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Per i 40 anni dei frati - Parrocchia Santi Nabore e Felice

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Per i 40 anni dei frati - Parrocchia Santi Nabore e Felice
NUMERO SPECIALE - MAGGIO 2014
40 ANNI
di presenza dei Frati Capuccini nella parrocchia dei SS. MM. Nabore e Felice
Cosa significa per i Frati Minori Cappuccini aver retto e reggere la
parrocchia SS.MM. Nabore e Felice per questi 40 anni.
Fra Sergio Pesenti
Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini Lombardia
Festeggiare i 40 anni della nostra presenza in questa parrocchia è sicuramente un momento di Grazia.
È momento di grazia guardare alla
storia di questa comunità; una storia
che ci offre la possibilità di tracciare un
cammino che si apra al futuro.
Questa storia, per una comunità cristiana, non è lo spazio di esperienze
finite, ma è l’inizio di infiniti percorsi
di speranza. È storia di salvezza, è una
storia di amore e noi ne facciamo parte.
Questa storia di amore si manifesta nella maternità della Chiesa. Una maternità che cresce e si diffonde nel tempo
perché spinta non da forze umane ma
dalla forza dello Spirito Santo (Papa
Francesco - mercoledì 24 aprile 2013)
Mi sembra di poter dire che il nostro
essere in parrocchia sia una “presenza
profetica”. Ma cosa significa essere una
“presenza profetica”?
Vuole dire che il frate cappuccino vivendo questo servizio pastorale deve
continuamente vivere una inscindibile
unità tra la vita e l’azione.
Questa unità la si trova nella dimensione contemplativa della nostra vita di
frati minori cappuccini; e la nostra presenza nel mondo e nella Chiesa esige
quale elemento fondamentale la contemplazione. Contemplazione intesa
come vita vissuta in intimità con Dio e,
allo stesso tempo, contemplare nell’uomo l’immagine del Figlio, diventando
così apostoli di Cristo. (segue pag 2)
Con questo numero vogliamo festeggiare in modo semplice
la presenza dei Frati nella nostra parrocchia.
L’evangelizzazione, anche quella vissuta nel servizio
parrocchiale, è un fatto fondamentale per la vita e l’attività del nostro Ordine.
Ha il suo punto di partenza nell’amore di Dio per gli
uomini che ha il suo culmine nella persona di Cristo.
Noi siamo parte della Chiesa, e la Chiesa vogliamo
servire; e la serviamo camminando con tutti gli uomini
che ci sono affidati. Camminare “con tutti gli uomini”
significa che insieme siamo chiamati a gustare la freschezza dello Spirito che si manifesta nella quotidianità
dell’azione pastorale; e insieme siamo chiamati ad affrontare le sfide e le difficoltà che si aprono sul nostro
cammino.
Ecco cosa caratterizza il nostro essere in mezzo alla
gente, il nostro essere “frati del popolo”, frati capaci di
farsi interpreti delle esigenze della gente:la contemplazione del Mistero di Cristo povero e crocifisso che si trasforma in passione pastorale (del resto così ci ha descritti Manzoni nei Promessi Sposi: “Tale era la condizione
de’ cappuccini, che nulla pareva per loro troppo basso,
né troppo elevato. Servir gl’infimi, ed esser servito da’
potenti, entrar ne’ palazzi e ne’ tuguri, con lo stesso contegno d’umiltà e di sicurezza, esser talvolta nella stessa
casa, un soggetto di passatempo e un personaggio senza
il quale non si decideva nulla, chieder l’elemosina per
tutto e farla a tutti quelli che la chiedevano al convento,
a tutto era avvezzo un cappuccino”).
Una passione - missione che si declina in tante sfaccettature: accoglienza, accompagnamento, condivisone,
educazione, formazione spirituale, cura vocazionale.
Ma qual è la bellezza di questa passione pastorale?
- La prima cosa che mi viene in mente e che noi frati
cerchiamo di essere “testimoni dell’Assoluto” nella vita
di questa nostra comunità. Essere cioè uomini che consacrano la loro vita per testimoniare che una sola cosa
è necessaria: conoscere, amare e servire Dio nell’uomo
- la bellezza di questa missione si manifesta attraverso
una pastorale capace di vivere una “fedeltà creativa e
concreta” al nostro carisma e alla Chiesa.
“Fedeltà creativa” significa essere in grado di leggere
i segni dei tempi e scoprire le indicazioni che le Spirito Santo suggerisce. Leggere e interpretare i segni dei
tempi nel loro contesto concreto e accogliere gli orientamenti della Chiesa locale riguardo all’evangelizzazione
nel ambito della pastorale parrocchiale: lavorare per recuperare la centralità della Fede, motivando ogni cristiano ad essere attivo nell’evangelizzazione.
Questa creatività, per noi frati cappuccini, si fa concreta attraverso la fraternità.
- Ecco un’altra cosa bella: la fraternità.
La vita fraterna come criterio fondamentale di evangelizzazione. Il criterio fondamentale della fraternità non è
solo al centro dei nostri documenti; ma è al centro della
nostra fede, come ci insegna Gesù nella sua preghiera
al Padre:”Prego anche per coloro che crederanno in me
per mezzo della loro parola, che tutti siano nell’unità
come tu, Padre, sei in me e io in te; prego che essi siano
in noi nell’unità così che il mondo creda che tu mi hai
mandato” (Gv 17, 19-21). Inoltre l’insegnamento della Chiesa continuamente c’invita a costruire la «civiltà
dell’amore». Il Documento conciliare sulla “Chiesa nel
mondo contemporaneo” afferma: “Dio... ha voluto che
gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero
tra loro con animo di fratelli” (n. 24). “Primogenito tra
molti fratelli e attraverso il dono dello Spirito” - continua il Concilio - Gesù istituì “una nuova comunità fra-
terna composta da tutti coloro che lo ricevono con fede
e amore... Questa solidarietà dovrà essere accresciuta
fino a questo giorno in cui sarà portata alla sua perfezione” (n. 32). Ci ricordano le nostre Costituzioni che
“Per divina ispirazione Francesco fondo una forma di
vita evangelica che chiamò fraternità”, basata su fratelli
che vivono insieme nella carità.
Fedeli alla nostra vocazione dobbiamo costruire una
vera comunione fraterna e cooperare così alla promozione di una famiglia autenticamente umana nella Chiesa e
nel mondo. Per questo noi crediamo che la testimonianza profetica della fraternità vissuta è al centro della nostra evangelizzazione. Soprattutto è un servizio di “Pace
e Bene”, nel segno della fiducia e della speranza.
La realtà del mondo, la Chiesa e l’Ordine ci ricordano
il piano di Dio; esso ci sprona ad essere profeticamente
coerenti con il dono e l’impegno della fraternità che ci
qualifica come francescani.
In questo senso la forza profetica della nostra presenza
e attività in mezzo al mondo e al Popolo di Dio deve
prendere la sua ispirazione dall’esempio di Francesco
che “amando Dio e tutte le persone e anche tutte le creature e fratello e amico universale”.
Vivere la fraternità in parrocchia significa essere capaci di passare dall’individualismo pastorale alla testimonianza profetica della fraternità; dove la fraternità
diventa il luogo dell’evangelizzazione e della testimonianza; dove la carità fraterna è il fondamento di questa
testimonianza.
La fraternità è un carisma che arricchisce la Chiesa.
Quali sono, invece, le nostre preoccupazioni?
