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Delfini in cattività - Difficile è la coabitazione di Italia dei Valori

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Delfini in cattività - Difficile è la coabitazione di Italia dei Valori
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ANIMALISTI
ITALIANI
I DIRITTI DEGLI ANIMALI, UN DOVERE DEGLI UOMINI
DOSSIER
DELFINARI E OCEANARI
A cura di: Ilaria Ferri, Direttore cattività.
Il dossier è dedicato ai delfini uccisi per finire nelle vasche
di cemento dei delfinari, a quelli che ancora vi languiscono,
ai delfini catturati nelle reti da pesca e a quelli trucidati
nelle mattanze, e alle balene sterminate per essere
mangiate.
2
CETACEI IN CATTIVITA’, PRIGIONIERI IN UN BICCHIERE
D’ACQUA
-INTRODUZIONE
LA CATTIVITA’:
Da Più di cento anni i mammiferi marini (delfini, orche, otarie, foche
etc.) vengono catturati brutalmente, strappati al loro gruppo
sociale, imprigionati in anguste vasche di cemento. Sono esibiti in
tutto il mondo per divertimento, per “ricerca” e più recentemente
per fantomatici terapeutici contatti.
Il 53% degli esemplari catturati muore in cattività entro i primi tre
mesi: in libertà un tursiopi vive fino a quarant’anni e un’orca oltre
gli ottanta anni.
Tra il 1938 e il 1980 negli Usa venero catturati almeno 1500 delfini
destinati ai parchi a tema - i delfinari.
Soltanto in Giappone ne vennero catturati 500 e secondo la
Commissione
Internazionale
Baleniera
(International
Whaling
Commission) e c’è da considerare che vennero catturati in tutto il
mondo almeno 2700 tursiopi e 4500 odontoceti tra cui 300
stenelle striate, 250 globicefali, 150 stenelle maculate, 120 orche,
100 beluga, stenelle dal lungo rostro, delfini comuni, focene ed
altre 20 specie di odontoceti.
Bisogna
comunque
ricordare
che
questi
dati
sono
completi.
Mancano infatti i dati di ulteriori catture che vennero effettuate tra
gli anni 60-70, in cui vi furono numerose operazioni illegali e
pertanto mai registrate ufficialmente. Erano gli anni in cui negli Usa
cresceva l’attenzione per i parchi tematici - i delfinari.
3
Agghiacciante è il dato relativo all’altissima percentuale di
decessi. Il 50% degli animali non sopravviveva ai primi giorni dalla
cattura e il 30 % non sopravviveva neanche al trasporto . La vita
media, che in natura può arrivare ai 40 anni, era ridotta ai 5/6 anni
in cattività e se il malcapitato delfino era costretto alla vita di
reclusione in una struttura itinerante, non viveva che una sola
stagione.
Attualmente, nel mondo vivono circa 1000 cetacei in cattività (dati
forntiti da Ric O’Barry, esperto di mammiferi marini) tra delfini,
orche etc. A questo numero, va aggiunto quello dei cetacei e delle
otarie addestrati ed utilizzati dalle forze militari, principalmente
Americane e Russe, di cui non se ne conosce però l’entità. Questi
animali vengono usati per diverse utilità, anche per portare mine, o
per studiarne l’incredibile idrodinamicità per applicare gli effetti
sulle imbarcazioni militari.
-PERCHE’ FACCIAMO QUESTA CAMPAGNA:
I delfini, come gli altri cetacei, in base alla norme Cites (vedi
capitolo legislazione), non potrebbero essere detenuti a scopi
commerciali ed esposti in pubblico nei delfinari. E' evidente che i
delfinari facciano principalmente un uso commerciale dei delfini
dal momento che si paga un biglietto per assistere ad uno
spettacolo
in
deprivazione
cui
i
tursiopi,
alimentare,
addestrati
sono
attraverso
costretti
ad
la
eseguire
correttamente gli ordini impartiti dall'addestratore. Ed è altrettanto
evidente quale sia lo scopo reale di queste strutture.
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Da molti anni i delfinari cercano di dimostrare di effettuare
ricerche scientifiche, per altro ormai obsolete, solo per poter
riuscire comunque ad aggirare la legge e ad ottenere i permessi
necessari per detenere i delfini.
Queste attività fungono da paravento per un’ effettivo e congruo
introito ottenuto dagli spettacoli .
Le ricerche prodotte ed effettivamente pubblicate
sono infatti in
numero assai esiguo e non si riscontra la reale necessità di
effettuare tali ricerche quando per altro queste non sono traducibili
in pratiche di conservazione. Si limitano quindi ad essere sterili e
compilative,
senza
un
reale
ed
efficace
contributo
per
la
salvaguardia di questi meravigliosi animali.
Inoltre l’ambiente e le condizioni del tutto innaturali in cui sono
costretti a vivere i delfini, influiscono decisamente sul sistema
biochimico dell’animale, pertanto qualunque ricerca in cattività che
coinvolga
ricerche
di
tipo
biologico
ed
istologico
sono
da
considerarsi fortemente invalidate dalla detenzione.
Qualora l’obbiettivo fosse quello di indagare sull’etologia e ecologia
dei cetacei c’è da evidenziare come le condizioni stesse dettate dal
confinamento in vasche anguste e con esemplari non appartenenti
alla stessa famiglia, non siano minimamente paragonabili alle
condizioni naturali. Per tanto tutte le osservazioni sono deviate e
quindi inutili.
Non si possono condurre ricerche sul comportamento degli animali
in cattività, perché ovviamente i risultati sarebbero “viziati” dalla
variabile dipendente della costrizione stessa di cattività.
E’ necessario riconoscere i limiti della ricerca in cattività, mentre si
possono invece esaminare tutti quei comportamenti che la
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cattività induce: i movimenti ripetitivi e stereotipati, le nevrosi, la
spiccata aggressività intraspecifica, il classico galleggiamento a
“tappo”, il movimento del capo, l’aprire e chiudere la bocca a scatti;
le variazioni nell’utilizzo del biosonar, si possono riconoscere i
macroscopici cambiamenti della pinna dorsale che si ricurva
palesemente.
Si può constatare che comunemente i tursiopi sono aggrediti da
micosi , ulcere gastriche, escoriazioni, problemi agli occhi ecc..
I delfini, come abbiamo visto prima, sono animali con una struttura
sociale complessa e questa viene completamente devastata in
cattività, vengono costretti esemplari appartenenti a gruppi familiari
diversi a coesistere, cosa che difficilmente si verifica in natura.
Il normale territorio coperto da un tursiope è mediamente di circa
250 chilometri quadrati (anche fino a 500) che percorre ad una
velocità
massima
di
crociera
di
30/40
chilometri
l’ora,
con
immersioni fino a 300 metri, mentre in vasca è costretto in
pochi metri cubi, senza stimoli e senza divertimenti, non ha il
controllo del suo territorio, dello spazio e del movimento, non può
cacciare, non può esplorare, né può socializzare con compagni che
si è scelto da solo. Tutto gli viene rigidamente imposto.
E' noto ormai come i delfini soffrano di stress psicologico simile al
nostro e manifestino patologie d’ immunodepressione ed anche
ulcere gastriche.
L'addestramento avviene attraverso la deprivazione alimentare,
e gli stessi trainer hanno dichiarato di controllare i delfini attraverso
il cibo e di imporre dei rigidi comportamenti fino a quando il delfino
non si "pieghi" definitivamente.
6
Sono note molte immagini rubate nei delfinari in cui si ritraggono i
delfini in vasche di "contenimento" in cui rinchiudere quegli
esemplari che non rispondono positivamente all'addestramento.
Il tursiope “tollera” la cattività, ma con un'ingente mortalità dei
cuccioli e con una ridotta aspettativa di vita per gli adulti, che in
media vivono al massimo 6/7 anni contro i 30/40 in libertà .
