. Ma sarà alla biblioteca Mai che si trova due pergamene
che permettano di pensare che Benachino in fatti si chiamava Antonio figlio di Giovannino detto
Benacha quest’ultimo Giovanni è detto figlio di Antonio di Locatello di Valdimania abitando Boffalora
d’Adda in provincia di Lodi, quando l’anno 1403 riceve da Martino fu Teutaldo de Mussita £.55 per la
dote di sua moglie Antoniola figlia del detto Martino.
Benachino fu un fedelissimo della repubblica veneta, caporale sotto gli ordini del Conestabile Sozzino
milanese, si vede ricompensato l’anno 1433 dalla Serenissima che li assegna un feudo di 300 fiorini
d’oro. Dieci anni dopo Bartolomeo Colleoni ha cambiato campo è si trova sotto la bandiera milanese,
da assalto alla casa di Benachino a Carvico, distrugga e ruba i beni, imprigionando la moglie di
Benachino. In compenso Venezia assegna al Locatelli i beni del Colleoni, tra i quelli, le dette terre in
valle Imagna bassa. Benachino deceduto senza eredi, la repubblica veneta in debito con gli eredi del
Colleoni deve assegnare il detto possesso al Luogo Pio di Bergamo (1485).
79
80
“Brembilla Vecchia” P.Tosino, Eco di Bergamo – 15 luglio 1935.
nel 1466 il Luogo Pio della Pietà di Bergamo, detto anche Istituto B. Colleoni, opera
a favore delle fanciulle povere ed oneste, istituto che ogni anno doveva erogare la
somma di 2000 ducati d’oro come sussidi dotali (pari a circa dieci milioni di Lire del
1979)81. Il generalissimo aveva fatto il dono al Luogo Pio di un consistente
patrimonio fondiario stimato 60.000 ducati d’oro, cioè il 12% circa delle sue
sostanze82. Nell’inventario del 1686 sono rilevati 178 contratti, relativi ai fondi agricoli
situati in 76 località nei distretti di Bergamo, Ponte S. Pietro, Verdello, Caprino,
Clusone, Alzano, Zogno, Cemmo, Gandini, Lovere, Piazza Brembana, Romano,
Trescore e Almenno. La forma giuridica che regolava i rapporti tra il Luogo Pio e i
gestori, nella maggior parte dei casi era il cosiddetto livello perpetuo.
Maironi da Ponte, nel 1819 descrivendo la Brembilla Vecchia, narra le terre di
proprietà della Pietà di Bergamo: “Sino alla metà del decimo sesto secolo furono
affrancati essi beni, i quali però nella massima parte consistevano in grandi
boscaglie, da certo Rota, che prima gli aveva avuti in enfiteusi da esso pio luogo.
Per varie vicende passarono in proprietà di due sorelle Furietti, ed indi nella illustre
famiglia Martinengo da Barco; dalla quale gli acquistarono i detti signori Beltrami….”
Nella Biblioteca civica A. Mai, in un catasto manoscritto del 1670 83, troviamo qualche
indicazione sulla consistenza delle terre della Brembilla Vecchia in una tabella di
quattro colonne: in quella denominata “Beni laici fanno con la città” sono censiti le
superfici (in pertiche): aratori 335, vitati 46,5, prativi 223, boschivi 990, montagna
2050, per un totale di pertiche 3644,5. Le altre tre colonne “Beni ecclesiastici”, “Beni
fanno con il territorio” e “Beni comunali”, sono vuote.
Si potrà leggere alla pagina n.54 estratta dal catasto Lombardo Veneto del 1853 del
comune di Berbenno che, Lodovico Petrobelli fu livellario al Luogo Pio di 132
appezzamenti di terre rappresentando un’estensione di pertiche 1162.
Per ritrovare l’origine di queste terre bisogna consultare l’archivio del Luogo Pio, nel
registro intitolato Proprietà della Magnifica Pietà di Bergamo - n.1. Al foglio 18
intestato Brembilla, appare un’annotazione nel margine sinistro: “Andrea e fratelli
Petrobelli heredi del q. Cristoforo Cazzano. Ma il testo originale, molto più antico,
cita un atto notarile del 16 gennaio 1487 del notaio Antonio Tiraboschi che assegna
le dette terre a Andrea Zaneti de Pizonibus, Petrus Joannis Vivanty de Personenis,
Simon Joannis Retheni de Locatellis, Thomaxius q.Antony Petenge de Locatellis 84,
in affitto per 27 ducati d’oro pagabili alla San Martino. Non c’è la descrizione degli
appezzamenti di terra ma soltanto la menzione Illa pars teritory Brembilla ubi dr in
Imagna Bassa.
Segue, sempre nella stessa pagina, la cronistoria delle dette terre, dove viene citato
il notaio Giacomo de Solario per un rogito del 12 agosto 1532 per l’investitura di
Antonio q. Galeaty de Locatellis de Berbenno sempre per un affitto di 27 ducati
veneti d’oro.
Guida al Luogo Pio della Pietà Istituto Bartolomeo Colleoni in Bergamo Alta – Enrico
Colleoni, 1979
81
Alberto Cova, Il patrimonio del luogo Pio: la donazione e l’inventario del 1686. In
“Bergomum”, anno XCV – 2000 – n.1-2 (gennaio-guigno)
82
83
“Documenti veneti estratti dall’Archivio de’ Frari” Gab.Psi, VIII, 5, AB/286 – Brembilla
Vecchia, (descritta nella Quadra del mezzo) p.243.
84
I “Petenghe de Locatelli” sono abitanti di Berbenno in Caprevitali.
Il 4 novembre 1556 il notaio Giacomo q. Maffeo Terzi stipula che Giovanni Battista q.
Giacomo, olim Galeazzo Locatelli erede del q. Antonio suo zio figlio del detto
Galeazzo, vende al Signor Camillo q. Giacomo Cazzano cittadino e abitante di
Bergamo i diritti su queste terre.
Arriviamo al 1665, nell’annotazione al margine sinistro: “S. Cristoforo q. Andrea
Cazzano olim Cristoforo” troviamo una sommaria descrizione: una pezza di terra
montiva, prativa, boschiva, campiva, nodata con di … casamenti da Patrone e de
massari, in Cabruzzone, Ceresola, Foppo et Caminetto …Incominciando dalla cima
della Costa, ove va à fare il fossato di Val Brurera verso mattina, et discendendo per
detto fossato sino alla Corna di Caminetti et d’indi continuando per detta Corna sino
alla Valle di Pradaroli, et discendendo per detta Valle sino al Commune di
Capizzone, et seguitando a ren.. il Communale pred. Sino al Commune di S.Michele
sino alla Corna, et d’indi sino in Valzana et continuando predetta Valle sino alla
Crosetta ove sono le Teze et d’indi seguitando dalla Crosetta sino che si arriva alla
cima del monte d° Moscarono, et di li sino alla cima di Val Brurera …
Non posso mancare di aprire una parentesi per segnalare dallo stesso registro, altri
appezzamenti di terra del Luogo Pio in Valle Imagna. L’anno 1487 vede l’attribuzione
di altri pezzi di terra in Brembilla, parte di Capizzone ad Antonius dictus Scaramucia
q. S. Pedrini de Pizonibus, Joannes Jacobus Philippus q. M.S. Pedrini, Antonius
dictus Bazinus q.S. Andrea de Pizonibus, Andriolus q. S. Thomaxy de Pizonibus.
Una scrittura più recente stipula nel margine sinistro: “Gio. Battista e fratelli Cucchi –
Gio. Battista Olmo e fratelli eredi del q. Francesco Cassotti”. Chiudiamo con i
possedimenti in valle Imagna con delle terre in Corna, Brancilione, assegnate nel
1512 a Bonus q. Zani dicti Mulatery de Locatellis de Valle Imania.
Dall’archivio parrocchiale di Berbenno: citazioni sulla Brembilla Vecchia
Citando la contrada Ceresola, come appare nel primo registro dei battesimi 85, nelle
annotazioni tra gli anni 1642 e 1654, possiamo puntualizzare che, ci sono sei
nascite in questa contrada tutti di cognome Salvi ma di tre famiglie diverse, senza
altre precisioni ma, sicuramente coloni della famiglia Cazzano. In contrada Caminetti
ci sarà un’altra famiglia Salvi che attraverserà i secoli, nel Seicento come massari
accanto ai proprietari di Ceresola, i discendenti, sempre lì, come mezzadri fino alla
fine dell’Ottocento.
Sono ormai passati tre secoli dalla desolazione e dal frazionamento della Brembilla
Vecchia, eppure, dalla lettura dello Stati d’Anime del 1774 86 della parrocchia di
Berbenno, possiamo interpretare che queste contrade sembrano ancora messe in
disparte, non realmente integrate alla parrocchia. Don Antonio Vanotti, parroco,
dopo aver descritto tutte le famiglie dei principali nuclei abitativi nel suo registro,
conclude la compilazione con un capitolo dedicato alle famiglie della Brembilla
Vecchia, cosi intitolato: << Brembilla vecchia detta Valle Imagna inferiore – Comun
separato - Tutti massari delli Nobili Petrobelli >> Sono enunciate le contrade di
Caminetti, Foppo, Nelli Boschi, Sarisola, Cà Bruzzoncelli, Cornelli. All’anagrafe
risulta che 14 famiglie vivono lì come coloni al servizio dei Petrobelli.
85
Registro dei Battesimi 1641-1742
86
Registro Stati d’anime 1774-1783
Vista della contrada Ceresola
Foto di Gianpaolo Bugada
Famiglia Ianuici de Cazzano
Nel corso del Quattrocento i Ianuici de Cazzano de Gandino 87, stabilitisi in Bergamo,
vengono citati nel 1509 come aggregati al Consiglio Maggiore, figurano nell’elenco
di Giovanni da Lezze (1596) delle Familie nobili et antiche della città di Bergomo
(come i Petrobelli peraltro), arricchiti, anche loro, con la mercatura. Come abbiamo
letto precedentemente, la famiglia Cazzano entra in possesso di Ceresola nell’anno
1556 attraverso Camillo fu Giacomo. Di lui abbiamo pochissime notizie, possiamo
dedurre che la sua morte sia avvenuta prima del 1571. Suo figlio Cristoforo 88, fu un
noto personaggio conosciuto in Valle, cittadino di Bergamo e di Brescia, fu vicario
della Valle Imagna negli anni 1577-1578, anche suo fratello Giacomo, in
precedenza, era stato vicario di Almenno il 29 dicembre 1569 89. Cristoforo assumerà
anche la carica di podestà di Gandino nel 1586 90. Una delle loro sorelle, Caterina, fu
Un altro ramo della famiglia Ianuici effettuerà numerosi acquisti di terreni, anche molto
consistenti, tra Sarnico, Cividate Palosco e Mornico dove la famiglia continuerà da risiedere
(informazioni gentilmente comunicate da G. Petrò). Della famiglia Ianuici de Cazzano è
particolarmente noto il ramo rappresentato da Orlandino, figlio di Ambrogio, quest’ultimo originario di
Gandino si stabilisce nella seconda metà del Quattrocento nel Trentino in Cavalese nella Valle di
Fiemme (fonte: Italo Giordani, nella sua: Storia di Fiemme). Tra i figli di Orlandino troviamo Francesco
(notaio), Antonio, Bonadeo, Ambrogio e il famoso Giovanni abitante in Brescia, quest’ultimo fu medico
alla corte di Massimiliano I di Asburgo (1493-1519). Nel 1502, dallo stesso imperatore il dottor
Giovanni Cazzano fu creato Conte Palatino, Vladislao re d’Ungheria e Boemia nell’anno 1505
concede sempre a Giovanni, che lo aveva curato, la nobiltà magiara. (fonte: Paolo Guerini: Un codice
di privilegi imperiali per i nobili Cazzani di Gandino, in "Bergomum" dicembre 1946, pp.152-153)
87
Cristoforo e gli eredi sono segnalati un’altra volta nell’archivio del Luogo Pio di Bergamo in
una rubrica intitolata: “Tabula alphabetica Nobilium 1560”, elenco dei nobili presenti negli atti
dell’istituzione. Sono citati (anno 1607) i fratelli e i figli di Cristoforo Cazzano: Paride, Gio.Antonio,
Alessandro, Camillo e Gio.Antonio.
