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Lei faccia l`ammalato il medico sono io

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Lei faccia l`ammalato il medico sono io
TACCUINO
“Lei faccia l’ammalato
il medico sono io”
Riprendo su queste pagine il tema dei
rapporti fra medico e paziente, in margine ad uno studio sulle competenze
per la salute pubblicato in giugno dall'Istituto di medicina preventiva dell'Università Zurigo e ad un sondaggio sugli
ospedali realizzato il mese scorso dal
sito internet comparis.ch. Il primo punta
l'indice contro la classe medica, sostenendo che non fornirebbe ai pazienti
sufficienti informazioni. Solo una minoranza delle persone interpellate ha
dichiarato di ricevere delucidazioni sui
vantaggi e gli inconvenienti di un trattamento o di essere stata informata sulle
diverse possibilità di cura. E questo a
scapito della possibilità per il paziente di
assumere un ruolo attivo nelle decisioni
che lo concernono. Il secondo per contro ha evidenziato come gli ospedali ticinesi siano i più apprezzati dai pazienti.
Da un questionario è risultato che l'OBV
è l'istituto che registra in assoluto il grado di soddisfazione maggiore da parte
dei pazienti. Nei primi quindici posti
figurano pure l'Ospedale La Carità di
Locarno, il San Giovanni di Bellinzona e
il Civico di Lugano. Da notare che tutti i
nosocomi hanno ricevuto punteggi elevati proprio nell'ambito dell'informazione al paziente, segnatamente per quanto riguarda la comprensione delle risposte date dai medici e dal personale
curante, la spiegazione degli interventi e
le informazioni contraddittorie. Alla luce
di queste indicazioni sorgono spontanee alcune riflessioni.
Sulla questione dell'informazione i due
studi giungono a conclusioni diverse,
per non dire opposte. Ora, delle due l'una. O i medici ospedalieri sono tutti disponibili e sanno avere un rapporto
empatico con il paziente e quelli extraospedalieri no, pur essendo in certi casi
le stesse persone. Oppure sono gli studi
a fornire indicazioni che non riflettono
la realtà, per carenze metodologiche o
di campionatura.
A mio avviso la contraddizione fra le
due conclusioni è a suo modo rivelatrice, sia perché pone ancora una volta il
problema della credibilità delle indagini
in campo sanitario, spesso riportate
con enfasi dai media, sia perché dimostra la necessità di un'unità di metodologia nel valutare le varie sfaccettature
del sistema sanitario svizzero e ticinese
in particolare. Non è una questione di
lana caprina.
A seconda di quale conclusione si prende per buona, c'è il rischio di cospargersi inutilmente il capo di cenere o
abbandonarsi ad atteggiamenti trionfalistici. Sono entrambe risposte sbagliate a un problema complesso, che
non può essere affrontato a colpi di
studi o di decreti, ma che richiede in
primo luogo una costante e stretta collaborazione fra medici e pazienti, a
seconda delle responsabilità e delle
competenze degli uni e degli altri. È più
che opportuno discuterne.
Trovo positivo in proposito il dibattito
lanciato dal presidente dell'Associazione
dei pazienti Gabriele Chiesi (Corriere del
Ticino 19 giugno) e ripreso dall'OMCT
attraverso il sottoscritto (Corriere del
Ticino del 27 giugno), anche se contraddistinto finora dalla totale assenza
del DSS, che era fra i committenti della
ricerca dell'Università di Zurigo.
Chi stabilisce cosa sia meglio per l'ammalato? Giuseppe Remuzzi, direttore
responsabile della Divisione di Nefrologia e Dialisi degli Ospedali Riuniti di
Bergamo, ha fornito in termini chiari,
condivisibili e accessibili sul Corriere
della Sera (del 10.07.2007) un parere
illuminante e, qui riporto fedelmente i
passaggi essenziali:
“Il dottore di un tempo era come quello di Lev. N. Tolstoj in “La morte di Ivan
Il'ic”. A Ivan Il'ic importava una sola
cosa, se il suo stato era grave o no; e a
questa domanda quanto mai assurda il
medico rispose “vi ho già detto, Signore, tutto quello che ritenevo utile e
ragionevole che sapeste”.
Oggi tanti ammalati vanno dal medico
dopo aver passato ore e ore a leggere
tutto ciò che c'è sulla loro malattia sui
giornali, alla televisione o su internet.
Sanno quali sono i centri migliori, i medici più preparati e la terapia più moderna.
Sbagliato? Niente affatto, ma se gli
ammalati sanno di medicina o se hanno
passato abbastanza tempo su internet
da saperne di più del medico allora bisogna saperci parlare. E qui sta il problema
perché nelle università non si impara a
parlare con gli ammalati. Quanti medici
sono capaci di dire quello che nessuno
vorrebbe sentirsi dire? Pochissimi secondo uno studio fatto negli Stati Uniti nel
2006. Con gli ammalati non si dovrebbe
parlare troppo, ma nemmeno troppo
poco o peggio ancora in troppe persone.
Quando si parla in troppi, quasi sempre
si dicono cose diverse, anche senza
volerlo. Il medico ha comunque poco
tempo per parlare con l'ammalato, mentre l'ammalato ha tutto il giorno per
pensarci e se persone diverse gli hanno
detto cose diverse ha tutto il tempo per
interrogarsi sulle inconsistenze, che
magari sono solo formali. Oggi si fa un
gran parlare di consenso informato: è un
foglio che il malato firma prima di certe
cure per sapere di più e decidere se farsi
fare quella certa cura o quel intervento
chirurgico. Ma attenti a sentirsi apposto
perché l'ammalato “ha firmato”. Più che
il consenso informato vale che ci sia fra
l'ammalato e il suo medico un patto non
scritto, fatto di decisioni prese insieme,
giorno per giorno e di responsabilità da
condividere.”
Una volta si diceva “lei faccia l'ammalato il medico sono io”. Adesso con enciclopedie, giornali, radio, televisione e
internet non lo si può più fare, con due
pericoli:
1. che l'ammalato riduca il medico a
uno che prende ordini e basta;
2. che un poco alla volta il medico finisca per sottrarsi alla sua parte di responsabilità.
Il dottore di Ivan Il'ic certamente sbagliava, ma questo sarebbe l'eccesso
opposto altrettanto sbagliato.
Agli economisti sanitari e a chi dirige la
sanità (assicuratori, politici) la necessità
di riflettere, senza tralasciare la razionalità medica. Ne va del nostro sistema
sanitario che ancora oggi è da tutti
definito tra il migliore ed il più equo al
mondo.
72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE
Franco Denti
327
SEZIONE SCIENTIFICA
MISURE GENERALI
PER LA PRESA A CARICO
DI PAZIENTI
CON INSUFFICIENZA
CARDIACA
S. Muzzarelli, G. Mombelli
Introduzione
L'insufficienza cardiaca è una malattia
frequente che secondo stime recenti
colpisce circa il 2% della popolazione
occidentale. A causa dell'attuale evoluzione demografica e della propagazione delle malattie cardiovascolari si prevede che la prevalenza aumenti del
30% entro l'anno 20201. Dati epidemiologici mostrano chiaramente che la
prevalenza e l'incidenza sono fortemente dipendenti dall'età, cosicché
circa il 10% degli ultra ottantenni soffrono di una forma di insufficienza cardiaca2. Quale conseguenza di questa
particolare distribuzione demografica i
pazienti con insufficienza cardiaca
sono spesso affetti da comorbidità rilevanti e quindi soggetti a regimi farmacologici complessi che possono influenzare in modo negativo il grado di
correttezza di assunzione dei farmaci. I
pazienti anziani sono inoltre più spesso
confrontati con problemi cognitivi e
isolamento sociale, fattori che a loro
volta possono ostacolare la presa a
carico terapeutico-farmacologica ottimale. Oltre all'assunzione corretta di
medicamenti, anche la capacità di
autocontrollo (peso corporeo, riconoscimento dei sintomi precoci dello
scompenso cardiaco), l'adattamento
dello stile di vita (dieta, attività fisica
regolare) e la capacità di reagire in
modo adeguato in caso di apparizione
di sintomi di scompenso cardiaco sono
punti cruciali spesso deficitari nel
paziente anziano.
La descrizione di queste problematiche
pratiche e delle possibili misure concrete per ottimizzare la presa a carico di
pazienti con insufficienza cardiaca
sono gli obiettivi di questo articolo.
Attitudine del paziente quale fattore prognostico nell'insufficienza
cardiaca?
Nonostante gli importanti progressi
terapeutici, la sindrome dell'insufficienza cardiaca è tuttora associata ad
un alto tasso di mortalità e morbilità3.
È ben risaputo, che il decorso clinico è
spesso caratterizzato da scompensi
cardiaci recidivati e conseguente tasso
di reospedalizzazione estremamente
elevato. Si stima che 6 mesi dopo
dimissione dall'ospedale per scompenso cardiaco il 40-50% dei pazienti vengono nuovamente reospedalizzati.
Nella maggior parte dei casi per recidiva di scompenso cardiaco (70%), più
raramente a causa di malattie concomitanti4-6.
Diversi studi hanno identificato la compliance medicamentosa insufficiente e
la scarsa aderenza alle misure dietetiche (restrizione idrosalina) quali principali responsabili dello scompenso cardiaco nel 20-40% dei casi7-9. Una
recente analisi effettuata sul collettivo
di pazienti reclutati nello studio Charme (studio randomizzato sull'efficacia
dell'AT-II antagonista Candesartan in
pazienti con insufficienza cardiaca) ha
potuto dimostrare che i pazienti con
compliance medicamentosa scarsa (ca.
11% del collettivo globale) avevano un
tasso di mortalità e ospedalizzazione
nettamente aumentato rispetto ai
pazienti complianti. È interessante
osservare che pure i pazienti con compliance insufficiente randomizzati al
placebo avessero una prognosi peggiore10. Ciò lascia supporre che questi
pazienti abbiano una scarsa aderenza
72 SETTEMBRE 2007
non solo al farmaco testato, bensì a
tutto il regime farmacologico ed eventualmente alle misure generali di adattamento dello stile di vita (esercicio fisico, dieta etc.), esprimendo così un'attitudine generale di trascuratezza
verso la propria malattia.
Complice insufficiente: un fenomeno diffuso?
Quando si parla di compliance in pazienti con insufficienza cardiaca è possibile estendere il concetto alle varie
dimensioni nella presa a carico medica
che necessitano una partecipazione
attiva da parte del paziente: 1) compliance al regime farmacologico; 2)
alle misure di adattamento dello stile
di vita (dieta e esercizio fisico); 3) alle
misure di autocontrollo (misurazione
del peso corporeo, riconoscenza e reazione adeguata in caso di insorgenza
di sintomi dello scompenso cardiaco).
Compliance al regime
farmacologico
Si stima che solo il 70% dei pazienti
con insufficienza cardiaca rispettino
adeguatamente il regime farmacologico prescritto11. È importante sottolineare che il grado di aderenza stimato
varia estremamente a dipendenza del
metodo di valutazione utilizzato e del
collettivo di pazienti analizzato. Un
recente lavoro pubblicato nella rivista
“New England Journal of Medicine”
suggerisce una distinzione tra metodi
diretti e indiretti per la misurazione/valutazione della compliance. I
metodi diretti, quali l'osservazione del
paziente durante l'assunzione di un
farmaco o la misurazione di tassi plasmatici/urinari di un farmaco o un suo
metabolita, sono generalmente più
accurati e precisi ma difficili da effettuare. Metodi indiretti come interviste
al paziente, questionari specifici o scatole di medicamenti con monitoraggio
elettronico incorporato (MEMS), sono
più facilmente applicabili ma meno
accurati. È intuitivo che un paziente
intervistato o invitato a compilare un
TRIBUNA MEDICA TICINESE
329
SEZIONE SCIENTIFICA
questionario ben difficilmente ammetta di non assumere correttamente i
medicamenti, mentre con una scatola
di medicamenti con monitoraggio
elettronico il paziente è consapevole di
essere attivamente osservato e giudicato nelle sue abitudini di assunzione
di medicamenti; di conseguenza l'assunzione “spontanea” di farmaci
viene influenzata. Tramite metodi indiretti la compliance viene quindi generalmente sovrastimata12. Queste considerazioni vengono ben rispecchiate
dagli studi effettuati: mentre i questionari valutano che circa il 90-95% dei
pazienti sono complianti; il tasso di
compliance cala al 70-80% se la valutazione basa su MEMS e addirittura al
fino al 10% valutando le banche dati
farmaceutiche (relazione tra il numero
di pastiglie ritirate dal paziente in farmacia rispetto a quante prescritte)11.
Nonostante vi siano alcune discrepanze, questi risultati suggeriscono che la
mal-compliance medicamentosa sia
una problematica frequente e potenzialmente correggibile in pazienti con
insufficienza cardiaca.
