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Edoardo Galli - Bollettino d`Arte - Ministero dei beni e delle attività

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Edoardo Galli - Bollettino d`Arte - Ministero dei beni e delle attività
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
N. 126807. Battaglia di cavalieri. Ad acquarello. N. 126808. Paesaggio. Ad acquarello. - 12. N. 126809.
Paesaggio. Ad acquarello. - 13. N. 1268IO. Paesaggio
con ponte. A penna e ad acquarello. - 14. N. 1268II.
Scontro di cavalieri. A sanguina. - 15. N. 126812.
Paesaggio con una torre ed altri edifici. A penna e ad
acquarello. - 16. N. 126813. Insenatura marina con
barche. A penna e ad acquarello. - 17. N. 126814.
Combattimento navale. A sanguina. - 18. N. 126815.
Gruppo di cavalieri. A penna e ad acquarello. - 19.
N. 126816. Paesaggio con edifici. A penna e ad acquarello. - 20. N. 126g17. Studio per una battaglia. A
penna e ad acquarello. - 21. N . 126518. Studio di
teste. A penna e ad acquarello. - 22. N . 126819. PaeIO.
II.
saggio con cavalieri in corsa sopra un ponte. A penna
e ad acquarello. - 23. N . 126820. Gruppo di cavalieri.
A penna e ad acquarello. - 24. N . 126821. Studio per
una battaglia. A penna e ad acquarello. - 25. N . 126833.
Studio per una battaglia. A penna e ad acquarello. 26. N . 126823. Studio per un paesaggio. Ad acquarello.
- 27. N. 126824. Porto con barche. A matita e ad
acquarello. - 28. N . 126829. Paesaggio con figure di
cavalieri. A penna e ad acquarello. - 29. N. 1268.n.
Studio per un paesaggio. A sanguim. - 30. N . 1268 ~9.
Studio per un paesaggio. -- 31. N. 1268.:;1. Stud io
di paesaggio. A sanguina. 32. N. 129840. Un
cavallo. A sanguina. - 33. N. 129845. Un cavallo. A
sanguina.
UN LAVABO IN RAME DA SAGRESTIA
N SAGRESTANO intraprendente (che è
U andato
già a render conto della pessima
azione compiuta al Sovrintendente per le cose
dell' Arte nell'altro mondo, che si ritiene sia S.
Luca Evangelista) e dei molto reverendi ecclesiastici distratti resero possibile, poco meno di un
trentennio fa, l'esodo - non sappiamo se occulto
o palese - dalle sacre mura della Cattedrale di
Matera dell'oggetto di cui qui ora si discorre. I1
quale andò a finire nella bottega di un calderaio
del luogo, che ne ebbe subito maggior cura: lo
raddrizzò, lo aggiustò, e ripristinatolo nella sua
originaria sagoma lo tenne presso di sè, per suo
godimento spirituale, e non volle mai mollarlo
alle assidue sollecitazioni e profferte di certi
rigattieri - antiquari napoletani che avevano
avvistata la preda ghiotta e proficua. Ma quando anche il bravo calderaio morì, or non è
molto, l'oggetto rimase - insieme con tutto il
ciarpame di bottega, - in possesso della sua
donna. I pretendenti ripresero a farsi vedere
presso costei ed a proporre condizioni di acquisto sempre più vantaggiose; ma il sottoscritto
capitò in buon punto a Matera per far subito
ritirare precauzionalmente l'oggetto nel R.
Museo Ridola, e per ottenere dalla donna, che
lo aveva ereditato dal ram aio, la cessione di
esso allo Stato per sole lire mille.