88
89
BCM. Az. 32, 128r
Cristoforo Cazzano detta il suo testamento il 17 gennaio 1589, i suoi eredi: Camillo, Andrea,
G. Antonio, Paride, Mario, Alessandro e Betanio (o Ottavio?) i primi due erano figli della prima moglie
Margherita Agosti, gli altri cinque erano figli di Vienna Albrici. (ASB. Notaio Francesco Moioli, cartella
n. 3770, f. 86). Decederà qualche giorno dopo. La sua carica di podestà di Gandino sarà ripresa dal
90
moglie di primo letto di Giovanni Francesco de Guarneri e in seconde nozze del
nobile bergamasco Giovanni Giacomo figlio di Bernardo de Moioli.
Arriviamo al figlio di Cristoforo: Giovanni Andrea, che fu notaio 91. Nell'unico faldone
del suo archivio troviamo un atto rogito in Berbenno che conferma la presenza dei
Cazzano in Ceresola. "Addì 2 novembre 1630 nelli lochi di Cerisola di Brembilla
Vecchia nelli prati contigue al fenile ragg. di me nodar ins…." Atto notarile nel quale
la signora Laura, figlia del q. Andrea Bazzotto, nubile, infetta anche lei dei "mali
contagiosi" (ricordiamo che siamo nel 1630, anno della terribile epidemia di peste)
presenta una cedola testamentaria. Sono presenti il reverendo Michele Manzoni
parroco di Berbenno e Antonio de Petteni con il figlio Beltrame "…da Caminetti
massari di me nodar…". Un controllo dell’archivio dimostra effettivamente che
Bartolomeo Petteni e la moglie Lucrezia sono presenti nel 1641 in contrada
Caminetti dove risulta la nascita del loro figlio Pietro Antonio.
Nei documenti della Biblioteca Mai, il suddetto notaio Andrea Cazzano 92 è citato nel
1613 come podestà di Scalve-Vilminore, nel 1618 vicario della Valle S. Martino, nel
1625 anche lui vicario di Gandino, e s’impegnerà a Bergamo come console dei
mercanti negli anni 1618-1628. Figura nell’Estimo 93 delle vicinanze di S. Alessandro
della Croce il 30 maggio 1593, erede con i fratelli di una “casa con orto posta nella
terra di Cazano in contrada del Dosso […] di pertiche 12, tavoli 12, terra aradiva e
vidata detta m.Ceresola in detta terra […] pertiche 87 prativa detta il Magnino
nell’comune di Casnico. Va precisato che i “detti eredi stanno in Pignolo a casa
d’affitto e pagano de fitto all’anno scudi 12 a d. Pietro Garris …”. Sorprendente ma
non strana la coincidenza del nome del pezzo di terra detta “Ceresola” nel comune
di Cazzano, appellativo spesso trovato nei toponimi94 del bergamasco o altrove.
Nella sua casa in Borgo S. Tommaso di Bergamo, Andrea fa testamento l'8 giugno
1641 presso il notaio Maffeo Scarpa 95, nel quale nomina come suo erede universale
Cristoforo, figlio legittimo e naturale concepito con la consorte Giulia Ficieni, viene
precisato che nel caso Cristoforo decedesse senza figli, i beni della famiglia
passerebbero ai suoi abbiatici, i figli di Caterina sorella di Cristoforo, moglie di
Gerolamo Petrobelli, quest’ultimo deceduto nel 1659.
Cristoforo Cazzano, aveva sposato alla fine del 1639, la nobile Lucia Sale (o Della
Sale, vedova di Alessandro Corino de Brembati). Spesso lo ritroviamo impegnato in
Valle Imagna, la sua presenza è segnalata in diversi archivi delle parrocchie del
luogo. Viene anche indicato dal padre Donato Calvi 96, come testimone della bellezza
della pala d’altare dedicata a S. Antonio Abate, nella chiesa di Berbenno, attribuita
fratello Giovanni Giacomo, nominato il 28 gennaio 1589. (BCM, Az. 42, 26r)
91
I suoi archivi nell’Archivio di Stato di Bergamo, archivio notarile, cartella n. 3986, anni 1584-
1631.
Da notare, un certo Andrea Cazzano fu agente rappresentando Gio.Giacomo Petrobelli in
Campobasso l’anno 1594, però senza avere la certezza che fu quello citato, in: Lettres de change
aux foires de Lanciano au 16ème S. - Corrado Marciano - 1962
92
93
ASB Estimo Veneto – Polizze, vol. n.24 – foglio n.134.
Luogo recintato, rifugio, luogo coperto… secondo la definizione di Mario da Sovere-Nevio
Basezzi, in Toponomastica della Valle Imagna – Ferrari Editrice, 2001.
94
95
ASB, archivio notarile, cartella 6185.
all’epoca a Lorenzo Lotto, già citato per l’oratorio consacrato a S. Francesco
d’Assisi97 in Ceresola. Le prime notizie di questa cappella risalgono al 1659 in
occasione della visita del vescovo Gregorio Barbarigo 98, futuro e famoso Santo
Cardinale. Il Calvi sostiene inoltre che Cristoforo avrebbe fatto costruire una
chiesetta in Capizzone, anche se, non risulta alcuna traccia di questa affermazione.
Tra i fatti rilevanti sulla vita di Cristoforo Cazzano segnaliamo una causa
interminabile, con il conte Agostino Benaglia Bagnati, iniziata nell'anno 1661 per il
possesso della passata o Tesa d'Uccelli al sito della Corna Camozzera, vengono
citati come testimoni i nipoti di Cristoforo, i fratelli Francesco e Matteo Roncalli.
Questo lungo processo durerà fino all’800!, come dimostrano i documenti conservati
presso la Biblioteca Mai di Bergamo99.
Purtroppo Cristoforo decederà nell’anno 1669 circa, senza figli. Questa coppia
lascerà una copiosa eredità ai loro nipoti Petrobelli. Di parte Cazzano, i beni in Valle
Imagna: la proprietà di Ceresola, di parte Sale: importanti beni in città, la dote
recuperata dalla vedovanza composta dal denaro e da un pezzo di terra ortaglia di
ventisette pertiche con sopra due case, posta presso il Convento di Santa Maria
Matris Domini nelle vicinanze di S. Stefano in Bergamo. Un'altra pezza di terra
prativa di piante di moroni di pertiche sei chiamata il Pradello dell’Hospitale.
Saranno la vedova Caterina e il fratello Cristoforo Cazzano i curatori dei beni dei
nipoti minorenni di cui Francesco Petrobelli è il primogenito.
Lucia Sale discendente della nota famiglia bergamasca100, della quale particolarmente
conosciuto è il famoso Salario, figlio di Gherardo Della Sale guerriero ghibellino alla
fine del XIV secolo o il milite Ruggero, la cui figlia Antonia sposerà Marco Roncalli
oriundo della Valle Imagna. Tra il Quattrocento e il Cinquecento ci sarà sempre un
esponente di questo casato a far parte del Consiglio Maggiore di Bergamo. Un
documento del 1661, cita Lucia e le sue sorelle Claudia e Antonia, eredi dei genitori
Gherardo Sale e Elisabetta Olmo. La sorella Claudia, moglie del defunto Albano
Colleoni, delega la gestione dei beni famigliari al figlio Francesco, quest’ultimo libera
la zia Lucia debitrice per la casa in Bergamo a Borgo Pignolo chiamata della porta
di diamanti101 che sorge all’attuale numero civico 69 di via Pignolo.
Delle chiese della Diocesi di Bergamo(1661-1671) – Donato Calvi – a cura di Giosuè Bonetti e
Matteo Rabaglio.
96
97
Oggi dedicato a S. Mauro.
Archivio Storico Diocesano - Atti della visita pastorale del C.Barbarigo – Decreti vescovile,
volume 49, c.36r. comunicazione della signora Veronica Vitali.
98
99
BCM, Confini di Monte, Valle Imagna – seg. 96R23.
100
(XIII-XIV s.) La famiglia Sale possedeva estesi poderi tra Curno e Ponte S. Pietro. In Bergamo
su oltre 80 pertiche era proprietaria di gran parte dei terreni tra la muraine e il lato sinistro di via
Pignolo, la parte al di sopra di Via S. Giovanni e, in Via Pignolo degli attuali numeri civici 65, 67,69,
71 – Dott. Gianmario Petrò – La Rivista di Bergamo 1994/XLV – Il palazzo di Guarisco Furietti noto
come Albani-Suardi in Via Pignolo 65.
101
Cosiddetto per la presenza sulla facciata, nei contorni delle porte e delle finestre, di bugne
quadrate a punta.
Palazzo in via Pignolo, 69
Il 16 maggio dell’anno 1674 presso il notaio Achille Isabelli 102, Lucia figlia di Gherardo
Sale, moglie del defunto Cristoforo Cazzano, fa un primo testamento, istituendo come
eredi universali i suoi nipoti, i fratelli Giovanni e Ercole figli di Gabriele di Ursino
Capitanio e di sua sorella Antonia. In secondo luogo i legati, gli altri suoi nipoti Andrea
e i fratelli Petrobelli figli di Caterina Cazzano e del fu Gerolamo Petrobell, sono eredi
di diversi beni. Lucia sarà molta attenta che i fratelli Capitanio rispettino le sue volontà
riguardo i fratelli Petrobelli. Più volte il notaio specifica che gli eredi universali non
devono molestare i detti Petrobelli, minacciando di diseredarli. Lascia cento scudi alla
Chiesa di S. Alessandro della Croce, ai coloni e massari di Ceresola in Valle Imagna
otto scudi per ogni capofamiglia. Sono inoltre previsti 300 scudi che i fratelli Petrobelli
dovranno investire in livello, censo o in terreno, e che il ricavato annuo del detto
capitale servirà a far celebrare in perpetuo tante messe nell’oratorio di Ceresola.
Non sappiamo cosa sia successo, ma Lucia modifica il suo testamento nel febbraio
1691 e i Petrobelli diventano eredi universali. Deceduta il 2 settembre 1691, fu sepolta
nella Chiesa delle Monache del Paradiso, come da lei desiderato nel testamento.
Il palazzo di Via Pignolo al n. 69, chiamato della porta di diamanti, costruito all’inizio
del Cinquecento dagli antenati Sale, appartenuto a Lucia almeno dal 1661,
diventeràla residenza dei Petrobelli per circa due secoli. Verrà poi venduto, alla fine
102
ASB. Archivio notarile, cartella n. 4303
dell'Ottocento, ad un'altra nota famiglia di origine valdimagnina, i Daina 103, anche loro
arricchitisi con l'industria tessile.
