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La Fondazione di Vignola, proprietaria del castello, da anni è

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La Fondazione di Vignola, proprietaria del castello, da anni è
Cultura | La Rocca di Vignola
La Fondazione di Vignola,
proprietaria del castello, da anni
è impegnata nella sua conservazione
e valorizzazione
La Rocca
delle sorprese
a guida che accompagna i visitatori indica un punto sulla
parete: «Vedete? Qui la colomba è su fondo rosso, qui invece sull’azzurro. Uno era il colore dei Contrari, l’altro
degli Este. Anche in questa scelta delle tinte si suggellava l’amicizia e l’alleanza politica e militare fra le casate». Alziamo gli
occhi: siamo circondati da colombe che aprono le ali, spiccano il
volo verso il cielo, «in Dieo», come è scritto nel cartiglio. Siamo
circondati dalla bellezza. Scrigno prezioso di storia, la Rocca di
Vignola si rivela sempre più anche un luogo di tesori e di sorprese. Il restauro della sala delle Colombe, che si è concluso proprio
di recente, ha fornito agli studiosi una conferma eccezionale: agli inizi del Quattrocento, quando Uguccione Contrari la trasformò da roccaforte a sontuosa dimora, tutta la Rocca era deco-
L
Un maniero bello e maestoso
che i restauri
stanno riportando
allo splendore originale.
Scoprendo l’intero corpo
degli affreschi all’interno
ma anche sulle mura.
Opera di un grande maestro
del primo Quattrocento,
forse proprio uno
degli artisti della corte Estense
di Stefano Marchetti - Foto di Paolo Righi
Particolare
della sala
delle Colombe.
A sinistra, la Rocca
di Vignola
68 OUTLOOK - Gennaio/Febbraio 2013
Cultura | La Rocca di Vignola
rata con motivi ornamentali, all’interno e all’esterno,
e gli affreschi appaiono tutti opera di una stessa mano, o almeno di una stessa scuola. È quasi certo che il
cosiddetto Maestro di Vignola, l’autore delle «Storie di
Cristo» raffigurate nella meravigliosa cappella situata al piano nobile, abbia sovrinteso all’intero progetto
pittorico della Rocca: «È una rarità assoluta», conferma il professor Bruno Zanardi, docente di Teoria e tecnica del restauro all’Università di Urbino, che ha guidato il recupero degli affreschi. «Conosciamo vari monumenti con un intero ciclo di decorazioni religiose,
ma quasi nessuno con decorazioni profane. La Rocca
di Vignola dunque è un caso pressoché unico in Europa: di sicuro, in Italia, costituisce la più vasta testimonianza di decorazione civile quattrocentesca». E
per la Fondazione di Vignola, che dal 1998 è proprietaria dello splendido castello, è un motivo di orgoglio
e di responsabilità in più: «Anche nel nostro statuto è
indicato con chiarezza che la salvaguardia e la valorizzazione della Rocca sono impegni prioritari. È il
nostro patrimonio più grande», sottolinea il presidente, l’avvocato Giovanni Zanasi.
Custodire questa «bella et honorevolissima rocca,
con tre torri et altri torrioni con le muraglie buonissime» (come scriveva nel 1577 un messo del marchese
Giacomo Boncompagni) è un compito delicato e importante. «Già da diversi anni, ci siamo impegnati nella
conservazione e valorizzazione di questo bene», dice l’avvocato Zanasi. «Sono evidentemente due temi strettamente collegati. Valorizzare la Rocca per noi significa
metterla a disposizione dei visitatori per sei giorni alla settimana, con ingresso gratuito, visite guidate, ma-
teriali divulgativi e pannelli esplicativi: le sale vengono utilizzate per incontri, mostre, convegni e al Centro di documentazione lavorano storici che proseguono le ricerche su questo monumento e sul territorio
vignolese». Nel 2011 alla Rocca sono entrati 31.000 visitatori, e altre 10.000 persone hanno preso parte a eventi culturali che si sono tenuti fra queste mura antiche. In più 2.500 studenti hanno partecipato ai laboratori appositamente organizzati. Per la conservazione della Rocca è stato invece attuato un piano di manutenzione programmata che la Fondazione ha avviato già dal 2008. «Abbiamo ritenuto opportuno verificare gli interventi più urgenti da svolgere, e pianificare le tappe dei lavori, mettendo a disposizione le risorse necessarie. Andando per stralci, possiamo mantenere aperta la Rocca e in parallelo procedere con il progressivo recupero di nuovi settori». All’architetto Vincenzo Vandelli, coordinatore dei lavori, e all’ingegnere
Roberto Luppi è stato affidato il compito di prendersi cura del castello e di seguire le varie
fasi di questa complessa operazione, sempre in accordo con la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna,
con la Soprintendenza per i Beni architettonici e quella per i Beni artistici. L’équipe del professor Zanardi si è occupata del restauro delle parti dipinte.
