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tratto da "Gente Veneta" - IRC Venezia Infanzia

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tratto da "Gente Veneta" - IRC Venezia Infanzia
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GENTE VENETA n. 6, 12 febbraio 2016
SCUOLA - Lettera di mons. Moraglia ai genitori che, insieme ai figli, stanno in questi giorni scegliendo la scuola superiore e se avvalersi dell’ora di religione
Il Patriarca: L’ora di religione serve a capire meglio
la nostra storia e le grandi domande dell’oggi
«S
cegliere questa speciale e preziosissima
“ora” è un fatto di
cultura e, quindi, un'occasione
straordinaria di crescita personale e comunitaria per tutti:
per lo studente che la frequenta e – indirettamente – anche
per la sua famiglia, come pure
per l'insegnante che la dirige
con passione, competenza e
sensibilità. Non per nulla è una
disciplina scolastica aperta a
tutti gli studenti: credenti o
non credenti, cristiani o non
cristiani».
E' uno dei passaggi della lettera che il Patriarca ha scritto a
tutte le famiglie che proprio in
«Scoprirete
ogni giorno di più
di avere un tesoro
di umanità da coltivare
e da far fruttare»
questi giorni stanno prendendo una decisione importante:
quale scuola far fare al proprio
figlio dopo la terza media.
Per accompagnare
ogni domanda di senso
Il responsabile per la Cei: l’Irc è al servizio
P
er conoscere le radici cristiane del nostro Paese.
Ma anche per farsi domande di senso e cercare ad
esse una risposta. Sono le due
cose basilari per cui l'ora di religione a scuola serve.
Lo sottolinea don Daniele
Saottini, responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica della Cei. «La Chiesa – rileva don Saottini - vuole condividere l’impegno dello Stato
per una scuola sempre più formativa nei confronti delle giovani generazioni e offre il suo
sostegno attraverso una disciplina dal forte valore educativo. Il tutto nel rispetto della
coscienza di ciascuno, avvalentesi o meno».
Per accompagnare le domande di tutti gli alunni. Il forte valore educativo ha a che
fare con le domande importanti che ogni persona – auspicabilmente fin da giovane
– si pone, per orientare la propria vita, governarla e non farsi sballottare senza meta dagli
eventi: «I contenuti di questa
disciplina scolastica – prosegue il responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica - cercano di rispondere in
modo efficace alle domande
di senso degli alunni di ogni
età. Infatti la domanda religiosa è presente in tutti e l’Irc
vuole aiutare gli studenti ad
affrontare nel modo migliore
queste domande. Insomma,
desideriamo aiutare il cammino di crescita culturale e personale. Del resto, questo è anche il primo obiettivo della
scuola. E l’insegnamento della religione cattolica nella
scuola vuole accompagnare
ragazzi e ragazze nel loro
cammino per diventare persone complete».
Don Daniele Saottini,
responsabile
del Servizio nazionale
per l’insegnamento
della religione cattolica
della Cei:
«Si cerca di rispondere
in modo efficace
alle domande di senso
degli alunni di ogni
età. Si desidera
accompagnare ragazzi
e ragazze nel loro
cammino per diventare
persone complete»
Un approccio culturale alla
dimensione religiosa. D'altro
canto, la religione è sempre
stata una chiave di lettura della vita, delle sue modalità e
delle sue istituzioni: «In un dibattito culturale complesso
come quello di oggi – conclude don Saottini - il fatto che si
insista nella capacità critica
per leggere la storia e il presente, richiede di conoscere
anche la dimensione religiosa,
che fa parte della cultura italiana, intesa come società e
modo di vivere. Insomma non
chiudiamo la religione solo in
una dimensione intimistica,
ma impariamo a scuola ad assumere un approccio anche
culturale alla dimensione religiosa presente in tutti».
In Italia l’87,8% degli studenti
ha detto sì all’ora di religione
Secondo l’ultima rilevazione, relativa all’anno 2014/2015, elaborata dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto su richiesta
del Servizio nazionale della Cei per l’insegnamento della religione cattolica, l’87,8% degli studenti frequenta l’ora di religione e solo il 12,2% decide di non avvalersene. Rispetto all’anno prima si
registra una leggere diminuzione di iscritti (lo 0,7%). Sopra la media nazionale di frequentanti si collocano la scuola dell’infanzia
con il 90%, le scuole primarie con il 91,6% e le scuole secondarie
di primo grado (le ex medie inferiori) con l’89,6%. Alle superiori
siamo all’81,6% degli studenti ha deciso di iscriversi all’Irc.
