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Forestali della Calabria, ci risiamo

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Forestali della Calabria, ci risiamo
6
PRIMO PIANO
Venerdì 6 Novembre 2009
Una sola risposta per politici e lobbisti che bussano al governo, bisogna trovare i soldi per 10mila stipendi
Forestali della Calabria, ci risiamo
La ricerca di 160 milioni in Finanziaria diventa un tormentone
DI
FRANCO ADRIANO
C
i risiamo. Bisogna
cercare i soldi per pagare i 10mila stipendi dei forestali della
Calabria. È il tormentone che
risuona nelle orecchie dei politici e lobbisti che in questi
giorni e in occasione della discussione della Finanziaria
2010, bussano al governo per
tentare un improbabile assalto alla diligenza. Occorrono
160 milioni di euro per rinnovare i contratti dei forestali
calabresi per un altro anno.
E dopo la figuraccia del ministro Roberto
Calderoli, che
nel 2004 fallì
da commissario
dopo aver fallito
il tentativo in parlamento di tagliare il
sussidio, neanche più
la Lega Nord ha voglia
di andare alla guerra.
Tagliare anche uno soltanto di quegli stipendi è
semplicemente un’ipotesi
che oggi non esiste. I soldi
vanno trovati subito perché se no dal 1° gennaio, o
forse anche prima, andrà
affrontata un’insurrezione
con l’autostrada bloccata da
prassi. Un ricatto politico?
Finora nessuno è riuscito a
trovare una soluzione a un
problema semplice solo sulla
carta: per le foreste del Canada, per esempio, servono
meno della metà dei forestali
calabresi. E, per carità, è bene
non proseguire nel paragone
delle due superfici boschive
di competenza. Si tratta, insomma, di una sorta di reddito minimo garantito su base
regionale, che nessun politico con un minimo di sale in
zucca, oggi, metterebbe in discussione. Tanto più in tempo
di crisi economica. Non è un
caso allora, forse, che ieri il
Sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni
Letta, ha fatto sapere che
per mettere in campo gli 800
milioni della banda larga non
è il momento anche se erano
già stati destinati all’uopo.
Questi soldi serviranno a
coprire qualche emergenza
come questa, visto che i proventi dello scudo fisali sono
già stati tutti opzionati e
anche di più. Diversamente
l’impatto politico per il governo, almeno per quanto riguarda la Calabria sarebbe
insostenibile. Basti pensare
che ad organizzare la protesta sarebbe direttamente
fra gli altri Pippo Callipo,
l’imprenditore del tonno candaidto alla presidenza, che ha
dichiarato ad inizio ottobre:
«La mia solidarietàpiena al
sindacato ed ai forestali della
Calabria, lasciati senza cer-
Filippo Callipo
tezza finanziaria da un Governo ostaggio della Lega. Se
mi posso permettere, è tempo che la Calabria scenda in
piazza e faccia un gran rumore. Se a Roma sono sordi,
dobbiamo far vedere di cosa
è capace la Calabria onesta
e produttiva». «Basta con le
suppliche», ha continuato,
«è ora di affermare le nostre
ragioni democraticamente,
ma senza timidezze. Se da
Roma contano, per sottrarre
risorse alla nostra regione e
mandare allo sbando il nostro
tessuto produttivo e sociale,
sull’impresentabilità della
classe politica calabrese»,
ha concluso, «la Calabria del
lavoro deve protestare con
determinazione e far sentire
la sua voce. Ho il massimo
rispetto per le interlocuzioni
che il sindacato senz’altro ha
in atto per indurre il governo
a dare certezze alla vita di 9
mila lavoratori forestali, ma
quando c’è di mezzo l’interesse generale la mia opinione
è che occorra fare squadra».
Sui forestali della Calabria
non esiste destar o sinistra.
«Il sistema Calabria deve
imparare a difendere i suoi
punti di forza», è la vera conclusioen di Callipo, «prescindendo dai ruoli di ciascuno
e io direi, specie in questa
congiuntura, anche dalle
appartenenze politiche, considerato che il centrosinistra
è inascoltato a Roma quanto
il centrodestra».
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PERCHÉ LA REPUBBLICA NON CERCA DI FAR CHIAREZZA CON ALTRE DIECI DOMANDE?