“Il prezzo pagato dai delfini per fare gli "ambasciatori" nei delfinari
è stato un altissimo numero di decessi nelle fasi di cattura,
trasporto e permanenza in vasca, morti spesso causate dall'alto
livello di stress cui erano sottoposti o da altre conseguenze della
cattività.” (dichiarano i ricercatori N. Logue 1992- Hoyt 1992)
Già nel 1974 l'autorevole cetologo K. Norris scomparso nell'agosto
1998 e che vorrei ricordare per il suo grande contributo nella
ricerca
in
natura
e
per
la
tutela
dei
cetacei,
diceva:.."Il
confinamento inibisce le attività dei delfini, per grande che sia la
vasca. La differenza è tra 70-100 km di spostamento e una vasca di
60 metri di diametro (le vasche italiane sono molto, molto più
piccole n.d.r.). La differenza è tra la possibilità d'immergersi fuori
dalla vista della superficie - forse a più di 300 m per alcuni delfini- e
forse 8 m in cattività. La differenza è tra un mondo illimitato dove
aggressione
e
paura
possono
riordinare
la
struttura
sociale
all'interno e fra i branchi, e un mondo dove queste forze sono
confinate da muri di cemento. In cattività, i delfini timidi non
possono allontanarsi da quelli aggressivi. In effetti, il confinamento
inibisce le attività naturali al punto che queste possono essere
distorte fino a diventare virtualmente irriconoscibili. I delfini in
cattività sviluppano modelli di vita innaturali, come l'antilope nello
7
zoo che, abituata a coprire molte miglia al giorno, arriva a
passeggiare nella sua gabbia in stereotipati percorsi a "otto" fino a
scavare un unico solco nel suolo ".
L’ ”educazione” che viene trasmessa da queste strutture è
strettamente collegata ad un deprecabile ed antieducativo concetto
antropocentrico ed antropomorfico, per cui l’uomo è padrone della
natura, decide, fa e disfa della vita degli animali, costringendoli in
vasche o gabbie…..insegnando così ai bambini che l’animale è un
oggetto, che un delfino salta nel cerchio e gioca con la palla e non
sia piuttosto un essere senziente che vive e soffre, che gioisce e
che ha il diritto soprattutto di essere LIBERO. C’è da pensare
che gli antichi Greci fossero di certo più saggi di noi visto che
consideravano la cattura di un delfino e la sua uccisione come un
enorme delitto.
-“PET THERAPY” E NUOTO CON I DELFINI:
In Italia dal Gennaio di quest’anno è entrato in vigore il decreto
Ministeriale:
MINISTERO DELL'AMBIENTE - DECRETO 6 dicembre 2001,
n.469
Regolamento recante disposizioni in materia di mantenimento in
cattivita' di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops
Truncatus, in applicazione dell'articolo 17, comma 6 della
legge 23 marzo 2001, n. 93. ( vedi cap. legislazione).
All’art. 37 si legge: il nuoto con i delfini è vietato; è invece
permesso solo all’addestratore. Al veterinario , al biologo e al
curatore è consentito effettuare immersioni con i delfini allo scopo
di provvedere alla loro cura o ispezione delle strutture. All’art. 38 :
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I delfini non devono essere alimentati dal pubblico, né devono
entrare a contatto fisico con lo stesso. Durante le eventuali
dimostrazioni, la sorveglianza deve essere continua per evitare che,
i visitatori abbiano contatto fisico o gettino oggetti nelle vasche.
Ci auspichiamo quindi che questo decreto venga finalmente
applicato e che non accada come negli anni passati. Infatti
nonostante
esistesse
già
il
documento
"Criteri
e
Norme
di
mantenimento dei delfini Tursiops truncatus in cattività" approvato
dalla Commissione Scientifica CITES del Novembre 1995 i cui fosse
già vietato il nuoto con i delfini (art. 32), ripetute volte abbiamo
dovuto denunciare al Cites situazioni irregolari.
L’attenzione dei delfinari, essendosi verificato in tutto il modo un
calo del numero dei visitatori, si è spostata verso quella che
erroneamente viene definita "pet-therapy".
Dico erroneamente perché non è difficile comprendere che i delfini
non sono affatto animali domestici. "Pet" dal dizionario Garzanti
di lingua inglese riporta: animale da compagnia, domestico.
Il Prof. Carlo Consiglio ex-docente di zoologia alla Sapienza di Roma
dichiara:
"Rifacciamoci alla definizione di animale domestico. Che cos'è
un animale domestico?
E' un animale che a seguito di un lungo periodo di gestione da parte
dell'uomo,
che
ne
determina
anche
l'alimentazione
e
la
riproduzione, ha modificato i suoi caratteri morfologici per la
selezione operata dall'uomo stesso. Animali domestici sono quindi:
il cane, il gatto, la gallina, la mucca, ma non di certo il delfino, né il
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leone,
né
il
coccodrillo,
ancorché
allevati
dall'uomo
da
più
generazioni e in cattività.
Ne consegue che gli animali domestici sono adatti alla vita accanto
all'uomo e quindi non possono più farne a meno.
Gli animali selvatici invece sono adatti alla vita in ambiente naturale
e tenerli in cattività significa causare loro malessere perché non
possono più svolgere alcune delle funzioni a cui sono adatti e che
hanno bisogno di compiere per soddisfare le loro pulsioni.
Nei programmi di nuoto con i delfini si crea l'inganno di far
credere al pubblico di nuotare con dei delfini selvatici così amanti
dell'uomo da desiderare di nuotare con esso, ma non è così. I
delfini sono tutti addestrati a nuotare con gli esseri umani in
cambio di cibo, ad esercizio ben eseguito corrisponde un pesce.
-COSA ABBIAMO FATTO, COSA FACCIAMO:
Il 4 luglio è stata dichiarata giornata mondiale contro la cattività dei
mammiferi marini. Milioni di animali costretti in tutto il mondo alla
cattività per il “divertimento” di grandi e piccini. Per questo e
CONTRO questa pratica barbara e anche qui in Italia come in tutto il
mondo, abbiamo manifestato per protestare contro le strutture di
cattività e per i diritti di queste meravigliose creature a cui è stato
tolto il bene più grande: LA LIBERTA’.
Il nostro obiettivo era ed è innanzi tutto, quello di riuscire ad
ottenere la chiusura dei delfinari e di poter restituire la libertà a
quegli esemplari per cui fosse possibile sostenere un progetto di
10
riabilitazione
e
reintroduzione.
Per
gli
altri,
quelli
per
cui
l’adattamento alla vita in natura non fosse possibile per diverse
ragioni, miriamo alla creazioni di Santuari in mare in cui garantire
comunque una vita libera da vasche di cemento, deprivazione
alimentare e barbari fischietti degli addestratori.
Chiediamo che venga applicato il Decreto Ministeriale in vigore dal
gennaio
scorso,
per
questo
abbiamo
sollecitato
il
Ministero
dell’Ambiente e della Salute.
Siamo
membri
del
CETACEAN
FREEDOM
NETWORK,
una
organizzazione mondiale contro la cattività e lo sfruttamento dei
mammiferi marini che opera per la loro tutela in tutto il mondo, che
ha
nel
suo
staff
prestigiosi
ricercatori
e
scienziati
schierati
attivamente per la salvaguardia.
Inoltre per la salvaguardia dei cetacei liberi in natura e per lo
studio di questi abbiamo dato vita ad una joint-venture con
l’Adriatic Dolphin Project e il Gemini lab. Ti invitiamo a contattarci
per sapere come si fa a studiare i cetacei in natura e a diventare un
ecovolontario.
Sosteniamo
la
petizione
e
il
progetto
della
COALIZIONE
EUROPEA PER OCEANI SENZA RUMORE. (VEDI CAPITOLO
PETIZIONI)
Questa coalizione, sostenuta da numerose associazioni animaliste,
protezionistiche e di ricerca, denuncia l’utilizzo di Sonar attivi ad
alta intensità e chiede che vengano bloccati questi esperimenti.
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La marina militare Americana, ha infatti ottenuto i permessi per
utilizzare nel 75% dei mari e degli oceani del mondo, un nuovo
sistema sonar ad alta intensità per identificare e seguire i
sottomarini nemici. Molti scienziati hanno rilevato l’effetto negativo
che questo tipo di pratica ha su tutte le specie di mammiferi marini
e non solo. Infatti molti spiaggiamenti si sono verificati nelle zone in
cui sono stati usati questi sistemi ed è stato rilevato dalle
necroscopie effettuate che gli animali sono morti per emorragie
riconducibili all’effetto provocato dai sonar. Il segnale, alla fonte,
misura 240dB e anche a più di 480 chilometri di distanza dalla fonte
il segnale misura i 140dB !!!
Siamo anche membri della Global Whale Alliance, e della European
Cetacean Bycatch Campaign.
-DATI:
(forniti da Animal and Nature Conservation Fund)
DELFINARI IN ITALIA
Attualmente in Italia esistono 6 delfinari:
Queste strutture sono:
• il Florida Dolphin Show nell’ambito del parco di divertimenti di
Gardaland;
• il Delphinarium Delfini di Rimini;
• l’Adriatic Sea World di Riccione;
• l’Aquarium di Cattolica;
• il Delfinario nell’ambito dello Zoosafari - Fantasilandia di Fasano;
• l’Acquario di Genova.
