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Meditazione: istruzioni per l`uso - SoffioVitale ~ :::: di Tiziana Citelli

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Meditazione: istruzioni per l`uso - SoffioVitale ~ :::: di Tiziana Citelli
Meditazione: Istruzioni per l’uso
La Via di Ramana: l’Indagine sul Sé (Self-Enquiry)
Estratti dai libri:
“PER QUELLI CON POCA POLVERE: Scritti selezionati di A.Oborne”
“INDIA SEGRETA” di P. Brunton
Progetto e traduzione di Tiziana Citelli
PREMESSA
Il titolo particolare di questo libro scritto da Arthur Osborne, un giornalista occidentale vissuto accanto
a Ramana Maharshi per vari anni che, malgrado i vari libri sull’argomento già in mio possesso, mi ha al
punto tale incuriosito da spingermi ad acquistarlo, viene così spiegato dall’autore:
“Si racconta (e la storia non è meno significativa che sia storicamente vera o meno), che dopo avere
realizzato l’Illuminazione, il primo impulso del Budda fosse quello di permanere nello splendore della
Beatitudine senza voltarsi indietro a comunicare ciò che è incomunicabile all’umanità. Poi rifletté: “Ci sono
alcuni che sono perspicaci (hanno la visione ndt) e non hanno bisogno dei miei insegnamenti e alcuni i cui
occhi sono così oscurati dalla polvere che non ci faranno attenzione e anche se li riceveranno non li
riconosceranno; ma tra questi due (categorie) ce ne sono anche alcuni che hanno solo un poco di polvere
negli occhi e che possono essere aiutati a vedere; e per il beneficio di questi tornerò indietro in mezzo
all’umanità ad insegnare”.
Ho scelto di tradurre questo estratto del capitolo La Via Diretta per spirito di servizio ed espressione di
gratitudine per quanto ho ricevuto in questi anni all’Athithi Ashram e al Ramana Ashram, grazie all’incontro
con Ramana Maharshi, avvenuto attraverso Swami Hamsananda e Ma Sowmiya. Hanno reso possibile per
me l’accesso a un luogo molto speciale del cuore dove è possibile l’esperienza del Silenzio.
Ho anche pensato di inserire un estratto dal libro di Paul Brunton, un altro giornalista occidentale che
negli anni trenta ha incontrato Ramana Maharshi, che rende l’idea del tipo di insegnamento che il grande
saggio dava, attraverso il Silenzio, e che continua a esserci in modo chiaramente percepibile per tutti coloro
che si recano in questo luogo speciale che è il Ramana Ashramam.
L’auspicio è che questo scritto, così come ha aiutato me a comprendere e applicare meglio nella pratica
il metodo della Self-Enquiry, possa aiutare anche altri che sono impegnati nella ricerca spirituale e nel
risveglio della coscienza. E’ quindi dedicato a tutti coloro che pensano che lo scopo della vita sia “essere” e
non “avere” : la casa, la macchina, la famiglia, i figli, il lavoro; alzarsi, mangiare, dormire etc.
La meditazione apre il cuore, e col cuore aperto, tutto è più facile perché si attinge direttamente alla
Fonte. L’unica Fonte che, dopo tanto vagare, appaga la sete esistenziale. Ed è come essere tornati a casa.
Buona lettura!
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THE DIRECT PATH: La Via Diretta
** Chi volesse approfondire la vita e gli insegnamenti di Ramana Maharshi consulti il sito
http://www.taijichen-sardegna.com/testi.php
Tutti i maestri spirituali hanno avuto un proposito: aiutare l’uomo a superare la potente illusione
dell’ego e risiedere nella beatitudine perfetta del Sé, o almeno avvicinarsi a questo.
Ci sono varie categorie di Maestri Spirituali ma Bhagavan Sri Ramana non si conforma ad alcuna delle
precedenti categorie. Lui non è venuto né a fondare una nuova religione né a dare una rigida guida in una
religione già esistente, ma ad aprire una Via a coloro che cercano il mondo oltre tutte le religioni.
Il compito attuato da Bhagavan Sri Ramana era di riaprire la Via diretta della Self-enquiry, (metodo
dell’indagine sul Sé ndt) che era diventato troppo arduo in questa nostra era spirituale così buia. Questa
Via, che a livello teorico ha le basi nell’Advaita, si situa al punto di origine dal quale le varie religioni si
dipartono, e può quindi essere approcciata da ogni direzione.
Che ci siano poche o tante persone che la intraprendono non è il problema centrale, (la cosa
importante ndt) è che essa sia stata aperta. Di per sé, se non fosse per Bhagavan, (questo metodo ndt)
sarebbe molto inaccessibile all’uomo moderno, per la sua semplicità e direzionalità: non richiede alcun
rituale o forma di adorazione, di sacerdozio o congregazione, nessun segno esterno o precetti da osservare,
ma può essere praticata in un seminario, in cucina o in ufficio così come in un monastero o in un eremo. E
inoltre non richiede nemmeno il pesante fardello della conoscenza teorica (della dottrina ndt).
