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lezione “individualizzazione e personalizzazione prof . carmelo piu
LEZIONE
“INDIVIDUALIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE”
PROF. CARMELO PIU
Didattica Generale
Indice
1.
Individualizzazione e personalizzazione .................................................................................. 3
1.1. Premessa ................................................................................................................................. 3
1.2. L‟insegnamento e gli allievi ................................................................................................... 4
1.3. L‟istruzione individualizzata .................................................................................................. 6
2.
Didattica personalizzata .......................................................................................................... 11
2.1. Premessa ............................................................................................................................... 11
2.2. Le motivazioni di fondo ....................................................................................................... 12
2.3. Apprendimento per padronanza ............................................................................................ 13
2.3.1. Modello concettuale di Carroll ...................................................................................... 14
2.3.2. Modello concettuale di Bloom ....................................................................................... 16
2.4. Il mastery learning ................................................................................................................ 18
3.
Personalizzazione dei percorsi e competenze ........................................................................ 21
3.1. Premessa ............................................................................................................................... 21
3.2. La formazione oggi ............................................................................................................... 22
3.3. Saperi e obiettivi formativi .................................................................................................. 26
3.4. La competenza ...................................................................................................................... 29
3.5. Competenze e formazione .................................................................................................... 32
3.6. Una didattica a misura d‟allievo ........................................................................................... 36
3.7. Da una didattica individualizzata ad una personalizzata ...................................................... 39
3.8. Personalizzazione dei percorsi.............................................................................................. 42
3.9. Personalizzazione e talento: problemi e prospettive ............................................................. 45
3.10.
Una didattica personalizzata.............................................................................................. 49
3.10.1.
Le condizioni............................................................................................................... 50
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Didattica Generale
1. Individualizzazione e personalizzazione
1.1.
Premessa
In una visione sistemica, in cui l‟aspetto predominante è il confronto, l‟interscambio e la
collaborazione, la scuola si caratterizza
come percorso epistemologico che, secondo
un‟impostazione ecologica, mira a contribuire alla maturazione e alla formazione complessiva del
soggetto che si trova in situazione di apprendimento in modo che egli sia in grado sempre più di
vincere la sfida di una cultura caratterizzata dalla complessità e dal cambiamento che pongono una
serie di problemi al processo d‟insegnamento-apprendimento.
Le proposte elaborate nell‟ambito della metodologia classica hanno avuto il grande merito di
aver razionalizzato e sottratto all‟intuizione, al caso e all‟improvvisazione i percorsi di formazione
in ambito scolastico (Ballanti,1979). A questi, infatti, attraverso la progettazione dell‟azione
didattica mirata al conseguimento delle finalità e degli obiettivi previsti per quel determinato grado
scolastico, è stato dato una legittimazione di scientificità, di ricerca e sperimentazione.
Fare scuola significa fare ricerca e sperimentazione, ossia formulare delle ipotesi e
verificarle e validarle in riferimento ai fatti educativi. In questo modo l‟insegnamento diventa
sistematico, intenzionale, programmato secondo i principi della realtà, della razionalità e della
socialità (Scurati,1977), rispondendo adeguatamente ai principi dell‟efficacia e dell‟efficienza.
Nell‟arco degli anni, il primato è stato assegnato ai contenuti, ossia alla conoscenza in
termini di materie scolastiche e ad alcuni modelli di condotta. Si riteneva che fosse fondamentale
identificare in precedenza i contenuti ritenuti validi e in grado di garantire, attraverso il loro
possesso che diventa il fine principale dell‟insegnamento, la formazione della persona umana, nei
suoi aspetti essenziali. Successivamente viene rivalutata l‟esperienza, la consapevolezza delle azioni
e la creatività (Lawton,1976), per cui il primato ricade sull‟individuo che apprende, sui suoi bisogni
ed esigenze mentre i contenuti vengono ritenuti non fini a se stessi ma solo degli strumenti per
conseguire degli obiettivi di natura formativa. In questa seconda accezione che assegna il primato
del processo d‟insegnamento-apprendimento al soggetto che apprende, la scuola incomincia ad
operare in modo intenzionale, sistematico e progettuale con l‟intento di essere altamente formativa.
Si pone, così, l‟obiettivo di promuovere la formazione sociale del soggetto-persona, favorendo lo
sviluppo delle sue capacità logico-mentali per metterlo nelle condizioni di affrontare la realtà e di
operare per problemi e fornendogli gli strumenti di comprensione e di intervento sulla realtà in
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modo da acquisire autonomamente le conoscenze e quindi costruire le competenze necessarie e utili
per vivere la quotidianità in una società, la cui caratteristica è il cambiamento e l‟acquisizione di
nuovi saperi per potersi rapportare alle nuove tecnologie.
In questo nuovo quadro di riferimento, la scuola e i docenti si sono posti l‟obiettivo di
rendere sempre più efficace l‟insegnamento, adattando obiettivi e strategie ai bisogni e alle
caratteristiche di ciascun singolo allievo, per dare a tutti la possibilità di acquisire e padroneggiare
le competenze essenziali del curricolo di un determinato grado scolastico (Baldacci, 2002). Solo che
fino agli anni sessanta non erano disponibili sistemi che potessero assicurare il raggiungimento di
tali traguardi, mancava cioè un sistema globale di supporto ad un insegnamento di natura
individualizzato. La didattica tradizionale1, di natura non individualizzata, in effetti, ha inteso
perseguire tali obiettivi, realizzando un processo d‟insegnamento-apprendimento uguale per tutti,
insegnando cioè a tutti con lo stesso metodo, assegnando il medesimo tempo, utilizzando codici
linguistici uniformi e attraverso sequenze didattiche indifferenziate.
1.2.
L’insegnamento e gli allievi
Da molti anni, molti studiosi hanno sviluppato delle ricerche in tal senso sia per dimostrare
come l‟impostazione di una didattica generalizzata non garantisse gli allievi sul raggiungimento dei
traguardi basilari di conoscenze e competenze sia per individuare sistemi di attuazione per un
insegnamento individualizzato, che corrispondesse e fosse rapportato alle caratteristiche cognitive e
socio-affettive individuali degli allievi. L‟intervento formativo, spesso, infatti, tende a considerare
le caratteristiche degli allievi come una sorta di valutazione predittiva dei livelli di apprendimento
che saranno conseguiti al termine di un percorso formativo, per cui viene definito in maniera tale
che ognuno degli elementi che lo compongono prevede una durata rigidamente predeterminata in
funzione dell‟argomento proposto (Vertecchi, 1995) e non in funzione del discente, che richiede,
invece, di essere regolata sulla base delle sue caratteristiche personali.
Il problema, con il quale è necessario confrontarsi, non consiste, pertanto, nel definire una
proposta predeterminata, presupponendo che sia in grado di soddisfare le esigenze di una parte
consistente degli allievi e sperando che gli altri riescano ad adattarsi alla proposta stessa, ma
nell‟ipotizzare ed attuare una ipotesi/progetto di formazione in direzione individualizzata, che sia
I modelli didattici, definiti tradizionali, fanno riferimento ad un processo “unidirezionale”, ossia a tutti quegli approcci
nei quali la determinazione degli obiettivi e delle procedure d‟intervento prescindendo dalla considerazione delle
caratteristiche dei soggetti che apprendono e del loro evolversi nel corso del processo di istruzione (Tornar, 2001)
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flessibile e aperta, che sia, cioè, in grado di delineare strategie capaci di rapportare ed adattare
l‟intervento formativo alle caratteristiche personali e alle esigenze individuali di ciascuno. Da qui
l‟esigenza di una progettazione didattica, articolata e flessibile, che possa avvalersi di procedure
individualizzate, in grado di valorizzare tutti gli elementi conoscitivi preliminari e procedurali del
processo d‟istruzione in modo da garantire l‟equivalenza e l‟uguaglianza dei risultati formativi.
All‟interno dei contesti scolastici, infatti, la variabile allievo fa riferimento a tutta una serie di
modalità attraverso cui si manifesta la diversità e la variabilità dei soggetti (Pontecorvo, 1985) sia in
termini di conoscenze già possedute sia di stili d‟apprendimento, sia di strategie messe in atto da
ciascun allievo nell‟affrontare le difficoltà scolastiche, sia di atteggiamenti legate alla sfera socioaffettiva, socio-relazionale e motivazionale.
L‟importanza delle conoscenze precedenti, cioè già in possesso del soggetto, intese come
variabile dipendente all‟interno del processo d‟apprendimento, è stata messa in evidenza, già nel
1968, da Ausubel, che afferma che i docenti e gli allievi possono sviluppare qualsiasi attività
didattica ma solo dopo aver acquisito la consapevolezza da parte del docente e da parte dell‟allievo
di ciò che realmente quest‟ultimo possiede a livello di conoscenze. Lo stesso Bloom (1983)
individua nei prerequisiti cognitivi d‟ingresso dell‟allievo una delle cause del diverso profitto
scolastico conseguito, tanto da ritenere che uno dei fattori per elevare la qualità dell‟istruzione sia
proprio assicurare a tutti il possesso dei prerequisiti necessari per accedere adeguatamente ad un
processo di apprendimento. I prerequisiti posseduti dagli allievi si riferiscono alle conoscenze,
abilità e “competenze che sono essenziali all‟apprendimento di un particolare compito o di un
insieme di compiti”. Da allora, in ogni ulteriore prospettiva di ricerca e di studio finalizzate ad
elevare e migliorare la qualità del processo d‟insegnamento-apprendimento, si è riconosciuta grande
importanza alla rilevazione iniziale delle conoscenze possedute dal soggetto (Glaser, De Corte,
1992), che sempre più diventano fattore determinante nell‟organizzazione dell‟attività didattica. I
prerequisiti si riferiscono alle disuguaglianze iniziali, relative alla quantità di competenze iniziali
possedute dagli allievi, rispetto ai contenuti e alle modalità di apprendere, e si caratterizzano per
essere o trasversali alle varie discipline (generali), ossia riferiti ai codici linguistici e alla capacità di
comprensione di un testo e alle funzioni logiche di descrizione e spiegazione secondo l‟assetto
formale della prosa scritta, di tipo filosofico-argomentativo o scientifico-descrittivo-esplicativo
(Olson, 1979), o attinenti a una materia specifica (specifici).
Altro elemento di notevole importanza nell‟impostare un‟attività d‟insegnamento è acquisire
informazioni valide ed attendibili, oltre a ciò che l‟allievo sa, sul come lo sa, ossia diventa
necessario conoscere quali sono le strategie, gli schemi o i quadri di riferimento in base ai quali il
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soggetto elabora e organizza le nuove conoscenze acquisite. Questo perché, nella letteratura
scientifica, viene evidenziato come l‟esito positivo o negativo di un intervento didattico dipenda in
gran misura dal complesso processo di assimilazione ed integrazione delle nuove conoscenze con
quelle preesistenti o, volendo usare altri termini, come si realizza l‟appropriazione dei saperi
formali sulla base di quelli informali o, come sostiene Damiano, come si combinano i concetti
scientifici con i concetti acquisiti nella vita quotidiana. Utilizzando queste informazioni è possibile
stabilire un rapporto efficace tra attività d‟insegnamento e attività d‟apprendimento, prestando
attenzione a ciò che è definito da alcuni studiosi il curricolo spontaneo, che fa riferimento ai modi e
ai processi che l‟allievo utilizza nella costruzione dei propri schemi e strategie cognitive per
apprendere (Pask,1992). Al di là, in ogni modo, di ogni considerazione, resta fermo il principio che
l‟insegnamento deve prestare molta attenzione alla specifica organizzazione cognitiva di chi impara,
dei suoi schemi anticipatori, delle sue strutture di aspettative, denominati scripts (piani,
sceneggiature) o frames (Schank e Abelson, 1977; Tornar, 2001), in modo da stabilire con essi delle
opportune connessioni siginificative. Altri fattori vanno inoltre presi in considerazione, in quanto
definiscono le differenze individuali tra soggetti diversi e che influenzano le attività
d‟apprendimento, come gli stili cognitivi, i processi, le strategie messi in atto da ogni allievo nel
momento in cui interagisce con l‟ambiente sociale e instaura rapporti con i propri pari e con gli
adulti.
Tale ambizioso obiettivo: di riuscire ad attivare modalità d‟insegnamento in grado di
salvaguardare il diritto di ognuno ad un percorso d‟istruzione mirato e correlato alle sue possibilità,
ha portato, pertanto, molti studiosi ad affrontare e ricercare nuove modalità d‟insegnamento e ad
effettuare molteplici sperimentazioni in tal senso. Sul piano della ricerca pedagogica e didattica, da
più anni si sono avviate numerose sperimentazioni nell‟intento di personalizzare ed individualizzare
la proposta formativa. Si tratta di procedure in grado, in pratica, di rapportare e raccordare
l‟intervento formativo alle caratteristiche e alle esigenze personali di ciascun allievo. Tra queste
procedure particolare importanza, per la loro impostazione scientifica, riveste il mastery learning, o
“apprendimento per la padronanza”, la didattica individualizzata con valutazione analogica Progetto DIVA, la didattica modulare.
1.3.
L’istruzione individualizzata
L‟individualizzazione, intesa come strategia complessiva per un insegnamento a misura
dell‟allievo, ossia rispettosa del suo stile cognitivo e dei tempi di apprendimento (Frabboni, 1999), è
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da molti anni campo d‟indagine e di ricerca di molti studiosi: da Claparède (scuola su misura) a
Dottrens (metodo delle schede), da Parkhurst (piano Dalton – laboratori) a Washburne (scuola di
Winnetka – esigenze minime), da Skinner (sequenze lineari – rinforzi apprenditivi) a Crowder
(sequenze ramificate), fino a giungere agli anni Sessanta, periodo in cui si assiste ad un notevole
sviluppo della ricerca verso le procedure d‟insegnamento individualizzato. Tra queste ultime la più
formalizzata e rigorosa può ritenersi il mastery learning (Block, 1972; 1977) o “apprendimento per
padronanza”, strategia messa a punto da un gruppo di psicologi e pedagogisti statunitensi, fra i quali
Bloom, Carroll, Airasian e Bloch.
Le ricerche e le sperimentazioni su questo ambito si sono pertanto indirizzate inizialmente
verso l‟ideazione e costruzione di strumenti in grado di accertare le abilità di ingresso degli allievi
e, nello steso tempo, a ricercare e sperimentare strategie e strumenti alternativi che fossero in grado
di rapportarsi meglio agli stili di apprendimento pec consentire, in tal modo, ad ogni allievo di
apprendere secondo i propri ritmi e non secondo ritmi generalizzati prefissati per tutti. Per verificare
l‟efficacia e l‟efficienza delle pratiche didattiche diventava necessario effettuare frequenti e
adeguati controlli, per cui grande sviluppo hanno avuto gli strumenti di verifica e di monitoraggio
sia degli apprendimenti sia del complesso sistema e processo d‟insegnamento-apprendimento.
ALLIEVO
caratteristiche
cognitive
prerequisiti
cognitivi
prerequisiti
generali
microstruttura2
caratteristiche
affettive
stili
cognitivi
prerequisiti
specifici
macrostruttura3
ritmi di
apprendimento
stili di
apprendimento
quantità di
tipo di
2
formae
mentis
campo
tempi di
Per microstruttura semantica si intende la capacità di conoscere il significato di singole parole o di una intera frase, in
quanto denota la capacità di decodifica delle parole e del patrimonio lessicale realmente posseduto e la capacità della
comprensione sintattica e inferenziale, rispetto alla frase.
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Macrostruttura semantica di un testo concerne il tema e il significato generale di un testo (idee guide, unità di
informazioni principali ed accessorie, significato globale ed analitico del testo).
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semantica
semantica
informazione
informazione
percettivo
elaborazione
Fig. 8. La variabile allievo4
Due sono, pertanto, le variabili e gli assunti su cui poggia una proposta di
individualizzazione: la prima variabile è relativa alle caratteristiche degli allievi, che si presentano
altamente diversificate e che sono legate alle conoscenze pregresse, a come imparano, alla specifica
loro organizzazione cognitiva e agli altri fattori che influenzano le attività di apprendimento; la
seconda, invece, è riferita alle attività d‟insegnamento, tutto centrato su una maggiore flessibilità
della proposta didattica, in grado di presentare, cioè, un quadro di procedure e strategie didattiche
differenziate in rapporto alle diversificate caratteristiche individuali degli allievi, considerando che
ogni allievo ha vissuto esperienze relazionali e formative sia scolastiche sia nel territorio diverse e
quindi presenta caratteristiche cognitive e socio-affettive diverse.
Tutti i tentativi effettuati (Claparède, Dottrens, Parkhurst, Washburne, Skinner, Crowder)
hanno cercato di mettere in grado gli allievi di sviluppare attività educative nell‟ambito di loro
bisogni formativi, delle loro capacità, delle loro abilità possedute e del loro ritmo di apprendimento.
Tutto ciò veniva realizzato attraverso la progettazione di materiali e strumenti didattici di
apprendimento che costituissero un supporto e un aiuto per adattare le pratiche d‟insegnamento alle
modalità di apprendimento degli allievi. Questi materiali e strumenti didattici venivano considerati
una componente essenziale per la realizzazione di un insegnamento individualizzato sino ad arrivare
ad ipotizzare e progettare un modello complessivo sistemico (Bloom, Carroll e altri).
INSEGNAMENTO
tempo5
qualità
I due schemi, relativi alla variabile allievo e alla variabile insegnamento sono ripresi da Baldacci, M., L’istruzione
individualizzata, op. cit. Per chi volesse approfondire meglio tale tematica, oltre al testo su citato, si può consultare
dello stesso Baldacci, Individualizzazione. Basi psicopedagogiche e didattiche, Bologna, Pitagora, 1999; e Una scuola a
misura d’alunno, Torino, UTET Libreria, 2002.
