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FACCIO L` `ARTE CHE NON C`È` (e non sono arruolato nell`arte

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FACCIO L` `ARTE CHE NON C`È` (e non sono arruolato nell`arte
Intervista di Luciano Marucci a Luca Maria Patella
Roma, 2 gennaio 1990
FACCIO L’ ‘ARTE CHE NON C’È’
(e non sono arruolato nell’arte.
Cercàtela con un’ottica
completamente diversa)
Luca, un nuovo anno è incominciato e noi andiamo avanti con le interviste a vita per
arricchire il nostro libro infinito.. Mi pare giunto il momento di chiederti il tuo punto di
vista sull’uso di questo mezzo in arte. Per te è un’altra occasione per fare analisi?
Forse l’intervista diretta ha spunti di verità, perché non c’è niente di preparato, come sai
(e anche le correzioni e aggiunte successive sono espresse molto liberamente). Dunque, tu dici
analisi.. In realtà io di autoanalisi ne faccio molta; ma qui si tratta, se mai, di comunicare; e,
magari, procedendo, mi dài l’occasione per dire delle cose.. in più, che a vanvera vengono fuori.
I dati teorici veri e propri, anche se muovono spesso da una base fortemente intuitiva, non li
elaboro così estemporaneamente, ma in altra sede e con altri tempi. Qui in parte te li riporterò o
accennerò.
L’intervista ha una funzione liberatoria?
Anche una funzione ossessiva. Perché tu sei ossessivo come me e, quindi, mi aggredisci come..
una tigre nevrotica fornita di registratore, io reagisco come una tigre rinevrotica che ha forse il
piacere di reagire all’intervista.
Può diventare anche uno strumento per fare lavoro creativo?
Beh, sì, ma nel senso che abbiamo detto: comunicare è utile, sia per gli altri che per se stessi,
forse.. Avendo.. strumenti adeguati.. [sorride].
Allora, lo vogliamo fare un ‘testo unico’ delle nostre interviste e dei dialoghi sul pensiero di
Patella, sul suo essere nel mondo come artista totale? Come ti avevo scritto, un libro-vita,
un documento biocritico..
Certo, ben venga, se hai voglia di lavorarci, sei ‘benemerito’ (.. o mi spingerai troppo su versanti
cavillosi e autoaggressivi?), poi, sai, le cose non finiscono mai.. Comunque, andiamo pure
avanti, ..anche ripetendoci? Oppure, dicendo, spero, cose nuove. Ti ricorderò che in “Io sono qui
/ Avventure & Cultura” (librovita totale, proiettivo, in atto) -1970-’75 - ‘TIG’ (cioè: Tiger!
vedi? Non mi sbaglio..) era, fra l’altro, ‘biografo totale in atto’ di ‘SAL’..
Ti prego, però, di rispondere alle domande senza censurarti per portare allo scoperto altre
verità. Iniziamo, quindi, a scavare.. Cosa significano quei sogni che registri e analizzi nel
tuo ‘nottario’?
Ce l’hai il badile? Dammi una badilata! No, no! beh.. Duchamp dice: “Anticipo per un braccio
rotto” (il ready-made che è una pala da carbone o da neve), anticipo per un braccio rotto, o per
un braccio sano, o per un abbraccio: ..anticipo per un abbraccio sano che non viene mai?.. I
sogni che metto lì, se sono esperienze troppo mie, personali, senza un interlocutore, finisco
tutt’al più per ricavarne opere. Se poi diventassero qualcosa di vero, diventerebbero un
abbraccio sano, ma io non ci spero troppo, a dir la verità. Scriverli è forse un lavoro destinato
alle opere, questo è il suo limite: perché ideare mi è molto congeniale. Se io apro una mano,
vengono fuori 10 api, 15 farfalle, alcune vespe (non della Piaggio, che forse non si chiama solo
così), vengono fuori un sacco di Cose.. tutta una Sfera; e queste cose, come sai, le elaboro, non è
che le prenda così nel vento, come alcuni fanno; le elaboro magari durante mesi, o anni. Comunque, se apro le mani, escono fuori tutti questi insetti e, se sogno, come del resto sognano
tutti, o se penso, arrivano tante immagini che poi vanno tradotte in arte, se uno vuole ‘metterle
da parte’, nel senso di accumularle; perché l’arte è una forma di semiologizzazione, di messa in
biblioteca della vita: culture come vita, o viceversa. La vita come vita, viene.. tagliata fuori.
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Questo è.. il limite dell’arte. I sogni però a volte li lascio perdere, come attualmente (dopo tanti
anni di.. annottazioni). Sai, uno è assalito continuamente da idee, sensazioni, progetti, un rovello
anche piacevole, ma senza fine; se non si difende..
Secondo te, l’arte può essere uno strumento di conoscenza dell’Io?
Qui dovremmo dire che l’Io, per essere precisi nei termini, è, sia la parte cosciente della psiche
(in piccola misura), che l’Inconscio, in buona parte o chissà fin dove: perché l’Io stesso è
inconscio. E allora, l’arte come conoscenza dell’Io, di quello che sai: ..no, perché quello già lo
sai. Di quello che non sai: certo, l’arte è una delle maniere per affrontarlo, o semplicemente..
usarlo. Bisogna vedere se uno lo affronta solo nel senso di fare storia, arte, o nel senso di fare la
propria storia che si evolve! ..Comunque, in ogni caso, l’arte opera in queste dimensioni, è
ovvio. ‘Ego tanquam centrum circuli..’, ‘Io come centro di un cerchio’: il sogno dell’arte, e di
Dante (o d’ante?).. L’Io è anche strumento.. della provvidenza [sorride] o dell’istinto; ed è
fornito di uno.. strumento pulsionale!..
Consideri l’opera come mezzo di comunicazione?
Certo, ma non come il.. telefono, o il telefax, il video o l’autobus! Volendo, ..tutto è comunicazione, come tutto era politica, o tutto è psicologia, o biologia, ..se non parliamo di sassi, si
sa.. Mezzo di comunicazione di cosa? So comunicare la mia intelligenza che stimo molto, la mia
creatività che stimo altrettanto (da presuntuoso o da cosciente di me stesso), ma so comunicare
(ora dico nel mondo) la mia umanità? (e dàgli!..).
Pensi che l’immersione nella memoria e il sentimento possano soffocare la libertà
immaginativa?
Non capisco i termini della domanda, ma diciamo: ..no, che c’entra?! L’arte non va intesa,
tradizionalmente, per forza come memoria. Non, cioè, che l’arte sia fatta di ‘ricordi’; la poesia,
per esempio, come.. ricordo dei tempi che furono.. Sì, spesso l’arte ha anche a che vedere con gli
intrichi della memoria, ma gli intrichi della memoria sono labirinti che ti portano al presente, al
futuro. Uno sconta il passato nel presente e conta per il futuro: vive in questo crinale che ti
incrina, che ti spacca o che ti spinge o che ti tira. Quindi, non solo memoria, ma, sì, memoria;
per forza, perché se uno non avesse memoria e memoria molto antica e memoria come
anticipazione, cosa farebbe? Non vivrebbe! Qui, in questa sfera ampliata, ti voglio aggiungere
che definire uno, o me in particolare, ‘un artista’, come se facessi un mestiere, non mi va bene.
Di fronte, non alla società, ma all’intelligenza: io non ho mestieri, non sono un artista; sono
niente e tutto.
solo m’interesso del Complesso
(..ma ho il complesso dell’amplesso?)
Più volte hai detto che con il tuo lavoro cerchi di esprimere la complessità delle esperienze
esistenziali dell’uomo contemporaneo portando nell’opera tutto ciò che conosci del mondo.
Ho notato, però, che, specialmente ora che ti interessa di più comunicare, ti è quasi venuto
il complesso della complessità.. nel senso che ti preoccupi molto della comprensione delle
tue intenzioni anche da parte della gente comune e cerchi di essere più esplicativo del solito
(mi riferisco in particolare al tuo recente ‘librocartella’ di poesie “P’alma di mano”, che
contiene anche opere fotografiche e disegnative, nonché una cassetta registrata con la
lettura dei testi, fatta da te).
Mah, ‘l’uomo contemporaneo’ non è parola mia, perché a me dell’uomo contemporaneo importa
poco; importa più di me, pur..troppo; oppure della donna! Oppure degli intelligenti o i buoni o
le belle.. Oppure di quelli che conosco, o di certi che non esistono più da quel dì. ..O di altri che
potrebbero o potranno esistere!.. Questo complesso della complessità l’ho sempre avuto,
..ricordi? Non certo come paura di praticarla! Ma ho sempre insistito forse fin troppo..
‘didatticamente’ sulla ‘didattica’. Cioè, io credo che uno debba, sì, fare tutto quello che ritiene di
dover fare, senza limitarsi, senza affatto tagliarsi le ali né ‘semplificare’ il suo linguaggio..
D’altra parte, niente deve essere un fumogeno mistificante, che copre il nulla, ..come si usa! Se
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uno ha voglia, può quindi parlare delle sue cose: senza paura di scoprirsi, né di esaurirle (.. se
sono vere: non c’è pericolo!). ‘Spiegare’, se vuole, pur avvertendo che con ciò non rivela che un
aspetto delle cose, o chiarendo che questa ‘spiegazione’.. come, spesso, nel mio caso, fa parte
del lavoro: come theoria!. Anche ‘gente comune’ non è una definizione che adopero.. Ma me ne
son sempre preoccupato, anche troppo: quasi un complesso dell’amplesso.. umano [ride].
Semmai puoi dire che, nelle ultime poesie, ho fatto in modo di essere (almeno in superficie)
più chiaro; ma perché mi sembrava bene così; non certo perché voglia volgarizzare il mio fare!
Se risulto più comprensibile: considera che in realtà non mi sono mai occultato, ho cercato
sempre di essere comprensibile. Magari, se sono al livello di fare delle poesie che possono
essere capite più immediatamente, sono.. meno ‘didattico’. E molti miei lavori passati e
presenti, se uno non è prevenuto, sono ben comprensibili; almeno nella loro presenza estetica e
simili, che - se non sempre li esaurisce - ne è una sostanza importante, e un luogo di accesso. Se
vogliamo tornare un momento all’ ‘uomo contemporaneo’, io non credo alla sua complessità. La
formazione dell’intellettuale del passato era più elitaria, ma in genere assai più ricca. Il grande
aumento quantitativo e comunicativo porta, almeno in parte, a una democratizzazione (con la
controfaccia della pazzesca aggressività dell’informazione.. non richiesta), ma anche ad un
abbassamento di livello (così come le tecniche e gli oggetti odierni sono fatti per il consumo: ..e
per esempio, le tecnologie connesse all’immagine sono diventate sempre più labili, ..mentre
nessuno ci pensa). Ciò non viene a dire che questo appiattimento debba essere il nostro destino,
e che la dignità della personalità umana non abbia possibilità di azione creativa e di riscatto
(..dell’ostaggio).
Comunque, tornando alla mia domanda, attualmente senti la necessità di stabilire un rapporto più autentico con il prossimo e un interesse anche verso la cultura che viene dal
basso e per tutto ciò che appartiene al gusto comune e alla strada?
Il piano psicologico e quello del lavoro hanno strette attinenze, ma non poi così esplicite; anzi, a
dir la verità, il lavoro è qualcosa che mette in codice le cose, e che quindi tende ad astrarti dal
contatto (ma son tanti anni che lo ripeto), a meno che tu non sia così bruciante che ci.. ‘vada
dentro’, anche nel lavoro; ma se sei tanto bruciante, rischi di mettere il lavoro da parte e di
andare a spasso.. “La cultura che viene dal basso”, dall’alto.. : la cultura o meno, è dovunque,
non è patrimonio privato di nessuno. Io del resto, mi sono sempre occupato di realtà semplici,
cioè necessarie e non snob. Poi, ..cosa vuoi dire: mal gusto? Il ‘mal gusto’ mi interessa, ma alla
seconda potenza, con ironia.. Potrai inoltre ricordarti come, nei testi, da tanti anni abbia usato il
dialetto, a fini espressivi. O come ti stia rispondendo ora con linguaggio volutamente non
..aulico, né astrattamente o volutamente ‘cólto’; diciamo in parte colorato (per non dire, come si
suole, colorito..). La “strada” serve per camminare, osservare, e per andare.. al quadrivio
psichico o.. al trivio! (come dico in “P’alma di mano”: poesie da quadrivio).
Mi riferisco a certe forme di cultura meno nobili, meno aristocratiche.
Ma io non ò mai voluto essere uno che si propone una cultura ‘aristocratica’, nel senso del
distacco. Per carità! altrimenti non ci capiamo.. Il naso fino dell’ignorante (di una realtà) che
subodora l’imbroglio se non capisce: è naso ..fino lì! (spesso prende per fasullo quel che è vero,
e viceversa). Sta a lui di affinarsi e capire se è il caso di proseguire. La cultura è complessa in
quanto vuol essere vera, non perché vuol distaccarsi dal vero! Questo tienilo ben presente.
Io non parlo della cultura che vuoi fare tu, ma della fonte a cui attingi.
Non lo capisco bene questo. Se uno fa il falegname, incomincia un antico mestiere. Non è che il
legno.. gli caschi addosso e con il fiato lo trasformi: deve sapere tutte le tecniche, impararle;
deve avere tutti gli strumenti. Quindi, uno che prima faceva il macellaio, non è che il giorno
dopo può improvvisarsi falegname. Rompere il diaframma fra l’uomo che non sa niente e quello
che lavora in un campo, in qualche modo sarebbe bello, ma non è facile. Se uno potesse.. essere
vento sospirerebbe nell’aria, ma essere vento è conoscere il vento, è farsi vento, è imparare ad
esserlo; e allora anche l’altro, in parte, sarà colpito dal vento, in parte; se vorrà entrare meglio in
questo vento, dovrà conoscere da che parte spira, dove va la sua storia.. Fra vita e cultura c’è un
legame di attrazione, di impossibilità, di speranza di possibilità. Io.. aspirerei a questa speranza ,
ma non nella maniera ingenua di chi crede che si possa fare la cultura dalla vita in quattro e
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quattr’otto. Piantare patate, fare qualsiasi cosa, esige conoscenza. L’arte, poi, ha questo respiro
che, andando a toccare le corde dell’umano, ..a volte, la persona intuitiva, intelligente o la
persona in generale (l’uomo, la donna), può sentirvi delle cose, travalicando i limiti della
consapevolezza stringata e stringente delle tecniche e dei modi. Se noi torniamo in una sfera così
romantica, in cui l’arte è espressione e sentimento, è universale: basta il fatto che uno sia vivo,
per capire.. Qualcosa di questo sarebbe bello, sarebbe molto bello, e qualcosa di questo esiste,
ma non cadiamo (pàffete..!), nel crederci pari pari; perché, te l’ho detto, per.. infilarsi i calzini
bisogna sapere da che parte è il buco, come tirarli su.. Un bambino impara a mettersi i calzini e
ognuno deve fare lo sforzo per mettere i suoi calzini (lo dico perché sto vedendo i tuoi calzini,
eh..). Non bisogna poi identificare verità con luogo comune, come la società e la nostra deformazione vorrebbe! Ecco, potrò dirti che a volte finisco.. per istituire - anche se non è certo questo il
mio fine ultimo - delle trappole acchiappacitrulli (per esempio con l’ironia). Sembrano mettere
alla prova la convenzionalità o meno altrui. Chi confonde serietà con seriosità tutta di un pezzo,
non può essere in sintonia con le mie cose (..a costo di rimetterci io, e molto, in pratica); e
nemmeno chi le creda leggère o confuse. Invece, anche un bambino - è capitato - può avere il
‘passi’, senza difficoltà. Ma, a parte questo: dove, se mai, possiamo dire che una comprensione
integrale del mio lavoro, delle mie proposte, non è facile? (anche e proprio nella cerchia dei..
cólti e degli intenditori). Nel percepirne l’originalità! Nel poter constatare che, sotto le eventuali
apparenti analogie di immagine con la produzione di altri, c’è invece una complessità e uno
spiazzamento sostanziale di assunti, completamente da scoprire e da leggere. Certo, io urto non
solo chi si appoggia ai luoghi comuni dell’incultura, ma forse di più chi si barrica nei luoghi e
ruoli comuni e triti della cultura protetta dalle cerchie e dagli specifici. Perché indico una
prospettiva radicalmente diversa. Vuoi che spari fuochi d’artificio? Una rivoluzione
gnoseologica & Co. Che dici? ..Ho rivoltato le carte in tavola.. (e non son carte che muovono
dall’ideologia o dalla politica). Che ci incartiamo? ..Sai, mi rendo conto che questo pacchetto
individualistico, in quanto tale à tutta l’aria di una rivendicazione nevrotica. È vero, ma,
astraendo da me: è anche vero che essere unicamente (e al di là dei problemi.. dentistici) che so..
bulinista di traduzione, videomaker, ..specialista di pedicelli alla punta del naso, ..distributore di
cotechini, critico di poesia neocrepuscolare, ..o altro (equivalenti poi, in senso assoluto, nella
gestione dei loro intrallazzi socializzanti): è ridicolo! Vogliamo continuare a raccontarci minime
barzellette che non fanno più ridere? Oppure - cosa opposta, ma uguale - mescolare il mazzo e
spiluzzicarvi a vuoto come cretini? Non so quanti.. secoli ci vorranno, ma è un destino reale,
quello, socialmente sconvolgente, di: essere e fare scelte un po’ dappertutto (e non con una sola
idea) nei modi della creazione del mondo..
Sì, questo per i problemi di fondo. Ma tornando più limitatamente al presente: non cerchi
di entrare nella quotidianità per creare un innesto tra la realtà esterna e il tuo
immaginario?
In realtà.. io ò sempre cercato questo. Mi potrai dire che posso avere abbassato un po’ la
maschera psicologica, come in altre occasioni. Forse mi sono un po’ più smascherato, ma non è
che prima mi volessi distaccare.. È che, se le cose si fanno più brucianti, la maschera ti cade e
mostri di più la faccia. Però la maschera non era fatta per complicare, forse solo per difendersi.
Le ultime correnti artistiche quasi sempre nascono per reazione a quelle che precedono.
All’interno del tuo lavoro, c’è mai stata un’alternanza vistosa, come ci può essere, nei
gusti, negli interessi culturali e nel modo di vivere? In altre parole, in questo tuo
procedere verso il nuovo, hai mai avuto dei bruschi cambiamenti di rotta?
Da un lato dovrei dirti che il mio lavoro, tutto sommato, segue un filo (chi mi vedesse come un
eclettico che salta di palo in frasca sbaglierebbe); dall’altro, è giusto che un lavoro che si rispetti,
come una vita che si rispetti, abbia dei soprassalti, perché se no uno si ripete. Trovare una cifra e
ripeterla? Questo sai bene che non è il mio fare. Quindi, che io abbia avuto degli stacchi
notevoli, sia pure in questo filo continuo: sì. Potrei esemplificarti, ma dovrei pensarci.. Per
esempio: l’aver lasciato tutti i mezzi manuali alla metà degli anni Sessanta, per buttarmi in altre
cose..; l’aver, poco più tardi, introdotto la scrittura, il testo (alcune.. teorie e poesie già le
elaboravo prima). In genere, poi, ho svicolato da quello che avevo molto in mano e dal quale
avrei potuto cominciare a tirare delle somme più conclusive, o meglio, no: più rifinite o
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ridondanti e pratiche(non voglio dire compiute). Ho sempre tagliato la corda (anche se non dopo
poco tempo): quando la cosa andava troppo in mano ad altri o diventava alla moda: io ho
tagliato (..perché già c’ero stato, e con profitto creativo). Sì, sono un artista che si reinventa, perché questo è il senso dell’indagine; e, così facendo, fra l’altro contravvengo alle regole, perché il
mercato vuole cifre ripetitive. ..Sarebbe bella l’ipotesi di un artista che periodicamente
ricomincia in un nuovo ambiente, con un nuovo stile, e un altro nome.. La costanza della propria
psiche ..costa fin troppo!
In arte, quindi, non si deve essere sempre coerenti..
Se la coerenza è ripetizione passiva, no davvero! Se la coerenza è essere se stessi, nel senso di
elaborare fino in fondo delle cose che ti riguardano: sì!
L’ultima opera è sempre la migliore?
L’ultima opera è quella che ti sta a cuore, in quanto la stai facendo, ma non è detto che sia la
migliore. L’interesse nel fare non è una Storia necrofila; è rivolto più al domani che all’oggi:
cioè, alle cose da inventare.
Parliamo di un’altra cosa che ti sta particolarmente a cuore.. Tu hai viaggiato molto
specialmente nel periodo della formazione, e i riferimenti ai viaggi si trovano nelle opere,
alcune delle quali pensate e realizzate proprio durante gli spostamenti in treno C’é
un’associazione tra i tuoi viaggi mentali, immaginari e quelli reali? Ci si può vedere una
più sentita interrelazione tra arte e vita e un ampliamento metaforico? Insomma, per te
viaggiare è uguale a..
Che domande lunghe mi fai.. perdo il filo del viaggio.. Da un lato sì, ho viaggiato e, come stavo
dicendo prima, il mio lavoro è un viaggio, nel senso che si trasforma, prende binari e rotte
diversi; nemmeno è esatto dire binari, che sono fissi o a senso unico: a volte fa anche dei ritorni
più che degli avanzamenti. Ma potrei dirti, come ti ho detto nella “Logique du Tout” (a
proposito di Fermo: .. “per Fermo si cambia”), che tutto questo cambiamento non è detto che..
non venga paradossalmente a significare la mia.. impossibilità di cambiare, o difficoltà. Ti
ricorderò, per esempio, “Tre e basta”, quel mio film del ‘65 dove indicavo questa problematica:
una didascalia diceva “perché questi movimenti (di cinepresa)”? E un’altra rispondeva “i
movimenti sono anche nevrosi” (e qui mi riferivo agli ‘ismi’ artistici come nevrosi, come ‘non
movimento’, di fronte a un ipotetica fluidità di un fare libero). Addirittura gli stili dell’arte sono
delle cristallizzazioni. Figùrati allora gli stili personali di vita!.. Ci sono questi piani: da una
parte il mio lavoro (t’ho detto prima, delle farfalle..) questa possibilità di un perpetuo fermento
di inventare, di essere sempre con tante cose in mano che sbottano e che poi con la costanza
concludo; dall’altra, questo non viene a significare che io sia pieno di vita e di essere per gli
altri.. Perché io tendo a vedere l’arte come una cosa di altissima specie, ma che non è detto
affatto che ti liberi. Forse perché ce l’ho in mano, la deprezzo, pur apprezzandola magari al di
sopra di tante o di tutte le attività possibili. L’arte, questa cosa che è pronta a saltare ovunque, a
qualsiasi ardimento, con coerenza (una coerenza che ha la coerenza di buttarsi, di cambiare,
perché, se no, non è coerenza, ma solo noia). E, invece, l’impossibilità di cambiare: non di
cambiare nell’arte, di cambiare se stessi, di essere-per.. (sono ingenuo?), di costruire veramente
qualcosa. ..Uno dei miei dipinti ovali, tutto raffinato e bianco, dice, con una scritta in caratteri
classici (rosso-minio e grigi) attraverso Dante, in più sensi: “Ove non è che Luca”. Ma in più, la
O di “ove” è coricata, e quindi ovale come la pittura ovale stessa, .. è ovale che ha due ‘fuochi’;
..e per giunta la O coricata è delle dimensioni di un uovo; ..e l’uovo alchemico..; ..e il biancoluce che contraddice (insomma: ..riluce o non luce?); e il rosso, il nero, alchemici..: lo strano e
aulico viaggio continua, continuo.. Vedi quante storie in un quadretto? Anzi: in un ovalino. Ho
voluto svicolare in una.. digressione viaggiante: ma inerente, psicoassonante.. D’altra parte tornando al discorso di prima, l’abbiamo detto: se non ci fosse il ‘museo’, se non ci fosse il
luogo dove elabori e depositi ‘scritte’ le cose, il vento cancellerebbe tutto; per cui il bisogno c’è,
e forse anche un certo dare agli altri c’è, in questo esprimersi; però io vorrei sentirlo di più,
strettamente, per quello che mi riguarda, e addirittura.. mettere da parte l’arte, se fosse possibile.
È qui il dilemma più duro che forse tu hai còlto un po’, e questo è l’abbandono della maschera
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di cui parlavo prima. Anche se, come problematica l’ho quasi sempre avuta presente (ricordi?
‘Arte come dialettica fra totalità e autismo’).
originalità.. o?
rigidità
(rigor mortis)
Scusa se ti faccio cambiare tono.. Si può dire che del concettualismo in te sia rimasto
soprattutto il ricorso alla tautologia sia pure in maniera personale, non sterile, non
formale. Perché questa fedeltà?
Concettualismo, ma in un senso rifondato del termine: dovrebbe esser ricco come la mente (o la
realtà), ricco di senso, sensazione ed idee (anche il colore: non lo si trova certo negli intestini!).
È quello che vado elaborando e proponendo da sempre. ..Ri-restringendo il campo: abbiamo
anche parlato a microfono spento per chiarirci, ma su questo non ci capiamo molto. Tu dici che
il mio lavoro è spesso tautologia, il che equivarrebbe a un fare che rimanda a se stesso, che
parla di se stesso. Per approvarti, un po’ scherzosamente (..se ora voglio essere critico e
pessimista come posso esserlo stasera) potrei dirti che io parlo di me stesso - ma sul piano
psichico - e, quindi, rimango me stesso. Invece, sul piano dell’arte (pur assumendo fortemente il
problema del linguaggio) io salto sempre altrove; e, quindi, non sono tauto-logico, sono.. tautoassurdo, spesso! ..Credo quia absurdum; non surdum! ..Nòo?
Ma io intendo tautologia in senso linguistico, paradossalmente come mezzo per
dialettizzare..
Allora, forse non ci intendiamo bene su cosa voglia dire tautologia. Etimologicamente,
tautologia e dialettica significano cose proprio opposte (to autòs Iògos, e dià lògos: il discorso
che si riferisce a se stesso; e quello che passa attraverso, va al di là, ..e magari cade nel suo
opposto). Io non lavoro mai.. sulla pipa come pipa, la intendo come presa per il c della pipa, cioè
di chi crede che la pipa è una pipa, di chi crede che la pipa sia arte.. Invece io credo che Magritte
stesso prendesse per il c chi crede che l’arte è l’arte, e gli desse uno scossone. Sai che di lui (a
parte le celebrate pipe) ho visto, da un collezionista, una ‘pipe-bitte’! (pipa-..cz). E io, nella mia
serie (ironico-seria).. pipesca (sia in pittura, che in sculturine poggiate su velluti colorati, sotto
tèca, e con menu, ‘menuement’ del pipes) ho fatto un: ‘ceci n’est pas une pippe’.. Io do sempre
uno scossone e.. un calcio in c a tutti, o tanti e questo non è tautologico! Il mio linguaggio poi,
in parallelo, non è limitatamente autoreferenziale, ma anzi svicolante (e relazionato) al massimo
grado. Se vuoi parlarmi di concettuale: io non l’ho mai inteso in quel senso riduttivo,
..uniconcettuale. Al contrario: l’ho capovolto (una mente, una struttura autentica e rigorosa: ..“ha
da essere” oltremodo ricca!).
Ma la partenza è tautologica, anche se serve per andare altrove, lontano anche in senso
verticale.