La preoccupazione fondamentale è quella di vivere
questa forma di evangelizzazione secondo i valori del
nostro carisma, in particolare quelli della fraternità e
della minorità:
- nel servire la Parola
- nella centralità di Cristo vissuta nella liturgia (sacramenti)
- nella comunione fraterna con tutte le persone
- nel servizio ai poveri (testimoniando il nostro essere
minori)
- nell’essere parrocchia missionaria che a tutti gli uomini va incontro; capace di attuare il comando di Gesù
“Andate e predicate”.
L’invito che a tutti voi rivolgo è quello di essere una
comunità aperta ai valori dello Spirito; che sa guardare
a Gesù, il quale ci invia ad evangelizzare, ad annunciare
il suo nome con gioia.
Il mio grazie va a tutti quei fratelli che in questi 40
anni hanno servito questa comunità; il mio grazie va a
tutti voi che li avete saputi accogliere con amore e che
con loro avete contribuito a costruire una comunità viva.
Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio
concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore,
ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò
che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito
Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto,
il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua
sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità
perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio
onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen. (FF 233)
Da Lecco a Milano
passando per il Camerum
fra Giuseppe Panzeri
(parroco attuale)
Sono nato e cresciuto a Lecco.
Avevo quasi tre
anni quando nel
1959 la mia famiglia è andata
ad abitare in una delle nuove case
del nascente quartiere Santo Stefano dove da poco c’era una nuova chiesa dei Frati Cappuccini che nel ’62
sarebbe diventata parrocchia. Ho ricevuto la Prima Comunione e la Cresima con la liturgia ancora in latino, ma
poi da adolescente e da giovane, ho vissuto, quasi senza
rendermene conto, accompagnato dai frati e in particolare da Padre Ferdinando, (che nel ’74 diventerà il primo
parroco cappuccino della nostra parrocchia dei SS.MM.
Nabore e Felice) quella stagione piena di entusiasmo e
di grandi desideri che nella Chiesa ha coinciso con il
rinnovamento degli anni successivi al Concilio Vaticano II. Ho fatto parte del primissimo “Gruppo Giovani”;
insieme ai frati abbiamo imparato non solo la nuova li-
turgia in italiano, ma siamo divenuti una “comunità”,
attraverso catechesi e gesti assolutamente nuovi.
In prima superiore ho anche incontrato il Movimento di Comunione e Liberazione, che ha determinato e
determina in un modo indelebile la mia appartenenza
a Cristo e alla Sua Chiesa senza mai cancellare il mio
essere “dei Frati”, come a Lecco si usa ancora dire di
quelli che vivono in quel quartiere.
Poi… è successo. Inaspettato, sorprendente ma quasi
naturale. Nel giro di pochi anni, attratti dalla bellezza di
una vita totalmente afferrata da Cristo come ci appariva
quella dei “nostri frati”, uno a uno, apparentemente per
vie diverse ma vicinissimi sia geograficamente che per
la amicizia con i frati, un bel po’ di noi giovani ha “fatto il salto”: vivere quella entusiasmante letizia, quella
comunione, quella “intimità” con Cristo sempre, senza altre cose, ogni istante di ogni giorno, “consacrati”
a Lui. Ha cominciato Titta, poi Bob Magnelli, poi altri
due con me nell’81, l’anno dopo Sergio Tucci, tutti nei
Frati Cappuccini, inoltre due ragazze nelle Suore Clarisse e altri tre in altri ordini religiosi. Insomma quasi una
“epidemia” nel Gruppo Giovani dei Frati!
Certamente una storia così mi ha dato una semplicità
e una solidità nel seguire Cristo che non potrei avere se
fosse stata una mia idea o una mia decisione; mi sento
tranquillo ad affermare che la mia vocazione è una storia da seguire, bella, a volte faticosa, ma mai “paurosa”
o piena di dubbi.
Due anni dopo la mia ordinazione sacerdotale, mi è
stato chiesto di andare in Missione in Camerun, e ci
sono restato per 18 anni. Per qualche anno in una Missione “classica” insieme a Padre Umberto, che è vissuto
in Africa per 53 anni: La chiesa principale nel villaggio
di Sop (a 1700 metri di altitudine) e una dozzina di villaggi con piccole chiesette sparsi in un raggio di 20 Km
circa. Ero sempre in giro a visitare e aiutare la gente,
co la jeep, a volte con una moto e spesso a piedi. Ho
incontrato un modo di vivere semplice, povero e spesso
nel bisogno, lieto ma inconsapevole della dignità e del
valore dell’essere umano che solo Gesù ci ha fatto comprendere, bisognoso dell’incontro e dello sguardo di
Cristo. Ricordo Peter che un giorno mi ha detto: “prima
di incontrare te non sapevo di essere così importante”;
oppure Richard, che è figlio di un Capo Tribù: “prima
pensavo di essere figlio di un capo, e non mi bastava,
ora so di essere figlio di Dio”!
Poi sono stato per alcuni anni nella città di Bamenda
dove ho insegnato religione nelle scuole superiori governative, fatto il cappellano delle prigioni e incominciato ad essere l’educatore dei ragazzi che volevano diventare frati come me. Quest’ultima è stata l’esperienza
più lunga, più impegnativa, ma più entusiasmante allo
stesso tempo; vedere come il Signore attrae a se persone
così diverse da me, vedere come le rende capaci di offrire la propria vita, aiutarle a riconoscere e seguire questa
“Presenza Buona” che ha conquistato me prima di loro
e seguire Gesù Cristo con loro è stato per me veramente
il famoso “centuplo” promesso nel Vangelo.
Da ultimo, nel 2012, mi è stato chiesto di venire qui a
Milano nella Parrocchia dei SS. MM. Nabore e Felice.
E’ stato un grande cambiamento, ma dover cambiare
tutte le condizioni pratiche della vita (dalla savana africana alla grande città europea) mi ha fatto vedere con
più chiarezza ciò che rimarrà sempre: il rapporto, anzi
l’amicizia, con Cristo.
Sono veramente contento di essere ora qui, insieme a
tanta gente che, nella frenesia della vita milanese così
diversa dal Camerun, nella fatica e anche nella povertà, si accorge con me di quella stessa “Presenza Buona”
che mi ha afferrato da quando ero bambino e non mi
ha più abbandonato, nonostante le mie fragilità, la mia
pigrizia e i miei peccati. Nessuno di noi può sapere con
sicurezza dove la vita lo condurrà, ma possiamo, posso,
affermare con certezza che Lui non ci abbandonerà mai.
Grazie,
Fra Giuseppe Panzeri
Ho chiesto di
amare tanto
fra Luigi Caserini
(parroco dal 1991 al 2000)
Io sono una goccia nel pagliaio di fronte a tante presenze che vi hanno portato nel loro servizio tanta spiritualità francescana. Nel 1991 sono stato inviato come
parroco a questa comunità che ha come patroni i santi Nabore e Felice, martiri. Essi mi dicono con la loro
fermezza e il loro martirio una grande testimonianza
di amore a Gesù.Venendo ad abitare con voi, ad essere
uno di voi, non ho chiesto al Signore l’abilità di trovare le soluzioni a problemi difficili, non ho chiesto la
furbizia per essere insincero e dimostrarmi amico: ho
chiesto di amare tanto, di amare tutti, di amare sempre.
Mi sembra che questa sia la condizione per rendere credibile il Vangelo e l’accettazione di Cristo al mondo
d’oggi. Quando mi fu affidata la parrocchia ho provato
un senso di smarrimento, dubitando delle mie capacità.
Immediatamente mi sono impegnato a conoscere ciò
che l’obbedienza mi aveva affidato: un dono enorme da
custodire, da amare, da servire con la parola, con lo stile
di vita, con le scelte pastorali.
