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L`italiano seconda lingua per gli adulti immigrati

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L`italiano seconda lingua per gli adulti immigrati
L'italiano seconda lingua per gli adulti immigrati
Lucia Maddii
tratto da L. Maddii (a cura di), Insegnamento apprendimento dell'italiano L2 in età adulta, Atene,
Edilingua 2004.
Nel panorama degli studi sulla didattica delle lingue, la questione dell’insegnamento dell’italiano
ad adulti immigrati è rimasta a lungo poco sviluppata a causa della storia stessa che l’italiano L2 ha
avuto. Come accennato nel precedente contributo l’italiano ha iniziato ad essere lingua seconda per
gli adulti in maniera visibile e consistente solo dopo gli anni ’80. La specificità inoltre della
didattica dei corsi di lingua per immigrati è stata messa in luce ed affrontata solo a partire dagli anni
’90 quando, accanto agli studi di linguistica acquisizionale svolti, ad esempio, da Banfi, Bernini,
1
Berretta, Orletti e Vedovelli , vengono pubblicati i primi saggi di didattica per adulti immigrati e
nascono i primi manuali rivolti ai lavoratori stranieri in Italia.2
Oggi i contributi provenienti da discipline quali la pedagogia (o andragogia, cfr Knowles, 1993) ci
consentono di delineare alcune linee di riflessione e alcuni punti di attenzione per impostare una
didattica efficace ed adeguata alle caratteristiche dei nuovi utenti. In questo breve contributo
accennerò per sommi capi al dibattito teorico3 intorno all’apprendimento in età adulta,
concentrandomi esclusivamente su alcune questioni che possono risultare utili all’insegnante che
lavora con adulti: la progettazione del corso, la scelta dei contenuti, le metodologie da utilizzare, le
tecniche didattiche da privilegiare.
Progettare corsi di italiano L2 per adulti immigrati
La progettazione è la prima e fondamentale fase del lavoro dell’insegnante; con essa il docente
delinea il proprio programma di lavoro in base ai livelli di competenza in L2 e alle diverse tipologie
di utenza. Per aderire in maniera adeguata alla realtà in cui si opera, comunque, è necessario far
precedere la progettazione ad una fase di ricerca e di analisi sul contesto sociale, sul mercato del
lavoro, sulle modalità di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati e sulle domande espresse
da coloro che si iscrivono ai corsi. Un corso di italiano L2, infatti, deve essere profilato e quindi
modulato, in base ai contesti di comunicazione e di uso della lingua tipici dell’ambiente in cui si
opera e delle diverse tipologie di utenza.
Per quanto alcuni utenti lo chiedano espressamente, è sconsigliabile impostare i corsi centrando
l’insegnamento solo sulle strutture grammaticali piuttosto che sull’uso della lingua: rispetto a chi
studia una lingua straniera, infatti, chi apprende l’italiano in Italia ha la necessità di utilizzare ciò
che acquisisce nella vita quotidiana e nel proprio lavoro; per questo deve essere messo in grado di
esprimersi attraverso strutture linguistiche adeguate al proprio livello di competenza, ma che
risultino efficaci da un punto di vista comunicativo. Gli apprendenti che richiedono l’insegnamento
della grammatica, generalmente, lo fanno perché desidererebbero veder riapplicato il metodo con
cui hanno studiato la lingua straniera nel paese di origine e pensano che una volta conosciuta la
regola si possa applicarla correttamente producendo enunciati corretti. In realtà la competenza
morfosintattica è solo una delle competenze necessarie per comunicare in una L2. Nel caso
Tali studi sono essenzialmente raccolti in GIACALONE RAMAT A. (a cura di), L’italiano tra le altre lingue: strategie di
acquisizione, Bologna, Il Mulino, 1988.
2
Ovviamente le case editrici pubblicavano manuali di italiano per stranieri già da molti anni; nel panorama editoriale erano
invece assenti manuali che facessero riferimento a domini e contesti d’uso della lingua tipici dei lavoratori immigrati.
3
Per approfondimenti si rimanda alla bibliografia allegata al presente contributo
1
specifico degli apprendenti immigrati dobbiamo poi considerare che la lingua è uno strumento non
solo di comunicazione, ma di inclusione sociale, di autopromozione e di realizzazione personale,
per questo è importante delineare una serie di moduli in cui le strutture linguistiche, il lessico, gli
aspetti socio pragmatici, sono presentati all’interno di contesti/ambiti di comunicazione precisi
rilevati attraverso l’analisi del territorio e dell’utenza.
Ecco un esempio di schema guida utile per rilevare gli aspetti salenti del territorio in cui il docente
si trova ad agire.
Attività produttive presenti nella zona (fabbriche, piccole industrie artigianali,
turismo, agricoltura...)e capacità di assorbimento del mercato del lavoro: (es.
richiesta di operai specializzati, animatori, infermieri,...)
Strutture per il tempo libero: (es. discoteca, bar, pub, luna park, stadio, palestre,..)
Risorse culturali: (es. musei, biblioteche, teatri, cinema, associazioni, ...)
Punti di aggregazione sociale: (es. giardini, parrocchie, centri sociali, .....)
Problematiche specifiche della zona:
Aspetti positivi e potenzialità: (es. associazionismo, volontariato, finanziamenti
da parte degli enti locali, imprenditoria attenta alle problematiche del lavoratore
immigrato....)