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Per tempo concesso è da intendersi il tempo dedicato dall‟insegnante a sviluppare una tematica o un‟attività didattica;
il tempo assegnato è invece il periodo concesso all‟allievo per acquisire una conoscenza e tendenzialmente e
convenzionalmente è pari a tre volte il tempo concesso all‟insegnamento; per ogni ora di lezione frontale, cioè, è
ipotizzabile pensare ad un impegno di studio dell‟allievo, pari a tre ore; il tempo impiegato o necessario è quello
effettivamente necessario all‟allievo per impadronirsi di un argomento. L‟istruzione individualizzata tende a far
coincidere il tempo concesso con il tempo assegnato e con quello realmente impiegato, per cui richiede tempi
aggiuntivi. Il modello di Carroll mira a prefigurare una strategia individualizzata centrata sul binomio o equazione
concessione tempo aggiuntivo = qualità dell’istruzione; mentre il modello di Bloom presenta un quadro strategico che
da un lato conferma l‟importanza della qualità dell‟istruzione, dall‟altro assegna notevole importanza alla quantità di
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dell’istruzione
concesso
adattamento di
codici linguistici
adattamento di
prerequisiti specifici
adattamento di
tipi cognitivi
dispositivo di
individualizzazione
guida
all’apprendimento
Fig. 9. La variabile insegnamento
L‟insegnamento ha necessità di fare riferimento alla particolare organizzazione sia cognitiva
sia socio-affettiva di chi impara, ma vanno presi in considerazione anche altri fattori che in ogni
caso influenzano le potenzialità d‟apprendimento del soggetto, come gli stili cognitivi, i ritmi di
apprendimento, i codici linguistico-comunicativi e le modalità relazionali.
Lo stile cognitivo presenta un carattere diffuso, in quanto abbraccia sia, per come sostiene
Floyd (1976), una strategia per elaborare un‟informazione, ossia una modalità cognitiva secondo cui
ciascun soggetto assimila e trattiene le informazioni e le abilità influenza anche che le interazioni
sociali, le emozioni, gli atteggiamenti, tanto da caratterizzare e influenzare la forma mentis dei
soggetti. Sul significato di quest‟espressione, è opportuno riferirsi a Bruner (1995) e Gardner
(1987), il quale ha ipotizzato più modi e distinte forme, relative alle plurime intelligenze, cioè alle
plurime matrici cognitive differenziate, che denotano diverse attitudini intellettive. Questo spiega da
un lato l‟interesse degli studiosi verso quest‟area di ricerca e dall‟altra la difficoltà di riuscire ad
individuare con sufficiente chiarezza e puntualità i diversi stili cognitivi.
Cornoldi (1991) tenta una classificazione di stili: di analisi dell‟informazione (il modo di
rapportarsi con la realtà); di riferimento personale (dipendenza o indipendenza dal campo, ossia il
modo diverso in cui un individuo si pone di fronte ai compiti di sviluppo, di come si percepisce la
realtà); di decisione (pianificazione decisione critica di fronte ad un compito); nel ragionamento
(modalità differenziate di soluzione di problemi – sistematici o su ipotesi); di apprendimento,
riferito alle modalità secondo cui i diversi individui apprendono e, cioè, la predisposizione ad
adottare una particolare strategia di apprendimento, ossia un insieme di strategie e di procedure che
vengono utilizzate dall‟individuo per conseguire l‟apprendimento.
Le ultime ricerche hanno evidenziato due strategie6 complessive: una olistica, che procede
per ipotesi generali e caratterizza uno stile apprenditivo per comprensione, che prevede un
approccio complessivo per costruirsi uno schema generale; e una seriale, che si basa su ipotesi
tempo concesso al possesso dei prerequisiti cognitivi da parte di ciascun allievo: Assicurando i prerequisiti si riducono
notevolmente, sostiene, le differenze di tempo sia consesso sia impiegato.
Per strategie si intende “un insieme di operazioni e di procedure che lo studente può usare per acquisire, ritenere e
recuperare differenti tipi di conoscenza e di prestazione” (Tornar,2001)
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circoscritte e qualifica uno stile apprenditivo per operazioni, acquisizione graduale passo per passo,
per segmenti limitati e sequenziali7.
Sulla base di queste brevi considerazioni, appare in modo molto evidente l‟importanza che
assume lo stile cognitivo, non solo in relazione alla necessità di un adeguamento delle strategie e
delle pratiche didattiche e dei processi allo stile di ciascun allievo, ma anche nella possibilità di
poter intervenire nella modifica degli stili stessi, nel caso si richiedesse una modifica per migliorare
le potenzialità e capacità di apprendimento degli allievi.
Per chi voglia approfondire tali tematiche si consiglia lo studio dei testi di Boscolo P., Psicologia dell’apprendimento
scolastico, Torino, UTET, 1986; di Pontecorvo C., Psicologia dell’educazione, Teramo, Giunti e Lisciani, 1973; e di De
la Garanderie, A., I profili pedagogici, Firenze, La Nuova Italia, 1991.
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2. Didattica personalizzata
2.1.
Premessa
Tra le strategie, che si rifanno ai principi dell‟istruzione individualizzata, è da annoverare il
mastery learning o “apprendimento per padronanza”, che è la più formalizzata e la più rigorosa,
messa a punto da un gruppo di psicologi e pedagogisti statunitensi, fra i quali Bloom, Carroll,
Airasian e Bloch. Secondo l‟istruzione individualizzata, tutti, in linea di principio, possono
raggiungere i traguardi del possesso delle conoscenze e delle competenze di base quando si riesce
ad adattare l‟insegnamento alle caratteristiche cognitive individuali degli alunni. Secondo Bloom,
infatti, la maggior parte degli studenti può raggiungere un alto livello di capacità di apprendimento:
1) se l‟approccio all‟istruzione è sistematico;
2) se i ragazzi sono aiutati quando e dove hanno difficoltà;
3) se è dato loro tempo a sufficienza per acquisire padronanza;
4) se c‟è un criterio chiaro di ciò che costituisce la padronanza.
Il modello d‟apprendimento del mastery learning, quale procedura individualizzata,
pertanto, presenta notevoli elementi significativi sia per la particolare attenzione che presta alla
prima variabile, ossia ai livelli, ai tempi, ai modi, agli stili di apprendimento di ciascun allievo, sia
per l‟impostazione che assegna alla seconda variabile, relativa all‟impegno che l‟insegnamento
profonde nel sostenere gli allievi, che presentano difficoltà o ritardi, nei percorsi di acquisizione
degli apprendimenti, concedendo loro ulteriori momenti o periodi per l‟assimilazione delle
conoscenze non adeguatamente possedute. La sua procedura, in effetti, si basa sull‟assunto che, in
condizioni didattiche adeguate, tutti gli allievi possono acquisire una buona padronanza della
maggior parte di ciò che è loro insegnato: Il mastery learning è una filosofia dell‟insegnamento
secondo la quale, “in condizioni didattiche adeguate, praticamente tutti gli studenti possono
imparare e imparare bene” (Tassi,1994). Si presenta, pertanto, come un approccio collettivo
all‟istruzione garantendo però la dimensione individualizzata, in modo che gli studenti possono
imparano anche collaborando tra di loro. È un tentativo che mira a rapportare e ad adattare meglio
l‟insegnamento riuscendo ad individuare a priori, in modo
quanto più possibile esatto, cosa
realmente si vuole far apprendere agli allievi e sino a quale livello, concedendo loro tempo
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supplementare e aiutandoli a superare ed affrontare adeguatamente le difficoltà che incontrano nel
processo acquisitivo delle conoscenze.
2.2.
Le motivazioni di fondo
Le considerazioni fatte in premessa portano ad evidenziare due principi, che identificano
l‟attività didattica e la filosofia pedagogica di fondo.
Il primo principio parte dalla convinzione che tutti o quasi tutti gli allievi possono
padroneggiare ciò che viene loro insegnato, ossia il dominio delle conoscenze di base, quando le
procedure adottate rispondono al principio metodologico dell‟efficacia. Il che significa che, se il
problema delle differenze individuali viene affrontato con sensibilità, sistematicità e secondo un
approccio scientifico anche dal punto di vista metodologico, si può ragionevolmente sperare di
consentire a quasi tutti gli esseri umani di raggiungere i risultati attesi, sia ottimizzando la qualità
dell‟istruzione sia elevando la qualità complessiva del servizio e dell‟offerta formativa con l‟intento
di migliorare notevolmente il profitto scolastico di ciascun allievo.
Il secondo principio considera il tempo una risorsa fondamentale del processo
d‟insegnamento e d‟apprendimento. Il tempo non è più considerato come variabile assegnata e
quindi predeterminata, ma una variabile dipendente dall‟attitudine, per cui si pone come una
notevole risorsa didattica (Domenici,1996), ossia una variabile e risorsa da comprendere e saper
utilizzare sia da parte di chi insegna sia da parte di chi apprende. L‟attitudine personale non deve,
pertanto, essere assunta come una predisposizione predefinita, preformata e innata, ma solo da
considerare come il tempo impiegato o necessario ad ogni allievo per conseguire il dominio o la
padronanza di un determinato campo o livello di apprendimento. Una simile tesi rivoluziona
l‟attività didattica, in quanto ha notevoli riflessi in ambito didattico. Partendo, infatti, dalla
convinzione che le attitudini sono delle variabili dipendenti dal tempo necessario, così come è una
variabile dipendente sia il tempo impiegato da ciascuno, e quindi per ognuno diverso, per
apprendere sia il tempo concesso dalla qualità dell‟istruzione, il docente, tenendo conto di queste
indicazioni, progetta il proprio intervento per assicurare a tutti gli allievi tempi adeguati di
apprendimento in base alle loro necessità in un contesto didattico in direzione individualizzata e
attivando pratiche adeguate, poiché quanto più è minore l‟attitudine di un determinato allievo tanto
più dovrà essere maggiore il tempo concesso e necessario perché egli acquisisca la padronanza di
un argomento. Questo comporta l‟impossibilità di ipotizzare un unico tempo da ritenere valido per
tutto il gruppo classe, ma si devono prevedere tante ipotesi di velocità temporale per quanti sono gli
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allievi. Per ogni allievo, inoltre, la velocità non sarà costante per tutto il percorso, perché potrebbe
rivelarsi necessario prevedere una dilatazione della durata di insegnamento o del tempo di
apprendimento in relazione ai primi segmenti del percorso d‟apprendimento e una riduzione del
tempo nei segmenti successivi, quando cioè l‟allievo ha acquisito una maggiore dimestichezza con
l‟argomento La velocità, quindi, non è più solo la risultante del rapporto tra argomento e durata, ma
diventa il risultato della integrazione e combinazione di questi due elementi con un ulteriore terzo
elemento, rappresentato dalla capacità di apprendimento di ciascun allievo in relazione a ciascun
segmento del percorso. La velocità, in tal modo, viene ad essere determinata dal rapporto tra
l‟argomento, espresso in termini di raggiungimento di un obiettivo, e la durata temporale, che è
inversamente proporzionale alla capacità individuale, intesa come conoscenze acquisite, attitudine e
intelligenza, per cui l‟interpretazione dell‟attitudine viene rappresentata come espressione
proporzionalmente inversa alla quantità di tempo necessario ad un allievo per raggiungere un
insieme di abilità o di conoscenze di difficoltà predeterminate.
Le procedure didattiche attivate sulla base di tali premesse, per giunta, secondo il mastery
learning, mirano a rafforzare in ciascun allievo la motivazione all‟apprendimento mediante il
successo, poiché si parte dalla convinzione che il superamento di una difficoltà adeguata fa
acquisire al soggetto maggiore fiducia nelle proprie possibilità di riuscita al superamento della
successiva difficoltà. Con quanto sopra descritto non si vuole dare la sensazione che tale metodo di
strategia individualizzata sia la panacea per tutti i problemi di natura apprenditiva che sorgono
all‟interno del processo didattico, ma solo mettere in evidenza come il mastery learning è un
approccio scientifico all‟istruzione che generalmente contribuisce a migliorare l‟apprendimento
degli allievi e ad elevare la qualità dell‟istruzione.
2.3.
Apprendimento per padronanza
Tutta una serie di ricerche ha analizzato le caratteristiche dell‟allievo nei suoi molteplici
aspetti, rilevandone l‟importanza e come esse costituiscono una variabile imprescindibile del
processo d‟insegnamento-apprendimento, dal momento che sono un punto di riferimento
insostituibile
nell‟organizzazione
dell‟intervento
didattico.
Ma,
accanto
ed
in
stretta
interconnessione con esse, vi sono anche altri fattori che vanno considerati. Tra questi un aspetto
che connota l‟apprendimento insegnato (Ballanti,1989), e che lo distingue dall‟apprendimento
acquisito in altri ambienti, è che questo si realizza attraverso un‟interazione in un contesto specifico
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di istruzione (Boscolo,1997; Pontecorvo,1985) che comprende nel suo interno altre numerose
variabili, tra le quali si stabiliscono dei rapporti molto stretti. Molte teorie dell‟apprendimento
pongono, infatti, l‟accento sull‟analisi delle relazioni che s‟instaurano tra le variabili
dell‟apprendimento scolastico, con l‟intento di ottimizzare ed elevare la qualità dell‟istruzione,
individuando inizialmente quelle variabili che meglio agevolano il conseguimento di prestazioni
migliori in relazione alle capacità individuali.
Tra queste vi sono sia il modello concettuale elaborato da Carroll sia quello elaborato da
Bloom; in entrambi i casi viene proposta una specifica e sistematica procedura didattica finalizzata
alla padronanza nell‟apprendimento, ossia il mastery learning. La “padronanza”, intesa come il
conseguimento del pieno e generalizzato possesso delle competenze che un determinato corso di
studi si propone di far acquisire, viene perseguita mediante la strutturazione e pianificazione
dell‟insegnamento collettivo, all‟interno del quale vengono assicurate alcune condizioni ottimali in
direzione individualizzante, riconducibili all‟attivazione di percorsi aggiuntivi di compensazione e
recupero, realizzati dopo alcune procedure rigorose di valutazione diagnostico/formative..
Le procedure didattiche, pertanto, del mastery learning prevedono la realizzazione di più
momenti:
1) prova di valutazione diagnostica per l‟accertamento dei livelli di apprendimento
individuale, ossia la verifica del possesso dei prerequisiti di accesso ad un‟unità di informazione di
una unità didattica, con le eventuali procedure e attività di compensazione/recupero;
2) attività d‟insegnamento collettivo, relativo alla prima unità d‟informazione, ossia lo
sviluppo dei contenuti di un‟unità didattica ben determinata e circoscritta;
3) prova di valutazione formativa, intesa come controllo degli apprendimenti acquisiti o no,
con conseguenti procedure e attività di compensazione/recupero;
4) nuova unità d‟informazione, ossia nuovo segmento di conoscenza organizzato in una
unità didattica
2.3.1.
Modello concettuale di Carroll
Le ricerche condotte da Carroll (1963) hanno messo in evidenza come il grado di
prestazione di uno studente, ritenuta soddisfacente, è legato ad alcune fondamentali variabili: tre
riconducibili all‟allievo (l‟attitudine, la perseveranza, la capacità di apprendere) e due
all‟insegnamento (la qualità dell‟istruzione, la/le opportunità di apprendere).
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L‟attitudine viene definita da Carroll una misura del tasso d‟apprendimento, cioè del tempo
necessario per raggiungere un livello di apprendimento: lo studente con una grande attitudine per
una determinata materia apprenderebbe con rapidità, mentre lo studente con scarsa attitudine
apprenderebbe con maggiore lentezza. Un allievo con una spiccata attitudine per una determinata
unità d‟informazione apprenderà in tempo notevolmente minore, mentre un altro con scarsa
attitudine apprenderà in tempi maggiori, ossia più lentamente. Ciò significa, secondo Carroll, che
qualsiasi allievo è in grado di conseguire il livello d‟apprendimento richiesto, se gli viene concesso
il tempo di cui ha bisogno per imparare sino a quel livello e se l‟allievo realmente e concretamente
si applica per il tempo ritenuto necessario.
Nel processo d‟acquisizione delle conoscenze, il tempo impiegato e il tempo necessario per
apprendere dipendono anche da altre caratteristiche relative all‟allievo e da una serie di fattori
riconducibili all‟insegnamento. Il tempo impiegato, pertanto, è determinato dalla perseveranza,
ossia dal tempo che lo studente è disponibile a dedicare attivamente allo studio e dalle opportunità
offertegli, cioè dal tempo complessivo concessogli. Il tempo necessario, in definitiva, è determinato,
oltre che dall‟attitudine verso il compito, dalla qualità dell‟istruzione impartita (tempo concesso) e
dalla capacità dello studente di capire e comprendere l‟istruzione. Secondo il modello di Carroll,
ogni allievo può conseguire i risultati d‟apprendimento ipotizzati se gli venisse concesso il tempo di
cui ha bisogno per imparare e se si applicasse per il tempo necessario. Il grado d‟apprendimento
scolastico dipende dal tempo che lo studente ha effettivamente impiegato nell‟apprendimento in
rapporto al tempo di cui ha bisogno.
Il modello di Carroll può sintetizzarsi nel seguente modo:
perseveranza – opportunità di apprendere
Grado d‟apprendimento scolastico = f
----------------------------------------------------
attitudine – qualità dell‟istruzione – capacità
di comprendere l‟istruzione
Essenzialmente significa che il grado d‟apprendimento scolastico di un determinato
argomento dipende dalla perseveranza dello studente o dalla sua opportunità di apprendere in
rapporto alla sua attitudine per un‟unità d‟informazione, alla qualità dell‟istruzione e alla sua
capacità di comprendere l‟istruzione.
