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Gianna Jessen. Io, sopravvissuta

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Gianna Jessen. Io, sopravvissuta
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13-MAR-13 07:25:17
ABORTO
nità ha incontrato 361 donne, tra
cui 172 di nazionalità straniera,
mentre sono circa 700 quelle attualmente inserite in un percorso
di sostegno (che dura generalmente 2-3 anni). 88 le madri accolte nelle famiglie e nelle case
famiglia della Comunità; 89
quelle indecise se abortire e in 41
casi, grazie all’affiancamento
della Papa Giovanni, hanno proseguito la gravidanza e dato alla
luce il bimbo che portavano in
grembo.
16
marzo 2013
PREGHIERA E OBIEZIONE FISCALE. A fianco del sostegno realizzato attraverso l’ascolto, la
creazione di una rete, la ricerca di
una casa o di un lavoro, l’aiuto
economico, l’accoglienza - vi è la
preghiera, che l’associazione fa
davanti agli ospedali nei quali si
compiono gli aborti e il primo novembre, “perché riteniamo in tal
modo - precisa Paola Dalmonte,
animatrice della zona di Bologna
- di ridare dignità a questi bimbi”.
Condanna dell’aborto, però, non
significa abbandono delle donne
che hanno fatto quest’esperienza, “alle quali cerchiamo di
offrire strumenti per l’elaborazione del lutto”. La Comunità
partecipa pure ai tavoli di lavoro
per contrastare le cause che rendono difficile una maternità, e al
tempo stesso lancia la proposta
dell’obiezione fiscale, “trattenendo una cifra dalle tasse dovute alla Regione e versandola a
un’associazione pro-life”, dal momento che gli aborti vengono pagati con denaro pubblico.
“Non è evasione - precisa Andrea Mazzi della Comunità - perché l’obiettore rende pubblico il
suo gesto mandando una comunicazione al Presidente della Repubblica e all’Agenzia delle
entrate”, pronto però a pagare le
conseguenze della sua “disobbedienza civile”.
Lo scopo, enuncia Mazzi, è
“arrivare a un’opzione fiscale
nella denuncia dei redditi per talune materie di particolarissima
rilevanza, come l’aborto”. In altri
termini, far scegliere il contribuente se, con una quota delle
sue tasse, finanziare gli aborti o
progetti di sostegno alla maternità.
Perché le future mamme siano
sempre meno lasciate sole e i figli
che portano in grembo possano
vedere la luce. (Sir)
GIANNA JESSEN
Io, sopravvissuta
«S
ono qui per dire che ognuno è immensamente
amato da Dio, il mio messaggio principale voglio
sia questo. Non siamo mai abbandonati qualunque sia la nostra condizione: dobbiamo crederlo con tutto
il cuore e, pertanto, lasciarci semplicemente amare». Così
Gianna Jessen, americana di 35 anni, ha testimoniato a Firenze in occasione del convegno organizzato per la 35°
Giornata per la vita dal movimento per la vita fiorentino e
l’arcidiocesi di Firenze dal titolo “La vita è bella, insieme bellissima”, la sua a dir poco eccezionale esperienza di vita.
Insieme a lei per ribadire la tutela e la sacralità della vita,
a cominciare da quella nascente, Carlo Casini, presidente nazionale del Movimento per la vita, Carlo Bellieni, neonatologo, e Assuntina Morresi, componente del Comitato
nazionale di bioetica.
La storia di Gianna è veramente commovente: la sua
mamma biologica decide di abortire nel 1977, a soli diciassette anni, la stessa età del padre, quando è ormai entrata
nel terzo trimestre di gravidanza, sottoponendosi, consigliata, alla procedura del cosiddetto aborto salino tardivo.
Dopo sette mesi e mezzo di gestazione, in una delle maggiori cliniche americane per aborti, Gianna viene partorita
viva nonostante la somministrazione 24 ore prima della so-
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luzione salina il cui terribile effetto è quello di procurare ustioni esterne ed interne al feto e di soffocarlo.
Cosa è successo poi lo ha raccontato Gianna: «Devo
la mia vita al fatto che quel giorno il medico abortista
non era ancora entrato in servizio e l’infermiera presente ha immediatamente chiamato i soccorsi. Dopo
18 ore ero ancora viva, e così è cominciata la mia avventura umana, fin da subito insieme a Colui che ha
voluto che mi salvassi e testimoniassi che i progetti
umani non contano nulla di fronte al Suo amore».