Varietà di italiano parlate nella zona: (es. dialetto, variante regionale, italiano neo
standard ….)
Inserimento abitativo degli immigrati: (es. centro storico, periferia, campo,
quartiere residenziale,...)
Inserimento lavorativo tipico degli immigrati:
Non è necessario che questo lavoro venga svolto ogni anno; esso può essere inserito in un data base
aggiornato ogni qual volta sarà necessario (ad esempio, al cambiamento dei flussi migratori, alla
chiusura di una fabbrica, alla apertura di un parco divertimenti,...) e reso consultabile ai docenti ed
in particolare a coloro che si trovano ad insegnare nella zona, ma risiedono in altre città o vi si sono
trasferiti da poco.
Una volta delineato il profilo del territorio, anche attraverso l’ausilio di ricerche effettuate da altri
enti, esso servirà per circoscrivere il possibile universo linguistico in una serie di moduli che
dovranno poi essere confrontati con le necessità formative del singolo utente. Attraverso il
colloquio con il corsista è possibile così individuare, fra i moduli già programmati, quelli che più si
adattano al profilo dell’utente. Il colloquio, come vedremo successivamente, è uno strumento
importante per delineare il profilo dell’utente. Le variabili principali da tenere presente per la
costruzione dei moduli sono:
L’età:
Il livello di scolarizzazione:
Il lavoro in Italia:
La situazione familiare: (es. coniugato con figli, in attesa di
ricongiungimento, giovane single, coniuge nel paese di origine..)
I progetti di vita: (es. nuovi trasferimenti, matrimonio o figli futuri,
conseguire un titolo di studio...)
I progetti lavorativi futuri: (es. possibili nuovi lavori, intenzione di
avviare una nuova azienda...)
Aspirazioni/interessi: (es. interesse per l’arte, la cucina, sogni nel
cassetto....)
Ognuno di questi punti è importante per orientare la scelta dei moduli da proporre nel corso:
a) l’età degli utenti. I giovani di età inferiore ai 23 anni frequentemente sono immigrati di recente
arrivo che necessitano delle strutture di base per la comunicazione, ma che spesso hanno il desiderio di
proseguire gli studi, iscriversi all’università o conseguire un diploma valido in Italia. In altri casi si
tratta di giovani drop out che seguono i corsi per migliorare il proprio italiano ed inserirsi nel mondo
del lavoro. Ciò che può accomunare questi giovani è l’uso della lingua per il tempo libero (lo sport, il
cinema, la musica, il pub, la televisione…), le relazioni sociali ed affettive; è possibile dunque
ipotizzare moduli comuni impostati su questi ambiti comunicativi, mentre per altri aspetti è bene
individuare percorsi differenziati in base alla diversa tipologia di corsisti ed ai loro progetti futuri. Per
chi ha un’età più matura, in genere, è prioritario il bisogno di gestire la propria vita, il lavoro, la propria
famiglia; per questo vanno previsti moduli centrati su pratiche burocratiche e connessi al mondo del
lavoro. Tali moduli sono ovviamente da prevedere anche per i giovani che si trovano in Italia da soli,
ma non va dimenticata l’importanza che riveste, per questa fascia di età, il tempo libero ed i rapporti
con i coetanei.
b) livello di scolarizzazione. É importante conoscere il titolo di studio per individuare meglio i
contenuti e le metodologie da utilizzare. Gli utenti possono essere divisi in quattro grandi fasce:
analfabeti, scarsamente scolarizzati, con scolarizzazione media, diplomati e laureati. Per i livelli bassi,
ed in particolare per gli analfabeti, è necessario lavorare molto sulla acquisizione della lingua scritta e
contemporaneamente sulle strutture per la comunicazione quotidiana; difficilmente si può lavorare
sulla riflessione morfosintattica perché spesso manca anche nella L1 il metalinguaggio di riferimento.
Si può prevedere, comunque, un programma che porti queste persone al conseguimento di un titolo di
studio in Italia. Per le fasce medio alte ed alte, invece, non si pone il problema dell’acquisizione della
lingua scritta; anche se i corsisti provengono da lingue non alfabetiche, spesso hanno studiato una
lingua occidentale nel paese di origine (frequentemente inglese o francese) e dunque il lavoro, per i
nuovi arrivati, si limita al mostrare la diversa corrispondenza fra segno grafico e suono nella lingua
italiana. Per le fasce medio alte si possono prevedere momenti di approfondimento culturale, confronti
fra la letteratura del paese di origine e quella italiana; talvolta essi desiderano proseguire gli studi in
Italia, conseguire specializzazioni e quindi possono essere previsti moduli per conoscere il sistema di
istruzione ed universitario italiano, per rivolgersi alle segreterie per iscrizioni ed informazioni.
c) lavoro in Italia. Nella estrema varietà dei corsi di italiano L2 per adulti, ne esistono alcuni che sono
rivolti a tipologie ben precise di utenti o che sono addirittura promossi dalle aziende in cui sono
impiegati i lavoratori stranieri. In questo caso è molto facile per l’insegnante individuare moduli
specifici sui linguaggi tecnici settoriali; in altri casi l’utenza è alquanto variegata e dunque potrebbe
apparire più difficile la costituzione di moduli centrati sull’ambiente del lavoro. In realtà è possibile
individuare alcuni contesti comunicativi comuni a diversi impieghi: il colloquio di lavoro, la domanda
di assunzione, la normativa relativa a permessi, ferie, congedi, l’assicurazione, la presentazione dei
modelli per la dichiarazione dei redditi ecc. ecc. L’insegnante, ovviamente dovrà affrontare le questioni
da un punto di vista linguistico e non assumere su di sé ruoli che non possono competere al docente;
l’insegnante rimane comunque per l’utente straniero, soprattutto se nuovo arrivato, uno dei pochi punti
di riferimento a disposizione, per questo il docente deve essere in grado di orientare il corsista verso le
strutture preposte e fornire gli strumenti linguistici per poter comunicare nei diversi contesti.