L'oggetto non è un antico fonte battesimale, come tal uno dapprima aveva giudicato,
forse in base alle sue cospicue proporzioni ed
all 'aspetto sommario di esso; bensì un umile
lavabo da sagrestia, nonostante la sua apparenZ:l
così sontuosa ed adorna. È alto m. 1,95; raggiungi!
nel mezzo lo sviluppo di m . 1, 22, e tutto l'apparecchio risulta composto di tre distinti elementi,
coordinati e congiunti fra di loro. I. Una capace
pentola panciuta, approssimativamente di scheml
ovoidale, con coperchio mobile imposto, baccellata e corniciata a sbalzo nel coperchio ed alla
base; adorna sui lati di due grandi protomi
leonine pure ottenute a sbalzo con forte rilievo
e ritoccate a bulino nei particolari anatomici,
nelle quali si muovono gli anelli di presa, e
di una specie di giglio sul coperchio per poterlo
sollevare. II. Un ampio bacino sottostante,
pur' esso baccellato e corniciato nel medesimo
stile della pentola. III. Un complicato sostegno in ferro battuto a trepiedi, con reminiscenze di motivi ornamentali del Rinascimento
nell'intreccio della base, e con larghe volute che ricordano un po' quelle caratteristiche delle
balestre di berline seicentesche - su su sino
alle due elementari gruccie laterali per sorreggere
i lini tesi ad asciugare.
Vennero aggiunti in un secondo tempo - o dal
ramaio che lo restaurò, o anche prima quando
era ancora in uso nella sagr~stia del Duomo
materano, per garantirne meglio la statica - i due
elementi verticali del piede, che risultano fusi.
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I1 metallo della pentola e del bacino ha acquiingombro da poter barattare senza nmorsI per
stato col tempo una bella colorazione fulva.
pochi denari.
La pentola serbatoio è fornita alla base, in
In ciò bisogna ricercare le sole attenuanti
corrispondenza del bacino, di un peculiare ruper la volontaria dispersione del cimelio dalla
binetto verticale
sede di origine.
originario (anaCi troviamo
logo a quelli
naturalmente
lignei usati per
davanti ad un
le botti), sotto
prodotto articui si detergegiano locale,
vano sommaus ci to da una
riamente, direi
modesta officiquasi simbolina, la quale era
camente' avanti
certo inconsadi accostarsi
pevole della
all' altare, le aimportanza dei
duste mani premotivi ornalatizie. I n fa tt i
mentali che tutper quanto vatora ripeteva
sto esso sia,
per inerte tral'acqua tratta
dizione.
faticosamente
I1 tipo genedal pozzo e verrale di questo
sata nel recilavabo, il sostepiente, era semgno su cui è
pre poca al conimpostato, le
fronto di quella
parti decorative
che sarebbe oc(baccellature e
corsa per reali
maschere leoniabluzioni igiene a rilievo) lo
niche.
assegnerebbero
Ma non fu
al Seicento;
probabilmen te
però in manper una simile
canza di sicuri
considerazione
dati probatori,
d i insufficienza
e tenuto conto
che il defunto
del consueto rie non benemestagno delle
FIG. I-R. MUSEO NAZIONALE DI MATERA: LAVABO IN RAME DA SAGRESTIA
(SECOLO XVII)
rito sagrestano
forme nei luo(Di Lena Saghi più apparverio, per la storia del cimelio) s'indusse a
tati, come Matera, non si può negare a priori
liberarne la sagrestia della Cattedrale. L 'orche tecnicamente possa essere stato creato anche
digno doveva essere già fuori uso da un
verso la fine del predetto secolo, se non addipezzo - da quando venne creata la solita
rittura all' inizio del successivo. Poichè peralpseudo-fontanella a muro, pure con serbatro non trattasi di un vero e proprio oggetto
toio retrostante - ed a poco a poco, non
d'arte uscito dalle mani di un determinato maepotendone intendere la veste artistica ed il
stro, o da una scuola, la precisazione cronologica
valore documentario, fu ritenuto un inutile
assoluta diventa un'inutile pedanteria: decennio
179
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FIG. 2 - R. MUSEO NAZIONALE DI MATERA : LAVABO IN
FIG.
3 - R. MUSEO NAZIONALE DI MATERA: LAVABO IN
RAME (SECOLO XVII) VISTO DA SINISTRA
RAME (SECOLO XVII) VISTO DA DESTRA
più, decennio meno poco conta per la sua valutazione e significazione ambientale.