Quante realtà erano fiorite in questa parrocchia: Associazioni, Movimenti, Gruppi, Azione Cattolica, Catechisti, Attività sportive, Giovani, Oratorio, Colonie,Circolo
Stella, Consiglio pastorale e altro ancora ……
Mi chiedevo: “Con quale volto mi presenterò?” e sentivo una voce di fondo “ Il mio aiuto è nel nome del
Signore”.
Il primo conforto è venuto quando il mio sguardo si
è posato sul nome dei frati che componevano la mia
fraternità: frati attivi, generosi, entusiasti, pieni di fede.
Li ricordo con tanta riconoscenza: Padre Bernardo Merelli, Padre Alfredo Lunghi, Padre Marcello Longhi, Padre Pierluigi Tomasini.
Con essi mi trovavo spesso in dialogo fraterno per
parlare di voi, per programmare, persuaso che il primo
segno concreto del grande valore della carità è una comunità di frati che camminano insieme.
Nei miei nove anni di presenza, altri confratelli si
sono alternati nel servizio all’oratorio. Ricordo con tanta gratitudine Padre Giovanni Cropelli, pieno di fuoco
spirituale, Padre Piero Bolchi, pieno di soavità religiosa,
Padre Antonio Berlingheri, il frate gioioso, e Padre Giuseppe Attorre.
Il secondo conforto il Signore me lo ha donato con la constatazione di tanti laici impegnati in parrocchia. In essi ho trovato aiuto, conforto, voglia di rinnovamento, esperienze vissute,
consigli e tanto desiderio di crescere nell’Amore di Gesù.
Da parte mia mi sono proposto di valorizzare tutti con l’ascolto, il dialogo, il rispetto, la pazienza
di saper attendere evitando la polemica ad ogni costo. Vorrei elencare i nomi di coloro che hanno reso
bella la Parrocchia con l’abito del servizio: la mia
mente è piena di nomi e sono convinto che , se la
vita parrocchiale è ancora viva, è per merito loro.
La paura di tralasciare qualche nome mi impedisce un
lungo elenco. Insieme abbiamo camminato, confidando nei valori e nelle persone, più che nelle strutture.
Quanti propositi, quanti sogni, quante prospettive riempivano e profumavano il nostro spirito.
Sono diventati tutti frutti , quei fiori? No, nella natura questa non è la legge. Molti fiori sono fatti per la
pura bellezza: cadono senza dar frutto. Così tanti nostri
sogni. Comunque vari propositi furono tradotti in realtà e la Parrocchia di San Nabore e Felice è cresciuta, è
maturata.
Vorrei infine ringraziare i frati Cappuccini del nostro
convento per il sostegno pastorale che esercitano nel
servizio della Parola e della Carità. Un ultimo grazie a
tutte le Suore che in questi trenta anni hanno collaborato
alla crescita spirituale della Parrocchia.
Buone Feste
Il mio grazie
fra Luigi Boccardi
(parroco dal 2000 al 2013)
È difficile ricordare tredici anni
di vita passati
in mezzo a voi.
Tredici
anni
sono tanti e
sono stati talmente pieni di episodi, di incontri, di volti: l’anno
scorso quando vi ho salutati mi veniva da pensare: ma
davvero ho conosciuto così tanta gente? Nella vita quotidiana quasi non ci si rende conto di tanta ricchezza,
che si coglie con verità proprio nei momenti forti, nei
momenti in cui sei chiamato a fare come una sintesi della vita.
Certo la prima parola che mi sento di dire è la parola
grazie, il primo sentimento è quello di gratitudine per un
cammino che il Signore mi ha donato di fare in mezzo
a voi.
Una gratitudine che va anzitutto ai frati che mi hanno
preceduto (anche a quelli che oltre a precedermi mi hanno seguito, vero padre Gigi?): quando sono arrivato ho
trovato nei confronti dei frati tanta stima e affetto, segno
evidente dell’impegno e della passione evangelica con
la quale hanno svolto la loro missione in mezzo a voi.
Ho sentito subito la ricchezza di una storia cui il Signore
mi chiamava ad essere fedele, a conservare e aiutare a
crescere.
Poi naturalmente per i frati che hanno vissuto con me:
persone diverse, con diverse sensibilità, ma profondamente desiderosi di vivere il Vangelo e di comunicarlo
a tutti; soprattutto capaci di vivere in fraternità in modo
sereno, in una accoglienza reciproca che rende anche
la nostra testimonianza più bella e più vera. Ho sempre
pensato che il senso di una fraternità cappuccina che assume la responsabilità di una parrocchia debba prima di
tutto restar quello che è: una fraternità che vive il Vangelo secondo lo stile di Francesco.
Poi devo ringraziare il Signore per i tanti incontri, per
i volti, le storie che mi ha fatto incontrare nella mia permanenza a San Nabore. Volti incontrati nei momenti di
gioia (ripenso alle prime comunioni, alla emozione bella
dei bambini e dei genitori, ai Battesimi, ai matrimoni)
come nei momenti di tristezza e di fatica; penso ai numerosi pellegrinaggi ad Assisi e nei vari luoghi che abbiamo visitato, penso alla gioia dello stare insieme nella
semplicità della condivisione di una cena, penso alle settimane passate a Borzago, penso all’impegno faticoso e
gioioso d tante persone nella nostra festa parrocchiale,
penso anche ai semplici incontri in Oratorio, fuori dalla
Chiesa dopo le Messe, alla Mostra del libro.... È la vita
che il Signore mi ha concesso di vivere in mezzo a voi.
Dentro questa vita, questi incontri il Signore ha condotto la mia vita, mi ha fatto giorno per giorno riscoprire
in modo sempre nuovo il valore e la gioia della mia vocazione. Mi ha fatto davvero sentire con profondità vere
quelle parole di Francesco che diceva “il Signore mi ha
dato dei fratelli”. Mi ha fatto risentire la bellezza di
essere chiamato dentro una comunità, dentro la grande
Chiesa del Signore a cercare di vivere la grandezza e la
semplicità del Vangelo.
Sentirsi Chiesa, sentirsi comunità chiamata dal Signo-
re, fatta non di gente perfetta, fatta di persone che hanno
i loro limiti, la loro fragilità, le loro “fisime” ma che il
Signore è capace di tenere insieme, è capace di rendere
segno del suo amore: questo è stato per me il dono più
bello e grande della mia permanenza a San Nabore.
Ritrovarsi intorno al Signore nell’Eucarestia, sentire
la sua Parola che ci invita, ci incoraggia, qualche volta ci
giudica, sentire la sua presenza che si rinnova in mezzo
a noi nonostante tutti i nostri limiti, questo è ciò che ci
fa crescere nella nostra unità, che la fa diventare sempre
più vera: e proprio questo è ciò che ho sperimentato in
mezzo a voi.
È anche questo che mi ha dato serenità quando il Provinciale mi ha chiesto di lasciare san Nabore per un altro
luogo, per un altro incarico. È la certezza che questa unità non è rotta per la distanza che c’è tra noi, che questa
esperienza di unità continua, anche se in luoghi diversi e
con persone diverse, per me e per voi.
Questa unità costruita dal Signore è il senso vero della
Chiesa “cattolica” che respira sempre l’amore del Signore, che siamo chiamati a vivere e ad accogliere con
quello spirito di semplicità che è quello che ci ha insegnato Francesco.
Grazie al Signore dunque e grazie a tutti, proprio tutti
voi che del Signore siete stati per me segni concreti nel
cammino di quei tredici anni; un grazie che diventa desiderio di continuare a vivere in modo sempre più profondo quella esperienza del Signore che in questi anni
mi è stato dato e ci è stato dato di vivere.