Con tanta droga come Marrazzo un ragazzino sarebbe dentro
Mai come in questo caso è stato utilizzato il metodo dei due pesi e delle due misure
DI
P
DIEGO GABUTTI
overo Piero Marrazzo, «costretto a restare in mutande» dai due carabinieri che
fanno irruzione nel paradiso
dei trans e lo trattano «con estrema
violenza», negandogli persino il conforto di tirarsi su i pantaloni. Prima
quei due carabinieri erano ricattatori
e adesso sono rapinatori. Dipende da
come l’ex governatore si sveglia o da
come lo imbeccano quel giorno i suoi
avvocati. Ma lui rimane sempre la
vittima, anzi «la parte lesa», nonostante adesso ammetta che la cocaina
trovata sul comodino di Natalie non
era stata portata dai carabinieri per
incastrarlo, come aveva detto in un
primo tempo, ma che era sua e se la
sniffava lui.
Questo è un esempio classico di relativismo poliziesco. Fermati con pochi grammi di hashish nel taschino
della camicia, pericolosi spacciatori
da quattro soldi (e talvolta neppure
spacciatori ma semplici consumatori, magari minorenni) vengono arrestati e cacciati dietro le sbarre, dove
poi magari gli capita di lasciarci la
pelle senza che si sappia cosa (o chi)
ringraziare. Piero Marrazzo, invece,
beccato con la coca sul comodino, non
sappiamo quanta, ma sicuramente
più di quanta ne sia consentita ai
comuni mortali, ha diritto a un trat-
Niente è più disastroso
per il centrosinistra
delle imbarazzanti
sciocchezze con le quali
commenta i fatti propri
e altrui
Roberta Serdoz
tamento di riguardo, che i tossici di
sangue plebeo si possono soltanto
sognare. Marrazzo viene interrogato
come parte lesa, vittima ieri d’un ri-
ccatto, oggi di una rapina a culo nudo,
e la cocaina sul comodino (acquistata
ccon i suoi soldi) non viene neppure
n
nominata. Anzi, da quel che si legge
ssui giornali, l’accusa d’avere portato
lla droga a casa di Natalie, allo scopo
d
di ricattare con più agio l’ex govern
natore della Regione Lazio, è ancora
ccontestata ai carabinieri felloni.
Intanto, le gazzette politicamente
ccorrette girano allegramente la fritttata: Marrazzo, che si presentava con
l’auto blu ai convegni amorosi e che
non si sa (come si legge su Libero,
che gli ha fatto i conti in tasca) dove
prendesse i soldi per pagarsi il brivido della coca e dei trans, è tutt’al più
da compatire, perché è stato debole,
ma nessuno ardisca condannarlo.
Chi è senza peccato (se non la coca
e i trans, un altro) scagli la prima
pietra. Siamo al relativismo morale più abbietto. Silvio Berlusconi,
che è stato lasciato da Veronica
Lario perché frequentava donnine e
donnacce, e neppure le «minorenni»
visto che l’unica frequentazione che
gli è stata sicuramente attribuita è
quella di Patrizia D’Addario, un’ultraquarantenne, deve rispondere a
dieci-domande-dieci e non sarà mai
perdonato. Marrazzo, che si droga
«saltuariamente» (dice lui e tutti a
credergli) e coltiva amorazzi da pervertito senza che si riesca a capire,
né lui lo spieghi, come se li possa
permettere, è invece uno di noi, un
bravo ragazzo, vittima d’un attacco
giornalistico «senza precedenti», benché facesse visita a Natalie, oltre che
con le tasche piene di soldi, anche in
auto blu, pagata con la solita colletta
fiscale dai contribuenti. Ve la vedete Livia Ravera prendere le parti
di Veronica Lario, come ha fatto con
Roberta Serdoz, moglie di Marrazzo e giornalista di Rai Tre, rimasta
«con lui» anche dopo la catastrofe,
se Veronica Lario avesse deciso di
restare al fianco del Cavaliere per
difenderlo dagli attacchi personali
(del tutto «senza precedenti») de La
Repubblica?
Niente è più disastroso per il centrosinistra delle vaporose e imbarazzanti sciocchezze con le quali commenta
i fatti propri e altrui. Più realista del
re, il moralista di centrosinistra (il
moralista di sinistra, stile Fortebraccio in anni lontani, era un’altra cosa)
non soltanto difende chiunque faccia
parte della banda, esattamente come
gli avvocati della mafia, per capirci,
ma è anche disposto a qualsiasi sacrificio intellettuale pur di difendere una buona causa, anche ridicola.