Nel 2011, per esempio, l’intervento si è focalizzato sul loggiato di
piazza Contrari, antistante l’ingres-
La storia | Le pietre raccontano
N
on si conosce esattamente la data in cui la Rocca
venne fondata. Si suppone che un primo nucleo fosse
stato costruito dopo la fine della dinastia carolingia, e si
dice che fosse stata proprio l’Abbazia di Nonantola a
volerlo (in un documento del 936 si parla di Vignola sottoposta al dominio del vescovo di Modena). Di sicuro la
Rocca è documentata dal 1178, e fino al Quattrocento fu un
fortilizio militare. Poi nel 1401 Niccolò III d’Este, signore di
Ferrara, donò a Uguccione Contrari il feudo di Vignola, e il
nuovo signore trasformò completamente la roccaforte,
facendola diventare un luogo incantevole, collocato peraltro in un punto strategico, dove il fiume si lascia alle spalle l’Appennino e scivola verso la pianura. «L’edificio aveva
il compito di presidiare un passaggio lungo un importante
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asse di comunicazione transappenninico, sorvegliando nel
contempo un confine politicamente instabile», spiegano
gli storici. «Un’altra funzione poi era presidiare l’ingegnosa opera idraulica che faceva giungere le acque del Panaro
a Modena. La Rocca era sorta nelle vicinanze dell’incile del
canale di San Pietro, scavato per volontà del vescovo e del
cenobio benedettino modenese». In ogni caso, come
aggiunge il professore Zanardi, «dobbiamo pensare che
agli inizi del Quattrocento la Rocca fosse come un grandissimo cantiere unitario: costruzione e decorazione avvennero negli stessi anni». Intorno al 1420 l’ampliamento e la
trasformazione della Rocca furono completati, e negli anni
successivi anche Niccolò III venne a soggiornarvi, durante
l’estate. Poi nel 1577 l’edificio passò ai Boncompagni.
BRUNO
ZANARDI,
docente di Teoria
e tecnica
del restauro
all’Università
di Urbino,
ha guidato
il recupero
degli affreschi
A destra.
l’ingresso
della Rocca
«È una rarità
assoluta»,
conferma Bruno
Zanardi,
«Conosciamo
vari monumenti
con un intero
ciclo
di decorazioni
religiose,
ma quasi
nessuno
con decorazioni
profane.