Il Signore ti benedica
e ti custodisca.
Mostri a te la Sua faccia
e abbia di te Misericordia.
Volga a te il Suo sguardo
e ti dia Pace.
Il Signore ti Benedica.
4
1974
P. Pierluigi Mambretti
P. Giuseppe O
ldrati
P. Ferdinando Colombo
P. Gaudioso Riva
P. Bruno Bazzani
P. Antonio Belingheri
ropelli
P. Giovanni C
ogliata
P. Lorenzo F
P. Roberto Magnelli
P. Giorgio Bonati
P. Alfredo Lunghi
P. Luigi Caserini
La comunità di S. Nabore
e i suoi frati...
un lungo cammino insieme.
Grazie!
2014
P. Gianni Landini
P. Giuseppe Panzeri
P.
0
P. Mariano Brignoli
P. Roberto Bello
P. Gianluigi Rota
P. Bernardo Merelli
P. Roberto Pirovano
P. Marcello Longhi P. Carneli
o Saita
P. Cesare Bonizzi
P. Pietro Bolchi
P. Angelo Albani
P. Sergio Tucci
P. Giuseppe Atorre
P. Luigi Boccardi
P. Gianpaolo B
eghi
P. Saverio Corti
P. Claudio Doriguzzi
P. Ettore Zini
P. Pierluigi Tomasin
i
Intervista a
padre Gigi
NOME:
Pierluigi Tomasini
NASCITA: 9 novembre 1958 a Pedergnaga Oriano (BS)
STUDI: maturità classica conseguita nel 1976,
facoltà di agraria 1 anno
La mia famiglia si trasferisce due volte mettendo radici a Magenta, ma la cultura contadina lascia un segno
indelebile nella mia vita e nella mia formazione. Svolgo
due anni di lavoro in una cooperativa agricola di Magenta come apprendista agronomo badilante.
In quegli anni vengo a contatto con le missioni al popolo dei Frati Cappuccini Lombardi ed entro in seminario il 3 ottobre 1981 (proprio la sera in cui i miei amici
escono per andare ad un concerto … begli amici!).
Do i voti del noviziato nel 1983 e la professione definitiva il 4 ottobre 1987. Inizio la collaborazione in S.
Nabore il 02 ottobre 1989, che cesserà nel…
L’11 giugno 1994 celebro la mia Prima Messa e divento sacerdote.
Hai detto che hai ascoltato le missioni dei Frati
Cappuccini. La vocazione è nata lì nel ‘76 quando
lavoravi nella cooperativa a Magenta? E’ li che hai
scoperto la tua vocazione?
In modo più preciso, ero lì, a 18 anni dopo aver preso
il diploma. Facevo il catechista, ero nell’oratorio, vendevo l’Avvenire dopo la Messa e mi ricordo che il mio
prete mi aveva prospettato la vocazione sacerdotale nel
seminario a Venegono.
Ma la vita del prete, per come ero fatto io, che vivevo
in una famiglia, mi spaventava un po’ perché lo vedevo
solo, in questa solitudine. Invece mi affascinava la vita
dei frati che vivevano come in una famiglia. Mi ricordo
che a Cuggiono vivevamo come in una famiglia patriarcale : c’erano i nonni con tre o quattro figli sposati, 15
nipoti. Credo che la vocazione sia nata lì.
Nella mia famiglia ci sono anche delle suore, un cugino di mio padre è prete. Era già una famiglia religiosa
come quelle di una volta, famiglie numerose dove c’era
già stata un’educazione.
Il Parroco mi ha prospettato questa vocazione in un
momento di passaggio quando avevo finito il liceo classico , però io ho detto di no perché mi spaventava questa
solitudine.
Invece i frati con questa vita comunitaria, la gioia, la
festa... Da Velasquez veniva a Magenta un frate questuante con il cavallo e mi aveva colpito la prima volta
vederlo con la barba, i piedi nudi, nel freddo. Ha fatto un
anno così, poi non ce la faceva più e allora veniva con
un auto guidata da uno studente.
La vostra famiglia è una famiglia allargata: la fraternità dei Frati Cappuccini Lombardi. Io vedo questa famiglia come una famiglia che si muove. E’ vero
che siamo belli, ma raccontaci perché sei qui da così
tanti anni...
La storia è legata alla mia fragilità. Io sono stato mandato qui perché, a differenza di Giuseppe, ho fatto il
diaconato nell’89 e l’anno dopo avrei dovuto diventare
prete con la mia squadra, come si fa di solito. Io invece
avevo paura ad affrontare il sacerdozio perché non mi
sentivo all’altezza e quindi sono stato mandato in parrocchia per vedere di provare alcune esperienza e così
ho resistito nel diaconato circa 5 anni.
Da li ho cominciato a fare il prete e mi sono trovato
bene perché è diverso essere qui come diacono o come
prete ad esempio con i malati o nell’oratorio. Poi ho cominciato la storia con il Cammino Neocatecumenale e
le Comunità. I responsabili dei frati, con il Provinciale,
vengono ogni tre anni a fare la visita: vengono a chiederti se ti trovi bene o se vuoi cambiare, e ti chiedono se
sei disposto a cambiare. Io ho detto di si, ma mi hanno
sempre lasciato qui. Da parte mia mi sento più adatto in
un ospedale o in una parrocchia, in un convento mi vedo
un po’ meno.
Comunque questa Parrocchia ha un bel ruolo nella
tua vocazione sacerdotale. Siamo stati importanti per
te?
Io non direi così. Come ho detto in alcune testimonianze sia coi frati, sia davanti alle comunità, già da diacono io avevo delle paure ad affrontare una decisione così
definitiva e in momenti diversi mi domandavo “ma sarò
capace?”. Invece ho visto che venendo qui e cominciando a seguire le benedizioni nelle case mi piaceva questo
contatto personale. Poi, anche grazie a fra Angelo, mi
hanno dato un compito, il ruolo, nonostante fossi solo
diacono, di seguire i battesimi e mi sono accorto di essere fatto per seguire quelle realtà dove esiste un rapporto
a tu per tu, come con una coppia o suonando alla porta.
Vedo che sono fatto per quelle cose. Quando ho detto di
si mi sono trovato bene nelle piccole comunità.
Quando Padre Caserini, dopo tre anni di riflessione,
ha aperto alla Comunità Neocatecumenale che veniva
da Baggio e si riuniva al sabato sera, ho visto che questa
piccola comunità (fatta da venti persone) mi aiutava nel
parlare. Mi trovavo bene e questo mi aiutava a comunicare perché uno poteva dire ciò che lo aveva colpito; poi
c’erano le confessioni comunitarie, i canti...
Io dico che il Signore, se dici si, ti spiana la strada: mi
è venuto incontro con questo strumento per farmi capire
che potevo fare un servizio, che potevo fare il prete.
Tu sei una presenza molto sentita nella nostra Parrocchia fra i malati e gli anziani; sei un riferimento
per loro . Hai vissuto la dimensione della sofferenza e
della malattia quando hai avuto un problema al cuore. Puoi mettere in relazione questa tua esperienza
con il servizio che tu fai?
Si, è stato un episodio molto significativo ma non lo
metterei in relazione con questo servizio perché è avvenuto quasi 10 anni dopo che ero in Parrocchia. Ho cominciato a seguire i malati in modo significativo quando
padre Bernardo ha “cominciato a perdere i colpi” nel
97/98. Il Parroco era ancora Caserini e mi ha chiesto se
mi sentivo di fare questo servizio. Io, leggendo la mia
storia, mi sono sentito. Ho anche seguito il catechismo
per tre anni quando è andato via padre Antonio, però ho
visto che ho fatto una grande fatica, per come ero fatto,
poiché sono un tipo ansioso. Per me fare i ritiri anche
con 300 persone, mette ansia, però quando prendo delle
responsabilità, poi le porto avanti. Vedevo che ero fatto
per incontri a tu per tu come con i malati o con gli incontri per i battesimi che tengo ancora adesso.