Solo il moralista di centrosinistra, per
compiacere i trans e i loro frequentatori, può seriamente accettare di
chiamare «donne biologiche» le donne
vere e proprie.
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PRIMO PIANO
Venerdì 6 Novem
Novembre 2009
7
In tempo di tagli, il capo della pubblica sicurezza, Manganelli, istituisce il terzo gruppo musicale
La polizia suona in banda larga
Ha già l’orchestra e la fanfara a cavallo. Arriva quella a piedi
DI
EMILIO GIOVENTÙ
D
eve esserci stato un giorno al ministero dell’Interno in cui qualcuno
si è posto il problema.
E quel giorno, immaginiamo,
il dialogo potrebbe essere stato questo: bisogna mandare la
banda musicale della polizia
in tale posto, è già impegnata in altro servizio;
allora mandiamoci
la fanfara a cavallo, impossibile. È a
questo punto che
al dipartimento
della pubblica sicurezza deve essere nata l’idea
della polizia a
banda larga. Un
giorno non molto
lontano visto che è
datato 15 settembre
scorso il decreto con
il quale il direttore
generale
della pubblica sicurezza, Antonio Manganelli, istituisce
la fanfara della polizia di stato.
Praticamente, la terza istituzione musicale che qualche perplessità potrebbe anche suscitarla visti le polemiche su tagli
e ridimensionamenti, i poliziotti
in strada contro le politiche del
governo e il ministro
dell’Interno, Roberto Maroni, contro
tutti. Ma a leggere
il decreto istitutivo della fanfara
sembra che non
si possa farne
a meno visto
che la «banda
larga» è necessaria «al fine di
assicurare l’assolvimento degli
impegni musicali
in occasioni di cerim o n i e,
Antonio Manganelli
manifestazioni o altri servizi di
rappresentanza per i quali non
sia richiesta la partecipazione
della banda musicale della polizia di stato né della fanfara a
cavallo». Già, perché c’è un protocollo ben preciso al quale la polizia deve dare conto prima di dare
fiato alle trombe. Per esempio, il
decreto del 25 gennaio 2008, che
riorganizza i servizi a cavallo e
le unità cinofile, all’articolo 5
prevede «che il personale della
fanfara a cavallo della polizia
di stato venga impiegato per
cerimonie, manifestazioni o
altri servizi di rappresentanza, per la scorta a cavallo allo
stendardo, nonché per gli
ordinari servizi di control-
lo del territorio, con esclusione
dell’impiego appiedato». La banda musicale, invece, è una vera
e propria orchestra che si esibisce sui palchi dei teatri lirici di
mezza Italia. In repertorio arie
classiche della musica colta. Il
suo ordinamento è stato rivisto
con decreto del presidente della
Repubblica del 30 aprile 1987.
Della fanfara della polizia, che
pare di capire suonerà esclusivamente a piedi, invece, possono
far parte poliziotti «in possesso
di particolari attitudini all’uso di
strumenti musicali» ovviamente
«e appositamente qualificato per
lo svolgimento delle particolari
mansioni attribuite». Comunque,
toccherà attendere un bel po’ pri-
ma di ascoltarla visto che il relativo regolamento di attuazione,
come da prassi, verrà emanato
entro un anno dalla pubblicazione del decreto istitutivo. Soltanto
allora si saprà qualcosa in più su
organici e dotazioni strumentali,
sui requisiti soggettivi e i criteri
di selezione del personale, ma soprattutto su ambiti, criteri e modalità di impiego del personale.
E per sapere, infine, che fine faranno, ovvero come potranno essere reimpiegati, i poliziotti che
non hanno più i requisiti per far
parte della fanfara, ovvero quelli
che per chi sa quale motivo smetteranno di essere musicisti.
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SELVAGGIAMENTE- SARANNO PROVE DI TRADIMENTO LE TRACCE DI DOPOBARBA SULLA CAMICIA?
Perché oggi vanno forte i brasiliani pelosi come kiwi?
E noi dovremo farci crescere le basette per riuscire a rimettervi sulla retta via?
DI
V
Piero
Marrazzo
SELVAGGIA LUCARELLI
isto che il caso Marrazzo ha scatenato un tourbillon di articoli e
speciali tv sull’argomento, non
posso esimermi dal fare alcune
considerazioni sul tema del momento: i
trans (e, appunto, il caso Marrazzo).