Dici? A me, francamente, sembra che c’è lo spirito di essere.. sempre ‘contro’. Io non sono mai
a favore di niente; sono sempre contro, per cui non prendo le cose alla lettera, per quello che
sono (cioè per quello che il potere della convenzione ci vuole far credere che siano), ma per dire
agli altri: “guarda che le cose non sono come sono”. Magari, volendo fare autocritica, ti posso
dire che, proprio una citazione che troviamo in “P’alma di mano” (una frase da Shakespeare),
dice: “Io non sono quello che sono”. E questo potrebbe intendersi in due o più modi: non
credere che io sia quello che tu credi di vedere in me, io sono altro, sono diverso; oppure: io non
riesco ad essere quello che sono e forse non ci riuscirò mai. Due cose molto opposte che, in
sostanza, paradossalmente dicono: no, io non sono quello che sono.. (gli altri!). Urca!.. (Slam!).
Comunque, per procedere, qual è il tuo lavoro più rappresentativo in questo senso..?
Nel senso della tautologia? Se intesa in senso limitato e univoco: ..nessuno. Tu mi indichi che
“Lu’ capa tella” e la Gioconda con scritto in fronte ‘Gioconda’ sarebbero cose prettamente
tautologiche.. Io, purtroppo, ..quello che mi riguarda psichicamente.. spesso - come ti ho detto non lo so ‘capire’: questo nella realtà. Ma “Lu’ capa tella” e “La Gioconda in fronte” - che sono
invece produzioni linguistiche e opere - non mi sembrano affatto tautologiche; anzi sono tutte
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prese per il c (di chi crede ai luoghi comuni), ..che non sono mandare a fare in c! Sono anzi un
omaggio autentico; ..ma “omaggio” è già una parola che mitizza. Insomma, meglio detto: un
dialogo autentico con la storia, con me stesso e con l’andare avanti; autentico in quanto i miti, le
agiografie, quelle sì che sono c, cioè cazzate. Mettersi in ginocchio e dire “San Leonardo, ora
pro nobis”, “Duchamp, nel primo mistero glorioso..”. Io ho sempre preso per il c tutte queste
cavolate, perché solo essendo.. ‘fraternamente’ o da amico .. ‘interessato’, vicino a Duchamp, a
Leonardo o chi sia.. (ma Leonardo l’hai tirato fuori tu, con la Gioconda): procedo
autenticamente (anticamente & modernamente). Dante, per esempio (grandissimo), ma io sono
suo nemico, sono suo amico. A Dante, certo non mi porrei accanto; un livello storico così alto,
una complessità così grande (anche se nella vita.. poteva essere scombinato o scemo).. Ma,
comunque, anche di fronte a uno grande così, io non mi metto in ginocchio, né gli dico: “ora pro
nobis peccatoribus”. Gli dico: vieni qua, dammi qualcosa e io ti do qualcosina. Ti ricordo poi,
con linguaggio un po’ più pertinente.. o meno impertinente, come uno dei miei.. enunciati anni
‘70 era all’incirca: ‘..per una dinamica iperconnotativa’, cioè il massimo dei significati e dei rimandi. Il mio discorso si riferisce ‘anche’ a se stesso: non per rimorirvi in timidezza incestuosa,
ma per analizzare, parlare e scattare. I ‘personaggi’ dell’avventura di “Io son qui” erano
dichiaratamente anche elementi linguistici, ma anche psicologici, sociologici, sociopolitici; miei,
e ..appartenenti ad altre culture e psicologie.
Andiamo avanti facendo due passi indietro per rin-tracciare il tuo percorso. In sintesi, cosa
hai voluto dire con l’attività grafica sviluppate con accanimento nei primi anni Sessanta?
Le cose si farebbero lunghe. Io venivo dall’Uruguay e lì avevo ricominciato a disegnare (è solo
nella prima adolescenza che avevo interrotto le attività artistiche). Sai che studiavo Chimica, ma
non mi sentivo bene sul piano psicologico e allora andavo magari nei parchi, tutto solo a
lavorare: fogli magari di extrastrong, la matita, l’acquerello e le mie cognizioni figurative (un
po’ limitate). Dipingevo, facevo tanti disegni, un disegno.. fra postimpressionismo e
‘mezzaluna’ di ascendenza liberty-futurista. E me ne andavo anche a vedere Torres García, e a
studiare, all’Istituto Italiano di Cultura, i libri che erano disponibili sulle avanguardie e sul ‘900
italiano (..Carrà, Dufy, Modigliani..).. Poi, arrivato a Roma tutto solo, mi sono messo a fare
specialmente la grafica, perché la mia esperienza era particolarmente disegnativa, e perché
questo mezzo così secco, così stringato, mi era congeniale. Intanto, andavo a conoscere molta
gente (della vecchia Scuola Romana, ..l’unico che aveva un temperamento era Pirandello che
non ho conosciuto di persona); poi frequentavo la scuola del nudo, ecc. Eppure vivevo da
..lupetto solitario, introverso; salvo certe belle personcine.. ne parlo in “P’alma di mano”!
Facevo pure dei begli acquerelli e tempere elaborate, su fondi gessosi - sentivo molto il colore e della pittura più estesa con la quale ho faticato; e l’ho smessa quando ero arrivato a poterla
veramente fare in grande stile: ho smesso perché era giunto il momento in cui mi sembrava che
non fosse più quella la dimensione (e nemmeno il segno e il gesto materico informale; nel
frattempo ero stato a Parigi, nel ‘62, con una borsa di studio): questo cambiamento l’ho
effettuato prima della metà degli anni Sessanta. In precedenza, il mio ‘moralismo’ o la scarsa
cultura dell’ambiente, mi portava a infilarmi nell’ambito realista; ma anche per fare tutte le
scale: dagli scalini più bassi in su, praticando la sensitività intuitiva in tutte le sue facce: non
sono nato come non-pittore. Tu sai che ho bazzicato l’ambiente realista-comunista, ma da
oppositore all’interno, a quella limitazione culturale (ero convinto nel sostenere i diseredati, ma
il dogmatismo imperava, e la critica d’arte era ridicola). Anche con i miei disegni figurativi, io
parlavo di ‘qualità del segno’ e ‘ritmo totale’ (termini che usavo allora), e dietro c’era una
visione (reinventata però come segno strutturale) di Van Gogh, di Klee (che è legato
strutturalmente a Van Gogh), i primitivi, ecc. ecc. Questo mondo mi era congeniale, ci ho
lavorato molto; ho approfondito e capovolto le tecniche incisorie trasmessemi da un insegnante
mediocre culturalmente, ma valido sul piano tecnico e dedito agli studenti. Allora lavoravo
molto in questo senso (sostanzialmente ‘astratto’, eppure in presa diretta) con la ‘vernicemolle’,
che preparavo per le varie stagioni, per i vari ambienti. Vivevo come un cane, solo e sempre a
caccia di conoscenza. Andavo spesso a lavorare dal vero. Questo apparentemente sembrava che
si imparentasse con certe forme di realismo, ma c’era sotto tutta l’articolazione del segno che
nasce da se stesso, dall’interno e dall’origine, come poteva dire Klee. Ma nemmeno che io fossi
tanto ‘aderente’ a lui, limitatino.. E tutto questo lavoro di progettare e di costruirmi il torchio
calcografico, di inventare tecniche nuove, andare da Hayter a Parigi, trasformare le sue tecniche
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introducendovi la fotografia, prima mediatamente poi direttamente.. (intanto, Calvesi mi aveva
chiamato alla “Calcografia Nazionale”, per introdurvi e insegnarvi le tecniche sperimentali).
Infine lasciar perdere addirittura l’incisione, questo per alleggerire il mezzo con i lavori ‘Senza
Peso’ (alla metà degli anni ‘60, un po’ prima di quando ci conoscemmo noi), lasciar perdere il
supporto grafico perché aveva una consistenza materica.. Tutto ciò poteva sembrare un continuo
voltafaccia: per esempio, dopo aver faticato tanto sul segno manuale, scavando veramente fino
in fondo (segno grosso, rude oppure sgusciante), con ‘l’acquaforte al taglio’, la ‘vernicemolledura’ (tutte quelle tecniche che io elaboravo e così denominavo), e superate certe remore del
realismo (certi ‘moralismi’ che venivano poi dai comunisti), capii che bisognava sbattersi
fortemente contro le cose, quasi fino a vanificarle. Lì quasi mi sarei forse eliminato come
produttore estetico.. Avrei voluto.. sputare su una parete dicendo “io”, perché poi in quel
periodo sorgevano anche delle cose concrete nella mia vita. E, nel lavoro, una nuova conoscenza
e poi una realizzazione in mie cifre culturali. Avevo lavorato tanto a questa grafica per molti
anni: c’è un corpus, come tu sai, molto complesso e completo. Ad un certo momento, appunto,
ho lasciato perdere tutto, per i mezzi fotografici e filmici (li ho, con impegno, appresi,
‘capovolti’, e più tardi anche insegnati per vari anni) che chiamavo ‘Senza Peso’: ‘moralistico’,
fisico, etc.: spiegavo i vari sensi in un catalogo omonimo dell’epoca, anzi, in vari cataloghi. Vi
potresti trovare precise indicazioni (ma.. non solo nei cataloghi! Certo: nelle opere), solo
apparentemente contrastanti, di: mentalismo, e di esistenzialità.
a quando la Tendenza
dell’intelligenza?
un anima-le vero e grande
(..il legato di un matto,
o un matto legato?)
Le “Misurazioni delle terre”, le performances che chiamavi “analisi di comportamenti”, e
le “tele fotografiche”, sono ormai considerate anticipazioni del Concettuale, dell’Arte
Povera e delle esperienze Land e Body artistiche. Come ti sono sorte queste rivoluzionarie
intuizioni alla metà degli anni ‘60?
Da un lato c’era questo saltar via dalla posizione di nemico all’interno di un fronte che era
quello dello pseudo-realismo, in cui io ero sempre un transfuga, un contestatario; poi c’era la
scienza e la psicologia che io conoscevo e che gli altri non sapevano cosa fosse (facevo analisi
con Ernst Bernhard, ecc.); e la conoscenza continua delle cose artistiche che venivano facendosi,
della modernità; l’aver visto la Pop Art che però io non ò mai assunto in quanto tale; certe cose
più semplici di Warhol. Per esempio (fuori dell’ambito primitivo nel quale gravitavo e nel quale
davo scossoni a certi personaggi che non capivano che la neo-figurazione, tutte quelle cose lì
erano stupidaggini, né carne, né pesce) a Roma, nell’ambito innovatore, il personaggio più
autentico era Pascali: un ..‘bestione’ incolto, ma con una carica certo superiore agli altri. Pascali
o il suo ambiente potrà anche avermi dato una indicazione di campo, però, non mi posso sentire
parente stretto di qualcuno, poi credo di aver dato qualcosa anch’io. Sembrerò ingeneroso, ma
cerco di chiarire le cose. Ti aggiungerò che suppongo che, se Pino fosse vivo, non starebbe lì a
ripetersi o autocelebrarsi. La sua morte è collegata alla sua smania, non credo solo giovanile ed
esistenziale, ma anche creativa, e che non stava troppo a curare la ‘bellezza’ del pezzo. Riprendo
a parlare di me: giravo, incontravo artisti, vedevo opere.., di Duchamp anche (non lo prendere
per un mio idolo: non ne ho) e di tanti che mi interessavano. Faccio un passo indietro: a Parigi
nel ‘62, ero andato a trovare Masson ed altri. Anzi, qui ti dirò che se entro in un museo (e non
solo in esso), in genere mi vedi scrutare, (quasi) toccare, ..odorare, piantarmi lì delle ore..
Insomma, non è che stessi con le mani in mano; e poi, alla base, come ti ho detto, c’era anche
questa mia formazione scientifica della quale ho.. sopportato il peso per tanto tempo, nel senso
che (nei primi tempi che ero tornato dall’Uruguay) mi sembrava che la scienza fosse più ‘vera’
dell’arte, anche se io praticavo l’arte, anche se la conoscevo fin da bambino, anche se mio padre
era stato per me l’ esempio di uno che non aveva fatto l’artista, ma che era un artista: non
l’aveva fatto per remore sociali del suo tempo, e a favore della tecnica e della scienza, diciamo.
Questa scienza che anch’io avevo intrapreso (in Sud America studiavo Chimica strutturale). Un
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po’ spinto dal suo destino, ho dovuto lottare perché, come ò detto, mi sembrava,
meccanicisticamente, che la scienza fosse più vera dell’arte; poi, via via, questa lotta si è
appianata; ..questo ‘moralismo’ che mi stava sempre alle costole, e di cui ancora non riesco a
liberarmi, non in questo senso, ma in altri sensi. Pian piano, o forte forte, ho capito che l’arte è
questa dimensione più complessa.. Allora, la formazione scientifica, messa a contatto con l’arte,
mi portava (una volta superate le remore che ti dicevo o anche mentre le superavo, specialmente
in quel momento di passaggio dal segno (il disegno) ad altre cose alleggerite) mi portava a
capire che la matrice scientifica non era qualcosa di più o di meno, ma era qualcosa che doveva
dialettizzare con l’arte. E questo confronto (non di tecniche, perché stiamo parlando di culture,
di semiologie diverse) e l’aver capito che l’arte non doveva essere per forza la pittura e la
grafica: mi portava ad avere un atteggiamento, non voglio dire analitico, che è un termine
riduttivo, ma, ripeto, di scontro e incontro fra arte e scienza (la scienza non più vista come qualcosa di incombente e l’arte come qualcosa forse di inutile). Chiarito questo sistema, la base
anche scientifica della mia formazione (prima della quale c’era una base artistica fin da
bambino) mi portava a fare le cose che ho fatto: l’analisi dei ‘comportamenti’ - così li
denominavo esplicitamente - prima ancora che si usasse questa definizione, e le ‘terre animate’
(non scimmiottando certo gli americani land-artisti, che non esistevano ancora), immettendomi
in un nuovo ambiente, se vuoi, ma con molti distinguo. Ora, per chiarezza, devo fare una critica
anche a Pascali che pure era più creativo degli altri suoi emuli e seguaci romani. Anzi, prima
voglio ricordare la sua inusuale generosità di giudizi (ricordo come, quando entrai a far parte
dell’ ‘Attico’, parlava bene della mia mostra “Ambiente proiettivo animato”); voglio poi far
notare l’auto-ironia dei suoi lavori, che li alleggerisce, a differenza di cose altrui, troppo seriose
o leccate. La critica (certo, non rivolta solo a lui) è quella di non essere stato un uomo cólto (al
di fuori delle arti visive) e, quindi, di non poter capire.. cosa c’è dietro e cosa c’è sotto. Aveva
una grande istintività. Io, invece - sempre istintivo - facevo i conti fra la coscienza scientifica e
la moralità dell’arte. E da tale scontro sorgevano queste cose - che tu mi hai chiesto - nuove, in
quanto necessarie per me.
“Ambiente proiettivo animato”, all’ ‘Attico’, è stata una mostra piena di significati
anticipativi. Parlamene un po’.
Sì, anche se - a dir la verità - era stato preceduto da varie mie altre cose analoghe, lì raccolte,
organizzate e riproposte. Il catalogo stesso lo avevo concepito, sia come oggetto creativo, che
come.. manuale di istruzioni con una piantina, ecc. (pensavo - mi ricordo che lo anticipavo a
Sargentini - a quello, per esempio dei medicinali, ed alla comunicazione anglosassone). Non ti
starò a descrivere l’aspetto calibrato e complesso della mostra (400 diapositive, coordinate, un
film, e un ‘uomo che sa comportarsi indicativamente’, ecc.). Ti dirò che era chiaramente un
ambiente: ..concettuale, comportamentale, e di immagini collegate in sviluppo. Avevo ed ho il
..gran difetto di.. non volermi far sfuggire niente. Non tanto di quello che era nell’aria, quanto di
quello che non c’era; ed era in me, nella mia visione-mentale. Proposte troppo.. ricche e
futuribili. Capisci l’assurdità di questo? Normalmente, per poter anticipare la dimensione
concettuale (e ricevere un’..etichetta): non.. dovevi essere né tanto vitalistico, né tanto estetico!
E viceversa, cioè analogamente, per ogni tendenza (o cul de sac!). Così va il mondo e continua
ad andare. Invece a me interessava proprio una dialettica complessa - e tutt’altro che confusa che integrasse questi miei aspetti, solo apparentemente contrastanti. Già ‘Senza peso’ ti ho detto
che significava l’immaterialità mentale del medium, ma anche il contrastare la pesantezza
moralistica, mediante l’esistenzialità ‘circolatoria’ e antipsicologistica (“Intorno-fuori” e
“Materiale per camminare” si chiama un altro film, in due parti, del ‘66), e ancor più
radicalmente, il non dar più.. ‘troppo’’ peso alla ‘moralità dell’arte’; ecc.. Tutto un programma
poco mercantile, e soprattutto.. troppo denso per quello che si attribuisce all’arte, allora ed ora. È
l’ipotesi concreta, l’ “utopia realizzabile” (?!), di un’ ‘arte’ che (ancora) non c’è.
Come nacque la parola “comportamento” per le tue performances e opere della metà degli
anni Sessanta?
Mi occupavo di psicologia, da lì l’ho mediata. Pensavo che, in quel momento, il compito
dell’arte fosse, non di concentrarsi incestuosamente sui suoi stili, il suo mondo, gli psicologismi
dell’autore, ma di allargarsi dialetticamente ai modi di vita. Avendo una formazione di ordine
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scientifico, introducevo dei termini e dei fatti, prima che sorgessero e prima che fossero alla
moda. I comportamenti, le performances come “Camminare”, o “Stare al bar”, scrivevo che
erano a metà strada fra l’ “in vitro” del laboratorio (..vedi la mia pratica del laboratorio di
Chimica), e invece la realtà.
In quel periodo c’era una certa assonanza con il lavoro di Pascali, Kounellis e gli altri
artisti di punta aggregati dall’ ‘Attico’ di Sargentini.
Sì, in qualche senso, però sempre anche come ‘critico’ e ironizzatore di loro, nei miei lavori,
come ti ho detto. Capisci? Loro si occupavano ‘solo’ di produzione di opere estetiche!. Per
esempio, con ottiche (obiettivi foto cinematografici) particolari, ‘creavo’ delle virtuali grandi
strutture, a partire da oggettini minuscoli, anche di due centimetri: così, piazza di Spagna (uno
dei luoghi deputati) o piazza del Popolo, era invasa da una enorme.. struttura minimale illusoria
(in realtà un tappetino da bagno) e si trasformava ironicamente in ‘piazza di Spugna’!.. All’
‘Attico’, ho tenuto varie personali, la prima “Ambiente proiettivo animato” (aprile ‘68), un
ambiente molto calibrato, di immagini mentali e creative, di scritte, e di comportamenti. Ero - e
da 3 o 4 anni - in polemica protoconcettuale con l’oggetto pesante e non pensante (“Soggetti, più
che oggetti”). In me, già da tempo non c’era più un super-io scientifico; ma - ieri e oggi l’artista ..ape suggente, unicamente intuitivo e limitato al suo campo (intendimi però: io non
scredito affatto la pulsione creativa, che sta sempre alla base!) lo posso apprezzare, lo posso
amare (perché anche io sperimento l’inconscio, e come! sono un mezzo ‘folle’, rapido, sfrenato
e ruminante ossessivo. Un matto legato, o il legato di un matto? ..Le mie parole assennate non ti
traggano in inganno!) ma non fino in fondo, perché è proprio in questo scontro-incontro, in
questo pasticcio di capire che la scienza non è meccanicismo, l’arte non è romanticismo o
idealismo, l’arte lavora per la storia e per la vita, ma non è vita: è in questo che sta la mia storia,
il mio sentirmi poco e sentirmi troppo, quasi al di sopra di molti o di.. tutti, come ideatore
innovatore. È megalomania? Non va intesa nel senso che mi senta superiore al volgo artistico: è
la mia coscienza di essere diverso. Nell’arte io apro tutte le porte, e non bazzico solo il terreno
dell’arte. È una necessità ancestrale, questa: ma quando ce ne renderemo conto? Il fare umano è
radicalmente sempre in causa. Nelle vere opere d’arte storiche, le implicazioni sono molteplici e
di grande pregnanza. Alla nostra altezza, o bassezza, dei tempi, le cose si fanno più esplicite.
Consapevolmente e inconsapevolmente, il fare non può essere più: limitato. La mia non è
l’intuizione o la logorrea del critico o dell’artista pseudo - o micro - cólto, che cerca di
giustificare e legare l’opera con rimandi. Sono l’opera e il fare stessi, che non possono più
difendersi e farsi in ‘un’ solo luogo. Per tornare più specificamente alla tua domanda: il mio non
era solo un passare da un tipo di opera con riferimenti storici tradizionali, ad una con radicali
riferimenti diversi, e in un nuovo ambiente, trovandomi anche in esso senza parenti stretti. Non
era cioè il passare dalla polemica con gli amici del ‘Girasole’, a quella svolta.. un po’
segretamente, all’ ‘Attico’. Questo è solo un aspetto del problema. Capisci? L’apertura basale
era del campo stesso dell’arte. Se il ‘Girasole’ non capiva l’ ‘Attico’, l’ ‘Attico’ (e il Concettuale
stesso che sorgeva) non capiva l’arte che esce da se stessa, pur senza annullarsi e rinunciare alla
(produzione) estetica.
Facciamo esempi concreti: com’è nato il tuo ormai storico e conteso.. film “SKMP2”?
Bah, ne ho fatti vari altri prima, e anche più astratti, di ‘analisi di comportamenti’ più astratti. Mi
venne in mente di fare questo film che ha anche una componente di ironia.. dello spettacolo;
però io facevo un lavoro, un’opera, capisci? (i miei films sono films-opere). Sia chiaro e sia
tondo che non intendevo fare nessun documentario sugli altri, o registrazione, come magari
qualche cretino ha frainteso. Decisi di realizzarlo nei primi mesi del ‘68; ma non farci
associazioni a breve raggio, che le cose sono sempre molto più complesse. Il film inaugurò,
nello stesso anno, la nuova sede dell’ Attico-garage; e si trova anche nelle collezioni del Modern
Art Museum di New York. In questo film contemplavo l’interscambio creativo con la
performance anche di colleghi artisti, come Pino (e con la mia stessa, autofilmata). Ma, assai in
precedenza, le performances, mentali e ..corporali (e: sia racchiuse nello schermo che fuori di
esso, nell’ ‘ambiente’) le svolgevo io stesso o quelli che chiamavo ‘personaggi umani
indicativi’. Così, Claudio Meldolesi (mio cugino, oggi noto critico teatrale, che allora studiava
come attore) e Cristina, nonché Rosa: sulle vaste distese di campi arati – “Terre animate” -
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nell’estate 1967. È da tener ben presente la data, eh! Questa operazione, che Menna e Calvesi
hanno definito un esempio scientifico e anticipativo di land-art, si concretizzava in una
performance, nonché un film, e una serie di diapositive (da cui - ..‘ultima’ concretizzazione grandi tele fotografiche; e ambienti). Vedi gli slittamenti? Un altro ‘uomo indicativo’ era Carlo
Cecchi, al ‘Teatro di via Belsiana’, nel ‘67 (in quel luogo già avevo presentato proiezioni nel ‘65
e ‘66), ecc. Tornando al mezzo film, io adoperavo la macchina da presa forse prima di tutti gli
altri artisti, anzi sicuramente prima di tutti gli altri in Italia (e dove stanno gli altri fuori Italia.. se
non i cineasti? perché Wahrol dà un’unica prospettiva e non la articola) come espressione senza
peso! Cioè: abbandonàti la matita e la grafica o il pennello, ho assunto la macchina fotografica e
la cinepresa come mezzi espressivi concettuali ed estetici; e, quindi, anche “SKMP2” va inteso
come stringente, calibrata ideazione di una struttura - ..quasi fotogramma per fotogramma (nelle
sequenze animate, questo è.. alla lettera!) - e come mia sguinzagliata espressione: mediante il
mezzo film. A livelli più macroscopici, in “SKMP2”, ti ricorderò citazioni da “Entracte” di Clair
e Picabia; poi l’occhio che batte, come visione-attenzione; e le ‘manovre naturali’, operate sul
sole - facendolo tramontare - , le nuvole (spostandole radicalmente, a comando, con bandierine
colorate di segnalazione), i fiori (che crescono di botto). A proposito, quando sono in azione con
Rosa, siamo soli, e sono sempre io che filmo: a scatto singolo e con una prolunga di dieci metri,
comando la cinepresa. Tante altre cose non c’è tempo di dirtele!..
Certo, non è una cosa facile, anche per una critica smaliziata e anche limitatamente al tuo
operare di allora, definirti, o direi, bloccarti..
Eh! E mi accorgo che, nonostante le molte parole, anche ripetute (o a causa di esse? ..Oh, Dio!
ma qui opere non si vedono, né si leggono..) tutta la questione - con la sua polimorficità - del
mio intervento, la mia ‘visione-mentale’ in quegli anni: non è chiara! Forse nemmeno per te che
mi segui e conosci? Mi tocca tornare alla carica? Càricaa! Bah, vediamo.. : se la mia corrente è il
‘Presunzionismo’.. No! ..Lasciamo gli scherzi e le autoironie.., se no, complico ulteriormente le
cose! Abbiamo detto come le mie proposte di allora possano essere, e siano, inquadrate come
precoci o anticipatorie, negli ambiti: concettuale, comportamentale, landartistico e ambientale..
Tutto ciò non fa una piega, è a buon diritto, e non vengo certo a negarlo, se qualcuno lo fa; anzi
lo ringrazio. È anche vero però: che io sconcerto. E, se tanti nomi ragguardevoli si sono occupati
di me, ..per tanti sono pur sempre - nonostante le centinaia di mostre - ‘..e Patella’: perché non
sanno dove piazzarmi né come reagire al mio organico.. vivaio, reale e non settoriale.. Facendo
un discorso più serio, fra noi (a parte le scelte ultrabalorde e cieche, fatte da critici & mercanti
per ragioni di mercato e di convenzione-semplificazione): il mio fare non è in sostanza
riconducibile ad una corrente (..né ad ‘uno’ corrente!). Certo, l’introduzione di un discorso
mentale in un ambiente.. pesante come quello romano, o italiano (..ecc.), mi può o deve, a buon
diritto, far definire concettuale, sulla metà dei ‘60; ed è giusto che mi si riconosca anche tutto il
resto che ne consegue, o stranamente lo dialettizza. Il Concettuale (ecc.) si proponeva, in fondo,
di immettere cultura nell’arte. ..Ma non lo poteva fare.. senza averla! E si risolve per lo più, in
una barzelletta univoca (riporti e citazioni di testi, non compresi; e utilizzati come fossero
materiali), in un’indicazione, se mai, ma che si riestetizza suo malgrado. Insomma, io: a cosa
posso.. far finta di assomigliare (o meglio di aver assomigliato)? A queste tendenze! Sì, perché:
in apparenza va proprio bene. Ma ora.. mi darò la zappa (d’argento) sui piedi, perché, come
problema di fondo (..intervistatore, lettore, vieni qui, te lo dico in un orecchio, non di mercante,
ma intelligente, e che capisca il mio estremismo e i miei paradossi.. docenti: il vero! al di là..):
cosa ho io da spartire con il riduzionismo, che vuole eliminare l’estetico ed occuparsi solo del
linguaggio dell’arte, e lì si ferma? O con chi sbrodolerà il suo corpo di sangue o simili; o chi
riesca, riusciva, a farsi finanziare a miliardi.. per rovinare il territorio, ..e basta? Per non relegarmi (..o ricacciarmi lontano da amici, tacciarmi..) in ambito paranoico, devi seguirmi e farmi
dire la verità, che è la seguente: riguardo all’attualità, io con tutti i miei limiti: o non c’entro
affatto, o sono un pioniere in terre sconosciute ai più (a quanto pare, e perché si occupano: o
solo di arte / o solo di altro). Mio malgrado, se guardo, ..se guado: mi tocca (cosa che mi
danneggia psichicamente) guardare.. dall’alto della globalità dei territori, ..monti, o altopiani con
scatafossi, che (mi) propongo. ..Ohóo! Quassù o quaggiù non c’è nessuno o quasi. Accidenti!