12
Un totale di circa una ventina di delfini, è il numero dei detenuti in
Italia.
Fino al ‘92 in Italia ci risulta siano stati fatti entrare delfini della
specie Tursiops truncatus provenienti da tutte le acque del mondo
senza nessun particolare controllo ed il mercato che ne derivò
riempì le tasche dei gestori di galere per delfini.
I delfini venivano importati, prestati, scambiati e addirittura affittati
da un delfinario all’altro (a tutt’oggi è in uso questa pratica, vedasi
tra Riccione e Genova), addirittura usati nei circhi itineranti. Gli
esemplari morti
venivano sostituiti da altri
importati senza
documentazione, spesso anche “cambiando sesso” perché in molte
strutture gli animali deceduti venivano sostituiti da altri, non
importa se maschi o femmine, che continuavano ad essere chiamati
con il nome della “star” precedente.
Di seguito riportiamo solo alcuni esempi delle morti in Italia.
Ricordiamo che per noi è difficilissimo, se non impossibile,
ricostruire una “anagrafe” precisa di tutti i delfini transitati e
presenti attualmente in Italia, in quanto i dati ci sono sempre
pervenuti frammentati e contraddittori. Anche questo denota
quanta superficialità e mancanza del rispetto delle norme vigenti ci
sia stata fino ad ora…..
-“LE MORTI BIANCHE”:
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RIMINI
3 delfini “scomparsi”
-Chico: esemplare maschio di Tursiops truncatus catturato da
pescatori con le reti al largo dell'Adriatico, prima del 1982; è morto
d'infarto nell'1982/1983.
-Luna nata il 17/08/90, da Speedy e Alfa muore per ragioni ignote
nel 1995.
-Speedy probabilmente è stato catturato nel Mar Adriatico a
sostituzione di un altro esemplare morto nel 1982. E’ noto per i suoi
comportamenti particolarmente aggressivi: inseguiva la sua ombra
sul fondo cercando di colpirla e con la testa sfondo’ il vetro
dell’oblo’ della vasca.
RICCIONE- CATTOLICA, hanno la stessa gestione “Narvalo s.r.l”.
-Nina: catturata nel 1977, muore nel 1981.
-Anay: nata in cattività nel 1987, proveniente da Cuba, trasferita
a Riccione dal 1989, deceduta nel 1996.
-Clyde catturato nel Mar Adriatico nel 1982 e trasferito a Riccione
nel 1993 muore nel 1995..
Nei primi anni ‘80, quando viveva nella vasca itinerante con la
quale il delfinario di Cattolica seguiva nei mesi invernali il Circo
Medrano, ha attaccato altri due esemplari di Tursiops truncatus,
causandone la morte. Proprio in seguito a questo incidente le
autorità proibirono al delfinario di Cattolica gli spettacoli
itineranti. Nel corso di una visita avvenuta nel Luglio 1991,
mostrava gravi comportamenti stereotipati e durante lo show
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veniva tenuto rinchiuso nell’area recintata è deceduto in gran
segreto alla fine del 1995 senza che si ne conoscano le vere ragioni
della morte.
-Nel 1985, la delfina Lilly catturata nel mar Adriatico nel 1980
morì a circa 12 anni di gastroenterite acuta dopo aver ingerito una
palla; esiste il video dell’autopsia eseguita dal dott. Taylor.
-Benny, un delfino nato in cattività nel 1991 da Candy e Bravo,
morì a tre settimane di vita per problemi dovuti alla eccessiva
quantità di cloro presente nell’acqua della piscina. Nel 1987 un altro
delfino sempre di proprietà del delfinario di Riccione, chiamato
Bonnie morì in una vasca itinerante a Nervi a causa dell’elevata
concentrazione di pesticidi nell’acqua della piscina.
- Daphne, nata in cattività nel luglio 1992, è morta il 5 febbraio
1993 rimanendo aspirata dal filtro principale della vasca di
Cattolica.
E' interessante notare che Pelè
risulta nelle liste della Royal
Zoological Society di Anversa come maschio ed invece è femmina.
Nel Marine Mammal Inventory Report del 27 Aprile 1993, stilato dal
National Marine Fishery Service, Pelè viene al contrario indicato
come femmina, ma nell’elenco compare anche un esemplare di
Tursiops truncatus di sesso femminile arrivato da Rockport, Texas,
il 22 Luglio 1980 e rilasciato dopo 9 giorni, il 31 Luglio 1980. Esiste
dunque il forte sospetto che Pelè fosse originariamente un maschio
e che sia stato sostituito dopo la sua morte da un esemplare di
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sesso femminile. In effetti con il nome di Pelè era indicato un
esemplare maschio, morto per cause a noi sconosciute prima del
1982. Pensiamo che il “nuovo” delfino, una femmina, venne così
chiamata per poter utilizzare comunque il materiale pubblicitario del
delfinario
precedentemente
stampato.
Questa
femmina
probabilmente proveniente dall' Adriatico chiamata Heidy prese il
nome di Pelè. Inoltre questo delfino-a chiamata Pelè venne indicata
dal delfinario, riferendosi all’originale Pelè, come esempio di
longevità tra i delfini in cattività. In realtà si tratta di una ben
architettata truffa.
Con
il
chiaro
intento
di
coprire
l’attività
prettamente
commerciale delle due strutture ed accattivarsi i favori delle
strutture e delle autorità pubbliche l’Adriatic Sea World di Riccione
ha creato
la Fondazione Cetacea, una
sedicente organizzazione
per la ricerca scientifica sui Cetacei.
Il WWF sostiene da tempo le strutture di cattività per delfini,
per esempio nel delfinario di Riccione il logo del WWF è presente
dappertutto, inoltre il compianto Ing. Florio fu presidente proprio
della Fondazione Cetacea.
FASANO:
La società ha iniziato la sua attività il 2/12/1970, ma i proprietari
sono recentemente cambiati. In precedenza il proprietario dello
Zoosafari era Conny Gasser, noto commerciante internazionale di
delfini e responsabile anche del Circo Svizzero Connyland e
l’amministrazione era affidata a Massimo Colucci.
16
Dal 9/2/1993 la proprietà è passata alla famiglia Casartelli de
Rocchi, proprietaria del Circo Medrano.
-Di tre delfini
nati in cattività , sappiamo con certezza che due
sono morti. Un delfino morto è stato sostituito con lo stesso nome
da un altro esemplare di cui non se ne conosce la provenienza.
- Sandy, acquistata nel 1976 è morta nel 1982.
- Lola, acquistata nel 1982 proveniente da Cuba, anche lei è
deceduta.
-1987, Kuby partorì un delfino che venne dichiarato nato morto,
mentre da affermazioni del Dott. Florio (WWF) risulta che il piccolo
nacque vivo, ma non fu portato dalla madre in superficie a prendere
il primo respiro (comportamento osservato in molti delfini in
cattività).
Successivamente
e’
morta
anche
Kuby,
venne
acquistata nel 1982 e proveniva da Cuba.
-Katia, nata a Fasano, morta.
-Joanna Lippi, nata a Fasano, morta.
-nel
1992
risultano
morti
4
delfini
per
un’epidemia
di
morbillivirus;
- Clio, la figlia di Speedy e Girl è morta che era ancora piccola nel
1997.
-Speedy acquistato nel 1976 e Girl sono recentemente morti tutti
e due.
-Attualmente ci risulta che a Fasano abbiano “affittato” 3 delfini da
Riccione.
17
GARDALAND
Gardaland era la struttura più piccola d’Italia una ridicola vasca di
otto metri di diametro per ospitare ben 3 delfini. Messi uno in fila
all’altro a mala pena sarebbero riusciti ad entrarci.
La struttura fu costruita nel 1962 dall’allora proprietario dell’Adriatic
Sea World di Riccione e successivamente venduta a Gardaland nel
1973, insieme alla tenda da circo. I due delfini occupavano l’unica
piscina esistente, posizionata centralmente sotto la tenda finché la
femmina, Giulietta, morì nel 1990. Essa fu sostituita con altri due
delfini ottenuti sulla base della promessa di Gardaland di ricostruire,
ampliandolo, un “vero”
delfinario (William Johnson: The Florida
Dolphin Show, Italy, Bellerive Network News, Genève, 1991, 9).
La struttura consisteva in una piscina all’aperto situata sotto una
tenda, circondata da panche a gradinata che poteva ospitare circa
1000 visitatori. La parte centrale della tenda era aperta alle
intemperie.