Compliance agli adattamenti dello
stile di vita
Nonostante gli effetti benefici di un'alimentazione adeguata e dell'esercizio
fisico regolare siano ben noti e documentati, queste misure vengono raramente implementate. Un apporto
idrosalino controllato (si raccomanda
un'assunzione di liquidi inferiore a
1,5l/giorno e di sale inferiore a 3-4
g/giorno) viene osservato purtroppo
solo dal 30-50% dei pazienti cardiopatici. Solo il 40% dei pazienti esercitano
pratiche sportive/riabilitative regolarmente11.
Compliance alle misure di
autocontrollo
Per quanto concerne la misurazione
regolare del peso corporeo solo il 40%
dei pazienti si attengono a questa
misura estremamente semplice ma
efficace per riconoscere precocemente
330
TRIBUNA MEDICA TICINESE
uno scompenso cardiaco13. È inoltre
interessante osservare che i sintomi
cardinali dello scompenso cardiaco
vengono frequentemente trascurati a
lungo prima che i pazienti cerchino
un'assistenza medica. Uno studio che
ha analizzato questa problematica ha
infatti evidenziato che la dispnea generata da uno scompenso è stata trascurata per 3 giorni, l'ortopnea per 2 giorni, edemi periferici e un aumento ponderale per 7 giorni, palpitazioni per più
di 3 giorni in pazienti anziani ospedalizzati per scompenso cardiaco14.
È possibile migliorare la compliance dei nostri pazienti?
Diversi fattori/predittori di mal-compliance sono stati identificati. Caratteristiche dei pazienti, quali un elevato
numero di co-morbidità, un isolamento sociale e una classe NYHA bassa
(mantenuta capacità funzionale), come pure caratteristiche del regime
terapeutico (numero elevato di farmaci e cambiamenti terapeutici frequenti)
e un rapporto medico paziente scarso,
sembrano essere associati ad una compliance medicamentosa insufficiente13.
Altri studi hanno potuto evidenziare
che un basso livello di istruzione e
conoscenza a riguardo della patologia
dell'insufficienza cardiaca fossero chiaramente associati una scarsa aderenza
al regime farmacologico, alle misure di
autocontrollo e all'adattamento dello
stile di vita15.
Questi risultati suggeriscono che misure finalizzate all'istruzione specifica del
paziente, alla semplificazione del regime terapeutico e al rafforzamento del
rapporto medico-paziente siano di
fondamentale importanza nella gestione dei pazienti con insufficienza cardiaca. Quest'ipotesi viene confermata
da diversi studi prospettivi e randomizzati che hanno analizzato l'effetto di
una presa a carico multidisciplinare
nella gestione ambulatoriale di pazienti con insufficienza cardiaca. Un intervento multidimensionale, comprendente un'istruzione specifica e struttu-
72 SETTEMBRE 2007
rata (misure di autocontrollo, terapia
farmacologica, dieta), una semplificazione del regime farmacologico dove
possibile e delle visite infermieristiche a
domicilio atte a garantire l'implementazione delle misure contenute nell'istruzione, ha potuto ridurre drasticamente il tasso di reospedalizzazione e i
costi, migliorando al contempo la qualità di vita dei pazienti16-18.
È importante sottolineare che la maggior parte di questi interventi sono realizzabili pure da parte di medici praticanti o all'interno di una struttura
ospedaliera. L'istruzione del paziente e
delle persone coinvolte nella gestione
medica (familiari, parenti, etc.), la semplificazione della farmacoterapia, l'eventuale potenziamento della rete di
sostegno a domicilio (aiuto infermieristico a domicilio, preparazione dei
medicamenti da parte della farmacia
con appositi box settimanali) sono
misure semplici che richiedono un utilizzo ragionevole di risorse, ma possono influenzare il modo significativo il
decorso.
Contenuti dell'istruzione al
paziente
Come suggerito dalle linee direttive
internazionali per la presa a carico di
pazienti con insufficienza cardiaca i
punti fondamentali di istruzione comprendono19:
1 Informazione circa l'importanza dell'assunzione regolare dei farmaci
prescritti. A questo proposito una
breve spiegazione dei principi di
azione e degli effetti dei singoli farmaci possono stimolare la motivazione del paziente all'assunzione dei
vari medicamenti.
2 Restrizione idrosalina a 3-4 g/giorno
di sale da cucina e 1,5 l/giorno di
liquidi. A questo proposito i pazienti
vanno sensibilizzati alle “fonti nascoste” di sale (brodo, varie spezie salate) sollecitando al contempo l'utilizzo di spezie alternative senza contenuto di sale. Per quanto concerne il
controllo dell'apporto idrico si può
SEZIONE SCIENTIFICA
consigliare di misurare la quantità
dei vari liquidi ingeriti in una giornata (tè, caffè, acqua e varie bevande)
e adattare se necessario le abitudini
in merito.
3 I pazienti con insufficienza cardiaca
(specialmente in caso di tendenza
all'accumulo idrosalino) dovrebbero
pesarsi giornalmente, di mattina a
digiuno. Per stimolare questa pratica
e dare al contempo al paziente e al
medico curante la possibilità di valutare la dinamica di questo parametro
è consigliabile fornire un apposito
diario per marcare il peso misurato. È
così possibile adattare la terapia diuretica secondo il peso e fornire al
paziente un'importante mezzo di
autocontrollo. In caso di incremento
ponderale significativo (>2kg nell'arco di giorni) è consigliato un consulto medico.
4 In modo individuale e secondo
necessità è consigliata la misurazione regolare della pressione arteriosa
e della frequenza cardiaca. Questi
parametri possono aiutare il medico
ad adattare la terapia farmacologica
in modo ottimale. Al contempo l'ipertensione arteriosa mal controllata
e disturbi del ritmo quali la fibrillazione atriale sono cause frequenti
dello scompenso cardiaco. Entrambi
sono potenzialmente identificabili da
parte del paziente.
5 I pazienti devono essere istruiti a riconoscere e reagire in modo adeguato
a sintomi dello scompenso cardiaco
quali un'intolleranza alle sforzo e/o
dispnea insoliti, ortopnea, dispnea
parossistica notturna, aumento ponderale (> 2 kg in pochi giorni), edemi,
astenia e palpitazioni insolite.
6 Un'interruzione completa del tabagismo e un consumo etilico controllato sono consigliabili.
7 Come spiegato precedentemente
l'esercizio fisico regolare in regime
aerobico contribuisce in modo fondamentale al miglioramento della
funzione cardiaca, vascolare e del
metabolismo della muscolatura sche-
letrica, esercitando quindi un effetto
positivo sulla prognosi e la qualità di
vita di pazienti cardiopatici.
8 L'utilizzo di analgesici antireumatici è
fortemente sconsigliato in pazienti
cardiopatici. Questa classe di medicamenti favorisce infatti la ritenzione
idrosalina, la vasocostrizione periferica, gli eventi vascolari atero-trombotici, interagendo al contempo in modo
imprevedibile sulla farmacodinamica
dei medicamenti di anticoagulazione
orale. Si stima che circa il 20% degli
scompensi cardiaci necessitanti un'ospedalizzazione siano al meno parzialmente favoriti dall'assunzione di
questi medicamenti20;21. Di conseguenza l'assunzione, anche sporadica, deve essere ricercata in modo attivo da parte del medico curante. In
caso di necessità è utile consigliare
misure analgesiche alternative basate
su paracetamolo e oppiacei.
Conclusione
La compliance insufficiente al regime
farmacologico, alle misure di autocontrollo, ai cambiamenti delle abitudini
culinarie e all'esercizio fisico regolare è
quindi un fenomeno diffuso e chiaramente associato un impatto prognostico negativo. Il fatto che semplici misure di correzione possano modificare
positivamente l'atteggiamento dei pazienti, influenzandone in modo significativo la prognosi, dovrebbe motivare
noi tutti ad effettuare sforzi ulteriori in
questa direzione. Un maggiore coinvolgimento e una responsabilizzazione del
singolo paziente sembra essere un
passo fondamentale per garantire un
atteggiamento attivo e consapevole
del paziente nella presa a carico della
malattia nei suoi vari aspetti.
Dr. med. S. Muzzarelli
Universitätsspital Basel, Klinik für Kardiologie
Petersgraben 4, 4055 Basel
E-mail: [email protected]
PD Dr. med. G. Mombelli
Servizio di medicina Interna
Ospedale Regionale Locarno
6600 Locarno
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA
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332
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA
CAMPI
ELETTROMAGNETICI
E TUMORI:
LO STATO DELLE
CONOSCENZE NEL 2007
A. Spitale, A Bordoni
Introduzione
In generale, la radiazione elettromagnetica consiste nell'oscillazione di
campi elettrici o magnetici. La frequen-
za con cui si verificano tali oscillazioni,
ovvero il numero di oscillazioni per
secondo, determina le proprietà e l'uso
che ne può essere fatto. Le frequenze
sono misurate in hertz (Hz), dove 1 Hz
è 1 oscillazione per secondo, 1kHz o
kilohertz è pari a 1000 Hz, 1 MHz o
megahertz è pari a un milione di Hz e
1GHz o gigahertz è pari a un miliardo
di Hz o 109Hz (vedi Figura 1).
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad
un aumento notevole nel numero e
nella tipologia delle fonti di campi elettromagnetici, soprattutto i campi a frequenza estremamente bassa (0-300
Hz, extremely low frequencies o ELF),
le radiofrequenze (300 Hz - 300 MHz,
RF), nonché le micro-onde (300 MHz 300 GHz).
L'esposizione a campi a frequenza
estremamente bassa (ELF) deriva
soprattutto dalle fonti create dall'uomo per la generazione, trasmissione e
uso dell'elettricità; in particolare è possibile distinguere due tipologie di
esposizione a tali campi:
- esposizione occupazionale che
avviene, per esempio, nelle industrie
elettriche ed elettroniche, nel campo
della saldatura e nella riparazione/uso di motori elettrici;
- esposizione ambientale (i cui livelli
sono tipicamente bassi) che avviene
nelle zone residenziali in prossimità
delle linee di trasmissione elettrica
oppure attraverso l'utilizzo domestico di apparecchiature elettriche.
L'esposizione a radiofrequenze (RF),
invece, si identifica con i campi di radiofrequenza generati dalle trasmissioni radio-televisive e da tutti gli altri
apparecchi di telecomunicazione. In
casa, le radiofrequenze sono generate
da forni a micro-onde, allarmi antifurto, radio, TV, basi di telefoni senza filo.
Tuttavia, la maggiore fonte di esposi-
Fig. 1: I campi magnetici in funzione della frequenza (Hz) e del loro uso nella vita quotidiana
72 SETTEMBRE 2007
TRIBUNA MEDICA TICINESE
333
SEZIONE SCIENTIFICA
zione a radiofrequenze è rappresentata dai telefoni cellulari. Anche l'ambiente lavorativo assume un ruolo fondamentale: gli impiegati che lavorano
in prossimità di sistemi che emettono
radiofrequenze possono ricevere livelli
superiori di esposizione. Tra questi
citiamo i lavoratori delle industrie di
trasporto, della tele-comunicazione, gli
antennisti, il personale militare (operatori radar), gli ufficiali di polizia che utilizzano i radar per il controllo del traffico, il personale medico che utilizza
apparecchiature per il trattamento del
dolore e delle infiammazioni o dispositivi elettro-chirurgici per l'incisione e la
sutura dei tessuti.
Le evidenze scientifiche
Il cresciuto interesse scientifico e la cresciuta attenzione da parte della popolazione generale verso tale fenomeno
fa sorgere spontaneamente le seguenti domande: l'esposizione a ELF o RF è
cancerogena? Quali sono le evidenze
scientifiche?
Esposizione a ELF e Tumori
Nel 1979 è stato pubblicato il primo
Report circa una possibile associazione
tra esposizione a campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse
(ELF) e leucemie infantili (Wertheimer
et al., 1979). Da allora il numero di
studi epidemiologici sofisticati si sono
via via moltiplicati. Numerosi gruppi di
esperti hanno analizzato in modo
approfondito i risultati scientifici circa
gli effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF). Un certo numero di
studi epidemiologici sulle leucemie
infantili indica una possibile relazione
tra il rischio di insorgenza e l'esposizione a tali frequenze (ELF) (Ahlbom A et
al., 2000; Greenland S et al., 2000).
Per contro, non ci sono ancora evidenze scientifiche riguardo la relazione tra
i tumori in età adulta e l'esposizione
occupazionale o ambientale a ELF
(IARC Monographs Vol. 80, 2002).
