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Il picchio nero Dryocopus martius nel Parco Nazionale

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Il picchio nero Dryocopus martius nel Parco Nazionale
Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna
Quad. Studi Nat. Romagna, 27: 143 - 154 dicembre 2008 ISSN 1123-6787
Pier Paolo Ceccarelli, Nevio Agostini, Massimo Milandri & Mario Bonora
IL PICCHIO NERO DRYOCOPUS MARTIUS (LINNAEUS, 1758)
NEL PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI
(Aves Piciformes Picidae)
Riassunto
Si illustra l’evoluzione della presenza del Picchio nero Dryocopus martius (Linnaeus, 1758), specie
che risulta insediata nel versante romagnolo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte
Falterona e Campigna da pochi anni. Dopo la prima osservazione del dicembre 2000, si è assistito
ad un’espansione locale della specie la cui distribuzione interessa attualmente tutta l’area romagnola
delle Foreste Casentinesi vere e proprie, dove viene stimata la presenza di 4-5 coppie riproduttive.
Questa nuova presenza è di notevole valore biogeografico, in quanto rappresenta l’unico
Fig. 1 - Femmina di Picchio nero nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (foto G. Amadori).
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insediamento noto in tutto l’Appennino settentrionale, disgiunto dalle zone italiane di abituale
nidificazione costituite dall’arco alpino e da piccole stazioni nell’Appennino centrale e meridionale.
Abstract
[The Black Woodpecker Dryocopus martius (Linnaeus, 1758) in the National Park of the Casentine
Forests, Mount Falterona and Campigna]
The paper deals with the evolution of the presence of Black Woodpecker Dryocopus martius
(Linnaeus, 1758) in the National Park of the Casentine Forests, Mount Falterona and Campigna
(Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi) since a few years. The species settled in the Romagna
slope of the National Park. After the first observation in December 2000, an expansion of the
species has beeen observed, and its local distribution currently interests the whole Romagna area
of the National Park, reaching an estimated presence of 4-5 reproductive pairs. This expanding
presence is a datum of remarkable biogeographical value, in that it represents the only stable
settlement known in northern Apennine, geographically isolated from the usual nest-building zones
situated in the Italian Alps and in small stations in central and southern Apennines.
Key words: Black Woodpecker, Dryocopus martius, breeding, Parco Nazionale Foreste Casentinesi,
Romagna.
Introduzione
Il Picchio nero Dryocopus martius (Linnaeus, 1758) è specie politipica a
distribuzione eurosibirica, presente in Europa con la sottospecie D. m. martius
(BRICHETTI & FRACASSO, 2007). È distribuita in tutto il continente, ad eccezione
della Gran Bretagna, con una popolazione stimata in 740.000-1.400.000 coppie,
concentrate in Russia (500.000-1.000.000 cp.), con trend di stabilità (BIRDLIFE
INTERNATIONAL, 2004).
In Italia la popolazione viene valutata in 1.300-3.700 coppie con recente incremento
ed espansione territoriale; l’areale è continuo nell’arco alpino dove si trova gran
parte della popolazione; la presenza è più diffusa nei settori centrale ed orientale,
con limite occidentale nelle Alpi Marittime (BRICHETTI & FRACASSO, 2007).
Nell’Appennino la presenza è scarsa, limitata a 100-150 coppie, localizzate in
stazioni isolate della Campania, Basilicata, Calabria, Abruzzo, Molise; recente la
presenza scoperta nell’Appennino tosco-romagnolo (CECCARELLI et al., 2003).
È il più grande dei picchi europei: la lunghezza totale è di 450-570 mm, l’apertura
alare è di 640-680 mm, il peso va da 250 a 300 gr. È facilmente riconoscibile per il
corpo completamente nero lucido, ad eccezione del capo che presenta una stria
rossa sul vertice nel maschio, mentre nella femmina (Fig. 1) il rosso è limitato ad
una piccola macchia alla nuca. È dotato di un becco potente, a forma di pugnale,
lungo 55-70 mm.
È sedentario e nidificante nelle foreste mature ricche di alberi morti rimasti eretti;
nidifica in cavità scavate negli alberi.
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Più che dall’osservazione diretta, non sempre facile, la presenza del Picchio nero
può essere rilevata dall’ascolto dei caratteristici segnali vocali e strumentali.
