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Quando la donazione torna indietro: la «collazione

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Quando la donazione torna indietro: la «collazione
GDLE5047 del 23-11_GDLE_23112015_8.pdf - GDLE - Stampato da: [email protected] - 21/11/2015 1
Lecco 8
LUNEDÌ 23 NOVEMBRE 2015
Giornale di Lecco
i.p.
LECCO(afm) Se il papà o la
mamma donano ad un figlio
un appartamento, tutti quanti in famiglia pensano che sia
“per sempre”, vale a dire che
questa disposizione non sia
più discutibile da nessuno.
Ma è proprio vero? Qui ed
ora non vogliamo parlare del
rischio collegato alla lesione
dei diritti di legittima di un
fratello ed all’eventuale azione di riduzione che sarà possibile proporre una volta venuto meno il donante. Intendiamo piuttosto mettere
a fuoco un istituto giuridico
assai poco noto e che si
chiama “collazione”. Nulla a
che vedere con un errore di
stampa e con evocazioni
mangerecce: il termine “collazione” viene dal latino
“colligere”, che significa
“raccogliere”,
“radunare”.
Che cosa viene radunato?
Qual è l’oggetto dell’attività
di raccolta? La “raccolta” si
riferisce a tutto quanto sia
stato donato durante la vita
del defunto: di tutte queste
donazioni si compie una vera
e propria “somma” allo scopo di conferirle nella massa
ereditaria. L'istituto trae fonte dall'art. 737 cod. civ. , ai
sensi del quale i figli (nonchè
i loro discendenti) ed il coniuge che concorrono alla
successione devono conferire (salva la dispensa di cui
si dirà) ai coeredi tutto ciò
che hanno ricevuto dal defunto per donazione, direttamente o indirettamente.
Qual è la ragione di questa
disposizione di legge? La risposta non è facilissima,
ma, secondo l’opinione prevalente, la disposizione sarebbe fondata sul fatto che il
donante, disponendo in vita,
abbia voluto effettuare una
sorta di anticipazione delle
attribuzioni ereditarie e che
tra i coeredi vi debba essere
una parità di trattamento.
NOTAIO DANIELE MINUSSI
Quando la donazione torna indietro: la «collazione», questa sconosciuta
Dunque, una volta morto il
donante, i lasciti dovrebbero
essere “pareggiati” tra i figli
e la divisione di tutti i beni
dovrebbe riguardare non soltanto quelli lasciati dal defunto, ma a questi dovrebbero aggiungersi quelli da lui
donati quando era in vita.
Parlando in termini meno
“legali” e più vicini alla vita di
tutti i giorni, gioverà un
esempio. Facciamo il caso di
Giulio, che ha donato al figlio
Paolo un appartamento e al
figlio Marco una somma di
denaro pari a 30.000 euro.
Giulio muore, lasciando come eredi i tre figli Paolo,
Marco e Francesco (al quale
nulla è stato donato dal padre in vita) ed un patrimonio
composto da altri due appartamenti e un conto in
banca sul quale sono depositati 60.000 euro. Ebbene: cosa succede, facendo
l’ipotesi in cui Giulio non
abbia lasciato alcun testamento? A questo punto
scatta la “collazione”, vale a
dire l’obbligo per legge a
carico di chi tra i coeredi ha
ricevuto donazioni durante la
vita dell’ereditando, di conferire quanto donato alla
massa ereditaria. In parole
povere Paolo dovrà “restituire” alla massa ereditaria
l’appartamento e Marco “restituire” la somma ricevuta
di 30.000 euro. Una volta
composta questa massa
ereditaria, che a questo punto sarà costituita non soltanto dai due appartamenti e
dal conto in banca che Giulio,
morendo, ha lasciato, ma
anche dall’altro appartamento già donato al figlio Paolo e
dalla somma già donata a
Marco (che, dunque, si può
ben dire che “tornino indietro”), si potrà proseguire
con la divisione dei beni ereditari tra i tre figli, che sono
tra loro coeredi.
Insomma: un bel pasticcio,
anche perché normalmente
questa situazione che si può
creare non viene neppure
lontanamente immaginata
né dai genitori che fanno una
donazione ad un figlio, né da
quest’ultimo. Spesso le cose si complicano ulteriormente. Infatti non è certo
una cosa infrequente che il
figlio, una volta ricevuta la
donazione dell’appartamento, provveda a ristrutturarlo,
ad ampliarlo o, comunque, a
sistemarlo a proprie spese
o, addirittura, anche con l’ap-
porto economico della sua
ragazza, moglie o compagna. È chiaro che se, una
volta venuto meno il padre
che ha fatto la donazione,
Paolo e la moglie fossero
costretti a trasferire alla
massa ereditaria la casa che
con fatica hanno rimesso a
posto ed il cui valore a questo punto è quasi interamente riconducibile agli
oneri di ristrutturazione che
hanno affrontato, più nessuno oserebbe affrontare
l’avventura di ricevere un bene per donazione dai genitori.
Va chiarito, a questo punto,
che la “collazione”, vale a dire
questo trasferimento del bene donato alla massa ereditaria può essere eseguita
o propriamente riportando la
proprietà del bene all’interno
della massa ereditaria da dividere
tra
i
fratelli
(nell’esempio fatto) oppure,
più semplicemente, trasferendo alla massa ereditaria il
valore in denaro del bene
calcolato al tempo dell’apertura della successione. Riprendendo il caso di Paolo,
costui può scegliere liberamente se cedere l’appartamento alla massa in comune
con i fratelli oppure conferire
a tale massa l’equivalente in
denaro del valore dell’appartamento. Si può dunque trarre un sospiro di sollievo? In
un certo senso la risposta è
positiva, ma se, come detto,
l’appartamento è stato ristrutturato a cura e spese di
Paolo, come fare a scomputare il valore di tali opere
dal valore dell’immobile?
Spesso al giorno d’oggi, in
un periodo di prezzi calanti,
si possono avere amare sorprese.
E allora? I rimedi esistono,
ma occorre conoscerli. La
legge
prevede
(art.737
cod.civ.) che colui che dona il
bene, nell’occasione, possa
anche dispensare dalla collazione il beneficiario della
donazione. Cosa significa?
Vuol dire che, per effetto di
tale dispensa contenuta
nell’atto di donazione, quando il donante passerà a miglior vita, il suo erede che ha
ricevuto la donazione non
sarà più tenuto a conferire
alla massa ereditaria quanto
ricevuto in donazione precedentemente. Dunque se
papà Giulio, donando a Paolo
l’appartamento, contestualmente lo dispensa dall’obbligo della collazione, quando Giulio non ci sarà più,
Paolo non dovrà né trasferire
alla massa da dividere con i
propri fratelli quanto ricevuto dal padre, né sarà obbligato a conferire a tale
massa l’equivalente in denaro. Ecco perché, quando si
pensa di fare una donazione
al proprio figlio occorre ponderare bene tutti gli aspetti e
curarsi di ogni dettaglio: altrimenti si corre il rischio di
“far tornare indietro” quanto
oggetto della donazione con
effetti davvero poco piacevoli e, soprattutto, per lo più
non desiderati e davvero
non voluti da nessuno, né da
chi voleva produrre per il
proprio figlio un beneficio
duraturo, né da parte di quest’ultimo, che non intende
certamente aver poi da discutere con i fratelli.
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