Quando ho fatto l’operazione era il 2006 ma era già
da sette/otto anni che seguivo cinquanta o sessanta ammalati perché padre Bernardo aveva lasciato per motivi
di salute e mi piaceva questo servizio proprio per come
sono fatto io.
Il fatto di trovarti nella malattia, a dover essere
consolato piuttosto che a consolare, cosa ti ha dato
in più? Questo soffrire ti ha dato una dimensione diversa?
Mi sono reso conto che quando vai dagli ammalati dici
delle cose ma quando sono stato io a viverle ho constatato che fra il dire e il fare c’è molta diversità. Per esempio
quando dici “Coraggio anche il Signore ha sofferto sulla
croce” ma quando sei dentro, devi avere una fede forte.
Io, i primi giorni che ero in ospedale, scherzavo. Il martedì andai a fare un esame e il cardiologo ha trovato questa frattura significativa della valvola mitralica e il primario mi ha trattenuto. Padre Angelo e Suor Margherita
mi hanno portato il dentifricio e il pigiama. Sono andato
al Sacco e poiché non c’era posto in terapia intensiva
ho atteso una settimana: ancora scherzavo. Poi mi sono
accorto di avere una fede piccola e come gli altri affronti
la sofferenza con timore.
Sappiamo che per te il Cammino Neocatecumenale
è importante. Qual è il motivo?
Il Signore mi ha fatto capire che celebrando nelle
piccole comunità ricevevo forza per affrontare poi la
grande assemblea della nostra Parrocchia. Padre Caserini aveva notato che nella Parrocchia c’erano sempre le
stesse persone che fanno volontariato e che mancavano
forze nuove. Ha pensato che ci voleva qualcosa di nuovo ed ha aperto a queste comunità.
C’è un’evoluzione nel cammino che è la riscoperta del
Vangelo con tappe differenti. Dopo la tappa della “Red-
ditio” in cui tu restituisci la tua fede dopo aver compreso
come il Signore è presente nella tua vita, la comunità
può cominciare ad assumere impegni. Questo cammino
è nato per avvicinare i lontani. E’ una pastorale nuova.
Bisogna riconoscere che certe realtà che un tempo erano
fiorenti ora non sono più capaci di rispondere ai bisogni
di oggi e quindi occorre andare a guardare dove lo Spirito Santo ha suscitato cose nuove. Non sempre nelle
Parrocchie, anche nel Decanato, c’è questa apertura.
Visto che nel Cammino ci sono molti giovani, perché non viene fatta loro la proposta di entrare anche
nei vari gruppi esistenti in parrocchia?
A uno che non credeva non potrò dire “vai alla comunità giovani”; potrò dirlo a uno che magari viene a
confessarsi. Comunque dopo la “Redditio”, se il Parroco
vorrà coinvolgere le persone, queste potranno accettare
di assumere incarichi nella Parrocchia. I frutti del cammino sono che, a differenza di famiglie in cui i genitori
sono vicini alla Chiesa e i figli meno, nella prima Comunità trovi i genitori, nella seconda i figli, nella terza i
fratelli o le sorelle …. C’è questa trasmissione della fede
che è saltata in altre situazioni, che è in parte scomparsa.
Un’ultima domanda: per te è più importante Gesù
o Kakà ?
Parte una doppia risata e l’intervista termina…
Grazie Fra Gigi !
... e 30 anni con le
Suore Cappuccine
Il dicembre scorso ha visto entrare le Suore Cappuccine del Sacro Cuore nell’anno giubilare legato alla ricorrenza dei 100 anni dalla morte del Mons. Francesco
Maria Di Francia – fondatore dell’Istituto. L’evento ha
preso inizio con la solenne celebrazione dell’Eucaristia
nel santuario dedicato a sant’Antonio a Roccalumera
(Me), luogo dove Mon. Francesco Maria Di Francia ha
legato la sua vita a quella delle suore e dove ha terminato il suo cammino di servizio fra gli uomini.
Francesco Maria Di Francia nato a Messina nel 1953
e cresciuto in ambiente familiare e scolastico religioso,
avvertì il desiderio del dono totale della sua vita a Dio
nel sacerdozio, acconsentì ad esso e dopo la stabilita
formazione in seminario, venne ordinato sacerdote il 18
dicembre 1880; a partire da questa data, la diocesi di
Messina lo vide occupatissimo nello svolgimento del suo ministero come apostolo
della carità tra i poveri e i sofferenti, come
diligente professore
di teologia morale tra
i seminaristi, come
zelante confessore tra
i peccatori desiderosi
di ritornare a Dio e
come padre delle orfane e delle suore nel
nascente Istituto delle Povere Suore del S. Cuore, nome
che ebbe inizialmente Istituto delle Suore Cappuccine
del Sacro Cuore.
Parole del Servo di Dio Francesco Maria Di Francia
prese dalla “Santa Quaresima predicata in Taormina”,
12 febbraio 1902: “Io vengo a predicarvi la divina parola: vengo a confermarvi nella divina grazia se siete
giusti, ad infervorarvi nel S. Amore di Dio se tiepidi, a
richiamarvi ai piedi del Signore se peccatori. Signori,
non vi aspettate da me il fascino di una profana eloquenza, i ricercati argomenti di una nebulosa filosofia,
le incantevoli descrizioni di fiorita letteratura. Io vengo nel nome del Signore: vi predicherò Gesù Cristo, i
suoi Divini insegnamenti, la sua santa morale, quella
fede che ci ha insegnato, quella speranza per la quale ci
ha innalzato alle cose celesti, quella sublime carità che
forma la base, il fine, lo scopo della sua santa religione! - Ed è per ciò che fin da questo giorno rivolgo a voi
le parole che il grande apostolo indirizzava ai Corinti:
Ecco il tempo accettevole, ecco i giorni della salute.”
Al centro dei pensieri formulati dal Servo di Dio, si
staglia una chiara certezza: “Vi predicherò Gesù Cristo”. La conversione e la santità sono impensabili senza
la centralità di Cristo. Convertirsi non significa semplicemente mutare vita. Questa è, semmai, la conseguenza.
Perché la grazia della conversione consiste nell’incontro
con uno sguardo. Lasciarsi raggiungere dallo sguardo di
Cristo per essere poi capaci di conformarsi a quel fascino amorevole e a quella forza attrattiva con un abbandono totale. Dobbiamo immaginare le parole del Servo
di Dio alla luce del suo sguardo. Egli può dire di voler
predicare Cristo non soltanto per un dovere ministeriale,
ma anche e soprattutto per l’esperienza della sua intima
comunione con Cristo.