CONTI PETROBELLI
Tra Via Pignolo in Bergamo e la Valle Imagna
Sant'Alessandro della Croce
La presenza della nostra famiglia Petrobelli (TAVOLA 3) è accertata in borgo
Pignolo nell'anno 1657 dal notaio, l’Eccellente dottor in legge Gerolamo104. Figlio di
Benedetto105 battezzato in S. Alessandro della Croce l'8 aprile 1599, faceva parte del
Consiglio Maggiore nel 1635. La sua consorte Caterina Cazzano, darà alla luce a
Giovanni Antonio nell’anno 1636 (sempre nella parrocchia di S. Alessandro della
Croce) ad Andrea nel 1641, quest’ultimo, anche lui notaio, fu vicario di Gandino in
sostituzione del fratello Francesco (°1638) che morì in giovane età. Anche per
Andrea la sorte non fu più fortunata, decederà in seguito ad una ferita, aveva 42
anni. Tra i fratelli più giovani, Benedetto (°1645) praticherà il notariato per 20 anni,
Agostino sceglierà la carriera ecclesiastica. L’ultimo fratello, Lodovico, fu confermato
al Consiglio Maggiore nel 1692, nominato podestà di Cologno e Urgano (1698) e
farà parte dei giudici delle vettovaglie (1706).
Sarà lui, Lodovico, che perpetuerà la dinastia, sposerà Livia Vegis nell’anno 1688,
la coppia avrà almeno sette figli. Lodovico fu erede universale nell’anno 1715 (con
fidecommesso) del dottor Giovanni Francesco106 Petrobelli medico in Venezia, già
citato.
E' interessante segnalare alcuni atti notarili dove emergono le attività di Lodovico in
Berbenno, per esempio, nel maggio 1695 vende a Bernardo Locatelli 107 della legna
per fare carbone, nel 1702 in un atto rogato sempre in Berbenno dona un roccolo a
103
Francesco Giacomo Daina, nato a Rota Fuori, contrada Cabertaglio il 9 maggio 1828. Insieme
al fratello Giovanni Battista (nato nel 1823, medico) partecipò alla lotta risorgimentale. Presente sui
colli Vicentini, ferito a Monte Sorio, riparò in Venezia, ove, dal Forte di Malghera, sostenne l'assedio,
guadagnandosi il brevetto d’ufficiale d'artiglieria. Laureatosi in ingegneria presso l’Università di
Padova, ebbe il suo ufficio a Bergamo, partecipò ai lavori di costruzione delle Ferrovie Lombarde e
del viadotto di Palazzolo sull’Oglio, fu direttore della ferrovia Torino-Savona. Nel 1859 il ministro del
commercio concesse all'ingegnere F. Daina <<il privilegio esclusivo con segreto per due anni, per un
nuovo metodo da lui ideato di condensare il vapore nella caldaia>>. Farà nel 1870 una <<Proposta
del biglietto ipotecario>> allo scopo di procurare allo Stato un introito annuo di 50 milioni. Risulta
citato nel 1888 nelle principali aziende meccaniche della provincia nei lavori di setificio. Nel 1889
inventò un <<innovativo modello di attacabava automatico>>. Morì a Bergamo nel 1901.
Nominato notaio nel 1631, attivo tra 1630 e 1659, i suoi archivi in ASB – Archivio notarile,
cartelle 7493 a 7499. Negli anni 1641-42 fu sindaco dell'Ospedale Grande di Bergamo.
104
Queste ricerche possono accertare la genealogia della famiglia fino a (Pietro) Benedetto nato
nel 1570 circa (vedere TAVOLA 3), confermata da un documento della biblioteca C. Mai (Archivio
Storico di Bergamo 1.2.8.13.1 – 36). In questo manoscritto (del 1820 circa), l’anonimo autore,
completa la genealogia aggiungendo due generazioni, a questo punto le mie ricerche divergono,
diversi indizi mi inducono infatti ad intrecciare il ramo dei nostri Petrobelli (detti di Via Pignolo, 69) a
quello di Benedetto deceduto in Campobasso e dei suoi discendenti.
105
ASB. Archivio notarile, Marcantonio Zanchi, il 6 maggio 1720, testamento redatto dal notaio
veneto Bartolomeo Baldelli il 11 settembre 1715.
106
Giovanni Battista Donati108, nel 1704 risulta un'altra donazione, questa volta in favore
di Carlo Todeschini, abitante di Berbenno. Possiamo notare su il testamento di
Ludovico nel 1721 la presenza come testimone di Tomaso Giuseppe Masnada 109
figlio del fu Cristoforo di Ceresola. Lodovico decederà in casa sua a Bergamo il 28
febbraio 1725. Tre dei suoi figli entreranno in religione: Francesco benedettino,
Cristoforo canonico regolare con il nome di Corrado e Gerolamo deceduto nel 1754
fu canonico. Arriviamo a Giovanni Giacomo che seguirà la tradizione familiare al
servizio del comune come giudice delle vettovaglie (1765 ca.), marito di Eugenia
Losetti, abiterà in Rocca nella vicina di S. Eufemia. Giacomo fa testamento il 12
dicembre 1759110, nominando erede universale suo cognato Orazio Baglioni figlio del
fu Felice Andrea. Tre giorni dopo, il testamento viene modificato e vede il fratello
Benedetto erede al posto del Baglioni ...i meandri della mente umana sono davvero
impenetrabili!
Voglio soffermarmi sul lungo commento dell’abate Giambattista Angelini 111 che cita
questi due ultimi fratelli Petrobelli, Gerolamo e G. Giacomo come famosi giocatori di
pallone, le partite si svolgevano fuori le mura della Città Alta, la muraglia era
utilizzata come una delle sponde del “campo sportivo”. << … Non vo’ lasciare il
nome nell’oblio di dui giovani nobili fratelli - del pallon giocatori, e del cor mio. Un
Gerolamo avviene che s’appelli, l’altro Giacopo, e son bravi ambidui, e sono del
casato Pietrobelli […] Ambi sono eccellenti, ed ammirandi – Con altri giocator, ma
tutti eccede – Gerolamo fra i primi, e memorandi […] Girolamo sicchè mi sembra
Marte – Co’la spada impugnata, ed è ben degno, Che da me rammenti in queste
carte. Quantunque sacerdote abbi l’impegno – Di servire all’altare, e sia soggetto –
Di bontà, di gran core, e molto ingegno…>>.
Concludiamo questa generazione con l'ultimo Benedetto, che succederà al destino
dei Petrobelli nel palazzo famigliare di via Pignolo. Sappiamo che fu deputato nel
1744 al Consiglio della Chiesa di S. Alessandro della Croce e che intervenne al
Consiglio Maggiore nel 1748. Abbiamo tracce del contratto di matrimonio nell’anno
1735 con Francesca Vailetti112 con una dote di 4000 ducati. Disgraziatamente
Francesca decederà senza discendenza. Benedetto si sposerà nel 1745 con Elena
Suardi, figlia di Giuseppe. Vivranno nella casa di Via Pignolo (anni 1770) 113 con i
domestici Maria Antonia Bettinelli e Giovanni Masnada, sicuramente nativi di
ASB. Archivio notarile, notaio Gio.Battista Donati, cart.7184, Bernardo nato nel 1665, figlio di
Marcantonio Locatelli detto Fracasso, famiglia agiata stabilita in Piazzasco.
107
Notaio sopraccitato, nato nel 1651 in Berbenno contrada Passerè, figlio di Giuseppe e
Bartolomea, detto cittadino di Bergamo.
108
La sua fu la prima famiglia Masnada stabilita in Berbenno, probabilmente oriunda di Bedulita,
il figlio di Giuseppe Tomaso, Bonaventura fu fattore dei Petrobelli in Ceresola (1774).
109
110
ASB. Archivio notarile, Gaetano Salvioni, faldone 11620
G.B.Angelini – Per darti le notizie del paese – descrizione di Bergamo in terza rima, 1720 – a
cura di Vincenzo Marchetti – Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo – 2002 – pp. 269, 270.
111
ASB. Archivio notarile, Francesco Ferante Ambiveri, faldone 7878 il 20 dicembre 1735.
Francesca figlia del cavaliere Gio. Battista Pietro Salvagni Vailetti de Marchesi (del q. Kv. Francesco),
nobile patrizio di questa città, abitante in contrada di S. Giacomo vicinia di S. Cassiano in Bergamo.
112
113
Archivio parrocchiale di S. Alessandro della Croce, Stati d’Anime n.212 a 238, anni 1768-1797.
Berbenno successivamente (ca.1797) è segnata la presenza di Bortolo Salvi. Ci
saranno sempre almeno quattro persone al servizio della famiglia, annoverata anche
la presenza di un sacerdote, il reverendo Lorenzo Beni (1781).
Il passaggio al secolo successivo lo farà Lucia, figlia di Benedetto, moglie di
Lodovico Vertova. Sua sorella Marianna fu coniugata con il conte Giovanni Berizzi,
che aveva il palazzo di villeggiatura in Calolziocorte nella frazione di Foppenico,
decederà nel 1835. Avremo l’opportunità di parlare di lei più avanti. Il compito di
capostipite tocca ad Antonio Pietro Cristino (o Antonio Pietro Celestino secondo i
documenti…), aggregato al Consiglio Maggiore nell’anno 1785. Alla caduta della
Repubblica Veneta, nasce la Repubblica Cisalpina dove Antonio Pietro nel 1798
viene schedato come mediocre per il suo sostenimento al nuovo regime. Sposerà
nel 1807 la veneta Caterina Gradenigo.
Nobiltà
Arriviamo al punto di mettere alla luce la questione della nobiltà di questi Petrobelli.
Un fatto accertato è che Antonio Pietro ottiene il titolo di conte il 24 marzo 1784 dalla
Repubblica Veneta, come registrato nel Libro d’oro dei veri titolati 114. Antonio Pietro
decederà il 29 aprile 1815. Si può dire, senza scherzare, che con lui cade
Napoleone Bonaparte, la Lombardia ed il Veneto tornano all’Austria. Da qui iniziano i
problemi per la vedova Caterina Gradenigo. Le ultime autorità istituiscono una
commissione araldica nel dicembre dello stesso anno con il compito, dopo le nuove
nobiltà conferite da Napoleone, di esaminare la conservazione dei titoli nobiliari di
tutto l’ex-Stato Veneto. Nel maggio del 1816 Caterina tutrice di suo figlio Lodovico
Antonio, si trova con l’obbligazione di domandare per lui e la sua discendenza
maschile la conferma di nobiltà e dei titoli di conte e cavaliere. Deve produrre il
certificato del Podestà di Bergamo, da cui risulti l’iscrizione a quel Consiglio
Maggiore, di Antonio Petrobelli suo marito e padre di Lodovico, il Ducale del 24
marzo 1786 del Doge Renier, che confermi in favore di Antonio Petrobelli e della sua
discendenza maschile e i titoli di conte e cavaliere concessi dall’Imperatore Ottone I
a Giacomo Petrobelli con suo Diploma convalidato con Ducale il 12 Luglio 1593. Ma
la situazione si complicò quando la Commissione Araldica, il 17 settembre 1817,
domandò di vedere il diploma autentico, originale, ottenuto dall’Imperatore Ottone I!
Ritrovare il diploma 900 anni dopo sembrava proprio una beffa, inoltre, come
probabilmente supponeva la commissione araldica, poteva non essere mai
esistito…! Gli anni passano, arriviamo al 1820 che vede il decesso della vedova
Caterina. Il conte Pietro Moroni115, nominato tutore di Lodovico, deve portare il suo
contributo. Non mancano le lettere e le domande di aiuto alla giunta comunale di
114
Archivio di Stato di Venezia – Provveditori sopra feudi, reg. 1148N°844 BERGAMO pagina 845)
PETROBELLI 24 Marzo 1784
Condecorato sin da i più remoti Secoli dalla Cesarea Maestà di Ottone I. Imperator de Romani La
Nobile, ed antica Famiglia Petrobelli della Città di Bergamo, e benemerita di questa Ser.ma
Repubblica tra l’altre speciose prerogative, degli onorifici Titoli di Conte, e Cavalier nella persona del
qm Nob. Giacomo Petrobelli, e convalidati li titoli, e prerogative stesse dalle Sovrane Ducali
dell’Ecc.mo Senato 12 luglio dell’anno 1593, in ordine però a solenne Diplomatica Investitura del
giorno d’oggi, resta descritto nel presente libro de veri Titolati colli Titoli di Conte, e Cavalier
progressivi a tutti li Discendenti Maschi legittimi, il seguente investito.