Le grosse baccellature ondulate, secondo il
profilo della strigile atletica di bronzo, sono
- come è noto - decorazioni frequenti dei sarcofagi marmorei romani imperiali e paleocristiani. Esse ricompaiono poi nel Rinascimento,
spesso notevolmente sviluppate, intorno alle
I l vere" da pozzi, e come elemento architettonico nelle calotte delle nicchie statuarie, non di
rado però in incavo, cioè con inversione plastica del motivo originario. Comunque, la re mota invenzione di siffatto motivo ornamentale
è di natura laminare metallica, e rimonta - in
Italia - alla prima età del ferro (vasellame d 'impasto nero con ingubbiatura lucida alla superficie, del sec. VIII-VII a. C .). Nella sagomata pentola di Matera e nel profondo bacino
sottoposto si nota pertanto un sintomatico
ritorno - a distanza di tanti secoli - alla genuina
baccellatura a sbalzo praticata su un'autentica
lamina enea ricurva. E la tecnica primitiva non
dovette essere molto dissimile da quella seguita
dal tardo ed ignoto calderaio lucano: cioè la
battitura della duttile lamina di rame sopra un
modello unico di legno duro (bosso o ulivo),
che veniva spostato gradualmente con sapiente
perizia e con salda mano dall'interno su tutta
la superficie da decorare. La bravura dell'artefice è provata dalla perfetta uguaglianza delle
ondulazioni sporgenti.
Matera - sebbene dal punto di vista etnico
e storico sia indiscutibilmente una città lucana,
anzi con Timmari rappresenti un caposaldo
dell' espansione della stirpe italica autoctona
nel Mezzogiorno - è vicina alla Puglia, ed
oggi gravita con la sua economia verso Bari. Bari è stata sempre una testa di ponte rispetto
al Montenegro, all' Albania ed in genere a
tutto l'Oriente danubiano. Tutti sanno della
180
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FIG.
4 - R. MUSEO NAZIONALE DI MATERA - LAVABO IN
RAME (SEC. XVII): PROTOME LEONINA DI DESTRA
bravura e delle peregrinazioni nella Penisola dei
calderai e ramai balcanici, per lo più zingari
nomadi, che hanno trovato imitatori e seguaci
anche nelle nostre provincie: per esempio a
Dipignano, a Cassano Ionio e nei paesi albanesi
del Cosentino. Non andremo dunque molto
lontano dal vero, ammettendo che siffatta
corrente di kupferarbeiten orientali abbia rappresentato il filone artigiano giunto con grande
facilità a Matera dall'Adriatico, insegnando la
tecnica del rame, ma suscitando nel medesimo
tempo iniziative che risentono sempre (come
dimostra particolarmente il lavabo che qui si
illustra) della tradizione ambientale, su cui non
si sono mai spente in modo assoluto le luci dell'arte e della civiltà magno-greca. I riflessi
ellenici - ancora in pieno Seicento - sono palesi
nel tipo, nel rendimento plastico e nella ricerca
delle minuzie naturalistiche delle due contrapposte protomi di leone, che sostengono gli anelli
FIG. S - R. MUSEO NAZIONALE DI MATERA - LAVABO
IN RAME (SEC. XVII): PROTOME LEONINA DI SINISTRA
girevoli. Il pelame, gli occhi, le nari ed il muso
ritoccati a bulino, sembrano direttamente desunti
dalle grondaie fittili e policrome di qualche
edifizio templare del V secolo a. C. Guardandole, vengono in mente i protomodelli in
terracotta dei santuari di Locri, di Caulonia,
di Hera Lacinia, di Metaponto (ora a Reggio,
a Crotone, a Potenza), tanto da poter definire
- alla lettera - per essi (e per altro) tutta
la regione della Magna Graecia come un vero
1/ locus leonum".
Per l'appunto" hic sunt leones" che hanno lasciato nel fondo dell'invariabile repertorio anche
degli artigiani metallurgici di Matera l'orma ed il
carattere della propria immagine riassunta nella
testa. È tuttavia da segnare come un caso raro e
degno di attenzione questo fedele riaffioramento
del vecchio motivo coroplastico in ragguardevoli proporzioni, sopra una lamina di rame sbalzata. E tanto più il fatto è notevole, e suscita
r8r
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
quasI m noi un senso di sorpresa, in quanto
ritroviamo le due classiche maschere belluine
associate, non senza un ingenuo ed apprezzabile
gusto, con un complesso di forme, di sagome,
di volute di movimento prettamente barocco,
come testimonianza spontanea ed impreveduta
dell'imperituro fermento lasciato in quel re cesso
della Lucania orientale dal mezzo millennio circa
di diretto dominio spirituale ellenico.