d)la situazione familiare. Per chi è in Italia con i figli, o comunque ha la responsabilità della gestione
della propria vita e della propria famiglia, le priorità e le urgenze sono frequentemente le pratiche
burocratiche, l’affitto o l’acquisto di una casa, i rapporti con la struttura sanitaria, la scuola…Accanto a
queste urgenze, spesso, si aggiunge la necessità di seguire i propri figli nella vita quotidiana e nel
percorso di istruzione ed il bisogno frequente di recuperare il proprio ruolo di genitore capace di gestire
i mutamenti derivanti dall’essere “qui” in un paese straniero, capace di stabilire e mantenere i rapporti
con il vicinato ed i genitori dei compagni del proprio figlio. Per coloro invece che hanno il coniuge e/o
i figli nel paese di origine, spesso, è urgente acquisire la capacità di rivolgersi alla questura per seguire
le pratiche burocratiche relative al ricongiungimento.
e) progetti di vita futuri. Capire quali sono le mete a breve termine che l’apprendente si è posto
aiuta ad orientare l’insegnante nella proposta dei moduli e rende il corso più motivante. Conoscere
quali sono i progetti migratori aiuta anche a intravedere il probabile investimento in termini di
tempo e di “energia” che il corsista farà sull’acquisizione della lingua: se l’italiano serve solo per
un breve periodo di tempo è chiaro che l’investimento sarà molto minore rispetto a chi ha maturato
progetti di vita stabili in Italia.
f) progetti lavorativi futuri. Per lo stesso motivo è importante rilevare non solo quella che è, al
momento dell’iscrizione, la situazione lavorativa, ma anche quella che “potrebbe” essere
l’occupazione futura del corsista. Anche in questo caso è possibile individuare moduli trasversali
che possono offrire gli strumenti per presentare una domanda di assunzione, sostenere un colloquio
di lavoro, avviare una azienda, costituire una cooperativa ecc. Un’attenzione particolare va rivolta
alle donne che nella migrazione si trovano a dover retrocedere nel loro percorso di emancipazione:
sono piuttosto frequenti donne, con titoli di studio anche elevati, che si ritrovano in Italia a fare le
casalinghe, perché non riescono a trovare lavoro o perché si trovano da sole a doversi occupare dei
figli piccoli. Queste donne, spesso, desiderano uscire dalle mura domestiche, ma non riescono a
trovare delle occupazioni che si concilino con gli impegni domestici. E’ possibile quindi progettare
moduli che incentivino l’imprenditoria femminile insieme all’apprendimento dell’italiano L2 o che
orientino verso possibilità occupazionali compatibili con gli impegni familiari e con i diversi
modelli culturali di riferimento; per quanto l’insegnante non condivida tali modelli, è necessario
non innescare conflitti, ma occorre operare attraverso l’informazione affinché la donna possa
scegliere fra le diverse opportunità e che possa diventare, con i suoi tempi ed i suoi modi,
protagonista del proprio percorso di emancipazione.
g)aspettative/interessi. Al di là, comunque, di ciò che è “utile e spendile” esiste anche nell’adulto
il piacere di apprendere, raccontare, riflettere su se stesso, la propria vita. Da una parte quindi,
occorre non dimenticare il desiderio che i corsisti hanno di conoscere la cultura, l’arte, la letteratura
italiana, dall’altra occorre lavorare per sviluppare negli apprendenti la capacità di usare il
linguaggio anche negli aspetti più creativi, estetici perché il piacere di “giocare con la lingua” e
fruire della bellezza della parola esiste anche in coloro che non hanno titoli di studio e competenze
in L2 elevate (si pensi per esempio alle figure ed al ruolo degli stornellatori, dei cantastorie, o dei
griot africani). E’ importante inoltre pensare a momenti dedicati alla narrazione e all’autobiografia
come strumenti per riorganizzare il proprio pensiero e la propria vita, per accrescere la conoscenza
di se stessi, dei propri progetti e delle proprie radici culturali. Molto è stato scritto e quindi non vale
la pena in questo contesto approfondire questo aspetto4; aggiungo semplicemente la
raccomandazione ad usare questo metodo con professionalità e dunque con sensibilità e rispetto
verso chi si ha davanti: non tutti gradiscono parlare di sé, talvolta per pudore di esporre se stessi
davanti al gruppo, certe volte perché provenienti da modelli di scuola dove ciò non è contemplato,
talora perché possono avere alle spalle storie di dolore e di guerra che non vogliono rievocare; il
narrare la propria storia è spesso un punto di arrivo di un percorso in cui fiducia e rispetto reciproco
rendono possibile l’instaurarsi di un clima adatto alla narrazione.