..Chi è quello che passa laggiù? ..Qualche stimato stimolato amico c’è! he he! (ma se c’è, non
telo dico, perché anche se hai stoffa, non voglio sviarti..). E tu non farmi il brutto scherzo di
mettermi in una corrente che non c’è: altrimenti ci rimetto! Non faranno mai una mostra sull’
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‘isolazionismo’! Comprendes?!! Hai visto come il mio cammino poi si è ‘complicato’
ulteriormente, e molto: per forza! La cultura non è riducibile a orecchiature, citazioni o a modi
di fare. La creatività meno che mai! Così: l’ “ARTE CHE NON C’È” : pensaci un po’, quanti
significati può avere questa definizione?! Mo’ passo la parola.. (anzi, un momento: nell’ismo del
‘paranoidismo’, al quale non voglio appartenere, ho visto Dalì, ..e tanti altri: ti salutano).
nel vivaio:
il peso dell’ Opus
(non.. dello pus!
come diceva quello
..au pus lent)
Grazie! E ora: analizzando la tua multiforme attività, dalle prime esperienze manuali a
quelle concettuali, ho notato che nei cicli di opere c’è l’indicazione di un percorso senza
fine nel territorio della ricerca e della sperimentazione tecnico-linguistica che, spesso,
privilegia il carattere della serialità. In questo senso, come tecnica costruttiva dell’opera,
c’è un nesso tra l’attività grafica innovativa del passato, quella foto-cinematografica, le
esperienze scritturali, le repliche differenziate, e il ciclo di opere su Duchamp e Diderot con
la nuova produzione oggettuale e la serie infinita di ‘ovali’?
Mah, se vogliamo, per le cose che avevo fatto prima, una idea del genere (la moltiplicazione)
l’aveva tirata fuori Calvesi nel ‘77, nel catalogo della mia antologica al Museo dell’Università di
Parma; però potremmo evidenziare due aspetti. Uno chiamiamolo ‘negativo’, che deriva da un
certo ..egoismo: fatta la fatica per realizzare un’opera e fornire un’idea, non va.. sprecata in un
solo esemplare; o meglio, si cerca di sottrarla.. alla Presunzione e alla Morte! (..vedi Freud). Ma
il vero problema non è utilitaristico: a parte il fatto che le mie opere non sono sempre seriali!.
Comunque, un settore era, specialmente in passato, di quel genere; non però, in sostanza, per la
pulsione egoistica che ti ho detto, ma perché dell’opera privilegiavo specialmente l’aspetto
dell’invenzione estetica, e tutte le dinamiche e le.. alchimie, peculiari e intime, dell’incisione e
della stampa mi interessavano: conferiscono sostanza articolata e processuale al ‘segno’. Per
giunta, ‘santificare’ l’opera unica è un atteggiamento che va contro l’ideazione (l’idea, non nel
senso astrattamente concettuale, tanto più che, per la grafica, si trattava ancora solo di forme
provenienti dalla sensibilità). La mia idea, del resto, è sempre stata - anche in seguito, con
tecniche e modi diversi - un’idea anche estetica, perché io non ò voluto mai fare a meno
dell’estetico. Comunque (tornando all’incisione), era, come tu sai, un’invenzione ‘sensibile’.
Che mi importa se è tradotta in ‘esemplari’ o se è una? Non era affatto la grafica dello
scatafascio (a fini pratici) del pittore. Magari lavoravo moltissimo su una lastra e poi ne
stampavo un solo esemplare! (stampare così è un fatto realizzativo, ancora intrinseco all’opera).
Di alcune addirittura non m’è rimasta nemmeno quella copia. Se fossi stato uno che lavorava
per la produzione, avrei cercato di fare tirature di centinaia di esemplari. Hai capito? Mettevo a
punto delle opere senza sfruttarle sul piano economico. L’idea sensuosa l’ho realizzata ed ò
cercato di farla valere, non mi importa se c’è chi feticizza, vuole metterle la croce d’oro e la
cornice di platino; la mia opera è una ideazione concreta e lì si salva, lì è il mio interesse. Questo
discorso, con la fotografia, prosegue, anche se ho inteso conferirle - come al solito - totale
consistenza estetica e - quando era il caso - piena consistenza di opera: anche non replicandola.
Certo, per fini veramente pratici, le elaborate tele fotografiche degli anni ‘60 (virate anche..
‘all’oro’, o ‘all’uranio’), o le opere-colore dei ‘70, dovrebbero esistere in centinaia di varianti sul
tema.. (ci sono mie opere in importanti collezioni, ma non come espansione e consistenza
commerciale). Parliamo un momento di Fotografia: l’ho intesa come concezione (complessa o
..semplice), piuttosto che come artificiosa mistificazione di immagine, in camera oscura. Se
vogliamo schematizzare (..perché troppo ci sarebbe da dire, per esempio: ..la metafisica del ‘foro
stenopeico’, paragonato al fish-eye, ..l’archeologia tecnica del colore creato nella ‘camera’, ecc.,
ecc..): ..dopo le ‘immagini riflesse’ (spesso in porzioni di vetrine: immagini complesse,
oggettive e cólte; e che si proponevano - fra tante altre cose - anche uno studio e riscatto dei
modi pubblicitarî): ho fatto una Fotografia più ‘strutturale’ (incluso - mi cito - ‘immagine
trovata’ ..e ‘cercata’, con tutti i suoi riferimenti; questo anche è un punto importante: la dialettica
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fra oggetto-trovato e cultura; e non è un controsenso), ed ho realizzato anche una Fotografia più
‘globale ed immaginativa’ (tutte le ‘immagin azioni’ di Montefolle). Comunque, in ogni caso, si
tratta di un.. affrontamento del campo: un’immagine molto creativa, e non
equivocante..’obiettiva’ - in malinteso senso fotografico - anche quando parlavo di ‘immagini
oggettive’ (intendendo appunto trouvées-cherchées, e non manipolate.. come nella grafica
pubblicitaria). Poi, passando ad altre tecniche e mezzi espressivi (ove la foto entra solo di
straforo), posso apparentemente contestare.. l’indifferenza, di cui ti parlavo, al feticismo
dell’unicum, dicendoti, per esempio, che per fare certe cose recenti (dai primi anni ‘80) del
“Mysterium Coniunctionis”, o di “Diderot e Duchamp”, ho lavorato mesi e anni: per cui esse
hanno una unicità strepitosa, ..che altri se la sognano (mentre altre no: sono progettate e fatte
eseguire con cura). Ecco, quindi, un’altra contraddizione. Giustamente, però: bisogna fare cose
diverse! (e opere uniche le ho sempre fatte!). Negli ovali più che un concetto di serialità, vedo,
al contrario, quello di espansione, di diversità continua, di rimando e intrigo. Il fatto che si
presentino quasi sempre di dimensioni uguali è proprio perché crescano: se tante uova sono
uguali, non è a fini produttivi omologanti, ma perché da ogni uovo nasca un pulcino che sarà
diverso dagli altri, che avrà una vita diversa, che sarà gallo o gallina.. Peraltro, quelli sono
abbastanza simili, invece molti ovali sono diversi (alcuni.. quattro- o nove-centeschi..), in
sostanza, e tutti fatti a mano, uno per uno.
Ma in tutto questo forse si può sempre vedere una certa tendenza a creare un’opera ibrido
‘seriale-individuale’, più leggera del pezzo unico.
..Sì, tutta questa diversità e contraddizione in me, specialmente all’epoca dell’ ‘alleggerimento’,
te lo ripeto, era un puntare (non certo per l’effimero) sull’ideazione e la qualità estetica, più che
sulla santificazione dell’opera; ma sia chiaro che la costruzione e la cura estetica dell’opera non
era affatto inficiata da questo; e d’altronde, in passato, e negli ultimi anni, ho fatto anche delle
opere, non tanto santificate, quanto condensate al punto da essere ultrauniche (elaborate e
costruite o realizzate da me con manualità intensa e molteplice). ..Come ne ho fatte altre affatto
manuali (fatte eseguire, o in parte ‘trovate’, ..e anche in parte eseguite da me: ‘vasi fisionomici’,
‘red-made’, ‘letti’, ‘fontane’, ecc..). Parlo di quella produzione oggettuale che data dai fine anni
‘70 o inizio ‘80 (ma anche, se vuoi, le ‘cupole proiettive’, anni ‘60: erano oggetti industriali,
acquistati,.. e scelti per potervi agire e inventare a livello di immagine e tecnica
dell’immaginazione; senza però alterare l’oggetto). ..In fondo: ti aggiungo il gregge di ‘Rebis
Brebis’, che sto realizzando (‘91)..
Di peso..
Di peso.. se fosse dipeso.. : ce n’è poco. Perché io non do peso a me.. agli altri, all’arte. O ne do
troppo. ..Un’Argo Navis sbancò, sbarcò, approdò, aprì ad un mondo diverso gassoso e plumbeo.
Ma non è detto.. che non ci fossero pie.. pietruzze rilucenti che accaddero in un pozzo cartesiano
circondato di fiori scuri, dipani.. Da lì risaltorno risa, una svolta. Dal Pozzo una volta altissima,
Sant’ign.. ignorata, meravigliosamente mossa e colorata di dee di stinto celeste ed altri.. Mi
sdraiai immerso nel silenzio, in mezzo alla navata: un gran colpo di nave e un corpo di becco.. il
suo becchino aprì, uscì volando ..e fuori ora c’era non solo il sole: sfolgor’ante.. aperte,
brulich’io vedo vado, engrammo-almeno, o più, dipende..
Prendi respiro! E rifacciamo un passo indietro: mi dicevi che all’inizio sei stato vicino alle
scelte di Warhol..
Non semplificare. Warhol, quando ha preso la fotografia, ha avuto un significato; l’ha presa, non
l’ha fatta: l’ha sbattuta lì in maniera crudele e cruda. Dopo è diventata una cosa estremamente
commerciale.. con tutte quelle sbrodolature ultime.. W. dei pop era l’unico che faceva qualcosa;
diciamocelo chiaro: quelli degli altri erano degli stilemi.. W. in quel momento à avuto il
coraggio di prendere una cosa e di metterla lì, anche se c’erano stati antecedenti di vario genere.
Gli altri che cosa combinavano? Per esempio - per non parlar di peggio - Lichtenstein, è un mistificatore, tra raffinatezza, però tradita, e finta aggressività. W. ha avuto un buon momento con
la fotografia come ideazione in quanto.. sbattimento (e però semplice accettazione), poi s’è
sbattuto lui, in maniera banalissima. Io invece, la fotografia e il film li ho realizzati
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personalmente e assunti in tutta la loro complessità, riazzerata e lanciata quindi, con modi e
intenti assai diversi dai suoi.
Il tuo pensiero sull’unicità dell’opera d’arte.
Unicità in che senso? Pezzo unico vero è l’essere umano, il vero ready-made! (ride). Il pezzo
unico nell’arte.. Certo, ci mancherebbe altro! l’affresco di Piero oppure il quadro di Botticelli e
di Tiziano, si strutturano lì microscopicamente, perché ci sono stati di mezzo loro. Piero (o
Masaccio o chi sia), ..perché la tempera e l’affresco partono dalla microstruttura del pigmento ed
arrivano fino alla struttura della concezione dell’opera, alla prospettiva e a tante altre
prospettive. Sorge o si concretizza proprio da lì, dal minimo fino al massimo; in questa
prospettiva totale, dal microcosmo al macrocosmo dell’opera, che è percepibile ancora di più,
appunto, nell’affresco che nell’olio (per quanto in Tiziano: ci sono le sbrodolature delle sue dita,
l’impasto dei suoi polpastrelli). Questo è fondamentale, tanto che, quando un restauratore mette
le mani, Dio ce ne guardi, perché come fa a sapere se lì ha alitato sopra l’autore, come il
pennello è stato appoggiato, come l’opera à preso consistenza.. Ecco che essa va intensamente
difesa (per esempio divagante, gli affreschi del Mantegna che sono andati persi a Padova nella
guerra, erano bellissimi). D’altra parte, viviamo in altre epoche, per cui, da un lato: non disfarsi
(mettere cioè tutta la cura e la qualità nell’opera e per essa) di questo soffio che ancora sta lì (se
uno di questi che ti ho nominato ha inciampato e l’unghia gli si è appoggiata sull’affresco, ha
fatto una mezzaluna e ..perfino quella è importante o per lo meno è accidentale, ma è lui che l’ha
fatta e anche noi artisti.. facciamo così). Dall’altro lato, Duchamp, per dirne una, ha messo nel
‘19 i baffi, il pizzo e la scritta LHOOQ, alla Gioconda.. e non l’aveva fatta lui. Se poi invece..
della matita n.1 adoperava la matita n.2 non era così importante. E, quindi, vedi di nuovo dei
divari in mezzo a cui bisogna vivere; ma soprattutto bisogna cogliere il significato vero della
cosa, perché il collezionista deficiente o il critico testa di cavolo santifica un altro testa di
cavolo, per non dir di peggio, mentre chi capisce i modi e le ragioni in cui e per cui l’opera è
importante, è bella, è significativa, è vitale, è viva, è sanguinante (non in senso romantico): è una
persona intelligente e sensibile. Hai voglia a metterci le cornici d’oro, a pagarle miliardi,
stramiliardi: le cose sono fesse, o non lo sono! Lì sta l’importanza.. Se Duchamp usava fare tre
repliche, di “Pharmacie” o di quel che sia, se invece Tiziano faceva tre o cinque volte.. lo stesso
quadro, ma lo faceva lui, sono cose importanti, ma vanno viste nel loro testo e contesto. Bisogna
essere intelligenti, sensibili, morali, cólti, per sentire e capire le cose. Se uno non lo è, cavoli
suoi! Sarà magari furbo, ma fregato.
Sei geloso delle tue creazioni uniche?
Sono geloso di tutto. Uno degli aspetti del fare opere multiple era magari per non disfarmi
dell’idea. Allo stesso tempo però.. me ne fotto; anche perché uno ad un certo punto vede che la
vita va e, quindi, se il camion va nella Schelda e tutte le mie opere vanno a farsi fottere, che ci
vuoi fare.., andrò a farmi ..sfottere anch’io (diciamolo a bassa voce). Se può servire a qualcuno o
a me stesso, meglio nella Schelda tutte le mie opere che io.. dovunque sia (..vaffai pure!). Ma le
opere servono meglio: autentiche, e fuori dai fiumi.
A proposito di opere e di vita, l’artista fa una sola opera nella vita?
Io direi che deve continuare a fare.. opere di bene, finché gli sorge qualcosa, un qualche ramo
che spunta da lui stesso, perché le opere devono essere un problema continuo (anche se puoi
vedere nell’ ‘individuo’ - e fin troppo? o per fortuna? - una individualità / limitazione). E il più
vero è che le opere stesse ( torno ad essere monotono), possono scantonare quel problema di se
stessi, di far sorgere come da Dafne qualche foglia vegetante da se stessi.. Perché se anche
quelle fossero quattro rametti secchi o di plastica, come, sul piano delle opere, tante ve ne sono
in giro (quelle sì fatte in serie, non solo perché poco serie.., ma anche perché sceme).. E ti
aggiungerò.. così, che la serietà presuppone o implica l’ironia, e viceversa. Altrimenti le cose, le
opere, sono una.. pretenziosa-buffonata. Chi (me compreso, naturalmente!) partisse per
realizzare la grande opera (o insistesse a fare con monotonia) rischierebbe di far ridere i polli, le
aquile, o i capponi (e già sarebbe qualcosa .. ammesso che ridano).
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Ritengo che le ‘repliche differenziate’ con l’uso della scrittura, realizzate con la mia
collaborazione in anni passati, siano per te un mezzo tra i più congeniali che ti dà modo di
registrare anche l’invenzione, che nasce durante l’esecuzione dell’opera. E credo che la
serie di ‘ovali’ sia uno sviluppo ulteriore dell’idea di base di tali repliche. Sei d’accordo?
Ecco, questo può essere un esempio (a parte il film, la foto, ecc.) di unicità o meno da analizzare
(non voglio parlare del ‘multiplo’, che, come concezione, è un po’ un ripiego). Realizzavo con
te delle opere - in più esemplari - in cui incidevo su un cristallo (o scrivevo su carta) sempre lo
stesso testo lo variavo (o solo un poco). Quindi repliche, ma differenziate. Ma, a dire la verità,
alla mia scatenata immaginazione non sarebbe costato niente ideare testi diversi, tutti con il loro
significato (come ò fatto in ‘cristalli incisi + specchi’, singoli, quali i grandi tondi delle
‘circumambulationes enantiodromicae’).. Vedi come, in questo territorio - che non è certo fatto
di mistificazioni - il confine fra originale o replica è labile? (e altrettanto, per sua natura, può
esserlo nella interessante disponibilità polimorfica della fotografia: che non ha per unico e
forzato destino, l’appiattimento quantitativo). Se mi dici che si tratta di tecniche che evidenziano
la processualità, va bene.. Per quanto riguarda gli ovali: li ho invece fatti uno per uno (in certi
casi ripropongono lo stesso soggetto, sfalsandolo e per problematizzarlo), anche se alcune volte
son fatti di ‘materiali’.. Torno a dirti come la svalutazione dell’opera unica, in certi momenti, sì,
era o è fondamentalmente giustificata: per le caratteristiche specifiche di certe tecniche, per
l’ampliamento di orizzonti espressivi, e anche perché l’opera unica può esser conseguenza della
santificazione commerciale: la santità di che? dei soldi? Invece l’importante è l’arte come
produzione di idee o di pulsioni. Quando io queste idee e queste pulsioni le ò elaborate e
mostrate, poi cosa mi importa di santificarle, di commercializzarle. Sono tutti fatti che non mi
riguardano. Quindi, se uno dice: ma io voglio solo il pezzo unico (e mi accontento di questa
caratteristica).. Beh, che sia unico non basta, né garantisce; vuoi la cacca messa in cornice?
Magari prendi una cavolata o una crosta, perché è unica (..e non ti salva nemmeno la firma,
l’anno, o altro!) e non prendi un’altra cosa proprio perché è intelligente?! In altri casi invece
l’unicità è una caratteristica importante o imprescindibile. Ma l’opera, unica o meno, quando è
significativa è significativa, quando è scema è scema! (giudicare, come vivere, è anche un
rischio; anche se in molti casi le boiate son così palesi, a chi ha intelligenza e cultura..).
Come ti dicevo prima, un’altra costante individuabile nella tua produzione è la
“sperimentazione” ad oltranza. Come entra questo aspetto nel tuo lavoro?
Non caricare però il termine di riferimenti generici, non miei. Sperimentazione ad oltranza? Per
forza! se uno non ‘fa’ qualcosa, che fa, sta in poltrona? O uno non fa proprio niente perché non
sta operando; o, se si mette lì, deve inventare, il che non significa affatto inventare
angosciosamente con l’acqua alla gola (ti ò già detto che ci possono volere anni per compiere
qualcosa) ma vuol dire procedere. Ha inventato una volta per tutte e poi si ripete? Questo potrà
capitare, ma è un condizionamento: ti puoi ripetere nella vita, ma nell’arte dove sei tu padrone di
te stesso, se ti ripeti sei un fesso. Faccio anche la rima..! Mi sembra purtroppo, che in molti
campi (arti visive,cinema, letteratura) da molto si instauri un clima di confezione-tradizione con
risultati inesistenti, ‘raso-tera’, ..stoffa costosa che copre un vuoto e un esaurimento..; scherzo
troppo con le parole? Con i fatti e i misfatti: c’è invece poco da scherzare!
Arte come progetto o come produzione di opere da incorniciare?
Progetto e non solo progetto, è anche realizzazione, se no non esiste. Alla fine le opere possono
anche essere vendute.. A questo punto magari mi disturba meno (anche se son sempre distante..),
ma per molti anni ho avuto una remora pazzesca su questo, proprio un tabù, non moralistico nel
senso che volevo salvarmi da.. , ma non mi sentivo all’altezza di queste bassezze, capisci?
Quindi, io faccio arte solo perché mi piace farla, perché intendo fare qualcosa di significativo (te
ne ho detto, anzi, i limiti; che questa cosa forse non è tanto significativa per ‘me’ o per ‘tutti’).
Sull’aspetto del mettere in cornice, del confezionare.., io sono abbastanza carente, anche se mi ci
sono dedicato, anche.. se certe opere sono fatte addirittura di cornice (conosci le mie ‘cornici
incorniciate’..). Però tutto quello che è istrionismo, messa in scena che non è solo la messa in
scena come installazione dell’opera e come idea, ma che.. temo sconfini nella furbacchiata: tutto
questo proprio non mi riguarda.. perché allora vai a vendere cotechini e profumi cellofanati (nati
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fanatici del ce lo fanno?!), forse ci guadagni di più. Anche, per esempio, la moda, la caricatura
ecc. non ritengo che siano cose imparentate con l’arte.
Parliamo dei tuoi rari disegni che cerchi di non immettere nel mercato. Li consideri opere
autonome o in funzione della produzione plastica?
Sai che io disegnavo moltissimo, fino alla metà degli anni Sessanta, poi avevo smesso
programmaticamente. Ho ripreso successivamente, come progettazione, e anche oltre.
Francamente per disegnare: bisogna saper disegnare: dis-segno, il segno qua e là, la mano deve
correre; certi disegni che vengono contrabbandati come tali, di chi fa un pochino di Picasso, un
pochino di Matisse, sono le cose vomitose di gente (scusami la mia nuova cattiveria) che non sa
tenere la matita in mano; perché il disegno è una lotta scoperta, la matita deve essere un nerbo
che striscia, che sguscia, che costruisce, che ha dentro una struttura. C’è gente che sta lì con la
puntina, con la gommetta per cancellare: ..fa proprio schifo al ca’ (..nisciuno è fesso). Il disegno
poi, essendo una tecnica antica e tanto risolta (nella Storia, come ho detto; e in me), non deve
avere un fine decorativo; ..altrimenti, in genere, non viene la voglia e la carica nervosa di farlo:
se non c’è una necessità, so che fallisco; butterò il disegno squilibrato. Ecco, il disegno,
strutturalmente, non.. celofanno, non ce lo fanno (e del resto ogni cosa: anche, per esempio, la
foto, se la intendi bene): dobbiamo farcelo! Ma, se mai.. cosa cela? O quando: ce lo hanno fatto?
Nel Cinquecento! (..confezio-nato allora: confessalo!) ..Capito, nini? (toscano.. del ‘500?)
C’è un legame tra disegno - inteso come entità grafica - progetto e scrittura?
Sì, la mano che corre, la mano abituata, la mano che sa disegnare, che ha tradizione, come il
pianista che sa suonare perché ha disposizione ed ha studiato tanto: quella è una mano che
disegna, che scrive. Qualcuno ha notato anche che la mia scrittura è tutta sciolta, tutta di corsa.
Non so fino in fondo cosa significhi. Probabilmente c’è un legame: alla base c’è la capacità di
poter disegnare. Se vuoi, ti riparlo di una mia certa svalutazione del disegno; ed è perché è
imbevuto di tradizione: grande ma ormai pesante; e forse ancor di più, perché, tutto sommato, io
quello che so fare.. tendo a metterlo da parte: per imparare quello che non so fare! Poi..
vedremo; è pur sempre utile, piacevole e ardimentoso, schizzare. (E qui voglio ripeterti che.. non
sai quanto la grande arte del passato mi interessi e mi abbia interessato!)
Spesso sono anche partiture di percorsi mentali, immagini psicologiche..
Sì. Ci sono tanti grafici.. tra disegno e grafico c’è una certa differenza: il primo è di getto, anche
se pensato; il secondo è più cauto, e può anche non essere disegno. Benché, quando metto giù la
matita sulla carta, il segno è sempre segno, eh?! Anche la macchina da scrivere l’ho molto usata,
e come segno. L’estetico in me è sempre presente, anche se non vuol essere fine a se stesso;
come le idee non vogliono essere fine a se stesse, come niente deve essere fine a se stesso!
Purtroppo, l’arte, come ogni cosa umana.. è limitata (e qui ribatto il chiodo, non.. nel costato, ma
nella mano per mettermi in croce) nonostante che poi vorrebbe essere per il mondo, ..come un
pesce che non volesse essere pesce o che volesse essere uccello, o viceversa. Ci sono delle
impossibilità, tristi.. (tono grave; pausa) a parte i pesci volanti, e gli uccelli tuffatori!
C’è un rapporto tra la tua scrittura e il segno?
Potrebbe esserci a livello formale. Una volta hanno fatto una lettura della mia calligrafia (anche
quello è un terreno interessante, che non conosco). Mi hanno evidenziato, di positivo.. che non
svelava magari.. tutto il mio negativo; anzi.. La mia scrittura è molto sciolta, molto libera, molto
volante. A prima vista sembrerebbe di un estroverso, di uno che va nel mondo, scampanellando
di qua e di là. Così il mio disegno è un disegno furente, pieno di vita; forse se io, pur non
essendo affatto un competente di grafologia, giudicassi me dall’esterno, sia nel disegno che nella
scrittura, direi che sono un tipo molto veloce, espansivo; poi sai che sono tutto rattenuto, a certi
livelli; ma anche che dentro il trattenersi sta invece un tipo che va molto veloce. Per cui questa
scrittura e questo disegno che si assomigliano, così legati-articolati e così veloci allo stesso
tempo, significano forse più il dentro e l’origine che il fuori e l’apparente. Oppure, già quel
‘legare’..? Ma lì veramente si tratta di strutturazione. E qui torniamo ai problemi del linguaggio
come: sublime mezzo e come impaccio!..
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addio, madre arte,
ti mostro la lingua
(..e la nevrosi storica dei linguaggi)
Riesci ad estrarre dalle tue esperienze la linea evolutiva che ti ha portato fin qui, sia dal
lato linguistico che da quello contenutistico?
Io la linea non la estraggo, la produco, continuamente. Bisogna vedere se la produco nell’arte
solamente, questo è il limite..
Cosa ottenevi con l’apparecchio fotografico, peraltro mai abbandonato, e con la cinepresa
rispetto agli altri?
Gli altri artisti non adoperavano l’apparecchio fotografico o la cinepresa [ride]. ..se di là della
pittura (tu ne sai qualcosa), il Concettuale, ..figùrati!!.. Mi è sembrato, ad un certo momento, che
quello che chiamavo la ‘moralità del segno’ fosse insufficiente (del segno, non inteso qui come
‘comunicazione’, ma nel senso de-formativo, grafico-pittorico) e quindi, come ti ho detto, son
balzato (..con i miei ‘marziani’, dallo sguardo che non conosce né riconosce il potere del dogma
degli specifici) verso questi mezzi mentali-esistenziali ‘Senza Peso’ (con la loro tradizione e
sperimentalità), ma non è che ci fosse qualcuno a ruota. Parliamoci chiaro: se volessi
radicalizzare, ed essere presuntuoso o vero (vedi tu) io ò cominciato ed altri son venuti dopo, te
l’ho detto. La foto ho cominciato a introdurla.. nei primi anni ‘60, proseguendo in parte nei ‘70;
la cinepresa, diciamo solo nei ‘60. Oggi (come, del resto, in passato; e anche questo è..
controproducente per la diffusione pratica) fotografo a volte delle mie opere; ..per il resto
vedremo. Ho usato certo anche il video (fine anni ‘60, e anche ultimamente): ha il difetto della
poca consistenza e standardizzazione. L’effimero a me secca: non intendo lavorare a vuoto. Può
essere interessante per installazioni; ma per quanto diverso, ..è pur sempre uguale (la vera epoca
coraggiosa della immagine non manuale e della sua ‘ambientazione’: era anche prima della metà
degli anni ‘60. Poi.. si vedrà). Qui.. non ti sopraggiungano dubbi! Ti ho detto che, per sua parte,
la pittura è tramontata alla fine dell’Ottocento.