Il repertorio vocale è ampio e comprende alcune voci distintive: un richiamo
quasi esclusivamente primaverile, al momento della formazione della coppia, che
può considerarsi un canto (advertising-call), un richiamo emesso durante il volo
(flyght-call), un richiamo che indica situazioni di agitazione (excitement-call).
La terminologia dei richiami è ripresa da CRAMP (1985).
Più importante è però un’emissione strumentale, il tambureggiamento (drumming),
comune anche agli altri picchi, provocata da una raffica di percussioni col becco
su tronchi o rami, che ha significato di demarcazione del territorio e di
comunicazione tra i partner; nel Picchio nero il tambureggiamento è molto potente,
lungo 1,5-2,5 sec durante i quali vengono emessi circa 30-40 colpi di becco,
percettibile fino a 2 km di distanza; è emesso da entrambi i sessi.
Altro segno della presenza è rappresentato dai tipici scavi di alimentazione che la
specie provoca negli alberi morti alla ricerca degli insetti xilofagi di cui si nutre,
in particolare Formicidi dei generi Camponotus e Lasius; gli scavi sono molto
grandi e profondi, spesso di forma rettangolare (cfr. foto di fig. 2), assolutamente
distintivi rispetto a quelli provocati dagli altri picchi.
Presenza storica nell’Appennino settentrionale ed in Emilia-Romagna in
particolare
Sulla presenza del Picchio nero nell’Appennino settentrionale esistono alcune
testimonianze storiche: era considerato presente nel Pesarese nel ‘500 (PANDOLFI
& GIACCHINI, 1995), era elencato fra le specie del Casentino a inizio ‘800
(TRAMONTANI, 1801).
ZANGHERI (1938) lo considera “Accidentale”, “Rarissimo”: “non ritengo probabile
che esso possa oggi presentarsi, anche accidentalmente, in Romagna. Cita quanto
riportato dal Majoli (fine ‘700) che “ricorda di avere avuto, una sola volta, questo
uccello dalle Pinete Ravennati”.
Riporta un’informazione di Don Giuseppe Bosi di Marradi che “mi comunica di
averne veduto un esemplare preso nel 1889 in quel di Casola Valsenio in una
pineta (Villa Ferriani)”. E ancora: “…può darsi che si spingesse, sia pure
occasionalmente, fino all’Emilia, come del resto hanno ammesso il Doderlein, il
Carruccio e il Picaglia (cfr. GIGLIOLI, 1907, pag.304).
Anche SALVADORI (1872) riporta: “Il Doderlein assicura che s’incontra talora nei
boschi dell’alta montagna del Modenese.”
Un’osservazione nel Modenese è stata segnalata del resto anche in tempi più
recenti, in data 6/10/1984, nei Boschi di Faeto a Serramazzoni (MO) da parte di
Bertarelli (com. pers.).
Era inoltre noto come nidificante nelle Pinete Ravennati nel ‘700 (GINANNI, 1774):
“Forma egli nelle medesime (pinete) il suo nido”.
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Fig. 2 - Buchi di alimentazione del Picchio nero.
Fig. 3 - Distribuzione del Picchio nero nel Parco (in giallo l’ubicazione dei buchi di alimentazione,
in rosso i punti di osservazione o di ascolto degli individui).
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Area di studio e metodi
Il Picchio nero è attualmente presente nel Parco Nazionale delle Foreste
Casentinesi, in particolare nel versante romagnolo delle Foreste Casentinesi.
Il settore romagnolo delle F.C. si estende per circa 3800 ettari corrispondenti ad
una porzione di foresta a ridosso del crinale appenninico da Monte Falco-Pian
delle Fontanelle a Cima del Termine-Passo dei Mandrioli, per una lunghezza di
circa 19 km ed una larghezza variabile da 1 a 3 km. Le altitudini massime sono
quelle del crinale, dai 1200 m ai 1658 m del Monte Falco; il bordo inferiore della
fascia scende ai 550 m del Fosso della Lama.
L’area è coperta quasi ininterrottamente dal manto forestale, suddiviso nelle due
Foreste Biogenetiche di Campigna e della Lama (comuni di S.Sofia e Bagno di
Romagna), ed include la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino (764 ettari).