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2.3.2.
Modello concettuale di Bloom
Bloom trasforma il modello concettuale di Carroll in un modello operativo e cioè in
procedure di mastery learning in direzione individualizzata, che lo stesso studioso ha sottoposto a
numerose verifiche sperimentali in ambito scolastico. Parte da alcune considerazioni e cioè che
l‟insegnante, operando sulle due variabili del modello Carroll di sua pertinenza (qualità
dell‟istruzione e opportunità di apprendere) può portare ciascun allievo a raggiungere un certo
livello accettabile il grado di apprendimento scolastico.
Sulla base di queste considerazioni, sostiene che se ogni studente potesse usufruire di
opportunità differenziate di apprendere e una altrettanto differenziata istruzione di qualità, la
maggior parte degli allievi (addirittura il 95%) poteva raggiungere la padronanza negli
apprendimenti. Parte da alcune considerazioni fondamentale avvallate dai risultati delle ricerche che
le diversità di profitto scolastico ottenute dagli allievi dipendono dall‟intersezione di due gruppi di
variabili: le caratteristiche degli allievi, in termini di prerequisiti cognitivi e le dimensioni socioaffettive, e la qualità dell‟istruzione, in riferimento agli stimoli,ai rinforzi e alle procedure di
verifica adeguati alle caratteristiche degli allievi (Tornar,2001). Mentre, pertanto, il modello
d‟apprendimento di Carroll muove da presupposto che ciascuno studente è in grado di
padroneggiare una determinata unità d‟informazione se può disporre del tempo che gli è necessario
per apprendere, la strategia di Bloom, poi modificata e perfezionata da Block (1971), mira a ridurre
quanto più possibile il tempo in cui lo studente ha bisogno per apprendere, attivando due fasi, intese
ad elevare al massimo la qualità dell‟istruzione:
a) assicurare il possesso dei prerequisiti, ossia delle precondizioni;
b) sviluppare adeguate tecniche operative. Poiché i comportamenti cognitivi e socio-affettivi
d‟ingresso dello studente rappresentano una variabile determinante nel processo d‟apprendimento,
l‟insegnamento ne deve tenere conto.
I passi basilari dello svolgimento del percorso d‟istruzione individualizzata, secondo il
mastery learning, modello Bloom-Block, possono essere così sintetizzati:
1) scelta dell‟argomento, che costituisce l‟unità didattica;
2) determinazione degli obiettivi cognitivi specifici, del criterio di padronanza e messa a punto
delle prove di verifica;
3) determinazione dei prerequisiti cognitivi specifici necessari per accedere all‟unità didattica;
4) valutazione iniziale del possesso dei prerequisiti, da effettuarsi in ingresso all‟unità didattica,
per determinare se questi sono effettivamente posseduti dagli allievi;
5) attivazione di procedure di recupero precoce dei prerequisiti, qualora il loro possesso si sia
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dimostrato carente, in modo tale da garantire che tutti gli allievi inizino il percorso di
istruzione equipaggiati delle competenze indispensabili;
6) somministrazione del segmento iniziale di istruzione;
7) valutazione formativa intermedia, da far scattare in itinere all‟unità didattica, col compito di
accertare se gli allievi abbiano conseguito, tramite lo svolgimento del segmento collettivo, gli
standard di apprendimento determinati;
8) attivazione immediata delle procedure di recupero per quegli alunni che non hanno
conseguito gli standard di apprendimento desiderati, in modo da evitare che perdano terreno;
9) valutazione sommativa alla fine dell‟unità didattica, che si presenta come verifica dei
prerequisiti per il segmento successivo di istruzione.
Unità didattica
valutazione iniziale
dei prerequisiti
acquisizione
dei prerequisiti
1^ unità di
istruzione
valutazione intermedia
formativa
percorsi alternativi
correttivi - sostegno
valutazione sommativa
finale
2^ unità di
istruzione
Fig. 10. La catena del mastery learning
Il presente schema mette in evidenza la realizzazione di due percorsi: uno collettivo,
comune a tutti gli allievi, rappresentato dallo sviluppo verticale del diagramma a blocchi; l‟altro
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in direzione individualizzata, ad indicare che all‟interno di una procedura collettiva si attiva una
forma di sostegno individuale, rappresentato dalle diramazioni orizzontali, conseguenti a
verifiche negative.
2.4.
Il mastery learning
Appare evidente come, nella strategia del mastery learning, assumono un ruolo
determinante due funzioni fondamentali dell‟attività didattica: la valutazione e la
compensazione o recupero Tra queste due funzioni si instaura una relazione circolare, per la
quale l‟informazione derivante dalla valutazione attiva la compensazione-recupero e ne
determina il contenuto. Viene, cioè, applicata alla didattica il principio di retroazione, in base al
quale l‟allievo viene seguito individualmente nel suo percorso di apprendimento e viene
sollecitato a produrre prestazioni dalle quali sia possibile rilevare se ha conseguito l‟obiettivo
proprio di un determinato segmento della procedura. Qualora, invece, nella verifica formativa i
singoli allievi rivelino difficoltà nel conseguire determinati obiettivi d‟apprendimento, ossia
quando si constata che un allievo non è in grado di fornire prestazioni corrette in relazione a
stimoli che si riferiscono ad aspetti del percorso, si attiva una procedura di compensazione, cioè
un intervento diverso che ha lo scopo di consentire il superamento della difficoltà incontrata. La
valutazione formativa, in effetti, rinvia alle procedure preliminarmente predisposte in alternativa
a quella originaria, che si muovono non tanto verso le correzioni dell‟errore dell‟allievo, quanto
dell‟errata predisposizione delle componenti la qualità dell‟istruzione collettiva, evidentemente
non corrispondente al criterio di adattamento che ne sancisce la sua bontà (Bloom, 1979).
L‟efficacia dell‟individualizzazione dipende in gran parte dalla analiticità della
valutazione formativa, in base alla quale si pongono in evidenza le difficoltà di ogni allievo nel
conseguire determinati obiettivi d‟apprendimento (Vertecchi, 1976), , e dalla tempestività con
cui viene attivato l‟intervento compensativo, che consente di evitare all‟allievo di accumulare
difficoltà o lacune che in seguito potrebbe essere difficilmente colmabili. Molta della validità
della proposta si affida, quindi, alla disponibilità di una strumentazione valutativa capace di
accompagnare il processo d‟apprendimento e rivelare informazioni, che possono essere
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utilizzate, per introdurre modifiche nel piano delle attività, per rilevare l‟adeguatezza della
proposta formativa in relazione alla necessità di ciascun allievo e, quindi, per fornire le
informazioni necessarie che rendono possibile introdurre nella procedura di istruzione le
differenziazioni necessarie.
Tali proposte d‟intervento individualizzato possono produrre effetti positivi sul processo
d‟insegnamento-apprendimento, in quanto contribuiscono ad incrementare il livello di autostima
di ciascun allievo e di conseguenza la motivazione verso il compito di apprendimento proposto.
Tale strategia, pertanto, realizza un positivo compromesso tra una proposta di
apprendimento rivolta collettivamente ad un gruppo di allievi e l‟esigenza di tenere conto delle
caratteristiche personali, suggerendo procedure in grado di organizzare l‟istruzione e
l‟apprendimento di ogni studente. In tal modo, le procedure adottate, pur rimanendo nel contesto
di una normale istruzione, basata sulla classe come gruppo, promuovono il pieno sviluppo di
ogni studente. Pur conservando, cioè, un andamento fondamentalmente unitario per il complesso
degli allievi, ne diversifica la proposta didattica al fine di offrire a ogni allievo la proposta di
apprendimento di cui ha effettivamente bisogno.
2.4.1.
Tecniche e strumenti operativi.
La possibilità per l‟insegnante di organizzare l‟attività di compensazione parte da alcune
considerazioni fondamentali. La prima riguarda la possibilità di offrire un‟ulteriore opportunità
d‟apprendimento effettuata mediante percorsi alternativi e utilizzando metodologie, strategie e
pratiche didattiche innovative e diverse rispetto alle precedenti attivate nell‟insegnamento
collettivo; la seconda mira a dare altro tempo aggiuntivo all‟allievo per acquisire gli
apprendimenti proposti. È opportuno precisare, tuttavia, che la procedura del mastery learning
non richiede dotazioni costose o raffinate, ma solo una struttura che, di volta in volta e a secondo
delle condizioni operative, può essere integrata con elementi diversi e con materiali poveri che
possono essere costruiti dai docenti e anche dagli allievi. Organizzare delle attività di
compensazione richiede solo impegno e disponibilità di tempo, collaborazione degli insegnanti e
cooperazione tra gli allievi ed eventualmente una sostanziale revisione ed organizzazione dei
modi di condurre l‟attività didattica. Alcuni soluzioni possono riguardare:
a)
materiale bibliografico alternativo al libro di testo;
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b)
set di schede relative ai contenuti delle prove di valutazione e di verifica, con
indicazioni di brevi illustrazioni o spiegazioni , accompagnate da esempi ed esercitazioni; tale
soluzione è didatticamente molto valida, anche se richiede un notevole lavoro di preparazione da
parte dei docenti;
c)
materiale di sviluppo integrativo in progress, che può essere costituito da schede con
alcune indicazioni di lavoro, lasciando all‟allievo la possibilità di proseguire nello sviluppo traendo
autonomamente le sue conclusioni;
d)
sostegno guidato, esperienza e osservazione guidata, tutti termini che richiamano
l‟attuale e moderno concetto di orientamento, inteso come guida, supporto e sostegno in momenti di
difficoltà per indirizzare e orientare in modo opportuno il lavoro dello stesso allievo, fornendogli
informazioni ed elementi utili per proseguire nell‟attività d‟apprendimento;
e)
aiuto reciproco, ossia sviluppare attività di tutoring da parte dei compagni.
Nonostante, comunque, che il modello del mastery learning abbia trovato nelle strategie,
fondate sulle prove di valutazione formative, un grande fattore di propulsività, non si può
certamente negare la presenza di limiti all‟interno della stessa strategia. Gli interventi
compensativi, infatti, possono costituire importanti aggiunte rispetto allo sviluppo principale di
un piano d‟apprendimento, ma è molto improbabile che possano sostituirsi ad esso. Né va
trascurato l‟effetto depressivo nei confronti della motivazione all‟impegno allo studio, causato
dalla constatazione degli insuccessi. Si desume da ciò che le strategie di individualizzazione
possono ritenersi adeguate in condizioni in cui si rivela una diversità attenuata nelle
caratteristiche degli studenti, mentre può addirittura produrre effetti contrari, quando gli allievi
appaiono molto differenti per atteggiamenti, repertorio di competenze, stili di studio.
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3. Personalizzazione dei percorsi e competenze
3.1.
Premessa
L‟attuale società si caratterizza sempre più come società della conoscenza, per cui da un lato
cresce a dismisura la domanda di formazione e dall‟altro postula una formazione che consenta al
soggetto di poter continuamente apprendere durante tutto l‟arco della sua vita, ossia di saper
riflettere sulle conoscenze acquisite e da acquisire e saperle rielaborare per generare nuovi saperi e
per acquisirli in maniera autonoma, creativa ed originale. Per questi motivi, oggi più che in passato,
si richiede un tipo di formazione che abitui al nuovo e si correli al continuo cambiamento socioculturale e dei saperi e delle tecnologie. Ciò sta ad evidenziare la necessità di individuare strategie e
metodiche per allenare la persona per prima a combattere la sua stessa resistenza al mutamento, in
seconda ad accettare non acriticamente ma positivamente e costruttivamente le continue variazioni e
cambiamenti e a vivere e superare le possibili crisi di identità in equilibrio con se stesso e con gli
altri e non in modo conflittuale e destabilizzante.
Il processo formativo, in base a tale quadro situazionale, è chiamato a garantire a tutti il
diritto all‟apprendimento, alla formazione e al successo formativo, favorendo al meglio lo sviluppo
delle loro potenzialità e talenti. Risultati che si possono conseguire migliorando la qualità
dell‟istruzione ed attivando percorsi sia individualizzati sia personalizzati. D‟altronde, in questi
ultimi anni, si è sviluppato un rilevante interesse scientifico verso i concetti di personalizzazione e
di talento. Concetti che da un lato offrono nuovi stimoli e nuovi campi di indagine alla riflessione
pedagogica e didattica e che dall‟altro fanno sorgere molti dubbi e perplessità sulla realizzazione di
una scuola a misura d‟alunno, in grado di assicurare a tutti il successo formativo attraverso lo
sviluppo dei loro specifici talenti. Il processo d‟apprendimento-insegnamento è chiamato, pertanto,
ad impostare e realizzare un percorso formativo che sia in grado, in qualche modo, di assicurare il
perseguimento di tali finalità, muovendosi in una duplice direzione. La prima, legata al concetto di
formazione, inteso come risultante e risultato di una nuova qualità dell‟istruzione e di un più elevato
standard e qualità degli apprendimenti. La seconda riferita alla sua capacità, attraverso una
progettazione flessibile e fluida organizzata per obiettivi formativi e competenze, di saper coniugare
sul piano teorico e declinare sul piano operativo e prassico il concetto di individualizzazione con
quello di personalizzazione. L‟obiettivo è di riuscire ad instaurare e realizzare uno stretto rapporto
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in sinergia simbiotica tra l‟individualizzazione e la personalizzazione. Il reale problema, in effetti, è
essenzialmente il come sia possibile e quando sia concretamente necessario ed utile riuscire a
coniugare e declinare, in forma sinergica e dialettica, i due principi e le due procedure. Da qui
l‟esigenza di un insegnamento che tenga conto delle caratteristiche individuali degli allievi, con
l‟offerta di percorsi che meglio rispondano ai requisiti personali, alle tendenze, alle attitudini, alle
motivazioni e ai bisogni formativi e che, nello stesso tempo, favoriscano lo sviluppo dei talenti.
Una sfida non certamente facile, perché cosparsa di molte difficoltà, ma che può essere
affrontata e vinta se intorno a ciascun soggetto si è in grado sia di allestire un variegato repertorio di
risorse e di strumenti informativi, di risorse tecniche, organizzative, interpersonali; sia di utilizzare
ogni sorta di adeguate strategie e tutti gli strumenti, senza disdegnare quelli di natura tecnologica. Si
tratta, in definitiva, di esaminare e verificare come e in che modo le tecnologie possano aiutare da
un lato i docenti a migliorare la loro professionalità e ad effettuare un insegnamento efficace e
dall‟altro gli studenti ad agevolare e rendere più accattivante e motivante il loro apprendimento sia
cognitivo sia socio-affettivo e metacognitivo.
3.2.
La formazione oggi
L‟attuale società, come si è evidenziato nel capitolo precedente, ha segnato ormai il
passaggio dalla società industriale alla società della conoscenza, caratterizzata la prima da un
lavoratore manuale con un lavoro stabile ma ripetitivo, mentre la seconda dal lavoratore della
conoscenza8 con un lavoro più flessibile e connotato dalla creatività del lavoro intellettuale. Tale
profondo mutamento da un lato ha accentuato la precarietà, l‟insicurezza e il disagio e dall‟altro ha
messo in crisi la dimensione quantitativa del sapere9, non più coincidente con un determinato
gruppo di contenuti, ma sempre più legato ai processi dinamici e relazionali dei soggetti e allo
sviluppo di una mente critica e plurima, legata alla creatività produttiva della persona. Sulla base di
tali premesse, diventa essenziale promuovere percorsi formativi in grado di far acquisire
competenze diverse e allestire e creare le condizioni per la valorizzazione di ogni risorsa e
potenzialità della persona. Si postula ormai un apprendimento costruito su basi logico-dialogiche e
critico-riflessive, sulla dimensione collaborativa, sulla possibilità di una comunicazione distribuita e
8
Vi è una stretta correlazione e continuità tra la ricerca di livello europeo condotta da Faure e i risultati ottenuti da
quelle condotte da Cresson e da Delors, le quali riconoscono alla formazione la forza propulsiva e generatrice di
sviluppo economico e sociale e di uguaglianza sociale.
9
Bruner J., La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, op.cit.
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sulla opportunità di far emergere una forte base dialogico-riflessiva fondata su argomentazioni
condivise, conoscenze comuni e significati e definizioni negoziate.
Il saper padroneggiare e acquisire le conoscenze, nella logica dell‟apprendimento per tutta
la vita, sono diventati ormai gli assi portanti di una conoscenza correlata di più codici interpretativi
e di analisi per saper decodificare, interpretare e comprendere la realtà circostante di natura globale
e saper intervenire, consapevolmente e responsabilmente, su di essa. La consapevolezza di dover
continuamente apprendere e, quindi, costantemente progredire nelle proprie capacità rende il sapere
un bisogno fondamentale dell‟individuo. Un sapere che non può essere considerato in funzione
delle sole acquisizioni delle abilità strumentali o tecnico-operative, ma essenzialmente in funzione
dello sviluppo di una maggiore capacità nell‟utilizzo delle conoscenze, che vengono acquisite in un
pluralità di medium10 e attraverso plurime esperienze significative. Ciò che la società attuale
richiede sono informazioni e conoscenze organizzate in modo aperto, flessibile e duttile tali da
rendere il soggetto in grado di elaborare, sulla base delle varianti in suo possesso e in rapporto alle
sue personali esigenze professionali, delle risposte e delle strategie di volta in volta appropriate alle
molteplici e diversificate situazioni da affrontare e risolvere.