La fotografia ha sempre interagito con l’altra produzione?
Molto in passato, no. Anche se, per esempio, dietro Van Gogh.. c’è pure la fotografia. Poi, usavo
le foto, per esempio le istantanee classiche di uomo e donna, e bambini; e mi misi a fotografare.
In quel momento di passaggio, anzi ben prima della metà degli anni ‘60, ho cominciato, per
esempio, a studiare fotograficamente dei soggetti (intendo come modi, non come atteggiamenti)
che rendevo graficamente; o facevo poi sconfinare segno manuale e segno meccanico. Dopo
essere stato a Parigi, nell’ ‘Atelier 17’ di Hayter (dove ho appreso la tecnica - tutta ‘manuale’ dei ‘colori su unica lastra’), ho fatto altre cose fotografiche che stampavo con i colori simultanei,
ideando la “acquaforte fotografica a colori simultanei”. Poi ho lasciato tutto questo perché aveva
ancora un aspetto materico, per alleggerirmi nel mezzo fotografico, che non era affatto la
“fotografia” o la “cinematografia”. Allora mi chiedevano: “Ma che: ..hai cambiato mestiere?”
Perché le cose stavano così allora, siamo chiari! In seguito, ti ho appena detto che la foto (dopo
averla sperimentata e inventata, addirittura nelle tecniche, per anni) non l’ho praticata (l’epoca
eroica.. sono gli anni ‘60, ..inizio ‘70). Io non porto nessuna targhetta all’occhiello.. o scritta in
fronte! Quando arrivano i salvatori, ..Dio ci salvi!
Come tematica, a che tipo di immagine eri interessato all’inizio?
All’inizio quando? Lontano, lontano.., da bambino facevo tanti cavalli, storie di scimmie, alleate
dei topi contro i serpi: disegni, libri, giornalini, pitture. Conoscevo, attraverso mio padre, tante
cose di gusto (arredamento, tecnica, disegno, invenzioni, bricolage, musica, letteratura, pittura,
teatro di burattini che metteva in scena, per esempio, Shakespeare..). Sempre da bambino, con
Raul dal Molin Ferenzona e con mio padre incidevamo e disegnavamo.. Più tardi, come ti ho
raccontato, avevo ri-conosciuto un certo Futurismo (anzi, le conseguenze della sua ascendenza
formale - o meglio segnica - liberty), Van Gogh e i post-impressionisti, etc., la metafisica
(Carrà), i primitivi.. Lavoravo dal vero, oppure di fantasia, ma in senso figurativo: t’ho detto già
tutta la mia successiva polemica, molto forte, all’interno del realismo, perché capivo bene i..
valori astratti del segno. Anzi, li vedevo per esempio, in Van Gogh (non inferiore, anzi, direi
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più grande, come ‘strutturalista’, di Cézanne), per cui l’ho reinterpretato a modo mio. Vicienzo
(con gli altri 2 Pauls): una figura centrale. In lui, e in quel momento storico, la grande autenticità
poteva ancora esprimersi di fronte al mondo, nella volontà di ‘rappresentarlo’ figurandolo (non
sto citando). Poi, in quel tardo Ottocento - sul piano espressivo - forse, in definitiva, ..per
l’avvento quantitativo dei media.. meccanici: questa possibilità figurativa va in crisi. Lo conosci
l’aneddoto? Van Gogh camminava nel fosso, invece che sulla strada, e un accompagnatore gli
chiese: perché? Lui rispose: ..perché per l’arte bisogna soffrire! Non è una barzelletta, anche se è
divertente, no? Oltre alla convinzione morale, in quella ‘ rappresentazione’ era implicata una
densa cultura figurativa: la fotografia, appunto (il taglio istantaneo, sia pur di più antica radice..
classica); il segno (nordico, ecc.) che si fa struttura (non solo prospettica, ma: interna e mentale);
la stampa giapponese, ecc., che media, introduce l’esaltazione del colore, i complementari e
l’astrazione di esso, che conferiscono - insieme al segno - forte novità alla scena: dal vero ma
non più naturalistica. E chi ha ragione? La socialità adulta - sia pur positivistica dell’impressionismo; o l’interiorità, la struttura interna, il.. rude-mentale ‘ingranaggio’ (vedi
anche.. grano) quasi primitivo, di Vincenzo & Co.? Visto nell’ottica di un’arte che si dovrà fare
mentale e culturale, direi - paradossalmente o meno - Vincenzino, anche se così ipertermico e
sensuoso (inoltre, in lui, un gran dominio, nel lavoro; altro che squilibrio!). Una porta finale,
dalle molte conseguenze negli stili futuri e immediati (non parlo tanto del vicolo cieco
dell’espressionismo o fauvismo, quanto di.. Picasso, Klee, Mondrian, ecc., ecc. E quindi..
cubismo, astrattismo, forma pittorica surrealista.. Ma, in verità, conseguenze, tutte queste, già
racchiuse in sé, intendo in Van Gogh stesso & Co. : i quali sono quindi porta finale della
‘figurazione in diretta’, o meglio: della figurazione tout-court; in quanto - a esser drastici - tutto
il resto può ricondursi e annullarsi (sul piano della concreta incarnazione formale) a questa
estrema porta chiusa del Postimpressionismo. ..Checché (..coccodè: senza uovo) ne dica l’intatta
intangibilità di certe menti (mentine, fredde), o la lumacosa visceralità di certi intestini (..a me
m’ha rovinato ‘a guera’.. culturale). Riprendendo finalmente il discorso che mi riguarda, o
meglio che mi descrive: dopo o durante queste esperienze, ho cercato e conosciuto tante cose
(artistiche e non: psicanalisi, letteratura, linguistica, ecc..). A metà degli anni ‘60 o anche prima,
ho abbandonato tutta quella ‘moralità del segno’ (diciamo manuale): mandata alle ortiche a
favore di un alleggerimento, di una.. lotta e invenzione in altri campi. In parole molto povere e
reiterate: dopo la rinuncia dell’artista a fare l’ “artista”, cioè dopo il ready-made: che altro vuoi
fare di nuovo, cioè di necessario: se non dialettizzare Creatività e Cultura, e il loro reciproco
bisogno, in maniera del tutto Nuova?!!
In questi ultimi anni come si è evoluto il tuo interesse per l’immagine?
Oltre all’immagine in senso stretto, ho adoprato tante altre dimensioni, come sai: azione,
ambiente, scrittura, lavori fonici, il libro, i testi creativi o critici, il video (non solo come
immagine) e altre cose. Quando l’ immagine, agli inizi degli anni ‘70, diventava luogo comune,
io scantonavo da un’altra parte (ma perché avevo già ben sperimentato quei modi!).
E attualmente qual è l’immagine che vuoi esprimere?
..Per esempio, ora, hai visto, lavoro più.. a questi oggetti, e a questi quadri, oppure a delle
grandi opere, che stanno anche all’aperto. Le ‘Fontane’, ..un ‘Wrong Bed’ e un ‘Right Bed’
monumentali..Ti potrei anticipare qualcosa che, purtroppo, non so se si realizzerà, per questione
di sponsor e di tempo. Contro la facciata del MUHKA di Anversa, dove farò la grande mostra,
vorrei mettere un aereo, piccolo aereo vero che viene giù in picchiata e va come a schiantarsi
contro la facciata del museo, proiettandovi un’ intensa luce rosa, mentre nella carlinga si vede un
bella donna nuda; e questa cosa si riallaccia ai “Templi di Venere” che conosci. “Le vol entier
de Vénus”, uno dei due templi si chiama così, e questo può voler dire tre cose: “Le volentier de
Vénus” (“Il volentieri di Venere”), o “Il volo intero di Venere”, oppure “Il furto intero di
Venere”. L’altro tempio si chiama “Le viol en tiers de Vénus”: il furto o il volo in terze parti di
Venere (quello con la conchiglia vera è anche spezzato in tre.. volendo). Tutto questo furto o
volo di Venere, in quelle luci rosate dei tempietti.. Lavoro a queste cose, ma non è detto che mi
fermi a questo, lo sai! L’immagine della bellezza, che, questa volta addirittura si identifica con
la bellezza della donna, in senso sia simbolico che reale.. (Non ti fissare.. che io non mi fisso!
Sai che sto scrivendo, e poi registrando mie letture di poesie ed effetti, rumori.. Sto realizzando..
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Ceci est une.. ‘pipe-line’, ‘ready-maid’, ‘cassepipe’: questa è: una ‘conduttura di petrolio’, una
‘ragazza pronta’, un ‘rompicollo’, ..eccetera, eccetera).
Tutto questo corrisponde ad una personale immagine visiva e concettuale, che ingloba
cultura, sentimento e fantasia creativa.
Sempre nell’opera ci sono queste componenti. Attraverso i tempi ci sono state tante stupidate
critiche, prima il rigore, poi la fantasia..; ma la ‘cultura’, invece, non s’è mai proposta, perché
l’artista doveva essere sempre un bestione (per paura che si.. turasse!). Lì posso dire di essere
stato uno dei pochi o meglio l’unico che ha portato fortemente la cultura nell’arte, non per
soppiantare il critico, non per dire che l’arte deve essere fatta di cultura specifica, come le
cretinate pseudocolte che dicevano quelli del Gruppo Art Language. La ‘scienza’ è invenzione e
linguaggio, come l’arte (strutturalmente si equivalgono), ma bisogna conoscerla. L’arte è un
centro.. e una periferia, in cui niente deve essere escluso, quindi, non certo la cultura, ma non la
cultura visiva, la cultura in generale. D’altra parte, all’arte non basta certo la cultura, non è che
le parole facciano l’arte, se sono aggiuntive, appiccicate. L’arte è il luogo in cui puoi fare un
pieno, una piena di tutto; devi fare questo, non per vomitare, ma per digerire e riorganizzare
tutto.. Ti dirò che, psicologicamente, nell’arte (e non solo in essa) uno non può limitarsi ad
omaggiare o essere ‘madre’, ma deve farsi ‘padre’, ecc. ..O viceversa!
Qual è il tuo concetto di bellezza?
Che vuoi che ti dica?.. Ove il sol ne riLuca (e disluchi, dislochi)..Ultimamente dicevo, un po’
per scherzare, “la beauté c’est mon métier”. Sento troppo spesso la monotonia chiusa.. del
mondo.
La bellezza discende sempre dalla verità?
Radicalmente potrei dire di sì, ma non è poi detto..; o meglio, ..cosa vuol dire?
Opere grafiche, fotografiche e cinematografiche, repliche differenziate anche
tridimensionali, scrittura, sculture-oggetto, ‘ovali’: si tratta di una sequenza di opere, per
un unico quadro, ma concepite per uscire dalla gabbia del pezzo unico con alla base una
logica comune di ricerca e sperimentazione?
Beh, sì, alla base c’è tutto un mio fare, la mostra stessa ad Antwerpen sarà - come l’ho pensata ..un’ ‘opera’, se non un opus (ma non insistere sul pezzo unico o meno. La cosa non riguarda
troppo l’arte: non è che ..ci sia da salvarsi dal pezzo unico! Pezzo unico sì, e pezzo unico no, a
seconda dei casi, come ti ho detto).. (a posteriori, aggiungo che la mostra di Anversa - cruciale
per me - è stata molto curata nei suoi legami ambientali , quasi.. come all’interno delle opere. Ho
forse in parte contraddetto ..un mio ‘sbaglio’? Una certa mia incuria, un non ‘dar peso’ a quella
che, a torto o a ragione, mi può sembrare la confezione dell’opera?). Ricerca alla base e dentro e
sopra e dovunque, non bruciando le tappe, ma saltando. Poi ti ho detto e ripetuto che questo
monumento equestre che corre, o pedestre che sta fermo, ha il limite di essere dovunque, tranne
forse che.. in me stesso? Non nel senso che io tradisca me stesso: io ci sono tutto intero, ma ci
sono per qualcuno? Sono di fronte a uno specchio poliedrico in cui la mia faccia, una volta
tanto, è bella, è riflessa in tanti modi nuovi; ma è la ‘mia’ faccia (non è tanto o solo una sfiducia
nell’arte, nella cultura, è più una sfiducia in me??) e non voglio vederla solo riflessa mille volte
bella, perché vorrei vedere anche le facce di tutti gli esseri del mondo. Ma sto diventandomi
noioso, uffa!..
Proseguiamo. È giusto dire che nella serie di opere della stessa dimensione chiamata ovali
per la caratteristica forma del ‘dipinto’, anche l’aspetto psico-metafisico lega i soggetti fra
loro?
Mah, ti ò detto che ci si può addentrare in questi ovali (che iniziano nel ‘79) in diverse maniere,
che si possono guardare singolarmente o montare in diversi modi, e l’accostamento è già un
problema. C’è questa allegria (vari ‘scherzi’) e allo stesso tempo, pensieri (quasi ogni soggetto
presenta un.. ‘problemino’ o un tranello); questa apparenza di cosa colorata, e poi questa
sostanza di cosa più profonda del previsto, come un po’ in tutti i miei lavori. Argan l’ha detto
vedendo il complesso “La logique du Goût”; qualcosa come: “brillante o festoso, e poi sotto c’è
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molta intelligenza”. Sotto c’è una complessità psicologica; e anche colore e calore insieme, da
assumere magari così.. nell’apparente scelta di qualcuno di mettersene sei sopra il divano..Tutto
questo porta a un intrigo ben sguinzagliante e ben sguinzagliato (in cui cercare un percorso) e
propone quindi la presenza psichica e il coinvolgimento di me e degli altri. T’ho parlato di
“scherzo”, termine che si adopera anche in musica, e che, chiaramente, non esclude tanti rimandi
culturali. Allo stesso tempo, un complesso può essere preso d’emblée, tutto insieme, e goduto
così, nello spazio (ad Anversa, la grande hall del Museo era invasa a mosaico da 200 ovali). Alla
base non c’è la volontà di fare un repertorio di citazioni, di saccenti saputerie o sapute
saccenterie, ma c’è un bi-sogno (2 volte sogno) fra i due fuochi della forma dinamica. L’ovale..
quello vale molto, eh!, chillo ovale, chillo vale (scherza). Vale che cosa? che dentro (nonostante
l’incapacità di uscirne?) c’è il dentro! C’è che, se uno potesse capire, ..forse chiagnerebbe.. o,
con un frustino colpirebbe allegro i cespugli fruttuosi: ..ridendo castigat mores.. ha!, ha! a moré,
ti ga capi’?! mangia le more e non punirle vai! nell’Arte della memoria..
Scusa se insisto: allora, con queste opere hai voluto sviluppare, in particolare, una
dialettica tra forma estetica e psicologia?
Sì, questo è in tutto il mio lavoro (e anche nel lavoro dell’artista in genere). Potremo dire, però,
che in me c’è anche questo aspetto di coscienza (ma non a senso unico!) della cosa e di lavoro
sul problema, che potrebbe essere un limite, ma che, in realtà, da un punto di vista culturale ed
espressivo, non è affatto un limite: perché l’artista istintivo (in verità: estinto, proprio
nell’istinto!) che ‘non deve’ avere coscienza delle cose (perché ‘maternalmente’ legato ad esse),
e che è un ‘genio’: è roba dell’ ‘800, roba che fa ridere i polli, e i polli chiacchierano tanto nei
nostri pollai, senza capire un cavolo fiore..
La tua produzione, oltre che di personali tecniche meccaniche, si è sempre giovata di un
sapiente uso delle mani, ma negli ovali hai superato il limite approdando a una esasperata
manualità. Il contrasto evidente con quel nuovo concetto di serialità, di cui si diceva prima,
è voluto?
Intanto, ti vado subito a complicare le cose! Perché ora, per esempio, sto facendo 56 ovali che
sono semplicemente 4 fòrmiche di 4 colori (che però sono i colori delle Funzioni psichiche
junghiane!) portate lì, pari pari, a quella misura e forma. I colori chiari, che sono dei ‘materiali’.
Quindi, ecco anche tutto un blocco di roba che non è manuale. Ti giuoco dei brutti tiri? Ti ritiri?
No! D’altro canto, tu lo sai che altrove e in tante dimensioni, opero con manualità e gusto.
Anche gli ‘oggetti’ che nominavamo - purtroppo solo a parole - hanno caratteristiche di minuta
finitura, quasi.. antiquariale, che ho loro conferito con molto lavoro (..dalla falegnameria, alla
lucidatura, al dipingere caratteri, all’elettronica..; mentre, sì, nelle pitture, puoi trovare perfino la
macinatura dei pigmenti, e il procedere per impasti o per velature, le secchezze strutturali tre o
quattrocentesche..). Un altro.. involontario modo - per eccesso di ricchezza degli oggetti - poco
mercantile.
Patella come considera il citazionismo, oggi che si va affermando, almeno in una certa
area, il post-minimalismo, la nuova oggettualità?
Io sono piuttosto attento a quello che succede, ma, in questo momento, non tanto, perché mi
sono seccato delle troppe beghe. Sono stato attento e, allo stesso tempo, attento a scantonare
istintivamente dalle cose risapute. Il citazionismo mi sembra una storia di 5 -10 e più anni fa,
poi viene dell’altro.. ma quando viene l’intelligenza? Quella non viene mai.. Invece, è quella che
ci vuole! Non l’intelligenza di quello che sa far quadrare le nespole logiche, o di quello che sa
contare fino a tre o quattro.. centomila bigliettoni.., ma di quello che sa costruire qualcosa di
integrale e disintegrato e, allo stesso tempo, aprire le porte e andarsene. Far di nuovo finta di
essere ‘mentali’ e inesistenti, venga pure, ma è cosa vecchiotta. Informatevi di chi à fatto prima
certe cose. E soprattutto, informatevi su quel che c’è da fare. È la complessità che urge. Ed è
appunto la complessità che il sottoscritto, senza false modestie, promuove e attua da tempo!..
Notavo, da capo, ultimamente, che una lettura del passato recente, non solo viene falsificato da
giovani che non si documentano, ma anche da.. vecchi che dovrebbero almeno ricordare. E che
si è molto capaci, non solo di non riconoscere quel che è stato, ma di: inventarsi quello o quelli
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che non c’erano! Io, poi, non opero tanto per il passato, quanto per quel che faccio, o per.. il
futuro.
Comunque, riguardo al resto hai assunto nell’opera anche questo aspetto pratico del
paziente e antico mestiere del dipingere come citazione culturale, impiegando, per giunta,
anche la materia dei maestri della Scuola Senese del Trecento, che, poi, è la terra (intesa
come materia-colore e come luogo della creatività..) dove affondano le tue radici. In questa
scelta, che peraltro richiede tempi lunghi, c’é stato pure il gusto di rivisitare le
esercitazioni pittoriche del tuo primo ingresso nell’arte, precocemente abbandonate, e di
creare un cortocircuito tra immagine pittorica storica, ready-made e nuovo linguaggio
psicologico e concettuale, per arrivare a una sintesi espressiva insolita e più significativa?
Quante cose! La citazione decorativa era un luogo comune di qualche anno fa. Per i luoghi
comuni, sai, io posso anche tangenzialmente passare, ma non ci sguazzo mai, per cui tutto quello
che si usa, io sostanzialmente lo disuso. Sì, la relazione con un certo mio passato c’è, perché no?
Tempi lunghi.. per i vampiri dell’arte; e tempi lunghi per chi invece la gusta sul serio e anche la
vive con tempi brucianti. Qualcosa di vero c’è in questo. Tieni presente.. che - come dicevamo non devi presentarmi come.. un immaterialista, che abbia praticato, solo in passato, la sensibilità,
la sensuosità, l’intuizione, l’istinto. Al contrario! Io muovo sempre con questi strumenti, sono un
animale.. sul chi vive del sentire e del vedere, odorare.. Credo che l’artista non ne possa fare a
meno; ma non credo che oggi uno possa.. felicemente naufragarvi. Deve esporsi a rischi, fatiche
e piaceri maggiori, per concludere cose vive. Per quanto riguarda la pratica lenta - del resto
sempre presente in lavori veri - negli ultimi anni ò lavorato a lungo alle opere di cui parlavamo
(oggetti di Den & Duch, etc.), magari anche molto di più che agli ovali. Sai, qui aprirò un’altra
parentesina per riaffermare che non ci sono criteri esterni e standard di salvaguardia della qualità
delle opere. Il ‘lavamani’ del freschetto ..equivale, in senso assoluto, alla pratica lenta dello
spennellator cortese (..pur se questa farà tirare un sospiro di sollievo all’atavico gusto malgusto
del trisnonno papalino che perdura nel nipotino). Anche l’intenditore di arte antica può prendere
fischi per fiaschi sfondati. Si è straparlato sul mestiere di mestieranti: niente affatto capaci per
giunta. Niente è facile. E, intanto: la pratica lunga va intesa come qualcosa di ben più sostanziale
e nascosto (anni e anni), e poi il giudizio - te lo ripeto - può essere solo affidato alla sensibilità,
all’intelligenza, alla cultura.. Ovali: ne ho fatti diversi e alcuni con molta pazienza (preparando
le tele, impastando colori, materiali, ecc. Le mie esperienze: tieni presente che non erano
esercitazioni e che non le ho abbandonate sul nascere, ma dopo molti anni di lavoro, non solo
propedeutici, ma produttivi). Altri ovali, invece, hai visto, sono fatti con dei sistemi che si
ripetono: le stoffe e ‘tovaglie’, che hanno anche qualcosa di meccanico dentro, pur nella
manualità spinta che parte dal pigmento, fino a strutturarsi nell’immagine. Non credere, però,
che ora mi sprofondi in questo! Ti ho appena detto di altri ovali che sono semplicemente dei
materiali industriali.. che però impersonano (in quanto colori) le Funzioni Psichiche; .. e allora
ricadiamo in altre storie: il signor Rossi li vedrà solo rossi, gialli, verdi, o blu; e il sottoscritto, e
il signor Pappagallo o meglio Arcobaleno, li vedranno in maniera più complessa, magari col mio
aiuto, se richiesto. Neppure credere che fino a non molto fa sguazzassi nell’opera condensata o
manuale, e che ora non la segua più.. Starei, sì, in questo frangente, forse più a fare qualcosa di
pratico per.. me stesso all’opera, ma non certo per buttarla alle ortiche; magari scrivere poesie,
che sono più brucianti, o andare a spasso per guardare, vedere la gente, eccetera. Per concludere
con gli ovali, chi sceglie solo quelli più ‘condotti’ - senza accostarli ad altri, può avere, sì
un’opera isolata che funziona bene, ma.. mostra di non capire molto l’operazione fatta di
rimandi interni ed esterni all’opera e al complesso. Inoltre, se parliamo di opere, non nominiamo
solo gli ovali: ce ne sono tante altre, coordinate e risonanti! (ci vorrebbero giorni, o volumi
interi, a descriverle). Ci sono i ‘Letti’ paradossali, saldati di ferro e colorati (rieccoci alla stereocromo-psicografia) - presenti nella collezione dello ‘Stedelijk Museum’ di Amsterdam. I ‘Letti’
di legno, ..tanti altri oggetti di ‘DEN & DUCH’ molto complessi, come.. il ‘Gousse’ cinguettante (quando prendi il pistillo ..del ‘Giardino delle delizie’ di Bosch), o il ‘Cosmo’
capovolgente (come il fondo specchiante di un occhio.. storico, in cui vibrano chimici e
misteriosi spazî, pesci ‘rotondi’, uccelli d’oro..), e l’ ‘OrElogio’ (elogio di un tempo psichico,
interpolato all’infinito), o i ‘Vasi fisionomici’ dei Duchi d’Urbino (torniti sui loro profili; quello
di lui, come sai, alterato forse da un fendente), il ‘Red-made con Epergne’ (un ready-made
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strano, un bel po’ ‘aiutato’), e i tanti piccoli ‘Giuochi di Bina’ (la.. bambina doppia.. che
vernicia i Letti, e ..impersona l’ ‘anima’, l’Inconscio di Duch) sul lungo ‘Tavolo Anamorfico’; e
poi lo ‘Spleendor Solis’ - una videoscultura spiazzante - e la grande ‘Magrittefontaine’ (non
oggetto-trovato; non realizzata con le mie mani; ‘classica’; assai consistente.. eppure: una pura
idea!) che giuoca con la sua ombra (il profilo di René sul quale è tornita), con il suo ‘getto
d’acqua’ e con il laser che porta il fuoco sospeso sull’acqua, a fare un ping pong (una pallina sta
in cima al getto, infuocata da un raggio laser che la investe. Quando l’acqua la sposta, un’altra
sferetta su un altro getto di una seconda ‘Fontaine’ distante 20 metri: si accende..). Ecc., ecc.
una lunga Storia
(lumaca dell’arte):
addentrarvisi..
(in viso,
inviso?)
Mi pare di capire che persegui la complessità anche attraverso l’uso di tecniche e materiali
diversi.
..Mi pare di aver visto un gatto, disse il canarino.. (o viceversa). Saltiamo un po’ di qua e di là o
ci ripetiamo perché le tue domande tendono anche a colmare dei vuoti, e io vado altrove!
Tecniche e materiali diversi, certo - lo sai bene - proprio perché il mio ‘giuoco’ organico è senza
fine, un giuoco inteso non tanto come.. dis-vertimento, quanto come sfida. Si può giocare una
carta, un torneo contro chissà chi, ..contro la morte? che ne so.. (va’ e fa’ ‘n mulo! facendo le
corna) Sì, mettere nel campo di battaglia o da giuoco: tutto. A volte, ti dicevo della lentezza di
questo duello.. e puoi lasciare.. la lancia o il pennello, il pane (da Pisanello), il pannello o la
fresa elettrica, il laser, il registratore o la ball-pentel.. lì, e te ne vai altrove, a spasso.. O spesso
se posso, passo senza spasso. Sono assediato dalla creatività, è una condanna: devo difendermene!
Come nasce l’opera d’arte di Patella?
Come nasce? Come nasce?.. Patella è nato male? è stato deformato lungo il cammino della
speranza? ma l’opera nasce bene perché è sostanzialmente autentica. Lì mi sentirei di dire che io
come falsario non valgo, perché, se faccio qualcosa, è perché ci credo. Nella vita non me la
sentirei di dire altrettanto. Non melo far ripetere (se no marcisce la frutta sui rami, Eva
s’arrabbia, e non pesco più, fiorito..).
Ma il procedimento..?
Non è mai un cedimento di fronte a nessuno, in genere è contro tutti, malauguratamente o per
fortuna. Procedimenti tanti, tanti processi intentati e per lo più vinti, perché, se io mi ci metto,
..avendo le forze e l’intelligenza che modestamente e immodestamente possiedo, riesco. Lo sai,
che anche ogni tecnica l’ho sperimentata a fondo e spesso reinventata. Per esempio,
procedimenti fotografici originali, o la proiezione non deformata, su una calotta emisferica
(1968-‘69) che molti anni dopo ho visto realizzata da altri ..industrialmente (a Tokyo e Parigi)..