La principale fitocenosi è quella della foresta mista con prevalenza di Faggio e
Abete bianco alle quote più elevate che diviene, a quote inferiori, bosco misto
con l’inserimento di diverse specie di latifoglie (Acero montano e riccio, Frassino
maggiore, Tigli nostrale e platifillo, Olmo montano, Carpino bianco, ecc.);
importanti nuclei di abetina pura si trovano a Campigna, Grigiole, Poggio della
Bertesca, Vallata dei Forconali, Posticcia, Fosso degli Acuti. Si tratta di foreste
mature con alberi spesso imponenti, con altezze fino a 30-40 m e diametri di 80100 cm, nelle quali sono diffusi gli alberi morti rimasti in piedi (prevalentemente
abeti nei crinali secondari).
Inizialmente, per contattare gli esemplari nel Parco si è fatto ricorso all’utilizzo
del playback emettendo i richiami caratteristici della specie; il Picchio nero si è
mostrato reattivo rispondendo generalmente alla provocazione con emissioni vocali
e tambureggiamenti, mostrandosi talora in volo. Questo tipo di indagine è stata
limitata ai mesi (febbraio-aprile) che precedono la nidificazione per non arrecare
disturbo nelle fasi riproduttive, mesi nei quali peraltro è massima l’attività vocale
spontanea ed il tambureggiamento. Questa prima fase della ricerca è servita a
localizzare le zone frequentate abitualmente dalla specie, in modo da indirizzare
verso queste zone le ricerche successive.
Risultati: Evoluzione della presenza
La prima segnalazione risale al 21/12/2000 da parte di Agostini che osservò un
individuo sul Poggio Cornacchia, nella Foresta della Lama; successive ricerche
mirate, nell’anno 2001, non hanno però avuto esito positivo. Nelle primavere del
2002 e 2003 è stato ripetutamente ascoltato il classico tambureggiamento nella
zona di Fosso Campo alla Sega (Milandri, oss. pers.). In quest’ultima area, in
data 29/3/2003, è stata osservata una femmina che, dopo avere tambureggiato
spontaneamente, ha poi reagito ai richiami registrati mostrandosi in volo a poca
distanza dagli osservatori.
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Quasi contemporaneamente Tellini Florenzano (com. pers.) segnalava l’ascolto,
non supportato da osservazioni, di singoli forti colpi di becco nel versante toscano
(26/2/2003).
L’osservazione successiva è avvenuta il 15/5/2003 nel corso di un’escursione
appositamente organizzata, con l’assistenza del CFS, all’interno della Riserva
Naturale Integrale di Sasso Fratino.
La R.N. di Sasso Fratino, ed i suoi dintorni, rappresenta evidentemente l’area del
primo insediamento che può avere riguardato almeno una coppia. Anche le
osservazioni degli anni 2004 e 2005 sono risultate limitate a quest’area.
Successivamente, grazie a puntuali ricerche patrocinate dal Parco Nazionale, i
contatti diretti con la specie e il ritrovamento degli scavi di alimentazione hanno
interessato anche altre zone delle F.C.: a Est in particolare Le Cullacce, Poggio
Palaio, Le Secchete, fino al crinale di Coloreta-Celle; a Ovest il Poggio di Fonte
Murata; una segnalazione è pervenuta dal versante toscano sopra Badia Prataglia,
al Campo dell’Agio (Bulgarini, oss. pers.). Nel 2007 e nel 2008 altre osservazioni
sono avvenute alla Lama, alle Grigiole, al Poggio della Bertesca; nel versante
toscano alcuni contatti hanno riguardato la Riserva della Scodella.
Durante le ricerche sono state rilevate le coordinate dei punti di osservazione e
degli alberi intaccati dagli scavi di alimentazione. Questi ultimi sono stati trovati
principalmente negli abeti bianchi e rossi (80% delle oltre 190 piante censite) e
secondariamente nei faggi (13%), in rari casi in altre piante (pino nero, olmo,
ciliegio); va tenuto presente al riguardo che l’abete è comunque l’essenza
assolutamente prevalente fra le piante morte rimaste erette.
Nella fig. 3 è rappresentata la distribuzione delle osservazioni e degli scavi di
alimentazione rilevati.
La distribuzione indica l’espansione della popolazione locale che sembra, al
momento, costituita da almeno 4 coppie individuate in altrettanti territori:
1) Sasso Fratino- Fosso Campo alla Sega-Pian del Pero
2) Cullacce-Ballatoio-Poggio Termini
3) Poggio Palaio-Secchete-Ripa la Donna
4) Poggio Fonte Murata-Grigiole-Poggio Bertesca
Non è da escludere che il territorio 4) sia occupato anche da una quinta coppia.
In quest’ultimo anno (2008) le indagini sono state in particolare indirizzate nella
ricerca delle cavità-nido.