La recente prospettiva teorica, che si rifà al costruttivismo socio-educativo, oltretutto,
richiede
il
superamento
della
concezione
individualistica
e
decontestualizzata
dell‟apprendimento. In base a tale prospettiva, la formazione si realizza sempre in contesti e
organizzazioni sociali, o reali o virtuali, che si caratterizzino come “comunità di apprendimento”
(community of learnes)11, all‟interno delle quali si possa realizzare una costruzione
collaborativa della conoscenza per effetto di una continua negoziazione dei significati12. Il
costituirsi di comunità non solo educative, ma anche sociali e di cooperative learning, risponde
alle esigenze di considerare il processo di formazione situato in specifici contesti culturali, siano
essi formali, non formali, informali, e, quindi, in stretta relazione di interdipendenza e di
sussidarietà con le caratteristiche e le potenzialità di ciascuna specifica situazione. Tale
concezione assegna grande rilevanza sia al contesto sia agli atteggiamenti e alla qualità delle
relazioni che si instaurano in termini dialettici tra e fra persone diverse, tra queste e gli oggetti di
conoscenza e tra i soggetti, gli oggetti e gli apparati tecnologici che si utilizzano. Questo perché
10
Cfr. Olson D.R., Linguaggi, media e processi educativi, Torino, Loescher, 1979; e Gardner H., Formae mentis.
Saggio sulla pluralità delle intelligenze, Milano, Feltrinelli, 1987.
11
Cfr. Brown A.L. & Campione J.C., “Comunities of learning or a context by any other name”, in Contributions to
human development, 1990, 21; Ligorio M.B., “Community of learning: dalla bottega alla comunità scientifica”, in
Calvani A., Varisco B.M., Costruire/decostruire significati. Ipertesti, micromondi e orizzonti formativi, Padova, Cluep,
1995.
12
Wenger E., Communities of Practice. Learning, Meaning and Identity, Cambridge, Cambridge University Press,
1998.
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il processo formativo si realizza essenzialmente mediante e nella relazione e comunicazione
educativa e sociale e si costituisce come esperienza significativa per i soggetti che si trovano in
un‟ottica di costruzione sia delle conoscenze sia delle competenze.
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SAPERI
contenuti essenziali
COMPETENZE
conoscenze13
comportamenti
interpretare
relazionarsi
assumere responsabilità
procedurali
dichiarative
(saper fare)
(sapere)
multilinguistiche
(saper rappresentare)
Fig. 11. I saperi
Questa impostazione salvaguarda il concetto di fondo che vede le azioni formative
(strategie, metodi, tecniche, contenuti) finalizzate ad aiutare i soggetti ad organizzare, sviluppare,
riflettere sul proprio apprendimento e sulla propria costruzione delle conoscenze e delle
competenze, che si realizzano attraverso opportune e significative relazioni ed interconnessioni
tra i processi di informazione, ossia di organizzazione scientifico-disciplinare dei saperi, i
13
Nella letteratura scientifica viene effettuata una distinzione tra conoscenza dichiarativa e conoscenza procedurale.
La prima viene intesa come conoscenza statica (fatti, nomi, concetti), mentre la seconda è più legata al come elaborare e
manipolare le informazioni per eseguire un certo compito o risolvere un determinato problema. In modo sintetico, si
può affermare che mentre la conoscenza dichiarativa è sapere se qualcosa è pertinente, quella procedurale è sapere
come fare qualcosa. Quella dichiarativa mette insieme i fatti, fa generalizzazioni e teorie e richiama le informazioni
concettuali attraverso la memoria semantica. Quella procedurale, invece, svolge l‟ordine delle azioni, la dinamica degli
eventi, ed è attiva e veloce. Pellerey sostiene che l‟acquisizione della conoscenza di tipo dichiarativo si basa su processi
elaborativi e organizzativo-mnemonici, mentre l‟acquisizione di quella procedurale si basa sulla comprensione di
algoritmi e sullo sviluppo di abilità nell‟utilizzarli, anche in relazione al quando e al perché. Le due modalità di
conoscenza, comunque, interagiscono non solo nel processo di apprendimento ma anche nelle prestazioni dei soggetti
(Pellerey M., “Le conoscenze matematiche”, in Pontecorvo C., a cura di, Manuale di psicologia dell’educazione,
Bologna, Il Mulino, 1999). La conoscenza dichiarativa spesso fornisce i dati necessari allo svolgimento di alcune
procedure e azioni, così come spesso la conoscenza procedurale fornisce elementi di comprensione e di chiarificazione
alla comprensione teorica. L‟apprendimento di una nuova procedura può essere agevolata se si possiede la conoscenza
dichiarativa, all‟inverso può avvenire che la procedurale facilita l‟acquisizione di quella dichiarativa (Gagnè, E.D.,
Psicologia cognitiva e apprendimento scolastico, Torino, SEI, 1989). In ambito dei saperi e delle competenze è
opportuno che siano ambedue presenti, perché vi sia una conoscenza compiuta. Non bisogna d‟altronde dimenticare che
il vero traguardo della formazione non sono le conoscenze, ma la loro utilizzazione teorica e pratica in un determinato
contesto, con la possibilità che possa manifestarsi compiutamente anche nella molteplicità e diversità sia dei contesti sia
dei linguaggi. Ogni acquisizione teorica ha difatti implicazioni pratiche e ogni abilità pratica ha sempre un riscontro e
una ricaduta sul piano della conoscenza teorica.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Didattica Generale
processi di conoscenza, legati alla ricezione, esplorazione e contestualizzazione, e i processi di
apprendimento14, riferiti ai paradigmi didattici trasmissivo, interazionista e costruttivista.
La formazione non si realizza in momenti specifici, distinti dal resto della vita, ma
rappresenta un continuum, attraverso momenti integrati ed interagenti di conoscenza e di
esperienza, e coinvolge sia il piano tecnico-professionale sia quello umano-esistenziale. E non
riguarda solo le conoscenze e le prestazioni del sapere per il saper fare, ma coinvolge le
emozioni, i comportamenti, le abitudini, gli atteggiamenti che sono per definizione componenti
che identificano in modo indissolubile la persona umana, in quanto attinenti all‟essere. L‟identità
di una persona difatti va considerata nel suo sistema complesso e dialetticamente articolato, che
non solo va dal fisico allo psichico, ma passa anche attraverso l‟emotività, la socio-affettività e
l‟esperienza e comprende sia conoscenze sia valori, per cui informa e connota un modo di
atteggiarsi al mondo e di relazionarsi con gli altri. Da qui l‟esigenza di instaurare un nuovo
rapporto tra una impostazione teorica ed una impostazione pratico-operativa in vista di una
formazione non solo intesa come sapere e saper fare ma essenzialmente come saper pensare,
saper ragionare e saper agire ed interagire, e quindi saper essere.
3.3.
Saperi e obiettivi formativi
Le istituzioni educative, di qualsiasi livello e grado, in una visione sistemica e con poteri
decisionali di progettazione della didattica e di ricerca e sviluppo, hanno l‟esigenza di correlare
congrui e pertinenti modelli organizzativi e gestionali (progetto organizzativo), con adeguati e
pertinenti modelli formativi sul piano culturale (progetto cultura). Il piano dell‟offerta formativa,
sintesi organica di un progetto organizzativo e di un progetto cultura, in effetti, si caratterizza come
un percorso epistemologico che ha come finalità di contribuire alla maturazione e alla formazione
complessiva, secondo un‟impostazione ecologica, del soggetto-persona, sempre più chiamato a
vincere la sfida di una cultura della complessità e del cambiamento. Complessità e cambiamento
che si presentano ormai come gli elementi costitutivi e caratterizzanti dell‟attuale società e che
pongono tutta una serie di problemi al percorso formativo e all‟autonomia organizzativa e didattica
di ogni struttura o microstruttura formativa. La società ad alti tassi di sviluppo scientifico e
tecnologico richiede sempre più una solida ed elevata formazione culturale. Il possesso del sapere
14
Cfr. Galliani L., La scuola in rete, op.cit.; e Varisco B.M., Costruttivismo socioculturale, Roma, Carocci, 2002.
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segna ormai la linea di demarcazione tra un adeguato inserimento decisionale, consapevole e
propositivo dell‟individuo nella società e il rischio di una sua emarginazione non solo politica e
sociale, ma anche culturale e professionale. Il possesso del sapere e un‟elevata e solida formazione
postulano di elevare la qualità dell‟offerta formativa e di istruzione e di individualizzare e
personalizzare, nel miglior modo possibile, i percorsi di formazione. Tali obiettivi, richiesti in
maniera pressante dall‟attuale società complessa, si scontrano, però, sul piano generale e sul piano
didattico. Sul piano generale, con la inadeguatezza dei sistemi d‟istruzione, che non sono in grado
di affrontare le nuove esigenze che emergono nei diversi campi della vita sociale. Sul piano
didattico, con la inadeguatezza dei modelli d‟intervento a disposizione del sistema educativo nel
soddisfare le necessità dei bisogni di formazione di ogni singolo allievo.
La scuola e la stessa università, pertanto, se vogliono concretamente svolgere il su indicato
compito istituzionale, in direzione formativa e personalizzante, hanno necessità di ricercare e
sperimentare nuovi modelli organizzativi e nuove strategie didattiche che rispondano alle esigenze
di elevare la qualità del servizio e di progettare un‟adeguata, articolata e diversificata offerta non
solo di percorsi ma anche di modalità formative. Solo dotando il soggetto in crescita di strumenti e
alfabeti linguistici per comprendere, interpretare e intervenire nella e sulla realtà, il processo
formativo può riuscire ad incidere significativamente nella formazione individuale e sociale della
persona umana e perseguire l‟intento di favorire lo sviluppo delle sue capacità logico-mentali.
Si tratta, in definitiva, di riuscire ad assicurare ad ogni soggetto il possesso di conoscenze15,
abilità16 e competenze, che sempre più si attestano come capacità logico-critiche, strategicoelaborative e creativo-rielaborative. Finalità che l‟istituzione educativa e formativa può perseguire
15
Per conoscenza si intende il possesso di un insieme di contenuti disciplinari, multidisciplinari, interdisciplinari e
trasversali adeguatamente acquisiti. Si riferisce al possesso di elementi cognitivi, quali teorie, principi, regole, tematiche
e argomenti, procedure, metodi e tecniche applicative. Questo comporta la necessità di acquisire le discipline nella loro
complessità ed organicità e nel loro diversificato porsi. Si tratta di possedere di ogni disciplina il lessico, la grammatica
e la sintassi, che rappresentano gli elementi che caratterizzano l‟apprendimento di 1° livello. Ma anche di dimostrare,
concretamente ed in situazione, di saper utilizzare il suo codice comunicativo e linguistico-espressivo (apprendimento
di 2° livello). Ciò, comunque, che è essenziale è che bisogna acquisirne la logica ermeneutica ed impadronirsi dei
dispositivi teorici ed empirici, deduttivi e induttivi di interpretazione e di comprensione della realtà, vista ed analizzata
in base all‟angolazione specifica di quella determinata disciplina. La padronanza del metodo investigativo, ossia del suo
modo specifico di fare ricerca, sviluppa ed incrementa la dotazione conoscitiva della disciplina e offre maggiori
strumenti di conoscenza della realtà. L‟apprendimento di 5° livello consente non solo di padroneggiare la disciplina dal
punto di vista ermeneutico e di ricerca, ma di riuscire a produrre cultura e a formulare e sviluppare nuove acquisizioni
scientifiche. Quest‟ultimo è il livello che connota e caratterizza, specificandolo, l‟apprendimento metacognitivo e
metascientifico della stessa disciplina. (Per maggiori approfondimenti si possono consultare il testo di Frabboni F., Le
dieci parole della didattica, Milano, Ethel-Mondadori, 1994; ed il nostro Problemi di didattica, Cosenza, Jonia editrice,
1999).
16
Per abilità è da intendersi la capacità di un soggetto di essere in grado di utilizzare le conoscenze acquisite per
eseguire compiti e risolvere problemi o situazioni critiche e problematiche inerenti. È l‟apprendimento di 2° livello di
una o di più discipline, che richiede l‟applicazione concreta e la spendibilità delle conoscenze anche in contesti
organizzati, ossia in situazione operativa, nel concreto della quotidianità della vita e della propria esperienza lavorativa
(cfr. Piu C., Nuovi orientamenti della didattica, Roma, Armando, 1996).
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in modo soddisfacente solo se sarà in grado di utilizzare al meglio gli strumenti scientifici della
progettazione e della valutazione, che consentono di elevare la qualità del servizio erogato e
razionalizzare, anche in direzione creativa ed innovativa, il processo d‟apprendimentoinsegnamento, e di far interagire in modo dialettico le diverse modalità del fare formazione (on site,
on line, integrato e-learning).
L‟attuale società si configura, sostiene Delors, come società delle competenze e su questo
piano si misurano i limiti e le differenze esistenti tra l‟impostazione tradizionale e il nuovo concetto
di formazione. Questa viene ritenuta sempre più sintesi e simbiosi sinergica e dialettica fra la
semplice e pur sempre necessaria trasmissione e possesso delle conoscenze e del sapere e la sua
comprensione, il suo uso e la carica dei significati che ha nella vita dell‟uomo. Ci si allontana
sempre più da un sapere analitico e concentrato sulle cose per avviarsi verso un sapere sistemico,
globale, spaziale. Un sapere, cioè, organico e sistemico che se da un lato alimenta e incoraggia la
sistematicità, dall‟altro attua una sinergia organica tra il sapere in sé, inteso come conoscenza
epistemica di livello teorico, il sapere operativo, in cui la conoscenza diventa essenziale per l‟agire
e l‟operare dell‟uomo, e il sapere poietico, in cui la conoscenza acquisita viene elaborata,
modificata, reimpostata, reinventata in modo completamente nuovo per dare riposte positive e
gratificanti a situazioni nuove, critiche e complesse17. Da qui l‟esigenza per i saperi scolastici di
essere reinterpretati avendo subìto un complesso e lungo processo di trasformazione, avvenuto sia
per ragioni epistemologiche sia per ragioni organizzative18. La parola-chiave, che sembra
attualmente inglobare i concetti di saperi, di obiettivi formativi e di personalizzazione, sembra
essere il termine di competenza. Tale termine presta molta attenzione alla formazione di natura
soggettiva e personalizzata della persona-soggetto, per cui mentre da un lato si instaura una stretta
correlazione tra obiettivi formativi, competenze e personalizzazione, dall‟altro segna il passaggio da
una didattica trasmissiva ad una più critica, più creativa e più costruttiva. La nozione di
competenza, cioè, assume una problematicità molto ampia, in quanto ha una sua significativa
valenza perché legata alle formae mentis, agli atteggiamenti cognitivi, all‟uso interpretativo delle
nozioni tecniche in modo da connetterle a contesti diversi, per cui la nozione assume anche una
valenza critica e riflessiva19.
17
Cfr. Piu C., De Pietro O., De Rose M., An Automatic Agent Aiml Based to Support a Constructivist Model in
Educational Environments. SITE 2006 -- Society for Information Technology & Teacher Education International
Conference, Orlando, Florida, USA; March 20-24, 2006, Proceedings conference.
18
Monasta A. (a cura di), Organizzazione del sapere, discipline e competenze, Roma, Carocci, 2002.
19
Cambi F., Saperi e competenze, Firenze, La Nuova Italia, 2004.
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Didattica Generale
3.4.
La competenza
Il termine rappresenta, nel panorama lessicale educativo, una novità, in quanto modifica una
tradizione formativa, impegnata a far acquisire conoscenze e contenuti disciplinari, e non a
sviluppare comportamenti e competenze. I nuovi obiettivi formativi e i nuovi standard di
apprendimento vengono, pertanto, ad identificarsi con le conoscenze e le competenze acquisite e
con l‟individuazione e lo sviluppo delle capacità e dei talenti personali.