«Una decisione fondamentale», la definisce mons. Moraglia, perché la scelta dell'indirizzo di studi da frequentare al
termine del primo ciclo della
secondaria ha poi ricadute importanti su tutta la vita. E a 14
anni non sempre è chiaro quale sia il percorso migliore da seguire; così anche i genitori sono in cerca di lumi e di consigli.
Insieme, c'è anche la decisione se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica. Per una scelta matura
occorre conoscere a che cosa
serve quest'ora di scuola: «L'insegnamento della religione cattolica a scuola – spiega il Pa-
triarca – introduce e approfondisce quel messaggio evangelico e quei contenuti della fede
cristiana che hanno contraddistinto la storia italiana ed europea e continuano, beneficamente, a segnare la nostra vita
di oggi; nello stesso tempo ci
aiuta ad entrare nelle grandi
domande e nelle questioni
scottanti che attraversano la
società attuale e, soprattutto, il
cuore di ciascuno di noi, di tutti gli uomini e di tutte le donne
della nostra epoca».
La storia della nostra civiltà,
infatti, non nasce dal nulla, ma
da un principio ben preciso,
che per duemila anni ha dato
colore e forma al nostro modo
di vivere. Conoscere cosa è
successo e perché oggi siamo
così non è secondario. E la fede
cristiana è uno strumento basilare per decodificare la realtà
in cui siamo immersi.
Ma conoscere il passato serve per vivere meglio l'oggi, per
entrare – come dice il Patriarca
– nelle grandi domande e nelle questioni scottanti. «Vi invito perciò – prosegue la lettera
del vescovo ai genitori – a vincere anche i possibili pregiudizi o condizionamenti e a sottrarvi, se fosse necessario, a un
certo pensiero unico che punta
– in maniera più o meno espli-
di Giulia Busetto
IRC, UN VALORE
Insegnare
la religione
cattolica,
testimonianze
cita – a disattendere o rinnegare il carattere vitale della domanda religiosa nella vita dell'uomo o veicola un'errata o inadeguata visione della libertà
umana».
«Se sceglierete di avvalervi
dell'ora di religione – conclude
il Patriarca – scoprirete ogni
giorno di più di avere un tesoro di umanità da coltivare e da
far fruttare, un potente strumento educativo e formativo
sempre a disposizione e un
aiuto ad essere più informati e
consapevoli nelle vostre future
scelte». (il testo completo della
lettera del Patriarca è in
www.genteveneta.it)
Gabriela, a scuola con 380 prof di religione:
«Sono i miei bambini a insegnarmi»
N
el quartiere in cui vive
nessuno si riferisce a lei
col suo cognome. Per
tutti è “Gabriela la maestra di
religione”.
«Ormai è la mia identità, il
mio marchio di fabbrica», racconta con un certo orgoglio.
Ma prima di diventarlo è stata
per diciotto anni “Gabriela l’operaia”, caporeparto di un’azienda tessile e poi confezionatrice in una camiceria.
Anni nel sindacato, con lo
stesso amore per la giustizia.
In quegli anni ha fatto esperienza dei maltrattamenti rivolti a lei e alle sue colleghe da
parte dei datori di lavoro, tanto da spingerla a diventare sindacalista della Cisl per frenare
lo sfruttamento quotidianamente vissuto. «Sono entrata
nel direttivo del sindacato per
un desiderio di giustizia sociale, volevo che fossero garantiti a me e alle mie colleghe i diritti fondamentali. È lo stesso
amore per la giustizia e l’uguaglianza cristiana che cerco
di trasmettere ora ai miei piccoli alunni».
Gabriela Rocco, sessantaduenne mirese della parrocchia di San Nicolò, insegna religione cattolica in tutte e quindici le classi delle scuole d’infanzia del circolo didattico Mira 1. «Ogni anno riesco a imparare i nuovi nomi non prima di Natale» confessa la maestra. «Li ripeto ogni volta che
torno a casa. Mi impegno al
massimo per memorizzarli,
perché chiamare un bambino
per nome significa dirgli “tu
mi interessi”, “io so chi sei”».