Anche gli esperimenti in animale non
334
TRIBUNA MEDICA TICINESE
hanno mostrato fino ad ora risultati
consistenti. L'International Agency for
Research on Cancer (IARC) ha classificato i campi a frequenze estremamente basse (ELF) come “possibile causa di
insorgenza di tumori negli uomini”
(“gruppo 2B” secondo IARC Monographs Vol. 80, 2002), sulla base delle
evidenze scientifiche relative alle leucemie infantili (IARCPress Release n. 136,
2001).
Nonostante non sia ancora nota una
relazione di tipo causale tra esposizione a campi magnetici e leucemie
infantili, da una recente analisi condotta da Kheifets L e colleghi (2006) è
stato stimato a livello mondiale il possibile impatto sulla salute pubblica in
termini di frazione attribuibile (%). La
stima del numero globale di nuovi casi
di leucemia infantile (in età <15 anni) è
nel 2000 pari a 49000 nuovi casi/anno,
corrispondenti ad un tasso di incidenza standardizzato di 2.68 casi per
100.000 abitanti (IARC, 2000). La frazione attribuibile a ELF è ottenuta dal
confronto tra il numero di casi insorti
in una popolazione ad un dato livello
di esposizione (in media >0.3 µT nello
studio in esame) e il numero di casi che
potrebbero insorgere se l'esposizione a
ELF fosse ridotta od eliminata in seguito a specifici interventi. Tale parametro
oscilla a livello mondiale tra <1%-4%.
Infine, poiché la frazione attribuibile è
altamente dipendente dalla distribuzione dei livelli di esposizione a ELF, gli
autori concludono lo studio illustrando
la necessità di raccogliere più informazioni sui livelli di esposizione nel
mondo.
Esposizione a RF e Tumori
Ancora meno chiara è la relazione tra
esposizione a radiofrequenze (RF) e
insorgenza di tumori. Pochi studi epidemiologici in ambito occupazionale
hanno mostrato un possibile aumento
del rischio di leucemia o tumori cerebrali (Groves FD et al., 2002; Milham S
Jr, 1988;), mentre altri studi ne hanno
evidenziato un decremento (Morgan
RW et al., 2000). Anche l'evidenza
sperimentale è limitata, ma suggerisce
che le radiofrequenze (RF) non causano mutazioni del DNA. Quindi, la mancanza di riproducibilità dei risultati limita la possibilità alla IARC di arrivare ad
Fig. 2: Incidenza delle principali neoplasie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti,
standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR)
72 SETTEMBRE 2007
SEZIONE SCIENTIFICA
una conclusione precisa. A tal proposito, è in corso uno studio multicentrico
(INTERPHONE), coordinato dalla IARC
e in collaborazione con i Registri
Tumori di 13 paesi nel mondo: Australia, Canada, Danimarca, Finlandia,
Francia, Germania, Israele, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia
e Gran Bretagna. Si tratta di uno studio caso-controllo su base di popolazione che ha lo scopo di studiare la
relazione tra i tumori della regione
testa-collo e l'uso di telefoni cellulari
da parte di persone con un'età compresa tra 30-59 anni.
Recenti risultati di INTERPHONE hanno
riportato un'assenza di rischio di tumori cerebrali (gliomi, meningiomi) o neuromi acustici in Giappone (Takebayashi
T et al., 2006) e Germania (Berg G et
al., 2006; Schuz J et al., 2006); le stesse conclusioni sono emerse da una
meta-analisi di sei studi caso-controllo
su base di popolazione condotti in cinque paesi del Nord Europa (Schoemaker MJ et al., 2005, Lahkola A et al.,
2007). Altri studi non hanno fornito
risultati consistenti e convincenti circa
una relazione causale tra esposizione a
RF e qualsiasi effetto nocivo sulla salute (Ahlbom 2006; Ahlbom A et al.,
2004; Lonn S et al., 2005), anche
quando si considerano le emissioni da
parte di trasmettitori radio/TV o stazioni base della telefonia mobile (Jauchem JR, 2003).
Epidemiologia delle leucemie infantili (0-14 anni)
Le leucemie rappresentano circa 1/3
delle neoplasie che colpiscono i bambini. La figura 2 mostra l'incidenza delle
principali neoplasie in età compresa tra
0 e 14 anni nel mondo. In ordine di
frequenza le leucemie sono seguite dai
linfomi non Hodgkin, dalle neoplasie
del sistema nervoso centrale, dai linfomi di Hodgkin e dai tumori renali. Altre
forme tumorali seguono con frequenze minori. Nelle bambine l'incidenza è
pressoché sovrapponibile a quella dei
bambini a parte i tumori del sistema
Fig. 3: Incidenza delle leucemie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti, standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR), sesso maschile
Fig. 4: Mortalità delle leucemie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti, standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR), sesso maschile
nervoso centrale più frequenti dei linfomi (Ferlay J et al., 2004).
La distribuzione dell'incidenza delle
leucemie nel mondo evidenzia differenze tra i diversi continenti. La figura
3 ne mostra le principali caratteristiche: le regioni dove si osservano le inci-
72 SETTEMBRE 2007
denze più elevate sono l'America del
Nord, parte dell'Europa, Australia e
Nuova Zelanda; i paesi africani risultano, invece, i meno colpiti.
L'evoluzione dei trattamenti, il miglioramento dei protocolli terapeutici e
delle tecniche di trapianto midollare
TRIBUNA MEDICA TICINESE
335
SEZIONE SCIENTIFICA
hanno portato ad una diminuzione
della mortalità, in particolare nei paesi
industrializzati. Attualmente la leucemia infantile, pur rimanendo una
malattia grave in tutti i suoi riscontri
che talvolta porta al decesso, è curabile nella maggior parte dei casi. La figura 4 mostra la ripartizione dei tassi di
mortalità delle leucemie nel mondo.
Come si colloca il Canton Ticino rispetto al resto del mondo? Qual è l'impatto sulla salute della popolazione ticinese dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF)? È
possibile formulare alcune ipotesi sulla
base delle attuali conoscenze scientifiche?
Il dato in Ticino è ben sovrapponibile a
quanto osservato nei paesi industrializzati. Nel periodo 1996-2006 nel cantone si sono registrati 21 nuovi casi di
leucemia infantile (mediamente 1.9
casi all'anno). Tale risultato espresso in
termini di tasso standardizzato sulla
popolazione mondiale corrisponde a
4.4 casi ogni 100.000 abitanti (6.4 per
100.000 nei bambini e 2.7 per
100.000 nelle bambine). Inoltre dall'analisi dei trend emerge una sostanziale
stabilità dei tassi di incidenza.
Per valutare il possibile impatto sulla
salute pubblica dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente
basse (ELF) è stato ripreso il ragionamento sviluppato da Kheifets L e colleghi. La stima del numero di casi attribuibili ad ELF in Ticino è stata ottenuta
assumendo da un lato che la distribuzione dell'esposizione a ELF sia la stessa di quella riportata nello studio considerato (in media >0.3 µT) e dall'altro
che esista una relazione di tipo causale
tra esposizione e insorgenza di leucemia, fenomeno che porterebbe lo
IARC a classificare i campi elettromagnetici a frequenze estremamente
basse come fattore cancerogeno per
l'uomo (“gruppo 1” della Classificazione IARC). È stato ipotizzato in Ticino un valore medio di frazione attribuibile pari a 2.5%, che moltiplicato
336
TRIBUNA MEDICA TICINESE
per il numero totale di leucemie infantili insorte nel periodo 1996-2006
(ovvero 21 casi), conduce ad una stima
del numero di casi attribuibili ad ELF
pari a 0.5 casi in 11 anni di osservazione (ovvero 0.025*21). Sulla base di tali
stime è possibile assumere che approssimativamente ogni 50 anni si verificano 2,3 casi di leucemia infantile attribuibili ad esposizione a ELF.
In conclusione, la difficoltà e/o complessità nel descrivere in modo oggettivo la distribuzione dell'esposizione a
campi elettromagnetici e la rarità del
fenomeno in esame (ovvero l'insorgenza di leucemie) implicano la necessità di condurre grossi studi a livello
internazionale per il raggiungimento di
risultati significativi e consistenti. A tal
proposito, il Registro Tumori del
Canton Ticino oltre ad aver annunciato la propria disponibilità a partecipare
ad eventuali nuove fasi dello studio
INTERPHONE, ha accolto positivamente la proposta di un nuovo progetto
(CEFALO) finanziato dalla Fondazione
Svizzera per la Ricerca sulla Comunicazione Mobile. I paesi partecipanti
sono Danimarca, Norvegia, Svezia e
Svizzera. Si tratta di uno studio multicentrico che ha lo scopo di esaminare
in modo accurato tutti i possibili fattori di rischio associati all'insorgenza dei
tumori cerebrali tra i giovani di età
compresa tra 7-19 anni. Particolare
attenzione è rivolta verso gli effetti
potenzialmente negativi dell'uso di
telefoni cellulari, che negli ultimi anni si
sono diffusi anche tra i giovani.
Dr. Stat. Alessandra Spitale
Registro Tumori Cantone Ticino
Istituto Cantonale di Patologia
Dr. Med. Andrea Bordoni
Registro Tumori Cantone Ticino
Istituto Cantonale di Patologia
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72 SETTEMBRE 2007
TRIBUNA MEDICA TICINESE
337
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Il Journal Club di questo mese è stato
curato dall’Istituto Cantonale di Patologia
RELAZIONE TRA
ASSUNZIONE
DI ASPIRINA E RISCHIO
DI CANCRO
COLORETTALE
IN RAPPORTO
ALL’ESPRESSIONE DI
COX-2
Aspirin and the risk of colorectal cancer in
relation to the expression of COX-2; A. T.
Chan et al, N Engl J Med, vol.356 (21): pp.
2131-2142, 2007
Riassunto/Adattamento:
Dr. M. Frattini
Laboratorio Diagnostica Molecolare
Istituto Cantonale di Patologia
via in Selva 24, 6600 Locarno
Introduzione
Studi osservazionali e randomizzati
hanno mostrato che l'uso regolare di
aspirina riduce il rischio di sviluppare
una neoplasia colorettale. Tuttavia, il
meccanismo tramite il quale l'aspirina
diminuisce tale rischio non è ancora
stato individuato. È noto che l'aspirina
inibisca l'azione delle cicloossigenasi,
di cui la forma COX-2 è implicata in
vari rilevanti processi, quali l'infiammazione e la proliferazione cellulare. Studi
clinici randomizzati hanno dimostrato
che inibitori selettivi di COX-2 determinano una riduzione del rischio di sviluppare un adenoma ricorrente in
popolazioni classificate ad alto rischio
per adenomi e cancri colorettali.
Scopo del presente lavoro è quello di
verificare se l'influenza dell'aspirina sul
rischio di sviluppo di un cancro colorettale sia collegata all'espressione di
COX-2.
Materiali e metodi
Le analisi sono state condotte partendo da due coorti di individui: 121.701
infermiere (The Nurses'-Health Study)
e 51.529 dentisti maschi (The Health
Professionals Follow-up Study). Di
queste popolazioni sono state raccolte informazioni in senso prospettico
riguardanti le abitudini di vita (fumo,
consumo di alcol, attività fisica,
apporto di vitamine) e l'assunzione
(dose e frequenza) di aspirina, tramite la compilazione di appositi questionari ogni due anni, a partire dal
1976 per le infermiere e dal 1986 per
i dentisti. È stata riscontrata l'insorgenza di tumore colorettale in 648
casi di infermiere e in 662 casi di dentisti. L'analisi dell'espressione di COX2, effettuata tramite immunoistochimica, è stata limitata ai pazienti di cui
si avevano a disposizione sezioni non
colorate con mucosa sana adiacente
il prelievo neoplastico: 368 casi di
infermiere e 268 casi di dentisti (636
casi complessivamente).
I casi sono stati classificati come non
esprimenti o con debole, media o
intensa espressione di COX-2, confrontando l'espressione nella lesione
tumorale rispetto a quella della
mucosa sana. I casi con media e marcata espressione sono stati classificati
come sovraesprimenti COX-2, quelli
con debole o nessuna espressione
come non-sovraesprimenti.
Risultati
Dai risultati dei questionari è emerso
che coloro che usano regolarmente
aspirina sono generalmente più
anziani, fumatori o ex-fumatori,
assumono vitamine, alcool e folato a
più alte dosi, e fanno meno attività
fisica. Dei 636 tumori analizzati, 423
(67%) sono stati classificati sovraesprimenti COX-2. In entrambe le
coorti è stato osservato un trend
generale di diminuzione del rischio di
cancro nei pazienti che assumono
aspirina, confermando i dati della letteratura. Analizzando i dati in funzio-
72 SETTEMBRE 2007
ne dell'espressione di COX-2, è stato
osservato che il beneficio dell'assunzione di aspirina è limitato ai casi con
sovraespressione di COX-2. Inoltre, è
stato dimostrato che anche il dosaggio di aspirina è importante, in quanto un'evidente diminuzione del
rischio è stata riscontrata nei pazienti
che assumono regolarmente 5 compresse (da 325 mg) per settimana,
ma sempre soltanto per i pazienti con
marcata espressione di COX-2. Gli
Autori hanno anche stimato l'incidenza, standardizzata per età, di cancro: per i pazienti con marcata
espressione di COX-2, l'incidenza è di
37 casi per 100.000 persone-anno se
assumono aspirina, contro 56 casi se
l'aspirina non è assunta. Per i casi
COX-2 negativi, non si riscontrano
differenze significative (27 vs 28 casi
per 100.000 persone-anno, a seconda che l'aspirina sia assunta o meno,
rispettivamente).