Quando
pioveva
violentemente,
l’intera
zona
presentava bagnata e piena di detriti vegetali . La struttura
si
era
piccolissima circa 8 metri di diametro e 4 di profondità. Due delfini un maschio e una femmina- catturati a Cuba, arrivarono poco
tempo dopo nella piccola vasca di Gardaland. L’esemplare maschio
venne chiamato Giulietta per sostituire l’esemplare femmina così
chiamato, deceduto nel 1990, e il nuovo esemplare femmina fu
chiamato Violetta.
Nonostante l’appariscente ristrutturazione, Gardaland è saltata ai
“disonori” della cronaca perché grazie all’intervento di associazioni
animaliste (tra cui principalmente
Animal e Nature Conservation
Fund, per la quale a suo tempo conducevo io stessa la campagna
18
contro la cattività) sono state avviate indagini da parte di Pubblici
Ministeri.
Infatti solo tra il 1997 e il 2000 sono morti a Gardaland 4 delfini.
-Nel 1997 Romeo, proveniente da Cuba è morto il 30 Agosto per
“necrosi epatica”. La diagnosi fu effettuata dal Veterinario
Britannico Dott. David Taylor.
A seguito della morte di Romeo la Pretura di Verona ha aperto un
procedimento penale (n.9309/97 Pretura di Verona) nei confronti
del Sig. Sergio Feder, Amministratore delegato della Gardaland
S.p.A.
per
maltrattamento
di
animali.
L’amministratore
di
Gardaland se ne uscì dal procedimento penale pagando
l’oblazione prevista dalla legge al fine di non arrivare al
dibattimento.
-Il 18/9/1999 muore Violetta e il 30/9/1999 anche Hector.
A
seguito di questi decessi viene aperta un’ altra indagine da parte
del Pubblico Ministero Dr. Giovanni Pietro Pascucci della Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Verona.
Il Dott. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, noto cetologo di fama
internazionale e Presidente dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la
Ricerca applicata al Mare), venne incaricato di effettuare una
consulenza
tecnica, al fine fornire informazioni, indicazioni e
valutazioni, utili per
stabilire se il delfino “Violetta” sia stato
sottoposto a trattamenti inquadrabili nelle condotte indicate dall’art.
727 C.P, relativo al maltrattamento di animali.
Il Dott. Notarbartolo si avvalse anche della consulenza dei Proff.
Bruno Cozzi e Massimo Castagnaro, entrambi docenti all’Università
19
di Padova, rispettivamente di Anatomia Topografica veterinaria e di
Patologia Generale e Anatomia Patologica Veterinaria.
I risultati dell’indagine dei tre esperti nominati dal PM sono
inequivocabili:
”Lo spazio a disposizione per i 5 esemplari è minimo e le “condizioni
, risultano particolarmente gravose ed inadeguate per delfini
posti in isolamento”.
E pensare che la struttura di Gardaland è la struttura più grande tra
tutti i delfinari Italiani…..cosa direbbe il Dott. Notarbartolo dello
spazio esiguo a disposizione di almeno 5 delfini a Riccione ?
Inoltre gli impianti delle vasche: “indicavano una notevole usura e
scarsa qualità di manutenzione”. …..Le temperature
dell’acqua
della vasca riscontrate nella stagione estiva superavano il valore di
28° indicato come limite superiore di temperatura nel regolamento
Cites. La temperatura di 30 ° è stata rilevata nelle prime ore del
mattino, pertanto è lecito supporre che ne prosieguo della giornata
tali valori siano stai abbondantemente superati” Si ricorda che tali
dati sono relativi al mese di settembre, immaginiamoci quanto
potesse essere calda l’acqua dei mesi di luglio e agosto !
“Si
puo’
concludere
che
le
condizioni
climatiche
prevalenti
dell’estate padana generano condizioni di surriscaldamento delle
acque delle vasche che possono essere causa di disagio e
concausa di più gravi problemi “
Il cloro aggiunto nell’acqua è “pur sempre un ulteriore contributo
all’innaturalità dell’ambiente di cattività, e che i frequenti disturbi
agli occhi accusati da alcuni delfini mantenuti a Gardaland (Hector e
Amada) possono essere collegati con la costrizione a vivere in un
ambiente contenente livelli di cloro che comunque, se rapportati
20
all’ambiente marino nel quale la specie si è evoluta e adattata
a
vivere, sono innaturalmente elevati e inappropriati”.
Nella valutazione eco-etologica ovvero nell’analisi della conoscenza
del rapporto con il proprio ambiente e la conoscenza del loro
comportamento,
l’alimentazione
il
Dott.
dei
Notarbartolo
delfini
di
ha
Gardaland
evidenziato
fosse
come
limitata
alla
somministrazione di soli due tipi di pesci, aringhe ed eperlani, con
l’occasionale
integrazione
di
calamari
e
sgombri
che
“…rappresentano un pallido confronto con le 50-70 specie di cui si
cibano normalmente i tursiopi in condizioni naurali”. E aggiunge “..I
delfini
di
Gardaland
vengono
mantenuti
in
condizione
di
sottoalimentazione, il che se da un lato rende più facile il
condizionamento e la costrizione ad eseguire esercizi a comando nel
corso degli spettacoli, dall’altro è condizione di consistente disagio
fisico per gli animali e motivo di manifestarsi di forme di
aggressività sia nei rapporti tra i delfini, sia nei rapporti tra delfini
addestratori”.
Per ovviare ad un aumento di aggressività a Gardaland sono stati
usati
anche
in
massicce
dosi,
provvedimenti
di
ordine
farmacologico, inoltre per “…stessa ammissione dell’addestratore
Martin Jones è stata utilizzata la pratica dell’isolamento di singoli
esemplari
per
motivi
comportamentali.
In
considerazione
dell’effetto devastante dell’isolamento forzato sullo stato psichico di
mammiferi fortemente sociali quali i delfini, si ritiene che tale
pratica decisamente censurabile è indice di scarsa perizia da
parte del personale addestratore che ha fatto ricorso a tali metodi”.
21
“Alcuni Mammiferi marini possono vivere insieme armoniosamente.
Ad ogni modo, i comportamenti aggressivi dovuti alle competizioni
gerarchiche, che sono naturali in libertà, hanno poche possibilità di
sfogo in cattività, e si possono tradurre solo in distruzioni della
colonia e inflizioni di danni ai subordinati. Gli spazi ristretti
sembrano intensificare questi atteggiamenti aggressivi. (...) Non è
infrequente che il delfino dominante sferri attacchi al maschio
indifeso della piscina.” (Geraci, J. R.: Husbandry, Zoo and Wild
Animal Medicine, Fowler, M. E., Ed., W. B. Saunders, Philadelphia,
1986, 757.)
“Negli oceanari che acquistano giovani individui selvatici, quando
questi animali vengono messi insieme nel loro nuovo ambiente, si
verificano
frequentemente
disadattamenti
nel
comportamento
sociale... Mentre in libertà i giovani si riuniscono spontaneamente in
gruppi di individui di sessi differenti, quando questo si verifica in
cattività si osservano frequentemente comportamenti aberranti. Le
ragioni di questo fenomeno sono sconosciute. E’ difficile prevedere
il tipo di comportamento aberrante,
sotto
forma
di
aggressioni,
sebbene spesso si manifesti
caratterizzate
da
un’inclinazione
eccessiva del corpo e da intimidazioni, generalmente da parte di un
individuo del gruppo. L’aggressione solitamente viene effettuata da
un maschio ai danni di una femmina o di un altro maschio, ma in
alcuni casi può essere anche diretta contro gli umani nel corso di
interazioni sociali del tipo allenatore/delfino. La soluzione del
problema include una terapia con diversi agenti chemioterapici e la
separazione di questi individui che presentano un aumento di
queste tendenze aggressive.” (Sweeney, Jay C.: Marine Mammal
Behavioral
Diagnostics,
Handbook
of
Marine
Mammal
22
Medicine:Health, Disease, and Rehabilitation, Dierauf, Leslie A., Ed.
CRC Press, Boston, 1990, 55-56.)
La frequenza giornaliera degli spettacoli
nella stagione estiva è
arrivata a sette spettacoli, senza l’interruzione del giorno di
riposo .
Ancora dal verbale del Dott. Notarbartolo: “…..Va qui rilevato come
il momento dello spettacolo di fronte al pubblico non possa essere
equiparato alla normale attività di istruzione e interazione con gli
addestratori,
perché
comporta
elevati
livelli
di
tensione
e
potenzialmente di stress. Si tratta infatti del momento in cui i
delfini hanno finalmente la possibilità di calmare la loro
fame, possibilità che dipende dalla loro capacità di interagire
correttamente con addestratori che a Gardaland sembrano più
inclini ad atteggiamenti conflittuali e all’uso di maniere forti
(deprivazione alimentare e sociale).