Una volta individuati i possibili contesti d’uso attraverso l’analisi del contesto e delle tipologie di
iscritti ai corsi, i moduli ipotizzati vanno poi “declinati” sui livelli di competenza in L2 individuati
dal Framework. Anche se è vero che il Framework individua più o meno anche una evoluzione nei
contesti d’uso della lingua, talvolta può essere necessario rivedere questa suddivisione, anticipando
certi ambiti di comunicazione perché indispensabili per chi vive e lavora dovendo usare una lingua
seconda. Questo non significa, ovviamente, ignorare la successione prevista dal documento
europeo; significa “mediare” ed adattare i contenuti del Framework alle necessità espresse da un
apprendente di italiano L2, in un determinato contesto socio culturale.
Da quanto detto poco sopra emerge la maggiore complessità dell’insegnamento di una L2 rispetto a
chi insegna una lingua straniera: il docente deve essere in grado, davanti ad una tipologia variegata
di apprendenti, di costruire percorsi individualizzati ed aderenti alle necessità dei corsisti;
programmare il proprio corso senza considerare le urgenze comunicative degli utenti, può essere
infatti causa di abbandono delle classi di lingua.
Il colloquio ed il patto formativo
Una volta individuati e progettati i moduli occorre che essi vengano condivisi con tutti coloro che si
iscrivono per frequentare un corso. Anche se l’apprendente può non essere in grado di entrare nel
merito delle strutture linguistiche da presentare, può e deve invece essere consapevole degli ambiti
comunicativi che saranno affrontati nel corso e deve essere in grado di “contrattare” con l’insegnante.
Questa fase di condivisione è generalmente effettuata nel corso di un colloquio individuale
conoscitivo, spesso preceduto da un test per rilevare il livello di conoscenza dell’italiano. La pratica del
colloquio e della condivisione degli obiettivi, caposaldo della didattica per adulti, entra in crisi di fronte
al principiante assoluto, in particolare, quando non esiste una lingua in comune fra l’insegnante e
l’apprendente. In questo caso il coinvolgimento di un mediatore, come sperimentato nel corso di un
4
Vedere ad esempio DEMETRIO D., Raccontarsi, l'autobiografia come cura di sé, Milano, Raffaello Cortina, 1995.
progetto europeo Socrates Gruntvig 2 SELL (Maddii, 2003) può essere importante per instaurare, da
subito, un clima di reciproca collaborazione, eliminando le barriere linguistiche che ostacolano la
5
condivisione degli obiettivi e la rilevazione delle necessità formative . Come verificato nel corso
dell’esperienza del progetto europeo, non sempre è possibile svolgere, fin dall’inizio, colloqui
approfonditi che tocchino le aspettative, i sogni e le difficoltà dell’essere qui. Si consiglia quindi di
utilizzare la pratica del colloquio con sensibilità e non limitandola nel tempo, ma ipotizzando momenti
di approfondimento e ridiscussione del percorso formativo.
Una volta rilevate le necessità ed ipotizzato il percorso da offrire all’apprendente, fra insegnante e
adulto in formazione va stilato un patto formativo che deve essere inteso in senso ampio evitando
interpretazioni riduzionistiche e burocratizzanti. Il patto formativo non si conclude con una firma in
calce ad un elenco di contenuti o di diritti/doveri: in realtà esso va attualizzato e ridiscusso ogni giorno
in classe rendendolo strumento di crescita e di consapevolezza per l’insegnante e per l’adulto. Al
momento del colloquio iniziale, o comunque nelle prime fasi del corso, è dunque buona pratica
presentare la scansione dei contenuti, degli ambiti comunicativi ritenuti utili per il profilo del corsista.
Per rendere effettiva questa pratica occorre però fornire gli strumenti all’apprendente per poter essere
“soggetto alla pari” nella discussione, altrimenti il patto rimane parola vuota: ciò che viene offerto deve
essere in un italiano comprensibile anche per i “non addetti” ai lavori; per i principianti assoluti deve
essere tradotto oralmente o per iscritto. Lo stesso dicasi per le liste di autovalutazione che sono un
ottimo strumento per consentire all’apprendente di avere sempre un punto di riferimento, se,
ovviamente, sono comprensibili per chi le utilizza.
Modelli operativi …..
Fra i modelli operativi ereditati dalla tradizione glottodidattica, il modulo appare oggi funzionale
alle caratteristiche dei corsi per adulti. Il modulo individua una porzione di percorso di per sé
autosufficiente, centrato su ambiti comunicativi specifici e prevede la definizione e la certificabilità
delle competenze in uscita (Balboni, 2003). Il modulo è funzionale alla organizzazione dei corsi
permettendo all’insegnante di segmentare il “programma” in porzioni differenziate per ciascuna
tipologia di apprendente, laddove la varietà dei livelli di competenza, e le tipologie molto variegate
di corsisti, non consentono di individuare un percorso unico per un gruppo consistente di studenti.
Il modulo, dunque, si adatta bene anche alle esigenze delle persone che lavorano e che possono
avere la necessità di assentarsi per lunghi periodi per riprendere poi il corso di lingua: un vantaggio
risiede infatti nella possibilità, da parte dell’adulto, di poter scegliere di frequentare o meno
determinate parti del corso. La scansione modulare sembra funzionale anche al bisogno di
riconoscibilità delle competenze apprese da parte dell’adulto e ad una maggiore significatività: ad
esempio è molto più facile valutare se si è acquisita la capacità di rivolgersi alle strutture sanitarie e
di interagire con il proprio medico, piuttosto che rendersi conto dei progressi nella strutturazione
delle subordinate causali.