L’anno giubilare diventa occasione di ringraziamento
per la presenza delle
Suore
Cappuccine
del Sacro Cuore, ormai di 30 anni nella
nostra Parrocchia a
Milano. Dalla casa
in via Gulli, 62 sono
passate ormai tante
nostre sorelle servendo in modo umile
e semplice la Chiesa di Milano. Dopo
tanti anni è cambiato
il modo di presenza
e del servizio. Le sorelle Alba e Rosalba continuano a
seguire gli anziani rendendosi disponibili all’ascolto
portando l’Eucaristia a chi non può più uscire da casa
perché malato, solo o senza le forze. L’archivio parrocchiale, oltre al solito lavoro di archivio,è spesso il posto privilegiato di incontro con chi ha bisogno di essere
consolato, ascoltato, consigliato.. Il lavoro delle suore è
anche il servizio in sacristia cioè la cura dell’altare che
con l’arrivo di suor Alba ha ricevuto un tocco più femminile e attento alle tovaglie, alla biancheria della chiesa
usata nella liturgia. La pastorale giovanile e vocazionale
è affidata a suor Margherita che in collaborazione con
la Pastorale Giovanile e Vocazionale dei Frati Cappuccini segue i giovani nel cammino “Cerco Te” e nei vari
eventi proposti ai giovani anche in collaborazione con
i Frati Minori lombardi. La missione delle suore nella
parrocchia non si esaurisce al solo lavoro ma soprattutto
diventa testimonianza di vita di chi è chiamato alla sequela di Cristo nella grande famiglia francescana e specie in questa cappuccina.
Frati e ragazzi,
compagni di viaggio
Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita!
Con queste parole Papa Francesco ci esorta a non relegare la fede in un angolo, a non farne una parentesi che si
apre la domenica mattina alle 10 e si chiude un’ora dopo,
alla fine della Messa, ma a viverla nel le nostre azioni
quotidiane, avendo il coraggio di essere testimoni di Cristo in ogni nostro gesto. Per imparare a farlo soprattutto
noi ragazzi abbiamo bisogno di affidarci a delle guide
nello stesso tempo straordinarie e vicine alla nostra realtà: e chi meglio dei frati del nostro oratorio? Con il
loro modo di vivere , con le loro scelte e anche solo con
il loro modo di vestire danno un segnale concreto della
presenza di Dio, dimostrando a noi giovani che seguire
Gesù non richiede soltanto fatica e rinunce, ma regala
anche grande felicità.
La loro scelta di vita, infatti, suscita domande, spaventa, attrae e contemporaneamente stupisce: al primo impatto possono sembrare degli “alieni”, ma camminando
per le strade con indosso il loro saio ci
danno un’idea chiara di cosa significhi
portare la parola di
Cristo nel mondo,
proponendosi come
modello per chi
vuole andare alla
scoperta della bellezza della fede. E’
dunque nella vita di
tutti i giorni, ancor
più che nei momenti liturgici, che noi
ragazzi ci avviciniamo ai frati, riconoscendo in loro dei
testimoni che possono aiutarci a proseguire nel cammino
verso Dio nella direzione giusta e con l’entusiasmo giusto, diventando loro “compagni di strada”.
Sono tante, infatti, le attività in cui i frati ci coinvolgono, dandoci fiducia , proprio in un momento in cui il
mondo sembra non essere disposto a darcela. Ed è una
fiducia che si traduce in gratitudine e in responsabilità,
una fiducia ch e fa riscoprire il piacere del fare qualcosa
di utile per sé e per gli altri, un a fiducia che ci rende
consapevoli del nostro valore anche quando tutti i nostri
problemi ce l’hanno fatto dimenticare. E’ proprio questo,
dunque, il motivo pe r cui ogni anno molti ragazzi si impegnano come animatori ed educatori nel nostro oratorio
e vivono con passione l’esperienza di Borzago, perché
vogliono metter si in gioco, offrendo il loro tempo e il loro
impegno alla comunità. In un mondo come il nostro, in
cui spesso prevale l’indifferenza, i nostri frati non hanno
paura di mostrarci il loro interesse nei nostri confronti:
certo è difficile trovare delle modalità di comunicazione
attraenti e coinvolgenti per le nuove generazioni, spesso molto esigenti e con problematiche sempre mutevoli,
ma è bello sa pere che c’è qualcuno che si preoccupa
per noi e che si mette in gioco per capir e come parlarci
senza paura di perdere il suo tempo. Così come il Papa
sta cercando di portare un’ondata di rinnovamento nella
Chiesa, anche i nostri Cappuccini cercano di tenere presenti le esigenze di noi giovani, convinti dell’importanza
dei momenti di dialogo e di confronto, come per esempio
gli incontri della Comunità Giovani. Un ragazzo non
rimane indifferente davanti a chi gli viene incontro senza
vergogna e senza paura di risultare a volte un po’ “rompiscatole”, perché vede anche nell’insistenza un segno di
attenzione nei suoi
confronti, attenzione che pochi sono
disposti a dargli.
Vivendo dunque
in una realtà come
quella dell’oratorio
ci si accorge che
ogni singolo frate
ha il suo modo di
essere
testimone
di Cristo: non esiste uno stereo tipo
di frate valido per
tutti e non bisogna
aspettarsi che siano tutti uguali solo
perché indossano la
stessa “uniforme”. Si possono creare rapporti migliori c
on uno piuttosto che con un altro, ma è bello imparare a
fare tesoro dei doni ch e ognuno, con la sua diversità, ha
da offrirci.
In conclusione il bilancio di questi anni di percorso
insieme ai nostri frati non può che essere positivo, con
la speranza che anche in futuro riescano ad essere dei
testimoni credibili e sempre attuali, dimostrandoci che
si può essere moderni rimanendo coerenti con l’insegnamento del Vangelo e aiutandoci a guardare oltre ai
facili modelli proposti dalla società di oggi.
La comunità giovani
Le famiglie raccontano
Ci è stata chiesta una testimonianza perché viviamo
già da alcuni anni in Parrocchia e perché SS Nabore e
Felice non è la nostra parrocchia di origine.
Siamo arrivati a vivere in Parrocchia il 12 luglio 2003,
festa liturgica dei Santi Nabore e Felice. L’abbiamo scoperto dopo, però, allora non lo sapevamo. Era il giorno
del nostro Matrimonio.
Alcuni mesi prima, mentre stavamo preparando la
casa, eravamo andati a vedere la chiesa. Sinceramente
non ci aveva fatto una bella impressione. Era immensa,
un po’ dispersiva. Noi eravamo abituati a chiese di dimensioni più modeste e dal clima raccolto.
Abbiamo iniziato a frequentarla, perché era la nostra
Parrocchia, e la prima volta che siamo andati a Messa ci
siamo presentati al Parroco, Padre Luigi. Lo stesso giorno abbiamo conosciuto anche suor Margherita e Padre
Giampaolo, anche loro appena arrivati in comunità. La
loro accoglienza ci ha molto colpito. Negli anni abbiamo
poi conosciuto tantissime persone! E’ una comunità numerosa e varia.
Dopo alcuni mesi io, Carlo, sono stato invitato ed eletto al consiglio pastorale. E’ stata l’occasione per conoscere più da vicino alcune persone che donano il proprio
tempo gratuitamente e si impegnano con tutta la loro
intelligenza per servire la Chiesa locale. Sono rimasto
colpito dalla tensione all’unione anche nelle evidenti diversità che ci sono fra noi, così come dalla testimonianza
di vita in comune dei Frati e delle Suore.
Passati alcuni anni, mi è stato chiesto di occuparmi dei
chierichetti e di fare da cerimoniere ed è stata una faticaccia aprire i libri e studiare, ma ho potuto apprezzare
più da vicino l’opera dei Sacerdoti della nostra Parrocchia che tutti i giorni celebrano la Messa per noi e ho
potuto incontrare e vedere crescere tanti bambini, conoscere le loro famiglie, i lettori, i cori … e constatare
come veramente è il Signore che ci raduna in unità, non
le nostre misere forze.
Per me, Federica, potere contribuire ad animare la
Messa anche attraverso la nuova esperienza del coro,
da sempre una nostra passione, mi rende grata perché
cantare è pregare e per i legami di amicizia che stanno
fiorendo.
