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studi di settore: intervallo di confidenza

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studi di settore: intervallo di confidenza
STUDI DI SETTORE: INTERVALLO DI CONFIDENZA
a cura Dott. Antonio Gigliotti
Analizziamo in breve come opera l’attività di accertamento da studi di
settore da parte dell’Agenzia delle Entrate a seconda se il contribuente
non congruo rientri o meno all’interno dell’intervallo di confidenza.
Premessa
In più occasioni è stato posto il problema di come occorra considerare
la posizione del contribuente “non congruo”, che dichiara ricavi o compensi
compresi all’interno del c.d. “intervallo di confidenza” segnalato dal software
GERICO.
In merito, l’Agenzia delle Entrate ha individuato due tipologie di soggetti ai
fini dell’attività di accertamento per studi di settore, ovvero:
¼ soggetti non congrui che si collocano “naturalmente” all’interno del c.d.
“intervallo di confidenza”;
¼ soggetti non congrui che decidono di adeguarsi ad un valore contenuto
all’interno dell’intervallo di confidenza.
Analizziamo di seguito le due tipologie di soggetti.
Accertamento “residuale” nei confronti dei soggetti che si
collocano naturalmente all’interno dell’intervallo di confidenza
Nella Circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008 dell’Agenzia delle Entrate,
è stato affermato che i contribuenti che si collocano “naturalmente”
all’interno
del
c.d.
“intervallo
di
confidenza”,
devono,
considerarsi
generalmente in linea con le risultanze degli studi di settore.
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E’ vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro.
Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente
1
i contribuenti che si collocano
“naturalmente” all’interno del c.d.
“intervallo di confidenza”
generalmente sono in linea con
le risultanze degli studi di
settore.
L’affermazione sopraccitata è data dal fatto che i valori rientranti all’interno
del predetto “intervallo” hanno un’elevata probabilità statistica di costituire il
ricavo/compenso fondatamente attribuibile ad un soggetto esercente un’attività
avente le caratteristiche previste dallo studio di settore.
Nella circolare n. 5/2008 l’Agenzia sostiene che lo strumento presuntivo
degli studi di settore deve essere sempre utilizzato verificando in concreto la
possibilità degli stessi di rappresentare correttamente la capacità del contribuente
di produrre ricavi o compensi, al fine del raggiungimento di tale primario
obiettivo.
Nel caso del contribuente che si colloca, pertanto, naturalmente all’interno
dell’intervallo di confidenza, il risultato fornito dall’applicazione Gerico è messo a
diretto confronto con i ricavi o compensi dichiarati dal contribuente e pertanto,
sulla base del rapporto tra questi due valori, si può propriamente parlare di
valore statisticamente possibile al 99,99%. Detta percentuale esprime, infatti, la
possibilità statistica che, per un determinato soggetto, il ricavo stimato coincida
con quello reale.
In definitiva, il valore dichiarato non rappresenta un atto discrezionale
del contribuente effettuato sulla base dei risultati ottenuti dall’applicazione dello
studio di settore.
Esempio
Il
ricavo
dichiarato
dal
contribuente
(senza
i
maggiori
ricavi
da
adeguamento) è pari a 90.000.
L’intervallo di confidenza è: 85.000 - 95.000.
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Il contribuente, collocandosi “naturalmente” all’interno dell’intervallo di
confidenza, è in linea con le risultanze degli studi di settore.
Segue che l’attività di accertamento sulla base degli studi di settore deve
essere:
¼ prioritariamente rivolta nei confronti di quei contribuenti “non congrui” che,
sulla base delle risultanze della contabilità, hanno dichiarato un ammontare
di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo di
riferimento derivante dall’applicazione delle risultanze degli studi di
settore.