“…Non si sa che è il responsabile sanitario dei delfini, il Dr. David
Taylor
risulta
essere
responsabile…..Da
soltanto
quanto
sopra
un
si
consulente
deve
e
concludere
non
un
che
il
delfinario Palablu di Gardaland è gestito di fatto in assenza
di un reale, competente responsabile sanitario. “
Come si evince da queste dichiarazioni è ovvio quindi che le morti e
il fatto che nessuna delle delfine di Gardaland abbiano portato a
buon fine le gravidanze, siano l’effetto di questo tipo di “gestione”.
23
Violetta,
risulta morta per annegamento nel sett. 1999 .
Impossibilitata a nuotare a causa del trauma riportato a carico del
midollo spinale ( Verbale Cozzi e Castagnaro).
La morte di Violetta viene ricondotta ad un “fatto traumatico
esterno di grande violenza che ha fratturato la colonna
vertebrale”.
Qualunque siano state le cause, che comunque non possono essere
assolutamente naturali, che hanno provocato la frattura della spina
dorsale di Violetta, ci sembra impossibile ma purtroppo reale che il
delfino sia stato fatto lavorare lo stesso e sappiamo che venne
fatto visitare da un veterinario ben due giorni dopo il
riscontro
della
patologia.
Ci
sembra
altresì
irrimediabilmente
colpevole che la notte tra il 17 e il 18 settembre il delfino sia
morto annegato nella vasca in cui era stato isolato. Dal verbale
Cozzi Castagnaro “…presumibilmente perché paralizzato e in
assenza di opportuna assistenza, non era in grado di
mantenersi
a
galla
per
respirare.…Che
la
morte
per
annegamento di un cetaceo in cattività e dovuta a paralisi
conseguente a frattura della colonna vertebrale è fatto
gravissimo,
innaturale,
clamoroso
e
chiaramente
riconducibile direttamente o indirettamente a responsabilità
umane, qualsiasi sia stata la causa del trauma “
-Hector un delfino proveniente da Tenerife, affittato da Gardaland
e pertanto non di sua proprietà, muore pochi giorni dopo
Violetta il 30 settembre 1999. “….Riteniamo significativamente
che la causa di tale decesso abbia potuto essere semplicisticamente
etichettata come “infarto del miocardio”. Come sostenuto nel
24
verbale Cozzi e Castagnaro, tale diagnosi appare improbabile o
perlomeno incompleta”
Sicuramente la convivenza con un altro delfino maschio dominante
– Robin –ha aumentato la condizione di stress di Hector e una
sinergia di tutti questi fattori negativi lo abbiano portato alla morte.
Hector era da anni afflitto da patologie oculari bilaterali , ma
nonostante tutto veniva fatto esibire fino a sei volte al giorno,
inoltre “presentava numerosi segni di cicatrici e morsicature sulla
cute “ segni evidenti di aggressioni da parte di Robin.
-Anche Amada nel luglio 2000 muore. Importata nel gennaio 99
con certificato comunitario Spagnolo, proveniente dagli Usa, di
proprietà di terzi. Il delfinario dichiara che l’animale è morto di
vecchiaia….Ci
chiediamo
che
senso
abbia
per
un
delfinario,
importare solo un anno prima un delfino malato e vecchio.
Dal
verbale
di
Notarbartolo
si
evince
invece
che
l’animale
presentava patologia infiammatoria.
I delfini muoiono di CATTIVITA’.
Anche l’ultima vicissitudine legale di Gardaland, ovvero il processo
per maltrattamento di animali a carico di Enzo Ghinato, Presidente
di Gardaland , di David Taylor,veterinario inglese che sostiene la
cattività degli animali e gli addestratori Simo Ede e Jones Martin è
finita a novembre del 2001 con un patteggiamento. I 4 imputati
hanno
preferito
nuovamente
ricorrere
al
pagamento
dell’oblazione piuttosto che affrontare il dibattimento.
Aver ottenuto un simile risultato è per noi comunque una
grande vittoria, purtroppo la legge italiana permette ancora per la
legge n.727 C.P. di ricorrere al patteggiamento. Accettare di pagare
25
delle cifre di denaro piuttosto che affrontare il dibattimento significa
ammettere le proprie responsabilità.
A riguardo l’On. Carla Rocchi, che da anni lavora per i diritti degli
animali dichiaro’: “ Finalmente si squarcia un velo, cade il burqua
degli imputati del colosso economico di Gardaland, che messi a
nudo sono costretti a pagare per evitare il dibattimento in cui
sarebbe emerso con chiarezza ancora maggiore, il livello di
maltrattamenti di questi animali in questi finti parchi dei
divertimenti, in cui muoiono i delfini. Violetta è morta con la
spina dorsale rotta”.
Nel Giugno del 2000 anche l’Europarlamentare ed Etologo Prof.
Giorgio
Celli
Europea
su
presenta
una
interrogazione
Gardaland,
alla
Commissione
contemporaneamente
anche
l’Europarlamentare Monica Frassoni ha presentato la terza
interrogazione
sull’espansione
di
Gardaland,
perché
oltre
al
delfinario , il parco giochi sta invadendo il territorio di Castelnuovo
di Garda (Vr) senza che venga assolutamente effettuata una
valutazione dei costi ambientali di questa struttura. Inoltre
Gardaland beneficia di un credito alla Banca Europea di 60
miliardi.
Per questo insieme a Whale and Dolphin Conservation Society
(www.wdcs.org), ASMS (Swiss Working Group for the Protection of
Marine Mammals) e alle principali associazioni a tutela dei cetacei e
degli
animali
stiamo
lavorando
affinché
ottenga più simili e congrui finanziamenti.
Gardaland
non
26
GENOVA
La struttura di Genova è composta da due vasche. La più grande è
di circa 22 metri di lunghezza per 6 di profondità , esiste anche una
terza vasca molto piccola adibita all’isolamento.
Ci risulta che nonostante sulla costruzione di una simile struttura ci
sia stato un gran clamore e una grande pubblicità, l’acquario di
Genova non abbia mai ottenuto i permessi per importare dei “suoi”
delfini.
Per cui da anni, Genova prende in “affitto” i delfini , generalmente
da Riccione.
Nel Novembre 1993 arrivarono da Riccione Bonnie che per altro fu
trasportata a Genova nonostante fosse già in attesa del suo
cucciolo, nato poi a settembre del 1994, venne chiamata Cleo e
Misha. Misha fu riportato d’urgenza a Riccione per manifesti ed
evidenti segni di stress, disturbi psichici e deperimento. Anche
Bonnie e Cleo poco dopo sono tornate a Riccione.
Nella primavera del 1999 a Genova sono stati affittati, nuovamente
da Riccione , Silver e Golia.
Ci chiediamo come sia possibile permettere un simile trattamento
ad animali con una intelligenza superiore e notevoli esigenze ecoetologiche.
Ci si è mai chiesti quanto sia difficile e psicologicamente stressante
sottoporre i delfini a simili trasporti e fasi di adattamento in
continuazione in nuove strutture ?
- COSA PUOI FARE:
Non visitare e non far visitare i delfinari.
27
Oppure diventa il nostro investigatore, raccogli le informazioni e le
foto che potrebbero esserci utili.
Organizza manifestazioni, insieme a noi, contro i delfinari.
Richiedi il nostro intervento, organizzando seminari o incontri
informativo-didattici presso le scuole o le associazioni della
tua città.
Abbiamo infatti un nostro progetto sui cetacei realizzato in
collaborazione con ricercatori che studiano i cetacei in natura e
stiamo realizzando del materiale che potrai diffondere per noi,
aiutandoci…. ad aiutare i delfini e le balene !!
Diventa ECOVOLONTARIO, partecipa ai campi di ricerca in natura
dell’Adriatic
Dolphin
Project,
e
del
Gemini
Lab,
vivrai
la
meravigliosa esperienza di incontrare queste fantastiche creature
nel loro ambiente naturale e imparerai a conoscere le loro abitudini
e la loro vita.
- ARTICOLI:
LA CATTIVITA’ DELLE ORCHE, in collaborazione con Yvon
Godefroid, Cetacean Freedom Network- Belgio. Da “Planete mer”
settembre 2002.
- TANOUK E’ MORTA: la centocinquesima orca in cattivita’.
Catturata nel 1989 a largo dell’Islanda e importata illegalmente nel
Marineland di Antibes insieme a Sharkane, Tanouk è morta il 24
ottobre scorso, in Giappone presso il Sea Paradise a Izu-Mito.
