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i learning objects prof . elvira ventre
“I LEARNING OBJECTS”
PROF. ELVIRA VENTRE
Università Telematica Pegaso
I learning objects
Indice
1
Learning Objects --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
Cenni Di Storia ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 9
3
Cosa Sono I Learning Objects ---------------------------------------------------------------------------------------------- 11
4
Perché Usare I Learning Objects ------------------------------------------------------------------------------------------- 14
5
Caratteristiche Dei Learning Objects ------------------------------------------------------------------------------------- 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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I learning objects
1 Learning Objects
L’e-learning è – con le parole della Commissione Europea – “l’istruzione di domani”.
E’ il nuovo modo di studiare reso possibile dalle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione. Con tale espressione si indica quindi l’uso della tecnologia per progettare,
distribuire, selezionare, amministrare, supportare e diffondere la formazione, realizzando
percorsi formativi personalizzati. Si ha così una nuova prospettiva: non è più l’utente a
dirigersi verso la formazione, ma è la formazione a plasmarsi in base alle esigenze e alle
conoscenze dell’utente.
Le reti ed Internet in particolar modo influenzano sempre più le abitudini quotidiane, le
forme della partecipazione sociale e politica, i modi della conoscenza, la nostra stessa identità.
All’interno di questo processo una particolare rilevanza acquista l’ambito che riguarda l’incontro
di Internet con le problematiche della formazione.
Si è ormai delineata una nuova area di ricerca teorica e di applicazione, designata
variamente nella letteratura internazionale con espressioni del tipo e-learning o online
learning a cui possiamo far corrispondere in italiano le espressioni “didattica basata su
Internet” o “formazione in rete”, che coniuga istanze provenienti dalle teorie dell’educazione
aperta e distribuita, del lifelong learning, della multimedia education e più in generale, si
collega agli scenari aperti della net economy.
La “didattica basata su Internet” modifica sensibilmente i modi, fondamentalmente
“erogativi”, dell’istruzione a distanza classica, integrando in forma originale caratteristiche fisiche
della didattica a distanza e caratteristiche psicologiche della “presenza”, facendo esplodere le
implicazioni quantitative e qualitative dell’interazione, con una accentuazione di nuove
dimensioni, che di volta in volta o congiuntamente possono essere chiamate in causa:
-
un ruolo maggiormente attivo e partecipativo assegnato ai soggetti coinvolti e alle
attività negoziali e cooperative, un forte senso di presenza e appartenenza (gruppi, comunità di
lavoro, classi virtuali);
-
la possibilità di una maggiore personalizzazione del percorso di apprendimento, un
sistema articolato di supporti e risorse umane e strumentali a disposizione, il formarsi di una
ipertestualità di rete come luogo, mezzo e contesto sociale dell’apprendimento.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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I learning objects
Con il termine e-learning ci si riferisce genericamente, dunque, all’impiego di Internet
nelle attività di formazione, considerando spesso e-learning come sinonimo di altri termini,
non necessariamente equivalenti: online learning, web based training, open learning.
In realtà l’e-learning non è un neologismo per definire la formazione a distanza in
quanto tale, ma un termine che si inserisce nella storia della formazione a distanza per
indicare la progressiva convergenza di più tendenze, modelli, paradigmi teorici e soluzioni
tecnologiche verso un unico significato, profondamente legato sia a fattori culturali sia a
fattori economici.
Tra i fattori culturali che concorrono a delineare il significato del termine e-learning,
appaiono di particolare importanza da un lato l’evoluzione dell’educazione a distanza verso
modelli didattici di tipo open, dall’altro la progressiva affermazione dei modelli teorici ed
epistemologici che valorizzano una formazione basata sulla autonomia e sulla costruzione dei
saperi.
Qualcosa quindi che sembra andare ben oltre le formulazioni teoriche di Garrison e
Nipper sull’esistenza di una terza generazione per l’educazione a distanza, in cui la
comunicazione e l’apprendimento considerati come un processo sociale sono gli elementi
chiave nello sviluppo concettuale di modelli caratterizzati dal diffuso impiego delle reti
telematiche e, in particolare, degli strumenti di computer mediated conferencing (CMC).