Ma non si tratta solo di tecniche, piuttosto di ideazioni (o ‘id e azioni’, ..come dicevo un tempo:
una dialettica di inconscio e coscienza..). E non tutti ce l’hanno, cela (..e quindi nascondono: in
latino, ..seguendo la chiacchiera, la retorica classica).. bigna da capi’. Ti ga’ capì? Una gran
scatola stantia di scotti e biscotti lazzaroni! Fanti veloci (che non arrivano da nessuna parte, se
non apparente e falsa).
Fai un esempio.
Tante maniere diverse, sempre però in contatto, fondamentalmente con fatti che possono essere
sogni, pensieri; fatti molto poco fatti oppure molto fatti, maturati nella mia storia, e nella Storia.
Per esempio, tutto quel costruire gli oggetti degli ultimi anni (gli ‘80), mi à fatto trovare i
“templi” di cui ti parlavo. Di lì ho pensato di realizzare i “Templi di Venere”; ma dove pescare
una statuina ..che fosse anche un po’ ironica? Un giorno ero a fare una telefonata rapida per un
taxi, da un vinaio fuori mano, e ne vedo una. “Quella che cos’è?”. “Viene da X, un paese fuori
Roma” (è.. un Botticelli reso scultura: un po’ kitsch, la Venere che arriva sopra la conchiglia, la
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patella). “Me la dà per x?”, avevo detto. “Va bene!”. Alcuni giorni dopo sono tornato e l’ho
presa, l’ho segata in due.. pensando prima se sopra o sotto l’ombelico. Poi, l’ho messa dentro
questi templi che nel frattempo avevo trasformato e fatto trasformare, uno dipinto di rosa
all’interno; e poi ho messo in entrambi quelle luci rosa smaccatelle. Ho colorato cioè le lampade,
le ho sistemate dentro, e questi templi staranno su degli alti supporti coperti da drappi, grandi
velluti rosa acceso, in alto. E forse l’aviatrice (non so se riuscirò ad averla).. andrà in picchiata
su di loro. I templi, in Trastevere (rubacchiati da qualche antica chiesa?) erano tabernacoli
settecenteschi..; tolti i simboli sacri, li ò sfondati come portici; la statuina proveniva da chissà
dove (vecchiotta e diversa da quelle brutte che si trovano ai Fori, di plastica). L’ ho tagliata e
messa in modo tale che, se tu la guardi di fronte[,] la vedi come intera, ma se ti abbassi un
pochino di più per vedere come ha la parte superiore, ti accorgi che è tagliata (sopra l’ombelico):
che non c’è! “Le vol de Vénus” è il titolo. Se la guardi di fianco, dal portico, le vedi il sederino
[ride], hai un’altra ‘visione’. Mentre, nel secondo tempio, trovi la parte superiore di Venere in
bilico su un nautilus, su una conchiglia, a sua volta messa su una base, e tutta sempre avvolta in
questa luce rosata.. (aggiungo a posteriori che, nella mostra, i 2 Templi si trovano in una stanza
rosata, con un rideau teatrale che apriva l’accesso al ‘Boudoir de Vénus’. Erano piazzati ai lati di
una modella nuda, in piedi su un basamento, illuminato di rosa anche l’ambiente.. Per quanto si
riferisce alla ‘Storia’, immagini che la citino erano già alcune foto globali del ‘65, e tante inizio
‘70, su Montefolle ecc.. Il primo Novecento, o prima, era richiamato nel film (in 35 mm) “Vedo,
Vado!”, premiato a Venezia nel ‘69. E, sempre ad Antwerpen, nel 1976 (in una precedente
antologica al museo ‘I.C.C.’) avevo realizzato dei.. tableaux vivants, con nudi femminili
illuminati da candele e atteggiati secondo Ingres, Velazquez etc., in un grande salone
napoleonico degli specchi. C’era anche una voce che leggeva Alice.. al di là dello specchio; il
tutto si scorgeva oltre cordoni e transenne museali). Lo spunto di varie mie cose è culturale, ma
ha sempre alla base una pulsione reale. Prima ho parlato di tradire il reale, la vita, ma allo stesso
tempo devo dire che le mie cose sono tutte autenticamente nate da stimoli miei, certo mediati
dalla cultura, ripescati nel passato mio e magari ..della cultura antica, ma mai avviati freddamente, così, come esercizio. Negli ultimi tempi mi sono reso conto, ..se non lo avessi saputo già,
di quanto calore covi nelle mie opere anche più apparentemente complesse.. Devi poi valutare le
componenti critiche e ironiche (‘ironico-serie’, ricordi?) di vari miei lavori (che a volte - ma non
sempre - possono reagire alla, o dialogare con la.. seriosità - tutta o in parte da ridere perché
esteriore e snob - di certi lavori altrui).
Addentrandoti nella storia cerchi anche di ritrovare il tuo passato?
Ti faccio un esempio: tra la produzione storica di Diderot e il mio passato che rapporto c’è? C’è
una relazione nel senso che Diderot mi interessa, in quanto.. mi ‘assomiglia’ da un certo punto di
vista. Se in Diderot non trovassi dei contenuti che trovo in me stesso, o nell’attualità, nelle
problematiche e soprattutto nei bisogni attuali (diciamo, in parole povere: la difficile
integrazione di.. razionalità e affettività. Il tutto, non sporadicamente, ma per.. organizzata
necessità proiettiva: in un’autentica “Autoencyclopédie”: come ho definito e interpretato
‘Jacques le fataliste’) non mi occuperei di lui.. Ci ho lavorato tanto e con passione!
Ora cerca di analizzare come entra nel tuo lavoro la cultura artistica del passato e quella
attuale.
Entra da tutte le porte, porte aperte alla Patella.. La ‘patella’ che è la conchiglia che il mare
spinge. Nel portico di Venere entra l’acqua almeno da tre parti, portandovi forse queste patelle,
spingendole sulla spiaggia ròsa di Venere.. Entra perché ci deve entrare, perché se no di che si fa
questo lavoro? Di ingenuità? La cultura (e l’opera) è un continuum: se cominci ad addentrarti in
quel Palatium, non puoi né devi fermarti in una stanza o in un’altra, se vuoi ri-uscire. Se parti
anche solo da uno spunto che ti riguarda, ti troverai legato al passato più profondo (è una
questione reale, non un rimando.. junghiano o altro). E il passato devi, certo, affrontarlo
filologicamente, con fatica e passione, grandi e non richieste (sai quanto abbia visto, letto e
ricercato, per esempio, su Dante, Piranesi, ..Diderot; a Parigi, etc. ..), ma anche saperlo usare e
capire e rinnovare in te creativamente, in modo niente affatto.. professorale. Mi potresti vedere,
in certi periodi.. non leggere niente affatto; in altri tanto. In certi momenti per limitarci all’arte ..
per le poesie: Virgilio, Catullo, Ovidio, Dante, naturalmente, e ..Góngora, ..i grandi francesi,
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D’Annunzio, etc. .. Ehi, ehi!.. Tu sai bene che io non sono un letterato, un professore, o quel che
sia, che agisco poi nelle arti figurative: chiariamolo bene al lettore! Sono uno che ha, sì, una
formazione molteplice, ma assai concreta è quella artistica, nonché la sua pratica, su base di dóti
e natura artistica (..fin da neo-nato: con questa pecca!). E qui ti aggiungo (per associazione e fra
parentesi) che chi proviene dal letterario e sconfina nel visivo, in genere non possiede la
adeguata sensibilità per la forma e la materia.. In un’ottica più sostanziale, invece, ti ho già detto
che non c’è contraddizione.., c’è vita, tra cultura e vita o pulsione, perché una non esclude
l’altra, ma, anzi, hanno profondamente bisogno l’una dell’altra: passato, futuro, presente, tutto.
Ma non credere che attui un metodo unico, nel mio lavoro. Che io ‘metta in opera’ delle teorie,
o che sempre ne ricavi dall’operare. Il fare è più vitale e variato. A volte spacco i capelli in 44, a
volte prendo su tante teste. E ti ripeto che la dimensione intuitiva.. e sensitiva dell’artista è
sempre presente in me.. come può esserlo il suo contrario. In certi momenti prendo vacanze dalla
teoria, e in altri dalla pratica; del resto, in sostanza, ambedue sinergiche, ma aggressive. La
cultura ha anche l’aspetto di una pericolosa ragnatela idealistica. Psichicamente, il difficile è
accettare la ‘vita’; senza essere ‘animali’ (?!). Vedi? Il linguaggio sfugge da tutte le parti; sto
dicendo: senza trasformarsi in..; o: perché purtroppo non siamo..? Comunque, una mia opera
possiede sempre, intrinsecamente e organicamente, molte componenti e molti punti di vista.
A voler mettere Tutto nell’opera, non rischi di appesantirla?
Non è un fatto volontaristico, né un programma: è un ovvio stato di fatto..Tutto il mondo à il
peso che deve avere, altrimenti non sarebbe il mondo. Appesantirla se io sono leggero?
Paradossalmente, se io non ci sono come essere umano, lì divento ‘pesante’.. perché sono troppo
leggero (questa volta, in accezione negativa). E.. se l’opera sapesse sanare questa frattura: che
piacere..! Nell’opera il peso di tutto non è mai un peso! È la.. stronzaggine che pesa e rompe da
morire, capisci? Pesa tanto perché non pesa niente! culturalmente: passare il tempo, come
passatempo e ritornello.. equivale a: perderlo. Vedi, via via, come è (.. ‘involontaristicamente’,
..che d’è?) anche ‘politico’ il mio lavoro? (E, rispetto a tutta l’aggressività che forse noti, ti dirò
che gli umani, le umane: possono ben mettermi in scacco!).
L’aspetto estetico è importante, ma secondario?
No, l’aspetto estetico è primario; non fine a se stesso, immesso con tutto il resto, ma anzi è
l’ésca. Non l’èsca e se ne vada, ma l’èsca ed entri; non voglio far abboccare chi sta a bocca
aperta.. [ride]; non parlo nemmeno della.. tele-visione, per carità: quei poveri fessi che stanno lì,
poco visionari, e credono che il verme dell’esca sia vero.. No, no, l’aspetto estetico è primario;
con la sua gran ‘risonanza’ interna, è una delle porte di accesso principali al porto e al tempio di
Venere, è il tempio stesso.. Se Venere è brutta, non è Venere, se la Patella è spiattellata, non è
Patella. Se il mare non spinge, non è mare, se la salsedine puzza, non è la salsedine. È qui la
freschezza. Poi, questa freschezza accompagna tutta la complessità delle trasformazioni, capisci?
Questo profumo, a prima vista, puoi gustartelo, ma dentro c’è tanto altro. Lontano dalla paura vecchia come il cucco o i cucchi (chi ha paura del lupo, buono e cattivo?) - che l’artista sia
troppo intelligente, troppo cólto; che ti schiacci i piedi. Ma già la Sensibilità è un terreno molto
articolato, e nella sua integrità, raro. Ci si stravacca l’artista, ma non è detto che non ne difetti. E
il critico spesso ne è digiuno e, già per questo, non capisce. E poi, te l’ho detto: una volta si deve
fare a meno dell’estetica, un’altra si deve annegare nell’estetico, poi non deve esserci l’estetica..
L’artista non è un burattino; l’artista, se è un uomo o una donna.. veri, deve essere complesso.
Perché il quadro di Tiziano vale qualcosa oggi? Perché dentro c’erano e ci sono e.. si sviluppano
tanti significati, oltre che maestria compiuta. Se poi Tiziano era anche un furbacchione, non me
ne importa niente a questo punto. Se l’avessi conosciuto avrei detto: “..ammàzzate che fjo de, togliti dai piedi, rompiscatole!”. Ma ora è passato il tempo, quell’accentratore era anche un
grand’uomo, e quello che rimane è pieno di significato che lievita, rimangono le sue fisionomie
dell’umano (‘Marzia scorticato vive’, dice un mio insieme, alludendo alla sua più bella, estrema
produzione).
non cercate (più) l’arte
..dove la cercate,
o dove la mettete!
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Cambiamo argomento. Con la periodica pubblicazione delle “Gazzette Ufficiali di Luca
Patella” di vari anni fa, c’è stato un tentativo di andare oltre la fisicità dell’opera per fare
un lavoro esclusivamente teorico?
Non “esclusivamente”: io non escludo mai niente, anche se in certi momenti privilegio questo o
quell’altro, ma è un privilegio così.. perché uno non è Dio e, quindi, ha anche dei momenti
diversi; ma non è escluso niente, perché al punto che escludo, mi precludo, e allora che faccio?
Dice, faccio.. tutt’al più il doppio senso; poi il senso unico, divieto di svolta a sinistra.. : ma
quella è la circolazione stradale, la circolazione vitale è ben altra cosa! Non è il giro di Peppe,
del cretino.. Anche limitatamente a quel momento (inizio degli anni ‘70): non facevo certo solo
‘Gazzette Ufficiali’, e neppure solo grossi libri (anche di 300 pagine), ma altro...
Non credi che il continuo sondare nuovi campi sia quasi un’autopunizione dal momento
che il tuo dinamismo creativo non dà il tempo di assorbire l’opera tempestivamente?
Ma, intanto hai visto come io nei campi zappi a lungo. Non è che sia il tipo che saltabecca, oggi
sta qui, domani sta là. Sono stato tanti anni su delle cose, inventandole, inventando tecniche
diverse, quindi non c’è questa rapidità e tempismo di bruciare le cose. Non ci sarà se mai
(quando il cor mi ditta altrove), l’insistenza a fini pratici. Per dirtene una: è un po’ assurdo
lasciare, alla fine degli anni ‘60, le tele fotografiche, o un lungometraggio già tutto girato, e con
riprese molto complesse (“Luca Patella / Lu’ capa tella”, con animazioni durate settimane giorno
e notte; fortunose riprese della contestazione studentesca; personaggi che sono Carlo Cecchi e
Marino Masé; ecc.).. per scrivere un grosso libro tot ale! Quanti voli, eh? A maggior urgenza!
Sondare nuovi campi non è un’autopunizione, è una necessità! Il fruitore poi, per sua parte, deve
frullare come un passero, fare la sua parte: e io ..passerotti a prendere, amico! Da un lato, fruitore, non ti spaventare, vieni a spasso con me e col tuo bambino: sarà divertente! Dall’altro, non
posso propinarti sciocchezze o vuote quintessenze-snob, per tranquillizzarti: preferisco
rimetterci, ..altrimenti tradirei tutta la questione, te incluso. È certo che mi rendo la vita difficile,
lo so bene (sono deficiente.. e non posso farci niente): ma non per principio, e non è questo il
fine della mia (auto)aggressività e: attività!..
Con la scrittura - che ti consente un’espressione più libera e rapida, di essere più
comunicativo e di realizzare un prodotto artistico senza peso - riesci anche a colmare gli
immancabili vuoti tra te e l’opera visuale?
Senza peso: questa terminologia a più sensi l’avevo introdotta per un certo tipo di immagine.
Non me la falsare, riportandola in terreno letterario, dove, nella semplice accezione di
immaterialità, risulta ovvia; e, in altri sensi, falsante. Che la scrittura poi sia così libera e rapida
come dici: proprio no! Perché.. hai visto per esempio quelle poesie: in parte sono scritte di
getto, con urgenza e ‘facilità’ (non c’è mai lo sforzo di voler fare ‘contro’.. il non riuscirci), ma
altre sono molto elaborate; poi, anche quelle scritte rapidamente, sono, in buona parte, limate
nel suono, tutte accordate, non buttate lì.
Ma non hanno una fisicità..
La letteratura non à una fisicità? Ne parla e.. la incarna nello stile, la.. imparola. La parola
(‘parole’ saussuriana) può essere molto sensuosa.. Ecco già ..parlare di: arte e letteratura. Beh,
che vuol dire? Non è.. arte letteraria? Magari il letterato non sa un fico di pittura, di immagine,
e l’artista non sa scrivere. Sì, ma in concreto (e.. in futuro) io propongo questa estetica e questa
moralità che vanno ovunque: ovunque il guardo io volgo, in mezzo all’arte mi trovo.. A meno
che non ci ripensi: ..perché non sono arruolato nell’arte, eh?!..
Quindi, anche la scrittura ha un valore plastico?
Stiamo giuocando un po’ a un giuoco inutile.. Beh, hai visto che io finisco spesso per
preoccuparmi della resa estetica della pagina, non in senso visivo, di poesia visiva, non in questo
senso un pochino banaletto, banalone, ma in un senso più vivo. Poi, però, la parola è parola (ha
cioè una sua storia). Sulla fisicità della parola, fammi ricordare quel passo di Gargantua, in cui
navigava in un mare così freddo che le parole, uscendo dalla bocca, si ghiacciavano e restavano
lì come tanti confetti: ‘parolles gelées’. Scaldandole colle mani, scoppiettavano come caldarroste
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e si ripronunciavano nell’aria. Capito? ..Il ‘materiale’ di Rabelais era altamente espressivo e
aggressivo, ..tante cose (attuali) nascono surgelate e prive di realtà
A proposito, vorrei conoscere dalla tua voce cosa ti consente di esprimere la parola.
La parola: ..che vuoi dire? Ora, per esempio, io sto parlando, ma mica vuol dire che tra un po’
non..vada al wc, e che poco fa abbiamo mangiato? Queste cose non si escludono a vicenda (o a
Vicenza, come diceva la buon’anima..) [ride]. Quello fa un mestiere, ma perché non ne fa un
altro? Perché in questo momento respiri e ti gratti il naso e io sto stirandomi un piede: sono tutte
cose utili, e l’arte o la vita devono circolare in tutto questo, altrimenti che stiamo a fare! Ecco, di
libri non stiamo parlando in dettaglio in questa intervista (forse proprio perché.. stiamo
parlando?). Ne ho realizzati, scritti, tanti! Già il primo, ‘Io son qui / Avventure & Cultura’, ricco
di immagini e grafici, era di un trecento pagine, ed è uno strano connubio di: sguinzagliamento
della parola, e insieme analisi in atto e conoscenza come avventure ‘contaminanti’. Molta serietà
e molta ironia.. Non è nemmeno integrale la pubblicazione; ..cose assurde.. dal punto di vista
pratico mercantile!.. (sono entrato in qualche repertorio letterario - e così, a differenza di altri,
mi trovi citato in strani posti - ma non faccio certo parte del potere letterario). Vuoi che butti lì
ancora qualcosa? ..Forse: che ‘scrivere’ - forse - è più.. imperituro, perché, paradossalmente: più
astratto / e meno artificiale.. (l’icone che punta sulla similitudine col referente.. non sarebbe così
primitiva? Lo sviluppo arcaico della comunicazione potrebbe paradossalmente essere:
simbolizzazione, indicazione, rappresentazione iconica..). Richiamo Peirce, a modo mio, come
mi è venuto in mente ..forse ora.
La parola ha la potenzialità di sostituire l’immagine?
Io intanto non è che stia rivoluzionando: la letteratura esiste da tanto tempo! l’arte figurativa
idem! Semmai c’è una divisione dei ruoli, per cui il poeta non sa un cavolo di pittura e
viceversa. Dire pittura, poi, è già molto limitativo. Io, da “fottutto-fottuto” [ride] si tratta del
titolo di una poesia di “P’alma di mano”), pretendo di fare tanto: quel poco che so fare!.., e poi
anche se fo tutto, ..fottuto rimango!.. [ride]. Non perché in arte sia fottuto, ma perché l’arte
andrebbe anche messa da parte, no?..
Insisto: tendi a dare alla parola scritta una immagine (realistica e metaforica) e ad
immettere più consapevolmente la letteratura nella produzione plastica?
..Va bene: non faccio due o più mestieri, aggiuntivi e separati, ma devo ripeterti che non sto
inventando la letteratura e le arti figurative. Io sento questo bisogno di essere libero dalla catena
che mi impone il Signor X e il Signor Y. Se vogliamo tornare un passo indietro, ti dirò, sì, che
uno degli aspetti del mio lavoro, fra anni ‘60 e ‘70, è quello di saggiare la smaterializzazione
espressiva. Mentre altri ‘contestavano’ non ‘esponendo’ le opere (e vendendole sottobanco), io,
dall’immagine ‘Senza Peso’, andavo oltre: verso la scrittura, il testo creativo e critico (e
parallelamente studiando linguistica e semiologia) e la sua messa in pubblico, in tanti
problematici e spiazzanti ambienti e performances (che a volte chiamavo linguistiche e psicosocio-politiche, intendendo una Psicologia non (troppo) intimistica. E un luogo - non
meccanicistico - in cui l’inconscio dialettizza con il sociale: ideazioni / id e azioni. Ricordi?
Degli anni ‘70, in questa intervista, stiamo parlando poco o niente. Potrei forse dirti che io,
sostanzialmente, ho fatto (anticipato) gli anni ‘70: nei ‘60! Ma, ad essere più esatto, il mio
procedere, fammelo ripetere: anticipa quello che.. ancora non c’è! (e lo attua).
Però mi sembra una dimensione abbastanza nuova questa tua di immettere la letteratura
nelle arti visive, questo innesto, che anche ora pratichi, tra parola scritta e oggetto.
Ci sono tanti precedenti. Io, però, non lo faccio scopiazzando: radicalizzo e arrivo fino al saggio
(che è.. innestato).. Tradizionalmente il pittore, o.. scriveva un romanzo, o (e spingiamoci ai
migliori limiti) illustrava ..magari il poeta surrealista, che già era aperto, perché Dada e il
Surrealismo (coi precedenti del Futurismo) hanno aperto le porte. C’erano, sì, i detti e le scatole
di Duchamp, le poesie di Picabia. Ma poi si aveva, che so.. il libro di Eluard illustrato da Ernst.
Un esempio di gran classe anche questo, ma non esattamente la dimensione di cui parlo (ti ho
detto che il Concettuale faceva o fa finta di essere: cólto, scientifico, o mistico..). A proposito,
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quando il piccione è piccino come si dice? Sembra già grande.. : un impiccione, un impiccino,
che sta lì a far tante cose. ..Ma è perché non sa fare se stesso? ..Vola, vola!
In sostanza stai realizzando un vero e proprio oggetto culturale pluridimensionale?
Mah, non ho di queste pretese nel senso che non ho inventato la letteratura o l’arte, ti ho detto..
Troppe cose esistono al mondo sotto il cielo del passato, lasciando stare il presente. Se vuoi che
rivendichi il fatto che non ce ne sono tanti come me, o che io sia l’unico (fammi essere
..paranoide), uno che dialettizza fortemente espressione e cultura: certo di compagni di strada
(come dicevano un tempo), di compagni di viottolo, di albero , di cielo, ne vedo pochi o niente!
Vedo che altri sanno volare meglio di me.. : non invidio il volo nel mondo dei quattrini, ma
forse in quello del respiro umano. ..Qualcuno poi potrebbe dire che la mia proposta è superflua,
che ..l’extradisciplinarità equivale a più discipline; o, al contrario che è un cammino tanto
complesso, presuntuoso ..superumano o coraggioso.. da schiantarti nel fisico.. Ne prenderò atto,
ma dico: che altro vuoi fare: se vuoi fare e non ripetere? E vogliamo, dopo queste precisazioni e
recriminazioni, prendere per buona la definizione che mi fornisci nella tua domanda? Va bene!
(perché non è ..malvagia, anzi..; né voglio sempre darti addosso). Devo aggiungere però, che
l’oggetto non è necessariamente oggettivato, e ancora una volta, che la parola ‘culturale’ non va
intesa come limitativa nei riguardi del creativo, del sensuoso, o del poetico, termine che tu hai
usato altrove. Mi viene ora in mente che certi critici possono essere contrarî ‘alla mente’
nell’artista, non solo per.. gelosia di mestiere, ma per malintesa sovrastima delle doti che non
possiedono. È però lì, che dovrebbero far valere il talento critico: perché una qualche dotazione
estetica o di apparenza anticonvenzionale non è che significhino molto, di per sé.. Queste mie
insistenze sono un po’ condizionate dal.. vento e dal sugo delle lasagne o dell’amatriciana..
Cosa hanno rappresentato per te le innovazioni letterarie di Joyce?
A suo tempo le ho conosciute e in parte.. mi avranno forse influenzato, ma non sono un vero
patito di Joyce, nel senso che non è strettamente o direttamente questa, la mia ascendenza.
Come giudichi oggi la “Recherche” di Proust?
Beh, la “Recherche” la conosco poco. Sai, io sarei uno che sa tanto, che qui, che là.. ma poi di
tante cose so poco (non mi interessa un enciclopedismo); mica perché non abbia letto in parte
Proust, ma perché Proust proprio non è uno dei miei scelti e prescelti. Quando parlo di tutto:
intendo tutto quello che si conosce, si va conoscendo e che preme (che.. certo deve essere
tanto..)
In che misura ti interessa dare sfogo alla tua vena giocosa?
Di ironia, di humour nei miei lavori c’è molto, perché se no la cosa non è completa; per questo,
o meglio perché io sono così. Sono mogio e ironico allo stesso tempo. Mi interessa perché io,
appunto, sotto mentite spoglie o sotto smentite spoglie, o anche dichiarate: sono uno molto
ironico. Ho uno strumento espressivo.. di grande levatura, ma non per farci quattro risate.. (o sì,
per l’es pressione? pressione dell’es, tosto? [ride]).
Ti riesce utile anche per coinvolgere e rendere l’opera più ‘aperta’?
Sai, l’utilità non è che viene posta come problema: io sono così e non è che ‘voglia
strategicamente’ essere così e cosà.
Dalle analisi linguistiche e psicologiche dei lavori più teorici su Eraclito, Dante, Giorgione,
Raffaello, Piranesi, Diderot e Duchamp, recentemente, per parlare solo della tua attività
“letteraria”, sei passato, più decisamente all’autoanalisi dando maggiore importanza al
sentimento e alle pulsioni interne. Come sei giunto a questo nuovo orientamento?
Mah, qui sfrucùlii un pochettino. ..Vedi di porre l’accento piuttosto sulla mia continuità che si
rinnova, eh, amigo?! I lavori su Diderot, Duchamp e compagnia erano una forma di autoanalisi,
e anche di analisi obiettiva: perché io trovo che l’autoimplicazione, per capire le cose è
importante. Uno la potrebbe vedere come uno strumento falsante..; al contrario: se io non ho..
mal di piedi non capirò mai se Diderot aveva mal di piedi, capisci? e anche il mio male, o bene,
si chiarisce attraverso il suo. La nostra cultura cioè si illumina. Non faccio archeologia fine a se
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stessa. Credo di avere “scoperto” (anzi, anche senza virgolette) qualcosa su di loro, ma l’ho
scoperto anche attraverso me stesso, perché vi ero implicato, e soprattutto perché quelle
problematiche sono ancora valide o irrisolte, nelle nostre psicologie e culture (rimando ai miei
libri). Era una autoanalisi forse un po’ fredda? Magari mi vuoi dire che ora, più che analisi, è
espressione calda? Io non perdo mai i contatti con il dominio dell’espressione e quindi della
forma, che mi preme tanto, perché se no l’arte che è? Non è un cuore e una chitarra, è anche
saper suonare quella chitarra. Attualmente forse ho acceso una spia? una spia che viene dal
freddo e che vuole riscaldarsi.. per sorbirsi un bel gelato?.. Tu poi, mi conosci da molto, ma non
da sempre.