Tanouk, un maschio, non aveva che 3 o 4 anni quando fu strappat
alle sue acque natali, nelle vicinanze del luogo in cui Keiko ha
reimparato la libertà con l’equipe di Ocean Futures. Avrebbe potuto
28
vivere almeno 70 anni in libertà. Avrebbe potuto generare una bella
discendenza. E’ un giovane adulto che è appena morto, nella piena
forza dell’età ma pezzato da undici anni di cattività. L’importazione
delle orche è proibita in Francia. Ma a che serve la legge quando si
hanno i mezzi per ottenere una deroga speciale….Questo fu il caso
di Marineland di Antibes. Non contento di detenere gi una coppia di
orche (Kim II e Freya) che non riuscivano a riprodursi, il suo
direttore Mike Riddel ordino’ la cattura di una giovane coppia per
stimolare la fecondità dei suoi pensionanti. Tanouk ARRIVO’
DUNQUE AD Antibes con Sharkane nel 1989. Lì passo sei anni
durante i quali fu escluso dalle altre orche. Difficile coabitare in una
piccola vasca quando si è fatti per vivere negli oceani ! Il suo
comportamento depresso divenne inquietante ed una infezione si
sviluppò sulla sua pinna dorsale. Tanlouk non poteva più rimanere
ad Antibes. Per gli animalisti divenne allora, il candidato numero
uno alla riabilitazione. Ma non la pensò così anche il Marineland.
Segretamente, una notte di novembre del ’95, fu trasferito in
Giappone in condizioni, probabilmente, molto penose. Più di
quindici ore di aereo, immobile, per un orca è duro. Qualche giorno
dopo l’arrivo di Tanouk nella sua nuova prigione, un giovane
studente Giapponese inviò a Brigitte Sifaoui delle fotografie
dell’orca:
il
suo
ventre
era
attraversato
da
cinque
piaghe
sanguinolente e la sua pinna dorsale sembrava purulenta. Lo
studente diceva di aver notato le difficoltà respiratorie di Tanouk,
allora ribattezzato Yamato, che languiva solo nel suo recinto. Nel
1997 era stato unito a Asuka, una femmina brutalemtne catturata a
Taji (in Giappone) con altri quattro membri della sua famiglia. I due
animali erano stati separati questo autunno a causa di nuove
29
infezioni
che
infliggevano
Tanouk.
Questo
aveva
smesso
di
mangiare dopo l’inizio del mese di ottobre. E’ ormai ben noto che lo
stato di depressione attenua le difese immunitarie dei mammiferi.
Separato dal suo mare, isolato dalla sua famiglia e di seguito
lasciato anche solo, privato di spazi e di stimoli, questo giovane
maschio ha ceduto alla noia e alla solitudine. Quando si sa
benissimo a quale punto i legami sociali siano importanti per questi
animali. I maschi trascorrono tutta l’esistenza in seno alla loro
famiglia e non lasciano mai la loro madre. E’ evidente quindi che la
cattività uccide le orche come i delfini e tutti i grandi mammiferi
evoluti. Grazie al Marineland di Antibes e alla compiacenza del
Ministro dell’Ambiente che accordò una deroga per l’importazione,
Tanouk si è appena ricongiunto alle 12 orhe prigioniere già morte
dopo l’uscita del film “Free Willy” di cui: Vigga, Yaka, Belen, Ruka,
Malik, Gudrun e Finna, tutte morte nel pieno della loro giovinezza.
L’ORCA RUKA: si è suicidata ?
Ruka, una giovane orca femmina, è appena morta in Giappone. La
causa ufficiale del decesso resta sconosciuta ma è innegabile che la
descrizione di questa morte brusca faccia pensare al suicidio.
Catturata nelle acque islandesi nel 1981, poi detenuta nello zoo di
Hagenbeck in Germania fino al 1985, Ruka è stata in seguito
trasferita nel parco Giapponese Nanki Shirahama Adventure World.
E’ là che al termine del suo spettacolo, il 29 marzo 2000, l’orca
prigioniera più vecchia del Giappone, è colata a fondo della sua
vasca e non è più risalita, secondo le stesse parole di un testimone
oculare. La morte di Ruka significa d’altronde che sulle 134 orche
catturate dopo il 1961 con lo scopo di pubbliche esibizioni, 105
30
sono a tutt’oggi morte, con un tasso di circa il 78% di mortalità
Ricordiamo che in libertà, alcune orche possono vivere fino a
novant’anni.
Al momento attuale, 50 orche restano detenutenel mondo. Delle 58
gravidanze di orche in cattività registrate, dopo il 1968, solo 22
piccoli
sono
riusciti
a
sopravvivere,
secondo
un
tasso
di
sopravvivenza del 38%. Negli Stati Uniti, Sea World non possiede
meno di 20 orche in cattività, ossia il 41% della popolazione totale
in cattività. Dopo il 1972, solo il Giappone ha catturato 19 orche
selvagge per finalità di esibizione. ( Dati di Whale and Dolphin
Conservation Society).
UNA NUOVA VITTIMA DELLA CATTIVITA’: Bjossa è morta a
25 anni.
Bjossa, l’orca femmina detenuta da 25 anni nell’acquario di
Vanocuver, prima di essere trasferita nell’aprile scorso nel Sea
World di San Diego, è appena morta nell’ottobre scorso.
Con un breve comunicato, l’Acquario di Vancouver ha fatto sapere
che Bjossa era morta. Per parte sua, Sea World ha affermato che
avrebbe intrapreso un’inchiesta post-mortem al fine di conoscere la
causa esatta di questo decesso.
Sembrava che l’orca prigioniera fosse stata uccisa da un’infezione
alle vie respiratorie, di cui soffriva già da un anno e mezzo. Nel
mese
di
agosto
Bjossa
appariva
gravemente
ammalata.
Immediatamente gli operatori di San Diego si erano rivolti al
personale dell’Acquario di Vancouver e per qualche tempo la salute
di Bjossa era sembrata migliorare, ma in modo superficiale. Bob
Tucker, portavoce del Sea World, ha dichiarato che l’orca pesava
31
più di 2.500 chili e questa era morta sola e in una piccola piscina di
isolamento in cui era stata segregata allorché la sua infezione era
peggiorata. “In quest’ulimo week-end” ha aggiunto Bob Tucker,
“Bjossa era divenuta completamente letargica ed aveva cessato di
alimentarsi e malgrado tutti i nostri sforzi, questa si è lasciata
morire rapidamente. Noi non pensiamo dunque che abbia sofferto
molto”. John Nightingale, il responsabile dell’Acquario di Vancouver
ha precisato. “Tutta l’equipe è sicuramente molto rattristata, così
come tutti coloro che hanno avuto contatti con lei. Il trasferimento
di Bjossa al Seaquarium segno, per l’acquario di Vancouver, un
cambiamento d’epoca. Durante 30 anni noi abbiamo mantenuto
l’esibizione di orche in cattività, ma oggi è terminata. Quando
Bjossa si trovò sola dopo la morte del suo compagno, si è tentato di
sostituirlo con un altro ma questo non è stato possibile, perché
secondo le leggi del nostro paese, non potevamo legalmente
acquisire un’orca che sarebbe dovuta essere catturata in mare.”
John ha ugualmente indicato che erano state fatte numerose offerte
per acquistare Bjossa, il cui valore era stimato in un milione di
dollari canadesi. “Diverse strutture di cattività situate in Francia (
Marineland D’ Antibes), in Giappone ( Nagoya) e negli Stati Uniti
erano pronti a pagare delle somme importanti per acquisire l’orca,
ma ogni volta io ho preferito tenere in considerazione il benessere
dell’animale ed ho rifiutato”. Bjossa fu quindi donata e non venduta
al Seaquarium di San Diego. Il suo portavoce, Fred Jacobs, ha
confermato che, come tutte le altre orche morte in “servizio”
precedentemente, Bjossa era stata appena ribattezzata Shamu, che
avrebbe eseguito numerosi spettacoli quotidiani e he avrebbe fatto
parte del programma di riproduzione intensivo condotto dal
32
Seaquarium. Reagendo a questo decesso, Doug Imbeau, portavoce
della associazione “No whale in captivity” h dichiarato che il
trasferimento da Vancouver a San Diego aveva aggravato lo stato
di salute di Bjossa. Sul posto, essa ha dovuto bruscamente dividere
il suo spazio vitale con altri otto cetacei ed ubbidire agli ordini di
nuovi addestratori. Doug ha concluso con queste terribili parole. “In
mare Bjossa avrebbe vissuto fino ad 70 anni ma forse anche fino a
90. Qui, al termine di una vita atroce, è appena morta a 25 anni,
una nuova giovane vittima della cattività”. Ricordiamo che durante
questi anni di detenzione subiti a Vancouver, Bjossa è stata
costretta a dare la vita a tre piccoli, tutti morti alla nascita, con
l’eccezione di sui figlio Kyosha, nato nel 1992 e sopravvissuto per
soli 97 giorni !