In tal senso Trentin sottolinea come le tecnologie telematiche consentano di aggiungere
ad una tipologia comunicativa tradizionale, del tipo uno – molti (in cui gli scambi vanno da un
punto di emissione centrale, cioè dal docente, ad una moltitudine di allievi/ricettori), una
tipologia comunicativa del tipo molti – molti, in cui non solo il discente può interagire più
rapidamente con il docente ma può anche stabilire interazioni e rapporti cooperativi con tutti gli
altri allievi partecipanti, una tipica situazione di “rete”.
Moore, a sua volta, ha rilevato come l’avvento delle nuove tecnologie, in particolare i
media per le teleconferenze, abbia potenziato varie forme di dialogo, da un lato velocizzandole
dall’altro consentendo il dialogo aperto tra gli stessi, con significative implicazioni in particolare
per sviluppare la loro autonomia nella costruzione di conoscenze di base, di abilità, verso forme
di “intelligenza collettiva”.
Queste considerazioni allargano ulteriormente il significato del concetto di e-learning, che si
delinea quindi sempre più come l’insieme delle nuove opportunità metodologiche e didattiche che
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le tecnologie telematiche e Internet permettono di sperimentare, con una particolare attenzione ai
modelli aperti e flessibili da un lato e alla centralità del ruolo del discente dall’altro.
L’insegnamento
è
sostanzialmente
rimpiazzato da
un processo
continuo
di
apprendimento in rete, in cui il discente assume costantemente un ruolo attivo. Le attività di
formazione in rete appaiono quindi tanto più sostenibili quanto più riescono a garantire
flessibilità e libertà d’azione ai discenti.
Questo aspetto è teorizzato in particolare da Paulsen che raffigura con un esagono le aree
di libertà che dovrebbero essere garantite agli allievi.
Paulsen parte dal presupposto che qualsiasi attività di educazione a distanza debba
implicare varie facilitazioni per gli studenti, soprattutto in termini di libertà rispetto all’ambiente
di apprendimento.
Le attività che presuppongono la presenza di una rete e l’attuazione di strategie di
collaborazione, essendo particolarmente flessibili, dovrebbero amplificare questa dimensione,
soprattutto se inserite in un quadro di riferimento orientato all’educazione aperta o distribuita.
Alcune delle categorie evidenziate da Paulsen sono legate all’educazione a distanza in
senso lato, ad esempio l’indipendenza del tempo e dello spazio e, in parte, la libertà e la flessibilità
rispetto al curriculum. Le altre sono invece conquiste più specifiche della formazione in rete e
appaiono per contro elementi predefiniti e solo relativamente flessibili nella FAD di prima e
seconda generazione.
In particolare, nella formazione online dovrebbero essere esaltate la libertà di accesso alle
risorse e al sistema nel suo complesso, la possibilità da parte dello studente di scegliere un ritmo e
uno stile di apprendimento e la molteplicità dei media utilizzabili.
Parallelamente, si va configurando uno scenario in cui si delineano nuovi paradigmi
educativi: la figura del discente tende a diventare lo snodo di una complessa rete di interazioni
che si sviluppano attraverso la mediazione delle tecnologie sia con figure e ruoli (docenti, esperti,
colleghi, comunità virtuali di apprendimento) sia con organizzazioni e istituzioni in grado di
produrre ed erogare risorse o formazione più strutturata, come agenzie formative, editori online,
università virtuali, biblioteche telematiche e didattiche.
Le tecnologie si inseriscono nello scenario come strumenti di mediazione delle interazioni
in atto.
Di fatto, in questo nuovo scenario, l’insieme dei discenti inteso come “classe” tende
ad assumere una connotazione sempre più virtuale e appare talora un concetto superato,
sostituito di fatto dalla ragnatela delle interazioni in atto in rete o di quelle possibili in qualunque
momento tra gli attori coinvolti nel processo.