Per quanto riguarda l’organizzazione dei contenuti all’interno del modulo, la didattica si sta sempre
di più orientando verso l’unità di apprendimento o di lavoro, superando l’unità didattica poco adatta
a tipologie di utenti che posso presentare frequenza irregolare o che comunque non possono
frequentare il corso di lingua tutti i giorni. L’unità di apprendimento è una “molecola matetica”,
una unità minima del processo acquisitivo (Balboni, 2003); essa è alla base della unità didattica,
ma per le caratteristiche dell’utenza dei corsi di L2, va oggi considerata come entità a sé. Ogni testo
presentato ai corsisti va in sostanza esplorato attraverso le tre fasi della percezione gestaltica: prima
globalmente, poi in modo analitico ed infine attraverso la sintesi e la riflessione; al termine di ogni
unità di apprendimento, il corsista deve essere in grado di riconoscere ed essere consapevole di ciò
5
Lo schema guida utilizzato per il colloquio è allegato al presente contributo.
che ha imparato. La tendenza della glottodidattica è dunque quella di individuare una unità minima
(Unità Di Apprendimento- UDA) che può essere usata, come i mattoncini della Lego, per costruire
percorsi flessibili di apprendimento: anche le unità didattiche infatti non prevedono più una
sequenza precostituita di UDA, ma una “rete” di UDA all’interno della quale l’insegnante può
scegliere i percorsi più adatti per ciascun corsista. Oggi, le parole d’ordine della didattica della L2
per adulti sembrano dunque essere: unità minime di apprendimento, reti (di UD o di UDA), moduli,
flessibilità, individualizzazione, multimedialità e certificazione delle competenze. L’insegnante in
classi di adulti deve quindi essere in grado di scegliere il modello operativo più adeguato alla
tipologia di corso e di utenza ed organizzare i materiali e le esperienze in maniera “ipertestuale” e
non seguendo un ordine e lineare e sequenziale. A questa capacità, che ormai entra con forza a far
parte della professionalità docente, si deve aggiungere inoltre la capacità di selezionare metodi,
tecniche e materiali didattici adeguati ad un pubblico adulto.
….e pratiche didattiche
Le metodologie e le pratiche per l’insegnamento dell’italiano seconda lingua devono essere
accuratamente scelte tenendo presente le caratteristiche cognitive e psicologiche dell’adulto
individuando potenzialità e nodi critici tipici di questa età. Imparare una L2 da adulti richiede
fatica, sforzo, capacità di rimettersi in gioco più di qualsiasi altra “disciplina”; la lingua, infatti, è
più di una disciplina: essa veicola l’immagine, lo status di una persona, la sua cultura. Sappiamo
tutti quanto è frustrante avere poche parole per dire, per esprimere la ricchezza dei sentimenti e del
proprio pensiero. Chiunque si sia trovato in gruppi di parlanti nativi come non nativo di livello
iniziale, sa quanto sia fonte di disagio il non comprendere e il non poter parlare. L’adulto soffre
molto di più del bambino di questo gap linguistico, poiché ha una minore disponibilità a mettersi
in gioco e una maggiore necessità di mantenere una determinata immagine di sé. Per questo motivo
alcune tecniche didattiche sono particolarmente gradite, almeno da una certa tipologia di corsisti,
mentre altre lo sono molto meno: in particolare le simulazioni possono essere vissute come
momenti ansiogeni per paura di “perdere la faccia” e frequentemente sono percepite come
momenti infantili così come gli eventuali “giochi” per favorire la conversazione in classe e l’uso
della lingua. Ritengo che sia buona pratica non insistere nel proporre tali attività in modo da non
creare ulteriore imbarazzo o la sensazione di perdere tempo (che spinge ad abbandonare il corso);
si possono comunque presentare tali attività a piccole dosi, fino a quando l’adulto non ne
percepisce l’utilità, riscoprendo anche lo spirito ludico sempre presente in ciascuno di noi.
Particolarmente graditi, soprattutto da parte di alcune tipologie di corsisti, sono gli esercizi
strutturali: essi danno sicurezza perché sono di facile esecuzione, non chiedono di esporsi alla
classe e quindi consentono di “mantenere la faccia” evitando le “brutte figure”. Gli esercizi
strutturali possono avere il loro posto in una unità di lavoro, ad esempio, per la fissazione della
regola, ma ovviamente non devono esser gli unici esercizi. Per gli stessi motivi sopra accennati, va
posta attenzione anche all’atteggiamento nei confronti dell’errore: con l’adulto vanno privilegiati
esercizi autocorrettivi in modo tale che l’intervento da parte dell’insegnante non sia ulteriore fonte
di ansia. Vanno quindi evitate, almeno nelle prime fasi, esercitazioni alla lavagna, correzioni di
fronte alla classe, ma vanno privilegiate forme di controllo da parte del corsista o momenti di
correzione e di discussione faccia a faccia con l’insegnante.
Un’altra differenza fra il bambino e l’adulto è che quest’ultimo non è continuamente disponibile a
mettere in discussione la struttura delle proprie conoscenza, struttura ormai piuttosto consolidata.
Imparare una nuova lingua significa invece apprendere nuove modalità di organizzazione del
tempo, dello spazio, nuovi sistemi di conoscenze e visioni del mondo, per questo, talvolta, il
percorso di acquisizione della L2 da parte di un adulto può essere più lungo e complesso. Nella
migrazione si aggiunge il fatto che vi è, da una parte, una oggettiva necessità di rimettere in
discussione il proprio “mondo”, dall’altra vi è la difficoltà, da parte di alcuni immigrati, di
mantenere alta l’immagine di sé e l’autostima a causa del divario fra aspettative di realizzazione
economica e personale e le reali condizioni di vita e di lavoro in Italia.