L’insaziabile investigazione in ambiti diversi ti ha portato anche a forme come l’attività
critico-teorica con analisi linguistiche e psicologiche e all’arte dello scrivere, che vanno
oltre la fisicità dell’oggetto artistico, proponendosi come puro prodotto culturale e
sottraendosi alla finalizzazione commerciale. Perché tutto questo lodevole, ma pazzesco
lavoro senza risparmio di energie?
Hai detto bene. Sì, ti approvo. Perché? Perché so’ fesso! direbbe qualche furbo [ride]; perché
son furbo, direbbe qualche intelligente. Perché un lavoro che sia fatto ..dal mulo dell’arte, il
mulo della povera arte coi suoi stracci o rigatini (decorativi, disseccati, o viscerali) o altre
povertà di limiti: che lavoro è, in sostanza? Quello non ce la fa ad andare oltre la sua macina che
gira in tondo e non macina, anche se il mercante lo frusta nei garetti e il collezionista, inebriato
dal poterino, ci sbava?.. Il poverello assiso non ha strumenti al di fuori di quelli? Il critico o il
direttore, a sua volta, intasca dal mercante (ora non andiamo tanto avanti nelle critiche) attorno a
quella macina.. Se uno vuole spezzare tutto questo o analogo insieme di cose; non per
moralismo, ma perché non gliene frega niente, perché capisce che il respiro non sta in questo,
ma risiede nella libertà di fare qualcosa che non è stato fatto.. Mi sono impicciato ed ho faticato
tanto e mi sono divertito tanto e mi sono in-castrato tanto (ride), a fare cose che magari temo anche nel mio sbagliato timore - che non siano capite; oppure vedo, coi miei occhi aperti, a cosa
servono.. Servono a fare un prodotto che non è una ..cavolata, una bolla di potere pubblicitario;
ma che, invece, mette insieme ..fuoco ed acqua, non per spegnere l’uno con l’altra, ma per
..scaldare l’acqua, per raffreddare il fuoco, per cuocere e fare qualcosa di vero. E poi? (lì sta il
busillis, ..senza busi, eh!): se uno vuol continuare e sa farlo: continua. Fammi qui riassumerti,
stringatamente senza scherzi (e per decenni? ..anche se questo dividere in decenni mi fa un po’
ridere) la sequenza dei miei modi espressivi: a metà degli anni ‘60: il passaggio (dalla ‘moralità
del segno’) alle immagini e tecniche (fotografiche e cinematografiche) ‘Senza Peso’, manifestate
anche in (o alternate da) ‘comportamenti’, scritte, scritti, e ambienti (‘Ambiente proiettivo
animato’, ‘Sfere Naturali’..). Negli anni ‘70: la scrittura, il testo creativo o critico (fino al saggio
psicanalitico e letterario), e ambienti, installazioni e performances che sono anche outputs della
parola (‘Muri e Alberi parlanti’, tante analisi in pubblico, ‘Lüscher’, ‘Rabelais’, ‘Piranesi’; con
interventi spiazzanti di spogliarelli, o musica, o miei sosia, ecc.). Nonché ‘opere speculari’: fotografiche- ambientali (‘UT IMA AMES / MA AMI TU?’) e proiettive. Negli anni ‘80: continua
la poesia, e il testo creativo o teorico, che si relaziona dialetticamente con una vasta produzione
di rilevanti oggetti-sculture e complessi di opere (..o, viceversa, sono queste presenze che si
relazionano con la theoria): ‘Mysterium Coniunctionis’, ‘La logique du Goût’, ‘DEN & DUCH
dis-enameled’. C’è un artista che, all’interno della sua opera, abbia scritto saggi (non
necessariamente sull’arte)? E c’è un teorico che abbia praticato l’arte, come necessità della sua
struttura di ricerca? Ohibò!..
Hai ragione, questo è un vero termometro della situazione, una pietra di paragone che
assolutamente ti caratterizza e ti.. distacca. Ma precisami ulteriormente qualcosa in
proposito.
Ti ho già detto.. e, se volessimo addentrarci nelle teorie articolate dei libri: a esser seri, dovrei..
arrivare a riscriverli qui, più che riassumerli! Non voglio poi spellare stinchi altrui.. Che ti dirò?
In Diderot è tutto il suo Romanzo - scritto in età avanzata - che è un “variegato emblema (come..
diceva di sé stesso Sterne) della propria psiche”: una.. proto-psicanalisi, realizzata
proiettivamente, per cercar di operare lo sblocco della sua affettività (e della dimensione
artistica), repressa dalla costruzione culturale e sociale illuministica, con cui aveva costruito la
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sua ‘facciata’ sociale. DEN ricercava una.. ‘catastrophe heureuse’! Duchamp, ancora giovane,
agiva (sempre inconsapevolmente, ma con analoga intuizione) sul suo.. ‘abcès opulent / au pus
lent’. La mia lettura psichica di DUCH parte dalla spia strutturale e cromatica che ho scoperto
nel ‘Letto’ di ‘Apolinère enameled’, un vero oggetto-test che ho interpretato e costruito in varie
versioni, e che ora intendo realizzare anche a dimensione monumentale), e prosegue nelle
‘forme’ e ‘colori’ (non pittorici) nonché nelle ‘parole’ di tutta la sua opera. Un tentativo questo
di DUCH (..altrettanto poco riuscito, suppongo, di quello di Diderot) di ‘sverniciare’ il.. proprio
poeta-sentimento (anche in DEN c’è un analogo ‘poeta in esilio’, che non sa poetare!). Senti, ma
noto di nuovo che abbiamo saltato a pie’ pari la mia produzione dai fine ‘60 agli inizi ‘80. Ti
accenno appena qualcosa. I ‘Muri Parlanti’, (‘69-’71), come sai, era un ambiente molto
stringato, apparentemente. Il pubblico, invitato a vedere i ‘Muli’, no! (si correggeva il
cartoncino) ‘Muri’: non trovava niente. Si scopriva però che il problema era quello di capire che
quei tipi stranamente incollati alle pareti avevano - seguendo l’istruzione - appoggiato il foro
dell’orecchio su certi piccolissimi forellini sulla parete, e potevano ascoltare i Muri anche per
mezz’ora. Se l’apparenza era strana e vuota: il discorso era complesso e tutto da seguire! In ‘un
boschetto di Alberi parlanti e profumati, e di cespugli musicali, sotto un Cielo’, gli Alberi (che
ho sempre solo esposto all’estero: dall’Inghilterra al Belgio, al Brasile) parlavano in maniera più
varia, ironica o seria, e in un ambiente sinestesico: profumato, ..con tappeto patchwork colorato,
con ‘cespugli musicali’ (a ondate diffuse, se si toccavano), nuvole in movimento, ecc. Ho
realizzato solo recentemente, a Roma, una ripresa di Piante in vaso, parlanti (dal bosco di
Venere). ‘Dedicato ai nemici’ (‘78) era un altro ambiente vuoto, che, respirando di luce a
sorpresa, diventava nell’oscurità una grande aggressiva ..cattedrale (appariva una enorme frase
fosforescente, su nel cornicione, che, per bocca di Rabelais, parlava di.. ‘estroncz’! ‘La facciata
e la fente’ (Biennale di Venezia, ‘82, la mia quarta o quinta partecipazione veneziana)
presentava tanti piccoli finestrini - su un muro bianco - in cui inserire la testa, quasi a forza. Se,
fuori, l’apparenza (specialmente vista a distanza, in video, all’ingresso del Padiglione Italia) era
ironica e interrogativa: dentro invece si era immersi in un nero profondo, pervaso di uno strano
profumo.. Si assisteva, laggiù in lontananza, ad un lento spettacolo - fra il naturalistico e il
..mistico - un’alba che scivolava in un tramonto, che, a sua volta diventava alba. Mentre si
restava lì un po’ incantati a vedere questi lenti e strani sviluppi, fuori la gente si accalcava
incuriosita. C’erano anche dei finestrini bassi, per bambini.. Così come i Muri Parlanti, per
esempio, sono stati anche realizzati in una scuola elementare e materna del Sud.. Potrei dirti
tante altre cose, come, per esempio, la semantica psichica profonda del ‘Test Lüscher dei colori’
(‘73), ecc..; ma ora sarà meglio tagliare.. qualche rametto profumato degli alberi?.. Anzi, una
volta hai riferito giustamente che preferisco non strappare foglie per non.. ucciderle. Quindi,
lasciamo stare; ma fammi aggiungere ancora questo: Diderot ironizza (problematicamente!) sull’
‘uomo che aveva una sola camicia.. perché aveva un solo corpo’. Ed Eraclito (..l’oscuro:
chiarissimo!) dice all’incirca: ‘bisogna che gli intellettuali siano estremamente ricercatori’.
In tutto questo trascorso e nella nuova produzione, gli studi di psicologia possono aver
contribuito a sviluppare anche l’intuizione artistica?
Gli studi, la conoscenza, mi son serviti per avere delle dimensioni culturali che altri non hanno, e
che vanno ad arricchire, a rendere vera l’opera, in un tessuto vitale, organico. Non che uno
necessariamente debba essere ferrato in tanti campi: nella missilistica, nella psicologia.. per fare
un’opera d’arte. Io non impongo niente; ma chi vuol fare qualcosa che non è stato fatto, deve
muoversi in ambiti e con strumenti diversi. Non è però che se sai di psicologia fai l’opera migliore.. Questo no. Magari lo psicologo non sa nemmeno distinguere Giotto da Picabia, Dalì o..
Carrà. L’intuizione è una dote naturale intelligente, che coglie, crea associazioni, che si sviluppa
e va sviluppata in vari modi.
Entriamo per un momento nel tuo laboratorio intimo. Nella formazione del prodotto
artistico il pensiero e la cultura dell’operatore / ricercatore non frenano il processo
alchemico?
Il processo alchemico, lo dice anche Jung, va inteso come processo psichico; questo non è
affatto riduttivo, anche se io non parlo di misteriosofie. Come vuoi che frenino, ..la cultura e il
pensiero frenino? Questo cavallo non corre bene perché è troppo intelligente? Ma se è
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intelligente, correrà meglio. Potrà succedere che.. ‘si stanchi’ perché è troppo intelligente! La
cultura e l’intelligenza, se intese in senso limitato (perché, in senso più ampio, per intelligenza,
intendo anche sensibilità, intuizione, necessità di culture..) non è che facciano di per sé l’opera,
ma non la danneggiano certo, perché, secondo me, per avere un’opera diversa bisogna passare
per queste strade (che non devi quindi identificare con.. la razionalità, la logica o
l’omniscienza!). Lo scontro non limitato tra culture e arte, fra culture e vita, è stato rimandato
perché è difficile. Se Eva se ne stava tranquilla là nel Paradiso terrestre, artificiale o naturale..,
magari passava meglio la vita, magari era più buona, più bella, eterna; ma dopo, non c’eravamo
noi!
Ci sono tuoi lavori che, più che irrealizzati, siano restati inediti, o siano andati dispersi?
Beh, certo. Per esempio, interi ‘romanzi’ (due o tre) mai pubblicati. Tante poesie. Una grande
quantità di lavori fotografici, tutto un archivio). Un lungometraggio (con riprese molto
complesse) mai edito, e in buona parte ormai disperso. Lavori che non ho mostrato (a parte
quelli pensati, e che non ho, o non ho ancora realizzati).. In linea di massima, sono o ero tenace,
ma, muovendomi in molti campi.. A volte è appunto l’interesse che - dopo una lunga pratica - si
concentra su un ambito differente.., e allora lascio qualcosa, per il premere di un’altra (..come la
scrittura versus l’immagine, alla fine degli anni ‘60).. Un’opera sommersa.. un’immagine: una
volta mi ero autofotografato in una psiche, con la mia donna, nudi. Un’angolatura verticale..
C’era qualcosa di così fuori misura nella scena.., credo che - come documentazione o opera - mi
avrebbe procacciato molti con-sensi! Il negativo si sciupò, purtroppo; rimase solo il positivo:
sono segretamente molto dotato nella sfottografia! Sai, nel giro(tondo) vale molto di più il rapporto viscerale, che secoli di intensità di lavoro.. Non scherzo. Ops! [ride].
senti.. mento sempre:
..quindi dico il vero!
Recentemente, dalla psicologia della forma ti sei orientato più decisamente verso una
forma colore-sentimento?
Le forme, e la forma del.. : no, lasciamo perdere! Psicologia della forma intesa come percezione
ambigua e paradossale? Sì, ma devi considerare che i “Vasi fisionomici”, i “Letti”
cortocircuitati (beh, le.. ‘colle allettate’..), tutti questi tranelli visivi, sono ‘oggetti proiettivi’,
analisi approfondite di Duchamp, ecc. (che qui non posso riportarti), nonché oggetti estetici,
opere da godere (hem.. [sorride]) e con cui.. divertirsi. Ho abbassato un po’ la guardia e quindi
tu vedi di più, dietro un certo ghiaccio, che tipo di corpo c’era, ma il corpo c’è sempre stato, e
stai sicuro che è un corpo autentico, ben nato, solo in parte ibernato; e non credere che il ‘genio’
spericolato (?) o sbrodolone sia meno ghiacciato. Quello lì, anzi, sotto il ghiaccio magari non
c’è, non esiste nemmeno.. (non sto più scherzando).
Quindi, l’aspetto sentimentale è diventato più evidente?
Lo trovi nelle nuove poesie, ecc.? Non fissarti, però, non voler cercare con ottiche troppo
ristrette. Sai, le cose vengono e vanno.. Magari domani sarà meno evidente, o ieri l’altro lo era
di più; non credere che tutto sia vento che spiri sempre nella stessa direzione. È diventato più
evidente? Speriamo che serva a qualcosa, ..magari non a trovare i valori dell’arte; a tradire
l’arte? Il sentimento libera dall’autismo e.. dalla paura. Una volta, in una performance - orale,
scritta, ecc. - parlavo dell’artista / autista, ..e un noto gallerista domandava.. cosa c’entrassero le
automobili..
Ma hai riconsiderato anche il valore dell’amore riversandolo interamente nell’opera?
Te l’ho detto, l’opera è opera costruita. Se credi di avvicinarti togliendo mediazioni, può darsi
che ti allontani. Tu sai, per esempio, che nel ‘69 c’erano le “Sfere per amare”, e c’erano tante
cose del genere anche in “Avventure & Cultura”. Prima, parallelamente al periodo delle
incisioni, facevo tante cose nella vita pratica. E dopo, l’azione, il cinema e la foto erano proprio
una bruciante adesione (assai motivata o contrappuntata esistenzialmente), non certo astrazione.
..Arte e vita.. Sembrerò forse sovvertire quella equazione troppo facile (che potrebbe apparire a
volte che - anche? io sostenga. ..Ma ecco che non si sa perché ..magari uno o una.. che ‘fa poco’:
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possa ‘dire’ (esprimere; e far arte), mentre chi fa molto: magari non ‘può’.. E a questo potrei
forse accostare il fatto certo che: un idiota.. un malato.. un animale.. un animato, può valere
molto. Non si tratta quindi solo di capacità espressiva: è implicata la complessità.. un po’ (?)
misteriosa della psiche (della vita, ..ecc.?). Quindi, il fare, lo scegliere e il giudicare si
avventurano. E il cerchio della psiche è maggiore: perché contiene l’arte. Ancora una volta - un
po’ differentemente? - mi dico: non ridurre.
Cosa chiami in causa per avere il massimo risultato poetico che, in fondo, hai sempre
perseguito?
Io sono sempre in causa! Non so se la vinco questa causa.. contro me stesso o se la perdo: parlo
nella vita. Nell’arte penso di averla vinta molte volte. Mi dicevi che a volte sono stato visto
come un grande ruminatore, uomo cólto, filosofo (ma la filosofia in senso stretto non è il mio
dominio, credo se mai che, nel ‘900, si sia rivelata come una psicologia malintesa; e ..già
Eraclito parlava di nient’altro che.. di cose psicologiche!). Tu, essendo vicino al mio lavoro, hai
còlto di più l’aspetto poetico, autentico, pulsionale e vero di me. Perché le realtà si pongono
spesso come opposizione! Nel giudizio comune, nei luoghi comuni, spesso si ritiene una cosa
significativa perché si capisce in quattro e quattr’otto (..si capisce cioè che non c’è dietro niente,
e quindi non presuppone sforzo). Invece, la si ritiene da respingere se si subdora che sia poco
comprensibile (e quindi.. pericolosa). I venti cambiano, ma, in sostanza, socialmente non si sostiene o ricerca l’autentico.., almeno nei tempi brevi. Mica che voglia dire che sono solo io a fare
cose valide; sarei un paranoico! Però, è importante che tu abbia messo in evidenza, o che io
tenga a mettere in evidenza: che mi son reso conto, recentemente ancor di più (se non l’avessi
saputo), che quello che faccio è cosa che, non solo mi preme come messa a punto delle mie idee,
ma che mi riguarda nel profondo. Io non faccio per fare, non parliamo nemmeno.. del vendere o
commerciare. L’artista muove dal bisogno di esprimere cose che sono in lui, e lo attua mediante
gli strumenti che va affinando con fatica, con spontaneità, con piacere.. Ti ho detto prima, e te lo
ripeterò, sia pur sottovoce, che, se si può essere commossi da qualcosa di vero, io penso (ora ti
farò ridere) che certe opere, e certe mie opere, possono far.. ‘piangere’ (non esattamente di
commiserazione). ..Ma valà!.. Sei contento dello strappalacrime?.. Silentium ora!
In alcune tue opere, realizzate appositamente per me in questi ultimi tempi ho notato che
hai fatto entrare anche alcuni aspetti biografici che ci accomunano, una specie di
sentimento d’un rapporto personale simbiotico, umano e culturale, come per far vivere nel
corpo del prodotto creativo due anime.. È una interpretazione troppo soggettiva o c’é stato
veramente questa intenzione più programmatica che occasionale?
Ti ringrazio se tu dici questo. Io, sai, sono sempre autocritico verso la mia possibilità di
partecipazione, perché ne vorrei troppa, o niente, e ne constato forse troppo poca. Poi, magari,
manderò le tigri (e.. l’eu frate, ..lo fratacchione, ha ha!) a spasso: sciò anime e ali!..
Come si deve intendere oggi il realismo in arte?
Nel senso che uno non fa un prodotto a freddo. ((Non parliamo del realismo socialista che non
c’entra niente, perché son tutte cose ottocentesche (se non naïves) di stampo positivistico e
romantico fuori luogo. A essere precisi, però, questo credere in un realismo esterno: è anche un
equivoco connesso alla televisione. Ed è inoltre un vecchio vizio della cultura italiana, che
ancora dura, e che rende tanti films - per dirne solo una - sciatti, insipidi e noiosi)). È realismo
quando uno fa delle cose vere, cioè che lo riguardano e riguardano la trasformazione della
cultura e della vita di cui lui è parte. Poi, appunto, se esistesse un realismo integrale nel senso
che uno è opera di se stesso, ..questo sarebbe il vero realismo; ..padre di me stesso, ma lì forse
casca l’asino o il mulo. Forse casca l’arte; oppure speriamo che serva e non conservi.. (noto che,
nel mio intercalare, uso spesso la parola ‘poi’. Sarà che.. ‘spero’ troppo?).
In questo senso, la tua arte può anche essere considerata realistica.
Certo, perché un’arte non ‘realistica’ non esiste. Un’arte che non mi riguarda? Sarà l’arte di un
altro che non mi implica. La mia mi deve implicare, se no che sto facendo? ..Mi distraggo? Con
tutte queste domande, forse stai però - attraverso le tue preclusioni - stimolando le mie, cioè
un’ottica ..‘tera-tera’. Sono gretto, ma anche non! Quindi solleviamoci.
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Addentrandosi nel labirinto angoscioso della vita, è anche drammatica?
Certo, e lo sai. Per la mia psicologia, ho troppo spesso presente l’aspetto depresso e mortale
della vita. E, allo stesso tempo, la necessità di proteggere gli indifesi; e il fervore divorante direi eccessivo - della creatività, e del contatto utopico, smodato. Cerco di distaccarmi, ma.. vedi
il primo aspetto che ho enunciato.. E ora chiedimi chi sono (..io, non loro).
Chi sei?
Un deficiente.
..E perché?
Perché mi manca qualcosa. Anzi, manca molto ..a terminare? (Beh, l’intervista..).
Francois* ci ha dato un’equazione:
hanno il b del c
..limpido come specchio!
Cambiamo rotta.. : l’arte è fatta dalle singole personalità geniali o da gruppi e movimenti?
Certo, se l’individuo non à una carica di autenticità, sarà trascinato da un insieme. Ciò potrà
anche servire per tirare o seguire la carretta, ma se l’individuo non è creativo, non produce.. Poi
questo ‘individuo’ non è astratto, esiste come rapporti anche culturali, per cui certo fa parte della
storia e di un insieme; ma se non c’è la responsabilità e l’intelligenza individuale, l’insieme in sé
non può dare frutti, se non scontati. La parola genio, io poi non la adopero mai (perché i valori
di intelligenza, saggezza, o bontà, sono un patrimonio comune).
-----------* François = Rabelais (dice così, nel ‘Gargantua’)
b = trou
Qualche nome di chi opera in questa direzione.
Quale direzione? Quali direttori?..
Quella vera della verità.
Che moralismi attizziamo! Tanti artisti bravi ci sono stati, tanti significativi.. nella storia. In
specie artisti del Tre, Quattro e Cinquecento.. Buttando lì appena: ..i Primitivi, il Bellini,
Tiziano, Tintoretto, Pisanello, il Castagno, Piero di Cosimo, Dürer, il Botticelli, Pontormo,
Parmigianino, Brunelleschi, Van Eyck, Borromini.. ecc., ecc., eccì, Salute! Una ventata tagliata
e cucita di.. strutturalità / immaginazione. Se andiamo oltre o dentro, arriviamo alle avanguardie,
non ci fermiamo più.. Per l’oggi, c’è qualcuno che cinicamente (e in realtà: con un moralismo in
gran parte fatto di inconsapevolezza e di tornaconto personale) dice: è il sistema dell’arte;
l’artista ci sta in mezzo, o non esiste. È anche vero, ma bisogna che l’artista sia un artista e che
l’uomo sia un uomo! Certo l’uomo fa parte di una società, ma se l’uomo non è un uomo (o la
donna non è una donna) che società viene fuori? Se l’artista non ha gli strumenti per girare in
questa trottola, socialmente non esiste. Ma quanti girano, vorticano in questa trottola e non
esistono affatto: capisci? Ammettiamo che la trottola sia il perno base pratico e l’artista faccia
parte del sistema. Se però questo far parte del sistema[,] lo fa essere un fantoccio, non è un
artista, o meglio un’entità. Dei miei colleghi nomi non voglio fare, ..se non altro perché sono
presuntuoso e narcisista, quanto si usa; e poi bisognerebbe parlare a lungo. Considera
comunque, che i miei attacchi non sono alle persone, sono teorici, e non fanno parte di una
camarilla, tesa - secondo la prassi vigente - a eliminare avversari o semplici passanti
indesiderati. Parlare a lungo, ti ho detto, perché qualità, e giustificazioni.. se ne potrebbero
trovare tante. Resta il discorso generale, ..l’arte non è facile, non è uno scherzo! Se io sembro
sostenere la priorità dell’originalità, dello stare al passo coi tempi: non devi però fraintendermi.
Tutto ciò è fondamentale, ma (a meno che tu conferisca al termine ‘intelligenza’ l’accezione
vasta che io intendo) la cultura, l’intelligenza, sono.. mediazioni; o meglio: ..per forza, ci sono,
dove l’operato è significativo; ma l’opera, il fatto: trasmette una sensazione, e così si coglie. Per
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fare un esempio un po’ fuori capo: un’architettura stessa (avrai notato che, nel mio ‘tutto’, in
genere non ti parlo di scultura, di musica, di architettura..), al di là delle sue piante e alzati,
..manifesta un risultato, nello spazio, luce, ambiente; e non solo durante l’uso, ma ancor di più se possibile - nella percezione della qualità fisica, magari deteriorata dei suoi materiali..
Tornando all’artista e all’opera: in definitiva, o c’è, o non c’è, e non è così facile che ci sia. È
questo lo spessore che l’artista, il critico o altri, devono cogliere, problematicamente. Quel
senso, quella sensazione profonda è anche un ..pericolo, perché è legata alla mater-ia, e come
tale psichicamente (e socialmente, nel nostro mondo) divorante. Una Sensibilità che non è
‘sposata’, né ‘generata’. C’è il pittore o altro, che ci vive.. bene (malato socializzato, come molti
affermati).. senza nemmeno averne tanta, e facendosi sociale (in una soci-età di simili) senza
farsi sociale. Il problema può essere: ..riscattarsene (magari con.. i contatti), senza: non
possederla!.. Un’ ‘arte’ che ‘c’è’, che ‘si fa’. Non faccio, né riporto teorie; è una cosa per me fin
troppo ‘sentita’ (se vuoi atteggiamenti più analitici - che partono pur sempre dalla pratica - vedi
le mie letture di Diderot, Duchamp, ecc.). Con ciò, forse ti risulto sibillino. Ti aggiungo
qualcosa di divagante, che magari c’entra poco (?) e.. vediamo se serve. Il Cinema (qui non
parlo del film, come prima), per esempio, ha perso le caratteristiche strutturali che aveva nei ‘40,
‘50 (di antica tradizione, fra stile, e racconto, teatro), approdando (a causa della TV) via via a
piani-sequenza influenzati dal tempo reale. Al di là della minor richiesta, è diventato piuttosto
falso, è.. finito. Fammici pensare un po’!.. Vedi, ti ho parlato di estremi: le ‘teorie’
architettoniche che poi cadono su un mattone o materiale sbeccato o dilavato; e la tradizione del
narrare, che, con lo stile, conferisce ‘realtà’! Questi opposti ti chiariscono un po’ la
questione?..Tornando ora stringatamente alle mie scelte (e lasciando stare la grande tradizione
della pittura), per il passato (paradossalmente): Dante Alighieri, Van Gogh (che s’è ucciso),
Duchamp (con tutti i suoi limiti), etc.. Diderot (con le sue differenze); Dada e Surrealismo hanno
fatto delle cose per aprire prospettive altrove, dato che con il Postimpressionismo si erano
chiuse, concluse, le porte della possibilità di ‘figurare’, ‘rappresentare’: con segno, materia,
forma e sfondo colorati, pennelli e matite.. E, poi, tanti emuli, tante cose belle; belle, ma non
fondamentali, insomma. Tante cose belle, ma già fatte e, se vai a stringere.. dici: di che campi?
Pane, acqua, sale, etc., etc. Il brodino di tartaruga sarà anche buono, ma quante volte lo mangi?
(io poi non la farei mai ammazzare). ..Tornando ai critici dal cinismo moralista (che vorrebbe
dare la soluzione e l’assoluzione) il loro metodo è di accettare e convalidare (rassicurandosi) le
cose, per il solo fatto che socialmente esistono, e così come - col peso del potere - si presentano.