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Un apporto ulteriore, infine, proviene dalla cosiddetta “psicologia umanistica” (per
intenderci… Fromm, Maslow, Rogers). L’assunto fondamentale è l’idea che gli esseri umani
aspirino all’autorealizzazione.
Sul piano pedagogico e didattico questo implica un cambiamento radicale
nell’atteggiamento del docente, che dovrebbe trasformarsi sempre più in un “facilitatore”,
secondo idee e modelli che sono stati delineati soprattutto da Rogers e che ormai sono
largamente accettati in particolare nell’educazione degli adulti.
L’educatore, in sostanza, può solo cercare di “facilitare” l’apprendimento, non
“insegnare”. In che modo? Costruendo attorno a chi apprende delle “impalcature” (scaffolding), dei
supporti a cui il discente potrà attingere secondo le sue necessità.
Fondamentali sono quindi i momenti di negoziazione, che in rete assumono un significato
e una forza particolari, potendo contare il tutor su molteplici tecniche di comunicazione e di
interazione.
Altre istanze contribuiscono a disegnare un nuovo scenario in cui la rete si delinea come
spazio educativo capace, almeno in linea teorica, di rispondere a una maggiore quantità e varietà
di bisogni.
Tra queste va considerata almeno l’evoluzione dei prodotti multimediali a scopo didattico
o formativo verso nuove forme di distribuzione via Internet.
Già negli anni ‘60 si parlava di CBT, Computer Based Training, per indicare dei
prodotti informatici pensanti soprattutto per l’autoistruzione, o di CAI, Computer Aided
Instruction.
Ci si riferisce ancora a prodotti molto semplici, tipicamente dischetti con informazioni
strutturate (sequenze di schermate) e strumenti per l’autoverifica, nell’ottica ormai largamente
superata della cosiddetta istruzione programmata. Usati soprattutto in ambito aziendale, i CBT
sono diventati un fenomeno diffuso grazie alle tecnologie ipertestuali e multimediali, che
permettono di integrare in questi prodotti maggiore interazione e più tecniche comunicative,
aumentandone, almeno nelle intenzioni dei progettisti, l’impatto e quindi l’efficacia.
Sostenuti ormai da presupposti diversi rispetto a quelli originari, come l’idea che la
multimedialità costituisca un valore aggiunto all’interno di un’esperienza didattica o che
l’interazione con l’ambiente ipertestuale garantisca forme più aperte e flessibili di apprendimento,
i CBT hanno conquistato un notevole spazio in molte esperienze di istruzione a distanza di
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seconda generazione, che distribuiscono sempre più spesso questo genere di strumenti piuttosto
che materiali a stampa o videocassette.
I nuovi modelli didattici hanno tuttavia, nel frattempo, modificato la cornice di
riferimento dei progettisti., acronimo per Web Based Training.
Apparentemente, si potrebbe pensare ad una semplice trasposizione delle tecniche di
istruzione programmata o strutturata basate su prodotti multimediali in ambienti Internet, che
in quest’ottica sarebbe usato prima di tutto come sistema di erogazione (delivery system)
(Gilbert, 1997) .
Ovviamente, tra le ragioni della diffusione di formazione erogata attraverso la rete non
vanno dimenticati i vantaggi organizzativi e logistici, e conseguentemente economici, che un
ambiente di apprendimento online garantisce rispetto all’allestimento di un sistema basato su
lezioni in aula e tecnologie didattiche tradizionali, vantaggi considerati molto importanti,
soprattutto in ambito aziendale.
Inoltre è certo che Internet, soprattutto ora che appare lanciato verso la piena conquista
di tutte le potenzialità multimediali, espressive e comunicative del Cd-Rom, possa essere
sempre più agevolmente usato come ambiente avanzato di distribuzione di educational
multimedia, con l’ulteriore vantaggio rappresentato da una riduzione considerevole dei tempi
di sviluppo dei materiali e, conseguentemente, dei costi di produzione di contenuti educativi.