La Rocca
di Vignola
è un caso
pressoché unico
in Europa
e sicuramente
in Italia
costituisce
la più vasta
testimonianza
di decorazione
civile
quattrocentesca»
so alla Rocca: oltre al rifacimento del tetto e delle travi, è stata risistemata la facciata con la meridiana che
ricorda da vicino quella che si trova in San Petronio a
Bologna. E già questi lavori hanno riservato le prime
sorprese: esplorando con attenzione gli intonaci, per
esempio, è stata individuata un’antica finestra tamponata, che secondo gli studiosi poteva appartenere
alla chiesa castellana fatta abbattere da Uguccione per
costruire un nuovo edificio religioso dove adesso si trova la parrocchiale. In pratica, il loggiato di oggi poteva essere una delle navate dell’antica chiesa. Non solo: il lavoro dei restauratori ha permesso di far emergere i resti della decorazione pittorica del Quattrocento; sono riemerse nuove parti della fascia con motivi a
girali, e sono stati ritrovati i colori araldici della bandiera, quelli dello stemma dei Contrari. Poi, nell’anno
appena trascorso, ci si è dedicati alla sala delle Colombe, che ha richiesto un lavoro certosino: «Abbiamo
dovuto misurarci con la peste di restauri precedenti»,
ammette il professore Zanardi. Nel 1907 il principe
Boncompagni Ludovisi, proprietario della Rocca, fece
togliere la carta da parati e la calce, e scoprì i dipinti
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sulle pareti. Ma l’affresco non era completo e così, a
partire dal 1920, furono ripristinate le parti mancanti, poi venne passata una patina anticante che doveva
dare l’effetto gotico, molto di moda a quell’epoca. È stato quindi necessario un anno di lavoro (con una squadra di più di sei esperti) per sistemare tutto: è stato tolto lo strato brunastro, ma non sono state cancellate le
parti rifatte che, secondo le analisi, sono comunque coerenti con le decorazioni volute da Uguccione. L’elegante risultato ha confermato le ipotesi che qui, in questa
Rocca, abbia lavorato certamente un grande del primo Quattrocento, forse proprio uno degli artisti che
negli stessi anni gravitavano attorno alla corte Estense. Il Maestro di Vignola non ha un nome o un cognome, e resta un mistero nel mistero: «Certamente, nella cappella della Rocca, unisce gli influssi emiliani, veneti e lombardi, il portato dell’arte di Giovanni da Modena e di Gentile da Fabriano e gli stilemi della miniatura ferrarese», sottolineano gli storici. «In questa
cappella ci sono invenzioni straordinarie», interviene
entusiasta il professor Antonio Paolucci, direttore dei
Musei Vaticani (già agli Uffizi, ed ex ministro). «Il Mae-
ANTONIO
PAOLUCCI,
direttore
dei Musei
Vaticani
In alto,
la sala
dei Leoni
e dei Leopardi
«Nella cappella della Rocca si uniscono gli influssi emiliani,
veneti e lombardi, Giovanni da Modena e Gentile da Fabriano
e gli stilemi della miniatura ferrarese», spiegano gli storici.
Ma il Maestro di Vignola non ha un nome e resta un mistero
nel mistero. «In questa cappella ci sono invenzioni straordinarie»,
commenta Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani
(già agli Uffizi ed ex ministro). «Il Maestro di Vignola
fu certamente un italiano ma i toni cromatici accesi
che utilizza lo fanno sembrare un renano o un boemo.
Ci fa capire l’internazionalità dell’arte, anche a quell’epoca»
stro di Vignola fu certamente un italiano, ma i toni cromatici accesi che utilizza lo fanno sembrare un renano o un boemo. Ci fa capire l’internazionalità dell’arte, anche a quell’epoca». Tutte le sale della Rocca sono
gioielli, come quella del Padiglione, con due sposi (forse Battistina Campofregoso e Ambrogio Contrari, 1461)
davanti a una tenda, racchiusa fra mura merlate da cui
si intravede un rigoglioso giardino, o quella dei Leoni,
degli Anelli. «Anche in questi nomi possiamo leggere
storie fantastiche», prosegue Paolucci. «L’autunno del
Medioevo ha avuto nella Rocca di Vignola uno dei luoghi eminenti della civiltà artistica europea».
Fra il 2010 e il 2012 la Fondazione di Vignola ha
investito 900.000 euro nella conservazione e valorizzazione della Rocca. E nel frattempo si è aperto un
nuovo e impegnativo cantiere, per il restauro della
Rocchetta, quella che nel Quattrocento era chiamata
«munitione», dove i bambini restano ammirati nel
vedere e toccare un antico cannone. Si sta lavorando
al recupero della copertura e di parte dei paramenti
murari interni ed esterni: i lavori dovrebbero concludersi a primavera. Passeggiare nelle sale della Rocca
Gennaio/Febbraio 2013 - OUTLOOK 73
Cultura | La Rocca di Vignola
Per molti sono luoghi comuni, per noi qualità rare.