Conclusioni
Lo studio ha alcuni punti di forza: 1)
sono state raccolte informazioni dettagliate circa l'uso dell'aspirina in un
lungo periodo di follow-up; 2) i dati
sono stati raccolti in senso prospettico
e quindi anche prima della diagnosi di
cancro; 3) i dati dovrebbero essere
accurati perché le coorti comprendono individui con professionalità legate
alla gestione della salute; 4) in analisi
sono stati considerati maggiori potenziali fattori confondenti; 5) i dati si
confermano in entrambe le coorti
considerate. I punti critici dello studio
riguardano invece: 1) l'autosomministrazione dell'aspirina da parte del
paziente stesso; 2) l'assenza di correlazioni con l'effetto del fumo, dell'attività fisica e dell'assunzione di alcool e
vitamine; 3) l'assenza di un metodo
standardizzato di valutazione dell'espressione di COX-2, anche se gli
Autori hanno applicato i criteri maggiormente utilizzati in letteratura.
Partendo da due ampie casistiche,
questo lavoro ha mostrato come la
TRIBUNA MEDICA TICINESE
339
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
regolare assunzione di aspirina porti
ad un diminuito rischio di sviluppare
un cancro colorettale per i pazienti
che mostrano una marcata espressione di COX-2. La diminuzione del
rischio è più accentuata nei pazienti
che assumono dosi maggiori di tale
farmaco e per estesi periodi temporali. Questo lavoro conferma dunque i
dati della letteratura sul fatto che
l'effetto anticancro dell'aspirina si
esplica, almeno in parte, sull'inibizione di COX-2, suggerendo quindi che
tale farmaco possa essere somministrato a pazienti a più alto rischio (ad
esempio, coloro che hanno già sviluppato un cancro colorettale che ha
mostrato una marcata espressione di
COX-2).
340
TRIBUNA MEDICA TICINESE
72 SETTEMBRE 2007
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
CELIACHIA:
STUDIO ISTOLOGICO DI
FOLLOW-UP
Coeliac disease: a histological follow-up study.
B.T. Bardella et al Histopathology, vol. 50: pp
465-471, 2007
Riassunto/Adattamento:
Luca Mazzucchelli
Istituto Cantonale di Patologia
via in Selva 24, 6600 Locarno
Introduzione
La celiachia è una malattia immunomediata causata da intolleranza permanente al glutine che colpisce individui predisposti dopo ingestione di
alcune proteine contenute in cereali.
La disponibilità di tests sierologici e
l'ampio uso dell'endoscopia gastroduodenale hanno rivelato negli ultimi
anni come questa malattia sia molto
frequente in Europa (1 su 200 soggetti) e come la manifestazione clinica possa variare da silente a forme
gravi di malassobimento. L'unica
alternativa per alleviare i sintomi, normalizzare i tests sierologici e ripristinare l'integretà della mucosa intestinale
è costituita da una rigorosa dieta
priva di glutine protratta per tutta la
vita. Attualmente i tests sierologi e
l'aspetto istopatologico della mucosa
intestinale, integrati con il quadro clinico, sono considerati esami standard
per una diagnosi definitiva. Le linee
guida per i controlli di follow up di
pazienti affetti da celiachia sono per
contro meno precise, con particolare
riferimento all'utilità di una biopsia
duodenale. Lo scopo del presente studio è quello di analizzare la risposta
istologica ad una dieta priva di glutine
in una serie di pazienti celiaci in remissione clinica.
Pazienti e metodi
Le analisi sono state condotte su una
serie di 249 pazienti (84 uomini e 165
donne) comprendente 135 soggetti in
età pediatrica e 114 adulti inclusi in
base ai seguenti criteri: 1) disponibilità
di biopsie duodenali di buona qualità
al momento della diagnosi e al primo
controllo di follow up; 2) diagnosi e
follow up nella stessa istituzione; 3)
positività per anticorpi antiendomisio
e/o antitransglutaminasi, o antigliadina; 4) buona compliance alla dieta
giudicata da una dietista specializzata;
5) remissione clinica, definita con
scomparsa di sintomi, normalizzazione di tests ematici (se alterati al momento della diagnosi) e tests sierologici negativi al momento della biopsia di
follow up. Le alterazioni della mucosa
duodenale sono state classificate
secondo il sistema di Marsh modificato nel quale la mucosa normale viene
definita di tipo 0 mentre la mucosa di
tipo 1, 2, e 3 è considerata patologica
essendo caratterizzata rispettivamente
da aumento di linfociti intraepiteliali,
iperplasia delle cripte intestinali e atrofia dei villi intestinali variabile da lieve
a completa. L'analisi statistica condotta con metodi appropriati ha correlato
i risultati con numerosi parametri quali
ad esempio l'età dei pazienti, la durata del follow up oppure la presenza di
forme tipiche, atipiche o silenti al
momento della diagnosi.
Risultati
Tutti i pazienti presentavano una
mucosa duodenale di tipo Marsh 3 al
momento della diagnosi e mostrano
una regressione delle alterazioni istopatologiche dopo aver seguito una
dieta giudicata appropriata. Dopo un
follow up mediano di due anni i
pazienti in età pediatrica mostrano
nel 74,1% dei casi mucosa normale
(Marsh 0), nel 3,7% aumento dei linfociti intraepiteliali (Marsh 1) e nel
22,2% iperlasia delle cripte intestinali oppure atrofia dei villi intestinali
(Marsh 2 oppure 3). Dopo il medesi-
72 SETTEMBRE 2007
mo follow-up mediano la mucosa
duodenale di pazienti adulti è stata
classificata normale (Marsh 0) nel
17,5% dei casi mentre 20,2% dei
pazienti mostrano alterazioni di tipo
Marsh 1 e 62,3% di tipo Marsh 3 con
lieve o moderata atrofia dei villi intestinali. Le analisi hanno mostrato che
l'età al momento della diagnosi è l'unica variabile statisticamente significativa per una normalizzazione istologica della mucosa duodenale.
Conclusioni e commento
Lo studio conferma risultati di analisi
precedenti e dimostra che alterazioni
istomorfologiche della mucosa duodenale persistono in pazienti con
celiachia malgrado una dieta apparentemente rigorosa e una remissione clinica e sierologica completa. In
particolare mentre il 74,1% dei pazienti in età pediatrica mostra una
normalizzazione morfologica completa della mucosa, tale fenomeno è
osservabile solo nel 17,5% dei
pazienti adulti. Gli Autori suggeriscono che probabilmente giovani pazienti
sono più disciplinati di adulti nel
seguire una dieta, non da ultimo perché controllati e seguiti dai genitori. Il
significato della persistenza di alterazioni della mucosa duodenale rimane
tuttavia non del tutto chiaro e solleva
importanti quesiti. Infatti, se la scomparsa di sintomi e negatività di tests
sierologici sono ritenuti sufficienti per
una remissione della malattia, anche
casi di celiachia silente con alterazioni di tipo Marsh 1 e 2 non dovrebbero essere trattati con dieta. Se invece
alterazioni di tipo Marsh 1 e 2 vengono considerate patologiche allora
una migliore consulenza dietetica e
un regolare follow-up endoscopico
sono inevitabili. In questo senso rincresce che lo studio non fornisca dati
su pazienti con alterazioni lievi della
mucosa duodenale al momento della
diagnosi (inferiori a Marsh 3). In ogni
caso si suggerisce un atteggiamento
prudenziale in pazienti con celiachia
TRIBUNA MEDICA TICINESE
341
SEZIONE SCIENTIFICA
in remissione dal momento che non
vi sono attualmente dati a proposito
dell'evoluzione di alterazioni mucose
lievi di tipo Marsh 1 e 2 ed in particolare non possono essere escluse a
lungo termine complicanze come
osteopenia oppure insorgenza di
neoplasie.
342
TRIBUNA MEDICA TICINESE
72 SETTEMBRE 2007
SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico
CASO CLINICO
UN CASO DI MENINGITE
RECIDIVANTE
Liquor:
Leucociti
acqua di roccia
0.177 G/l (norma <0,005),
98% cellule mononucleate
Proteine
1.82 g/l (norma 0.15-0.45)
Glucosio
2.9 mmol/l (norma 2.2-4.2)
Acido lattico 4,5 mmol/l (norma 1.2-2.1)
Colorazione Gram: liquor abatterico
D. Fadini, B. Balestra
Tab. 1: Esame del liquor
Il Caso Clinico
La Signora M. E., classe 1954, presenta quali antecedenti internistici un'ernia iatale senza malattia da riflusso, un
tabagismo (20 PY) e gli esiti di colecistectomia laparoscopica. Non assume
alcuna terapia abituale.
Un giorno di primavera si presenta al
nostro Pronto Soccorso per cefalea,
febbre e fotofobia. Episodi simili sono
intercorsi più volte a partire dal 1977.
Alla visita clinica notiamo uno stato
subfebbrile (37.6°C ascellare), dei
parametri emodinamici normali (PA
120/70, P 77/min), un reperto cardiopolmonare ed addominale senza particolarità, cute e mucose senza lesioni,
mentre lo status neurologico si distingue per un meningismo senza alcun
deficit neurologico focale.
rimane negativa, la ricerca dei virus
Herpes Simplex e Varicella-Zoster nel
liquor tramite PCR è parimenti negativa (nel sangue sono positive per i due
virus le IgG ma non le IgM), la ricerca
di Borrelia e Treponema pallidum nel
siero e nel liquor non dà esito positivo.
Infine il titolo di ANA è inferiore a 1/80
e il test HIV è negativo.
Riprendiamo ora l'anamnesi della
nostra paziente: tra il 1977 ed il 1982
presenta quattro episodi di meningite
a decorso benigno; viene ricoverata
allora in ospedale, dove viene sospettata la diagnosi corretta. Tra il 1985 ed
il 1992 seguono altri quattro episodi,
automedicati dalla paziente a domicilio
con AINS. L'episodio recente ha porta-
to la signora M. E. in Pronto Soccorso
in virtù di una sintomatologia più
intensa che in passato.
Il decorso, grazie ad una medicazione
con Metamizol (Novalgin®), si svolge
in modo del tutto favorevole con temperature timpaniche massime non
oltre 38.2°C e risoluzione dei sintomi
in quattro giorni. In seconda giornata
appare a livello della natica destra una
lesione molto suggestiva per Herpes
simplex (v. figura 1).
La Diagnosi Differenziale
Di fronte ad un esame del liquor cefalorachidiano che indica una meningite
ma è negativo dal lato batteriologico
(colorazione Gram abatterica, colture
negative) sono da prendere in considerazione infezioni batteriche pretrattate
con antibiotici o batteri difficilmente
coltivabili (Brucella, Borrelia, Lue,
Leptospira,…), infezioni virali (HIV,
HSV, CMV, VZV, Enterovirus,…), fungine (criptococco, candida,…), tubercolari e da parassiti (toxoplasma, echinococco,…). Il coinvolgimento meningeo
di malattie neoplastiche (carcinomi,
linfomi) o autoimmuni (sarcoidosi,
vascoliti, LES); la sindrome da ipoli-
Agli esami di laboratorio si impone una
discreta leucocitosi (11.4 G/l, neutrofili
76%) con PCR 9.2 mg/l e VES 4 mm/h.
La paziente viene sottoposta a rachicentesi: il liquor risulta acqua di roccia
con una pleocitosi moderata a cellule
mononucleate ed aumento del lattato
a 4.5 mmol/l (v. tabella 1). La colorazione Gram non evidenzia batteri.
Le ulteriori indagini danno i seguenti
risultati: la coltura di sangue e liquor
Fig. 1: Lesione cutanea erpetica in seconda giornata a livello della natica destra
72 SETTEMBRE 2007
TRIBUNA MEDICA TICINESE
343
SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico
quorrea e la trombosi dei sinus venosi
possono anche presentare un quadro
di pleocitosi sterile. Da non dimenticare infine le cause medicamentose
(AINS, Bactrim, vaccini, immunoglobuline,...).
La diagnosi differenziale della meningite recidivante comprende:
• La meningite piogena favorita da
immunosoppressione (HIV, déficit
del Complemento,…) o da fistole,
corpi estranei, infezioni della sfera
ORL.