Sono stati trovati i nidi nei territori 2) e 3) ovvero nelle aree di Cullacce e di
Poggio Palaio; nelle altre aree non è stato possibile effettuare una ricerca adeguata.
In ognuno dei due territori le cavità, scavate in alberi vivi, si trovano in piccole
particelle di faggi maturi, dal fusto colonnare e liscio, situate nei pressi delle zone
di alimentazione con abeti morti.
Alle Cullacce si trovano 4 cavità: 2 su un stesso faggio, 2 in un altro faggio
vicino, distante circa 13 m; tutte queste sono risultate vecchie, scavate negli anni
scorsi.
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A Poggio Palaio, in una zona ristretta, si trovano 6 cavità: 3 sullo stesso faggio, uno
su un faggio a circa 13 m dal precedente, 2 su uno stesso faggio in parte secco
distante circa 29 m dal primo. Le ultime due sono chiaramente costruite nell’anno
in corso, come è dimostrato dai bordi del foro dove il legno appare ancora fresco
e dalle scaglie di legno alla base dell’albero. Un’altra cavità vecchia, isolata, si
trova in una zona a circa 350 m da queste ultime; infine un’altra coppia di cavità,
recenti, sono su un faggio a 700 m dalla zona principale. Sono quindi 9 le cavità
trovate a Poggio Palaio.
I due territori riproduttivi, Cullacce e Poggio Palaio, distano tra loro circa 2,2 km
in linea d’aria.
I fori di ingresso ai nidi hanno in genere una forma ovale, caratteristica dei nidi di
Picchio nero, con dimensioni di altezza e larghezza superiori ai 10 cm; in alcuni
casi sono quasi circolari, con misure leggermente inferiori (potrebbe anche trattarsi
di abbozzi di nido, non completati); tutti i fori sono ubicati tra 7 e 10 m dal suolo
(media 8 m).
Tutti i nidi sono posti su faggi di grandi dimensioni, alti da 16 a 28 m (media 22,8
m), con diametro del fusto a 130 cm da terra tra 39 e 70 cm (media 55 cm); il fusto
è colonnare, libero dalla chioma fino a 10-15 m; solo in un caso il nido è stato
scavato in un faggio in parte secco e con parte della chioma sotto al nido.
Nella foto di fig. 4 sono raffigurati alcuni dei nidi.
La tab. 1 mostra le caratteristiche principali degli alberi che ospitano i nidi.
Nel 2008, attorno ad uno dei nidi nuovi l’attività ed i ripetuti atteggiamenti allarmati
del maschio indicavano chiaramente una fase riproduttiva in atto, della quale non
è stato però possibile verificare l’esito. In quelle occasioni è stato possibile ascoltare
un richiamo raro, simile ad un richiamo della Taccola (o della Civetta), citato in
letteratura come segnale di incontro tra i due partner e del loro cambio di turno
nella cova (CRAMP, 1985; LUISE, 1990).
Tab. 1 - Caratteristiche delle cavità-nido del Picchio nero (le cavità che si trovano sullo stesso
albero sono raggruppate in un’unica riga)
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Fig. 4 - Nidi di Picchio nero.
Discussione
L’insediamento del Picchio nero nelle Foreste Casentinesi è da farsi risalire all’anno
2000 o agli anni immediatamente precedenti; a riprova di ciò si può citare una
ricerca effettuata negli anni 1994-99 (STERNA, 1999) su tutta la porzione romagnola
del Parco tesa a definire la distribuzione dei picchi locali e rilevare l’eventuale
presenza del Picchio dalmatino o Picchio dorsobianco (Dendrocopos leucotos
lilfordi); di quest’ultima specie è nota la cattura di un maschio sul Monte Falterona
in data 20/10/1888, conservato allora nella Collezione dell’Avv. Beni e
successivamente presso il Municipio di Stia (Arezzo) (FOSCHI, 1986).
Nel corso della ricerca è stata definita la distribuzione di tutti i picchi rilevati:
Picchio verde (Picus viridis), Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major),
Picchio rosso minore (Dendrocopos minor); non è mai stato certamente ascoltato
nessuno dei segnali vocali e strumentali del Picchio nero, né rilevato nessuno dei
caratteristici fori di alimentazione. Anche per il versante toscano non risulta
nessuna informazione sulla presenza di questa specie che non è inclusa nell’Atlante
degli uccelli della Toscana (TELLINI FLORENZANO et al., 1997).