La sua descrizione come Jnana-marga, Il Sentiero della Conoscenza o Intelletto, a volte porta all’idea
che sia più filosofica di altri sentieri, ma è vero l’opposto. In vari percorsi (spirituali) devono essere acquisite
alcune conoscenze teoriche e in genere meno i percorsi sono diretti e più c’è un bisogno maggiore di
teorie. (...)
Tuttavia non è solo per la semplicità di applicazione e per la sua libertà da ciò che non è essenziale che
la via aperta per noi da Bhagavan è la più diretta. E’ intrinsecamente così. Questo può essere spiegato
meglio se si delinea la Posizione in cui si trova inizialmente l’aspirante, il Compito che ha davanti a sé e
infine il Metodo per realizzarlo.
La posizione iniziale è che esiste solo Atma, il Sé o lo Spirito, che si manifesta in tutte le forme
dell’universo e anche nel vostro essere, senza peraltro cessare dall’essere senza forma e senza
cambiamento.
Tuttavia esiste anche un ego, un io, un sé individuale che immagina se stesso come un essere reale e
separato, come se una delle persone che compaiono in un sogno immaginasse se stessa esistere separata
dalla mente del sognatore.
Il Sé è una immutevole Beatitudine e Perfezione, senza nascita o morte, inizio o fine; l’ego è un
incessante tumulto, piagato da speranza e paura, ansietà e rimpianto, attaccamenti, perdite e condannato
a priori alla morte.
Ma ha un punto a suo favore: l’ego ha una intuizione del Sé, che concepisce come un Essere più
grande, infinitamente buono, insondabilmente saggio, amorevole senza condizioni e chiama questo essere
DIO.
Il Compito è quello di estinguere il senso dell’ego di modo che il Sé, il quale è sempre l’unico esistito e
che esisterà, rimane nella coscienza e vede tutto questo panorama come una manifestazione di se stesso.
Per esprimere questo, Bhagavan spesso ridendo diceva: “Avete solo da disrealizzare l’irrealtà e allora la
Realtà apparirà”
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Questo obiettivo significa passare dall’unità attraverso la dualità per ritornare all’unità: all’inizio
all’aspirante appare che questo ego sia l’unica indiscutibile realtà, quindi egli percepisce la realtà di
entrambi: ego e Dio o Sé, la fine si ha quando il senso dell’ego si dissolve.
I metodi per intraprendere questo compito sono innumerevoli, ma sarà sufficiente qui dividerli in tre
categorie generali: quello della religione esoterica, quello dei percorsi spirituali indiretti e quello della Via
Diretta della Self-Enquiry (Indagine sul Sé).
La via della religione esoterica consiste nel sostituire progressivamente l’egoismo con la sottomissione
al volere di Dio. I suoi precetti cardinali sono fede, amore, umiltà e buone azioni. Mano a mano che tali
precetti sono attuati, effettivamente portano l’uomo verso la Auto realizzazione, anche se egli può darsi
che non lo riconosca consapevolmente.
E’ vero che l’Obiettivo probabilmente non sarà raggiunto in questa vita, ma nella visione di Dio una vita
è molto poco (uno spazio di tempo molto piccolo ndt). La Fede rinforza la convinzione intuitiva della realtà
di Dio o del Sé. L’umiltà, la sua controparte, indebolisce la convinzione nell’ego e diminuisce l’importanza
connessa ad esso. L’amore si batte per arrendere l’ego a Dio e il suo benessere agli altri (...) Bhagavan a
volte incoraggiò questa via parlando a coloro che per la loro natura non erano guidati a una più
consapevole sadhana (pratica ndt) .
La strada della sadhana indiretta - che è quella dei sentieri spirituali più consapevoli del Risultato
rispetto a quella della religione esoterica, ma meno diretta della Self-enquiry - serve a rinforzare, purificare
e armonizzare la mente attraverso varie tecniche e a restare attaccati alla ricerca del Sé che è spesso
concepito come Padre, Madre o Amato.
Bhagavan non ha mai negato l’efficacia di questi metodi. Una volta quando una donna disse che la Selfenquiry non la aiutava e chiese se poteva seguire qualche altra via egli replicò: “tutte le vie sono buone”.
Tuttavia, Egli si riferiva ad esse così: “E’ come se un ladro diventasse un poliziotto per arrestare il ladro che
è esso stesso”. Il ladro è l’ego, la mente che usurpa la realtà del Sé. Su questi sentieri il pericolo è che il
ladro diventato poliziotto acquisisca il potere del poliziotto e che la sua natura di ladro rinforzi se stessa e
faccia quindi più danno di quanto potesse fare prima.