1) Ma io dico. Voi uomini non eravate
quelli che ci chiedevano a gran voce di
tornare a fare le donne, di recuperare
grazia e femminilità, di ricominciare a
mettere la gonna? Non ci rimproveravate di essere troppo simili a voi? Insomma,
tutte ‘ste menate per anni, una cerca di
accontentarvi e spende un patrimonio in
tacchi a spillo e cerette alla brasiliana e
voi spendete un patrimonio in brasiliani
pelosi come kiwi? Ma che dobbiamo fare
noi altre per rimettervi sulla retta via?
Farci crescere le basette? Cominciare a
togliere le imbottiture dal reggiseno e
infilarcele nelle mutande?
2) E ora? Dove sono finite tutte le care
vecchie certezze, tutti i cari vecchi segnali
che erano sicuro indizio di tradimento?
Dobbiamo cominciare a cercare tracce
di dopobarba sul colletto delle vostre
camicie?
3) E a proposito del povero Marrazzo.
Piero, tranquillo. Lancia una bella linea
di occhiali in carbonio, carbonfossile o
carbonella da quattromila euro al pezzo
utilissimi nel qual caso uno volesse andare a trans in tangenziale a mezzogiorno senza essere riconosciuto, infilati un
mocassino viola, limonati una tua cugina
o una vecchia zia e noi ci dimentichiamo
tutto. Anzi, mi stupisco che la Sozzani
non ti abbia già proposto la copertina di
Vogue in quanto raro esempio di eleganza
e stile.
4) Pare che uno dei riti irrinunciabili
di Marrazzo a casa di Natalì fosse quello
di farsi un bagno e mettere le pantofole
di lei. Considerato che io ho un trentasei
scarso e che in una mia pantofola al mio
fidanzato entra a malapena un alluce,
oltre all’invidia del pene mi deve venire
pure quella del piede? (numero 43 per
giunta)
5) Al povero Piero è toccata in sorte
pure la sfiga di un cognome che si presta
a battute e allusioni sessuali di ogni tipo.
Qualcuno s’è scomodato a dire «nomen
omen». Se è così, chissà cosa bisogna
aspettarsi da Casini e Bocchino.
6) La moglie di Marrazzo ha dichiarato
stoicamente: «Non lascio Piero, lo amo.
Supereremo questo momento». Una donna con le palle. Insomma, tutto torna.
7) Tra le cose che non ho ben capito
della vicenda c’è la seguente: ma se questo benedetto video l’aveva visto Signorini
che poi l’ha passato a Marina Berlusconi
che poi l’ha girato al padre che se l’è visto
con Bondi che l’ha passato a Belpietro che
l’ha rimbalzato a Feltri che l’ha visto in
salotto coi nipotini che l’hanno restituito
per sbaglio al Blockbuster di Viale Corsica al posto di Kung fu Panda e che quindi
alla fine è stato proiettato all’Uci cinema
Bicocca sabato sera nella sala cinque, io
mi domando: ma perché cavolo se lo doveva comprare più ‘sto benedetto video
il povero Marrazzo, chè tanto l’avevano
visto tutti?
8) Io dico. Ma con tutti i posti in cui
poteva andare, il buon Marrazzo, proprio
dai cappuccini si doveva rifugiare? Saranno uomini di chiesa ma sempre uomini
con la gonna, sono.
9) Diciamo che almeno un indizio sui
gusti sessuali dell’ex presidente della
regione Lazio lo avevamo. Prediligeva i
non operati. E in effetti anche in fatto di
consulenze e incarichi s’è sempre opposto
ai tagli.
10) Ma che è questa storia dei tremila
euro per… sì insomma… quell’affare lì?
Ma neanche un lapislazzulo proveniente
da una miniera del sud della Cina costa
tanto al grammo.
11) Ormai non c’è salotto tv che non
abbia un trans tra gli ospiti. Eva Robins,
Maurizia Paradiso e Platinette hanno
raddoppiato il loro cachet. Gira voce che
psicologi e criminologi siano molto preoccupati. Pare, addirittura, che Paolo Crepet ora si faccia chiamare Lola e si aggiri
nei corridoi della Rai in golf di cachemire,
calze a rete e zatteroni.
12) Non so se la Gardini le abbia fatto
le sue scuse, ma ora è chiaro perché la
povera Vladimir Luxuria, in parlamento,
preferiva andare nel bagno delle donne.
Non era una conquista. Era prudenza.
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