In realtà, è più probabile che in questa corsa all’uso sempre più intenso del supporto
telematico per i prodotti e i progetti educativi giochino un ruolo determinante altri fattori,
oltre a quelli puramente economici. Pare ad esempio che puntare sulla formazione on-line
(training onLine) nell’addestramento dei dipendenti in una società, garantisca in molti casi
eccellenti risultati in termini motivazionali, con ricadute positive nell’ambiente di lavoro.
Ma l’elemento più importante riguarda l’idea, ormai largamente acquisita, che per
rispondere ai bisogni formativi reali, in una società che si muove sempre più velocemente e
richiede un approccio dinamico al problema dell’acquisizione delle competenze necessarie a
orientarsi all’interno del mondo del lavoro, occorre una dose molto alta di flessibilità e di
molteplicità dell’offerta.
Il Web, in tal senso, garantirebbe una “escursione” particolarmente ampia: dalla
possibilità di erogare prodotti educativi legati a un’impostazione strutturata all’avvio di
programmi informali e attività di educazione aperta.
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Il Web Based Training si potrebbe quindi definire una strategia orientata a dare agli
“studenti” la possibilità di plasmare lo spazio dell’apprendimento secondo i propri bisogni, o
meglio ancora, aumentare la possibilità di interagire in modo flessibile con i materiali
formativi e più in generale, con tutto ciò che è “formazione” attraverso il supporto delle reti,
dai veri e propri “corsi a distanza”, all’imparare esplorando e navigando. Tutto questo ha a
che fare solo in parte con le innovazioni introdotte dalle reti sul piano dell’organizzazione e
della gestione dell’ambiente educativo.
In questo caso si tratta di problemi che riguardano soprattutto le istituzioni e le agenzie
formative che dovranno piuttosto considerare sempre più attentamente come la varietà, la
molteplicità e la flessibilità agevolate dal fenomeno Internet spingano le attività di formazione in
rete ad assumere un carattere continuativo e permanente, a diventare quindi e-learning.
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2 Cenni di storia
Ciò che oggi chiamiamo e-learning nasce dall'integrazione di due diversi campi di
sperimentazione nelle tecnologie didattiche: la formazione a distanza e il Computer Based
Training.
La storia della formazione a distanza (FAD) segue l'evoluzione delle tecnologie di
comunicazione, partendo dai corsi per corrispondenza, passando per l'emissione televisiva e
arrivando alle più recenti strutture di teleconferenza satellitare.
Il Computer Based Training, ossia lo studio basato sull’uso del computer come
tecnologia didattica di autoistruzione, trova la sua strada soprattutto sulle discipline
informatiche e sull'addestramento a determinati software e, come strumento di supporto, nella
didattica delle lingue straniere.
La distribuzione di Cd-Rom in sostituzione delle tradizionali dispense cartacee può
essere considerato un approccio all'integrazione di FAD e CBT, ma è solo con lo sviluppo di
Internet e del World Wide Web, con la diffusione del suo utilizzo, che può nascere l’online
learning, ossia il punto d'incontro tra le due metodologie.
La capacità della rete di diffondere e distribuire informazione, gestire dati, tracciare
l'utenza, unita alle esperienze della formazione a distanza e delle sue caratteristiche emotive e
cognitive e agli esperimenti di didattica interattiva compiuti dal CBT hanno permesso di
spostare in avanti le frontiere dell'e-learning, inventando nuovi orizzonti per la didattica e la
formazione aziendale.
Di e-learning si parla ormai da diverso tempo nel mondo della formazione aziendale, e
da diversi anni nel campo della ricerca didattica universitaria. L'esigenza di nuovi strumenti
per l'apprendimento e il training si fa sempre più pressante, seguendo un costante movimento
verso la formazione permanente e forme di aggiornamento sempre più costanti che riguardano
tutte le professionalità.