Il significato di tali affermazioni deve, dunque, essere inteso nel senso che,
nei
confronti
dei
contribuenti
ritenuti
non
congrui
che
si
collocano
“naturalmente” all’interno del c.d. “intervallo di confidenza”, gli uffici debbono
valutare in maniera “residuale” la possibilità di selezionare tali soggetti ai fini
dell’attività di controllo, solo dopo aver privilegiato la selezione delle posizioni di
quei soggetti che presentano scostamenti di valore più elevato.
Accertamento per i soggetti che non si collocano all’interno
dell’intervallo di confidenza
E’ necessario rilevare che la posizione dei contribuenti non congrui che
decidono di adeguarsi ad un valore di ricavo contenuto all’interno del c.d.
“intervallo di confidenza”, non può essere valutata con gli stessi criteri adottati
per coloro che vi si collocano naturalmente.
Per tali soggetti, i risultati dell’applicazione degli studi di settore hanno già
fornito un giudizio di non congruità sulla base di uno scostamento più elevato,
spesso addirittura inferiore a quello minimo indicato dagli studi stessi.
Il valore di adeguamento rappresenta, pertanto, una scelta discrezionale
del contribuente che, nel caso di un valore inferiore al puntuale, fermo restando
che è un valore possibile, deve essere motivato a fronte della richiesta dell’ufficio.
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Esempio
Il
ricavo
dichiarato
dal
contribuente
(senza
i
maggiori
ricavi
da
adeguamento) è pari a 80.000.
L’intervallo di confidenza è: 85.000 - 95.000.
Dato che il contribuente non si colloca “naturalmente” all’interno
dell’intervallo di confidenza, l’adeguamento è dovuto al maggior livello pari
a 95.000 per evitare l’accertamento.
In questa ipotesi, il contribuente non può adeguarsi per esempio ad un
valore di 90.000 (valore compreso nell’intervallo di confidenza) per mettersi
al riparo da un accertamento, oppure, può adeguarsi ad un valore inferiore
al puntuale, ma tale scelta deve poter essere motivata.
Soggetti “non evoluti”: intervallo di confidenza
L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 44/E/2008, ha sottolineato che
per gli studi settore non soggetti ad evoluzione per l’anno 2007 influenzati
dagli indicatori di normalità economica (ai sensi dell’art. 1, comma 14c della
Finanziaria 2007), per i quali il calcolo della congruità si effettua secondo i criteri
dettati dal D.M. del 4 luglio 20071, l’individuazione dell’intervallo di
confidenza per effetto di tale impostazione nel calcolo dell’adeguamento previsto,
deve essere alternativamente delimitato come segue:
¼ se il valore di riferimento ai fini della congruità è costituito dai ricavi minimi
aumentati dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione dei
predetti indicatori di normalità Æ l'intervallo di confidenza è rappresentato
dai
valori
compresi
tra
il
ricavo
o
compenso
minimo
derivante
dall'applicazione dello studio di settore e il valore stesso aumentato dei
maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione di detti indicatori;
1
Il livello dei ricavi congruo è pari al maggiore tra:
1.
il livello minimo risultante dall'applicazione degli studi di settore tenendo conto degli effetti degli
indicatori di normalità economica;
2.
il livello puntuale di riferimento derivante dalla applicazione degli studi di settore senza tener conto
delle risultanze degli indicatori medesimi.
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Esempio
Ricavi dichiarati
Ricavo puntuale di riferimento
derivante dalla sola analisi di congruità
700
1.000
Ricavo minimo di riferimento derivante dalla sola analisi di
congruità
980
Maggiori ricavi derivanti dall’applicazione degli indicatori
di normalità economica di cui al comma 14
120
Ricavo di riferimento
(Ricavo minimo di riferimento derivante dalla sola analisi
di
congruità
980
+
Maggiori
ricavi
derivanti
dall’applicazione degli indicatori di normalità economica
120)
In tale ipotesi, pertanto, l’intervallo di confidenza è
rappresentato dai valori compresi tra 980 e 1.100.