L’età adulta comunque ha le sue positività che vanno valorizzate: l’adulto infatti possiede
maggiori esperienze e conoscenze che possono favorire i nuovi apprendimenti; rispetto al
bambino, ad esempio, può trasferire dalla prima alla seconda lingua abilità di base, come la
capacità di sintetizzare, prendere appunti, schematizzare, rilevare le informazioni necessarie (anche
se talvolta ci possono essere dei problemi dovuti a differenze nella struttura testuale da una lingua
all’altra). L’adulto ha maggiore capacità di autonomia e di controllo sul processo di apprendimento
e dunque è possibile, una volta che si è imparato ad imparare, proseguire in maniera indipendente
essendo in grado di valutare che cosa è utile e cosa non lo è, a che punto si è del percorso, che cosa
è stato raggiunto e che cosa si deve ancora conseguire. A livello cognitivo l’adulto ha una
tendenza maggiore all'apprendimento cosciente delle regole e richiede di acquisire una competenza
metalinguistica e metacomunicativa. Conoscere il funzionamento di una lingua è un piacere, la
riflessione ed il confronto fra la, o le, lingue parlate e l’italiano aumenta la consapevolezza e la
capacità di muoversi fra sistemi linguistici diversi ed arricchisce la competenza comunicativa in
generale; inoltre la regola dà sicurezza a chi la possiede ed obiettivamente un adulto, non in
situazioni comunicative spontanee, è capace di riapplicarla utilmente anche consultando
grammatiche e vocabolari: pensiamo a quanto sia utile per una persona presentare un curriculum
senza errori o una domanda di assunzione corretta.
Per le caratteristiche psicologiche e cognitive dell’adulto, la cura della relazione in classe è uno
degli elementi fondamentali per garantire una buona riuscita del corso accanto ad una buona
organizzazione generale e ad una scansione degli apprendimenti linguistici funzionali alle reali
necessità formative. La relazione deve essere impostata come relazione fra pari nella quale
l’insegnante svolge il ruolo di facilitatore degli apprendimenti. E’ importante che l’adulto si senta
riconosciuto come portatore di saperi e di conoscenze che possono essere condivise con gli altri;
per questo sarebbe buona pratica esplorare insieme alla classe, o singolarmente, anche attraverso la
narrazione, ciò che ogni apprendente sa già di un argomento per poi sviluppare il lavoro successivo
a partire dal noto.
Nella relazione in classe, la condivisione del lavoro e l’esplicitazione continua delle motivazioni
per cui si sceglie un tipo di attività piuttosto che un'altra aiutano a creare un clima di fiducia e di
collaborazione. In classi dove si incontrano adulti con esperienze scolastiche molto diverse è
sempre necessario un lavoro di discussione, di chiarimento, di “mediazione” fra le aspettative ed i
modelli educativi posseduti e ciò che la scuola italiana offre in termini di metodologie, ruolo
dell’insegnante, tecniche didattiche. Talvolta è necessaria una “condivisione della condivisione”
poiché alcuni possono essere disorientati da una gestione ritenuta troppo democratica da parte del
docente; l’insegnante preparato, dicono questi corsisti, non deve chiedere pareri e contrattare i
contenuti: questo è il suo lavoro; lui (o lei) deve sapere cosa insegnare e come.
Accanto alle aspettative che un corsista ha nei confronti del docente, e che sono dovute ad una
proiezione del modello di docente e di scuola acquisito nel paese di origine, esiste anche la
tendenza a proiettare sull’insegnante gli stereotipi ed i pre-giudizi, acquisiti o sviluppati nel corso
della esperienza di immigrazione. Occorre infatti tener presente che l’insegnante, agli occhi dei
corsisti, è comunque un rappresentate della società nella quale questi adulti si trovano a vivere: se
l’esperienza di immigrazione è positiva, il clima sarà più facilmente sereno, se si hanno alle spalle
esperienze negative, situazioni di discriminazione ecc. probabilmente l’apprendente caricherà
negativamente il rapporto con il docente fino a quando l’instaurarsi di una relazione di fiducia
reciproca, non riuscirà a decostruire i pre giudizi. Anche l’insegnante è portatore di aspettative e di
pre giudizi (positivi o negativi che siano) verso i propri corsisti: di questo ne deve prendere
coscienza, sia per evitare incomprensioni e conflitti a livello relazionale, sia per analizzare meglio i
materiali autentici (o non) da presentare alla classe e che possono contenere visioni stereotipate
delle culture e dei paesi di origine dei corsisti. Nelle fasi iniziali è comunque consigliabile non
presentare film, letture, immagini contenenti stereotipi sulle culture di origine dei nostri corsisti:
tali materiali infatti possono essere utilizzati solo se accompagnati da una discussione, magari
facendo un confronto fra l’immaginario reciproco. Nei livelli iniziali, al contrario, mancano gli
strumenti linguistici per poterne discutere insieme esplorando e svelando malintesi e
fraintendimenti. In linea generale comunque, è buona pratica evitare situazioni ed argomenti che
possono essere fonte di disagio per i corsisti: per esempio non è politically correct presentare brani
che decantano la bontà dei vini italiani o del prosciutto a studenti musulmani. Per lo stesso
motivo, in particolare di religione musulmana, occorrerebbe considerare, nei limiti delle risorse a
disposizione, la richiesta di alcune donne, in particolare di origine musulmana, di poter essere
iscritte in classi femminili con insegnante donna: il rispetto di tale richiesta potrebbe favorire la
loro frequenza ai corsi.