Gabriela è figlia di madre
cattolica e padre ateo. Ha quattro figlie. Ama i trattati di formazione e l’impressionismo
pittorico. Il marito Domenico,
scomparso poco tempo fa,
condivideva con lei la stessa
professione.
«Studiare teologia mi ha donato due cose: senso della vita e marito». Si sono innamorati mentre studiavano teologia a Roma e hanno deciso di
tornare a Mira per metter su
famiglia.
«A vent’anni mi sono iscritta a teologia che, oltre a farmi
riscoprire un Dio capace di amarmi incondizionatamente
mi ha permesso di incontrare
mio marito. Oltre all’amore ci
hanno uniti vent’anni d’insegnamento della religione cattolica e
quarant’anni di ca-
Gabriela Rocco, nella foto piccola, e il disegno molto espressivo
fatto da un suo alunno, dal titolo “Gesù si sceglie degli amici”
Operaia e sindacalista
prima di insegnare,
Gabriela Rocco dice:
«Quando ho cominciato
ad insegnare religione
mi sentivo quasi
in colpa di essere pagata.
Recarmi al lavoro
non era più una fatica,
era la mia vocazione»
techismo. Lui era già laureato
e molto più preparato di me.
Negli anni mi ha stimolato
nella formazione. Mi diceva
spesso: “Guarda che sull’argomento di cui stiamo discutendo la Chiesa si è espressa con
chiarezza, prova a leggere
questo documento del Concilio”».
Dopo quasi due decenni
passati tra fabbrica e sindacato, che le hanno permesso di
contribuire alle spese familiari,
Gabriela decide di concretizzare il suo sogno di diventare
docente di religione.
«Mi sentivo quasi in colpa di
essere pagata...». Nel 1990, a
Venezia, ottiene l’abilitazione
all’insegnamento: «Dopo tutti
quegli anni in fabbrica, quando ho cominciato ad insegnare religione mi sentivo quasi in
colpa di essere pagata. Recarmi al lavoro non era più una
fatica. Questa era davvero la
mia vocazione, a differenza
della mia vecchia occupazione. Da quel momento in poi al
mattino non vedo l’ora di svegliarmi e correre dai miei bambini. Adesso che le mie figlie
sono grandi e mio marito non
c’è più, la domenica è diventato il giorno meno lieto, perché
non faccio lezione».
L’ex operaia e sindacalista ora definisce i suoi trecentottanta bambini che vanno dai
tre ai sei anni «i miei insegnanti di religione, più che io
la loro. Perché sono in grado
di mettermi in discussione come persona. Davanti ai bambini non è possibile mentire,
né indossare maschere. Ti
chiedono di diventare come
loro. Ed è la stessa cosa che
chiede Cristo per permetterci
di entrare nel Regno dei cieli».
La maturità dei bambini. Una volta Gabriela ha chiesto ai
suoi alunni come mai, nel famoso episodio evangelico, Gesù fosse stato in grado di calmare la tempesta. «Uno di lo-
ro, figlio di atei, ha replicato
candidamente senza alcun
suggerimento: “Perché in lui
c’era la potenza di Dio, maestra”. Ero sbalordita. Ecco perché dico che sono i miei insegnanti. In un minuto quel
bambino mi aveva spiegato
teologicamente ciò che io avevo appreso in anni di studi.
Per questo non sono d’accordo
con alcuni miei colleghi Irc che
evitano di parlare in classe della morte di Gesù, fermandosi
all’ultima cena. Superata la fase dello sviluppo legata alle
paure, dopo i quattro anni si
può parlare anche di questo.
Addirittura ho constatato che
attorno ai cinque anni sono in
grado di cogliere i motivi storici del processo a Cristo».
Catechismo? Un valore aggiunto. “Gabriela la maestra di
religione” afferma che non potrebbe fare il suo lavoro senza
essere anche “Gabriela la catechista”: «Pur rimanendo due
cose distinte (la scuola ci si occupa della formazione dell’uomo e del cittadino mentre la parrocchia della sua
formazione cristiana) insegnare catechismo da quarantacinque anni è un valore aggiunto per il lavoro
che svolgo. È un segno di
coerenza, come lo è per i
bambini vedermi a messa
la domenica».
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