UN’ORCA
IN
CATTIVITA’
AGGREDISCE
IL
SUO
ADDESTRATORE:
Durante il suo spettacolo di 2 ore e 45 minuti allo Shamu Stadium
di San Diego, Kasatka, un’orca dal peso di 5000 libbre e dell’età di
23 anni, stava per eseguire il suo spettacolo quotidiano davanti ad
una folla molto numerosa. Bruscamente l’animale ha cominciato ad
agitarsi e a girare freneticamente in tondo nella sua vasca. Poi si è
voltata verso l’addestratore Ken Peters, che nel frattempo l’aveva
raggiunta in acqua, e d’improvviso l’attacco’. Racconta Stan Baker,
una persona che assisteva allo spettacolo e che ha filmato il
dramma: “Mi è sembrato che l’orca aprisse la bocca per mordere
l’addestratore e poi altri due membri del personale sono arrivati per
circondarla e respingerla. Kasatka tentava apparentemente di
mordere Ken e trascinarlo verso il fondo. Infine lo spinse verso la
33
pedana a pelo dell’acqua e l’uomo poté essere salvato senza danni.”
Interrogata, la direzione del delfinario, ammise che forse l’orca
aveva agito per disperazione: in effetti lo stesso Ken Peters le
aveva da poco tolto il suo cucciolo per venderlo ad un altro zoo,
secondo una pratica corrente.
-LEGISLAZIONE:
-LA
CONVENZIONE
INTERNAZIONALE
DI
WASHINGTON-
CITES
I
cetacei
sono
inseriti
nella
Convenzione
Internazionale
di
(Convention
on
Washington.
Nel
1973
venne
quindi
istituita
la
CITES
International Trade of Endangered Species) , Convenzione sul
Commercio Internazionale delle Specie di Flora e Fauna Selvatiche
Minacciate di Estinzione. Questa convenzione nacque dall’esigenza
di
porre
delle
regole
rispetto
alla
commercializzazione
e
all’esportazione di animali e piante (e loro derivati) in via di
estinzione, prelevati in natura.
Lo scopo fu quindi di regolare per mezzo di permessi e certificazioni
il prelievo e il commercio di animali.
Nel 1973 furono 154 i paesi ad aderire a tale convenzione, e tra
essi anche l’Italia.
Ma soltanto nel 1983 l’Italia riuscì ad identificare un’Autorità di
gestione e controllo (Servizio Conservazione e Natura e Corpo
Forestale dello Stato) che rilasciasse le certificazioni e le licenze per
l’importazione e l’esportazione di animali o piante. Nello stesso
anno venne anche istituita un’ Autorità Scientifica (Commissione
Scientifica Cites).
34
All’interno di questa convenzione specie animali e vegetali sono
state suddivise in tre appendici, a seconda del grado di rischio di
estinzione
in
natura.
Queste
liste
vengono
periodicamente
aggiornate.
I cetacei (delfini e balene) rientrano nell’Appendice I, ovvero
appartengono a quelle specie di animali minacciati di estinzione che
NON POSSONO ESSERE ESPOSTE A SCOPO COMMERCIALE
VENDUTE, COMPRATE O COMMERCIALIZZATE ad eccezione di
particolari circostanze, per esempio per scopi scientifici.
RICHIESTA DI BANDO TOTALE ALLE IMPORTAZIONI DI
CETACEI IN ITALIA
Attualmente in Italia, ed in tutta l’Unione Europea, vige un bando
parziale alle importazioni di tutti i cetacei per scopi commerciali. I
cetacei sono infatti elencati tra le specie a maggior pericolo di
estinzione (Appendice I) nella Convenzione di Washington, ratificata
dall’Italia con il Decreto Ministeriale 31 dicembre 1981, “Attuazione
del Regolamento (CEE) n. 3626/82 ...”.
Qualora però sussistano motivazioni SCIENTIFICHE, EDUCATIVE o
di RIPRODUZIONE, potrebbero essere comunque concesse in
deroga licenze per l’importazione di cetacei (Art. 3, D.M. 31
dicembre).
Una volta ottenute le licenze ed importati i delfini per le suddette
motivazioni, questi animali vengono utilizzati in spettacoli a
pagamento, in cui vengono fatti esibire durante l’esecuzione di
esercizi/giochi.
Nel
caso
specifico
di
Tursiops
truncatus
non
crediamo
che
sussistano realmente delle necessità scientifiche, educative e di
35
riproduzione tali che giustifichino l’importazione e la detenzione in
vasca di questi animali.
Ricordiamo che a Gennaio di quest’anno è stato approvato,
finalmente e dopo anni, un decreto che prevede “Norme e
mantenimento dei tursiopi in cattività”, di certo rappresenta un
grande passo in avanti e per questo solleciteremo in Ministero
dell’Ambiente e della Salute ad applicare il decreto.
Per la prima volta, nel decreto n. 469 pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale n.15 del 18 Gennaio 2002, vengono definiti i criteri minimi
per le dimensioni delle vasche e molti altri parametri importanti per
la detenzione dei tursiopi.
-SCHEDE
I CETACEI
• Sono mammiferi marini;
• Si suddividono in: odontoceti , cetacei con i denti ( tursiopi,
stenelle, globicefali, grampi etc.) e
misticeti, cetacei con i
fanoni (balenottera comune, balenottera minore, balenottera
azzurra, balena franca, megattera etc.).
TASSONOMIA: nel contesto esamineremo i Tursiopi, gli esemplari
che più comunemente vengono detenuti in cattività.
IL TURSIOPE
• Ordine: cetacea
• Sottordine: odontoceti
• Famiglia: delphinidae
36
• Fino a 4 m di lunghezza, media tra 2,50 e 3,50 m;
• Peso: da adulti tra i 275 ai 350 kg;
• Neonati: circa 1 m;
• Denti: da 20 a 26 per emimascella ed emimandibola. Un tot. di
100 - 104 denti.
Si alimenta principalmente di pesci come le acciughe, sardine,
sgombri ecc., fino a 50 specie di pesci ma anche di calamari e polpi.
La forma costiera appare più ittiofaga mentre la pelagica più
teutofaga (ovvero si nutre principalmente di molluschi cefalopodi).
Sappiamo che 55 milioni d'anni fa da un gruppo di mammiferi
primitivi e terrestri, simili ad un cane chiamati Mesonchidi, trassero
origine con molta probabilità, i primi cetacei che furono chiamati,
Archeoceti.
Da mammiferi terrestri, nel corso dei successivi 30 milioni d'anni si
realizzava
il
graduale
adattamento
alla
vita
acquatica,
con
conseguenti modificazioni morfologiche. Circa 25 milioni di anni fa
si estinguevano tutti gli Archeoceti (Ambuloceti, Dorudonti e
Basilosauridi) dando origine ai due gruppi di Cetacei attuali: i
MISTICETI e gli ODONTOCETI.
HABITAT:
I
tursiopi
sono
animali
essenzialmente
costieri
(abitano
in
ambiente neritico, ovvero in acque della piattaforma continentale, i
cui fondali sono compresi tra 0 e 200 m) alcuni gruppi tra quelli più
studiati (Scozia, Adriatico, Golfo del Messico ed in Australia
Occidentale) si sono rivelati residenti in particolari località, altri
37
tursiopi costieri come quelli della California hanno dimostrato di
saper compiere nel corso dell'anno estesi spostamenti, nell'ordine di
svariate centinaia di Km.
Sono facilmente adattabili a diversi tipi di habitat. L'ambiente più
tipico è quello costiero, in acque basse, nei canali e fino agli estuari
dei fiumi spingendosi anche a risalirli.
Esistono anche forme pelagiche di tursiopi (che vivono in acque
oltre la piattaforma continentale, con fondali oltre i 200 metri) a
centinaia di chilometri dalla costa, le quali potrebbero essere
soggette a comportamento migratorio, probabilmente in risposta al
cambiamento delle stagioni oppure ai movimenti delle prede, sia in
regioni pelagiche che neritiche.
Gli avvistamenti di tursiopi nel Mediterraneo ci fanno pensare che si
tratti delle forme costiere, in quanto le profondità medie del mare
nei luoghi di avvistamento erano inferiori ai 100 metri.
CICLO VITALE E RIPRODUTTIVO:
-Accoppiamento: nei mesi caldi
-Gestazione: un anno
-Nascita: prevalentemente in primavera ed estate
-Lattazione: volontaria, dura per un anno circa.