Conte, e Cavalier Antonio Pietro Celestino
Bergamo, argomentando tra l'altro, che gli eventi rivoluzionari del 1797 avevano
danneggiato gli archivi comunali di Bergamo e che il diploma di Ottone I si era reso
irreperibile proprio da quel momento… ovviamente! Malgrado tutto il conte Moroni
ottiene un avviso favorevole della commissione nel 1821. Ma nuovamente, qualcosa
impedisce la riconoscenza di nobiltà. L'ultimo documento datato 1837 dimostra che
la causa non era risolta116.
Non penso che sia credibile che un titolo di conte datato da Ottone I sia esistito
prima del 1784. Alcuni potrebbero ribadire che nel Medioevo i Petrobelli erano
soprannominati Conti, Comity anche Contalli e che da quest’ultimo arriviamo al
nome della contrada di Cepino Cà Contaglio. Personalmente, posso solo rispondere
che ho visto decine di atti notarili tra il Cinquecento e il Settecento sulla famiglia
Petrobelli, e non ho mai letto un documento dove appaia il titolo nobiliare di conte
prima di quello riprodotto qui sopra datato 1784. Come più volte abbiamo
argomentato, i nostri mercanti avrebbero orgogliosamente sfoggiato ben alto il loro
titolo come pochi altri avrebbero spiegato una bandiera, dunque i documenti e i rogiti
sono corretti. Ad ogni modo, la lettura delle diverse enciclopedie nobiliari di Vittorio
Spreti o di G. B. Crollalanza non lasciano dubbi, la nobiltà e i titoli sono scaduti.
Lodovico (1810-1850)
Lodovico aveva appena 5 anni alla morte del padre Antonio Pietro, passano altri 5
anni e scompare anche la madre. Sarà la zia Marianna Petrobelli con il conte Pietro
Moroni ad assumere il tutorato del giovane. Il suo primo istituto scolastico fu il Real
Collegio di S. Agostino in Novara, passerà al collegio Bagatta di Desenzano, dove
nel 1827 verrà nominato Principe della gioventù, riceverà il premio in presenza dei
tutori. Il suo ritratto fu eseguito lo stesso anno da Giuseppe Diotti 117: una corona
d’alloro in mano, lo sguardo determinato, lo studioso adolescente non manca di
presenza. Sposa Marianna Mapelli, figlia del conte Gerolamo 118. Lodovico era fratello
di Laura, Cecilia e Aurelia, quest’ultima moglie di Filippo de Rosa di Brescia (18091836, deceduto di colera). Si spegne il 3 marzo 1850, ma prima di morire vedrà, in
meno di tre mesi, scomparire sua moglie Marianna il 2 dicembre 1849 e il figlioletto
di 4 anni, Luigi, deceduto il 17 febbraio 1850.
Il conte Pietro Moroni (1792-1858) fu podestà di Bergamo tra il 1826 e il 1840, direttore del
Liceo di Bergamo. Socio dell’Ateneo dal 1817 fu numerose volte presidente tra 1819 e 1850.
115
116
Archivio di Stato di Venezia – Commissione araldica, busta 186
Giuseppe Diotti (1779-1846) segue i corsi dell’Accademia di Parma, passando da Roma a
Milano, si trasferisce a Bergamo nel 1811 per assumere la direzione dell’Accademia Carrara per più
di trenta anni. Legato dall’amicizia con il conte Pietro Moroni, dipingerà il conte nella sua gioventù,
realizzerà il ritratto di Lodovico e della zia Marianna. Da adulto, Lodovico comprerà e ordinerà diversi
quadri a Giuseppe Diotti.
117
“gli avi dei conti Mapelli ebbero un palazzo in Bergamo già degli Albani in via Pignolo, beni a
Bonate […] coltivarono la medicina, le industrie serica ed agricola…” Enciclopedia Storico Nobiliare –
V. Spreti
118
Lodovico Petrobelli, 1827
- Collegio Bagatta Comune di Desenzano del Garda.
Una toccante testimonianza di affetto scritto da un amico intimo di Lodovico fu
pubblicato qualche giorno dopo il suo decesso.
GIORNALE DI BERGAMO – Venerdì 15 marzo 1850
APPENDICE Cenno Necrologico (Articolo comunicato)
Le vedove, gli orfani miserabili, e tutte le indigenti famiglie già sino dall’alba
del terzo giorno di questo mese hanno sentito il doloroso annunzio della perdita che
hanno fatto del loro benefattore e padre, nella morte del nobile conte LODOVICO
PETROBELLI. Pochissime altre persone ebbero la fortuna di conoscere appieno e
poter ammirare le preziose e singolari virtù di tanto uomo, non concedendogli la sua
somma modestia di aprirsi che ai suoi più stretti parenti e pochi intimi amici, astretto
talvolta a valersi dell’opera loro nella largizione delle sue beneficenze. Tutta la sua
vita fu la vera espressione della carità cristiana e di quella vera sapienza che,
apparendo stoltezza agli occhi del mondo, è l’unica che acquisti decoro e
importanza alle nostre azioni innanzi a Dio ed agli uomini.
Nato nel 1810 dal nobile conte Antonio Petrobelli e dalla nobile contessa
Caterina Gradenigo, nella età di due lustri rimase orfano dei genitori, largamente
compensandolo il Cielo della mancanza della madre colla zia paterna la contessa
Marianna Berizzi, di assai cara e preziosa memoria, e del genitore colle savissime
cure, che di lui si prese il suo cugino nobile conte Pietro Moroni. Sotto la tutela di
questi due egregi parenti ebbe ottimo avviamento la sua educazione. Nel collegio
dei P.P.Gesuiti in Novara egli ebbe gli rudimenti della grammatica; poscia fu messo
a studiare umane lettere e filosofia nel collegio Bagatta in Desenzano, ove tanto si
qualificò per rara gentilezza e bontà, e per profitto letterario e scientifico, che ad
unanimità di voti dei suoi condiscepoli e dei suoi precettori venne eletto e coronato
Principe della gioventù, coll’intervento delle Autorità della provincia bresciana, e
colla più solenne pompa che siasi mai usata in quel celebrato istituto d’educazione.
Ritornato in patria e ammogliatosi colla nobil donna Marianna Mapelli, n’ebbe
bella corona di figli, sui quali si raccolsero tosto le sue più amorose sollecitudini,
rendendosi modello costantemente di tutte le virtù coniugali e paterne. Benchè la
sua vita sia stata sempre privata, amò caldamente la patria sua, e non si ritrasse
dall’adoperarsi per essa anche in quelle cose, che erano più contrarie alle sue
abitudini, o superiori alle sue forze corporali, onde ebbe a soffrire grande discapito la
sua salute. Quanto egli sia stato benefattore e protettore de’poveri, lo attestano i
bisognosi della città e provincia di Bergamo, ed anco fuori di essa altri, che egli
soccorse largamente, e che benediranno sempre il suo nome. Né di questo solo fu
paga la sua pietà: si volse anche al decoro delle chiese, e ben ha ragione di
piangere la sua perdita la sua Parrocchia di Bergamo e quella di Berbenno, a cui
appartiene la sua villeggiatura di Ceresola. Fu amatore intelligentissimo delle belle
arti e in modo singolare della pittura, e aumentò la sua pinacoteca di opere
pregiatissime d’antichi maestri non solo, ma dei più stimati fra i moderni, fra i quali
del Diotti, dell’Hayez, del Canella, del Miliara, amando di cooperare colle proprie
sostanze e co’proprii eccitamenti all’incoraggiamento de’nobili artisti.
Volle Iddio visitarlo con le più gravi tribolazioni, sostenne più mesi con
edificante rassegnazione i tedi e le pene d’una infermità ostinatissima; ma come se
ciò non bastasse ad esercitare la sua pazienza, fatto novello Giobbe, in due mesi
ebbe a piangere la mancanza della compagna, e d’un bello e amabile figliuoletto,
che era la sua delizia. Consumate tutte le forze del corpo, serbò sino all’ultimo
sereno e vigoroso lo spirito, la sua morte fu quella del giusto che si confida e riposa
in Dio per quello che lascia sulla terra, e per quello che spera di conseguire nel
Cielo. Le sue ultime parole furono la espressione della sua piissima vita.”Siate
benefici, egli ripeteva agli astanti, che sarete felici in questa vita e nella futura. Oh
quanto è generoso Iddio, che per si poco bene che io ho fatto mi ricompensa con
tana consolazione!”. Chi ebbe la fortuna di essergli amico, chi fu testimonio delle
sue nobili azioni, e della sua santa morte lo ricorderà sempre con desiderio e con
lagrime. Vale anima candidissima! Accogli questo picciol tributo, che ti rende un tuo
amico, e prega Iddio che si adempia quel voto, che pronunciammo più volte
insieme, che la nostra amicizia duri in eterno.
Antonio Lorenzo (1838-1864)
Figlio di Lodovico e Marianna, alla domanda di Gabriele Camozzi parteciperà, con
Gabriele Rosa, all’arruolamento di volontari per le spedizioni di Garibaldi (1859). Alle
porte della morte, lega a suo zio Luigi Mapelli i sei 119 quadri di Andrea Previtali, il
Mapelli ne farà dono all’Accademia Carrara nel 1880.
Berbenno
Negli archivi parrocchiali, non ci sono nascite Petrobelli, la famiglia aveva la sua
residenza in Bergamo, Ceresola fu per loro una dimora estiva. La prima nota che ci
permette di datare la loro presenza è in un atto di battesimo dell’anno 1644: la
comare fu la Petrobella. La forma di scrivere <<la Petrobella>> dal prete officiante,
119
In realtà sono otto i quadri del Previtali attualmente in possesso dell’Accademia Carrara di
Bergamo facenti parte della collezione Petrobelli.
senza alcuno segno di rispetto, senza titolo, lascia pensare che ci troviamo,
probabilmente, con una nativa della valle, una Petrobelli plebea! Sempre dai registri
parrocchiali troviamo la presenza di Petrobelli come padrini, appare nel 1671, 1673,
1674, 1676, 1679, 1680, 1682: il Signor Andrea Petrobelli120.
- Nell'Archivio parrocchiale di Berbenno, appaiono nel 1672 e nel 1676: Benedetto
Petrobelli, un altro Andrea nel 1715 e nel 1718. Sempre con il titolo di devozione:
“Signor” o “Illustrissimo Signor”, appaiono: Agostino nel 1682, 1693, 1701, 1709 e
Lodovico nel 1683, 1684, 1685, 1689, 1697.
Giungerà al termine un conflitto di vicinato tra, i Petrobelli eredi di Cristoforo
Cazzano da una parte, e del nobile dottor Giovanni Battista Cucchi e fratelli eredi del
Nobile Francesco Cassotti de Mazzoleni121 dall’altra, che durerà 13 anni. La
controversia è sui confini tra le due proprietà di Ceresola e quella della Botta di
Capizzone, nel luogo detto: La Corna de Caminetti conforme camina dalla Valle
Burera andando verso sera sino a drittura del tronco vecchio [...] descendendo alla
Corna chiamata Corna della Tezza overo Corna sopra della Tezza.