Intanto il tempo è volato e le nostre figlie sono cresciute: il cammino dell’iniziazione cristiana, iniziato con
il Battesimo ricevuto qui in Parrocchia, prosegue con l’inizio del catechismo.
Padre Giuseppe
ha richiamato tutti i genitori a riscoprire e approfondire
la coscienza della bellezza e ricchezza di vita che ci viene donata in Cristo per poterla trasmettere ai bambini.
Questo impegna molto tutti noi genitori, ma insieme
possiamo dare loro una testimonianza ancora più credibile.
Vogliamo infine testimoniare la gioia di essere partecipi di questa comunità e la gratitudine per essere stati
accolti in semplicità.
Carlo e Federica
Tanti frati, una comunità:
Al termine dell’estate del 1974, quarant’anni fa, i
parrocchiani che riprendevano a frequentare la nostra
Chiesa si accorsero che erano cambiati i sacerdoti. Non
solo il Parroco, ma tutti. La sorpresa non finiva qui: si
trattava di frati Cappuccini, come quelli del Rosetum.
Fin dal primo contatto prevalse la simpatia: i frati erano gioiosi, pieni di voglia di fare.
Appariva anche opportuno in una Parrocchia
che ospitava il Rosetum che non vi fosse più
un certo dualismo, due diversi poli di attrazione con relativa divisione anche tra i parrocchiani.
I frati si presentarono come un gruppo coeso,anche se
i compiti erano diversi tra loro. Si notava
una gestione comune, coordinata; era
naturale quindi che
anche i parrocchiani
li accogliessero con
viva simpatia.
Gli anziani di oggi
si ricordano di un
molteplice fiorire di
iniziative
accanto
alla
continuazione
dell’operatività esistente.
Restavano
quindi e si valorizzavano l’azione Cattolica, la San Vincenzo,
l’organizzazione per
la catechesi dei ragazzi, la buona stampa, il Gruppo missionario, il coro ma
accanto a queste ne
fiorirono progressivamente molte altre.
Sorsero i “Gruppi
Famiglia” che si trovavano
periodicamente col parroco: si trattava di coppie che abitavano
nello stesso caseggiato o in caseggiati contigui. Questo
ha favorito una migliore conoscenza fra i parrocchiani,
l’apprezzamento reciproco e premessa per l’organizzazione di varie attività. Vennero individuate dal parroco
diverse persone che, senza molti complimenti, dovevano assumersi il compito di tenere i cosi detti “Corsi per
fidanzati” non solo per la nostra Parrocchia ma anche
per le altre Parrocchie del Decanato.
L’oratorio si riempiva di ragazzi; le ragazze si ritro-
vavano presso le suore di via Gulli. Per loro furono organizzati anche i “Soggiorni estivi” che ancora oggi si
ricordano. Nacque Borzago, la baita della Parrocchia.
Si costituì il Gruppo sportivo Nabor, il complessino
musicale chiamato “Gruppo Città”, il Gruppo della
Buona Stampa che promosse la conoscenza del giornale
cattolico “Avvenire”.
Il primo parroco si chiamava Padre Ferdinando, e con
lui arrivarono i padri Gaudioso, Lorenzo, Bruno, Gianluigi .Via via si alternarono altri frati .
Succedette, come parroco dopo 11 anni, Padre Cornelio, professore Universitario proprio nel momento
in cui, secondo le direttive della diocesi,
fu costituito il Consiglio Pastorale formato dai sacerdoti
e da laici nominati
secondo le votazioni dei parrocchiani.
Prese quindi forma e
sviluppo questo organismo con le relative
commissioni, articolazioni necessarie per
occuparsi di tutte le
attività della parrocchia.
Assieme al Consiglio Pastorale si organizzò il Consiglio degli affari economici.
In questo periodo,
grazie all’impulso dei
frati Bob e Marcello
sviluppò la “Comunità Giovani “ che promosse un cammino
di maturazione anche
spirituale per circa 90
giovani .
Arrivò anche come diacono Pierluigi Tomasini che,
ordinato sacerdote nel 1994, ancora oggi è felicemente
fra noi.
Nacque il Circolo Stella come luogo di ritrovo per anziani e ragazzi.
Venne quindi il Parroco Padre Luigi Caserini con un
nuovo gruppo di frati fra cui ricordiamo Padre Bernardo
con la sua apprezzata anzianità. Era sempre presente,
pronto all’ascolto e sempre capace di dare un sapiente
consiglio.
zi ebbero un grande impulso grazie
al lavoro di Padre Giovanni, prima
,e di Padre Giampaolo,poi.
Accanto ai frati la Parrocchia ha
goduto da trent’anni della presenza e preziosa attività delle Suore
Cappuccine che il primo parroco
chiamò dalla lontana Sicilia.
Questo scritto sui primi quarant’anni dei Padri Cappuccini a
San Nabore non è esaustivo su tutte
le attività svolte e ci saranno senza
dubbio molte omissioni sui collaboratori dei Parroci. Però vuole essere occasione per esprimere loro
un vivo ringraziamento per la dedizione, l’attività che hanno profuso
per questa Parrocchia e quindi per
tutti noi. Sentiamo il bisogno che
questi sentimenti vengano espressi
in un’apposita occasione da tutti i
parrocchiani.
Antonio, Adriana, Tino, Rita
Durante questi anni si consolidò l’iniziativa della Festa Parrocchiale, organizzata sempre meglio con varie
articolazioni , che richiamava un grande pubblico anche
da fuori parrocchia a testimonianza che simili esempi di
incontro sono apprezzati e quindi frequentati. Sempre
nello stesso periodo fu necessario l’impegno dei laici
nella catechesi dei ragazzi, anche con incontri paralleli e
mensili con i relativi genitori.
Arrivò quindi”Luigi II”, padre Boccardi, già noto
nell’ambiente della Parrocchia perché, essendo tra i frati
del Rosetum e laureato e insegnante di Teologia, si ricorreva a lui in varie circostanze. Con lui prese forma
e successo la catechesi per adulti con temi diversi, anno
per anno, e molto frequentata. Durante i suoi tredici anni
di permanenza (record) ci furono diverse iniziative di
viaggi della Parrocchia, anche all’estero, molto apprezzate ed occasione di conoscenza. Stima e collaborazione
reciproca in molte altre attività. Per diversi anni si organizzò un pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese come
conclusione a giugno dell’attività pastorale dell’anno.
Partecipavano tante persone: adulti, famiglie, ragazzi di
tutte le età.
In questo periodo l’oratorio e il catechismo dei ragaz-
I ricordi più belli dai...
miei bravi ragazzi
Un ricordo ricorrente della nostra Trinidad è la prima
comunione dei due nipoti. Frequenta da 25 anni la Parrocchia e si trova bene a ogni livello. Con commozione
ricorda tra i più belli , i pellegrinaggi ad Assisi con Padre
Luigi Boccardi , ex Parroco , e quello all’Abbazia di
Piona organizzato dalla Terza Età ... con tante persone
simpatiche !
Alba ricorda con particolare commozione il matrimonio della figlia Patrizia celebrato da Padre Ferdinando
Colombo e l’Ave Maria di Schubert cantata da un’amica soprano e accompagnata all’organo dal Maestro
Bassi oltre al battesimo del nipote di cui era madrina. In
Parrocchia Alba si sente parte di una grande famiglia e
apprezza la consuetidine di celebrare i 50 anni di matrimonio con il rinnovo della Promessa che lei stessa ha
potuto sperimentare.
Rita ricorda con gratitudine quando Padre Gaudoiso si
occupava , quasi ragazzo tra i ragazzi, dei giovani della
Parrocchia e organizzava persino “ Le Olimpiadi” assicurando a suo figlio le buone basi del vivere cristiano.