La consulenza personalizzata e l’innovazione hanno sempre fatto parte del
nostro stile. Ecco perché, da oltre vent’anni, i n
nostri Clienti ci riconoscono una
superiore cultura nell br
brokeraggio
okeraggio
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i assicurativo. Un primato dimostrato anche
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Management. Inoltr
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e, grazie alla nostra presenza
za all’estero,
o riusciamo a tutela
tutelare
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brrokeraggio un’ar
un’arte.
un’arte. Di
Dicerto,
certo,con
con
Assiteca,
Assiteca,
è diventato
è diventato
un fatto
un fatto
di cultura.
di cultura.
GIOVANNI
ZANASI,
presidente
della Fondazione
di Vignola,
proprietaria
della Rocca
In alto,
i camminamenti
del castello
«Per la conservazione della Rocca è stato attuato un piano
di manutenzione avviato già dal 2008», ricorda Giovanni Zanasi,
presidente della Fondazione di Vignola. «La valorizzazione per noi
significa metterla a disposizione dei visitatori per sei giorni
alla settimana, con ingresso gratuito, visite guidate, materiali
divulgativi e pannelli esplicativi: le sale vengono utilizzate per incontri,
mostre, convegni e al Centro di documentazione lavorano storici
che proseguono le ricerche sul castello e sul territorio vignolese»
e ascoltare (o meglio sentire) la storia che
vi è racchiusa è un’emozione unica. E quasi
ci si commuove quando si osserva questo
maniero così bello, maestoso, intatto, e si
pensa invece che a poche decine di chilometri di distanza ci sono castelli praticamente
coevi (come quello di Finale Emilia) che
sono stati devastati dal terremoto: le loro
torri si sono sbriciolate per la potenza delle
scosse. «Sulla nostra Rocca il sisma ha provocato effetti marginali», conferma il presidente Zanasi. «I tecnici hanno comunque riscontrato la necessità di qualche intervento alla torre del Pennello, in particolare alla sommità, e abbiamo dunque deciso di intervenire con alcune opere utili a garantire
la completa e totale sicurezza».
Quotidianamente la Rocca si apre al
pubblico, alle famiglie, ai ragazzi, agli studenti. «E questo è molto importante, perché si tutela e si conserva solo ciò che si conosce», rimarca il professor Zanardi. «Un giovane deve abituarsi a pensare che la Rocca
di Vignola è parte della sua identità». «Io ce
l’ho nel mio Dna, la Rocca è sempre presente nella mia vita, così come in quella di tutti i vignolesi», continua l’avvocato Zanasi.
«La Rocca è il cuore del centro storico e credo
che sia anche un volano per tutta la città:
sono tanti i turisti che arrivano qui a Vignola e si fermano a visitare il castello, animando le vie. E per noi della fondazione questo è un altro elemento di soddisfazione».
Il professor Antonio Paolucci vi aggiunge una nota storica e un rimpianto: «Nel
1458 arrivò a Vignola Marsilio Andreasi,
segretario e primo ministro del marchese
Ludovico Gonzaga, che Mantegna effigiò
nella Camera degli Sposi al Palazzo Ducale
di Mantova: in una lettera alla corte, scrisse che questo era un “luogo giolivo”, un luogo capace di dare gioia. Ebbene, la Rocca è
sicuramente ancora un luogo di delizie, ma
tutt’attorno non c’è più il paesaggio di allora, il paesaggio verde e acquatico della Pianura Padana: arrivando qui ho visto capannoni, condomini, orrori edilizi. E mi sono chiesto perché noi italiani, che abbiamo
le scuole di restauro migliori del mondo,
abbiamo lasciato andare così il nostro paesaggio».
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Tel.
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Gennaio/Febbraio 2013 - OUTLOOK 75
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