Nel 1674 Francesco Michele Carrara sarà eletto arbitro delle due parti. La causa si
concluderà nel 1687 come dagli atti del notaio Andrea Baglioni122.
Ritorniamo all’archivio parrocchiale, troviamo: Gerolamo Petrobelli presente come
padrino nel 1716, 1717, 1719. Giacomo nel 1723 e nel 1733. L’Ecc. Rev. Gerolamo
nel 1746.
Da quest'ultima data la tradizione si perde, per avere altre notizie dall’archivio
parrocchiale, dobbiamo arrivare al 15 novembre 1864, con il decesso a Ceresola del
sopraccitato conte Antonio Petrobelli123 di anni 26, sepolto nel cimitero di Berbenno.
120
L’Illustrissimo Andrea Petrobelli della parrocchia di Pignolo in Bergamo fu ugualmente padrino a
Bedulita nel 1680.
121
La famiglia Cassotti era entrata in possesso dei fondi di Mortesina all’inizio del Cinquecento.
Il palazzo in contrada Botta fu costruito, insieme alla chiesetta dedicata ai SS. Angeli Custodi, nel
1682 dalla nobile famiglia Cucchi. - Capizzone nelle visite pastorali 1538.1884 – Antonio Previtali –
Ed. Cesare Ferrari – Clusone - 1989.
122
123
ASB. Archivio notarile, cart. 6956.
Il 13 novembre del 1864, il giovane conte Antonio Lorenzo Maria Petrobelli, ammalato, nella
sua casa di Ceresola aveva redatto il suo testamento olografo (vedere APPENDICE 1), in favore
delle due sorelle Caterina e Carolina. Attraverso la lettura delle sue ultime volontà si capisce
l’attaccamento del giovane conte a Ceresola, desiderando di essere sepolto in Berbenno e volendo la
quotidiana cappellania del suo oratorio dedicato a S. Francesco. I suoi legati non mancheranno di
generosità verso la gente di Berbenno.
Registro dei Morti 1850-1866 - alla Tav. 56 n. 15 – 15.11.1864 – morte del conte Petrobelli Antonio di
Bergamo - << Il Sig. Conte Petrobelli Antonio di Bergamo, d’anni 26, cattolico, possidente nubile, di
Bergamo Borgo Pignolo, figlio dei furono Lodovico Petrobelli e Marianna Mapelli è morto il
15.11.1864 alle ore 5 antimeridiane in casa di suo dominio in Ceresola. E’ stato visitato il 15.11.1864
dal medico Pellegrino. E’ stato sepolto il 17.11.1864 nel Cimitero di Berbenno – E’ morto per
bronchite acuta >>.
Stemma dei Petrobelli affisso al muro della torre
all’entrata della proprietà di Ceresola, la lettera P
appoggiata sui tre monti, sormontata dalla corona
è caratteristica, conforme a quanto descritto nello
stemmario Camozzi-Vertova, (manoscritto conservato
presso la Biblioteca Civica A. Mai di Bergamo).
Al lato sinistro appare la lettera P di Petrobelli,
la lettera S del lato destro non corrisponde a nessuno
dei discendenti Petrobelli dopo il 1650. La spiegazione
potrebbe venire del fatto che lo stemma più antico è
stato recuperato in una antica dimora di un famigliare
Petrobelli per essere posto dopo in Berbenno.
Coloni
Sempre dalle ricerche nei registri parrocchiali, si sa di coloni, contadini al servizio
dei Petrobelli.
Seicento: Andrea Capelli è massaro del Sig.Andrea Petrobelli nell’anno 1678.
Settecento: Dallo Stato d’Anime del 1774 possiamo sapere degli abitanti di
Brembilla Vecchia:
- In contrada Foppo, Masnada Domenico (nato nel 1745) figlio di Bonaventura di
Cerisola, e la sua famiglia. Dopo suo padre, anche lui sarà l’uomo di fiducia dei
Petrobelli, come fattore.
Le famiglie di massari: Bettinelli Giacomo q. Antonio detto Gris (°1736) e Bettinelli
Carlo q. Cristoforo (°1692) (quest’ultima famiglia andrà a Capassero nel 1780).
- In contrada Caminetti, troviamo i tre figli del fu Bartolomeo Salvi: Giuseppe
(°1706), Cristoforo (°1707) e Pietro (°1711) e le loro famiglie.
- Nei Boschi, Bettinelli Cristoforo di Antonio detto Tonò (°1736) e famiglia.
- In Ceresola (Sarisola) Masnada Bonaventura del fu Giuseppe, fattore delli Nobili
Petrobelli, (°1712) e famiglia.
Sempre in Ceresola, altre famiglie, di:
- Masnada Andrea q. Giuseppe, fratello di Bonaventura (°1707)
- Capelli Vincenzo q. Domenico (°1725) e suo fratello Pietro (°1720)
- In contrada Cabruzzoncelli le famiglie di Salvi Tomaso q. Carlo (°1735) e di Salvi
Gio. Battista q. Tomaso (°1709)
- In Cornelli (Nelli Cornelli in finibus terrae) la famiglia di Morlotti Francesco del fu
Domenico (°1698). E la Famiglia di nuovo venuta in cambio delli Morlotti: Pellegrini
Giovanni Battista (°1723).
Dallo Stato d’Anime 1del 1783
Al Ponte di Pietra Molinaro delli Ill.mi Petrobelli : Bolis Gio. Battista q. Francesco
(°1714)
Ottocento: Nell’anno 1817 il fattore dei Petrobelli è Locatelli Giuseppe, a Ceresola.
L’anno 1817 sarà il punto nero per i coloni Petrobelli, si rileva il decesso di sei dei
suoi contadini:
-Masnada Giuseppe di 43 anni, colono a Ceresola
-Capelli Gio.Battista di 48 anni, colono a Ceresola
-Salvi Bartolomeo di 41 anni, colono a Caminetti
-Salvi Bonaventura di 72 anni, colono a Ceresola
-Betinelli Antonio Balatta di 71 anni, colono a Foppo alto
-Salvi Gio.Battista di 68 anni, colono a Cabruzzone
Nel 1818 Salvi Angelo muore a 42 anni, colono in contrada Foppo.
Giovanni Antonio Cristalli fu amministratore in Ceresola, nato nel 1774 a S.Michele
Torre de Busi in Valle S. Martino, figlio di Giovanni e Lucia Bonassi. Vedovo di
Cecilia Angeli-Busi, si sposa nel 1818 con Maddalena Erba, morirà nel 1840. Già dal
1841 sappiamo che suo figlio Andrea riprende la carica di fattore dell'Illustrissimo
Conte Petrobelli. Andrea, nato a Capizzone nel 1812 dal primo matrimonio del padre
G. Antonio con Cecilia, si sposa nel 1834 con Maria Masnada (figlia di
Bonaventura), al decesso del conte Antonio Petrobelli (1864) eredita mille lire, come
sua moglie; sappiamo che nell’anno 1866: “Andrea era fattore della ill.ma contessa
Petrobelli Carolina”, morirà nel 1879.
Possiamo situare anche altri contadini dei Petrobelli: nel 1817 e nel 1820: Leonardo
Todeschini è colono alla Canova di Ceresola. Nel 1821 e nel 1824 Antonio Bettinelli
è colono a Foppo Alto. Nel 1822 e nel 1834 Battista Bettinelli è colono a Foppo. Nel
1822, Battista Masnada a Ceresola. Nel 1822 Vincenzo Capelli a Ceresola. Nel
1818 e nel 1829 Bonaventura Masnada a Ceresola. Nel 1817 Salvi Giuseppe è
colono a Ceresola, nel 1823 al Bosco. Nel 1823 Domenico Masnada (nato a
Ceresola, figlio di Bonaventura) muore a 78 anni, colono a Cabruzzoncelli. Nel
1826, Salvi Giacomo Pistoletto colono a Ceresola. Nel 1828 Salvi Bonaventura a
Caminetti. Nel 1834, Gio. Battista Mazzoleni muore all’età di 65 anni (figlio
d’Alessandro) mugnaio al Ponte “nelle case del molino Petrobelli”. Nel 1831
troviamo Salvi Bartolomeo a Caminetti e nel 1834 in contrada Foppo.
Terminiamo al Ponte di Pietra dove si trova la famiglia d’Andrea Mazzoleni
(°1797+1864, figlio di Gio. Battista e Maddalena Vanotti) e quella di suo fratello
Giovanni (°1815), sono mugnai (molitor Nobilium Petrobelli).
Da notare il decesso del padre cappuccino Giulio Stecchetti in domo Jo. ex
Marchionibus Cornaggia di anni 64, il 12 ottobre 1897, fu sepolto nel cimitero di
Berbenno in presenza di altri sette frati cappuccini.
Planimetria
del
palazzo
e
dipendenze Petrobelli in Ceresola
come appare nella mappa del
1812.
Archivio di Stato di Milano
Catasto Lombardo Veneto
Mappa originale del comune
censuario di Berbenno
Sulla mappa napoleonica del 1812 constatiamo che l’attuale edificio quadrato che
termina sul lato est (491) della proprietà non esiste e neppure la torre, tuttavia,
osserviamo che dal punto in cui oggi è eretta la torre fino alla cappella (492), un
fabbricato coperto collegava le due costruzioni. Tutto ciò lascia pensare che furono
realizzati importanti lavori di ristrutturazione nella seconda metà dell’Ottocento, tanto
più che le uniche testimonianze degne d’interesse che possono riflettere la
ricchezza del passato sono databili proprio intorno a questa epoca: i contorni in
legno scolpito delle due porte d’entrata sotto il porticato al piano terra, la torre
stessa, e sotto l’arco al piano terra della detta torre, un'antica vasca da bagno:
ultima vestigia per ricordare l’intimità della famiglia scomparsa e che dà un po’ di
umanità a questo palazzo (tinozza tristemente finita lì, probabilmente utilizzata come
abbeveratoio in un passato non molto lontano).
A sinistra: catasto napoleonico
Sotto, a sinistra: catasto lombardo
veneto del 1853, a destra la parcella
491, con il fabbricato aggiunto nel 1892.
Archivio di Stato di Bergamo, catasto
digitalizzato di Berbenno.
Ultime successione
La proprietà di Berbenno andrà alla due sorelle del conte Antonio deceduto nel
1864, in primo luogo a Carolina. Caterina invece eredita la proprietà di Stezzano,
ma anche dei beni in Almenno San Bartolomeo, Almenno S.S e Strozza; sposa nel
1866 Giovanni de Marchesi Cornaggia Medici della Castellanza 124 (1834-1911)
124
Le lontane origini dei Cornaggia si situano in S.Michele della Chiusa nel XIV secolo,
appartenenti al Consiglio Generale di Milano, possedevano terre in Morazzone presso Varese e le
cascine Cornaggia alle porte di Milano. Ottengono il titolo di Marchesi nell’anno 1744 dall’Imperatrice
Maria Teresa d’Austria, appoggiati al feudo della Castellanza, acquistato nel 1748. Nel 1794 si
aggiunge al loro patronimico quello di Medici in seguito a un matrimonio. La famiglia che interessa la
nostra ricerca è quella uscita del ramo detta linea primogenita discendente da Carlo Cristoforo
(n.1774), padre di Marco (n.1801) quest’ultimo, marito di Giuseppina Sala. Da loro nascerà Giovanni
il 3 dicembre 1834 che prese parte alle guerre d’Indipendenza; scrive diversi scritti di agricoltura e di
residente in Milano, decederà nel 1877 (ved. il testamento in APPENDICE 2). Il
marchese Giovanni, vedovo, si ritrova con cinque bambini; sposerà Carolina l’altra
sorella Petrobelli.