Obiettivi
Formativi
Competen
ze disciplinari
(conoscen
ze – saperi)
dimensione
dimensione
monocognitiva
metacognitiva
dimensione
fantacognitiva
padroneggiare
costruire i saperi
creare i saperi
i saperi
(individualizzazio
(personalizzaz
(individualizz
ne)
azione)
(elaborazione di
(competenze
ione)
(reinterpretazi
cultura tramite gli
one e rielaborazione
alfabetiche di base:
strumenti e le procedure
originale e intuitiva
contenuti e linguaggi
di ricerca disciplinare)
di saperi disciplinari)
delle discipline)
competenza
Saperi
interdisciplinari
pluridisciplinare
(individualizz
competenza
interdisciplinare
(individualizzazio
azione)
(interpreta
re i saperi)
ne)
(saper
transdisciplinare
(personalizzaz
ione)
(ideare nuove
utilizzare in modo
in modo sinergico e
discipline o nuovi
parallelo e disgiunto
integrato più discipline
collegamenti
più discipline per
per interpretare i saperi)
interdisciplinari e
interpretare le
reinterpretare i saperi
conoscenze)
trasversali)
eseguire
Competen
(saper utilizzare
competenze
interventi
progettare/sperim
entare interventi
inventare/ipoti
zzare interventi
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ze dell‟intervento
(individualizz
(individualizzazio
azione)
(agire con,
ne)
(dare risposte
(ideare/progettare/
originali
(personalizzaz
ione)
nei, attraverso i
ai problemi in
realizzare progetti e
(elaborare/ide
saperi)
contesti anche
contesti, individuare
are in modo creativo
simulati, verifica
soluzioni, certificazione
ed originale
delle competenze)
delle competenze)
prospettive e
strumenti di
intervento nel e sul
reale)
Fig. 12. Obiettivi formativi e competenze
I recenti cambiamenti, specie in materia di autonomia delle istituzioni educative, hanno
come obiettivo primario quello di elevare la qualità dell‟istruzione, che si concretizza su criteri
legati ad una formazione cognitiva ampia e problematico-critica, nel senso che diventa necessario
padroneggiare i saperi sia come competenze che come metacompetenze, metacognizione e
riflessività. Sul piano qualitativo, le linee guida diventano la centralità della formazione del
soggetto, legato allo sviluppo del suo potenziale intellettivo, delle motivazioni (estrinseche, sociali,
personali, intrinseche)20, e alla valorizzazione dei talenti attraverso la costruzione delle competenze
e delle metacompetenze. L‟impianto sia cognitivo sia socio-affettivo sia emotivo ed emozionale del
progetto complessivo di formazione, pertanto, ha necessità di presentare una tensione verso la
ricerca dei “nuclei concettuali fondanti” le diverse discipline, in un quadro di competenze
trasversali. Le conoscenze e le competenze disciplinari diventano il substrato strutturale delle
competenze trasversali, intese come “capacità di orientarsi” e di comprendere, di costituire e
costruire le competenze trasversali, di assumere un atteggiamento critico e dare significato alle
proprie esperienze. La prospettiva prevalente vede la valorizzazione non più dei contenuti, ma dei
metodi e della metacognizione. L‟impostazione, che sembra prevalere, è quella di mirare alla
formazione integrale di una persona, intesa come sistema integrato, sintesi armoniosa di processi
cognitivi ed emozioni, al cui equilibrio dinamico concorrono la componente logico-razionale, quella
20
Le motivazioni estrinseche sono legate ai risultati che si pensa che si conseguiranno al termine del percorso di
formazione; le sociali si riferiscono invece alle relazioni interpersonali che si sviluppano quando si è inseriti in un
gruppo di apprendimento; le personali sono associabili agli interessi, alle aspirazioni, alla forma mentis e alle
esperienze di ciascuno sia rispetto al suo inserimento relazionale che lavorativo. Le intrinseche sono invece legate al
gusto e al piacere dell‟essere impegnati in attività di formazione.
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affettivo-sociale e quella percettivo-emotiva. Tra queste componenti vi deve essere una prospettiva
di continuità organica, entro cui gli obiettivi formativi, costituenti i saperi fondamentali di un
processo educativo, si giustificano in quanto momenti di inizio e di riferimento costante dell‟ottica
di progettazione, che trova nell‟autonomia delle istituzioni educative il suo approdo conclusivo.
Questo perché è indispensabile passare da una scuola e da una università che trasmettono
conoscenze a degli organismi pensanti che potenziano le capacità trasversali, come l‟imparare ad
imparare, l‟imparare a fare, l‟imparare ad essere, l‟imparare a relazionarsi21.
La nozione di competenza, come si può evincere dalle considerazioni precedenti, si presenta
molto articolata sia perché integra ed ingloba altre nozioni diverse e contigue (saperi, conoscenze,
capacità, riflessività e criticità) sia perché è e diventa parte integrante di un soggetto-persona. Da
qui la necessità di sottrarla ad ogni tentativo riduzionista per non perdere il suo significato più
autentico e più significativo. È importante non disperdere la ricchezza delle riflessioni, che in questi
ultimi anni hanno visto impegnati molti studiosi. Ci troviamo davanti ad una nozione che presenta
caratteri formativi e complessi e che sempre più si riferisce alla formazione di una mente plurima. Il
termine tiene conto dei processi di trasformazione delle professioni per un verso e per altro verso
degli studi sui processi formativi e dei paradigmi didattici dell‟apprendimento (razionalistainformazionista; sistemico-interazionista; costruttivismo socio-educativo), per cui sempre più
conserva e assume una natura dinamica ed integrata. Per comprenderne bene il significato e il
senso, infatti, è necessario non solo considerare il percorso che lo costruisce (conoscenze di base, di
metodo, emozioni e abilità), ma anche ciò che consente di sviluppare in itinere e successivamente
(metacognizione, riflessività, criticità), dal momento che il suo possesso caratterizza ed individua
un soggetto, che è mente e persona insieme.
La competenza, in effetti, non può essere solo il risultato di conoscenze e abilità, legato cioè
ai contenuti e al possesso di conoscenze specifiche, ma è essenzialmente costruzione e sviluppo di
una forma mentis transdisciplinare, orientata cioè in senso scientifico, problematico e critico. Non
vi può essere competenza, infatti, senza un bagaglio strutturato di conoscenze disciplinari,
multidisciplinari e interdisciplinari (dimensione monocognitiva) e senza il possesso delle
epistemologie e metodologie di ricerca proprie di ciascun dominio di conoscenza e di sapere
(dimensione metacognitiva). Allo stesso modo non vi può essere competenza se non si acquisisce
una mentalità scientifica, ossia una conoscenza sperimentale e documentata. La competenza viene,
infatti, acquisita mediante un metodo rigoroso e controllato, problematico e critico, caratterizzato
dal dubbio e dalla ricerca, per cui si connota come riflessione personale (dimensione fantacognitiva)
Delors J., Nell’educazione un tesoro, op. cit.
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in direzione metacognitiva e metascientifica. Questo particolare aspetto, orientato alla criticità e alla
riflessività, rende i saperi (anche se si traducono in un saper fare, ossia si applicano e vengono usati
in situazione e per risolvere specifici problemi) altamente trasferibili, poiché i vari “problemi
risolti” consentono di allenare la mente ad acquisire strategie cognitive e a costruire ulteriori
competenze sulla base delle precedenti, ossia come sviluppo ulteriore e rielaborativo di quelle
possedute. Le strategie cognitive consentono di poter trasferire in situazioni diversificate le regole, i
principi, i criteri e le metodologie utilizzate in precedenza. Una competenza, in effetti, si ritiene
realmente posseduta non tanto quando si presenta come punto di arrivo, ma quando diviene punto di
partenza per acquisirne altre. Il suo possesso e la capacità di saperla utilizzare in contesti e
attraverso linguaggi diversi fa sì che il soggetto presenti una capacità nuova, più ricca, più matura
ed un atteggiamento più riflessivo e più critico e, quindi, con una potenzialità maggiore per
acquisirne e costruirne delle nuove. La trasferibilità, sostiene Cambi22, è parte integrante, in quanto
è insita nel concetto stesso di competenza, poiché predispone e crea una intelligenza caratterizzata
da una notevole flessibilità cognitiva. Tale dimensione di flessibilità è propria di ogni conoscenza
scientifica, essendo giustamente considerata sia come strumento di conoscenza sia come strumento
di ricerca e di intervento sulla e nella realtà. Questa impostazione pone l‟accento non solo su una
specifica accezione del concetto di competenza, ma su un diverso significato che assume lo stesso
concetto di apprendimento. Questi non è più inteso come trasmissione e acquisizione di conoscenze,
ma come sviluppo delle potenzialità e delle capacità presenti e disponibili nel soggetto, per muovere
da quelle ed indurlo a progressi ulteriori.
3.5.
Competenze e formazione
In ambito psicopedagogico, le ricerche e gli studi sull‟apprendimento hanno evidenziato la
distinzione esistente tra il concetto di competenza e quello di performance e di expertise. Nel primo
caso si fa riferimento ad un soggetto che è nelle condizioni di utilizzare, sia in maniera cosciente e
sinergica sia in forma interiorizzata e strutturata, i diversi codici disciplinari, di natura linguisticoespressiva e metodologica. Questo perché, avendo acquisito le strutture, i significati e i significanti
propri e specifici di ciascuna disciplina, è capace di saperli far interagire in sintonia e, quindi, di
applicarli e agire attraverso essi in più ambiti e in diversi medium. Nel secondo, invece, si fa
22
Cambi F., Saperi e competenze, op. cit.
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riferimento ad una capacità esecutiva, ossia ad un soggetto che utilizza, senza una riflessione
consapevole, regole, formule, forme strumentali, nozioni afferenti alle varie discipline. Altra cosa,
invece, è il significato di expertise, coniato dalla psicologia cognitivista, che segnala la capacità di
un soggetto nello svolgere una prestazione specifica in modo competente, ossia una competenza
esperita ed agita.
La competenza, in effetti, non può essere intesa come un fare, anche se in modo altamente
qualificato, ma come un saper fare, che si connota come il risultato, in senso applicativo, di un
insieme significativo di conoscenze, abilità e saperi e che coinvolge le dimensioni emotive,
affettive, sociali e rielaborative del soggetto. Intesa come saper fare, si esprime, rispetto ad una
disciplina, nel possesso e nel padroneggiare i suoi nodi concettuali, i suoi elementi costitutivi ed
eidetici, ossia si riferisce ad una comprensione ed applicazione dei suoi nuclei fondanti e altamente
significativi. Rispetto al concetto più generale di formazione, invece, fa riferimento ai saperi multi
ed interdisciplinari, in quanto legati allo sviluppo delle capacità critiche, logico-mentali, strategicoelaborative e creativo-rigenerative. Sia la prima competenza, quella tipicamente disciplinare, sia la
seconda, relativa ai saperi interdisciplinari, hanno, comunque, in comune un unico descrittore: di
essere misurabili, spendibili, certificabili e ciò che è importante capitalizzabili e, quindi, trasferibili.
In ambito formativo, perciò, possedere una competenza significa non solo il possesso di conoscenze
strutturate, ma essenzialmente la capacità di essere in grado di scegliere la strategia più efficace in
rapporto alle situazioni che di volta in volta un soggetto è chiamato ad affrontare e quindi la
capacità di saper pensare, saper ragionare, saper agire ed intervenire nella e sulla realtà. Da qui il
passaggio dal concetto di expertise al concetto di competenza esperta, legato alla capacità di
problem solving, che richiama la capacità di saper scegliere, saper decidere e saper assumere delle
responsabilità. Tale competenza tende, pertanto, a svilupparsi attraverso due percorsi che
costituiscono un unicum, ossia che si realizzano in contemporanea. Il primo si riferisce al processo
di apprendimento di conoscenze, intese nella loro integralità e compiutezza e colte nella loro
flessibilità, applicazione e riflessività. L‟apprendimento, cioè, diviene il risultato di un insieme
coordinato e sinergico di conoscenze dichiarative, procedurali, multilinguistiche. Il secondo è più
piegato verso l‟apprendere ad apprendere, ossia verso la formazione di una mente a più
dimensioni23. Questo secondo percorso rende il soggetto in grado di gestire i processi di
In anni recenti alcuni ricercatori, soprattutto grazie ai risultati di alcune ricerche fatte nel campo dell‟Intelligenza
Artificiale, della psicologia dello sviluppo e della neurologia, hanno ipotizzato che la mente sia costituita di parecchi
moduli indipendenti, ossia di molte “intelligenze”, che non rappresentano solo campi diversi, ma anche modalità
diverse di apprendere, di pensare, di ragionare e di agire. Gardner, per esempio, ne ha classificate otto (la linguistica, la
logico-matematica, la musicale, la spaziale, la corporeo-chinestetica, l‟interpersonale, l‟intrapersonale, la naturalistica).
Per chi voglia, comunque, approfondire la tematica delle intelligenze plurime si consiglia lo studio dei testi di Gardner
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apprendimento, di coglierne la complessità e il dinamismo, per cui è volto alla formazione
personale, in cui è solo ed esclusivamente il soggetto il portatore sia della mente sia delle
competenze acquisite. Tra la competenza e la dimensione di apprendere ad apprendere si instaura
un rapporto dialettico e dialogico di integrazione e di sussidarietà, dal momento che le competenze
ne sono da un lato il prodotto, ossia il punto di arrivo, e dall‟altro il principio regolatore e punto di
partenza per l‟acquisizione di nuove conoscenze e la costruzione di nuove competenze.
Com p
etenz e
discip
linari
i
ar
lin
ip
sc
di
Co
m
pe
te
nz
e
competenza
trasversale
e
nz
te
pe
m
Co
di
sc
ip
lin
ar
i
competenza
Fig. 13. La competenza
Da una concezione, pertanto, limitata all‟ambito professionale e, quindi più operativa, in
quanto più funzionale e finalizzata alla professione24, si è passati ad un termine più significativo e
di più ampio respiro che richiama il concetto di formazione complessiva ed integrale del soggetto,
H. Intelligenze multiple, op. cit.; Morin E., La testa ben fatta, riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero,
Milano, Raffaello Cortina, 2001; Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno, op. cit.; Cambi F., Saperi e competenze,
op. cit.
24
L‟Isfol adotta una definizione di competenza, su cui convergono numerosi approcci. È “l‟insieme dei saperi tecnici,
ossia di saperi legati a una determinata attività professionale, di capacità di azione – cioè di conoscenze procedurali,
capacità di risolvere creativamente e autonomamente le situazioni di lavoro non prevedibili e poco strutturate – e di
capacità contestuali, che rendono l‟individuo in grado di adattare la propria competenza all‟evoluzione del contesto
professionale e sociale” (Isfol - Ministero del lavoro e dell‟Unione Europea, Unità capitalizzabili e crediti formativi, i
repertori fondamentali, Milano, Franco Angeli, 1997). In tale definizione si trovano presenti da un lato la dimensione
individuale, ossia le specificità del soggetto-persona (motivazioni, atteggiamenti, conoscenze individuali) e dall‟altro la
dimensione contestualizzata, ossia l‟ambiente o il contesto in cui si sviluppano e vengono esercitati i comportamenti
lavorativi. Prevale, cioè, un‟impostazione legata strettamente al campo professionale e lavorativo. In un testo, a cura del
PMI e del CEDE (Linee guida alla didattica integrata modulare, Roma, 1995), la competenza viene definita ed intesa
come un comportamento che permette un‟efficace interazione con l‟ambiente, nel senso che un soggetto denota di
possederla, quando esplicita, esercita, contestualizza in ambienti diversi le personali conoscenze sviluppate durante un
percorso di apprendimento.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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in quanto si attesta come obiettivo formativo. Questo perché la competenza complessiva di un
soggetto è legata al modo in cui saprà combinare le varie conoscenze acquisite e possedute e al
come saprà farle evolvere. Sinteticamente, dalle definizioni date viene evidenziato un concetto di
competenza legato alla piena capacità operativa di orientarsi e di risolvere problemi nei diversi
contesti. È, pertanto, riconoscibile attraverso specifici comportamenti, prestazioni e atteggiamenti
messi in atto in situazioni operative diverse, per cui le stesse competenze si presentano durature,
consolidate nel tempo e con buona capacità di transfer. Si configura sempre, cioè, come una
caratteristica intrinseca individuale e soggettiva, solo casualmente collegata ad una performance
efficace o superiore in una mansione o in una situazione, e misurata sulla base di un criterio
prestabilito. Ogni competenza, per essere esplicitata e realmente posseduta, ha necessità di
presentarsi costituita da un insieme, tra loro dialetticamente articolato, di conoscenze, esperienze
precedenti ed abilità finalizzate. È un saper fare che discende, si coniuga, si declina attraverso e
mediante l‟acquisizione di un insieme significativo di conoscenze, abilità e saperi ed ha la
caratteristica essenziale di essere misurabile e verificabile. Un sapere, oltretutto, che connota
l‟individualità, la soggettività, l‟emotività, la criticità e la riflessività di una persona.
La competenza, sostiene Boscolo25, può essere definita come l‟insieme delle conoscenze,
abilità e atteggiamenti che consentono ad un individuo di ottenere risultati utili al proprio
adattamento negli ambienti per lui significativi, per cui si manifesta come capacità di saper
affrontare e padroneggiare i problemi della vita attraverso l‟uso di abilità cognitive, sociali ed
emotive. In altri termini, per sintetizzare e, nello stesso tempo, per giungere ad un significato se non
proprio compiutamente definito, almeno condivisibile, si può ritenere che un soggetto può definirsi
competente quando sa e sa fare, ma sa anche come fare ed è in grado di spiegarsi il perché deve
farlo; quando dimostra cioè padronanza nell‟utilizzare l‟apprendimento come una risorsa per
imparare a risolvere i problemi della quotidianità. In tale impostazione si supera la tradizionale
dicotomia tra sapere e saper fare e viene di conseguenza anche superato il consolidato pregiudizio
che la competenza possa riguardare solo le qualifiche professionali. In secondo luogo, viene
riconosciuto il principio di sussidarietà e di interdipendenza tra le competenze disciplinari e quelle
trasversali. Le disciplinari costituiscono il necessario supporto in quanto concorrenti e naturale
verifica di quelle trasversali. In tal modo i contenuti cessano di essere il fine del percorso formativo
e divengono “il crogiolo in cui si formano le competenze”. Le conoscenze disciplinari, afferma
Frabboni26, hanno necessità di essere rivisitate e sottoposte a un processo di distillazione cognitiva
Boscolo P., Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, Torino, UTET, 1998.
Frabboni F., “Disciplinarità e trasversalità : sapere, comprendere, inventare”, in Autonomia, competenze e curricoli,
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in modo che vengano evidenziati quei contenuti che garantiscono e che concorrono a sviluppare un
sapere multi ed interdisciplinare, ossia una competenza.
3.6.
Una didattica a misura d’allievo
L‟obiettivo di fondo di ogni processo di formazione è quello di garantire a tutti il diritto
all‟apprendimento e al successo formativo, sviluppando al meglio le potenzialità e i talenti di
ciascuno. Risultato questo che si può conseguire attraverso strategie e azioni che consentono di
migliorare la qualità dell‟istruzione e che, sul piano didattico, si traducono nel riuscire a costituire
delle comunità d‟apprendimento27 e nell‟organizzare, secondo un approccio e una metodologia
scientifica, delle comunità28 a misura d‟alunno29, in cui il traguardo formativo per eccellenza è
monografico degli Annali della Pubblica Istruzione, 1, 2000.