• Le alterazioni anatomiche come il
craniofaringioma, le cisti epidermoidi, i gliomi
• Medicamenti (spec. AINS, Bactrim,
immunoglobuline, farmaci intratecali)
• Le infezioni croniche recidivanti
come la meningite da HIV, lue, borrelia, brucella, tubercolosi
• Le malattie infiammatorie croniche
recidivanti come la sarcoidosi, il LES,
le vascoliti, la malattia di Behçet
• L'emicrania (che solo molto raramente è febbrile e può presentare
una discreta pleocitosi del liquor)
• La Malattia di Mollaret
Nel nostro caso, dopo aver escluso
altre cause con gli esami sopra descritti, abbiamo posto la diagnosi di meningite di Mollaret.
La Meningite di Mollaret
Nel 1944 P. Mollaret, pediatria parigino, descrive per la prima volta una
forma di meningite asettica recidivante
a decorso benigno. Nel liquor trova
grosse cellule descritte come di origine
“endoteliale” (le cellule di Mollaret),
che in effetti sono monociti attivati.
Nel 1962 G. W. Bruyn focalizza meglio
gli aspetti clinici e diagnostici di questa
sindrome: il paziente deve presentare
attacchi recidivanti ed autolimitanti di
febbre, cefalea, nausea o vomito e
meningismo, accompagnati a volte da
mialgie. Nella metà dei casi possono
sopravvenire disturbi neurologici focali
344
TRIBUNA MEDICA TICINESE
transitori, tra i quali la diplopia e gli
stati confusionali o allucinatori.
L'insorgenza è acuta, la sintomatologia
dura da due a cinque giorni, e decorre
con una restitutio ad integrum. Nel
liquor si trova una pleocitosi moderata
con predominanza di cellule mononucleate, una proteinorrachia, il tasso di
glucosio è normale o ridotto. Le cellule di Mollaret sono “diagnostiche” ma
si trovano solo nella fase iniziale. Il
decorso è caratterizzato da 5-15 attacchi a distanza di settimane/anni, per
poi interrompersi definitivamente.
Negli anni '90 si intraprende la ricerca
di un potenziale agente infettivo della
malattia di Mollaret: tramite “polymerase chain reaction” viene dimostrata
in una cinquantina di pazienti affetti
da meningite recidivante la presenza di
HSV 2 nel liquor (in due casi anche di
HSV 1), e se ne ipotizza una relazione
di causa-effetto attraverso migrazione
del virus dai gangli nervosi colpiti a
livello sacrale.
T. Bergstrom evidenzia poi in un'analisi della letteratura che 11-36% dei
pazienti affetti da infezione primaria a
HSV 2 sviluppano sintomi di irritazione
meningea, e che circa il 20% di loro
avrà una ricaduta di meningite. La
maggior parte dei pazienti affetti da
malattia di Mollaret non presenta però
lesioni erpetiche durante la meningite.
L'opzione terapeutica rimane aperta,
sia a causa del decorso spontaneamente benigno della malattia, sia per
l'esiguità dei casi. Un trattamento con
Aciclovir per via parenterale è forse
utile durante la fase acuta, l'assunzione di Valaciclovir o Famciclovir per os è
potenzialmente utile sia in fase acuta
sia per prevenire le recidive.
Conclusione
La nostra paziente ha presentato un'anamnesi, un quadro clinico ed un
decorso tipici per una meningite recidivante di Mollaret. L'insorgenza, due
giorni dopo l'inizio dei sintomi, di una
lesione cutanea erpetica a livello gluteale rafforza sia la diagnosi che l'ipo-
72 SETTEMBRE 2007
tesi eziologica di un coinvolgimento
virale a herpes genitalis, anche se quest'ultimo non ha potuto essere dimostrato nel liquor. Tenuto conto della
sporadicità degli attacchi presentati
dalla paziente e della risposta immediata agli AINS, abbiamo rinunciato ad
un trattamento preventivo antivirale.
Corrispondenza dell'autore:
Dr med. D. Fadini
Caposervizio di Pronto Soccorso
Ospedale della Beata Vergine
6850 Mendrisio
e-mail: [email protected]
Bibliografia
Mollaret P. La méningite endothélio-leukocytaire
multi-récurrente bénigne. Rev Neurol (Paris)
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SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 19
Storia clinica
Un uomo di 76 anni degente per insufficienza renale cronica con iperpotassemia, lamenta rettorragie di nuova
insorgenza. Si procede ad una colonoscopia che rivela ulcere superficiali
grandi fino a 2x1cm alla flessura colica
destra e al colon ascendente. Per l'endoscopista le lesioni sono compatibili
con origine farmacologica; un morbo
di Crohn o un'ischemia appaiono
meno probabili. Si eseguono molteplici biopsie.
U. Perriard, M. Uehlinger
Indica la diagnosi corretta:
72 SETTEMBRE 2007
a
b
c
d
e
Colite ischemica
Morbo di Crohn
Colite da farmaci
Colite infettiva
Colite collagenosa
TRIBUNA MEDICA TICINESE
345
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Reperti anatomopatologici
Mucosa del colon con focale necrosi
superficiale e segni di rigenerazione
epiteliale alla base delle cripte intestinali. In prossimità di un'ulcera acuta,
inglobato nell'essudato fibrinoleucocitario, si osserva la presenza di materiale estraneo in forma di cristalli angolati, lievemente basofili. La lamina propria mostra un aspetto ialinizzato
Diagnosi
Colite da farmaci (con ulcere di tipo
ischemico e materiale estraneo
compatibile con kayexalate)
Commento
Una colite da farmaci può manifestarsi
con diversi sintomi e numerose alterazioni istopatologiche della mucosa
intestinale. Ad esempio la somministrazione di antibiotici può causare una
colite acuta/subacuta da lieve a moderata fino a forme gravi quali una colite
pseudomembranosa su clostridium
difficile mentre farmaci chemioterapici
possono generare ulcere dell'intero
tratto gastrointestinale associate a
segni di sofferenza cellulare dell'epitelio di superficie. Altri farmaci provocano alterazioni istologiche meno specifiche che rendono la diagnosi di colite
da farmaci più difficile. In questo contesto gli antiinfiammatori non-steroidei, che sono responsabili della maggior parte delle coliti da farmaci, possono causare focali erosioni acute
come in alcune forme di colite infettiva, ulcere croniche simili a quelle osservabili in un'infiammazione cronica dell'intestino, lesioni di tipo ischemico,
fibrosi sottopiteliale come in una colite
collagenosa oppure indurre alterazioni
suggestive di un'infezione virale quali
la presenza di marcata apoptosi epiteliale.
Il polistirene sulfonato di sodio (sodium
polystyrene sulfonate/SPS, “Kayexalate”, Resonium® A), una resina cationica portatrice di ioni di sodio, è un
modulatore di cationi, somministrato
346
TRIBUNA MEDICA TICINESE
per via orale oppure rettale per il trattamento di iperpotassemia. Una
sospensione di SPS in sorbitolo ipertonico viene spesso preferita ad una
sospensione acquosa per prevenire la
costipazione e formazione di SPSbezoar.
Lesioni nel tratto gastrointestinale
sono un raro ma conosciuto effetto
secondario (1% dei pazienti) dopo la
somministrazione di SPS, che possono
manifestarsi con dolori addominali,
nausea e diarrea con sangue. Nel
colon sono descritte alterazioni istologiche di entità variabile comprendenti
erosioni focali, ulcerazioni con o senza
pseudomembrane e necrosi intestinale
transmurale. Le lesioni nel tratto
gastrointestinale superiore, come ulcere esofagee e gastrite emorragica,
sono meno frequenti e meno severe.
Mentre il sorbitolo non è visibile al
microscopio, la resina cristallina di SPS
è istologicamente caratteristica. Si
osservano infatti cristalli angolati, lievemente basofili nella regione delle ulcere o erosioni. Nella diagnosi differenziale bisogno considerare pure cristalli
di colestiramina (Quantalan®) che
appaiano più basofili e opachi.
Definire il ruolo di una sospensione di
SPS nello sviluppo di una necrosi colica
con quadro ischemico può rivelarsi un
compito arduo in pazienti anziani con
molteplici patologie. Infatti si tratta
spesso di soggetti ipovolemici o con
ipotensione dopo un intervento chirurgico o dialisi per cui diversi fattori possono contribuire all'insorgenza di un
danno intestinale di tipo ischemico.
Anche l'uremia e livelli alti di renina in
pazienti con insufficienza renale possono, a causa di un'elevata secrezione di
angiotensina con consecutiva vasocostrizione, aggravare l'ischemia nel
colon mentre l'immunocompetenza
ridotta dei pazienti può favorire infezioni opportunistiche del tratto
gastrointestinale. Il meccanismo del
danno da SPS non è per tanto del tutto
72 SETTEMBRE 2007
chiaro, anche se esperimenti su topi
suggeriscono un effetto tossico diretto
di SPS in sorbitolo, probabilmente
attraverso una stimolazione della produzione di prostaglandine.
Nella letteratura vengono descritti casi
sintomatici di colite da kayexalate con
dosaggi variabili, comunque già da
20g al giorno. I sintomi si possono
manifestare da alcune ore fino a giorni
dopo somministrazione dell'ultima
dose. Secondo alcuni studi fino a 25%
dei pazienti con colite su questo tipo di
farmaco richiede una colectomia
rispettivamente ileocolectomia; il tasso
di mortalità, in considerazione anche
della polimorbidità dei pazienti, è alto.
U. Perriard
Istituto cantonale di patologia, Locarno
M. Uehlinger
FMH Gastroenterologia, Minusio
Bibliografia
Lillemoe KD, Romolo JL, Hamilton SR,
Pennington LR, Burdick JF, Williams GM.
Intestinal necrosis due to sodium polystyrene
(Kayexalate) in sorbitol enemas: clinical and
experimental support for the hypothesis.
Surgery 1987; 101(3): 267-72.
Abraham SC, Bhagavan BS, Lee LA, Rashid A,
Wu TT. Upper gastrointestinal tract injury in
patients receiving kayexalate (sodium polystyrene sulfonate) in sorbitol: clinical, endoscopic
and histopathologic findings. Am J Surg Pathol
2001; 25(5):637-44
Rashid A, Hamilton SR. Necrosis of the
gastrointestinal tract in uremic patients as a
result of sodium polystyrene sulfonate
(Kayexalate) in sorbitol: an underrecognized
condition. Am J Surg Pathol 1997; 21(1):60-9
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
EFFETTI DELLE TURBE
ELETTROLITICHE
SULL' ELETTROCARDIOGRAMMA
A. Sorgente
Le turbe elettrolitiche sono associate a
modificazioni elettrocardiografiche
eterogenee, la cui conoscenza è di fondamentale importanza per una corretta pratica clinica. Gli effetti dipendono
dalle concentrazioni degli ioni a livello
cellulare come anche dai livelli assoluti
di ognuno di essi nel siero. C'è in generale una maggiore corrispondenza tra
le modificazioni elettrocardiografiche e
la clinica del paziente che tra le mani-
festazioni elettrocardiografiche e i livelli siero-ematici di tali elettroliti. Le derivazioni precordiali sono più utili delle
derivazioni periferiche nel riconoscimento delle turbe elettrolitiche; una
valutazione seriata degli elettrocardiogrammi permette inoltre una migliore
interpretazione della situazione clinica
rispetto alla valutazione di un singolo
elettrocardiogramma.
Iperpotassemia (figura 1)
Nell'iperpotassemia si osservano le
seguenti alterazioni elettrocardiografiche più o meno in ordine sequenziale:
1 Progressivo aumento di voltaggio
delle onde T che possono presentarsi alte, strette ed appuntite
2 Prolungamento della durata del
tratto P-R e del QRS
3 Riduzione del voltaggio dell'onda R
e parallelamente aumento di profondità dell'onda S
4 Depressione del segmento ST
5 Prolungamento della durata dell'onda P con concomitante riduzione di voltaggio
6 Ulteriore allungamento della durata del QRS e del tratto PR ed
aumento della durata del tratto QT
7 Scomparsa dell'onda P con intervento talora di un ritmo seno-ventricolare o di un ritmo idioventricolare lento ed irregolare
8 Obliterazione del segmento ST con
sostituzione del QRS mediante una
curva sinusoidale o difasica
9 Nella fase finale possono coesistere
bradi e tachiaritmie di ogni genere
fino all'arresto cardiaco
10 In ogni fase dell'iperpotassemia
possono comparire extrasistoli ventricolari o battiti ventricolari di
scappamento
I disturbi elettrocardiografici dell'iperpotassemia per ciò che concerne le
modificazioni dell'onda T possono
essere bilanciate in fase iniziale da un
concomitante effetto digitalico. Inoltre
l'aumento di voltaggio dell'onda T che
si verifica in fase iniziale deve essere
posto in diagnosi differenziale con le
alterazioni dell'onda T che si associano
ad accidenti cerebrovascolari, all'ischemia miocardica subepicardica posteriore o subendocardica anteriore o che
sono presenti in alcuni soggetti normali.