L’ego potrebbe acquisire poteri e percezioni oltre il piano fisico e quindi persuadere se stesso e gli altri
che esso è il Sé e diventare il più terribile flagello, un falso Guru che consuma gli altri per nutrire la sua
inconfessata vanità. Oppure potrebbe semplicemente trincerare se stesso in un qualche posizione elevata
che immagina essere definitiva ma che, per quanto possa essere bella, non è più definitiva di quanto non lo
sia il corpo fisico.
In ogni caso, la mente deve alla fine essere estinta nel Sé, che solo esiste, quindi è più semplice e
diretto sforzarsi di fare ciò dall’inizio attraverso il risveglio della auto coscienza del Sé e arrendersi davanti
a questa consapevolezza. Ed questo è la Via Diretta come insegnata da Bhagavan: dimenticare l’ego e
scoprire il Sé, non come un sé che scopre un altro sé, ma risvegliare la Auto-consapevolezza del Sé,
inizialmente in modo occasionale e imperfetto, ma man mano più costantemente e potentemente
diventare coscienti di essere il Sé. In questo senso “sapere è essere”.
Parlando del Metodo della Self-Enquiry (Indagine sul Sé) le istruzioni di Bhagavan sono di chiedersi:
“Chi sono Io? Io non sono questo corpo che cambia ma mi lascia lo stesso. Nemmeno sono questi pensieri
che attraversano la mente e se ne vanno, lasciandomi uguale. Dieci anni fa avevo pensieri, emozioni,
aspirazioni, che ora se ne sono andate, ma io sono rimasto uguale. Quindi chi sono io?”
Questo è molto lontano dall’essere un puzzle mentale. Le istruzioni di Bhagavan sono, mentre si
medita, di concentrare la propria consapevolezza su cuore, - non il cuore fisico sulla sinistra, ma il cuore
spirituale sulla destra nel petto. Egli insisteva in special modo su questo supremo centro di coscienza.
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Quella che segue è una delle più semplici illustrazioni che egli diede di esso: “Quando un ragazzino a
scuola dice “Sono io che ho fatto l’addizione” o quando chiede “Vado io a prenderti il libro?” egli indica col
dito alla testa che ha fatto l’addizione o alle gambe che porteranno il libro? No, in entrambi i casi il suo dito
è puntato abbastanza naturalmente alla parte destra del petto, dando quindi una innocente espressione
alla profonda verità che la sorgente del suo senso di “IO” è lì. E’ una infallibile intuizione che fa sì che egli si
riferisca a se stesso in quel modo al Cuore che è il Sé. Questo atto è del tutto involontario e universale, vale
a dire che è lo stesso atto per ogni individuo.”
Egli insisteva che è necessario cercare, non argomentare. “Dovreste cercare di avere l’esperienza, non
di localizzarla. Un uomo, per vedere non ha bisogno di trovare dove sono situati i suoi occhi. Il cuore è là,
sempre aperto per te, se ti importa di entrarci, e supporta sempre tutti i tuoi movimenti, anche se non ne
sei cosciente.”
Dopo un po’ di pratica, questa meditazione risveglia una corrente di consapevolezza, una coscienza di
“Io” nel cuore – non il senso dell’ego ma una sensazione (percezione ndt) dell’Io essenziale che è il Sé
universale – non influenzato dalla buona o cattiva sorte o da malattia o salute. Questa coscienza dovrebbe
essere sviluppata attraverso una durevole applicazione, di modo che (la percezione ndt) diventerà sempre
più frequente e finalmente sarà una nota costante che sta al di sotto di tutte le nostre azioni della vita.
Allora, tutto ciò che resterà da fare è stare lontani dall’interferenza dell’egoismo, cosicché essa possa
approfondirsi in una vasta pace al di là di tutte le comprensioni, fino al momento in cui essa consumerà
l’ego e rimarrà la permanente realizzazione del Sé.
Se durante la meditazione salgono pensieri vari, uno non dovrebbe essere catturato da essi e seguirli,
ma guardarli obiettivamente e chiedere: “Da dove vengono questi pensieri, e perché, e a chi vengono?” E
così essi passano come nuvole attraverso un cielo pulito e ogni pensiero ri-conduce indietro al pensiero
base “IO” e “chi sono io?” E’ il piano della vera essenza della meditazione dove non ci sono risposte né
mentali né verbali. Non ci possono essere, in quanto il Sé trascende pensieri e parole. L’ego sta cercando
ciò che c’è alla base della sua origine e oltre la sua sorgente, e la risposta non sarà afferrata da esso ma al
contrario lo afferrerà e lo divorerà.