Al di là degli eventuali “incidenti comunicativi” che possono causare incomprensioni e disagio
emotivo, è buona pratica la discussione e la riflessione su elementi che possono disorientare sia
l’apprendente che l’insegnante; talvolta basta un po’ di ironia per superare tensioni create da
malintesi. Superate le difficoltà iniziali che si possono incontrare con una classe, se l’insegnante
riesce a ben dosare il suo ruolo di “leader fra pari”, le tensioni, come ho potuto osservare più volte
seguendo esperienze svolte nei Centri Territoriali, lasciano spazio ad un clima di reciproca stima,
di attenzione e di ascolto, di voglia di raccontare e di condividere le proprie storie: ogni argomento
diventa così occasione per ricordare la vita nel paese di origine, per narrare le difficoltà ed i
momenti di smarrimento. Quando il clima è favorevole alla narrazione è possibile allora
approfondire gli interessi, comprendere gli obiettivi ed i sogni nel cassetto, e costruire così nuovi
percorsi di apprendimento più mirati alle necessità dell’adulto. Talvolta la domanda esplicita di
acquisire la lingua italiana cela, infatti, richieste inespresse di promozione personale, di
realizzazione professionale, di riscatto sociale, e di ri-valorizzazione della propria figura
genitoriale. Non sempre tali richieste emergono nei primi colloqui, ma sono invece fondamentali
per capire quale percorso formativo proporre alla persona che si ha di fronte.
Alcuni cenni, per finire, sulla verifica, valutazione e certificazione, rinviando ai contributi di
Strambi e Scaglioso l’approfondimento specifico. Per le caratteristiche psicologiche e cognitive
dell’adulto, il percorso di apprendimento deve sempre prevedere un doppio lavoro di verifica e
valutazione: quello dell’insegnante e quello dell’apprendente. L’adulto infatti sente la necessità di
tenere sotto controllo il proprio percorso di apprendimento per valutare i propri progressi e fare un
bilancio, per così dire, dei “costi/benefici”; per questo vanno offerti strumenti adeguati al livello di
scolarizzazione e di competenza linguistica per poter, alla fine di ogni unità, di ogni modulo e alla
fine del corso, fare il punto di ciò che è stato acquisito e con quale profitto. Di fondamentale
importanza è la comprensibilità e la possibilità di osservare i progressi da parte dell’apprendente:
alcune liste di autovalutazione infatti risultano inutilizzabili da parte degli studenti di livello
iniziale. Uno strumento che si è invece dimostrato molto utile è il colloquio di valutazione finale
del corso, svolto, per i livelli iniziali, con la presenza di un interprete lo schema guida per i
colloqui finali utilizzato nel progetto europeo SELL (Maddii, 2003) è allegato al presente
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contributo. Per quanto riguarda invece la certificazione, accanto a sistemi ufficiali ogni CTP o
scuola di lingua può certificare le competenze in uscita. Il problema, spesso è quello della
riconoscibilità di tali certificazioni nel caso di trasferimenti da una città all’altra o da una regione
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Certificazione CILS e pre-CILS dell’Università per Stranieri di Siena; certificazione CELI dell’Università per Stranieri di
Perugia, PLIDA della Società Dante Alighieri, ele.IT e IT dell’Università degli Studi Roma Tre
all’altra. La costruzione di un sistema condiviso che faccia riferimento ai descrittori individuati dal
Framework appare l’unica via per evitare la Babele delle definizioni. Il lavoro è lungo, ma non
difficile, forse culturalmente lontano, ma non impossibile.
Per concludere
Anche se gli spunti sopra offerti sono sicuramente brevi e parziali, essi avevano lo scopo di
esemplificare, in maniera induttiva, che cosa significa adottare un approccio orientato all’azione,
un approccio, cioè, che considera le persone “che usano ed apprendono la lingua innanzitutto
come “attori sociali”, vale a dire come membri di una società che hanno dei compiti (di tipo non
solo linguistico) da portare a termine in circostanze date, in ambiente specifico e all’interno di un
determinato campo d’azione […] L’approccio orientato all’azione prende dunque in
considerazione anche le risorse cognitive e affettive, la volontà e tutta la gamma delle capacità
possedute e utilizzate da un individuo in quanto attore sociale”. (Consiglio d’Europa , 2002, p. 11).
L’analisi del contesto e delle caratteristiche del singolo utente è importante per impostare percorsi
motivanti, utili agli apprendenti, “spendibili” nella vita e nel lavoro e gratificanti per la persona che
si sente arricchita e valorizzata. Conoscere il territorio e l’utente serve anche per sfruttare e
valorizzare al meglio una delle capacità peculiari dell’età adulta che è quella di proseguire in
maniera autonoma il percorso di apprendimento. L’insegnante può così utilizzare il contesto nel
quale l’adulto è inserito per potenziare il lavoro svolto in classe, individuando, in collaborazione
con il corsista, percorsi di apprendimento al di fuori della scuola, nel gruppo amicale,
nell’ambiente di lavoro, negli spazi del tempo libero, poiché anche il territorio può offrire
occasioni per migliorare le proprie conoscenze linguistiche: dal corso di cucina a quello di teatro,
dal cineforum alle feste di paese. In questo senso l’integrazione fra scuola e territorio unisce e
ricompone in maniera unitaria il soggetto che può vivere la propria esperienza di apprendimento in
maniera coerente ed armonica con il proprio stile di vita e la propria personalità.