27
Gli elementi caratterizzanti una comunità di apprendimento si riferiscono alla qualità delle relazioni, della
comunicazione e ad un equilibrato e sano senso di appartenenza. Essenzialmente si basa sul potenziale relazionale che
riesce ad esprimere e non ha importanza se la comunità sia reale o virtuale, ossia se si sviluppa in presenza o in
ambienti virtuali. Ciò che connota una comunità di apprendimento è la relazione educativa, comunicativa in direzione
formativa, che si instaura tra persone, ossia tra i soggetti che la costituiscono. Relazione tra docenti, tra discipline, tra
docenti e allievi, tra docenti allievi e discipline, tra allievi, e non ultima tra gli oggetti e i soggetti d‟apprendimento.
Ogni azione educativa, per essere efficace, si deve connaturare come esperienza significativa per i soggetti che vi sono
coinvolti a vario titolo, per cui ha necessità di realizzarsi attraverso una dimensione relazionale tra termini antinomici
(docente/allievo, insegnamento/apprendimento, saperi/soggetti). Termini che trovano i loro punti di riferimento e di
incontro nella mediazione formativa e nella realizzazione di un clima favorevole. La mediazione e la relazione devono
contraddistinguere il rapporto inferenziale in chiave positiva tra docenti, tra allievi e tra docenti e allievi per costituire
un‟effettiva “comunità di apprendimento”. In questa si verifica un intenso e continuo scambio di messaggi espliciti e
impliciti tra soggetti che condividono e vivono la stessa esperienza e la stessa mediazione educativa e formativa. Questi
elementi sono alla base per creare le condizioni favorevoli atte a far acquisire apprendimenti, dal momento che sempre
più viene assegnata grande valenza al contesto, agli atteggiamenti, al clima, che si respira in un determinato ambiente, e
alle aspettative al positivo per realizzare un‟azione didattica incoraggiante ed accattivante.
28
Il costituirsi di una comunità parte dalla considerazione che il fatto fondamentale è di far emergere tra i soggetti che
la compongono le disponibilità e le intenzionalità sia ad insegnare che ad apprendere in modo da riuscire ad individuare
le strategie più idonee e le occasioni e opportunità più favorevoli in modo che la comunità di apprendimento si
concretizzi e si trasformi in una comunità di pratiche, atte a far conseguire i risultati formativi per cui le stesse comunità
si costituiscono. Il primo atto che si richiede di compiere è un‟attenta analisi della situazione di partenza di ogni allievo
preso individualmente e nelle sue relazioni con il gruppo. Lo stesso problema si pone anche per i docenti. Dalla
conoscenza dei soggetti (il vissuto e l‟esperienza pregressa cognitiva e socio-affettiva), della natura dei processi di
acquisizione e costruzione delle conoscenze e competenze (come si apprende, come si assimilano i fatti e i contenuti,
come è possibile costruire, oltre che assimilare, le conoscenze) e delle condizioni più favorevoli a questi processi di
formazione (bisogni, interessi, organizzazione dell‟attività), una didattica di qualità, autonoma e scientifica, deduce ed
individua quali strategie o pratiche didattiche - individualizzate e non, personalizzate e non – sono da attivare e da
sottoporre a verifica attraverso l‟osservazione sistematica dei fatti educativi. Una simile concezione della didattica
comporta dei cambiamenti nelle dimensioni professionali e nelle funzioni dei docenti che non consistono più nel
dirigere l‟apprendimento degli allievi in vista di un preciso programma di contenuti. Si tratta, invece, di predisporre ed
allestire condizioni ottimali ed offrire molteplici opportunità per consentire agli allievi di acquisire le conoscenze e di
sviluppare e favorire una costruzione e scoperta, guidata e autonoma, delle stesse conoscenze. Tutte le attività dei
docenti devono mirare, in effetti, a favorire le attività formative di ciascun allievo. In tal modo non vi è separazione e
contraddizione tra le attività dei docenti e le attività degli allievi specie se le attività dei primi si pongono come
obiettivo la realizzazione delle seconde; se cioè le attività dei docenti non escludono, ma stimolano e favoriscono le
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rappresentato dalla mediazione che si riesce a instaurare tra i soggetti e tra i soggetti e gli oggetti di
conoscenza. Elevare la qualità dell‟istruzione significa, infatti, organizzare ambienti cognitivoculturali e socio-affettivi in modo da mettere ogni allievo nelle condizioni di acquisire conoscenze e
di costruirsi le competenze in maniera soddisfacente e gratificante. Questo comporta l‟adattamento
degli obiettivi formativi e delle strategie didattiche ai bisogni e alle caratteristiche dei singoli allievi,
attraverso precise e concrete modalità di organizzazione dell‟intervento, in modo da diversificare le
strategie e i percorsi d‟insegnamento. La didattica non individualizzata affida unilateralmente
all‟alunno l‟onere e l‟impegno di adattarsi alle modalità e alle caratteristiche dell‟insegnamento,
mentre la didattica individualizzata e personalizzata tende a realizzare un adattamento reciproco tra
il primo termine, l‟insegnamento, e il secondo, lo studente/allievo. Il principio didattico sul quale si
fonda ogni azione educativa è che quanto più si acquisiscono elementi di conoscenza sui livelli di
partenza e sulla disponibilità ad apprendere (emozioni, sentimenti, affettività) del soggetto e quanto
più l‟insegnamento sarà rapportato alle caratteristiche cognitive e socio-affettive degli allievi tanto
più sarà alta la percentuale e la probabilità che gli allievi apprendano con successo. Allo stesso
modo quanto più si padroneggiano le abilità precedenti tanto più si è in grado di apprendere le
abilità di ordine superiore. Su queste basi una didattica individualizzata deve mirare ad assicurare a
tutti gli allievi il conseguimento delle competenze, ritenute essenziale patrimonio comune di tutti i
soggetti attraverso la realizzazione di una diversificazione delle strategie d‟insegnamento, che
tengano conto cioè per ogni conoscenza anche dei diversi livelli di astrazione. Una volta
salvaguardato il diritto all‟apprendimento e alla costruzione delle competenze di base, si può
passare ad una didattica personalizzata. Questa si pone come obiettivo di favorire lo sviluppo dei
talenti personali, attraverso percorsi che mirano a coltivare le potenzialità cognitive e socio-affettive
di ciascuno, per cui ad una diversificazione dei percorsi corrisponde una diversificazione dei
traguardi di apprendimento. Una didattica di qualità, infatti, postula che ogni allievo acquisisca le
conoscenze e le competenze basilari e sviluppi i propri specifici e personali talenti.
Il processo d‟apprendimento-insegnamento ha come finalità di attivare, aiutare e supportare
le persone nella loro capacità di imparare ad apprendere, attraverso processi acquisitivi di
conoscenze e di abilità che mettano in grado il soggetto di costruirsi le competenze, che gli saranno
utili per tutta la vita. All‟interno di tale processo vi sono elementi e variabili che ne costituiscono i
attività degli allievi (Laeng M., “Pedagogia, didattica, tecnologia”, in Titone R., a cura di, Questioni di Tecnologia
didattica, Brescia, La Scuola, 1974; Lawton D., Programmi di studio ed evoluzione sociale, Roma, Armando, 1976).
29
Cfr. Claparède E., La scuola su misura, Firenze, La Nuova Italia, 1952; Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno,
cit.
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necessari prerequisiti. Nella realizzazione e concretizzazione di ogni azione educativa, perciò,
diventa essenziale individuare quegli insiemi di eventi che possono influenzare direttamente o avere
incidenza positiva nel favorire le acquisizioni di conoscenze. In questa ottica, l‟insegnamento,
inteso come intervento mediato e modalità esterna che allestisce e crea le condizioni che consentono
ad ogni soggetto di poter realizzare il suo diritto all‟apprendimento e alla costruzione delle
competenze, necessariamente deve essere progettato in modo da far interagire dialetticamente
l‟insieme degli eventi che lo caratterizzano. Questo, essendo un processo che si sviluppa in modo
sistematico nel tempo in senso longitudinale e orizzontale, necessita nel suo sviluppo di realizzarsi
in situazione collettiva, nelle relazioni sociali e in un determinato contesto o situazione.
Secondo tale impostazione, l‟insegnante, nello svolgere il ruolo di progettista della
formazione30, è chiamato ad analizzare nella sua complessità i processi di apprendimento e di
formazione del soggetto e a predisporre ed elaborare un‟ipotesi progettuale di percorso che richiede
una collaborazione sinergica tra discipline e tra docenti. Si richiede, in effetti, che il gruppo docente
e le discipline si muovano come unità funzionale che, pur nella salvaguardia della loro diversità
soggettiva e della specificità disciplinare, concorrano in modo sinergico alla formazione e alla
costruzione sociale delle competenze da parte dello studente. Questi è chiamato ad assumere
decisioni condivise con i docenti sulle finalità, sulla pianificazione degli obiettivi formativi e delle
competenze, sui sistemi e criteri di verifica e di controllo legati non solo alla qualità degli
apprendimenti ma anche dell‟insegnamento e dei processi messi in atto. L‟insegnamento, in effetti,
sviluppa un intervento in funzione di obiettivi formativi e competenze, per cui si deve realizzare una
stretta interdipendenza nel processo didattico tra insegnamento e apprendimento. Sia che
quest‟ultimo venga inteso come processo di elaborazione e costruzione delle conoscenze
(cognitivismo), sia che venga inteso come costruzione dei significati in contesti sociali
(costruttivismo sociale). Apprendimento, peraltro, che non si identifica con il solo possedere
contenuti dati e prestabiliti, ma piuttosto con il raggiungere l‟acquisizione e il padroneggiamento di
come saper utilizzare e riorganizzare le conoscenze possedute e sapersi riappropriare di nuove
conoscenze e nuovi saperi. Il problema che si pone oggi, nelle società complesse della conoscenza e
delle competenze, è di imparare ad imparare e non solo di imparare o di aver appreso. Per converso,
una comunità di apprendimento deve insegnare ad imparare, attraverso sicuramente contenuti da
trasmettere ma sviluppando capacità per saperli usare come strumenti per operare nella realtà
Franchi G., “Gestire l‟insegnamento”, in Riforma della scuola, 1977, 12; e i nostri, Insegnanti e società, Cassano,
Jonica editrice, 1989; e Autonomia scolastica: un’identità da ricercare, op. cit.
30
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quotidiana, comprendendone i mutamenti, affrontando, in e con equilibrio intrapersonale e
interpersonale, situazioni nuove e critiche e prendendo ed assumendo decisioni su problematiche
nuove e complesse.
3.7.
Da una didattica individualizzata ad una personalizzata
Sulla base di queste conoscenze complessive, si passa alla progettazione flessibile e fluida di
azioni didattiche in vista di percorsi appropriati e motivati in modo da contribuire alla crescita delle
potenzialità e dei talenti individuali. Traguardo che si può perseguire se la progettazione riesce a
soddisfare le esigenze sia di una didattica individualizzata sia di una personalizzata. La
individualizzata consente di assicurare ad ognuno il diritto all‟apprendimento e alla formazione
attraverso l‟acquisizione di competenze comuni di base. Diventa importante, in tale procedura
didattica, utilizzare sia le pratiche riferite alle tecniche espositive, che vanno dalla lezione frontale
al mastery learning, sia quelle riferite alle tecniche di problem solving, che vanno dalla metodologia
della ricerca al metodo per scoperta o per soluzione di problemi. Si tratta di offrire diversificate
opportunità per sviluppare, anche attraverso il cooperative learning, la collaborazione, la
discussione e la riflessione in vista di far acquisire ad ogni allievo un‟adeguata autonomia nei
processi acquisitivi e nella costruzione delle competenze disciplinari e trasversali. La seconda, la
didattica personalizzata, parte dal presupposto che l‟apprendimento è un processo aperto e
problematico, in cui ogni soggetto può sviluppare una propria forma di eccellenza cognitiva,
attraverso il perseguimento e conseguimento di obiettivi diversi per ognuno. Si tratta, in effetti, di
ipotizzare la realizzazione di differenti percorsi di insegnamento che presuppongano diversificati
traguardi di apprendimento. Le pratiche da attivare e da prediligere, in tale procedura, sono
l‟elaborazione e realizzazione di plurimi progetti didattici e l‟attivazione di una didattica legata a
diversificati laboratori opzionali, in modo che ciascun allievo possa acquisire diversificati obiettivi
e crediti formativi. L‟obiettivo è quello di riuscire a coniugare e far interagire, in senso dialettico e
sinergico, una didattica e procedura individualizzata con una didattica e procedura personalizzata.
La procedura individualizzata mira a far acquisire le competenze essenziali di base, nella
salvaguardia dei loro vissuti esistenziali e tenendo nella giusta considerazione la loro autobiografia
relazionale e formativa, dal momento che le differenti e diseguali caratteristiche cognitive e socioaffettive rappresentano il substrato conoscitivo di partenza per allestire contesti socio-culturali
idonei in modo da adattare l‟ambiente didattico alle strutture cognitive degli allievi. In tale processo
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di individualizzazione, si può ragionevolmente ipotizzare che differenti percorsi riescano non solo a
garantire la padronanza delle conoscenze ma anche a far conseguire ad ogni soggetto differenti
traguardi e livelli di apprendimento. Percorsi differenziati e traguardi e livelli di apprendimento
diversificati sono alla base di una didattica personalizzata. Attraverso tale procedura, si può favorire
una individuata e accertata eccellenza cognitiva in modo da dare priorità ad una comparazione
intraindividuale ed interindividuale e verificare in quale capacità un soggetto mostra maggiore
attitudine e propensione.
In concreto, la personalizzazione consente ad ognuno, partendo dalle conoscenze e
competenze acquisite, di aspirare all‟eccellenza in un ambito nel quale mostra di avere talento. Una
volta acquisiti, ma anche mentre si acquisiscono gli obiettivi di base comuni a tutti, si possono dopo
ed anche contemporaneamente, conseguire e perseguire obiettivi diversificati per ognuno. In base a
questa ottica, la personalizzazione può rappresentare un traguardo che è possibile perseguire e che,
oltretutto, è sempre stato perseguito da una didattica avveduta ed accorta. Da sempre si è sostenuto
che la conoscenza in sé non ha alcun valore sufficiente se non riesce ad essere parte integrante e
stabile delle acquisizioni del soggetto fino a divenire promotrice di ulteriori conoscenze e
competenze. Gli obiettivi sono formativi, infatti, solo nella misura in cui si traducono in
competenze personali e queste possono avere anche forme di eccellenza che il soggetto ha necessità
di imparare a salvaguardare e a continuamente arricchire e favorire durante tutto l‟arco della vita.
Questo perché qualsiasi tipo e livello di cultura non è dato dai saperi cumulati, ma dalle conoscenze
integrate ed interagenti che si sono personalizzate. Solo la conoscenza che si personalizza è vera
cultura e la cultura è tale se si traduce in nuovo modo di pensare e di ragionare, di vivere e di agire.
In conclusione, la valorizzazione del talento e la promozione dell‟eccellenza sono obiettivi che si
possono conseguire, ma in un contesto di assoluta uguaglianza delle opportunità e degli esiti, in cui
ogni soggetto abbia acquisito sia gli apprendimenti sia le competenze fondamentali ed essenziali.
Queste rappresentano lo zoccolo duro, il substrato cognitivo su cui si innesta e meglio si struttura la
stessa area di eccellenza. Nella realizzazione di una comunità educativa, importante dal punto di
vista formativo è di riuscire a far acquisire conoscenze e competenze utili e valide per tutto l‟arco
della vita (lifelong learning). Da qui l‟esigenza di attivare e costituire delle comunità che siano in
grado di collegare proficuamente il senso, il significato e i fini formativi con le azioni e le strategie
didattiche. I valori, il senso e i significati dei primi sono immanenti alle azioni attivate e queste
acquistano parallelamente senso e significato in quanto sono elementi che sono intrinseci ai concreti
dispositivi didattici. Nella connessione tra senso e significato dei fini e senso e significato delle
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azioni e delle strategie si giustifica e legittima l‟intervento formativo, che si presenta complesso,
diversificato ma sempre unitario.
Le azioni e le strategie hanno la finalità di dare risposte coerenti e soddisfacenti ai due
traguardi indicati: 1) la realizzazione di una didattica individualizzata e 2) l‟attuazione in situazione
di una didattica personalizzata. Strategie e azioni che, se impostate scientificamente anche dal punto
di vista metodologico, possono richiamare sia le unità didattiche ed i progetti didattici, sia i moduli
trasversali e disciplinari, sia le unità di apprendimento31. Accanto a tali strategie, vanno realizzati
percorsi sulla base di progetti opzionali e di una didattica laboratoriale a più dimensioni e offerte,
dal momento che è importante offrire diversificate opportunità formative attraverso diversificate
strategie e diversificati percorsi. Tra questi percorsi, lasciati alla libera scelta, l‟allievo individua
quali seguire e su quali esprimere la sua opzione motivata e condivisa. Opzione che non è sinonimo
di facoltativo, ma che è vincolante, nel senso che diventa obbligatorio seguire i percorsi su cui si è
espressa la propria opzione e scelta. Effettuata la scelta, cioè, diventa obbligatorio seguire il
progetto o il laboratorio, in quanto facenti parte del percorso formativo. È anche preferibile
prevedere la possibilità di poter cambiare percorso, ossia di poter modificare, durante il percorso
prescelto, opzione e scelta. Anche la variabilità, in questo caso, diventa momento altamente
formativo, in quanto il soggetto può essere aiutato a comprendere che una scelta può essere frutto e
risultato spesso di inferenze varie, che vanno rimosse e collocate nella loro giusta dimensione.