Scopriamo i figli di Giovanni e Caterina: l’ultimo nato Antonio vede la luce alla
morte della madre nel marzo 1877. Il figlio maggiore Luigi (1870/1944) fu Canonico
Onorario della Metropolitana di Milano, Protonotario Apostolico, Prelato Domestico
di Papa Benedetto XV, Canonico della Liberiana, Prelato in Santa Maria Maggiore di
Roma abitava in Via Lutezia n.11, sullo stesso pianerottolo di Federico Fellini. Nel
1943 celebrerà in privato il matrimonio tra colui che diventerà un famoso regista e
Giulietta
Masina.
Don
Luigi
lascerà
numerosi
scritti
religiosi.
125
Maria (1873/1926) fu religiosa, Giuseppe nato nel 1875, Paolo nato in Milano nel
1871, avvocato, volontario nella guerra 1915-1918. Marito di Selina Sella, da loro
nascerà Gian Carlo (1904/1970) celebre schermitore, vincitore di cinque medaglie
olimpiche tra 1928 e 1936. La famiglia Cornaggia Medici venderà la proprietà di
Ceresola nel 1923 al comune di Busto Arsizio.
Particolari di un soffitto affrescato in Ceresola
economia sociale; acquista nel 1873 villa Burba in Rho; muore a Milano il 6 gennaio 1911. Enciclopedia Storico Nobiliare - V.Spreti
Paolo fu autorizzato nel 1931 ad aggiungere il patronimico Petrobelli al suo cognome –
Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia – parte seconda, foglio delle inserzioni – Anno 72, Roma, 13
maggio 1931 – n.110.
Annunzi Giudiziari – Aggiunta di Cognome.
<<Il sottoscritto nob. Paolo dei Marchesi Cornaggia Medici nato in Milano il 25 maggio 1871
ed ivi domiciliato in via S.Marta n.25, rende noto che avendo con istanza diretta a S.M. il Re chiesto
che a lui ed al proprio figlio Giovanni nato in Milano il 6 dicembre 1904 ed egli pure ivi domiciliato
venga concesso di aggiungere il cognome Petrobelli, S.E. il Ministro per la giustizia con decreto n…
del 7 febbraio 1931, ha autorizzata la pubblicazione per sunto della domanda …>>
125
Viste di Ceresola
(S.Frosio - R.Invernizzi)
PATRIMONIO
Come abbiamo visto, la nostra famiglia Petrobelli eredita, dal nonno Andrea
Cazzano la proprietà di Berbenno e dalla zia Lucia Sale la casa di Via Pignolo. Dei
sei figli di Gerolamo e Caterina Cazzano sappiamo che Giovanni Antonio è deceduto
giovanissimo, Francesco nel 1667, Andrea nel 1683, le poche e ultime notizie di
Benedetto sono del 1694. Rimangono Agostino il sacerdote 126 e Lodovico che si
divideranno il patrimonio familiare nel 1717: la tenuta di Ceresola andrà a don
Agostino e i diversi beni in città a Lodovico. Al decesso di Lodovico (nel febbraio del
1725) i diversi “errori” di questo regolamento di eredità non erano stati ancora risolti,
vi provvederanno don Agostino con i nipoti127.
Il 4 agosto del 1725128, dopo l’inventario dei beni di Lodovico in presenza di Giovanni
Battista Rotigni, commissario ed esecutore testamentario, verranno stabiliti i diversi
provvedimenti per concludere la divisione tra zio Agostino e i nipoti. Senza dilungarci
sui complicati conti, appare che: Agostino ha il beneficio di 300 scudi annui sui
redditi ricavati dai beni in Valle Imagna per il suo mantenimento, il resto dei redditi
deve essere diviso con il fratello Lodovico. Non manca d’interesse la descrizione dei
beni129, fatta dal notaio Marcantonio Zanchi, l’inventario dei 60 capi di bovini e 100 di
pecore per un valore di 700 scudi, la totalità della proprietà di Berbenno è stimata
Dall’archivio parrocchiale di S. Alessandro della Croce, sappiamo che il reverendo Agostino
è deceduto in Valle Imagna il 2 ottobre 1731.
126
Figli di Lodovico vivi nel 1725: il canonico Gerolamo, Gio. Giacomo, Benedetto e “due
femmine”.
127
128
ASB, archivio notarile, Marcantonio Zanchi, faldone 8902
40.000 scudi. Volendo esaminare le entrate delle terre in Berbenno, possiamo
prendere in considerazione il 1718 che appare l’anno più redditizio. La produzione di
melgotto (mais) è il primo introito con 127 some raccolte, venduti scudi 2807. Il vino
è la seconda entrata con 237 brente, vendute scudi 2725. Con la vendita del terzo
prodotto, il frumento, abbiamo un incasso di scudi 760. Il ricavato dalla vendita delle
castagne bianche, vacche, vitelli e fieno, è di circa 1440 scudi. Noci, lana, legumi,
affitto del molino, completano i guadagni della proprietà, per un totale di scudi 9554.
Dalla presa di possesso di don Agostino, il ricavato declina: nell’anno 1719 il
ricavato è S. 8326, nel 1720 S. 6600, nel 1721 S. 5254, per stabilirsi a S. 6000 circa,
nell’anno 1724, possiamo quindi interrogarci sulla sua buona gestione.
Da questa lunga serie di atti notarili dell’estate del 1725 apprendiamo che Lodovico
incrementa il patrimonio famigliare con l’acquisto della casa contigua alla sua in Via
Pignolo appartenuta ai Co. Co. Suardi valutata scudi 2243. Appare anche l’enorme
indebitamento di circa 10000 scudi del canonico Gerolamo (una buona parte di
questa somma verso casa Rotigni per le bolle del suo canonicato).
129
Cosi descritti: <<…tutti beni di Val d’Imagna con casa da padrone e da massari con il molino
e beni ad esso contigui…confina da mattina parte la Valle Bruera e discendendo sotto la Corna di
Caminetti nella Valle da Gradarolo, qual continua sin al Pascolo vicino all’Imagna, da sera la Valzana
ascendendo sin al corto da monte la Costa… discendendo per retta linea sino il Roncolo detto della
Cornetta…>>
Tabella redditi Ceresola 1718-1724
Divisione del 1717 tra don Agostino e Lodovico
Per Lodovico:
una casa in borgo S. Antonio con orto, detta della porta a punti di diamanti
S. 7000
una casa in borgo S. Tomasso con orto, pertiche 15, ortaglia e casetta dell'ortolano.
S. 5500
ortaglia con casa dell'ortolano in prato Bertello (pert.28) in S.Maria Matris Domini
S. 3500
tutti argenti e mobili di casa, a riserva di mobili grossi di valle Imagna
S. 2000
(stimati senza inventario)
livelli, biglietti e altri crediti pagati
S. 13000
dote di Lucia, figlia
S. 1500
spesi per collocare Cristoforo, figlio
S.
500
Totale
S. 33000
Per don Agostino
beni e effetti in Valle Imagna come del 17.9.1717
S .40000
debitore
- S. 3500
metà della dote di Livia sua cognata
- S. 1250
debito Medolago
- S. 250
Devono inoltre pagare l'annuo livello alla Magnifica Pietà S. 300 sui beni di Valle Imagna
Divisione del 1832
Il 27 aprile 1815, alle dodici di notte, in gravi condizioni di salute, il Conte Antonio
Petrobelli chiama il notaio Luigi Invernizzi. Sono presenti: il medico Angelo Poloni 130,
i sacerdoti Angelo Mangili e Francesco Baretti, il domestico Angelo Mosconi. Il conte
detta il suo testamento nel quale, la moglie Caterina Gradenigo rimane usufruttuaria
delle sue intere sostanze e lega un quarto di tutti i suoi beni al figlio Lodovico.
Antonio decederà 2 giorni dopo.
Nell’inventario dei beni131 di Antonio Petrobelli nel giugno dello stesso anno, nella
casa in borgo Pignolo di Bergamo, troviamo un descrizione sommaria, fatta dal
pittore dilettante in borgo S. Antonio, Girolamo Castelli, di circa 40 quadri nella
galleria, tra i quali un S. Antonio Abate di Lorenzo Lotto 132 e due del Previtali, un S.
Stefano e un S. Pietro. Descritti ugualmente i gioielli, le obbligazioni e gli
investimenti trovati nelle carte, i mobili, gli oggetti e i vestiti. Il tutto per un valore di
Lire 64724.
Passeranno 17 anni prima che i figli minorenni potranno dividere il patrimonio. Il 24
aprile 1832 il notaio Giuseppe Teodoro Vailati 133 procede alla ripartizione dei beni
lasciati dal defunto Antonio Petrobelli, ricordando le condizioni del testamento rogato
nel 1815, cioè un quarto per Lodovico e gli altri tre quarti da dividere tra i quattro
figli: Lodovico, Laura, Aurelia e Cecilia. Ma nel frattempo sono decedute, nel 1819
Cecilia e nel 1820 la madre Caterina. Quest’ultima aveva previsto nel suo
testamento di nominare il Conte Pietro Moroni tutore dei figli minorenni. Il tribunale
nominerà in seguito alla domanda del Conte Moroni tre curatori speciali: Antonio
Nell’Archivio di Stato di Bergamo troviamo il censimento della popolazione del 1804 (D.d.S.
1168), il dottor Poloni di anni 49, era vicino di casa dei Petrobelli, abitava al civico n.1374 (la casa a
punta di diamanti all’epoca portava il civico n.1372). Nello stesso documento è citato Giovanni Baldini
di anni 42 che viveva in casa dei Petrobelli come domestico.
130
131
ASB. Notaio Invernizzi Luigi, cartella n. 12328, f. 1987.
Le perizie degli anni seguenti proveranno che questo dipinto fu di Andrea Previtali e non di
Lorenzo Lotto.
132
133
ASB. Cartella n.13108
Roncalli, Pietro Locatelli Lanzi e Paolo Vitalba, ognuno doveva agire nell’interesse di
ciascuno dei figli.
Nel lungo progetto divisionale, approvato per decreto dal Tribunale Pupillare il 28
dicembre 1831, sono descritti i beni e il loro valore stimato:
Ortaglia e case in Bergamo (pert. 80.7.8)
Terreno e case in Stezzano (pert. 1555)
Terreno e casa in Valle Imagna (pert. 2717.10.5)
Valore dei mobili esistenti in Bergamo, Stezzano e
beni ritrovati in casa (anno 1815)
Valore dei mobili esistenti in Valle Imagna, e bestiami (anno 1815)
Totale dell’Attività in valuta italiana
Totale dei beni a nome della Sig.ra Caterina Gradenigo (compresa la dote)
L. 77136
L.247271
L.161015
L. 64724
L. 14021
L.564169
L.120926
[...dopo diversi e complicati calcoli…]
Spettanza di Lodovico
Spettanza di Laura
Spettanza di Aurelia
Lire austriache
L.459597
L.186148
L 186148
Lodovico avrà i fondi e le case di Bergamo, Stezzano e Berbenno, le due sorelle si
divideranno gli investimenti.