Bibliografia
BALBONI P.E. 2003, Le sfide di Babele, Torino, UTET Libreria.
CONSIGLIO D’EUROPA 2001, Common European Framework of Reference for Languages:
Learning, Teaching, Assessment, Cambridge, University Press,
. Trad. it.
CONSIGLIO D’EUROPA 2002, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue:
apprendimento, insegnamento, valutazione, Firenze, La Nuova Italia.
DEMETRIO D. 1997, Manuale di educazione degli adulti, Bari, Laterza.
DEMETRIO D. 1990, L'età adulta. Teorie dell'identità e pedagogie dello sviluppo, Roma, La Nuova Italia
Scientifica.
DEMETRIO D. 1995, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Milano, Raffaello Cortina.
GIACALONE RAMAT A. (a cura di) 1988, L’italiano tra le altre lingue: strategie di acquisizione, Bologna, Il
Mulino.
KNOWLES M. 1993, Quando l’adulto impara, Milano, Franco Angeli.
MADDII L. (a cura di) 2003, SELL- Second Language learning for non native speakers: exchange of
experiences, Firenze, IRRE Toscana.
MADDII L. 2004, “L’italiano per non nativi: da lingua straniera a lingua seconda” in IANNI G.,
SENSI D. (a cura di), Diversità e cittadinanza: una sfida e una opportunità per le scuole, Firenze,
IRRE Toscana.
SCAGLIOSO C. (a cura di) 2002, L’officina di Vulcano, Firenze, IRRE Toscana- MIUR.
Progetto Europeo Socrates Grundtvig 2 SELL
Intervista iniziale– Raccolta delle storie di vita
Nome dell'apprendente
sesso:
Paese di origine
Età
Nome dell'interprete
Nome del Tutor
Data:
Sede:
I punti seguenti non devono essere intesi come domande dirette da usare in un questionario rigido,
ma come degli stimoli che servono per raccogliere informazioni dalle storie degli studenti. Le interviste
dovrebbero essere effettuate all’inizio del corso o comunque nel periodo iniziale con l’ausilio di un
interprete.
1. Background
(Si può iniziare con "dimmi di te (raccontami di te)" e quindi usare alcuni dei seguenti stimoli quando è
necessario. Se l’apprendente non gradisce raccontare di sé si può evitare questa sezione.)
Domande stimolo:
Background culturale
 Raccontami del tuo paese o città di origine
 Puoi parlarmi di
 la cultura e la religione nel tuo paese
 i tuoi interessi particolari
Esperienze educative e professionali
Raccontami della tua educazione precedente.
 Quando sei andato a scuola nei tuo paese?
 Per quanti anni?
 Quanti anni avevi quando hai lasciato la scuola?
 Quali lingue parli?
 Hai mai studiato l'italiano prima di venire in Italia?
 Dove e per quanto tempo?
 Hai mai frequentato altri corsi di italiano in Italia?
 Quale lavoro o professione svolgevi nel tuo paese?
Vita in Italia
'Raccontami della tua vita in Italia"
 Da quanto tempo vivi in Italia?
 Che cosa ti è piaciuto ? Che cosa hai trovato facile?
 Quali sono state le difficoltà?
Scrivi la storia qui.
2.
Bisogni e aspirazioni a lungo termine espressi o inespressi
(E’ necessario che ci sia una risposta per ogni domanda/stimolo)
Domande/stimoli:
Che cosa pensi di aver bisogno di imparare, che cosa di piacerebbe imparare? ( per aiutare
l’apprendente può essere necessario specificare alcuni risultati specifici)
 Perché pensi che ti sarebbe utile? Quali miglioramenti potrebbe portarti nella qualità della tua
vita?
 Che cosa desideri raggiungere a lungo termine? Dove ti immagini fra cinque o dieci anni?
3.
L'esperienza dell'apprendente
(Anche in questo caso è necessario che ci sia una risposta ad ogni domanda/stimolo)
Domande/stimolo
 Hai mai studiato in gruppo di adulti? Che cosa stavate studiando/apprendendo?
 Puoi dirmi se era un gruppo di amici che studiavano insieme informalmente o era in una classe
con un insegnante?
 Ti è piaciuto? (Perché? Perché no?)
 Puoi dirmi che cosa ti ha aiutato ad apprendere? Se era in una classe organizzata, puoi portarmi
degli esempi di metodi o materiali? Era utile lavorare con amici?
 Puoi dirmi che cosa ti ha creato o crea difficoltà nell'apprendimento? (Con questa domanda si
potrebbe esplorare l’organizzazione della classe e dei corsi)
 Come possiamo rendere questo corso realmente di aiuto/utile per te? (questa domanda serve
per rilevare gli stili e i metodi dell’apprendimento/insegnamento che si dovrebbero adattare
all’apprendente)
 Ci sono aspetti specifici sui quali potremmo passare più tempo in questo corso?
C’è qualcos’altro che potrebbe essere utile al tuo insegnante per impostare meglio il corso?
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