In realtà, con un deciso ritardo nei confronti dell'area anglosassone, l'Italia sta
muovendo solo da poco i suoi primi passi con esperimenti pratici di formazione on line. Le
società di formazione tradizionale stanno rivolgendo i loro investimenti e la loro attenzione ai
fornitori internazionali e nazionali di piattaforme, strumenti e know-how sulle tecnologie
didattiche legate a Internet.
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Le università italiane hanno mosso i loro primi passi a metà degli anni '90, senza un
coordinamento centrale e delegando gli sforzi di sviluppo a istituti interni di ricerca.
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3 Cosa sono i Learning Objects
I learning objects sono elementi di un nuovo modo di erogare contenuti per l’apprendimento che
utilizza le tecnologie infotelematiche. Il loro uso affonda le radici nel paradigma della
programmazione object oriented usata nel settore informatico, dove vengono creati componenti
(“objects”) indipendenti l’uno dall’altro, che possono essere riutilizzati in contesti diversi grazie al
loro ri-assemblaggio di volta in volta nuovo a seconda delle esigenze e dell’obiettivo da perseguire.
Questa è l’idea di base dei learning objects: si possono creare piccoli (relativamente alla lunghezza
del corso intero) blocchi di istruzione indipendenti dal contesto e autonomi l’uno dall’altro che
possono essere assemblati e riutilizzati in maniera ogni volta diversa, innumerevoli volte, in contesti
differenti, senza dover riprogettare ogni volta l’intero corso. Il loro riassemblaggio avverrà
seguendo una sequenzialità che permetta di dar luogo a percorsi didattici distinti adeguati alle
esigenze peculiari dell’utente finale.
Gli oggetti in questione non sono composti solo da una parte di contenuto: questo li renderebbe dei
semplici oggetti di informazione e non degli elementi didattici. Per essere tali, e quindi elementi di
un percorso di apprendimento, essi devono contenere almeno 4 elementi di base:
• La dichiarazione dell’obiettivo;
• Una parte di contenuto, che può essere proposta sotto diverse forme mediatiche: testo, audio,
video, o multimediale, e più o meno interattivo;
• Esercizi per un migliore apprendimento, attraverso la pratica, delle teorie presentate;
• Un feedback immediato che avviene tramite la valutazione.
I learning objects sono elementi digitali. In quanto tali, la loro erogazione avviene tramite l’uso del
computer e la loro ricerca, da parte del discente stesso o di un professionista della formazione e
dell’educazione, avviene all’interno di una (di solito) grande intranet se non addirittura all’interno
della vastissima Rete.
Diventerebbe difficile rintracciarli se non si avessero a disposizione gli strumenti adatti.
Tutti i learning objects prodotti vengono inseriti all’interno di repository (depositi) o database
elettronici per essere a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, sia esso il discente, il docente o
l’instructional designer, in qualsiasi parte del mondo si trovi e in qualsiasi momento abbia
intenzione di accedere ai materiali didattici. Per poterli usare è però necessario poterli trovare.
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I learning objects
Non è facile trovare qualsiasi cosa in un sistema di distribuzione di contenuti grande come il World
Wide Web o una grande intranet.
La soluzione non sta solo nell’immagazzinare i learning objects ma soprattutto nella loro
descrizione.
Se si pensa ai learning objects come a un insieme di dati, allora la loro descrizione sarà data dai
metadata cioè “dati che descrivono gruppi di dati” che contengono informazioni sull’oggetto, come
ad esempio l’Autore, il Titolo, il Numero di versione, il Formato, la Durata, gli Obiettivi didattici, i
Prerequisiti tecnici necessari, ecc.
Per facilitare il loro utilizzo le diverse associazioni che si occupano di creare metadata hanno
raggiunto la finalità di creare standard condivisi, in modo da rendere più facile e veloce il
reperimento in Rete dei learning objects.
Attraverso l’uso dei repository, la persona che voglia cercare un determinato tipo di learning
objects può farlo, ad esempio, inserendo la parola chiave all’interno di un motore di ricerca adatto e
utilizzarlo per i propri scopi didattici.