Per loro (e non voglio dire che io non sia implicato, ma: psicologicamente, nella vita, e non tanto
- credo - sul lavoro) è difficile accettare le incertezze e le certezze di quanto si fa. Permettimi qui
- ..divagando con le mie malevolenze - di fornirti.. due piccole spie, caratteristiche della
superficialità vigente: .. ‘l’estrapolazione delle lenti’.. Da anni è fiorito e imperversa un termine,
nei testi critici o simili: il verbo ‘estrapolare’, adoperato al posto di ‘estrarre’. Ci cascano come
mosche (tranne chi ha fatto studi scientifici, perché è un termine matematico). ..E nota che
assomiglia .. a intrappolare o trappolone! Estrapolare vuol dire spingere al limite una serie; nella
prosecuzione di una serie, si ipotizza un termine ‘n’, in proiezione: uno sviluppo futuro di una
situazione, cioè. Non ha niente a che vedere, quindi, con estrarre! Ma l’influenza e la corsa a
scavalcarsi reciproca (come quando - peggio e ridicolmente - si ‘inventano’ nuove correnti e
gruppi di artisti, coartandoli) fa sì che l’errore gratuito dilaghi. ..Analogamente, in films che
hanno stramiliardi a disposizione, si mettono agli attori occhiali da vista di vetro piatto, che con
un minimo di spirito di osservazione (con la luce che li svela tali; facendoli brillare come
finestre) risultano del tutto non plausibili e sciocchi.. Andùma! (il vero mestiere sociale è quindi
quello dell’imbonitore, se non il.. ‘mallevatore’!). Andiamo, andiamo: ande muchacho!
(invocazioni aggiunte, plurilinguismo.. istmo che si protende, tendìne che svolazzano..,tèndine e
garetto di un cavallo.. che ha rotto? Bigna da cavallo de mezzo?..)..
Torniamo al ..mestiere di artista: non sono troppe le opere d’arte messe al mondo?
Le opere d’arte non sono troppe né molte (né così facili da giudicare, ..anche per me!). Sono
troppi i pasticci che girano nel vento.
Ultimamente ti sei appartato anche per dare un senso più vero ed esistenziale al tuo lavoro
artistico, mettendo in secondo piano le esteriorità e gli aspetti teorici e astratti dell’arte?
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Se mi sono appartato.. in parte, è per ragioni mie. E proprio ora può anche capitare che venga
sollecitato, perché mi si tira in causa più fortemente; mi si dànno delle occasioni notevoli,
quando magari vorrei stare più a riposo. Ma ora quell’angoscia di prima non la voglio riavere, le
contingenze della vita ti fanno capire che certa gente ha rotto i c in maniera pazzesca. Non si può
star dietro alle farfalle che dicevo e, insieme, alle falene che sbattono il grugnetto contro i vetri
infuocati e non si bruciano nemmeno.. Che stanno a fare? Cose false proprio. Non si può stare
ad inseguire; meglio.. essere inseguiti, oppure andare a spasso, perché il respiro è più importante
di tante altre cose. Non voglio assolutamente citare Duchamp, è perché sto respirando (respira
profondamente). ..Non mi mescolare però: .. ‘le esteriorità’ e ‘gli aspetti teorici’!
Preferisci la lotta interiore a quella che oggi si deve combattere per farsi strada nella
giungla del sistema dell’arte.
È quello che ti dicevo: da un lato se uno vuol fare l’artista , in parte deve essere in ballo, in
questo timballo, perché se no ti si imballa il motore e i contaballe ti mettono nella balla e ti
buttano, con un bel peso, a fondo, .. e a galla non ci viene nemmeno una bolla e non respiri più..
(sciocchino!). D’altra parte, non farsi mettere fuori, sì, ma non mettere più il naso dentro, perché
c’è puzza proprio; e andare a spasso significa respirare l’ossigeno che esce dagli alberi e la
bellezza che esce dagli occhi.
In generale, la speculazione mercantile in atto sul prodotto creativo e la competizione
stanno distraendo o forse soffocando le ricerche personali dell’artista?
Sai, è difficile giudicare. Al mondo, tutto è mediato o creato dal potere della chiacchiera,
maldicente, maledicente e benedicente.. (senti chi parla?! Ma ti ho detto e ti ridico che la mia
non è attuata, né parte da un pulpito di potere). A naso uno scarterebbe quasi tutte le produzioni.. In genere son richieste cose semplificate, univoche, ripetute, alla moda, o con strizzate
d’occhio e capriole (non parlo delle belle ragazze dei caprioli: loro sono autentiche e col naso
fresco! Anche il pesce volante che esce e la lumaca circonvoluta e con casa veloce, sono invisi).
.. È chiaro che l’80-90% sono boiate pazzesche - come diceva quello - sostenute da interessi,
dove le strutturette sono economiche e, quindi, devono avere dei giroscopi che girano. Ma, come
t’ho detto, sopra queste piattaforme giranti o girevoli, ci sono un sacco di cavolate che sarebbe
bene che la velocità aumentasse e fossero proiettate fuori dalla forza centrifuga. Chi sta più al
centro la subirebbe meno e centralizzerebbe le questioni: intendo al centro dei significati, non al
centro dell’intrallazzo. E così potrebbe anche andare a interessarsi.. delle bellezze periferiche.
Oh Dio, ma se esagera, non gli crederanno!
A giudicare dalla recente attività, si direbbe che questo tuo dare più ascolto alle voci che
vengono dal profondo stia dando dei frutti più succosi. A parte il resto.. stai entrando in
una nuova orbita creativa, più soggettiva e, a un tempo, più cosmica?
Mah, ti ringrazio. Spero di non entrare in un’orbita troppo distante. Continuerò a fare delle cose,
anche se in questo momento - cosa nuova - mi piace più delegare, o ..magari non fare, oppure
..strafare all’interno dell’opera. Di pazienza ne ò avuta tanta; uno non può andare dietro alle
fanfaluche.. ci si rende conto che la competizione, nella parte centrale della vita, ti ha fatto
chiudere gli occhi ad altre cose. La società, le beghe di ogni campo specifico, ti spronano cioè
sempre più avanti (nella lotta, perché nel lavoro ti è permesso per lo più di essere la caricatura di
te stesso): limite non c’è e, quindi, uno viene pungolato sempre, specialmente se ha un certo tipo
di psicologia. Se se la prende calda, viene pungolato a battersi, a sbattersi, chiudendo gli occhi a
dei fatti più veri. La verità sta anche fuori dell’opera (sia pur autentica) e non va dimenticata.
Non bisogna farsi bruciare, né dall’intrallazzo, né dentro l’opera intesa come chiusura
condensata. Queste cose poi le ho tanto.. ‘dette’, in anni passati..; artista, cura te ipsum.
Ti chiedevo anche se nel tuo lavoro c’è l’aspetto cosmico.
Vita è qualcosa che si riallaccia anche all’alto, al grande, al vasto. Come iconografia & Co., lo
sai .. per esempio, le ‘Sfere Naturali’ (‘68-’69), ..i ‘Reportages Marziani’ e simili, o i Cieli di
Montefolle; poi tutto il ‘Mysterium’ - l’ho chiamato un opus - e anche certe opere di ‘Den &
Duch’: i ‘Sacelli’, e l’ ‘OrElogio’, il ‘Cosmo di Montefolle’. ..Guarda questo strano.. tempietto o
facciata di Montefolle (fra i tantissimi cripto - e.. paleso-grammi) c’è come la testa di una vitina
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(vite o vita?): un rotundum, o semplicemente un cerchietto con tracciato un diametro verticale.
Cos’è: il logotipo di D D? O il cosmo, o il ..Sal Sapientiae?!.. Eh, se incominciamo a parlare di
un’opera, addentrandoci insieme nei suo meandri (..ha a che vedere con ‘andròs’, uomo? ..olé
andro, ..fiore profumato e velenoso!) ti faccio ‘sperdere’.. un sacco di tempo, ti porto chissà
dove (te, o meglio qualcuno più simile a me; o, meglio ancora, più differente da me) e ci
scriviamo sopra un trattatello! (che, per giunta, sbuca ovunque).. Oppure, limitiamoci a guardare
il ‘Motore Etiope’, dallo strano profumo pungente che esce da due ‘pipe’ di coccio (che puoi
odorare chinandoti, come un cane) e con la sua testina di negro (..conquista dell’Etiopia,
colonialismi dei tempi di DUCH: cioè una lettura secondo lui? Oppure, l’ ‘etiope’ alchemico, cioè la Nigredo, l’Inconscio - temporalmente più.. vicino a DEN?..), che, girando (mentre gli
cascano gli orecchini pendenti, fatti di perline dai colori del ‘Letto’ o della psiche di DUCH)
comanda una luce che lentamente si accende e si spegne: nel buio, si vedono brillare (nel cielo
seicentesco del ‘Sacellum di D. & D.’) mondi e una falce di luna (..che alla luce sembrava una
pallina). In genere, piace!.. (e ora stiamo zitti, ..in mancanza di meglio: perché i dettagli da
osservare sarebbero così tanti: ti ho detto che non finiremmo più di parlare, e: ..che
succederebbe fuori da questa parentesina di significati? ..Ci picchierebbero, accipicchia..?). Se
poi, camminando in quel mondo, mi trovassi del tutto.. approvato: da un lato, come sai, uno
tende a ritenerlo tranquillizzante e quasi dovuto; allo stesso tempo.. sarei portato a pensare: ma
che, sono scemi? (mi farebbero sentire.. quanto sono sbagliato). È, d’altronde, una cosa molto
gravosa, pericolosa, e priva di respiro: dedicarsi a se stesso.
Anche per te esiste un Dio..
Oh, Dio (!), non parliamo di cose religiose di stampo tradizionale. ..Invece, ci sarà qualcosa
meglio d’io (con l’apostrofo), che.. mi dà torto (ah! Come respiro!..), e, per altre sue ragioni,
magari, ragione..
Cosa pensi della dimensione mistica riscontrabile anche nell’opera di alcuni grandi artisti
contemporanei?
Chi, per esempio?
Non so.. : Kiefer, Beuys, Rainer..?
Beuys mistico? Parolaio. Kiefer, Rainer, non li conosco abbastanza bene (e.. forse è un bene,
he!); ..chi: Anselm e Arnulf? Io, del resto, non approfondisco quelli che non mi attraggono
molto. Il.. misticismo di Beuys è finito con quei mercantucoli.. per non dire mercantoni..
marcantoni, per carità; io intendo ..tutt’altra cosa. Intendo, tanto per dire.. guardare la bellezza e
pensare che ci possa essere la bellezza più grande della bellezza.. (tornando ai modi espressivi
concreti: ti ho detto che il ready-made, ecc.: è stato inventato nel ‘13-‘14; e l’espressionismo è
anteriore; ..e stop!).
Comunque, l’aspetto mistico è una fuga indotta dalla realtà o una scelta religiosa
cosciente?
..Devo sempre cercare di capirti. Obbligata o consapevole? Ma uno è sempre nella società!
Insomma: più precisamente, come entra l’aspetto mistico nel tuo lavoro?
C’entra e non c’entra (e poi, dipende anche dai periodi, forse).. Sono realista, ma non ingenuo.
“Ingresso aperto al chiuso Palazzo del Re”, ..o viceversa (cito il paradosso alchemico di
Filalete). Io m’istigo ad entrare e riuscire, nel bel palazzo di Re e Regina!..
L’uomo del nostro tempo ha ancora bisogno di questa dimensione?
..Forse ne avrà più bisogno, perché in altri tempi, magari con rotori meno veloci, questa
dimensione era più presente, ed era socializzata.
Credi nell’astrologia?
No, veramente. Io non voglio escludere in assoluto che.. chi nasce in inverno possa essere più
triste di chi nasce in estate o che so io.., ma in realtà nell’astrologia vera e propria non credo, né
la conosco. Io, a dir la verità, credo in molte poche cose. Purtroppo credo solo (forse
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grettamente) a me stesso, ..magari perché non credo abbastanza in me stesso? (Beh, poi credo in
qualcuno).
Sei superstizioso?
Mah, io, nel fondo sono, in buona parte - o cattiva - ..un positivista (che vorrebbe contestare nella pratica psichica, ancor più di quanto lo faccia nella teoria, e nel mio lavoro artistico, che
certo non è meccanicistico - il proprio positivismo). In questo senso non credo in altre cose.
All’atto pratico magari posso essere anche un po’ superstizioso (data la nevrosi, e sarebbe
meglio dire: ossessivo), ma non a livelli molto spinti.
un’utopia..
possibile,
contro il provincialismo..
mondiale
Torniamo alle cose concrete.. A cosa è dovuto il successo di un artista oggi?
Mah, questa è una storia antica. Successo, sul.. cesso: andare a ca.., a capo? Oggi, ti ho detto, ci
sono questi cimici, ..dico cinici, che affermano che dipende dal sistema di cui l’artista fa parte.
Io non dico che il denaro sia il male, che il mercante sia il diavolo. Ognuno faccia il suo
mestiere. Tra l’altro, lui ha l’intelligenza di vendere, come io ho quella di creare. Certo,
preferisco eschere.. essere creatore. Ho detto ‘eschere’, vedi? ..escremento, ci mettevo di mezzo?
Da gettare in faccia ad altri? Bah, non so..; preferisco essere creatore più che commerciante, che
imbonitore; te l’ho detto poco fa: l’artista o l’uomo è quello che ha un fondo di complessità vera
e di autenticità che resiste nel tempo, che viene còlta se uno la sa cogliere; non è facile, perché
ci sono le mode, ci sono tante cose. L’artista o l’uomo è questo: qualcosa di molto complesso,
significativo e autentico. Poi ha bisogno di vivere in mezzo agli altri, perché se no.. ; anzi è
anche sbagliato dire “poi”, perché non è che prima esista l’uomo e che poi viva insieme agli
altri: già nasce insieme agli altri, formato e deformato dagli altri. Nell’aspetto negativo
dell’organizzazione.. gli altri sono un baillamme per tenerlo su finché il vento tira e il ballo gira..
Per esempio: le vie delle Signore sono infinite (scusi - chiese uno entrando - è lei la tenutaria
della Galleria?), ma non ci sono solo loro, purtroppo (che sarebbe anche un bel bene!): oltre alle
belle lavanderine e ai pierini o ai paoloni dell’arte, ..c’è ben altro, di più noioso, di più critico e
solido (solidi è l’etimologia di soldi!..). Non voglio offendere nessuno, sono solo barzellette
sceme: ma è la vita che è una barzelletta.. più che un tango! Se l’artista o l’uomo, la donna,
invece ha dentro delle cose contraddittorie, complesse e, proprio per questo viventi: prima o poi
si spera che, se vuole, lotti e le esprima, o se no, le sprema su un’altra limoniera, le affermi e non
raffermi; limonaia o spremilimoni.. (che fai? Come vivi? ..chiese Mimì a un artista. Embe’,
m’arancio! ..Basta, scemo).
Torno alla carica: come individueresti l’autenticità, il valore?
Te l’ho detto non sono l’infallibile padreterno.. Le cose sono opinabili, specialmente se
ravvicinate: ti ho detto che fare e scegliere sono un rischio e una responsabilità basati.. sul
coraggio. Ma in tanti casi, anche DOC, il rischio fin troppo palese è quello di fare gli scemi, ..o
di esserlo! Un buon metodo è quello di conoscere da vicino, e ad occhi aperti, il personaggio,
l’uomo, la sua formazione e la sua vita: la storia (o storiella) dell’artista. Conosci quella.. del
sangue e delle rape? O i secreti.. e gli essudati di Pulcinella: spesso il mistero idealistico non c’è!
(e la.. luce dell’opera - che fornisce 0,5W., e non 5.000! - si spegne). Sia chiaro che la creazione
non è affidata ad abilità psicofisiche: non si tratta di fare.. il tennista, il cuoco o il prestigiatore!
Certi veri madonnari, poveretti, non hanno capito che, in un certo momento, potevano cercare
l’ambiente, la ‘strada’ critico-mercantile giusta. Né sono sufficienti le doti ipoestetiche - grezze
o raffinate - che possiedono tanti - anche affermati - del saper ..arredare le mostre, i musei,
disponendovi i propri adeguati oggetti, le cifre e gli stilemi che, battendo il chiodo, hanno loro
conferito approvazione.. fino ai salotti buoni. L’artista ha le antenne e il naso bruciante o
bruciato (nella sensibilità, e nella cerchia microsociale): spesso purtroppo a breve raggio! Deve
avere poi un contatto furbo o viscerale (che dà sicurezza), energia fisica, intuizione per le vie
pratiche giuste.. : il vento che spira e muore, aggressività e remissività, la costanza o i
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voltafaccia nelle connivenze, le scoperte degli ombrelli non troppo ardimentosi.. Poi, non tutto è
così basso e scadente: il mondo non è del tutto una fogna (..e il concime può anche servire). In
realtà: creazione culturale è avventurarsi; è l’autentica intuizione delle cose diverse (!) e
profonde che stanno, che possono farsi, tra la storia e il futuro. È avere le doti per realizzarle. ..A
naso, quindi: ma di un ‘anima-le’ vero e grande, che scantona i provincialismi (mondiali).
Chi decide il valore commerciale dell’opera d’arte?
C’è sempre questa storia, ovvia e un po’ misteriosa, perché anche ai gran furbacchioni che
montano tutta la storia, poi magari ..può cascare fra le braccia, o sotto i piedi; non è sempre
facile costruire le cose, eh? Hanno tutte le tecniche di mercato, ma non è che l’azzecchino
sempre, perché anche ai numero uno, si sa che, di sette progetti, va in porto uno solo, ..con tutto
lo staff che hanno a disposizione; per cui la lotta è dura (il che in sé non sarebbe male), ma a
volte occasionale, locale.. Il valore (e non voglio parlare tanto di quello economico, che tutt’al
più serve ai fini della conservazione) lo decide il significato, la storia, il passare del tempo,
ammesso che anche quello sia autentico. Lì per lì lo decide il benemerito baillamme, per lo più.
È un affare, ma nemmeno dei più grandi, perché ci sono affari.. magari la vendita degli
armamenti: è un commercio molto più grosso! È un affaruccio , un affare, quello, che, se te lo
cacciano.. so’ cavoli tua, come dicono a Roma [ride]. Ma, purtroppo, viene braccato quando è
vero, e viene cacciato a forza lì, quando è falso. E tu (non è rivolto a te) mercante, critico,
direttore, collezionista, crei l’intrallazzo e strumentalizzi (o ti fai strumentalizzare da) l’ ‘artista’,
per guadagnarci e campare.., e poi per acquistare potere, sicurezza. ..Fin qui, uno stato di cose,
prima a fini concreti, e poi inutilmente iperfetato. Ma, oltre a quest’ambito ambìto: ..veramente
tu cerchi di dare un senso alla tua vita, affidandoti alla mente di uno che possiede questo gran
gusto, sostanziato dagli studi.. all’istituto d’arte? Da dove provengono le idee di questo tipo che
ha spesso palesemente una faccia, spessa o smilza, convenzionale da gnocco? Vi reggete a
vicenda sul vuoto?!.. Ora vorrei anche rivoltare la frittata e dire come tutto questo ovvio - e in
ogni campo diffuso - sistema di collaborazione: serva a far andare avanti le cose e la produzione
del mondo, no? Ci vuole fattività organizzativa, altrimenti.. Inoltre, al di là dei vaghi, ci sono
anche dei gran simpatici, nel nostro plesso complesso e critico! (senza scherzi). E senti,
intervistatore, mi sembra che con tutti questi discorsi, stiamo alimentando troppo la mia para..
noia! (e poi genero noia, ..o cognato, cognati di noia..).
Un giudizio sul tempo: non quello atmosferico, ma quello che va.
Hum, il tempo che cambia, che procede, senza cedere..
Come è meglio spendere il proprio tempo?
Spendere? Perché spendere? Non è mica una moneta, a meno che non si tratti di energia
simbolica. T’ho detto: la miglior maniera sarebbe quella di poter “essere” piuttosto che “fare”,
benché per essere bisogna fare; ma che il risultato fosse più “essere” che “fare”. Non richiamo
nessuno..
Per essere bisogna pur sempre fare della cultura, dici. Tu operi nella cultura.. artistica?
..Verrò a noia! (di un altro tipo? ..Un tipo che passa?). Prenderanno l’arte - e me - e ci
metteranno da parte.. Rieccomi a puntualizzare (in maniera estremistica , anche perché
stringata): ..dopo il postimpressionismo non c’è più figurazione. Dopo il ready-made, il
cammino non è certo quello di un estetizzare il ready-made stesso (materiali, animali, corpi,
parole a vanvera) sbrodolandolo. Meno che mai, sbrodolare passivamente il passato rifritto delle
immagini. È, invece, un problematico affrontare.. ‘tutte’ le cose del mondo e i modi di dirle e di
farle. ..Tutti i linguaggi, non solo artistici, e la loro tradizione (non limitandosi, alle chiavi estetiche, né certo rinunciandovi): in un’arte che non à più una casa sua privilegiata, ma è fatta di
sentire e di intelligenza del mondo.. (se vuoi, ti ripreciso che, con ‘tutto’, non intendo affatto:
essere pronti a tutto, ad accettare o sostenere indifferentemente qualsiasi cosa. Proprio il
contrario! Voglio dire: fare delle scelte, ma operarle - mediante le proprie doti - non in un solo
campo, né a senso univoco). Le dimensioni artistiche, ..umanistiche, umane e scientifiche..: alla
radice, non si escludono a vicenda; anzi: vanno integrate (..in te, grate: amico aperto, senza
grate..) In pratica questa libertà è molto difficile (da attuare socialmente), ma necessaria.
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Un’ottica completamente diversa, che ora.. mi obblighi a ridire ancora una volta, e in modo
troppo palese e semplificato, ma che, nella sua pericolosità, nella sua profondità e avventura
ipercreativa, non va equivocata come progressismo e ottimismo ‘sviscerali’ (non dico
sviscerati). L’ ‘arte’ di cui parlo nei titoli di questa intervista e che va cercata ‘altrove’, non è
solo la mia, ma in generale quella che ci spetta ed aspetta. Allora.. l’artista non è quel troglodita
a ‘senso’ unico che deve fingere di essere geniale, ma uno che ha a che fare sul serio con la
nevrosi sua, e con la nevrosi storica dei linguaggi ..per affrontarne il paradosso che incarnano: di
espressione, costruzione, e - invece - mistificazione.
Torniamo all’essere. Di che natura sono i tuoi più sentiti desideri inappagati?
Essere più vero, meno deformato, più formato: più mi formo, più sono. Se uno potesse sentire
diversamente: sarebbe diverso, o più se stesso. ..Sai che divertimento! (ha più sensi questa
esclamazione?). Diamogli il migliore!).
I principi morali vanno rispettati?
Cosa sono i principi morali? Per esempio, in arte: essere autentici. Va rispettato, se no che arte
è?
E nella vita?
Che c’entra questa domanda? Tutto è problematico! Psicologicamente: per uno è una cosa, per
l’altro è l’opposto. Se ci fossero le tavole della legge, stabilire una volta per tutte, staremmo
tranquilli; ma la ‘legge’ procede (a parte i fondamenti umani).. Poi, tu fraintendi. Quando parlo
di ‘moralismo’, io non mi riferisco certo ad azioni morali o immorali! Parlo di una cultura che fa
scelte rigide e dogmatiche, vuole sentirsi difesa da un potere che garantisce quale tradizione e
quale opera (d’arte) è buona e quale no.
Te l’ho chiesto perché, in genere, tu sei contro i moralisti.
Contro i moralisti? Ma perché anche io sono un moralista. I principi morali vanno rispettati se
sono autentici; se sono solo principi e non fini, vanno tralasciati. Moralismo non viene a dire,
morale, etica; anzi: vi si contrappone (così come, altrove, ti parlavo di qualità estetiche, contrapposte ad estetismi a senso unico).
Per te, che volto ha questo moralismo di cui vorresti liberarti completamente?
Mah.. chi lo dice questo?
Lo dici sempre tu.
Sai, le parole hanno tanti significati! Mi sembra che non ci capiamo; non parlo mai di.. atti
osceni! Osceno è seguire vuotamente le vuote chiacchiere dei poteri. Invece, seguimi: la nevrosi
è una forma di razionalizzazione, di esagerazione, cioè di estremismo, in questo senso è
moralismo che vuol difendere se stesso. Razionalizzazione, lo sai, in psicanalisi significa:
coprire con teorie e concetti, dei sentimenti, realtà, che invece sono diversi da quello che si dice
a parole. Qui è implicata una forma di esagerato moralismo, di estremismo: le cose o sono
bianche o sono nere. In realtà (.. ‘spariamo’ a rotta di collo: correre sparati, sparire o sparare?) se
te lo dicessi a parole, tutto il mio lavoro.. vorrebbe forse dimostrare a me stesso che la vita non è
fatta di contrasti così estremi, che è un fatto dinamico, complesso, fluido: ‘omnes colores’
esistono nella luce del mondo, e oltre! E, invece poi io, nella mia nevrosi, sono estremista e
quindi moralista, esagerato, e quindi razionalizzante e quindi non vitale; e, quindi, tutta questa
vitalità dell’arte mia viene forse a significare.. che veramente nel fondo sono vitale (questo non
te lo so dire) oppure, eppure, che cerco di esserlo, perché è il mio bisogno, cioè quello che mi
manca (..oppure un’esagerata richiesta). Ti ho detto che anche tu sei molto nevrotico, pensaci
Giacomone! Ti tremano le ginocchia, ..nella ricerca dell’oro? Loro: vuol dire anche pappagallo
(in spagnolo)..
..All’artista è consentito tutto?
“La logica del Tutto” e “la logica: niente affatto”, diceva quello.. , che poi ero io nel librointervista che abbiamo fatto nell’ ‘88. Consentito tutto nel senso romantico, che l’artista è un
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semidio al quale bisogna tutto dare, ..prendere tutto da lui: no, per me sono tutte cavolate!
L’artista, come essere, non è che uno qualsiasi (oh Dio, si presuppone che non sia.. un
convenzionale seduto!) e può valere meno di un altro uomo. Perché vogliamo l’artista diverso da
altri? (più grande.. e più scemo). È diverso da altri, ma come altri sono diversi da altri ancora.
Potrà essere eccentrico (perché sensibile e intuitivo), ma non necessariamente; e non obbligatelo
a mostrarsi tale, a ‘fare’ l’artista o il pagliaccio, ..se non altro perché poi vi farete ingannare!
L’artista - comunque appaia, strano (faccia pure) o non strano - deve ‘essere’ artista, avere cioè
una ‘stranezza’ autentica e sostanziale (e capiamoci: poco fa, sopra, intendevo dire che: ogni
individuo umano dovrebbe essere ..individuale!). Il .. ‘mistero’ dell’arte (ecc.) è una cosa seria:
non è fatto per ammantarsene o camuffare; ..genio e regolatezza. ..Fatti un buon - o cattivo nome, e poi fa quel che ti pare (..ma non ti appare niente, in testa!). Si tende inoltre a dare totale
autorità a chi è noto, ..ma quello sa le cose del suo campo! E poi, chiunque è sempre imbecille
da molti punti di vista! L’artista, certo, non è uno qualsiasi, nel senso che prendi e dici: “fa’
l’artista!”; deve avere doti che non sono molto diffuse, tendenza a farlo, deve praticare e godere
nel fare l’artista; ma è un essere umano e, come tale, ha i suoi limiti, le sue caratteristiche.
Insomma: non è niente di divino; non è più umano di un altro umano; nel senso che, sì, il suo
mestiere è.. l’umanità, ma non è certo detto che lo pratichi meglio di altri, anche se lo mette in
codice. Se lo sa fare, quest’ultimo è il suo fare, ed è importante. Piuttosto, l’essere umano artista
deve essere: intelligente! Il discorso sembra chiuso, ma qui mi rendo conto che devo aggiungerti
qualcos’altro forse di meno.. utopico; perché potrai dirmi che, in un mondo di conformismo,
l’artista, o chi si interessa di cosiddetti valori spirituali, dovrebbe rappresentare un’alternativa. A
chi lo mitizza (e così facendo, sostanzialmente non lo stima per niente): ..vado a dire di
normalizzarlo ai propri occhi. Poi vengo a dire dell’intrallazzo connesso al mondo dell’arte, e
che il valore commerciale è opinabile, ecc. ..Ma allora, penseranno: ..quest’arte c’è o non c’è?!