Non è facile quindi, per le ragioni esposte,
classificare con esattezza il nostro venerando
lavabo: esso non è infatti un volgare oggetto
industriale, avendo in sè elementi di una nobile
e varia tradizione artistica; ma d'altra parte
non possiamo dire che equivalga ad un genuino
cimelio di pura arte, significativo di un periodo
o di una tendenza; ed inoltre non bisogna
dimenticare lo scopo per cui fu costruito, il che
gli conferisce senza dubbio anche un tal quale
valore folkloristico. Può darsi quindi che esso
rivesta in egual misura questi tre distinti aspetti,
così bene d'altronde associati ed armonizzati
insieme; e per tale considerazione ho ritenuto
opportuno di assicurarlo permanentemente al
florido Museo Nazionale di Matera, che porta
il nome glorioso del Senatore Domenico Ridola,
e che il suo stesso artefice, pur nella tarda età,
ancor governa con VIgorosa fermezza e con
insonne passione.
EDOARDO GALLI
CRONACA
PARMA: RESTAURO DI AFFRESCHI E DI QUADRI.
A ANNI era stato avvertito lo stato di deperimento degli affreschi del Parmigianino nei sottarchi delle prime due cappelle nella navata di sinistra della
monumentale chiesa di S. Giovanni Evangelista, già celebre per la cupola affrescata dal Correggio. Ma l'attuazione delle previdenze atte ad arrestare la rovina dei due
sottarchi dipinti dall'elegante pittore parmense era
stata sempre rimandata; anche la guerra aveva contribuito a rinviare a miglior tempo quei lavori di tutela
e di protezione.
Finalmente lo scorso anno, essendo stato mandato
a Parma dalla Direzione Generale delle Belle Arti il
restauratore prof. Tito Venturini-Pàpari, questi eseguì anche il restauro degli affreschi del Mazzola.
Grave pericolo correvano le interessanti pitture
per lo stato in cui esse erano ridotte: su tutta la superficie degli affreschi vi erano spalmature di cera sciolta
con acqua raggia, le quali spalma tu re rese bianche in
molte parti velavano i dipinti. In altre parti, le infiltrazioni d'acqua avevano cagionato umidità e quindi
efflorescenza di salnitro con minaccia di far cadere l'intonaco distaccato qua e là. Le figure più danneggiate
erano la "S. Agata" e i " due Diaconi" .
Vi erano inoltre vecchi e mal fatti restauri eseguiti
ad olio e cera specialmente sulla figura di "San
Secondo" e del suo cavallo (2'" cappella).
D
In condizioni meno gravi era il gruppo di " Santa
Lucia e Sant' Apollonia", nella prima cappella, annerito
però dai vecchi ritocchi ad olio.
Il restauro condotto con pazienza e diligenza si iniziò col fissaggio dell'intonaco, nei punti dove minacciava
di cadere, mediante l'applicazione di 40 grappette di
rame e coli di colla e caseato di calce. Consolidato l'intonaco, fu praticata la rimozione dei vecchi restauri in
cera ed olio anneriti oltre che del salnitro. Dove il salnitro aveva fatto rientrare il colore, è stata suf,ficiente a
ravvivarlo una lieve spalma tura di paraffina. Le parti
che erano diventate bianche, per la caduta dell'epidermide del colore, sono state ricoperte con tinte
d'accompagno.
Così sono stati ora rassodati e restitUItI alla originaria bellezza cromatica le pitture del Parmigianino:
il grigio-turchino della veste di Sant'Agata, il giallo
e rosso vivo di Santa Lucia e del Santo Diacono in piedi
hanno ripreso le loro tonalità.
I sottarchi di San Giovanni Evangelista rappresentano l'opera giovanile del pittore parmense, fresca
ancora delle impressioni della Camera del Correggio
in S. Paolo, specie in quei putti reggifestoni sopra una
cesta di vimini nella fascia dei sottarchi. (L'Eterno
Padre al sommo dell'arco non è del Parmigianino ma
di Emilio Taruffi, 1696). E difatti gli affreschi sono
Fly UP