1.100
¼ se il valore di riferimento ai fini della congruità è costituito dal ricavo
puntuale (senza gli indicatori di normalità) Æ l'intervallo di confidenza è
delimitato dai valori compresi tra il ricavo o compenso minimo derivante
dall'applicazione dello studio di settore e il ricavo o compenso puntuale
di riferimento (senza considerare gli indicatori).
Esempio
Ricavi dichiarati
Ricavo puntuale di riferimento
derivante dalla sola analisi di congruità
Ricavo minimo di riferimento derivante dalla sola analisi
di congruità
Maggiori
ricavi
derivanti
dall’applicazione
degli
indicatori di normalità economica di cui al comma 14
700
1.000
950
30
Ricavo di riferimento ( pari al ricavo puntuale di
1.000
riferimento (1.000) perché superiore al ricavo minimo
aumentato dei maggiori ricavi derivanti dall’applicazione
degli indicatori di normalità economica [950+30= 980] )
In tale ipotesi, pertanto, l’intervallo di confidenza è rappresentato dai
valori compresi tra 950 e 1.000.
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5
Gli studi evoluti dal 2007: Intervallo di confidenza
Si segnala che le indicazioni appena citate non valgono per i contribuenti i
cui studi rientrano nei 68 studi di settore approvati a decorrere dal periodo
d’imposta 2007.
In tale occasione il contribuente dovrà confrontare i propri ricavi/compensi
dichiarati con quelli risultanti dall’applicazione della tradizionale analisi della
congruità e della nuova analisi di normalità economica.
Esempio
Analisi della congruità
Ricavo (o compenso) minimo
Ricavo (o compenso) puntuale
Analisi della normalità economica
Maggior ricavo o compenso derivante dall’applicazione della
normalità economica
Analisi della congruità e normalità economica
Ricavo (o compenso) minimo di riferimento
Ricavo (o compenso ) puntuale di riferimento
In tale ipotesi, l’intervallo di confidenza è rappresentato dai
compresi tra 1.050 e 1.100.
950
1.000
100
1.050
1.100
valori
Beneficio di cui all’articolo 10, comma 4-bis Legge 146/1998
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, nella Circolare n. 47/E/2008,
l’operatività dei benefici di cui all’art. 10, comma 4-bis, della legge n. 146/1998, il
quale stabilisce che i contribuenti non possono essere oggetto di rettifiche sulla
base di presunzioni semplici, ai fini delle imposte sul reddito e dell’IVA,
nell’ipotesi in cui l’ammontare delle attività non denunciate sia pari o inferiore al
40% dei ricavi o compensi dichiarati nel limite massimo di 50.000 euro.
In particolare, l’Agenzia, con specifico riferimento all’accertamento in base
alle imposte sul reddito, chiarisce che, perché operi il medesimo art. 10, comma
4-bis, della legge n. 146/1998, ossia la congruità del contribuente rispetto agli
indici di coerenza ed agli INE, è condizione necessaria che l’impresa dichiari,
anche per effetto dell’adeguamento:
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6
‰
ricavi, o compensi, in misura non inferiore a:
•
il livello minimo risultante dall’applicazione degli studi di settore, che
tengono conto degli INE approvati con D.M. 20 marzo 2007;
•
ovvero, se di ammontare più elevato, al livello puntuale di riferimento
risultante dalla applicazione degli studi di settore senza tenere conto
degli indicatori medesimi, se tali studi prevedono l’applicazione degli
indicatori di normalità economica, di cui all’art. 1, comma 13, della legge
n. 296/2006;
‰
ricavi, o compensi, in misura non inferiore al ricavo puntuale di
riferimento indicato dagli studi di settore, se questi prevedono l’applicazione
degli indicatori di normalità economica, di cui all’art. 10-bis, della legge
146/1998.
L’essere collocati, se pur naturalmente, all’interno dell’intervallo di
confidenza non permette, pertanto, di usufruire dei benefici dell’art. 10,
comma 4-bis, della legge n. 146/1998.
Dott. Antonio Gigliotti
9 Luglio 2008
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