Ti rendi conto che c’è gente che pensa ingenuamente che esistano ambiti di lavoro, differenti dai
propri, e non retti da mene di potere? Oppure che ritiene la cosa radicalmente giusta o scontata:
quest’ultima è una.. bella lezione di realismo; altrimenti non hai né arte (né parte); ..ma di qui
riparte il discorso che.. il povero Cervantes è diventato noto.. ‘anche’: perché valeva molto!!..
Cosa ti manca di più?
Beh, quello che ti dicevo prima: di sentirmi vero, di essere. Non mi far.. essere noioso,
svégliati!
un’ampia mostra
(senza mostrine)
la creazione a rischio
il buio, e un po’ di luce
Torniamo all’attualità artistica: come sarà articolata la tua vasta mostra che sta per
inaugurarsi al Museo MUHKA di Anversa?
Ecco, bene. Non è un’antologica, perché ci saranno alcune opere del passato, ma come
un’appendice che sta in alto, alla fine; mentre il tutto, pur essendo su una superficie di oltre
1.600 mq., su 4 piani di un intero museo dei più importanti del Belgio, è articolato sui lavori
fatti negli ultimi 7 anni. La mostra più grande che abbia fatto, sarà una faticaccia installare tutte
queste opere, perché non sono tanto quadri più o meno grandi da appendere al muro (i quadri
stessi sono più di duecento), ma sono anche tante cose che devono prendere la loro ulteriore
consistenza nello spazio. Io affido la ‘moralità’ all’opera, ma il lavoro sarà anche di invenzione
dell’installazione, con colori su intere stanze e pareti o settori, riquadri e scritte (a posteriori, ti
dirò che la mostra aveva un percorso continuo a ..sorpresa, in uno strano ‘museo’ di DEN &
DUCH (e LUC!). Vi erano come dei luoghi di passaggio, meno illuminati e in cui erano disposti
disegni che.. anticipavano i centri più vasti e luminosi, con nuclei di opere. Gli interventi cromatici sulle pareti stavano fra risonanza, forma e indicazione: c’erano, per fare un esempio, i
quattro ‘colori - Funzioni’ (da Jung), disposti in croce, in un grande quadrato; e che si ritrovano
nei 5 ‘Letti’ paradossali esposti (una mia ‘lettura’ di DUCH). Alcune grandi scritte un po’
..barocche: salendo al primo piano si trovava l’ambigua e significativa frase di DEN: “Non
appartengo a nessuno, e appartengo a tutti. C’eravate prima di entrarvi, e ci sarete ancora,
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quando ne sarete usciti”. Poi ci si addentrava negli spazi, fra cui posso ricordare (oltre ai già
nominati: ‘Boudoir de Vénus’; le 17 opere del ‘Misteryum’; e i 200 ovali della ‘Logique’): ‘La
stanza della bambina Bina’, ‘La stanza dei Letti’, quella ‘dei Giani-pilastri’, quella ‘della notte e
del giorno’ (le ‘Opere fosforescenti’), dei ‘Bauli ballanti’ delle ‘Opere speculari’, delle
‘Gioconde’, dell’intrigo video (‘Splendor Solis’), dei libri, ecc.; il dialogo a distanza di brusii o
scrosci d’acqua fra la ‘Magrittefontaine’ infuocata e i due ‘Red-made’ a fontanella intermittente,
etc. ..Posso poi aggiungere che, per l’allestimento, ideato e curato da me, e da Rosa, ci sono
voluti dieci giorni, con più di dieci persone al lavoro. Ma il risultato è stato molto positivo, e il
direttore del Museo mi ha abbracciato e ringraziato dicendomi che non aveva mai fatto una
mostra come la mia).
Ti storicizza?
Dicevo, non à un taglio antologico; ma in catalogo ci sono dei testi generali: un’introduzione di
Florent Bex, due testi miei, un saggio di Michel Baudson sui miei tanti libri, un altro ancora del
giovane critico e storico Jan Foncé, che pone l’accento sull’originalità e la complessità del mio
lavoro (..un approccio ‘autre’.. piuttosto inusitato quanto alla forma, e non si sa bene in quale
corrente stilistica situarlo..). Non si tratta assolutamente di citazioni, di furti stilistici, né di
allusioni formali gratuite.. presenta il risultato delle sue riflessioni nella cornice di diversi
contesti. Nel contesto delle arti plastiche - questa esposizione lo testimonia - ma anche
nell’ambito delle scienze umane (vedere le sue pubblicazioni), entrambe concepite come
complementari.. Tutta la sua attività ha un carattere sbalorditivamente complesso.., ma d’altra
parte possiede un senso e una coscienza eccezionale della magia propria dell’oggetto, quella
dimensione dell’opera d’arte che per sua essenza è enigma e sorpresa e sfugge al discorso. La
mostra non è un’antologica perché, francamente, mettere in campo tutta la mia produzione nella
sua complessità, in tutte le sue variazioni, in tutta la sua articolazione che tu sai, sarebbe
complicato, enorme, e forse.. ‘sconcertante’ al massimo, per chi non mi conosce, e per.. le menti
univoche correnti. Un giorno.. dovrei farlo. Eppure anche questa è una mostra molto complessa,
di svariate centinaia di lavori. Ora fammi riaffermare che c’è gente che da venti o trenta anni, in
sostanza, fa la stessa cosa, e qualcuno l’ha identificata, l’ha capita (!) l’ha commercializzata;
mentre io, avendo fatto tante cose che vogliono essere un cammino, come hai detto tu.. : forse ci
vuole un cammino e una fatica autentica.. quasi quanto la mia (?) per poterle seguire e capire
(con dis-vertimento, spero!). Allora, nella mostra ci saranno queste opere recenti, più oggettuali,
che dànno il la e la presenza, e poi tante ‘sorprese’ consistenti (aggiungo che anche i bambini si
sono divertiti con i ‘Bauli’, i ‘Letti’, o i ‘Giuochi di Bina’; il museo fa anche una bella, ironica
pubblicazione per le visite dei ragazzi).). Francamente ci sono artisti che si chiudono in una
cifra, perché non si scontrano con la cultura (stanno in pace con la madre divorante), perché non
sanno.. saltare di palo in frasca, nel senso che sia il palo che la frasca servono, ne nascono alberi,
pali e verde.. Insomma, artisti monolitici e quindi pesanti come pietroni, ma su questa pietra o
piuma non nasce nessuna chiesa perché è una pietra morta. C’è qualcuno che à sfogliato il verde
di un mio libro? O l’arcobaleno del mio ventaglio sventato e saggio? Vedi? In questa ricchezza e
forte divario sta la mia proposta: estetica, mentale e.. ‘scientifica’ a un tempo. Parti dalle opere e
ti ritrovi, se vuoi, precipitato nella theoria; o viceversa.. oppure giri e assapori.. Prima della mia
mostra è stata realizzata una di Kosuth (che fra l’altro ha avuto meno visitatori della mia). Lì è
un’estetizzazione di orecchiature mentali (dove il.. rigore è fatto per metterlo in salotto,
acquistandolo). Qui, in me, è una.. cucina problematica e senza limiti, dove la base molto
strutturata si permette di dialettizzare con una creatività sguinzagliata. Per esempio, le mie
grandi ‘Fontane Fisionomiche’ (a Anversa, tornite sul profilo di Magritte - ‘Magrittefontaines’ alte quasi 3 metri e con un raggio laser che infuoca una pallina sostenuta dal getto d’acqua) sono
a sorpresa, fortemente oggettive e coinvolgenti; ma in realtà - come ho detto - sono leggère
come una pura idea! Ti aggiungerò, per insistere un po’, che ‘una e tre sedie, o seghe’, di
Kosuth, non è altro che la visualizzazione della teoria comunicativa di Peirce, padre ottocentesco
della semiotica. Mi sembra che nessuno se n’è accorto! Io, con ‘biglietto d’autobus, ecc.’, ho
fatto indipendentemente la stessa cosa, in date analoghe, e non mascherando, ma ricercando..
Tutto questo: per quanto risulta a me. O forse m’imbrodo troppo? Se mai: beviamocelo! (Non è
di dado: è tratto!)..
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Ti ha procurato lavoro, ma anche soddisfazione perché stai passando dall’automuseo al
museo pubblico, anche straniero.
Certo, le cose vanno fatte vedere. Mi vengono incontro dei fatti, magari nel momento in cui io,
da un lato sono un po’ affaticato, dall’altro, segretamente, sono un po’ meno interessato a queste
cose (detto fra parentesi, per non sembrare snob). Produrre ti obbliga a sostenere la tua
produzione.. In chiusura, vorrei ri-assumere qualcosa: ti ho detto come le mie ironie celino e
integrino la complessità. Ora, se mi domandi più precisamente dove si localizzino le idee, in
questa mostra anche oggettiva e che ha, come ti spiegavo, un percorso.. di “Museo archetipo di
DEN & DUCH”, col suo.. décor: ti faccio notare e rinuotare (plumf!) il vasto, inconsueto spazio
mentale che abbraccia. Da un lato, l’apparenza oggettuale, estetica, circolante, ironica e non (a
questi livelli, potrà fermarsi il pubblico più semplice). Dall’altro, sai che su Diderot e su
Duchamp ho pubblicato (il secondo anche nel catalogo dell’esposizione) due saggi di lettura
psicanalitica dell’arte figurativa, e addirittura della letteratura. Cosa c’entra questo con l’arte
visiva? È competenza dell’artista? Al Nord si spaventano meno: nella mostra c’era anche un
ambiente dedicato a tutte le mie pubblicazioni, che non sono: documentazioni!. A nord c’è
anche qualche artista, superficiale ma estremista, e quindi forse interessante perché almeno
..estrapola forte - a partire dal ready-made - e presenta grandi oggetti industriali. Beh, bah..
(però.. bigna da arricchì.. le cose. E poi il vecchio DUCH, ai suoi lontani tempi, aveva
progettato due ‘ready’: un cavatappi, e un grattacielo..). E ora fammi ricordare ancora una volta
la responsabilità del singolo, richiamando, sia pur occasionalmente, Gargantua, il cui.. motto
era: Fay ce que voudras (Fai quel che vuoi!).
Io, per oggi, da questo “palco oscenico” avrei finito. Adesso, se vuoi, se ti senti, rivolgiti tu
delle domande per chiarire qualche aspetto che non è stato ben focalizzato oppure, se non
sei stufo di fare il teste-paziente.., puoi fare qualche altra considerazione sugli argomenti
trattati. Ma parla, come ti ho chiesto all’inizio, senza frenarti.
Oddio, siamo andati a ruota libera e temo che il tutto possa risultare, in platea, notevolmente
noioso e insistente (..carico di accalorate frescacce? Cioè, ciàcoe.. che non posson sostituir
l’opera?.. Però, lettore, ..è anche per venirti incontro, per spiegarmi, eh?!.. O ti ho disorientato
coi miei serî ‘giuochi’?). E anche un dialogo fra paranoidi, a darsi noie.. Non te la prendere,
intervistatore! Vuoi ancora un po’ di autocritica sostanziale e problematica? Siamo schiavi delle
nostre psicologie e nevrosi, renditene conto. Così, le tue domande provengono dalla tua cultura..
e dalla tua incultura e nevrosi. Come le mie risposte. Non si tratta tanto di verità, quanto di..
condizioni e condizionamenti, difese. ..Ma senza la speranza (e l’illusione) delle idee, tutto si fa:
invece che vero e reale: piatto, riproposto (..come sembra capitare oggigiorno? ..E ieri notte!).
Socialmente, le ideologie hanno una dinamica simile; mi riferisco alla falsante
‘razionalizzazione’. Chi mena la danza, allora? Penso che sia il cammino che viene fatto con la
parte autentica delle pulsioni, delle conoscenze e degli strumenti (..eh, sì!), ideati e usati con
intelligenza e rischio.. Ti parlavo, per esempio, della ‘figurazione’, sostenuta dalla critica comunista negli anni ‘50-‘60. Un moralismo non molto dissimile da quello cattolico: ..perché
quest’ultimo è più antico, e dietro di esso.. ecc., ecc. Apparentemente contrari quindi: ma che si
trovano, in realtà, nello stesso piatto. E intanto, l’astrazione, ..l’informale (non parlo nemmeno
di quelli ultimi, ma degli anni ‘50): sempre in ritardo di vari decenni. E anche all’origine, l’ismo
astratto - fammi ridire altre.. bestemmie - lo vedo sostanzialmente superfluo, perché (e qui sì,
usiamo ancora il termine): quasi semplice estrapolazione ..terminale, di cose precedenti.
..Guarda che però, tutto il cammino delle avanguardie, non è che non lo ami, o non lo abbia
amato: tutto il contrario! E questo mio drastico, paradossale (e però.. realistico) tagliare: ..vuol
dire che sarà l’altra faccia della Complessità! Ove - al di là del molto ‘spiegare o spiegarmi’,
parlando - la drasticità delle scelte dimostra che, in realtà, mi baso solo sui fatti: sulla originalità
storica dell’ ‘oggetto’ artistico, non ..condìto di ‘giustificazioni’ idealistiche, che siano di artisti,
di teorici, o di attivisti. ..Finché non è possibile creare e saltare, esaltare, altrove! E saltare sul
serio, perché - come ti ho detto - anche altre cose più smaliziate e progredite, nelle arti ricche o
povere o medioabbienti, ecc.: arrivano tardi di.. poco meno di un secolo (!) e sono riconducibili,
per semplificare, a Duchamp & compagnia, e quindi - in quanto ripetute - inutili; tanto più che e questo è il peggio - ..non hanno fatto altro che ritradizionalizzare i ‘materiali-trovati’
(rendendoli troppo fisico-estetici, con maquillages molteplici). Poi, il limite di Duchamp stesso,
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è di essere unicamente “artista”, per non parlare delle fessacchiate del giuocare a scacchi.
..Infine, il postmoderno era venuto a ridirci (non è cosa nuova: vedi - nell’ambito delle arti
visive - per esempio: Picasso, la Metafisica, ecc., ecc.; ..Picasso - come gli altri - già messo fuori
giuoco dal ready-made!) di rifriggere senza speranza gli avanzi delle culture e degli stili facendo l’occhiolino - perché il proseguire è impossibile. Io ho sostenuto che la via aperta è
quella dell’apprendimento e la creazione a rischio continui, in tutti i campi che ti “interessino”
(lo ripeto un’ultima volta, spero che sia chiaro che non intendo affatto sopravvalutare la cultura.
La intendo anzi in un senso di lotta o attività capovolgente e creativa, e non come un fine. Quasi
la svaluto, nella sua necessità). Di qui, un confronto che dà luogo a novità. Potrei dirmi: e
quando hai appreso ad apprendere, ..se non: capito il .. giuoco dei giuochi? O più
semplicemente, quando hai inventato e appreso quel che ti interessava (in te ressava!): ..che fai?
Diventi vecchio? Allora: il praticare l’arte non è ‘risolutivo’. Con il ‘fare’ come apprendimento
e creatività continui, con la pratica di tante dimensioni: che cammino si apre? L’unico, ma poi?
Continuare e non. Ripeto che non esiste.. il mestiere o la professione di artista (ciò non toglie
che chi voglia praticare l’arte: debba, se ha talento, applicarsi intensamente). C’è poi chi fa le
stringhe, le scarpe, o chi sfiora tasti. Io non porto scritto “artista” da nessuna parte! E ora - a
questa altezza o bassezza dell’intervista - proprio mi son venuto a noia. Basta! La logica, o altro,
dice inoltre (..ipocrìnomai? mai qui!) che ci saranno vari che hanno ragione, molte ragioni, le
loro ragioni, ricche di significato, che va rispettato.
..E guardiamo questa luce che entra qua. Stop (sto parlando, ..guardando la finestra, e ora sto
zitto).
-------Caro
! .. ?
Facendo la trascrizione dell’intervista del 2.1.1990 mi sono ricordato che dovevo rispondere alla
tua domanda (finale) urgente.. sulla “complessità diversa” di fare arte. Non ti avevo risposto
subito proprio per la complessità dell’argomento in rapporto alla tua stanchezza e alla mia..
spossatezza dopo 4 ore di interrogatorio (ricorderai che era passata la mezzanotte e che il
registratore era rimasto senza nastro). Ora non posso che risponderti approssimativamente,
perché su certi tuoi problemi esistenziali non ti sei aperto più di tanto. E, poi, non so se sono
così ‘libero’ di sentire il privato e di esprimermi oggettivamente dopo tanta frequentazione..
Non si può, comunque, dall’esterno scrutare e capire, fino in fondo, il tormento intimo di un
altro. Intuirlo, invece, sì, proprio perché non sei coinvolto totalmente. In ogni modo, se vuoi
questo ‘conforto’ da me, sono pronto a riconoscere che la complessità non solo quella
intellettuale, che tu tiri in ballo sempre più, è la strada giusta del tuo avvenire artistico. È in quel
tipo di arte che puoi trovare il risultato e la gioia che non ti fanno sentire la fatica o il malessere..
Tu, in definitiva, hai molta fiducia nell’arte e, nello stesso tempo, cerchi qualcos’altro che pensi
di poter trovare nella vita o pensi che ci sia bisogno di immettere più vita nell’arte, forse, per
non uscirne come Duchamp, per fare l’arte di respirare.. Ma questo, probabilmente, è un
labirinto senza uscita. O, se ne esci, entri nelle finzioni della nostra civiltà, responsabile di tutto,
e non nell’autenticità del mondo. Anche nell’arte c’è l’umano che può essere esaltato dall’arte
stessa. Sulla validità della tua “logica del Tutto”, ti ripeto che non ho dubbi, per quello che
riesco a capire io con le mie possibilità, senz’altro scarse rispetto ad un argomento così grande,
nonostante il tuo ventennale indottrinamento.. e le tue ‘rivelazioni’ estive ed invernali.. Resta
solo da vedere, andando avanti, dove ti può portare questa tua intelligente e necessaria
fissazione. È una strada difficile, ma sicuramente giusta, ..e beato te che hai i mezzi per
percorrerla! Questa complessità, che ti appassiona e ti ossessiona, dovrebbe destare grande
interesse in chi guarda l’opera, anche se oggi l’occhio minimalista è portato ad imbattersi in
qualcosa di asettico, ‘senza sentimento’ ..Da una parte questa complessità che pratichi, ha la
forza di attrarre, dall’altra può respingere perché il prodotto (scusa questa parolaccia, assunta
per non ripetere sempre ‘opera’, anche se spezzandola alla tua maniera diventa pro-dotto) si
presenta diverso dal solito, ma ciò non lo impoverisce.. Quando, però, essa è autentica, perché
fatta di cultura, di memoria storica, di contenuti umani ed è tinta di colore-calore-sentimento,
non può che piacere e meravigliare l’osservatore intelligente, sensibile e morale (come dici
sempre tu quando parli dei critici che non hanno queste qualità..) di cui ha bisogno l’opera vera
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per essere capita. Ma chi può capire appieno l’opera? L’arte stessa lo consente? Non è cosa
facile neanche per l’autore e gli esperti. Capirla vuol dire conoscere la verità e trovare una
definizione all’ ‘arte’. Giustifico la tua sete di vita, ma, in questo particolare momento, se amplii
questo desiderio, rischi di peggiorare le tue già precarie condizioni psico-fisiche. Non puoi
continuare con questa intensità a scavare nel profondo.. È un gioco liberatorio, ma pericoloso,
anche se da questa avventura ricavi i materiali più autentici per fare quell’arte ‘originale e
complessa’, ‘ricca di contenuti poetici e di magia - aggiungo io - che ti differenzia dai tuoi
colleghi. Secondo me, questo sondare può potenziare le ansie e, alla fine, non riesci a trovare
quell’uscita felice che ti aspetti, promessa dal tuo amato Jung. A meno che non voglia
percorrere la strada del misticismo puro che, però, ti allontanerebbe ancora di più (?) dal mondo.
A volte mi chiedo dove vuoi arrivare con il tuo furore creativo.. dal momento che dovrebbero
bastarti i risultati che ottieni già. Intellettualmente ti stai impegnando troppo e c’è da
preoccuparsi perché potresti sconfinare e perderti (corna!). Ad ogni modo, all’origine del tuo
‘male’ c’è sicuramente anche l’insoddisfazione. Se avessi i giusti riconoscimenti (quelli che
hanno certi artisti ad una sola dimensione), troveresti anche le energie per proseguire più
serenamente. Sappiamo (noi quattro e pochi altri) che meriti molto, ma per il momento devi
accontentarti di avere poco più di ora: quello che ti consente di vivere e lavorare più
agevolmente. La complessità, come sai, richiede, tra l’altro, un coinvolgimento di tutte le
risorse personali, mentre un’arte che mette in campo solo le doti naturali dell’autore non esige
tanti strumenti per essere fatta e forse anche per essere goduta.. Come tu stesso dici, essa ti dà
un’infinità di possibilità e ti fa passare sopra a tanti altri. Perciò, continua per questa strada, ma
senza esagerare.. Non so se può consolarti il fatto che io vedo la traiettoria della tua parabola (?)
salire negli anni. Te lo dice uno che ha un rispetto forse anche esagerato per l’arte e quindi non
ha paura di dirti in faccia la verità; uno che ti segue da molto tempo e che è entrato nel tuo
lavoro fino al punto che, certe volte, vorrebbe riportarsi alla giusta distanza per vedere con
un’altra prospettiva e giudicare spassionatamente.., o, addirittura, senza le incrostazioni delle
conoscenze, pur essendo convinto che nel tuo caso lo spettatore, specie se non vive alla pari col
tempo, deve essere introdotto. Quindi, ora dovresti solo avere più riguardo di te, cercando di
vincere le ansie che ti vengono dall’esterno. Ritengo che ultimamente tu sia arrivato ad una fase
molto significativa. Penso alla scelta inci-vile, ma coraggiosa) di Gauguin, rispetto a quella
‘vile’ (ma salutare) di Duch e non a quelle rinunciatarie e distruttive di altri. E, secondo me, sei
solo all’inizio di una nuova stagione color rosa.. che potrà darti risultati oggi forse ancora
inimmaginabili. Se mi è consentito (ma l’amicizia dà diritto a tutto) forse per essere ancora più
radicale dovresti citare un po’ meno la storia (pur sapendo che nel passato ci entri anche per
contestarlo e che così si può essere radicali lo stesso). Attenzione: non ti dico questo perché
oggi c’è chi proclama l’inespressionismo. Non credo proprio che tu possa colmare dei vuoti
significativi uscendo dal territorio dell’arte specie se dentro quest’arte c’è anche l’amore.
Probabilmente tu, come me, hai bisogno dell’arte per compensare o vincere qualcos’altro. E
sono convinto che, se pratichi l’arte senza pensare alla competizione, può diventare anche la tua
migliore medicina per vivere (anche se la competizione può stimolare la creatività). In un certo
senso la stessa insaziabile complessità (consapevole e inconscia) ti spinge a cercare sempre di
più nel profondo e in superficie, anche perché pensi che ci potrebbe essere qualcosa di più
grande e di più bello della bellezza stessa che forse non si può raggiungere mai (lo hai detto tu).
Ripeto: cerca pure di trovarti, ma una risposta più convincente forse non esiste; cerca con la
consapevolezza che c’è una soglia invalicabile per l’essere umano. Non credo proprio che tu
debba lasciare l’arte per vivere meglio anche sotto l’aspetto fisico, ma non devi neanche
spremerti troppo, più di quanto puoi sopportare. Né credo, guardando alle cose dal di fuori
(purtroppo e per fortuna, diresti tu) - e qui parla più forte il moralista - che questo tuo bisogno di
vita senza impedimenti, non possa darti delusioni: la stessa di chi crede nell’amore più profondo
e più puro, che forse è giusto ricercare, ma che, in pratica, è difficile, se non impossibile, da
raggiungere pienamente e per sempre. Forse questo scavare per trovare più vita autentica è
un’esigenza per arrivare a fare più arte. Quindi, senza arte non potresti vivere perché l’una è in
funzione dell’altra e tutte e due sei tu, la tua esistenza. E, poi, siamo sicuri che l’esigenza di vita
non sia anche bisogno di arte per vivere in modo più totale? Anche questo può essere un segno
della tua complessità.. Se fai meno arte, forse vivi meno vita, ma, come ti dicevo, non devi
superare certi confini.. naturali. La natura ci dà la misura di come devi esserci dentro.
Riguardando il tuo lavoro dall’inizio ad oggi (sai che l’ho guardato veramente!) mi accorgo,
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come t’ho detto, che c’è stato un continuo crescendo grazie, appunto, alla complessità. E mi
pare che proprio ora tu stia uscendo dal ciclo che hai voluto chiamare ‘vago’ per focalizzare,
meglio e più scopertamente, il discorso. Penso che la strada sia ancora più giusta o che
quest’altro percorso abbia dei contenuti diversi, più marcati e, quindi, più riconoscibili. Hai dato
un altro scossone alle ‘convenzioni’ avendo introdotto molta di quella autenticità che persegui.
Forse perché ci sei implicato, non ti accorgi che hai già in mano la risposta che cerchi, anche se
sei insaziabile e non vuoi rassegnarti al conosciuto. È questo il dramma che, con altre
motivazioni, è stato vissuto, in maniera altrettanto sofferta, anche da altri grandi artisti che alla
fine non sono riusciti a superare con i risultati che idealmente volevano. Del resto, come hai già
capito, gli altri mestieri della vita non sono migliori di quello del fare arte che, se non altro, ti
può offrire l’immaginazione, l’illusione di vivere una vita diversa. Allora, si deve andare avanti
a cercare in quel campo della complessità, ma senza uscire dal seminato umano. Questo è il mio
punto di vista sulla complessità, sull’Essere nell’arte ed oltre.., riferito a te e al tuo lavoro di
oggi e, forse, anche di domani. Prendi queste considerazioni come una impressione personale
più istintiva che ragionata: non provengono da uno psicanalista, né da un filosofo, né da un
critico con la ‘C’ maiuscola (che, sappiamo, può essere l’iniziale di parolacce.. significative),
ma, semplicemente, da amico sincero che sente di seguire, e segue, il tuo lavoro in tutte le sue
fasi (autenticamente, senza curare la forma..). Per chiudere, spero che non guardi come nemici
certi moralisti, pedanti e nevrotici come te..: indubbiamente, sono dei rompicoglioni che, in
buona fede, però, vogliono il bene degli altri anche quando sbagliano e specialmente se si
incazzano fino al punto di rompere.. (Da certo moralismo che impedisce.. forse può derivare
anche quella sana rabbia sociale che ti fa reagire e sentire vivo). È tutto e, forse, troppo per oggi,
ma questo sermone da primato, anche un po’ retorico e borghese (non per me in questo
momento) lo hai voluto tu (mi era sembrato di capire che c’eri rimasto male, perché,
giustamente, volevi una risposta immediata in quel clima confidenziale). Ho abbozzato quello
che pensavo, magari travisando come “C.C.N.C.P.”, ripetendomi e saltando di palo in frasca, ma
spero, sempre dello stesso albero in cui scorre quella linfa che può dare i frutti dell’arte. Allora,
ora che la grande mostra al MUHKA ti ha rincuorato.., vai avanti e noi con Rosa ti saremo
sempre più vicini.
Ascoli Piceno, 1. 4. ‘90 / 14. 5. ‘90
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1/continua..
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