Valore dei fondi secondo la perizia dell’ingegner Barrera rassegnata al Tribunale il 5 maggio 1831
Casa civile in Bergamo nel borgo Pignolo al civ.1372
L. 45952
Casino d’affitto annesso alla sud. casa al civ.1374
L. 3484
Ortaglia al Matris Domini
L. 21720
Ortaglia in Borgo S. Tommaso134
L. 7875
Casetta in Borgo Canale al civ.36
L. 2635
Ronco Scorlazzone sul monte S. Vigilio e bosco in Fontana
L. 248983
Possessione di Ceresola in Berbenno Valle Imagna
L. 176291
Totale Lire Austriache
L. 514292
INVESTIMENTI Capitali investiti a mutuo
Lire Austriache
L. 234748
Nei Nob. Sig. Giugali Carrara di Città L.30000 ita. 15 lug. 1820, not. Teodoro Vailati, col prò del 5%
Nel Sig. Gio. Domenico Noris q. Pro. di Bergamo in Pignolo, 22 nov.1820, not. T. Vailati L.6140 al
5%, ed ora assunto dal Sig. Pro Moretti q. Andrea per delegazione.
Nel Sig. Carlo Fracassi di Vigolo L. 20000 ita. del 10 nov.1821, not. T. V. col prò del 5%.
Nel Nob. Sig. Conte Girolamo Grumelli di Città L.7500 ita. del 3 dic.1823 not. T. V. col prò del 5%.
Nelli Sig. D. Gio.Maria zio, Francesco e Gio. Battista, nipoti Mazzi in contrada di S. Bartolomeo
L.4000 ita. del 3.2.1823, not. T. V. col prò del 5%.
Nel Sig. Gio. Battista Sanga di Coro, del 13.2.1824, not. T. V. col prò del 5% L.12000
Nel Sig. Bizzardo Crescini q.Paolo di Città, del 10 ap.1824, not. T. V. col prò del 5% L.4000
Nel Sig. Bono Ruggeri di Poscante, del 12 lug.1824, not. T. V. col prò del 5% L.2000
Nei Nob. Sig.Fratelli Baglioni di Città, del 12 mar.1825, not. T. V. col prò del 5%L.18000
Nei Sig. Alessandro padre, Gio. Andrea, Marino e Luigi figli Belotti del Gandozzo, del 24 nov. 1825,
not. T. V. col prò del 5%, L.8000.
Nel Sig. Giuseppe Zanoni di Trescore, del 11 gen. 1826, not. T. V. col prò del 5%, L.6000.
Nella Sig.ra Maddalena Grassi Aggogeri di Gandino a Cassano, del 17 giu.1826, not.T.V. L.2810, col
prò del 5%.
Nel Nob. Sig. C.Leonardo Martinengo di Brescia, del 19.ott.1826, not.T.V. L.35838 ita. col prò del 5%.
Quest’ultimo dovrebbe essere proprietario in Clanezzo (fabbrica di cannoni)
Nella Sig.ra Maddalena Grassi Aggogeri di Gandino a Cassano, del 21 lug.1828, not. T .V. col prò del
5% L.12500.
Nel Nob. Sig. C. Francesco Albani di borgo S. Tommaso, del 28 ap.1829, not. T. V. col prò del 5%
L.21000.
134
Nel 1819 gli eredi Petrobelli possedevano in Borgo S. Tommaso una casa accanto al numero
civico 1410 (proprietà di Francesco Callegari e Caterina Rivola).
Particolari del valore dei mobili (perizia del 1830)
mobili in casa B. Pignolo
valori dei quadri (perizia del Sig. Gio. Nora)
mobili in Stezzano
mobili in Ceresola
bestiame in Ceresola
Lire austriache
L .3802
L. 3613
L. 190
L. 1836
L. 1746
Dal catasto Lombardo Veneto
Nell’Archivio di Stato di Bergamo possiamo ritrovare i dati catastali che ci
permettono di ricostruire i possedimenti della famiglia. Dal libro delle Partite del
Comune di Bergamo, i Petrobelli nel 1858 sono proprietari di 13 appezzamenti di
terra, sui quali si trovano 5 case, per un totale di 22,6 pertiche, tra cui, quelle
acquistate da Lodovico Petrobelli nel 1843 dai fratelli Serassi135.
Berbenno Il registro consultato è intitolato: Catasto Lombardo Veneto – Berbenno 1° aprile 1853 - Rubrica dei possessori del suddetto Comune censuario.
I diversi appezzamenti di terra sono rintracciabili attraverso un codice, la lettera P
corrisponde all’iniziale del cognome, seguito da un numero assegnato ad ogni
proprietario.
Per la nostra famiglia Petrobelli abbiamo P 9, P 10 e P 11, così descritti:
P 9: Petrobelli Conte Lodovico q. Antonio
P 10: Petrobelli Conte Lodovico q. Antonio, livellario al Comune di Berbenno
P 11: Petrobelli Conte Lodovico q. Antonio, livellario al Luogo Pio detto della Pietà in
Bergamo
Un totale di 236 appezzamenti di terra, per una superficie di 1806 pertiche (119
ettari), cioè il 30 % delle 5966 pertiche censite nel comune. Nel progetto divisionale
del 1832 si trova un descrittivo della proprietà di Ceresola, il confronto con i dati
sotto esposti evidenzia una certa differenza ma dà anche nuovi particolari: <<una
casa dominicale, tredici case coloniche abitate da quattordici massari, cioè quattro
in Ceresola, due in Cabruzzone, altro ai Cornelli, altro al Bosco, altro alla Canova,
altro in Foppo di sotto, altri due in Foppo di sopra, ed altri due in Caminetti ed un
molino con casa d’abitazione pel mugnaio >> con i terreni di pertiche 2717.
135
Nel ’500 era originariamente chiamato palazzo Sale, poi Capitanio, poi diventato Zanchi.
n° app. = numero di appezzamenti – pert. = pertiche
P11
Coltivo da vanga
Bosco ceduo misto
Prato
Pascolo
Prato con castagni
Bosco ceduo forte
Ronco a murelli
Pascolo boscato forte
Castagneto
Coltivo
da
vanga
vitato
Orto
Prato con noci
zerbo
Stalla con fenile
Mulino da grano ad
acqua
con
casa
colonica
Casa colonica
Oratorio privato
Casa di villeggiatura
TOTALE
n°
app.
pert.
22
9
24
18
3
10
15
1
7
67
431
178
33
51
72
158
2
115
8
1
3
1
1
13
P10
P9
n°
app.
pert.
4
19
40
1
1
2
42
6
1
n°
app.
pert.
21
10
6
16
1
41
316
18
28
13
3
1
3
34
1
40
3
16
3
24
53
2
1
6
1
1
4
132
31
73
Stezzano Nella divisione dei beni, avvenuta nel 1832, i terreni e le case in Stezzano
sono censiti per 1555 pertiche, valutate in Lire italiane L. 247271. Dal libro delle
partite d’estimo dei possessori del comune censuario di Stezzano (1850 ca.), la
famiglia Petrobelli possiede: una casa privata, cinque case coloniche e terre per un
totale di 980,3 pertiche, 68 appezzamenti per lo più coltivati a vite, aratori e prati.
Dall’inventario del 10 luglio 1877, in seguito al decesso di Caterina Petrobelli (erede
del fondo di Stezzano), sono censite: Metriche pertiche 861,84 colla rendita di L.
4956,33.
Ultima divisione
L’ultimo atto studiato sulla famiglia Petrobelli vede la divisione tra le sorelle Caterina
e Carolina Petrobelli, rogato dal notaio Fabrizio Clerici il 12 marzo 1868 136 residente
in Sesto Calende. Sono presenti: il tutore di Carolina, lo zio conte Alessandro
Mapelli da una parte, e dell’altra, Caterina con suo marito Giovanni Cornaggia. Per
Caterina in esclusiva proprietà è attribuita la casa dominicale in Stezzano, con i
136
Archivio di Stato di Milano, arch. notarile, cartella n.3194
campi detti Villano, Trisaccio, Nocca, Fornace, Tironga, Via dei Prati, Prato Barbuta,
Malina, Ponchione, Valino di Sopra, di Mezzo, di Sotto, Prato S. Fermo, Prolasca,il
caseggiato colonico detto lo Stallo della Misca Vecchia e quello detto Stallo della
Madonna, seguono altri 33 appezzamenti, colle inerenti ragioni d’acqua dalle roggie
Guidana e Piuggia per ore 45. Nel territorio di Almenno S. Bartolomeo, una casa
dominicale con giardino, un ronco attiguo alla detta casa, un boschetto, un fienile
con stalla, una casa colonica in contrada Ripa, un'altra nella contrada della Chiesa
di S. Bartolomeo. In Almenno S. Salvatore, una casa colonica al Convento, con
campi, un bosco alla Vena del Marino, un altro bosco in Colsera, un ronco Colzera,
un bosco al Ginoco dei Dardi, un altro alla Cà della Zagna. Nel comune di Strozza
un bosco detto Carborera, un altro detto Val Settimana. Il tutto rappresenta pertiche
1032,12 ora pari ad ettari 103,17137.
A Carolina sono attribuiti pertiche 1806,69 ora pari ad ettari 185,25, per parte in
Ceresola con la casa dominicale, le case coloniche in Cabruzzone, Cornelli,
Canuova, del Bosco, Foppo di Sotto, Foppo di Sopra, Caminetti. Un molino posto
sul fiume Imagna con due ruote per macina di grano. In Bergamo una casa d’affitto
al civico n. 1276 nella contrada di Pignolo, casa Serassi al civico n. 1271 posta
come sopra. Una casa dominicale al civico n. 1274 sempre in Via Pignolo, e per
finire una casa colonica abitata dall’ortolano al civico n.1309, un'ortaglia con casino.
Il patrimonio diviso è di circa Lire 250000 per ogni sorell
LENDINARA
I nostri mercanti bergamaschi non si accontentano del Regno di Napoli. La capitale
della Repubblica Veneta e le regioni settentrionali sono ottimi mercati, la provincia di
Rovigo ancora sotto il domino del duca di Ferrara, vede stabilirsi, alla fine del ‘400,
una delle famiglie Petrobelli. Nello stesso periodo sono presenti nello stesso luogo
anche le famiglie Locatelli e Roncalli 138. La presenza dei Petrobelli in Lendinara è
attestata dal 1496, dove i fratelli Bernardino e Bartolomeo, figli di Giovanni Petrobelli
di Bergamo, comprano un pezzo di terra 139 da Agnola Viviani, vedova del maestro
Lorenzo Canozio140. I Petrobelli sono descritti come mercatoribus pannorum lane.
Nativi di Bedulita, come dimostra il testamento di Bernardino nel 1528, non sono
ancora nobilitati ma ricchi mercanti e cittadini riconosciuti, bene inseriti nel tessuto
Cosi scritto nell’atto notarile, non si comprende quale sia l’unità di misura utilizzata, una
pertica milanese è uguale a 654,5 mq, quella bergamasca è uguale a 666,3 mq.
137
Detti anche Roncale, Marco figlio di Giovanni Roncalli soprannominati Gobbi, oriundo della
Valle Imagna, stabilitosi in Rovigo, citato nell’anno 1504, abitante di Villa Coste – Costiola. Famiglia
aggregata al Consiglio Nobile di Rovigo. Il figlio Giovanni Domenico (+1561), eterodosso, fondatore
dell’Accademia degli Addormentati di Rovigo, la comunità protestante si riuniva nel suo omonimo
palazzo nel centro della città.
138
139
Archivio di Stato di Rovigo, archivio notarile, notaio Cristoforo Lorenzi, b. 932
Lorenzo Canozi, nato in Lendinara nel 1425, deceduto in Padova nel 1477. Notissimo
intarsiatore insieme al fratello Cristoforo, contribuiscono alla diffusione di quest’arte nel nord Italia.
140
sociale, come gli altri mercanti bergamaschi hanno investito nel fondiario.