L’inizio della risposta è il risveglio della corrente di coscienza, un senso di essere, nel cuore. Questa
coscienza non è né fisica né mentale, tuttavia il corpo e la mente sono entrambi consapevoli di essa. Non
può essere descritta più che il sentire potrebbe essere descritto a un sordo. (…)
(…) “Durante la meditazione emergono tutti i tipi di pensiero. Questo è normale, perché ciò che giace
nascoso è portato in superficie. Solo se viene a galla può essere distrutto”.
L’Indagine sul Sé non è né un mero esercizio mentale né un mantra (formule o preghiere ripetitive).
Bhagavan replicò in modo definito quando gli fu chiesto, che non dovrebbe essere ripetuto come un
mantra, ma usato secondo le indicazioni di cui sopra.
Ogni via spirituale richiede purezza nel modo di vivere e intensità nello sforzo spirituale, e Vichara
(l’indagine ndt) è stata data da Bhagavan come una tecnica di puro e spassionato vivere, non meno di ogni
altra tecnica di meditazione. Se accade qualcosa che ci offende o ci mette a disagio chiediamoci: Chi è
addolorato?, chi è felice o arrabbiato?, chi sono io? La parola “frustrazione” è tanto in voga al giorno d’oggi,
ma chiediamoci “Chi è frustrato?” Quindi attraverso l’indagine, l’illusione di “sono io che faccio” può essere
distrutta ed è possibile prendere parte alla vita del mondo in modo riservato, senza vanità o attaccamento.
Bhagavan rappresentava questo con la metafora del bancario che maneggia enormi somme di denaro
senza emozioni e tuttavia in modo efficiente perché lui sa che non sono i suoi soldi. Nello stesso modo
impersonale l’uomo può espletare tutte le varie attività della sua vita, sapendo che il Sé reale non è
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influenzato da queste: e ogni attacco di ingordigia, rabbia o desiderio può essere espulso attraverso
l’Indagine (Vichara). E bisogna che sia espulso, perché non ha senso ripetere che si è il Sé e comportarsi
come se si fosse l’ego. Anche solo una parziale consapevolezza del Sé indebolisce l’egoismo, l’egoismo sia
espresso come vanità, ingordigia o desiderio è la prova che la indagine sul Sé è puramente mentale.
Questo metodo di adattamento di un sentiero antico alle condizioni moderne ha fatto sì che Bhagavan
abbia in effetti creato una nuova via. L’antico sentiero dell’indagine sul Sé era puro Jnana-marga che
doveva essere seguito da “reclusi” nel silenzio e solitudine di un eremo, ritirati dal mondo esterno.
Bhagavan ha creato un sentiero che invece può essere seguito in modo invisibile nel mondo e quindi adatto
alle condizioni della vita moderna.
Egli non incoraggiò mai a lasciare la vita del mondo. Spiegò che significherebbe solo un cambiamento
del pensiero da “Sono un guardiano” a “Sono un sannyasin” (un rinunciante ndt) (…)
(…) E’ solo interiormente che un uomo può abbandonare il mondo lasciando andare il senso dell’ego; è
solo interiormente che egli può ritirarsi nella solitudine risiedendo nella solitudine universale del cuore, che
è solitudine solo perché non ci sono gli altri, malgrado qualsiasi forma il Sé possa assumere.
La disciplina esterna della Self-Enquiry è un controllo costante sulle azioni e sulla causa dalla quale
essere sorgono. Sinceramente e costantemente applicata, rimuove ogni bisogno per qualsiasi codice di
condotta, perché essa colpisce direttamente l’egoismo in ogni azione e reazione. Gli impulsi dell’ego non
cambieranno subito. Un insulto causerà ancora rabbia e una osservazione lusinghiera piacere,
attaccamento alla proprietà e agiatezza continueranno, i sensi si faranno ancora sentire, ma questi impulsi
saranno visti per quello che sono, in modo che il risultato sarà di riconoscere l’egoismo di alcuni e sentire la
vergogna e riluttanza dietro ognuna delle sue manifestazioni. Da questo punto inizia il suo sradicamento,
ma solo attraverso uno sforzo costante e il ricordarsi di farlo. (…)
(….) Come in ogni percorso, i progressi sono graduali e richiedono sforzo costante, (…) Bhagavan
espressamente mise in guardia il discepolo per il quale scrisse Self-enquiry, “Anche se l’obnubilamento del
Sé da parte dell’ego viene superato e arriva la consapevolezza del Sé, non si acquisisce la Liberazione (che è
la Realizzazione del Sé) a causa dell’ostruzione delle tendenze mentali accumulate e la frequente
confusione del corpo con il Sé.
Le tendenze a lungo coltivate possono essere sradicate solo attraverso la continua meditazione a
lungo.” Un miracolo come quello accaduto a Bhagavan della immediata realizzazione del Sé non è
ripetibile da altri, ed egli non suggerì mai una cosa del genere. Persino il desiderio di successo, o persino il
pensarci, è di per sé un impedimento perché significa desiderare un traguardo per l’ego, invece che il
cercare di estinguerlo attraverso la domanda “Chi sono Io?”.