Gianna viene adottata in una famiglia quando ha
17 mesi e, nonostante i medici continuavano a ripetere che non ce l’avrebbe fatta, la bambina migliora
grazie alle tante ore di fisioterapia fatte insieme alla
mamma Penny che dedica la sua vita a lei. «Devo tutto
a mia madre - prosegue Gianna - che, con tanta forza
e non smettendo mai di pregare, ha creduto ai progressi che stavo facendo, come, ad esempio, alzare la
testa. A tre anni camminavo con dei tutori e un deambulatore, un vero e proprio miracolo. Ho fatto tanta fisioterapia anche dopo l’operazione chirurgica a 10
anni. Adesso zoppico ma va bene. Ho avuto un trauma
cerebrale a seguito del tentativo di aborto ma, credetemi, il problema non è questo, anzi, la vita è addirittura più interessante così. Voglio dire a tutti, però: se
l’aborto è una questione dei diritti delle donne, dove
erano i miei diritti quel giorno? E’ terribile arrogarsi il
permesso di decidere della vita di una persona, anche
e soprattutto quando ha qualche problema. Siccome
il bambino è disabile, per intendersi, meglio interrompere la gravidanza, come se la qualità della vita e
l’anima dipendessero dalla forma del corpo. Sono i de-
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SINDACATO CONTRO LAVORATORI
a Cgil di Pesaro e Urbino ha lamentato l’esiguo numero di aborti nelle
Ldel sindacato,
strutture ospedaliere delle Marche. In particolare la segretaria generale
Simona Ricci, denuncia la presenza, presso l’ospedale di Fano,
di soli ginecologi obiettori che, a suo modo di vedere, impedirebbero le prestazioni abortive previste dalla legge 194. Ma il sindacato dei lavoratori si
spinge oltre definendo «ancora più emblematico il dato sulla Ru486» che colloca le Marche all’ultimo posto in Italia per interruzioni volontarie di gravidanza effettuate con il prodotto della francese Roussel Uclaf. «Nel secondo
semestre 2011 – scrive Cgil Pesaro – nessuna interruzione volontaria di
gravidanza è avvenuta nelle Marche somministrando la Ru486 mentre in
Regioni come l’Emilia Romagna le Ivg con la pillola abortiva sono state il
17% del totale e in Toscana il 9%».
Sulla questione interviene il settimanale interdiocesano Il Nuovo Amico
che mette in evidenza l’ambiguità della posizione della Cgil che, «come sindacato dei lavoratori, dovrebbe battersi anzitutto perché la società rispetti
il diritto a diventare madre, eliminando tutti gli ostacoli che spingono oggi
le donne ad abortire».
Sulla stessa lunghezza d’onda l’associazione provinciale Scienza&Vita che in una nota
si domanda «quali iniziative ha intrapreso il sindacato per impedire che imprenditori e datori
di lavoro 'censurino' le proprie dipendenti dall’intraprendere una gravidanza?».
boli, sempre messi in disparte, a possedere la luce di
Dio».
Gianna è spesso chiamati in vari luoghi del mondo
per raccontare la sua storia e lo fa con umiltà ed entusiasmo. Il desiderio è quello di essere d’aiuto, di portare un messaggio di speranza. «Non so se mi sposerò
mai, mi sento la “bambina di Dio”, come minimo desidero un uomo che mi ami quanto Lui!», ha detto sorridendo. «Nessuno può dirvi chi siete e che cosa potete
o non potete fare, come i medici che negavano qualsiasi possibilità di progredire. La mia missione è questa:
dire a chi ha il cuore spezzato che non è dimenticato,
che può essere libero e opporsi alla violenza, al dolore,
alla crudeltà che spesso sono nel mondo».
Gianna ha voluto ricordare che, fino addirittura al
2002, in America era concesso di sopprimere la vita di
un bambino sopravvissuto all'aborto mediante strangolamento, soffocamento o lasciandolo in disparte
fino al raggiungimento della morte. Ma sotto il governo Bush, è stato emanato nel 2002 il "Born Alive
Infants Protection Act", una legge che assicura l’assistenza e le cure al sopravvissuto di qualunque pratica
abortiva. «Dalle avversità può nascere una grande
gioia. Io non posso stare in questo mondo senza testimoniare l’amore di Cristo che ogni giorno ringrazio
per il dono della vita che mi ha voluto fare nonostante
l’odio degli uomini. Ben poca cosa rispetto alla Sua misericordia», ha concluso Gianna.
ALESSANDRA TURCHETTI (Sir)
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marzo 2013
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