-Intervallo tra le nascite: 3/4 anni.
COMPORTAMENTO SOCIALE DEI TURSIOPI:
38
I delfini sono essenzialmente animali sociali, alcuni di loro vivono
insieme per tutta la vita, altri vivono insieme per un periodo
limitato del loro ciclo vitale
Vivere insieme offre alcuni vantaggi:
1) Collaborazione per la caccia
2) Difesa dagli attacchi dei predatori quali per esempio: squali e
orche.
3) Facilita gli incontri durante il periodo riproduttivo.
Le popolazioni studiate nei dettagli mostrano come la struttura
sociale sia molto fluida. Ciò nonostante ci sono alcuni "modelli
base".
Esaminiamo per esempio la popolazione dei tursiopi costieri della
Florida Occidentale.
Le comunità dei tursiopi sono legate alle femmine, è quindi una
struttura
prettamente
fondamentale
è
matrilineare.
costituita
dall'unità
Infatti
l'unità
familiare,
un
sociale
gruppo
piuttosto stabile di femmine adulte che comprende circa 5-10
esemplari che vivono insieme ai piccoli non ancora svezzati.
Dopo lo svezzamento che avviene intorno al 3/4 anno e quindi
l'indipendenza dalla madre, gli esemplari di ambedue i sessi si
separano dall'unità familiare per formare un gruppo misto di
giovani. Raggiunta la maturità sessuale, che avviene intorno ai
9/10 anni per le femmine e a 10/13 anni nei maschi, le femmine si
uniranno all'unità familiare (presumibilmente quella d'origine) per
rimanerci tutta la vita, mentre i maschi si uniranno ad un altro
maschio (non un fratello) della sua stessa età formando una coppia
39
che andrà ad unirsi temporaneamente ai gruppi di femmine solo nei
periodi riproduttivi .
La
società
dei
tursiopi
dell'alto
adriatico
nelle
acque
del
Quarnerolo (quel tratto di mare compreso tra le isole di Lussino,
Cherso e Pago) studiata dai ricercatori dell’Adriatic dolphin
project è costituita da circa 100-150 esemplari, appare più fluida e
mutevole
rispetto
a
quella
della
Florida.
Nonostante
alcune
associazioni diciamo così "fisse" e costanti nel tempo come quelle
tra
piccoli
gruppi
di
individui
o
coppie,
esistono
molti
rimescolamenti tra branchi diversi, in maniera continua oppure
limitata a poche ore.
Nel mediterraneo le dimensioni medie del gruppo sono di : 6 - 7
esemplari.
La struttura sociale dei tursiopi pelagici non è ancora ben
conosciuta, appare comunque differente da quella dei costieri.
In alcuni casi si sono osservati branchi di tursiopi associati anche
con altri cetacei quali: globicefali, balene franche e megattere.
Molti sono comportamenti di cooperazione sono stati osservati in
natura:
- la "zia", è una femmina che aiuta un'altra femmina a partorire e
che partecipa alla crescita e alla difesa del nuovo cucciolo. Le
cure parentali durano molti anni.
40
- Due delfini che con le pinne pettorali ne sorreggono un altro in
difficoltà o ammalato per portarlo in superficie , probabilmente
per aiutarlo a respirare.
- I
gruppi
dei
delfini
pelagici
probabilmente
sono
così
abbondanti proprio per fronteggiare più facilmente i predatori,
anche perché in mare aperto è sicuramente più facile incontrare i
grandi squali.
- La "nonna", è depositaria di informazioni apprese nel corso degli
anni, di notevole interesse per tutta l'unità sociale. Essa sa dove
trovare i migliori banchi di cibo durante le diverse stagioni, e
possono fungere esattamente come nelle tribù umane quali
depositarie di "saggezza".
- La caccia è un argomento interessante per due diversi fattori:
quello della cooperazione e quello dello sviluppo intellettivo
raggiunto nello sforzo e nello "ideare" ed adattare nuove tecniche
di caccia diversificate a seconda degli habitat. Alcuni tursiopi
abitanti le coste paludose degli stati sud-orientali degli Stati
Uniti, spingono i pesci su banchi di fango e successivamente
provocano una piccola ondata che getta all'asciutto i pesci. A
questo punto i Tursiopi si "spiaggiano "volontariamente per
riuscire a mangiare i pesci.
Comportamenti cooperativi sono anche stati osservati nei confronti
del genere umano. Molte sono le storie di salvataggio e soccorso
nei confronti degli umani note fin di tempi dell’antica Grecia da
parte di branchi di delfini.
41
Non
è
difficile
osservare
i
delfini
in
natura
avere
altri
comportamenti sociali che evidenziano grande interazione e
coesione di gruppo.
Saltare sulle onde in perfetto sincronismo tra due o più delfini è un
"gioco" spesso osservato, come l'attività di strofinarsi l'uno con
l'altro .
In alcune popolazioni sono anche stati studiati i comportamenti
aggressivi e competitivi. Sembra che vi sia la possibilità tra
maschi
adulti
la
presenza
di
questo
tipo
di
comportamenti
soprattutto per il cibo, e nei periodi di riproduzione.
E' abbastanza facile riconoscere i segnali attraverso i quali i Tursiopi
esprimano minacce anche nei confronti dell'uomo: muovono il
cranio a destra e a sinistra molto velocemente e aprendo e
chiudendo
la
"schiocchi".
bocca
Un
altro
facendo
seguire
comportamento
questo
gesto
minaccioso
da
forti
abbastanza
esplicito è quello di colpire i compagni con i lobi della pinna caudale
dopo averli inseguiti, o ingaggiare delle lotte molto accese. Qualche
volta si possono osservare dei segni di morsi o graffi sulla cute.
Un comportamento marcatamente sessuale è molto frequente,
anche nei confronti degli esseri umani.
IL
NUOTO,
LE
IMMERSIONI
ED
I
COMPORTAMENTI
CORRELATI:
• Immersione: anche fino a 600 metri. Fino ad un massimo di 8
minuti.
42
• Nuoto:
velocità
fino
ai
30
chilometri
orari.
In
normale
trasferimento, emerge per respirare una volta ogni 15/20
secondi.
• Breaching:
salto
con
parziale
avvitamento
e
rientro
con
spanciata.
• Lobtailing: sbattere con violenza la pinna caudale, mentre la
maggior parte del corpo resta sott'acqua.
• Bow-riding: nuoto sull'onda di prua.
• Flipper-slapping: atto del sollevare una pinna pettorale sopra il
pelo dell'acqua e sbatterla con violenza sulla superficie.
Fluking:
atto
del
sollevare
la
pinna
caudale
in
aria
prima
dell'immersione.
-HANNO DETTO:
Da “La Repubblica” del 26/6/2000
La Prof. Lidia Orsi Relini docente di biologia marina all’Università
di Genova ha dichiarato: “In genere, un animale superiore, un
mammifero per capirci, tenuto in cattività è uno spettacolo molto
modesto….Non sarà un caso se i paesi più civili ( per es.
l’Inghilterra, ndr) hanno chiuso definitivamente questo tipo di
esibizione che resiste invece qui in Italia…..Comunque l’approccio
più triste rimane quello di chi utilizza gli animali per fare
spettacolo….Io sono convinta che la vera educazione la si faccia
portando gli studenti a conoscere i delfini nel loro habitat “.
Il Dott. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, cetologo di fama
Internazionale e Presidente dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la
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Ricerca Applicata al Mare), dal “Verbale
di consulenza tecnica
richiesta dalla Procura di Verona in merito al procedimento a carico
di Enrico Ghinato ( Gardaland) per la morte di Violetta, scrive:
“L’organizzazione sociale dei tursiopi e le condizioni di vita naturali
non possono essere rispettate e replicate in cattività, dove in uno
spazio estremamente ridotto vengono forzati a convivere esemplari
di entrambi i sessi * e di tutte le età, per lo più non imparentati tra
loro e provenienti dalle più disparate regioni del globo.
*In natura la società dei tursiopi costieri è organizzata: a)in gruppi
matrilineari misti costituiti da 2-6 femmine adulte imparentate tra
di loro accompagnate dai loro figli immaturi; b) da piccoli gruppi
costituiti da 2-3 esemplari di maschi adulti. Normalmente queste
due unità sociali, dotate di elevata stabilità temporale ,vivono
separate per permettere alle femmine di proteggere loro stesse e i
piccoli e ai gruppetti di maschi di occupare differenti territori e
minimizzare le occasioni di interazione competitiva e aggressiva con
altri similari gruppetti di maschi).
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