La vibrante coscienza del Sé deve essere resa più frequente e ininterrotta fino a quando diventa
costante, non solo nelle ore di meditazione, ma sottostante tutte le azioni nella vita. In proporzione, man
mano che essa si rafforza l’ego si indebolisce e si purifica, in preparazione alla sua capitolazione finale.
Bhagavan disse: “Nel momento in cui l’ego cerca di conoscere se stesso cambia caratteristica: inizia a
partecipare (identificarsi) meno e sempre meno col corpo, nel quale esso è assorbito, e sempre di più a
identificarsi con la pura coscienza, il Sé o Atman” (...)
(…) Il Sentiero Diretto risveglia l’Amore attraverso la conoscenza. Conoscenza non di uno o di un altro, o
conoscenza mentale, ma risveglio della Beatitudine del Sé, al quale la mente è tesa e nel quale viene
assorbita nell’Amore. 1
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Tratto da “FOR THOSE WITH A LITTLE DUST, Selected Writings of Arthur Osborne, Sri Ramanasramam,
Tiruvannamalai, 2012
Arthur Osborne (1906–1970) scrittore inglese autore di numerosissimi libri di spiritualità e misticismo visse molti anni
accanto al grande saggio Ramana Maharshi, di cui era influente discepolo e biografo.
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RAMANA, IL GRANDE MAESTRO
La collina del fuoco santo
“La mia guida si avvicina al divano, si prostra sul pavimento coprendosi gli occhi con le mani giunte.
Il divano è a pochi passi da un’ampia finestra situata nella parete di fondo. La luce cade nettamente sul
Maharishi e posso notare ogni particolare del suo profilo, poiché è seduto e guarda rigidamente oltre la
finestra, verso l’esatta direzione da cui noi siamo giunti stamattina. La sua testa non si muove. (…)
Mi siedo su una sottile coperta di cotone piegata sul pavimento ed osservo con aspettativa la figura
silenziosa seduta in maniera tanto rigida sul divano. Il corpo del Maharishi è quasi nudo, ricoperto solo da
un sottile e stretto perizoma, ma questo è un fatto molto comune da queste parti. La sua pelle è
leggermente color bronzo, ma abbastanza chiara a confronto con quella dell’indiano medio del sud. Mi
sembra un uomo piuttosto alto e la sua età dovrebbe essere sui cinquant’anni. La sua testa, ricoperta da
capelli grigi tagliati quasi a zero, è ben formata. La sua fronte alta e ampia dà una nota intellettuale alla sua
persona. I suoi lineamenti sono più europei che indiani. Questa è la mia prima impressione.
Il divano è ricoperto con cuscini bianchi e le gambe del Maharishi poggiano su una magnifica pelle di
tigre. L’ampia stanza è pervasa da un silenzio assoluto. Il saggio rimane perfettamente immobile,
indisturbato dal nostro arrivo. (…)
Ascolto il rumore ritmico del ventaglio (che si trova sul soffitto ed è azionato da un discepolo ndt)
mentre guardo direttamente gli occhi della figura seduta, sperando di attirare la sua attenzione: sono
marrone scuro, di grandezza media e del tutto spalancati. Se egli è consapevole della mia presenza non ne
dà alcun segno, non tradisce il minimo accenno. Il suo corpo è di una calma soprannaturale, immobile come
una statua. Non incontra una sola volta il mio sguardo, poiché i suoi occhi continuano a guardare verso uno
spazio che sembra infinitamente remoto. (…)
E’ una mia antica teoria il fatto che sia possibile avere un’idea dell’anima di un uomo dai suoi occhi, ma
davanti a quelli del Maharishi rimango esitante, sconcertato, stupefatto.
I minuti scorrono con incredibile lentezza. Dapprima ammontano a mezz’ora, secondo l’orologio
dell’eremo che è appeso ad una parete. La mezz’ora diventa poi un’ora. Tuttavia nessuno nella stanza
sembra muoversi; nessuno osa certamente parlare. Raggiungo un punto di concentrazione visuale in cui
dimentico l’esistenza di tutto esclusa questa silenziosa figura seduta sul divano. (…)
C’è qualcosa in quest’uomo che attira la mia attenzione allo steso modo in cui una calamita attira il
ferro. Non posso distogliere il mio sguardo da lui. La mia confusione iniziale, la mia perplessità nell’essere
totalmente ignorato lentamente svaniscono man mano che il suo strano fascino comincia ad impossessarsi
di me più fermamente. Ma è solo durante la seconda ora di questa insolita scena che divento consapevole di
un mutamento silenzioso che sta avendo luogo, senza alcuna resistenza, nella mia mente. Una dopo l’altra
le domande che mi ero preparate sul treno con meticolosa accuratezza cadono da sole. Sembra che adesso
non abbia importanza se esse sono chieste o no, e sembra che non abbia importanza risolvere i problemi
che mi hanno finora tormentato. So solo che un fiume di costante tranquillità sembra scorrere vicino a me,
che una grande pace sta penetrando gli spazi interiori del mio essere e che il mio cervello torturato dai
pensieri comincia ad avere un po’ di riposo. Come sembrano piccole quelle domande che mi sono posto con
tanta frequenza! Come appare insignificante il panorama degli scorsi anni!