Definizioni
Negli anni sono proliferate numerose definizioni, non condivise da tutti, che hanno creato non poca
confusione e difficoltà nella comunicazione: alcuni li hanno definiti sia “obiettivi d’apprendimento”
sia “unità di apprendimento”, sia “unità di valutazione dell’apprendimento”. Altri li definiscono
come “elementi di programmazione”. Altri ancora danno definizioni ancora diverse.
La definizione di Wiley
David Wiley propone una definizione abbastanza precisa. Egli definisce i learning objects come
“ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento”. Con questa
definizione si include qualsiasi cosa che può essere erogata attraverso la Rete, su richiesta, sia essa
piccola ( immagini digitali, video o audio in streaming o live, testi non troppo lunghi, animazioni,
piccole applicazioni erogate dal Web, come può essere un java calculator) o grande (pagine web
che combinano testo, immagini e altri media al fine di erogare intere situazioni d’apprendimento).
A differenza di altri che considerano i learning objects sia “entità digitali” che “non digitali” e
anche sia “usabili” (significherebbe che esiste la possibilità che vengano usate anche una sola volta)
che “riutilizzabili”, questa rifiuta l’idea di “non - digitale” e “non – riutilizzabile”. Il fatto che i
learning objects siano solo ed esclusivamente entità di tipo digitale li distingue da quelle nonAttenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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digitali che possono essere usate da una sola persona alla volta ( si pensi al libro preso in prestito in
biblioteca). Questo li rende delle risorse “non-rivali” tra loro, in quanto utilizzabili da più persone
simultaneamente.
Inoltre, per Wiley, non vengono usati “durante” l’apprendimento, cioè non sono solo risorse
aggiuntive - ma servono per “supportare” l’apprendimento.
Dalla metafora del Lego a quella dell’atomo
Fin dall’inizio la comunità di esperti che si è occupata dei learning objects ha voluto utilizzare la
metafora del LEGO per descrivere in maniera semplice le loro caratteristiche.
I mattoncini del LEGO sono come i piccoli pezzi di materiale didattico che possono essere
assemblati in strutture di grandezza variabile e di volta in volta riutilizzati per altre costruzioni. Ma
questa metafora, secondo Wiley non funziona:
• ogni mattoncino del Lego può essere assemblato con qualsiasi altro mattoncino, senza distinzioni;
• i mattoncini possono essere assemblati in qualsiasi modo si voglia;
• i mattoncini del LEGO sono divertenti e semplici: anche un bambino può usarli.
L’autore crede che un sistema di learning objects che contenga queste tre proprietà non possa
produrre niente di più istruttivo di quanto non possa fare il LEGO.
Egli propone allora un altro tipo di metafora che è quella dell’atomo:
• non tutti gli atomi sono combinabili l’uno con l’altro;
• gli atomi possono essere assemblati solo in certe strutture che dipendono dalla loro struttura
interna;
• è necessario avere una formazione specifica per essere in grado di assemblare gli atomi.
La metafora del LEGO porterebbe a pensare ai learning objects come semplici parti di un Content
Management System, un sistema che gestisce i contenuti, ma in questo caso sarebbero dei semplici
“information object”, cioè qualcosa di distinto dall’apprendimento (come processo progettato) e più
vicino alla mera informazione.
Inoltre si potrebbe considerare il fatto che l’atomo risulta composto da parti più piccole e che è
proprio la combinazione di queste parti che determina la struttura peculiare di ogni singolo atomo e
al tempo stesso la sua compatibilità con altro atomi ma non con altri.
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4 Perché usare i learning objects
Il motivo per cui le diverse istituzioni, dalle aziende alle università agli istituti
scolastici, sono passate o stanno passando da una modalità di erogazione del materiale
didattico on-line basata sull’approccio “monolitico” a una basata sull’approccio “learning
object” è dovuto alla possibilità di rivolgere gli sforzi di produzione a favore della qualità.