Non si hanno elementi per ipotizzare l’origine degli esemplari insediati nel Parco;
i siti riproduttivi più vicini si trovano a circa 200 km a Nord nelle Prealpi Venete,
a circa 300 km a Ovest nelle Alpi Marittime e a circa 300 km a Sud nell’Appennino
abruzzese. È da ritenere tuttavia più probabile la provenienza dalle Alpi dove la
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Fig. 5 - La Riserva Integrale di Sasso Fratino è indubbiamento il luogo di primo insediamento
del Picchio nero nel Parco (foto N. Agostini).
Fig. 6 - Alberi morti sul crinale di Poggio Cornacchia, a ridosso della Riserva Integrale di Sasso
Fratino. La salvaguardia degli alberi vetusti e il mantenimento del legno morto sono alla base
della conservazione della popolazione di Picchio nero (foto N. Agostini).
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densità della popolazione è molto più alta rispetto a quella dell’Appennino
meridionale; nelle Alpi si verificano peraltro fenomeni di espansione e movimenti
erratici verso zone prealpine, collinari ed anche di pianura (BRICHETTI & FRACASSO,
2007). Le osservazioni passate ed anche quella più recente già citate per il
Modenese sembrerebbero avvalorare questa ipotesi.
E’ verosimile che l’insediamento si sia verificato con pochi individui, forse solo
una coppia, installatisi originariamente nell’area di Poggio Cornacchia e nella
R.N.I. di Sasso Fratino; il progressivo ampliamento dalla distribuzione sarebbe
dovuto alla riproduzione dei primi individui con l’espansione verso altre zone
della foresta.
Attualmente l’areale conosciuto del Picchio nero va, ad Est, dal Passo dei Lupatti
fino a superare, ad Ovest, la Costa di Poggio Corsoio, interessando marginalmente
la porzione del versante romagnolo che ricade nella provincia di Firenze; si tratta
di una fascia delle foreste della Lama e di Campigna lunga circa 19 km, compresa
fra le altitudini di 700 e 1300 m. Lungo questa fascia l’ubicazione dei fori di
alimentazione e delle osservazioni indicano abbastanza nettamente l’esistenza di
4 probabili territori e forse di un quinto territorio. In ognuno dei 4 territori è stata
verificata la presenza di almeno una coppia di maschio e femmina; in 2 dei territori
è stata verificata l’esistenza di zone con nidi vecchi e nuovi.
Si tratta comunque di una situazione in rapida evoluzione che lascia presagire
probabili prossimi insediamenti in altre zone della foresta.
Al momento l’espansione locale del Picchio nero non sembra interessare il versante
toscano del Parco; sono note in verità alcune osservazioni in zone in prossimità
del crinale (Campo dell’Agio, Riserva della Scodella), ma si tratta probabilmente
di presenze dovute a movimenti erratici degli individui del versante romagnolo
alla ricerca di nuove zone di foraggiamento; anche la scarsa presenza dei fori di
alimentazione non fa pensare ancora ad un insediamento stabile. Va considerato
peraltro che nel versante toscano, per la gestione forestale ivi attuata, la presenza
degli abeti morti è molto ridotta, circostanza che non favorisce la permanenza del
Picchio nero.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e
Campigna per il conferimento degli incarichi di ricerca ed il Corpo Forestale
dello Stato, Coordinamento Territorio Ambiente e l’Ufficio Territoriale per la
Biodiversità, per la preziosa assistenza prestata in varie occasioni e durante i
sopralluoghi nelle aree di Riserva Integrale, in particolare Guido Crudele, Renzo
Di Iulio, Leonardo Angioloni, Mauro Fabbri, Pierangelo Simoncini.
Si ringraziano inoltre quanti hanno fattivamente collaborato alle ricerche sul
campo: Davide Alberti, Carlo Ciani, Ugo Foscolo Foschi, Maurizio Samorì, Marco
Verdecchia. Per le foto del Picchio nero si ringrazia Giorgio Amadori.
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Bibliografia
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Naturale di Livorno. Monografie. 1.
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Biblioteca cristiano-filosofica anno III vol.XIV – Stamperia della Carità, Firenze.
ZANGHERI P., 1938 - Primo censimento completo della Avifauna Romagnola. In Forlì
presso l’Autore.
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Indirizzo degli autori:
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ASOER - Associazione Ornitologi dell’Emilia-Romagna
via A. Galli, 7 I - 40127 Bologna (BO)
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