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Percepisco con improvvisa chiarezza che è l’intelletto a crearsi i propri problemi, rendendosi poi infelice
cercando di risolverli. Questo è davvero un nuovo concetto per la mente di uno che ha finora assegnato un
così alto valore all’intelletto.
Mi arrendo al fermo e profondo senso di quiete, mentre trascorrono queste due ore. Il passare del
tempo adesso non provoca più alcuna irritazione, poiché sento che la catena dei problemi creati dalla mente
è stata rotta e gettata via. Poi, un poco alla volta, una nuova domanda entra nel campo della mia
consapevolezza: “Che quest’uomo emani l’essenza della pace spirituale come un fiore emana il profumo dai
suoi petali?” (…)
Questo nuovo sospetto che la misteriosa pace sorta in me deve essere attribuita alla situazione
geografica in cui mi trovo, è la mia reazione alla personalità del Maharishi. Comincio a domandarmi se
mediante una specie di radioattività dell’anima o qualche sconosciuto processo telepatico, l’immobilità che
adesso pervade le acque di solito agitate della mia anima provenga veramente da lui. Tuttavia egli rimane
completamente impassibile, del tutto inconsapevole della mia esistenza, almeno così sembra. Qualcuno si
avvicina e mi sussurra all’orecchio:” Non desiderava interrogare il Maharishi?”
Forse questa mia guida ha perso la pazienza, o più probabilmente immagina che io, irrequieto europeo,
abbia raggiunto il limite della mia sopportazione. Veramente sono venuto qua per interrogare il tuo
maestro, ma…adesso che sono in pace con tutto il mondo e con me stesso perché dovrei disturbare la mia
mente con domande?
Sento che la nave della mia anima ha cominciato a togliere gli ormeggi: un mare meraviglioso attende
di essere attraversato e tu vorresti trascinarmi indietro nel rumoroso porto di questo mondo, proprio adesso
che sto per cominciare la grande avventura!.
Ma l’incantesimo è rotto. Come se questa infelice intrusione fosse un segnale, le figure si alzano dal
pavimento e cominciano a muoversi per la stanza, le voci fluttuano fino alle mie orecchie e, meraviglia delle
meraviglie, gli occhi del Maharishi si muovono un paio di volte. Poi la testa si gira, il viso si muove
lentamente, molto lentamente e si piega in avanti. Ancora pochi istanti ed entro nell’area della sua visuale.
Per la prima volta lo sguardo misterioso del saggio è diretto verso di me. E’ evidente che adesso egli si è
risvegliato dalla sua lunga trance. L’intruso, pensando forse che la mia mancata risposta sia segno che io
non l’ho sentito, ripete ad alta voce la sua domanda. Ma negli occhi lucenti che mi stanno gentilmente
fissando leggo un’altra domanda, quantunque non espressa:
“Come può essere che tu stia ancora turbandoti con dubbi che ti distraggono, quando hai appena
intravisto la profonda pace mentale che tu e tutti gli uomini potete ottenere?”
Sono sommerso da questa pace. Mi rivolgo alla guida e rispondo : “No, non c’è niente che mi interessa
domandare adesso. Un’altra volta.” (…)
……..
Mi affretto di nuovo verso l’ampia stanza e siedo convenientemente vicino al divano: Il Maharishi volge
immediatamente il viso, la sua bocca si distende in un piacevole saluto. Immediatamente mi sento a mio
agio e comincio a interrogarlo. (…)
“Allora lei non insegna la via dello yoga?”
“Lo Yogi tenta di condurre la mente verso la meta in modo simile ad un pastore che conduce il bue con
un bastone; ma in questo sentiero il ricercatore persuade il bue porgendogli una manciata d’erba”!
“In che modo viene fatto?”
“Devi porre a te stesso una domanda: “Chi sono Io?” Questa domanda porterà alla fine, la scoperta di
qualcosa dentro di te che è oltre la mente. Risolvi questo grande problema e risolverai così tutti gli altri
problemi.”
Il Maharishi si rivolge ancora a me:
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“Forse sarà più chiaro se la mettiamo in questo modo. Tutti gli esseri umani vogliono sempre una
felicità non intaccata dal dolore. Vogliono impadronirsi di una felicità che non si esaurisca mai. Questo
istinto è sincero. Ma sei mai stato colpito dal fatto che essi amano se stessi più di ogni altra cosa?”