Figura 1
72 SETTEMBRE 2007
TRIBUNA MEDICA TICINESE
347
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
Ipopotassemia (figura 2)
A differenza della iperpotassemia, non
vi è una sequenzialità nelle alterazioni
elettrocardiografiche che si verificano
in concomitanza ad una ipopotassemia. Tali modificazioni sono
1 Abbassamento, appiattimento o
inversione dell'onda T
2 Intervallo QT lievemente allungato
3 Depressione del tratto ST con
aspetto a doccia simile a quella
indotta dalla digitale (nell'intossicazione digitalica tuttavia il tratto QT
è accorciato e non allungato)
4 Comparsa di una onda U
5 Turbe della conduzione atrio-ventricolare, comparsa di ritmo giunzionale o di tachicardie sopraventricolari
Figura 2
Ipercalcemia (figura 3)
1 Accorciamento dell'intervallo Q-oTc (intervallo tra l'inizio dell'onda Q
e l'inizio dell'onda T)
2 Accorciamento dell'intervallo QTc
(il grado di accorciamento è inversamente proporzionale al livello di
calcemia, fino a valori di 20 mg/dl)
3 A livelli altissimi di calcemia allargamento e arrotondamento dell'onda T
Ipocalcemia (figura 4)
1 Allungamento dell'intervallo Q-oTc (intervallo tra l'inizio dell'onda Q
e l'inizio dell'onda T)
2 Allungamento dell'intervallo QTc (il
grado di allungamento è inversamente proporzionale al livello di
calcemia)
3 Inversione simmetrica tardiva dell'onda T
Acidosi e Alcadosi
L'acidosi può determianre al comparsa
di onde T alte ed appuntite simili a
quelle della iperpotassemia, anche
quando si è intorno a valori sierici normokaliemici. In effetti spesso l'iperpotassemia si accompagna ad acidosi
metabolica. L'alcalosi può ridurre il voltaggio delle onde T e prolungare l'in-
348
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Figura 3
Figura 4
72 SETTEMBRE 2007
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
tervallo QT. Infatti spesso l'alcalosi si
accompagna all'ipopotassemia.
Uremia
Il quadro elettrocardiografico più caratteristico dell'uremia è la combinazione di un intervallo QT allungato dovuto alla ipocalcemia e di onde T alte
(dovute ad iperpotassemia, ad acidosi
o ad entrambe).
72 SETTEMBRE 2007
TRIBUNA MEDICA TICINESE
349
RASSEGNA DELLA STAMPA
Assicurati insolventi, tutto da rifare
Rispedito in Gestione il dossier che riguarda 9’400 persone rimaste senza copertura della cassa malati
Il lungo dibattito sfocia infine nella richiesta di ulteriori
approfondimenti. Incontro con Pesenti il 28 agosto
Come nel Monopoli, il tema degli assicurati insolventi –
9'400 in tutto – va in prigione senza passare dal via. Detto
altrimenti: dopo oltre due ore di dibattito ingarbugliato nelle idee e nei contenuti, al rientro dalla pausa in quattro e
quattr'otto su richiesta di Giovanni Merlini (Plr) – con l'appoggio di tutti gruppi tranne la sinistra astenutasi – la delicata questione è stata rispedita in Gestione senza un nulla
di fatto e con l'obiettivo di trovare entro settembre una
soluzione discutendone anzitutto il 28 agosto con la direttrice dal Dss Patrizia Pesenti, che si è subito detta disposta a
rioccuparsi dell'argomento nella speranza di far passare la
soluzione governativa e non quella della maggioranza commissionale volta a imporre una franchigia di 500 franchi per
responsabilizzare gli assicurati.
I quali però, per ovvii motivi, mai la pagherebbero e perciò ricadrebbe su farmacisti e medici, che a loro volta di
fronte all'ipotesi di sopportarla potrebbero facilmente
rifiutarsi di fornire le prestazioni richieste scaricandole sull'Ente ospedaliero cantonale, come peraltro già avviene da
un anno – nell'attuale vuoto legislativo in attesa di una
soluzione – con oneri che si aggirano attorno al milione e
mezzo (vedi il Quotidiano di martedì 26).
Il governo, ricordiamo, chiede che il Cantone rimborsi le
casse malati in primo luogo per i crediti dei figli minorenni di genitori insolventi che non pagano i premi e ai quali
perciò – secondo le nuove disposizioni federali – è stata
sospesa la copertura assicurativa; e in secondo luogo per i
crediti di insolventi generati da cure di prima necessità. Dal
canto suo la Gestione, come detto, chiede che la copertura di prima necessità avvenga solo se l'importo è superiore ai 500 franchi.
A fine gennaio il plenum aveva accolto questo secondo
principio con una cifra ben superiore (1'500 franchi). Decisione cui il governo non aveva aderito rispedendo l'incarto
in Gestione, che ha poi ridotto l'ammontare. Ieri, in seconda lettura, era il momento della decisione parlamentare
definitiva sulla quale, per legge il CdS non avrebbe più
potuto mettere il proprio veto. Ma le posizioni tra i pro franchigia (Plr Ppd e Udc) e i contrari (sinistra e Lega più la stessa Pesenti che per l'occasione ha ripresentato la soluzione
governativa sotto forma di emendamenti) erano così incerte da richiedere un ulteriore stop di approfondimento.
“Se la proposta governativa aveva mostrato subito qualche
grosso limite – ha commentato in apertura di dibattito Merlini a nome del gruppo Plr – la maggioranza commissionale
è perfettamente consapevole che anche la sua soluzione
non è certo ideale ma perlomeno ha il merito di mediare fra
i diversi interessi in gioco”. Con la riduzione a 500 franchi
“si tiene conto delle perplessità del Consiglio di Stato che
comunque dovrà tornare a occuparsi della questione entro
fine 2007 perché questa soluzione è transitoria”.
Manuele Bertoli a nome del Ps – contrario alla franchigia quale deterrente contro gli abusi, come invece la maggioranza
della Gestione l'ha pensata e voluta – ha invece insistito sulla
necessità di “fare tutto il possibile tramite pignoramento salari e beni per recuperare quanto versato dallo Stato per garantire le cure a chi non paga i premi per scelta”.
Quella della Gestione – ha riconosciuto per il Ppd Fabio
Bacchetta Cattori – non è la miglior soluzione “ma ci può
condurre sino a fine anno, dopodiché il governo potrebbe
trovare un accordo con le casse malati. Si può immaginare
di aumentare i sussidi di cui beneficia una parte di morosi
così da facilitarli nel pagamento del restante premio”.
Di parere opposto il capogruppo leghista Attilio Bignasca:
“Già oggi il Cantone versa alle casse malati 8 milioni l’anno
per sussidi di insolventi che essendo tali si vedono sospendere
le cure e così le casse nemmeno devono preocuparsi di coprirne le eventuali spese sanitarie”. Un agire che Marco Chiesa a
nome delI'Udc – pronta ad aderire al rapporto della Gestione
in modo “critico e non entusiastico” – ritiene “alquanto discutibile”. E peraltro, volendo invertire i concetti, “c’è da chiedersi se i 500 franchi non siano in realtà un incentivo a non
pagare i premi. Ecco perché – ha aggiunto Chiesa allineandosi a Bertoli – è necessario dotarsi di una procedura volta garantire il recupero di quanto anticipato”.
In controtendenza, rispetto al suo gruppo, il Ppd Gianni Guidicelli: “La Gestione propone una soluzione improvvisata di
difficile applicazione e che non dà risposte soddisfacenti Si
analizzi quindi nel dettaglio in fenomeno degli insolventi per
capire se la rete di protezione sociale ha dei buchi”. Dal canto suo il governo “valuti la possibilità di stipulare un accordo
con le casse malati, sulla scia di quanto fatto nella Svizzera
romanda”, dove i Cantoni pagano solo in presenza di documenti che accertino la reale condizione di indigenza.
“Una perdita secca”
“Quando qualcosa nasce male al primo colpo è sempre
difficile porvi rimedio” ha esordito Tullio Righinetti (Plr, farmacista) secondo cui bisognerebbe incaricare uffici esterni – “che sarebbero meno teneri“ dell'apparato statale –
di recuperare quanto coperto dal Cantone per gli insolventi che non vogliono pagare. Quanto alla franchigia, per
farmacisti e cliniche private “si tratta né più né meno che
di una perdita secca. Sarebbe peraltro interessante sapere
– ma il Dss non dispone dei dati – quanti dei quasi 10’000
morosi siano al beneficio di sussidi per i premi”. Lorenzo
Quadri ha fatto riferimento ai casi più estremi: “Siamo in
presenza di una bomba a orologeria. Ci sono famiglie che
si indebitano facendo capo al piccolo credito (con interes-
72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE
357
RASSEGNA DELLA STAMPA
si quasi da usura) per non vedersi sospendere le prestazioni. Il male minore sembra sia la soluzione governativa”.
Raoul Ghisletta (Ps) se l'è presa col Ppd: “Ancora una volta
non c’è su temi molto delicati e preferisce fare le pulci agli
insolventi e al Dss”. Logica osservazione di Rodolfo Pantani
(Lega): “Scusate ma come si fa a far pagare una franchigia
di 500 franchi a chi è già insolvente e i soldi non li ha? Non
esiste!”. Carlo Luigi Caimi (Ppd) è tornato sui suoi passi: “A
gennaio avevo votato la franchigia ora invece cambio idea.
La ritengo una soluzione del tutto impraticabile”.
Ma l'intento della Gestione – ha infine ribadito il relatore
Ignazio Bonoli (Ppd) – è responsabilizzare tutti gli assicurati. Lo scetticismo generale ha però spinto i più a optare
per il rinvio.
Marino Molinaro e Andrea Manna
(“La Regione” 28.06.07)
Pianificazione ospedaliera
Ricorso respinto dal Consiglio federale
Fiorenzo Dell’Era
(“Giornale del Popolo” 29.08.07)
Esclusione definitiva per la
Clinica Alabardia
Sondaggio: non includere la medicina
alternativa nell’assicurazione di base
Non potrà più esercitare a carico dell’assicurazione malattia di base. O continuerà con pazienti paganti di tasca propria, oppure dovrà chiudere o riconvertirsi
Benché l’80% degli svizzeri giudichi “utile e importante”
la medicina complementare, solo un quarto (24%) è favorevole ad inserirla nella lista delle prestazioni pagate dall’assicurazione malattia obbligatoria
La pianificazione ospedaliera stabilita dal Gran Consiglio
nel 2005 è confermata; quindi la Clinica Alabardia di San
Nazzaro non potrà più continuare a esercitare a carico
delI'assicurazione malattia di base: o si troverà pazienti
paganti di tasca loro o dovrà chiudere o riconvertirsi. Lo ha
deciso in via definitiva il Consiglio federale statuendo sui
due ricorsi inoltrati dagli istituti che non venivano più riconosciuti: la Humaine Clinica Sementina SA e la Clinica Alabardia di San Nazzaro. Per l'istituto di Sementina, che aveva già cessato la sua attività dal 1. novembre scorso, la
decisione deI Consiglio federale ovviamente non cambia
nulla. E in effetti la Clinica aveva già ritirato il ricorso che
è così divenuto privo di oggetto.
Nel caso della Clinica Alabardia invece il Consiglio federale
ha respinto il ricorso contro la decisione del Gran Consiglio
per motivi che il Governo ticinese ha reso noto ieri dopo
averne preso atto. Preliminarmente, per quanto riguarda la
composizione dell'autorità cantonale che ha esaminato e
deciso la pianificazione (in particolare la non astensione dal
voto di deputati coinvolti a vario titolo negli istituti sanitari
del Cantone), il Consiglio federale ritiene che la procedura
seguita dal Gran Consiglio non sia stata arbitraria, ma corretta. L'autorità federale sottolinea poi come la pianificazione contestata dalla ricorrente sia stata largamente legittimata tramite un'ampia discussione che ha coinvolto, nel-
358
l'ordine: la Commissione per la pianificazione sanitaria, le
Conferenze regionali della sanità, il Consiglio di Stato, la
Commissione speciale per Ia pianificazione ospedaliera nonché lo stesso Gran Consiglio. Il Consiglio federale afferma
poi di non riscontrare carenze metodologiche o di coerenza
nella pianificazione ticinese nel settore della psichiatria. Ne
intravede anzi una certa continuità, raggiunta soprattutto
tramite lo sforzo di considerare sempre gli stessi fattori e gli
stessi obiettivi. Giunge quindi alla conclusione che non si
possa affermare che in Ticino vi siano delle carenze nel settore psichiatrico e ritiene comprensibile che il Cantone
abbia fatto delle riduzioni proprio in questo settore.