Fino a non molto tempo fa i corsi on-line erano pensati secondo un approccio
“monolitico”: singole entità che venivano erogate in un unico blocco e che non potevano
essere riutilizzate per molte volte: bastava che cambiassero le esigenze degli utenti finali o
che la ricerca scientifica apportasse delle novità e il contenuto doveva essere cambiato.
Ovvero: tutto il corso era da rifare.
La soluzione è stata quella di passare a un approccio basato sulla realizzazione di
“blocchi” autonomi tra loro e indipendenti dal contesto che possono essere assemblati tra loro
in ogni momento in cui sia necessario e in base alle esigenze del discente, sia esso singolo o
un gruppo.
Un corso on- line, tra progettazione, realizzazione ed erogazione, richiede una quantità
di tempo e costi nettamente maggiore rispetto alla produzione di un corso tradizionale. Non è
possibile definire con esattezza quanto possa costare un corso on-line, perché per ogni corso
vengono utilizzate modalità diverse di realizzazione, ma si pensi soltanto al team di lavoro e
alle apparecchiature utilizzate solo per progettare e realizzare un corso multimediale con l’uso
di video in streaming.
Il team di lavoro è generalmente composto da almeno quattro figure professionali: il
progettista didattico, il grafico, lo sviluppatore software e, in questo caso, il tecnico audiovideo. Inizialmente si progetta il corso nelle sue linee generali, poi si passa alla realizzazione
più dettagliata del corso, al suo sviluppo e a una prima erogazione di “prova” per capire,
tramite le valutazioni dell’utente finale quali siano i difetti da correggere.
La registrazione delle lezioni richiede poi un percorso lungo: si registra la lezione, la si
digitalizza, si organizza il materiale, lo si immagazzina (in internet, intranet o su supporto
digitale: CD-Rom o DVD) e solo allora è pronto per essere erogato. Solo per registrare una
lezione sono necessarie infrastrutture adatte; quindi, ad esempio, la disponibilità di un’aula
con microfono, telecamera, e un PC di acquisizione. Per le riprese è necessaria la presenza di
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un operatore che gestisca la telecamera affiancato da un tecnico professionista; per l’encoding
è necessario un altro tecnico professionista.
Questo non è che uno scorcio della realizzazione di un corso on- line che dà un’idea di
quanto tempo e denaro sia necessario impiegare per realizzarlo nella sua interezza.
Tutto ciò va a favore della qualità del materiale: se bisogna aggiornare una parte di
contenuto, non è più necessario agire su tutto il corso, ma solo sul “blocco” che contiene
quella parte di contenuto. Il tempo e i costi risparmiati possono essere incanala ti per produrre
ed erogare materiale qualitativamente migliore.
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5 Caratteristiche dei learning objects
Le parole chiave per descrivere i learning objects sono due e fanno parte di un
elemento non scindibile dai learning objects stessi: l’instructional design:
• combinazione
• granularità
La combinazione è l’elemento attraverso cui gli agenti del computer ( i computer
agents) possono comporre automaticamente e in modo dinamico lezioni, personalizzandole
per i singoli utenti. Grazie al fatto di essere descritti tramite metadata, i learning objects
possono
essere individuati,
strutturati,
impacchettati
e gestiti
come risorse per
l’apprendimento (materiali didattici, test, esercitazioni, valutazioni, ecc.). In questo modo i
learning objects possono essere localizzati dal computer all’interno della rete non solo
velocemente - perchè non c’è bisogno di visionare ogni volta tutto il loro contenuto - ma
soprattutto in un modo che abbia senso dal punto di vista della progettazione didattica: è il
computer stesso che mette in sequenza, secondo l’obiettivo richiesto dall’instructional
designer, i learning objects.
La granularità è il livello minimo di grandezza dei learning objects. Questo livello
però non è specificato in maniera standardizzata e quindi pone la questione della grandezza
dei learning objects. Più è grande il learning object meno sarà riutilizzabile.