Padre Claudio era ancora un ragazzino che prestava servizio come chierichetto!
Angela Lucia ricorda il cambiamento avvenuto nella
Parrocchia con l’arrivo dei Frati Francescani , meno conformisti e formali dei preti riuscendo così ad attrarre più
fedeli. Dal 1977 ha partecipato attivamente al gruppo di
San Vincenzo con tanta gioia e soddisfazione.
Delfina, tra i vari ricordi non può dimenticare tutti i
bei pellegrinaggi ai santuari Mariani sotto la guida di
Padre Boccardi ed esprime il suo ringraziamento per le
giornate annuali organizzate per la Festa dell’ammalato.
Narcisa ricorda con dolcezza i pellegrinaggi ad Assisi
e a Pietrelcina ( Padre Pio) organizzati dalla Parrocchia
ed esprime la sua gioia di appartenere al Gruppo della
Terza Età che l’aiuta ad affrontare la vita con serenità.
Angela, la nostra decana,ricorda con commozione i
battesimi e le prime comunioni dei suoi cinque nipoti
,seguiti con grande partecipazione . Il suo ultimo nipote, Lucio, “ impersonava “ Gesù Bambino durante una
Santa Messa di mezzanotte celebrata da Padre Giorgio.
Zara, che frequenta il gruppo della Terza età da 10
anni, ricorda il battesimo, la prima comunione ,la cresima dei due figli e il matrimonio della figlia. Purtroppo
in Parrocchia è stato celebrato anche il funerale del marito ma i frati le sono stati vicini in questo triste evento.
Zara ha sempre partecipato ai pellegrinaggi organizzati
e ricorda la guida sempre attenta e precisa di Padre Boccardi, ora Parroco a Lecco.Con Carla e Luigia frequenta
il Circolo stella tutte le domeniche.
Carla ricorda il matrimonio della figlia e tutti i Sacramenti impartiti ai figli ( Battesimo, ecc...)
Luigia ricorda tutti i pellegrinaggi organizzati dalla
Parrocchia ed è contenta di partecipare al gruppo della
Terza Età.
Graziella ricorda la prima comunione dei figli , il matrimonio della figlia e il funerale del marito . In questo
doloroso evento Padre Gigi era andato a trovarla e l’aveva invitata a partecipare al gruppo della Terza Età per
cercare di superare questo momento così difficile.
Enza si trova molto bene con il gruppo della Terza Età.
Anna ricorda la prima Comunione e la cresima dei
figli . Inoltre anche la nipotina sarà battezzata in Parrocchia e suo papà , figlio di Anna, frequenta il corso
di preparazione al matrimonio dopo anni in cui si era
allontanato dalla Chiesa. Inoltre conferma che si trova
molto bene nel gruppo della Terza Età che ha iniziato a
frequentare dopo la morte del marito e ha partecipato a
vari pellegrinaggi tra cui quello di Assisi.
Tutti si ricordano con simpatia il padre della responsabile Lucia , Giuseppe, che frequentava il gruppo della
Terza Età . Alla sua morte Lucia ha potuto testimoniare
il supporto affettuoso dei Frati e di Antonino, un altro
volontario ora scomparso che era anche ministro straordinario dell’Eucarestia.
Lucia è da poco tempo nella nostra Parrocchia e frequenta la 3° Età . Si trova molto bene in quanto ha trovato un ambiente piacevole , dei frati sempre gentili
e disponibili. Apprezza anche le gite e i pellegrinaggi
sempre ben organizzati.
Raffaella ha tanti bei ricordi legati alla Parrocchia in
quanto i figli vi hanno hanno ricevuto tutti i S. Sacramenti e hanno sempre frequentato l’oratorio .Ora non
abita più in zona ma continua a frequentarla . Ricorda
con particolare emozione l’assistenza religiosa di Padre
Gigi in occasione della malattia del marito e al momento
della morte e anche l’esortazione di Padre Luigi , l’ex
Parroco, a partecipare alle riunioni della 3° Età che
l’hanno aiutata a superare il dolore della perdita.
Amelia frequenta la 3a Età dal 1997 con assiduità ed
è molto contenta dello spirito Francescano che anima la
nostra Chiesa e che l’ha incoraggiata a fare volontariato
per 10 anni al Pio Albergo Trivulzio con grande gioia.
Maria , arrivata dalla Sardegna per avvicinarsi ai figli dopo la morte del marito, frequenta principalmente il
gruppo della 3° Età e partecipa volentieri alle iniziative
del gruppo ( pellegrinaggi, pranzi ecc). Qui ha trovato
sollievo alla sua sofferenza , un ambiente sereno dove si
sente tra amici.
La testimonianza di Michela è particolarmente toccante. Nata e cresciuta in una delle più belle isole d’Italia,
Favignana, viene ad abitare a Milano quando si sposa
ma rimane presto vedova con due figli ancora piccoli.
Improvvisamente la sua vita cambia, senza un sostegno
economico e con molte spese da sostenere deve anche
lasciare la casa in affitto e trasferirsi nelle case del comune. Riesce ad ottenere un lavoro nell’ Istituto Santa
Giuliana Falconieri delle suore Compassioniste di Maria
che la accolgono con grande affetto e l’aiutano nelle sue
necessità. Ora i figli sono grandi e Michela è ripagata di
tutti i sacrifici fatti per loro con l’aiuto del Signore.
Purtroppo ha sofferto di depressione ma ora ne sta guarendo grazie anche alla vitalità contagiosa di una vicina
di casa, Antonietta, volontaria al Pio Albergo Trivulzio
ed ex collega di Lucia (responsabile della 3° Età) che la
coinvolge e la stimola a non chiudersi in se stessa.
Michela viene volentieri al gruppo della 3° Età dove
si trova bene e può passare qualche ora in compagnia e
dove si sente compresa.
Il Signore a volte ci mette alla prova ma sa anche, secondo i suoi piani , come aiutarci al momento opportuno
e farci ritrovare la Fede.
Carmela è vedova da 43 anni e frequenta il gruppo della 3° Età saltuariamente ma si trova bene . Ha 3 figli che
però non hanno ricevuto i Sacramenti nella Parrocchia
di SS Nabore e Felice perchè vivevano in un’altra zona
di Milano.
il gruppo della Terza Età
E’ vero, siamo viandanti, ma non erranti! In
cammino, ma sappiamo dove andiamo. Gli erranti non lo sanno. Siamo pellegrini, ma non
randagi – come diceva san Giovanni Paolo II.
I due discepoli di Emmaus all’andata erano erranti, non sapevano dove andassero a finire,
ma al ritorno no! Al ritorno erano testimoni
della speranza che è Cristo! Perché avevano
incontrato Lui, il Viandante Risorto.
Questo è Gesù, è il Viandante Risorto che cammina con noi. E’ qui Gesù oggi, è qui fra noi. E’
qui nella sua Parola, è qui sull’altare, cammina
con noi, è il Viandante Risorto.
Anche noi possiamo diventare “viandanti risorti”, se la sua Parola riscalda il nostro cuore,
e la sua Eucaristia ci apre gli occhi alla fede e ci
nutre di speranza e di carità.
Anche noi possiamo camminare accanto ai
fratelli e alle sorelle che sono tristi e disperati,
e riscaldare il loro cuore con il Vangelo, e spezzare con loro il pane della fraternità.
San Giovanni Paolo II ci aiuti ad essere “viandanti risorti”. Amen.
“Papa Francesco, 4 maggio 2014, stralcio dell’
omelia della Santa Messa celebrata nella chiesa di San Stanislao dei Polacchi, Roma”
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