Infine negli ultimi capitoli della sua decisione, dedicati ai
criteri utilizzati (economia di scala, concentrazione degli
istituti) e alla parità di trattamento, I'autorità federale
afferma di reputare motivate oggettivamente e concretamente le scelte del Cantone.
TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007
La grande maggioranza (64%) pensa che le cure alternative debbano far parte delle assicurazioni complementari.
Stando ai risultati del “Monitoraggio della salute 2007”, un
sondaggio annuale realizzato dall'istituto demoscopico
“gfs.bern” per conto dell'associazione delle industrie farmaceutiche Interpharma, solo il 7% delle 1228 persone
intervistate auspica che l'assicurazione di base escluda assolutamente la medicina alternativa. L'indagine presentata da
Interpharma contrasta con un sondaggio condotto la scorsa estate dal comitato di iniziativa popolare “Sì alla medicina complementare”, in base al quale il 79% degli svizzeri
erano favorevoli alla reintroduzione delle cure altemative
nel catalogo dell'assicurazione di base. Secondo il direttore
del gfs.bern Claude Longchamp, l'iniziativa, attualmente
ancora pendente in parlamento, sarebbe oggi accettata dal
41% della popolazione, contro il parere del Consiglio Federale e della Commissione parlamentare della sanità. Il divario tra i due sondaggi dipende secondo Longchamp dalla
differente formulazione delle domande.
Nel luglio del 2005, il Diparinento federale dell'interno
(DFI) di Pascal Couchepin, decise che le casse non erano
più tenute a rimborsare la medicina antroposofica, l'omeopatia, le terapie neurali, la fitoterapia e la medicina
tradizionale cinese (eccezion fatta per l'agopuntura).
RASSEGNA DELLA STAMPA
Il monitoraggio della salute dimostra che il numero di persone favorevoli ad un'assunzione di queste spese da parte delle assicurazioni complementari è in crescita da diversi anni: è infatti passato dal 31% del 2001 al 64% del
2007. La tendenza vale sia per le medicine complementari prescritte dal medico (64%) sia per quelle senza prescrizione (62%). All'origine di quest'attitudine vi sono il timore di un continuo innalzamento dei premi delle casse
malattia, la sufficiente copertura dell'assicurazione complementare e l'opinione che le medicine complementari
debbano essere facoltative, spiega Interpharma.
Il 58% degli interpellati ritiene che il catalogo delle prestazioni delI'assicurazione di base sia adeguato dal punto
di vista quantitativo e anche qualitativo. Oltre un terzo
(35%) della popolazione auspica tuttavia un'estensione
della lista, mentre solo una minima parte (2%) è favorevole ad una sua riduzione.
Dal sondaggio risulta pure che, per quanto riguarda l'offerta nel settore della sanità, il 71% degli svizzeri considera prioritaria la libertà di mercato. Nel 2003, soltanto il
39% era di questo parere. Gli svizzeri si oppongono inoltre ad una limitazione della libertà di scelta, anche se ciò
dovesse permettere una riduzione dei costi della salute. La
maggioranza degli interrogati vuole infatti essere libera di
decidere presso quale medico (63%) e quale ospedale
(56%) essere curata. Due terzi di loro si oppone inoltre ad
un accesso limitato ai nuovi medicamenti e terapie.
I premi delle casse malattia rappresentano un problema
permanente per un quarto degli assicurati, mentre per il
19% di loro lo sono occasionalmente.
(“Corriere del Ticino” 23.06.07)
Assicurazione malattia – In Gestione
Compromesso sui “morosi”
Dopo mesi infruttuosi, si profila finalmente un compromesso (tra la posizione del Governo e quella del Parlamento) per
regolare la situazione dei 10.200 assicurati che non pagano
i premi di cassa malati. L'accordo è stato trovato ieri nella
Commissione della Gestione che ha incaricato Ignazio Bonoli (ppd) di redigere il rapporto in vista del dibattito parlamentare del 17 settembre. La soluzione transitoria, sino alla
fine del 2008, prevede la rinuncia alla franchigia a carico dell'assicurato e la facoltà dell'Ufflcio cantonale dell'assicurazione malattia di scegliere, caso per caso, se pagare gli arretrati dei premi o le prestazioni sanitarie accordate all'insolvente. La Gestione raccomanda comunque una valutazione
attenta delle conseguenze di questa soluzione e l'esame del
modello romando (convenzione fra Cantone e casse malati),
in vista di una sua possibile adozione anche in Ticino.
(“Giornale del Popolo” 29.08.07)
Ospedali promossi dai pazienti
Gli istituti ticinesi registrano il grado di soddisfazione più alto
Gli ospedali ticinesi sono i più apprezzati dai pazienti. Lo
rivela uno studio comparativo realizzato dal sito “comparis.ch”. Esiste una relazione fra il grado di soddisfazione
delle persone ricoverate e la taglia degli istituti
I 53 ospedali presi in considerazione in tutta la Svizzera hanno ottenuto una valutazione media di 76 punti su un massimo di 100. Con 87 punti, I'Ospedale della Beata Vergine
di Mendrisio ha il punteggio più elevato in assoluto. Anche
altri ospedali ticinesi figurano in testa alle classifiche per
categoria di grandezza. Con 81 punti il San Giovanni di Bellinzona è il più apprezzato fra quelli di “livello 2” (con fra
9.000 e i 30.000 pazienti all'anno), seguito dall'Ospedale di
Thun (80 punti) e dal Civico di Lugano (pure 80 punti). L'Ospedale la Carità di Locarno guida con 84 punti la classifica
degli ospedali di “livello 3” (fra 6.000 e 9.000 pazienti) e la
Beata Vergine di Mendrisio è il più apprezzato fra gli ospedali di “livello 4 e 5” (meno di 6.000 pazienti).
Piccolo è bello
I cinque ospedali universitari (con oltre 30.000 pazienti
l'anno) ottengono invece un risultato significativamente
più basso, con una media di 70 punti. Fanalino di coda è,
con 66 punti, I'Ospedale universitario di Ginevra.l pazienti più soddisfatti, con una media di 81 punti, sono quelli
curati negli stabilimenti più piccoli che offrono cure di
base e che fanno parte dei livelli 4 e 5, secondo la tipologia dei nosocomi stabilita dall'Ufficio federale di statistica
(UST). “Sembra che nei grandi ospedali sia più difficile
organizzare le procedure interne in modo che tutto funzioni a puntino”, ha dichiarato davanti alla stampa il direttore di «comparis.ch» Richard Eisler. Saltano pure all'occhio le differenze fra regioni linguistiche: in testa, con 83
punti, ci sono gli ospedali della Svizzera italiana, seguiti da
quelli svizzero tedeschi con una media di 77 punti e da
quelli romandi con una media 71 punti. La diversa valutazione sarebbe in parte legata alle “mentalità differenti”,
ha precisato Eisler.
Lo studio rileva inoltre che con I'aumentare dell'età dei
pazienti cresce pure la soddisfazione. Coloro che hanno
oltre 65 anni hanno assegnato in media 84 punti e si sono
dimostrati la categoria d'età più soddisfatta. Quelli con
meno di 30 anni hanno invece dato valutazioni medie di
68 punti. Le donne si sono trovate significativamente
meglio durante il ricovero rispetto agli uomini. D'altra parte, la soddisfazione diminuisce con l'aumentare del livello
di formazione.
Realizzato dall'istituto di ricerche di mercato IHA GfK, lo
studio tiene conto di oltre 5.800 interviste effettuate negli
72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE
359
RASSEGNA DELLA STAMPA
ultimi dodici mesi a persone ricoverate per almeno una
notte in uno dei 53 grandi ospedali acuti di tutte le regioni linguistiche. L'inchiesta ha tenuto conto di almeno uno
stabilimento per Cantone – ad eccezione del Giura – e per
ogni nosocomio sono stati intervistati almeno 100 pazienti. Per il Ticino non sono stati considerati né gli ospedali di
zona né le cliniche private.
La soddisfazione dei pazienti è stata quantificata attraverso 19 domande che hanno ad esempio preso in considerazione la comprensione delle spiegazioni fornite dai
medici e dal personale curante, la disponibilità dei medici
e il modo in cui funzionano le procedure all'interno di un
nosocomio. L'obiettivo a lungo termine del servizio di confronti su internet è di realizzare una guida degli ospedali
al servizio dei pazienti. Nel futuro prossimo tra l'altro
dovrebbe entrare in vigore una modifica della LAMal che
dà ai pazienti la possibilità di scegliere un ospedale al di
fuori del Cantone di residenza.
Le perplessita di H+
Il direttore di H+, I'associazione degli ospedali svizzeri,
Bernhard Wegmüller, ha rimproverato a comparis.ch di
non aver tenuto conto dei fattori che influenzano la percezione dei pazienti. Per H+, infatti, anche ragioni di tipo
culturale contribuiscono a spiegare le differenze tra
romandi, svizzerotedeschi e ticinesi. Dal canto suo l'Organizzazione svizzera dei pazienti (OSP) ritiene che la debole soddisfazione nei confronti degli ospedali universitari è
legata soprattutto alla qualità dell'accoglienza e al fatto
che sono istituti specializzati nella formazioni. Questo fa sì
che i medici con maggiore esperienza hanno meno tempo
da dedicare ai ricoveri.
Ats/red.
(“Corriere del Ticino” 08.08.07)
Le casse malati concedono una tregua
Secondo le prime indicazioni degli assicuratori nel 2008 i
premi subiranno una crescita vicina allo zero
Berna – Dopo anni di impennate, i premi dell'assicurazione
malattie obbligatoria non dovrebbero registrare incrementi spettacolari nel 2008. All'annuncio fatto martedì da Helsana di un aumento medio a livello nazionale dell'1,3%,
hanno fatto seguito ieri quelli di un rialzo dello 0,4% da
parte di Wincare e di una riduzione dello 0,6% da parte di
Sanitas. Il Groupe Mutuel aveva già fatto sapere all'inizio
del mese di volerli abbassare di circa il 2%. I dati definitivi
saranno comunque disponibili solo dopo il via libera dell'Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) alle proposte
delle casse.
Quest'anno i premi dell'assicurazione di base sono pro-
360
TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007
grediti in media svizzera del 2,2%. Si è trattato del rialzo
più contenuto dal 1996, anno di introduzione della
LAMal. E se i risultati di un'inchiesta del servizio di confronti su Internet comparis.ch presso le venti principali casse elvetiche si confermassero, nel 2008 il rincaro dovrebbe essere ancora inferiore: lo 0,5%, sempre in media
nazionale, con oscillazioni dal -2 al +2% a seconda della
cassa.
Ma il direttore di Helsana, Manfred Manser, in un'intervista pubblicata l'altro ieri dal Blick, ha già messo in guardia
contro una “euforia sbagliata”. Quest'anno i costi della
salute saliranno di nuovo “normalmente”, cioè di circa il
4%, ha spiegato. Per il futuro occorre avviare una discussione su quali prestazioni potranno ancora essere coperte
dall'assicurazione di base e quali dovranno invece essere a
carico dell'affiliato, ha proseguito. Se i pazienti vogliono
premi più bassi devono sapersi assumere le loro responsabilità: un terzo di loro domanda infatti analisi mediche
supplementari inutili e tre quarti dei dottori li concede,
sostiene Manser.
Il rialzo medio dell'1,3% annunciato per il 2008 di Helsana è il più moderato degli ultimi nove anni per l'assicuratore. Il gruppo – di cui fanno parte i marchi Helsana, Progrès, Sansan, Avanex e Aerosana – ha indicato che in 30
regioni su 43 i premi saranno addirittura ridotti. Helsana
imputa il contenimento dei premi ai buoni risultati dell'esercizio 2006, caratterizzato da un'ascesa dei costi sanitari inferiore alla media.
“Straordinaria solidità finanziaria” e “ottime riserve” sono
pure gli argomenti avanzati da Wincare per motivare l'adeguamento dei premi “molto vicino allo zero”. Nella
nota diramata ieri, l'assicuratore precisa che se l'aumento
nella media svizzera sarà dello 0,4%, nella maggior parte
delle regioni i premi resteranno invariati o addirittura scenderanno, con cali fino al 10%.
Anche Sanitas motiva l'abbassamento in media nazionale
dello 0,6% con “I'ottima situazione finanziaria” del gruppo. L'assicuratore, nel comunicato diffuso ieri, puntualizza
che per circa l'80% degli affiliati i premi resteranno stabili o scenderanno. In singole regioni la contrazione ragAts
giungerà punte del 10%.