L‟importante per l‟allievo è che la scelta sia ragionata, motivata e sia frutto di un dialogo e di una
riflessione convinta e condivisa con i docenti e che, solo in casi eccezionali, può essere modificata
quando il soggetto stesso si rende conto che non corrisponde alle sue esigenze formative.
Il sapere e le competenze rappresentano, nelle società complesse, il migliore investimento
produttivo, dal momento che la conoscenza ha assunto un carattere pervasivo rispetto alla
quotidianità della vita. Il possesso del sapere rappresenta sempre più un‟esigenza inderogabile, una
condizione irrinunciabile per le opportunità di vita, sia professionale sia esistenziale di ogni
soggetto-persona, perché gli consente di imparare ad imparare. Tale obiettivo (imparare ad
imparare) è caratterizzato dalla flessibilità cognitiva, giacché la società attuale richiede una
formazione continua32, che si sviluppa per tutta la vita, per cui il soggetto deve acquisire
L‟unità di apprendimento, secondo il nostro punto di vista, se ben impostata, dovrebbe racchiudere sia gli elementi
positivi, relativi al progetto didattico, inteso come sviluppo complessivo e ologrammatico di una situazione vista nella
sua unitarietà e complessità, sia gli elementi che caratterizzano le unità didattiche, ossia l‟acquisizione delle unità di
informazioni essenziali, che spesso richiedono l‟atomizzazione e l‟operazionalità della conoscenza.
32
Dai vari rapporti della Comunità Europea, a partire da quella condotta da Faure nel 1974, si evince come un individuo
sia chiamato più volte nell‟arco della sua vita, si pensa per ben cinque volte, a modificare il suo modo di lavorare, di
pensare e di agire, per cui essenziale diventa per ognuno sapersi rapportare in modo autonomo ai nuovi saperi, per
acquisirli, e alle nuove tecnologie (cfr. Delors J., Nell’educazione un tesoro, cit.)
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necessariamente un‟attitudine ed un‟autonomia a saper successivamente apprendere e rapportarsi al
nuovo. In tale impostazione due sono gli elementi da prendere in attenta considerazione e da porre
al centro del processo di formazione: il soggetto in formazione e il come si consegue la formazione.
Se, pertanto, centrale diventa la persona, questa deve essere garantita nel raggiungere una sua
specifica autonomia e nell‟incrementare al massimo le sue potenzialità attraverso lo sviluppo delle
sue specifiche forme di intelligenze33 o di formae mentis, che connotano la pluralità e la
multiformità dell‟ingegno umano34 e che individuano la pluralità dei talenti. Si tratta di dare nel
concreto ad ogni persona la possibilità di raggiungere in qualche specifico campo un livello di
eccellenza intrapersonale, rispetto ai propri campi di attività, e interpersonale, rispetto alla maggior
parte delle altre persone. Accanto, perciò, a percorsi che mirino a far apprendere a tutti le
conoscenze necessarie e far acquisire le competenze indispensabili, per un loro adeguato
inserimento sociale e professionale, necessita privilegiare percorsi differenziati che mirino a
sviluppare le specifiche individualità cognitive. Da qui la necessità di attivare curricoli formativi
individualizzati e in contemporanea curricoli formativi personalizzati. Questi ultimi attraverso una
diversificazione dei percorsi e dei traguardi formativi mirano a promuovere in ogni persona lo
sviluppo di una forma di eccellenza cognitiva che risponda adeguatamente alle sue peculiarità
individuali.
3.8.
Personalizzazione dei percorsi
La parola chiave, coniugabile con il concetto di competenza, è quella di personalizzazione,
che richiama due concetti tra loro strettamente interconnessi: persona e personalizzare.
Il richiamo al concetto di persona, intesa quale identità relazionale dell‟essere proprio
dell‟uomo, con la sua singolarità e il suo ruolo nel mondo, arricchisce il dibattito non solo politico,
ma anche culturale e pedagogico, in quanto elemento centrale nel processo d‟apprendimentoinsegnamento. La persona si presenta nella sua interezza e integrità ma anche nella sua articolata
complessità. È un‟identità in continuo divenire, che si costruisce sulla relazione, e, pur essendo
costituita di singolarità, ossia di unicità, si presenta caratterizzata di pluralità, ossia di una pluralità
composita: di presenza consapevole e attiva, di responsabilità interattiva nei rapporti e confronti con
33
Cfr. Gardner H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità delle intelligenze, op. cit.; Morin E., I sette saperi per
l’educazione del futuro, Milano, Mondadori, 2001; Olson D.R., Linguaggi, media e processi educativi, op.cit.
34
Bruner J., La cultura dell’educazione, op. cit.; Cambi F., Saperi e competenze, op.cit.
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gli altri, con le conoscenze e i saperi e con l‟ambiente35. L‟Io è un concetto nello stesso tempo
unitario e plurimo, che nasce e si sviluppa nella reciprocità, in una libertà di rapporti, di confronti ed
essenzialmente attraverso rapporti ed incontri significativi. In questa dimensione dell‟incontro, la
persona da unicità, articolarmente complessa, cessa di essere e rimanere isolata ma si collega agli
altri e al mondo, attraverso la condivisione di valori e il possesso delle conoscenze e la costruzione
sociale, insieme e con gli altri e in plurimi contesti, delle competenze. Questi obiettivi formativi
sono assicurati dalla continua relazione che il soggetto instaura tra il sé e l‟altro di sé, nella misura
in cui la persona è realmente tale se riconosciuta dagli altri. L‟identificazione del significato, senso
e valore della persona porta a prediligere sul piano squisitamente didattico da un lato un
insegnamento attivo, operativo ed orientativo, in cui le conoscenze e le competenze assumano una
significativa connotazione formativa, e dall‟altro una collaborazione e cooperazione tra docenti e
docenti, tra allievi e docenti, tra allievi e allievi, in modo da far assumere al concetto di formazione
la sua dimensione intrinseca sociale ed interattiva. La persona umana, pertanto, è posta al centro
dell‟azione del processo formativo ovunque questi si realizzi, ma specie in ambito scolastico e
universitario. Questi ambiti hanno la grande responsabilità di offrire contesti relazionali gratificanti,
stimolanti, significativi sul piano cognitivo, socio-affettivo e valoriale, in direzione della cocostruzione di significati di vita con il più ampio contesto relazionale e formativo.
Il termine personalizzare, invece, può essere analizzato in base a due diverse direttive: l‟una
interna al soggetto e l‟altra esterna, relativa, cioè, all‟attività prodotta da altri al fine di favorire in
modo adeguato in ogni allievo una propria forma di eccellenza cognitiva. Nel primo caso il
riferimento riguarda l‟apprendimento che ogni persona consegue soggettivamente e in modo
personale, a prescindere dal significato specifico che si vuole attribuire al concetto di
apprendimento. Sia che esso venga considerato come “modificazione stabile e acquisita del
comportamento”, attraverso processi individuali di acculturazione, inculturazione ed essere (teorie
comportamentiste); o che venga inteso quale “processo di elaborazione e costruzione personale
delle conoscenze”, secondo l‟interpretazione elaborata all‟interno del cognitivismo; o ancora come
“costruzione di significati”, in base alle precisazioni provenienti dal costruttivismo. Sia, pertanto,
che l‟apprendimento venga considerato come prodotto osservabile; sia che si dia maggiore rilevanza
ai processi cognitivi, ossia alle attività mentali che il singolo soggetto è in grado di svolgere in
quanto attivo elaboratore di informazioni e quindi protagonista del suo percorso formativo; sia che
si faccia riferimento all‟itinerario seguito dall‟allievo per acquisire nuove conoscenze e abilità,
attraverso la costruzione e la scoperta delle stesse; sia che venga considerato quale risultato
35
Lewin K., Teoria dinamica della personalità, Firenze, Giunti & Barbera, 1965.
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dell‟interiorizzazione delle interazioni che il soggetto ha con gli altri e l‟ambiente sociale che lo
circonda, è sempre il soggetto, nella sua interezza e nella sua individualità, che mette in atto una
sua individuale caratterizzazione cognitiva e di personalizzazione. La conoscenza è in ogni caso un
prodotto o acquisito o elaborato o costruito socialmente ma sempre voluto, accettato, condiviso
dalla singola persona. Ancor più se ha a che fare con la consapevolezza e il controllo e con il
processo di metacognizione che ogni soggetto riesce ad acquisire circa i propri processi cognitivi.
Nel secondo caso, che vede il concetto di personalizzazione legato alle attività esterne, si fa
riferimento all‟insieme di quelle strategie didattiche che si pongono l„obiettivo di garantire ad ogni
soggetto la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità ed eccellenze intellettuali e cognitive.
Personalizzare, comunque, non significa annullare il concetto di individualizzazione, ma
solo precisare che bisogna andare oltre, attivando percorsi personalizzati. L‟individualizzazione si
riferisce a percorsi che si servono di modalità e strategie diverse per giungere ad un comune
obiettivo. La personalizzazione, invece, si riferisce a percorsi che, utilizzando una vasta gamma di
opportunità opzionali, sono finalizzati al raggiungimento di traguardi diversi. Entrambi i percorsi
sono vitali perché sono da considerarsi complementari e tendono a spostare l‟ottica dai processi di
insegnamento a quelli di apprendimento. L‟individualizzazione è più legata all‟insegnamento in
quanto lo adatta alle caratteristiche cognitive e affettive dei singoli allievi, ai loro ritmi di
apprendimento e alla loro sensibilità. La personalizzazione si riferisce, invece, alla messa a punto di
opportunità didattiche che teoricamente dovrebbero consentire ad ogni allievo di sviluppare le
proprie potenzialità, attraverso la possibilità di accrescere i propri punti di forza, ossia le proprie
aree di eccellenza. Essa, nell‟ottica di favorire lo sviluppo dei talenti personali, mira al
raggiungimento di traguardi diversi e quindi propone obiettivi diversi per ciascuno allievo. I due
percorsi non sono, pertanto, incompatibili. Anzi una formazione valida richiede sia che l‟allievo
raggiunga le competenze fondamentali e basilari sia che possa sviluppare proprie specifiche
potenzialità, ossia lo sviluppo di propri specifici talenti. Sono altresì compatibili anche per il fatto
che i due percorsi possono essere sviluppati tutti e due in modo reticolare e non necessariamente
lineare.
La personalizzazione degli apprendimenti fonda le sue ragioni scientifiche su alcuni
principi, che sono il risultato di alcune ricerche. Si parte dal principio che una maggiore
differenziazione delle strategie e delle pratiche didattiche, moltiplicando cioè le opportunità, i
percorsi e gli itinerari formativi, aumenti le possibilità di scelta da parte di ciascun allievo e possa in
tal modo favorire l‟individuazione e lo sviluppo del proprio talento, che fa riferimento alla diversità
delle formae mentis, intese come valori da potenziare e cautelare. Il percorso formativo deve sapere,
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cioè, valorizzare le forme cognitive di ciascuno, segnate in senso espressivo, logico, musicale,
corporeo, sociale. Si tratta di riconoscere dignità pedagogica e didattica cioè alle varie forme di
intelligenza, e non solo a quella verbale, sviluppando attività e pratiche in direzione dell‟intera
trama delle poliedriche forme dei talenti umani. Altro principio riguarda la mediazione formativa e
didattica e la pluralità delle metodiche e delle procedure in grado di favorire i processi
metacognitivi. Attraverso questi si impara ad imparare e si favorisce l‟acquisizione di un‟adeguata
flessibilità cognitiva. Si parte, in effetti, dalla convinzione che gli apprendimenti vengono facilitati e
resi più intensi e significativi quando il soggetto è in grado di orientare e governare anche
successivamente il processo di acquisizione e costruzione delle competenze.
3.9.
Personalizzazione e talento: problemi e prospettive
Nel quadro, pertanto, della tematica dei talenti, diventa prioritariamente necessario chiarire
alcune questioni di ordine semantico e concettuale e dirimere anche alcune contraddizioni in modo
da evitare e limitare alcuni rischi. Per poter affrontare tale complessa tematica, è necessario, cioè,
chiarire alcune questioni sia sul piano semantico e concettuale, sia su quello culturale e politico, sia
ed ancora di più sul piano pedagogico e didattico. L‟idea di fondo su cui poggia il concetto di
talento è di permettere a ciascun studente di sviluppare le proprie specifiche potenzialità, ossia le
forme di intelligenza per le quali, sostiene Baldacci, si sente maggiormente versato o per le quali
nutre una spiccata preferenza.
Per prima cosa si tratta di capire se il termine talento presenta una sua definizione
semanticamente forte e chiara o se invece fa riferimento a concetti e termini ambivalenti e poco
solidi sul piano dei significati. Una volta risolta tale prima questione, vi sono da dirimerne altre
quali: la difficoltà di individuare e determinare con chiarezza quale sia il talento di ognuno e se sia
sufficiente una diagnosi precoce, quanto più possibile coerente e congrua, o se, invece, si richiede
una costante e continua verifica e valutazione protratta nel tempo per individuare e determinare
quale talento il soggetto realmente e concretamente possiede. Altro problema è come viene inteso,
se cioè sia una potenzialità innata o sia, invece, il risultato del vissuto e dell‟esperienza acquisita in
un determinato contesto. Se è modificabile e, quindi, da considerare una variabile dipendente o se,
invece, sia da ritenersi immodificabile e, quindi, una variabile indipendente. Accanto a tali problemi
di natura teorica, ve ne sono altri, più di natura squisitamente metodologica e didattica: la
determinazione dei soggetti che devono e sono in grado di effettuare la diagnosi, per cui si
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assumono la responsabilità di determinare la prevalenza o eccellenza cognitiva di un soggetto; il
ruolo che riveste il soggetto, se da protagonista e attore delle proprie determinazioni o se, invece, da
attore passivo che è vincolato ad accettare scelte e decisioni che effettuano altri per lui; gli strumenti
scientifici, possibilmente oggettivi, che possono aiutare ad individuare il talento, anche da parte
dello stesso soggetto; gli eventuali percorsi e strategie che possano aiutare ad individuarlo con una
certa approssimazione in modo da evitare che tale individuazione possa portare a degli errori o a
delle distorsioni. Se, infine, una volta individuato, sia da tenere o meno sotto continua osservazione,
per verificarlo sia longitudinalmente, durante l‟arco della vita, sia orizzontalmente, in più contesti e
momenti significativi della quotidianità della vita.
Queste sono solo alcune questioni che vanno chiarite, per evitare non solo che non si
favorisca lo sviluppo di eccellenze cognitive ma, addirittura, di apportare dei guasti e dei danni dal
punto di vista formativo, tanto da segnare negativamente e predisporre, con incidenza negativa, la
formazione complessiva dello stesso soggetto. Relativamente alla correttezza semantica, si tratta di
specificare cosa sia da intendere per talento. Se, cioè, è da intendersi come la capacità e potenzialità
prevalente del modo di pensare, di ragionare e di agire di un soggetto. In questo caso il termine
risulta semanticamente ben definito e non lascia spazio a tentennamenti o a concetti facilmente
variabili e legati a dei particolari momenti della vita e della quotidianità di ciascuno. Si tratta,
oltretutto, di evitare di confondere il termine eccellenza con quello di padronanza. Quest‟ultimo si
riferisce al possesso intelligente e compiuto delle conoscenze e delle competenze ed implica, da
parte del soggetto, di sapersi muovere con padronanza attraverso gli alfabeti che padroneggia. Non
chiama, però, in causa una benché minima comparazione intraindividuale e interindividuale. Il
termine eccellenza indica essenzialmente il prevalere di un grado di sviluppo alto di una capacità
comparata e rispetto alle altre capacità possedute. Grado di sviluppo o abilità più sviluppata delle
altre tanto da essere identificata come la sua area di eccellenza, che lo diversifica e lo distingue
nella comparazione rispetto ad altri soggetti o ad una maggior parte di essi. “Il concetto di
padronanza non chiama in causa in alcun modo la dimensione della comparazione” né nei rapporti
interni al soggetto né nei confronti degli altri. “Il concetto di eccellenza chiama in causa una
dimensione interindividuale, nell‟ambito della quale denota una condizione di superiorità e di
primato”36.
Chiarito l‟aspetto semantico del termine, relativo al concetto di talento, restano aperti due
problemi: quando è opportuno fare la diagnosi per scoprire ed individuare l‟eccellenza; e se tale
determinazione sia da ritenersi valida per tutto il corso della vita. Sul primo punto la convinzione è
Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno, op. cit.
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Didattica Generale
che quanto più precocemente si riesca ad individuare l‟area di eccellenza tanto più agevolmente ed
in maniera proficua si può riuscire da un lato ad intervenire per coltivare e favorire lo sviluppo di
tale area e dall‟altro per utilizzarla nel migliore dei modi, ossia come forza trainante e propulsiva,
per agevolare la crescita formativa complessiva del soggetto stesso. Prima si interviene prima si
incide significativamente, dal momento che il talento viene considerato un capitale iniziale che si
può accrescere ed incrementare attraverso la formazione, sulla base degli investimenti di tempo che
vengono dedicati al suo sviluppo. Si richiede, quindi, una diagnosi precoce che riesca ad
individuarlo e a riconoscerlo. La perplessità riguarda il secondo punto. Se la diagnosi, ritenuta
valida e attendibile per la sua individuazione, possa portare o meno ad una forma di
predeterminazione della vita sociale, affettiva, occupazionale e lavorativa del soggetto. Ossia ad una
forma previsionale che già scrive la vita futura del soggetto, per cui egli già conosce a priori dove
andare e dove dirigersi per non perdere “la retta via”. Il talento, in tal modo, individuata come
capacità eccellente e quindi di connotazione positiva, corre il rischio di trasformarsi in una gabbia
vincolante, nel bene e nel male, per la vita futura. Tutto ciò che avviene dopo viene segnato da
questa diagnosi premonitrice. È come se ognuno di noi conoscesse in anteprima la rotta da seguire
ed il cammino da percorrere, che può organizzare nel migliore dei modi ma attraverso un segmento
lineare in cui l‟imprevisto, la novità, l‟avventura, il cambiamento e tutto quanto di innovativo
verrebbe a perdere il suo fascino di mistero, di avventura, di possibile modifica degli interessi e
della stessa eccellenza.