Bernardino Petrobelli, senza figli maschi, nomina eredi universali i nipoti: Antonio,
Gerolamo e Benedetto, figli dei suoi due fratelli, ma non dimentica di aiutare la figlia
Elena rimasta in Valle Imagna, moglie di Angelo Pellegrini; lega anche un dono alla
Chiesa di Bedulita. Negli anni successivi rimarranno due nipoti, i cugini Antonio e
Gerolamo come capifamiglia, il primo: Antonio, marito di Ginevra Masnada 141,
indubbiamente nato in Bedulita, anche lui non mancherà di legare nel 1569, alla
parrocchia di S. Michele in Valle Imagna 24 scudi d’oro 142. Senza figli maschi, sarà
nominato erede il cugino Gerolamo143, ma Antonio si preoccupò di trasmettere il
patrimonio famigliare ad altri Petrobelli, istituendo un fidecommesso con regole
rigorose per la nomina di un eventuale erede primogenito Petrobelli: <<… procreati
della casa Petrobelli che saranno discesi dal Magnifico Messer Gio.Pietro Petrobello
detto per soprannome Pinallo …>> che dovrà essere un figlio legittimo e originario di
Bergamo. Il cugino Gerolamo decederà nel 1587, i beni passeranno al figlio
Petrobello (1558/1635), e da lui ai discendenti della sua sorellastra Andriana,
coniugata
con
un
loro
cugino,
un
certo
Niccolò
Petrobelli.
Come abbiamo già scritto in un capitolo precedente, la nostra famglia Petrobelli di
Bergamo, tenterà nel 1636 di fare valere i propri diritti per beneficiare del
fidecommesso.
Ma ritorniamo ai nostri cugini Antonio e Gerolamo, rispettivamente deceduti il primo
nel 1569 e il secondo nel 1587. In previsione della loro scomparsa i due cugini
collocano una cappella all’interno della chiesa in Lendinara, dedicata a S.
Francesco, oggi distrutta, è lì che furono probabilmente sepolti. Per l’ornamento
dell’altare i cugini Petrobelli ordinano intorno al 1563 a Paolo Veronese una pala
d’altare che si mostrava come una delle più maestose del XVI secolo: i due
benefattori sono rappresentati accanto ai propri Santi patroni Sant’Antonio Abate e
San Gerolamo, in mezzo a loro è raffigurato l’Arcangelo S. Michele, ricordando così,
si suppone, il santo patrono della chiesa di Bedulita.
La straordinaria storia della pala d’altare Petrobelli di Paolo Veronese è degna di
un'inchiesta per l’ispettore Poirot. Immensa per le sue dimensioni, 4,65 metri di
altezza e 2,85 metri di larghezza, subirà la mutilazione da parte di un negoziante
d’arte senza scrupoli, che la divise in quattro pezzi per venderli separatamente nel
1789, disperdendoli attraverso l’Europa passando per la Francia, per arrivare in
Scozia, in Inghilterra e per finire nei Stati Uniti e Canada 144 dove una parte dell’opera
fu sommersa nell’acqua del mare. Diversi conservatori di musei e appassionati
d’arte, indagarono per scoprire le origini dei diversi pezzi nel corso dell’Ottocento e
141
Figlia di Aurelio Masnada de Personeni (detto “Carlino”) e di Caterina Cassotti.
Citato negli atti della visita di S. Carlo Borromeo, in Bedulita, nel 1575 legato di un certo
“Antonio de Nerinis”, testamento rogato dal notaio Viviano Fantoni alias de Mazzoleni de Bergamo
notaio in Lendinara. Nota: in Valle Imagna possiamo trovare almeno tre notai di cognome Fantoni nel
‘400-’500. Citato anche nel 1596 da G. da Lezze nella sua descrizione del territorio del comune di
Bedulita.
142
Testamento negli archivi della Biblioteca Comunale di Lendinara “Gaetano Baccari”, LAP, A
735, vol. A, ff. 13r-23r – Il 22 dicembre 1569, in questo documento il notaio firma: Ego Vivianus
Fantonus filius quondam Bartholomei publius imperiali autoritate Notarius Lendinariensis.
143
Vedere il già citato libro:<< Paolo Véronèse, Le Retable Petrobelli >> – Xavier F. Salomon –
Silvana Editoriale – 2009.
144
del Novecento, per arrivare al 2007 quando, il perspicace Xavier Salomon della
National Gallery of Canada di Ottawa, capisce che la testa del San Michele
conservato nel Blanton Museum of Art di Austin in Texas è il frammento mancante. Il
capolavoro smembrato fu di nuovo assemblato, solo per diverse mostre, nel 2009.
Gerolamo Petrobelli
Antonio Petrobell1
Paolo Veronese
Pala d’altare Petrobelli
anno 1563 circa
Frammento n. 1, il Cristo con Angeli,
è di proprietà del Musée des BeauArts du Canada – Ottawa.
Frammento n. 2, S. Antonio Abate con
Antonio Petrobelli, è di proprietà della
National Gallery of Scotland –
Edimbourg.
Frammento n. 3, testa dell’Arcangelo
Michele, è di proprietà del Blanton
Museum of Art – The University of
Texas at Austin.
Frammento n. 4, San Gerolamo e
Gerolamo Petrobelli, fa parte della
collezione della Dulwich Picture
Gallery – London
APPENDICE 1
Testamento di Antonio Lorenzo Petrobelli
Atto di ultima volontà, Ceresola Comune di Berbenno, 13 novembre 1864.
Sano di mente quantunque gravemente ammalato di corpo io Antonio Petrobelli
figlio del fu Lodovico intendo con queste poche righe vergare il mio testamento.
Lascio erede generale de miei immobili e mobili e capitali ed in parte uguali le due
mie sorelle Catterina e Carolina Petrobelli, lasciando però nelle divisioni la scelta
alla sorella maggiore Catterina.
Lego al fattore Andrea Cristalli di Berbenno per una sol volta lire mille (1000).
Lego alla di lui moglie Maria Previtali Cristalli lire mille (1000).
Lego al fattore di Stezzano Gosis Luigi lire mille (1000).
Lego a Pietro Mazzoleni di Bergamo figlio del mio ortolano … lire mille (1000).
Cosi pure a Francesco Mazzoleni lire mille (1000). Lo stesso al chierico Giovanni
Mazzoleni lire mille (1000).
Lego a Giovanni Martinazzi mio portinaio in Bergamo lire cinquecento (500).
Ai miei massari tutti condono il debito che si troveranno avere verso di me alla mia
morte ed a qualli che non saranno in debito, lascio lire cento (100).
Voglio che le eredi sosto dopo la mia morte eseguiscano i miglioramenti alla
chiesetta di Ceresola, come da testamento del mio genitore Lodovico Petrobelli.
Voglio che la cappellaneria di Ceresola, soltanto festiva, diventi quotidiana e questo
a carico della possessione di Ceresola.
Lascio ai poveri di Berbenno lire mille (1000). Lego ai poveri di Stezzano lire mille
(1000).
Voglie che siano date memorie di me in oggetto d’oro, quadri, bigiotterie e libri ai
miei zii Mapelli Alessandro, Luigi ed Ippolita Giulini, a mia zia Aurelia Petrobelli de
Rosa e cugini Clemente de Rosa e Marietta Luzzago, ai cugini Ercolere Francesco
Baglioni e Noli Baglioni sposa ad Ercole Baglioni.
Inoltre saranno date memorie al Sig.Prevosto Carsana di Pignolo, al Prevosto di
Berbenno, al curato, al Rev.Offredi ed a Don Antonio Previtali. A Don Giuseppe
Agazzi di Bergamo ed al Dottor fisico Luigi Pellegrini.
Mi … faranno subito dopo la mia morte … N. 500 messe a vantaggio della povera
mia anima. Allo zio Luigi Mapelli lego i 6 quadri di Previtali che trovansi nella mia
casa a Bergamo.
Voglio essere sotterrato nel cimitero di Berbenno e desidero che … pure trasportati i
miei parenti, che giacciono nel cimitero del Galgario.
Questo è l’atto di mia ultima volontà. Sia pace all’anima mia e benedetti siano tutti
quelli che operano per la giustizia.
Petrobelli Antonio Lorenzo Maria.
In aggiunta al sud 0 mio testamento lego al Sig.Giovanni Mazzucotelli del fu
Bernardo di Ponte S.Pietro lire due mille (2000).
Nomino mio esecutore testamentario mio zio Luigi Mapelli e lo prego apprestarmi
anche questo novello ed ultimo favore.
Copia conforme all’atto del notaio Adelasio fatta da don Luigi Previtali parroco di Berbenno (1896) - in
Archivio della curia vescovile di Bergamo.
APPENDICE 2
Testamento di Caterina Petrobelli
Mia disposizione testamentaria
Questo giorno 16 febbraio 1877, io Catterina Cornaggia Petrobelli, sana di mente e
di corpo, dichiaro col presente scritto di fare il mio testamento olografo col quale
dispongo quanto segue.
1° Istituisco ad eredi nella parte legittima i miei figli Luigi, Paolo, Giuseppe e Maria e
la prole nascitura della quale mi trovo gestante.
2° Istituisco poi ad eredi nella parte disponibile i miei figli Luigi, Paolo e Giuseppe e
la prole nascitura se sarà di sesso maschile. Dalla disponibile sarà prelevato la
somma di Lire 10.000 dico diecimila, da pagarsi alle sorelle a titolo di legato, e cio
dopo la cessazione dell’usufrutto come in appresso.
3° All’amatissimo mio marito Giovanni Cornaggia lego l’usufrutto vita sua naturale
durante della parte disponibile e della parte legittima durante la minor età dei
medesimi.
4° All’amatissimo mio marito Giovanni Cornaggia lego in modo particolare tutti miei
quadri, libri, argenti, mobili e gli oggetti preziosi, brillanti, pregandolo di farni
quell’uso secondo le mie intenzioni.
5° Alla mia cara sorella Carolina lascio come segno di mia particolar memoria il mio
braccialetto d’oro con medaglione e il mio anello con turchese.
Raccomando alla generosità di mio marito di usare verso i poveri e verso i miei
domestici quel trattamento secondo le mie intenzioni.
Desidero essere sepolta vicina al mio caro angioletto Luigi.
Benedetti siano coloro che operano per la giustizia!
In fede noi sottoscriva.
Milano 16 febbraio 1877, Catterina Cornaggia Petrobelli.
In Archivio di Stato di Milano – Fondo successione di Milano – Cartella 75.
Ringraziamenti
Indispensabile l’aiuto e i consigli del dottor Gianmario Petrò, non posso mancare di
sottolineare l’eccezionale lavoro eseguito da Gianfranco Ferrari con il suo spoglio
del archivio parrocchiale di Berbenno, l’ingegnere Giuseppe Berizzi responsabile
dell’archivio del Luogo Pio di Bergamo, le foto di Stefano Frosio, le correzioni di
Anna Rita Meschini.
L'autore
Robert Invernizzi, nato in Francia da padre nativo di Rota d’Imagna, discende
dall’antichissima famiglia detta Bardella della contrada Regorda di Corna Imagna.
Inizia le sue ricerche con la ricostruzione della genealogia della sua famiglia, che in
breve ha esteso a tutte le famiglie di Rota (Antiche famiglie di Rota – Premio Borsa
di Studio Carlo Locatelli di valle Imagna e figlio Salvatore, 2004). In seguito realizza
una copiosa ricerca su tutte le famiglie della valle (Radici valligiane), realizzando
pure un catalogo dei religiosi della valle vissuti tra il 1500 e il 1800. Ha concluso
recentemente una ricerca sulla famiglia dei conti Petrobelli, proprietari del borgo di
Ceresola in Berbenno (Valle Imagna).
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