“Ebbene?”
“Adesso collega questo al fatto che sono sempre desiderosi di ottenere felicità con l’uno o l’altro mezzo,
col bere, con la religione e avrai un indizio della vera natura dell’uomo”
“Non riesco a capire”
Il tono della sua voce diventa più alto. “La vera natura dell’uomo è la felicità. La felicità è innata nel
vero Sé. Questa sua ricerca della felicità è un’inconscia ricerca del suo vero Sé. Il vero Sé è immortale, perciò
quando un uomo riesce a trovarlo, trova una felicità che non si esaurisce mai.”
“Ma il mondo è così infelice!”
“Sì, ma questo è perché il mondo ignora il suo vero Sé. Tutti gli uomini, senza alcuna eccezione, lo
cercano consciamente o inconsciamente”.
“Anche le persone malvagie, brutali e i criminali?”
“Se essi commettono peccati è perché cercano di trovare la propria felicità in ogni peccato che commettono.
Questa lotta è istintiva nell’uomo ma essi non sanno che stanno cercando se stessi.
( …) “Il senso dell’ io appartiene alla persona, al corpo e al cervello, quando un uomo conosce il suo vero
Sé per la prima volta, qualcosa sorge dal profondo del suo essere e se ne impossessa. Qualcosa che va oltre
la mente; è infinito, divino, eterno. C’è chi lo chiara il Regno dei Cieli, chi lo chiama Anima; altri ancora lo
chiamano Nirvana e noi indù lo chiamiamo Liberazione. Puoi chiamarlo come vuoi. Quando ciò accade non è
che l’uomo perde se stesso, anzi trova veramente se stesso.” (…) “Finché l’uomo non intraprende questa
ricerca del vero Sé, il dubbio e l’incertezza seguiranno i suoi passi attraverso la vita. (…)
Conosci il vero Sé, egli continua, e la verità brillerà all’interno del tuo corpo come il sole. La mente
diverrà indisturbata e sarà inondata da vera felicità, poiché il vero Sé e la felicità sono identici. Non avrai più
dubbi quando otterrai questa consapevolezza del Sé”.
Egli volge la testa e fissa il suo sguardo verso l’estremo limite della stanza. So che ha raggiunto il limite
della sua conversazione. Così ha fine il nostro ultimo colloquio. (…)
(…) Quando giunge il tramonto ritorno nella stanza. L’incenso rende l’aria profumata, il Maharishi giace
semisdraiato sotto il ventaglio, ma presto si solleva assumendo la sua posizione preferita. Sdiede a gambe
incrociate col piede destro appoggiato alla coscia sinistra e il piede sinistro semplicemente appoggiato sotto
la coscia destra. (…) Come al solito trattiene il mento con la mano destra e poggia il gomito sul ginocchio;
poi mi osserva attentamente, ma rimane completamente silenzioso. (…) I suoi occhi, sempre luminosi,
diventano più vitrei ed immobili, il corpo si stabilisce in una posizione rigida; la sua testa oscilla
leggermente, poi si ferma. In pochi munti vedo chiaramente che è rientrato in quella condizione di trance in
cui era quando lo incontrai la prima volta. (...)
Il silenzio cade sulla piccola compagnia. I minuti passano lenti e il silenzio si approfondisce. Non sono
religioso, ma non posso resistere al senso di crescente soggezione che comincia ad impossessarsi della mia
mente più di quanto un’ape possa resistere ad un fiore col suo invitante polline. La stanza è pervasa da un
sottile, intangibile e indefinibile “potere” che influisce profondamente su di me. Sento, senza alcun dubbio
od esitazione, che il centro di questo misterioso potere non è altri che lo stesso Maharishi.
I suoi occhi brillano con sorprendente lucentezza. Strane sensazioni cominciano a sorgere in me. Quelle
orbite splendenti sembrano scrutare nei recessi interiori della mia anima. In modo strano mi sento
consapevole di ogni cosa che egli può vedere nel mio cuore. Il suo misterioso sguardo penetra nei miei
pensieri, nei miei sentimenti e nei miei desideri; non posso far niente di fronte ad esso. Dapprima questo
sconcertante sguardo mi disturba; mi sento vagamente a disagio. Sento che egli ha percepito pagine che
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appartengono ad un passato che io ho dimenticato. Lo conosce completamente sono certo. Non ho nessuna
possibilità di sfuggire; in un certo modo, non lo voglio neppure. Qualche curioso presentimento di un futuro
beneficio mi impone di resistere a questo sguardo spietato. Così egli continua per qualche istante a cogliere
le impercettibili caratteristiche della mia anima, a scoprire il mio confuso passato, a intuire le emozioni
frammiste che mi hanno spinto qua e là. Ma sento che comprende anche quale tormentosa ricerca mi abbia
indotto a lasciare la via comune per mettermi alla ricerca di uomini come lui.