Legato al problema precedente ve n‟è un altro di notevole spessore: se ritenere il talento
innato o invece il risultato di un complesso di fattori interagenti. Tra i fattori significativi sono
senz‟altro da annoverare alcune predisposizioni, il livello di interazione che si verifica tra queste e
gli ambienti socio-culturali con cui il soggetto è stato e viene a contatto, l‟impegno profuso per
coltivare una certa abilità, il livello e le modalità degli aiuti esterni di cui ha fruito e fruisce, le
attese sue e delle persone che gli sono vicine. Si tratta di evitare di ritornare alla diatriba e alle
accese dispute che, per quasi un secolo, hanno coinvolto in campi opposti i genetisti e gli
ambientalisti. È di notevole importanza conoscere cosa realmente si pensa al riguardo. Nel primo
caso il talento non è modificabile, in quanto procede nella sua evoluzione naturalmente, per cui non
resta altro da fare che assecondare con percorsi adeguati tale evoluzione. Nel secondo invece lo si
ritiene modificabile, per cui si può intervenire attraverso la modifica delle condizioni esterne37,
Kurt Lewin sostiene che il comportamento è funzione dell‟interazione tra la persona e il suo ambiente psicologico
(Teoria dinamica della personalità, op. cit.). D‟altronde l‟individuo fa esperienza all‟interno di un contesto storico e
sociale, caratterizzato da relazioni che instaura con le persone e con gli oggetti tecnologici. Tale contesto si presenta in
continua trasformazione perché il soggetto agisce per modificarlo e ne viene altresì condizionato e modificato.
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ossia attraverso un‟opera di possibile condizionamento positivo per decondizionare38. In questo
caso l‟educazione, intesa come modificazione, trasformazione, cambiamento che si realizza nel
soggetto, riveste un ruolo centrale e altamente significativo sia dal punto di vista cognitivo, sia da
quello politico e sociale, sia di quello legato alla formazione integrale della persona.
Altro ulteriore problema è riferito a come didatticamente può essere valorizzata l‟eccellenza
cognitiva. Questa può servire come punto di forza, per incrementare e sviluppare tutte le altre
dimensioni “deboli” del soggetto per una sua crescita complessiva e integrale. Ma può, invece,
essere utilizzata per incrementarla a dismisura a discapito delle altre potenzialità e delle altre
capacità. Sono, come è possibile arguire, delle decisioni non facili, ma sicuramente interessanti dal
punto di vista didattico sia sul piano epistemologico sia su quello prasseologico.
Un successivo dilemma è rappresentato da chi deve effettuare la diagnosi e quali gli
strumenti scientifici da opportunamente utilizzare. Nel caso di allievi della scuola dell‟infanzia e
della scuola primaria, il compito resta assegnato ai genitori e ai docenti individualmente e in
sintonia e collaborazione tra loro. Ma i genitori e i familiari tendono spesso a sopravvalutare o a
sottovalutare i propri cari e il più delle volte tendono a giustificarne i comportamenti. Oppure
effettuano inconsciamente delle operazioni di transfer, ossia di veder realizzato nei loro figli proprie
aspettative, propensioni e realizzazioni frustrate. Nella diagnosi del talento effettuata dai docenti,
invece, può incidere negativamente il conoscere la provenienza familiare e sociale degli allievi o le
proprie attese, per cui determinanti possono essere i cosiddetti effetti aloni o pigmaleonici. Non si
può, in effetti, lasciare alla soggettività dei singoli e alla discrezionalità degli stessi l‟indicazione e
l‟individuazione dei talenti. Si richiede, pertanto, l‟utilizzo di strumenti scientificamente validi, che
possano fornire delle informazioni attendibili, valide e sicure. Basti pensare a possibili errori iniziali
e alle possibili conseguenze, a meno che non vi sia da parte della scuola e dei docenti un
atteggiamento, legato al problematicismo critico, che mira a non considerare certo e immutabile
qualsiasi soluzione individuata e adottata. Questa, invece, è necessario che venga tenuta sotto
continua osservazione critica, in modo da poter immediatamente intervenire per modificare e
cambiare, se ritenuto opportuno, la stessa individuazione del talento fatta precedentemente.
Nella storia della scuola esempi di impostazioni e decisioni errate ve ne sono molte, così
come nella molteplicità dei casi non si è mai verificato un cambiamento di rotta, e, spesso per
pigrizia mentale, si fa riferimento a stereotipie quali “non è farina del suo sacco” o l‟altra “ciò
conferma il giudizio espresso in precedenza”, per cui ogni elemento viene aprioristicamanete
38
Petracchi G., Decondizionamento, Brescia, La Scuola, 1980.
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canalizzato verso l‟impostazione data, senza far sorgere alcun dubbio in direzione di una diversa
valutazione.
Da queste brevi e incomplete considerazioni a caldo, si evince l‟importanza che rivestono gli
strumenti utilizzati per avere una maggiore percentuale di probabilità, non la certezza di riuscita.
Sarebbe la prima volta che accadrebbe in campo educativo. Solo ricercando informazioni che
possono essere lette, attraverso giudizio motivato e documentato, come plausibili, si può giungere
all‟individuazione delle eccellenze di ognuno. Dopo l‟individuazione rimane sempre aperta la
necessità di tenere sotto costante osservazione il quanto ritenuto valido per vedere se con il passar
del tempo altre indagini ed altre documentazioni confermino validando o modificano falsificando la
diagnosi iniziale. La metodologia dell‟osservazione sistematica, protratta nel tempo e nello spazio,
diventa il segmento conduttore iniziale ed in itinere, in quanto deve essere protratta nel tempo;
essere cioè riproposta a scadenza temporanea continua e sviluppata in situazioni e contesti
diversificati, nei quali si richiede la soluzione di compiti nei diversi campi di attività.
3.10.
Una didattica personalizzata
Chiarite le problematiche che sottostanno all‟identificazione precoce dei talenti, si passa a
progettare le opportunità didattiche nell‟intento di consentire ad ogni allievo di sviluppare le proprie
potenzialità, ossia le aree di eccellenza, attraverso un‟integrazione e impostazione dialettica tra una
didattica individualizzata e una personalizzata. Si tratta in ambedue i casi di garantire ai singoli
percorsi di essere strutturati in direzione diversificata nei contenuti, nelle metodologie, nelle
strategie e negli obiettivi. Diversificando le procedure e offrendo molteplici e diversificate
opportunità, la formazione si correla e diventa funzionale alle diversificate caratteristiche degli
allievi.
Il talento, per essere coltivato ed essere ritenuto valido punto di partenza e punto d‟arrivo di
ogni attività didattica, ha necessità di essere individuato e riconosciuto all‟interno delle diversificate
capacità individuate. Deve cioè essere riconosciuto come caratterizzante l‟allievo e deve altresì
essere condiviso essenzialmente dallo stesso soggetto. In questo senso, l‟identificazione della forma
di talento diventa la premessa per una personalizzazione dei percorsi formativi. All‟interno di questi
si può realizzare anche una parziale diversificazione degli obiettivi che ogni soggetto-persona può
perseguire rispetto ad altri obiettivi e agli altri soggetti. Questo perché l‟individuazione e la diagnosi
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del talento rappresentano delle situazioni non scevre di problematicità e per la sua intrinseca
delicatezza e per le difficoltà metodologiche che presentano.
I piani di studio personalizzati devono essere “capaci di rispondere all‟esigenza di percorsi
di apprendimento e crescita degli allievi che rispettino le differenze individuali in rapporto a
interessi, capacità, ritmi e stili cognitivi, attitudini, carattere, inclinazioni, esperienze precedenti di
vita e di apprendimento. Si tratta, detto in altre parole, di accomodare (e accordare e rapportare –
aggiungiamo noi) la pratica didattica alle peculiari esigenze di ciascun allievo”39. Sembra, dalle
parole di Chiosso, che sia un modo e un tentativo di reinterpretare il principio
dell‟individualizzazione, per come lo hanno posto Claparède, Kilpatrick, Parkhurst, Decroly,
Montessori, Dottrens, Freinet e attualmente Baldacci.
3.10.1.
Le condizioni.
La prima condizione riguarda il contesto di vita e di relazione in cui si sviluppa il processo
d‟insegnamento-apprendimento. La classe, o meglio il gruppo o i gruppi, sono i primi mediatori
culturali, ossia il luogo in cui si realizza e si costruisce la “comunità d‟apprendimento”. In tale
comunità le pratiche mediano l‟accesso alle conoscenze, salvaguardando e garantendo l‟omogeneità
e la diversificazione, l‟unicità e la pluralità, la continuità e la discontinuità. È di notevole
importanza, nell‟allestimento del contesto educativo, la natura della rete comunicativa che viene
attivata nel/i gruppo/i sulla base dei comportamenti e degli atteggiamenti tenuti dai docenti, in
quanto questi influenzano, in senso positivo o negativo, i processi di costruzione delle conoscenze.
Da più anni, infatti, è maturata la consapevolezza che la natura dei comportamenti comunicativi e
relazionali verso i singoli allievi e verso il gruppo ha sempre più un peso rilevante nel favorire un
clima educativo dialogico e dialettico oppure frustante e conflittuale con le conseguenti ricadute per
lo sviluppo delle capacità cognitive, emotive e relazionali dei singoli allievi. In campo educativo
non bisogna sottovalutare il rilevante valore che assumono l‟atmosfera e il clima. Questi,
caratterizzandosi come espressione della cultura organizzativa di una istituzione sociale,
costituiscono un sistema di valori condivisi e si determinano come il risultato di una costruzione
condivisa di significati. Si ritiene, infatti, che il miglioramento del clima affettivo, relazionale e
dialettico di una classe o di un gruppo risulta correlato positivamente ad un miglioramento delle
Chiosso G., “Personalizzazione”, in Cerini G., Spinosi M. (a cura di), Voci della scuola 2004, Napoli, Tecnodid,
2003.
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prestazioni scolastiche. La seconda condizione è la realizzazione di un effettivo pluralismo di
percorsi formativi. Gli itinerari fanno riferimento ad itinerari differenziati strutturati attraverso varie
e diverse forme di organizzazione didattica, per far sì che da un lato tutti gli allievi possano
raggiungere gli stessi obiettivi attraverso strategie diverse e che dall‟altro ogni allievo, attraverso la
diversificazione didattica dei percorsi, possa effettuare delle opzioni ed esercitare una sua motivata
scelta, finalizzata a sviluppare le proprie eccellenze. Nel primo caso si tratta di strategie alternative
che portano a conseguire i medesimi obiettivi e risultati (la padronanza), mentre nel secondo si
tratta di itinerari diversificati, che perseguono traguardi formativi differenti, finalizzati cioè a
formare persone con profili cognitivi diversi in quanto chiamano in causa intelligenze diverse.
La pluralità dei percorsi, come si può notare, è fondamentale sia per una didattica
individualizzata che per una didattica personalizzata. Entrambe mirano a dar vita a percorsi di
apprendimento differenziati anche se con alcune significative differenze. Il concetto di
individualizzazione implica l‟esistenza di un apparato didattico e curricolare predisposto, che
prevede un tragitto con obiettivi, fasi, materiali, metodi di intervento prestabiliti e consiste
nell‟adattare e relazionare i diversi fattori modificabili alle capacità linguistiche, ai ritmi, alle
modalità di apprendimento e ai prerequisiti cognitivi generali e specifici dei diversi allievi. Il
concetto di personalizzazione porta invece in primo piano, con una rilevanza più forte, il soggetto
con le sue inclinazioni profonde e che struttura la conoscenza in modo autonomo. In un percorso di
apprendimento personalizzato, gli obiettivi stessi vengono, almeno in parte, scelti e/o posti in essere
dal soggetto stesso nel suo percorso, se pur nelle necessarie negoziazioni che egli instaura via via
con i suoi interlocutori.
Dalle ultime considerazioni, compare la terza. La pluralità dei percorsi è fondamentale per la
personalizzazione a patto che l‟allievo abbia una reale e concreta possibilità di scelta del percorso.
Essenziale diventa il principio della scelta e della opzione, non da intendere come facoltativa ma
sempre costituente il percorso formativo del soggetto, per cui la scelta e l‟opzione, una volta
effettuata, diventa obbligatoria. In tal modo, lo studente diviene protagonista attivo e consapevole
della sua scelta, cioè della decisione che assume rispetto alla sua area di eccellenza e alla forma di
talento. Ha la possibilità concreta di individuare prima e valorizzare consapevolmente poi, mediante
una sua autodeterminazione, le proprie potenzialità intellettive. E questa opzionalità lo studente la
può esercitare mediante una scelta ponderata rispetto a diversificati progetti didattici proposti o a
laboratori, presentati con modalità flessibili, in quanto attivano percorsi differenziati in direzione di
mete e traguardi formativi differenti. A questo riguardo è opportuno prendere in considerazione i
rischi di una scelta che può non essere consapevole e motivata. Lasciare che l‟allievo scelga in base
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a ciò che sente ed avverte come propri bisogni o interessi, può forse nascondere il pericolo di restare
nei condizionamenti precedenti, di tipo familiare e sociale, e legati al proprio vissuto fatto spesso di
deprivazione, oltre che economica, culturale. In base a quali elementi (di autostima o di disistima),
infatti, un allievo può ritenersi autonomo e consapevole nella scelta? Il problema allora riguarda il
come riuscire ad aiutare e supportare l‟allievo per un scelta ponderata e motivata. Anzi, il momento
della scelta può essere considerata una valida occasione e un‟opportuna strategia didattica per
avviare un costruttivo dialogo con ciascun allievo in modo da esaminare tutti i dati in possesso sulla
conoscenza non solo cognitiva del soggetto e farne prendere atto all‟allievo stesso in modo da
insieme riflettere sui vari punti di criticità in rapporto ai progetti presentati sui quali l‟allievo è
chiamato ad effettuare la scelta. Non è il caso di ricordare che la scelta e la decisione rappresentano
degli obiettivi formativi superiori che vanno conseguiti e perseguiti e che le armi didattiche, in
possesso dei docenti, sono la dialogicità, la riflessività e la criticità, che rappresentano le categorie
pedagogiche e didattiche di riferimento. L‟autonomia nei soggetti va co-costruita in situazione e su
casi specifici e la scelta e la decisionalità sono momenti imprescindibili per consentire allo stesso
soggetto di conoscere meglio se stesso, le proprie propensioni, le proprie aspirazioni e i propri
bisogni formativi. Su questa impostazione si può modificare e cambiare in positivo un modello di
scuola che rischia altrimenti di essere un‟organizzazione degli apprendimenti orientata verso un
servizio formativo tendenzialmente a domanda individuale, per cui l‟opzionalità piuttosto che
condurre ad un‟eguaglianza delle opportunità rischia di nascondere, per come sostiene Vertecchi40,
ogni sorta di diseguaglianza. Anche se si tratta di percorsi di apprendimento tendenti a valorizzare
le potenzialità di ciascun allievo, la conseguenza dell‟insegnamento-apprendimento potrebbe essere
quello di riprodurre e consolidare e favorire il mantenimento delle caratteristiche precedenti. Per
Vertecchi, in effetti, la personalizzazione si muove a vantaggio di coloro che già si trovano in
condizioni favorevoli, ma penalizza gli altri. Viene capovolto il principio sostenuto da Don Milani
che fosse opportuno “dare di più a chi ha di meno” per far prevalere invece di “dare di più a chi ha
già di più”. Da qui l‟esigenza delle categorie sopraindicate quali la dialogicità, la riflessività e la
criticità, per evitare i rischi citati e per consentire al processo formativo di conseguire risultati
altamente significativi, legati alla conoscenza del sé, alla costruzione dell‟autonomia del soggetto,
all‟abitudine al dialogo e alla riflessione, all‟individuazione degli elementi di criticità di una
determinata situazione, ad abituare e allenare il soggetto a riflettere e a ragionare e pensare sulla
base degli elementi in suo possesso.
40
Vertecchi B., Manuale della valutazione: Analisi degli apprendimenti e dei contesti, Milano, Franco Angeli, 2003.
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Nessuna epoca come la nostra, d‟altronde, ha dovuto fare i conti con cambiamenti così
profondi ed ha dovuto confrontarsi con la consapevolezza della pluralità delle intelligenze e degli
stili cognitivi. In questo quadro di riferimento non si tratta di far acquisire un numero sempre
maggiore ed incontrollate ed incontrollabili di informazioni quanto piuttosto di impadronirsi del
modo e del come organizzarle e integrarle e di come completarle e sistemarle. E‟ necessario
sviluppare nelle nuove generazioni la capacità di controllare criticamente i flussi informativi cui
sono esposti per imparare ad utilizzarli, a discriminarli, a sceglierli, trattarli e volgerli in modo
consapevole, responsabile e critico verso un loro specifico progetto di vita. Tenere, quindi, conto
delle molteplici variabili e dei molteplici usi cui possono essere destinati e di cui la società e loro
stesse hanno bisogno per vivere, produrre e relazionarsi con gli altri.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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