La decisione riguardo alla grandezza dipende, dal punto di vista didattico (che è
diverso dal punto di vista economico, che predilige oggetti piccoli in quanto maggiormente
riutilizzabili e garanti di un maggiore risparmio di tempi e di costi nella progettazione
didattica), dallo scopo che si vuole perseguire perché non esiste uno standard per definire la
grandezza di un oggetto d’apprendimento.
Il dibattito circa la durata dei singoli granuli è ancora aperto. C’è chi sostiene che
dovrebbero durare tra i cinque e i quindici minuti e chi invece sostiene che dovrebbero durare
mediamente un’ora.
Le due questioni sono legate a quella dell’instructional design, in quanto i learning
objects non possono essere combinati tra loro in modo casuale, ma secondo un preciso
obiettivo didattico, per far sì che essi non siano solo elementi di “informazione”, bensì di
“istruzione”.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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I learning objects
E’ l’instructional designer, il professionista che si occupa di formazione, che progetta
i percorsi didattici in base agli obiettivi d’apprendimento che il discente deve raggiungere,
basandosi sulle peculiari esigenze di formazione e/o apprendimento del singolo discente o del
gruppo di discenti con cui lavora.
Questi due elementi, la combinazione e la granularità, permettono ai learning objects
di avere le seguenti caratteristiche:
• Flessibilità: se il materiale è disegnato per essere usato in molteplici contesti, esso
può essere molto più facilmente riutilizzato rispetto al materiale che deve essere riscritto per
ogni nuovo contesto, anche se è molto più difficile disgiungere un oggetto dal contesto e poi
ricontestualizzarlo che non contestualizzarlo fin da subito come parte del disegno globale.
• Facilità di aggiornamento, ricerca, e gestione del contenuto: I tag dei metadata
facilitano la ricerca e gestione dei contenuti filtrando e selezionando solo ciò che è rilevante
del contenuto in base al proprio obiettivo.
Inoltre, essi sono l’elemento che facilita il rapido aggiornamento dei contenuti. Se per
esempio si dovesse scoprire un giorno che l’autore di una certa opera non è quello che si è
sempre creduto, ma un altro, sarebbe sufficiente cercare, tramite i metadata che descrivono il
learning object, gli oggetti riguardanti quell’opera e aggiornarli. In questo modo,
l’obsolescenza dei LO risulta controllata.
• Customizzazione (personalizzazione basata sulle esigenze dell’utente): l’approccio
basato sui learning objectss facilita un approccio just in time (l’apprendimento non avviene in
maniera continua, ma solo quando se ne ha bisogno) e just enough (si cerca solo la porzione
di istruzione di cui si ha bisogno) a favore della personalizzazione. La loro modularità
massimizza il potenziale del software che personalizza il contenuto permettendo l’erogazione
e la ricombinazione di materiale al livello desiderato.
• Interoperabilità: è la caratteristica che permette ai contenuti provenienti da sistemi
d’origine di girare su altri sistemi.
• Riusabilità: è la caratteristica per cui i contenuti di un oggetto creati per un contesto
di apprendimento possono essere riutilizzati in altri contesti che non siano quello d’origine.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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I learning objects
Caratteristiche ideali del contenuto di un learning object
Come descritto sopra, gli elementi essenziali di un learning object sono almeno quattro
e tra questi c’è il contenuto.
In un ambiente di apprendimento in cui il learning object sia scalabile e adattabile alle
esigenze del discente, il contenuto dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
• Modulare (a sè stante) e trasportabile all’interno di ambienti e applicazioni diverse.
• Non sequenziale.
• Multimediale e interattivo.
• In grado di soddisfare un singolo obiettivo.
• Accessibile alla larga utenza ( quindi adattabile ad altra utenza oltre a quella di
riferimento).
• Coerente e uniformato a un determinato modello in modo che l’essenza del
contenuto, l’idea principale che esso veicola, possa essere “catturata” dal minor numero di
metatag.
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