Vi è un impercettibile mutamento nella corrente telepatica che scorre tra noi nel momento in cui i miei
occhi sbattono ripetutamente, mentre i suoi rimangono senza il minimo tremore. Divento consapevole che
sta definitivamente collegando la mia mente alla sua, che sta provocando nel mio cuore quello stato di
calma splendente di cui egli sembra godere permanentemente.
In questa pace straordinaria trovo un senso di esaltazione e di leggerezza. Il tempo sembra arrestarsi. Il
mio cuore è alleggerito dal suo fardello di preoccupazioni. Sento che mai più l’amarezza della rabbia per
qualche desiderio insoddisfatto potrà affliggermi. Mi rendo conto perfettamente che l’istinto profondo che
innato nella razza, spinge l’uomo a guardare verso l’alto, che lo incoraggia a sperare e che lo sostiene
quando la vita si oscura, è un istinto autentico, poiché l’essenza dell’esistenza è buona. In questo magnifico,
estatico silenzio, in cui il tempo si ferma e i dispiaceri e gli errori del passato appaiono banalità, la mia
mente si immerge in quella del Maharishi e la saggezza è adesso al suo perielio.
Cos’è lo sguardo di quest’uomo se non una bacchetta taumaturgica che evoca davanti ai miei occhi
profani un mondo nascosto di inaspettato splendore?”2
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Tratto dal libro: India segreta, Paul Brunton, Ed. Il Punto d’Incontro
India
- Titolo originale dell’opera: A search in Secret
Paul Brunton (1898 – 1981) è un autore che ha riscosso discreto successo in Italia negli anni a cavallo dell’ultima
guerra mondiale, ma oggi poco noto, benché di recente siano stati ristampati due suoi libri. Pensatore visionario,
mistico o meglio contemplativo e filosofo, ha dedicato gran parte della sua non breve vita, a cercare di costruire ponti
fra oriente e occidente. È stato anche il primo scrittore occidentale a scrivere di Ramana Maharshi, il grande mistico
advaitin dell’India del Sud, in un’epoca in cui questi non era ancor noto al grande pubblico nemmeno nel suo paese.
Paul Brunton nacque a Londra nel 1898. Il suo nome di battesimo era Raphael Hurst. Attratto fin dalla più giovane età
verso quel mondo che allora, con termine in voga, si diceva dell’occulto, aderì a diversi movimenti esoterici,
distaccandosene ben presto, giacché vi riscontrava più fantasie ed amenità di vario genere che una seria ricerca
spirituale e filosofica. Intraprese la carriera di libraio e poi di giornalista, pubblicando articoli usando vari pseudonimi,
fra cui quello di Paul Brunton, che poi adotterà in seguito per tutta la vita. Fu anche editore di giornali di argomento
spirituale. Negli anni trenta, desiderando seguire la sua vocazione per la ricerca, cominciò a viaggiare verso oriente per
trovare quelle radici della spiritualità che l’occidente poco o niente gli offriva. Da questi suoi viaggi nascono i libri che
lo resero popolare all’epoca, nel 1934 pubblicò il suo primo libro “A Search in Secret India” tradotto in italiano col
titolo India Segreta. Nel libro raccontava di incontri con esponenti più o meno autentici della tradizione indiana, e se
occorre dire, a onor del vero che parecchi di questi guru e santoni lo delusero, due incontri furono particolarmente
significativi per la sua ricerca ulteriore: quello con lo Shankaracharya e con Ramana Maharshi. L’incontro con Ramana
Maharshi, svoltosi in quasi completo silenzio, in meditazione, gli lasciò uno stato di profonda quiete, ed una
impressione che non sarebbe mai più svanita: una vera e propria iniziazione. Paul Brunton contribuì in maniera
considerevole alla diffusione della conoscenza di Ramana Maharshi, non solo in occidente, ma perfino nella sua stessa
terra: l’India. (Fonte Esopedia).
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RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato ad essere la persona che sono oggi:
genitori, maestri, amici e conoscenti.
Un particolare grazie va a Lamberto,
compagno di viaggio e marito, nonché consulente del progetto grafico.
Swami Hamsananda e Ma Sowmiya dell’Athithi Ashram,
grazie ai quali il messaggio di Ramana ha potuto arrivare a me con
l’intensità e la profondità che mi sostengono nella mia vita quotidiana e
nel periodo, a volte lungo, che intercorre tra una visita e l’altra all’Ashram.
RIFERIMENTI
Ramana Maharshi .…..... www.sriramanamaharshi.org
Swamiji Hamsananda … www.athithiashram.org
Tiziana Citelli ……....… www.soffiovitale.com
[email protected]
Lamberto Martini …….. www.taijichen-sardegna.com,
[email protected]
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