(“La Regione” 02.08.07)
RASSEGNA DELLA STAMPA
Sentenza – Il TRAM dà ragione al dottor Lorenzo Artaria
Via libera alla nuova sala per
operazioni agli occhi
Il Consiglio di Stato aveva negato l’autorizzazione al Centro di Pazzallo per la chirurgia oftalmica, sostenendo che
non era necessario. Ma il Tribunale ha ritenuto insufficienti le prove fornite
Dopo il via libera in maggio alla radioterapia presso la Clinica luganese di Moncucco, in questi giorni il Tribunale
ammimstrativo cantonale ha dato luce verde anche al Centro ticinese di chirurgia ambulatoriale della società Avanti a
Pazzallo. Qui già nella seconda metà del 2006 il dott.
Lorenzo Artaria, noto specialista in oftalmologia e oftalmochirurgia, aveva attrezzato una sala operatoria con l'intenzione di trasferirvi l'attività chirurgica che sino a quel
momento aveva esercitato presso la Clinica Ars Medica di
Gravesano, comprandone strumenti, apparecchi e attrezzature. Tuttavia il Consiglio di Stato aveva rifiutato di concedere l'autorizzazione resasi necessaria in base al decreto
che pianifica (e quindi limita) le attrezzature medico tecniche a tecnologia avanzata o particolarmente costose. Il
Governo reputava infatti che non esistesse in Ticino un
bisogno oggettivo di disporre di un'altra sala operatoria
per interventi ambulatoriali di chirurgia oftalmica.
Da qui il ricorso nel quale il dott. Artaria e la Avanti SA
hanno sostenuto che il fabbisogno di sale operatorie non
è coperto perché le liste di attesa esisterebbero e sarebbero lunghe, considerato anche questo medico, da solo, esegue un buon terzo degli interventi di chirurgia oftalmica
praticati in Ticino.
Ora in sostanza il Tribunale rimprovera al CdS di aver negato l'autorizzazione in base a una propria deduzione e non a
un confronto ragionato fra domanda e offerta. Le informazioni fornite dall'autorità politica a quella giudiziaria sarebbero insomma inadeguate per dimostrare con sufficiente
attendibilità che il fabbisogno di sale operatorie per la chirurgia oftalmica, segnatamente per quella ambulatoriale, in
Ticino è adeguatamente coperto. Ragion per cui il TRAM le
ritiene insufficienti per legittimare una limitazione della
libertà economica come quella in discussione. Per avvalorare la propria conclusione il Tribunale considera inoltre che la
Clinica Ars Medica, nella quale veniva praticato circa un terzo degli interventi di cataratta eseguti nel Cantone, ha
ceduto ai ricorrenti le installazioni per la chirurgia oftalmica.
Vero è che l'Ars Medica intende conservare il mandato di
prestazioni di oftalmologia conferitole dalla pianificazione
ospedaliera. Ma poiché tale pianificazione riguarda solo le
cure stazionarie, ciò – osserva il TRAM – le permetterebbe
solo il ripristino della sala operatoria per interventi di chirurgia su pazienti degenti e non ambulatoriali.
In base a queste considerazioni, il ricorso del dott. Artaria
è dunque stato accolto dal Tribunale che non ha nemmeno ritenuto necessario esaminare le questioni relative alla
salvaguardia delIa libertà economica, come era stato il
caso invece per la radioterapia alla Clinica di Moncucco.
Il Consiglio di Stato viene dunque invitato a rilasciare alla
società Avanti l'autorizzazione richiesta anche se, almeno
in linea di principio, esiste ancora per l'Esecutivo cantonale la possibilità di impugnare la sentenza del TRAM davanti al Tribunale federale.
(“Giornale del Popolo” 19.07.07)
Una moratoria da revocare
Quella per i nuovi ambulatori medici, secondo la categoria
La moratoria sull’apertura di studi medici è controproducente, acuisce la penuria di dottori di famiglia e impedisce
la concretizzazione in tempi regionevoli di progetti innovatori: è quanto sostiene la categoria dei medici
Il provvedimento introdotto cinque anni or sono dal Consiglio federale toglie ai giovani medici la voglia di lavorare in
questo ramo, hanno denunciato in una conferenza stampa
a Berna i rappresentanti dell'Associazione svizzera dei
medici assistenti e capiclinica (ASMAC). Non esiste assolutamente la tanto paventata sovrabbondanza di medici: al
contrario già da tempo si registra una carenza, i cui effetti
sul sistema sanitario elvetico sono gravi e perversi, ha affermato il presidente dell'organizzazione Peter Studer.
Stando alle cifre fornite dall'ASMAC il numero di coloro
che concludono gli studi di medicina in Svizzera dal 1997
è sceso da una media di 900 a una di 700 all'anno.
Parallelamente è cresciuta la quota delle donne: per la prima volta ora superano la soglia del 50%. Ciò ha condotto
a un aumento consistente della proporzione dei tempi parziali nell'esercizio della professione. Una possibilità che le
giovani dottoresse trovano essenzialmente in studi gestiti
in comune da diversi medici nei centri urbani, ha osservato
la consigliera nazionale Jacqueline Fehr (PS/ZH).
D'altro canto, molti giovani medici indigeni a causa della
moratoria rinunciano ad aprire studi per esercitare come
dottori di famiglia. Preferiscono specializzarsi negli ospedali oppure optano per attività nel settore dell'industria
farmaceutica.
Già oggi gli ospedali incontrano grosse difficoltà a reclutare i medici necessari per occupare tutti i posti. Finora
hanno colmato questa lacuna ricorrendo a professionisti
provenienti dall'estero. La proporzione di questi ultimi raggiunge punte del 45%. Costoro chiedono poi di aprire
studi in Svizzera. Il risultato è che la moratoria produce
esattamente quello che avrebbe voluto impedire, secondo
72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE
361
RASSEGNA DELLA STAMPA
l'ASMAC. L'obiettivo iniziale della misura, ossia di evitare
un eccessivo ingresso in Svizzera di medici dall'Unione
europea (Ue), non è raggiunto.
Le conseguenze per la popolazione sono gravi: a causa
della carenza di medici di famiglia, in futuro non saranno
più garantite prestazioni sanitarie di base di qualità per
tutti, ammonisce I'ASMAC. La moratoria ha peraltro già
destato critiche da parte di tutta la classe medica. La Federazione dei medici svizzeri (FMH) si batterà energicamente per impedire qualsiasi proroga della clausola del bisogno dopo il 2008, ha dichiarato lunedì sera al telegiornale svizzero tedesco “10 vor 10” il suo presidente Jacques
Ats
de Haller.
(“Corriere del Ticino” 04.07.07)
Clinica Luganese
Importante annuncio alla presentazione del rapporto sull’esercizio 2006
“Moncucco” autorizzata, radioterapia
entro il 2010
In Consiglio di Stato rinuncia a ricorrere contro la sentenza del TRAM e dà finalmente il suo benestare a un impianto di grande utilità per i pazienti del Sottoceneri
La Clinica Luganese SA (Moncucco e San Rocco) ha ricevuto in questi giorni l'autorizzazione a installare l'impianto di
radioterapia oncologica, come aveva richiesto all'inizio del
2006. Spianata la strada dal profilo burocratico, ora si tratta di porre mano ai lavori che verosimilmente permetteranno l'entrata in funzione di questo servizio nel 2010.
In pratica questa settimana il Consiglio di Stato ha deciso di
concedere l'autorizzazione, rinunciando perciò a ricorrere
contro la sentenza di fine maggio del Tribunale amministrativo cantonale, sentenza favorevole alla Clinica e che aveva
ribaltato la prima decisione negativa dell'Esecutivo cantonale nei confronti della richiesta avanzata dall'istituto.
L'annuncio dell'autorizzazione definitiva è stato dato ieri
dal presidente del Consiglio di amministrazione della Clinica, avv. Renzo Respini, nel corso della presentazione del
rapporto sull'esercizio 2006. Dato il tempo trascorso si
dovrà aggiornare il programma dei lavori, ma – rileva
Respini – “resta immutata la necessità per il Sottoceneri di
disporre di un simile impianto, evitando ai malati il disagio
di lunghe e quotidiane trasferte fino a Bellinzona”. Le due
uniche radioterapie finora esistenti in Ticino sono infatti
installate presso l'Istituto oncologico della Svizzera italiana, al San Giovanni di Bellinzona. “Il nostro progetto non
è assolutamente contro nessuno, anzi cercheremo di sviluppare un nuovo concetto di collaborazione con lo IOSI,
volto da un lato a risparmiare e dall'altro a meglio servizio
362
TRIBUNA MEDICA TICINESE
72 SETTEMBRE 2007
il malato” tiene a sottolineare il presidente della Clinica
luganese.
Alle reiterate critiche di qualche ambiente politico nostrano, i responsabili della Clinica replicano con dovizia di
argomentazioni, sottolineando innanzitutto che in 25 anni
in Ticino non c'è stato aumento della capacità delle apparecchiature, nonostante l'evoluzione del numero di casi e
l'accresciuta indicazione nell'uso di questa terapia (che
viene applicata a un 40% di pazienti mentre nel resto della Svizzera e all'estero si raggiunge il 50%). Il presidente
assicura poi che il nuovo impianto non aumenterà i costi
della salute per vari motivi, primo fra tutti quello che nessuno si sottopone senza motivo a una cura del genere.
Inoltre precisa che viene prescritta dai medici curanti del
paziente (non è dunque la Clinica a sollecitarla) e che una
eventuale terapia alternativa con farmaci non costerebbe
di meno. Il luogo dove viene fornita la prestazione non ha
poi alcuna incidenza sui costi sanitari, stante il fatto che le
casse malati corrispondono sempre la stessa tariffa. “Starà piuttosto alla nostra Clinica riuscire a coprire interamente i costi” dichiara Respini, evidenziando piuttosto il
fatto che a tutt'oggi nessuno si cura dei costi che il paziente deve sostenere per la trasferta sino a Bellinzona. Al
punto che – fa notare il direttore della Clinica Christian
Camponovo – i pazienti che potrebbero beneficiare della
radioterapia almeno in funzione palliativa ci pensano molto prima di spostarsi.
Fiorenzo Dell’Era
(“Giornale del Popolo” 20.07.07)
Olivio Lama nuovo segretario
di Santésuisse Ticino
Olivio Lama è il nuovo segretario generale di Santésuisse
Ticino, ente che raggruppa gli assicuratori malattia. Lama
subentra a Giampaolo De Neri che ha beneficiato del pensionamento anticipato dopo aver ricoperto la funzione di
segretario generale per oltre trentatré anni. È quanto rende noto la direzione di Santésuisse. Nato nel 1963 e residente a Riva San Vitale, Lama vanta una formazione in economia aziendale con orientamento al management pubblico: ha avuto esperienze professionali negli ambiti finanziario, commerciale e sociale.
FORUM
La rubrica Forum è aperta a tutti.
Forum, come suggerisce il titolo, vuole diventare un luogo di dibattito dove sia possibile esprimere liberamente le
proprie opinioni. Il contenuto, quindi, non riflette necessariamente la linea politica dell'OMCT.
La redazione si riserva, tuttavia, di pubblicare contributi
che rivestano un interesse generale.
Alla ricerca dell'ultima persona sana
Ha fatto bene il Presidente della Stimeg, Marco Ferrera,
a ricordare ai convenuti al simposio sulla medicina preventiva del 5 settembre 2007 a Manno che assistiamo ad
una progressiva “medicalizzazione” dell'esistenza umana,
le cui derive soltanto a prima vista potrebbero essere interessanti per noi medici (in termini di aumento della
domanda), in realtà minacciano seriamente la sostenibilità del sistema sanitario, cioè del ramo sul quale siamo
seduti. Un pericolo ben espresso anche dalla segretaria
generale dell'ACSI Laura Regazzoni e dal professor Jacques Cornuz dell'Università di Losanna.
Da tempo circola una nuova parola: Disease Mongering.
Significa la fabbricazione, il commercio della malattia.
Una nuova parola inglese e certamente un fatto di moda.
Un nuovo dilemma per la politica sanitaria. Se per secoli
siamo andati dal medico quando ci sentivamo malati,
sempre più spesso oggi si va dal medico sani e … se ne
esce malati. Nel senso che la sofisticata tecnologia medica in nostro possesso permette di scovare spesso un problema che richiede attenzione e cure mediche. Chiamiamo questo “prevenzione”, ma non sempre abbiamo la
prova che davvero serva a prevenire malattie.
Salute e malattia possono essere viste come una linea
continua lungo la quale l'essere umano si muove nel corso della sua vita, talvolta avanti, talvolta indietro. Dove sta
sulla linea il confine tra salute e malattia? Una domanda
alla quale non vi è alcuna risposta scientifica. La risposta
dipende piuttosto dalle caratteristiche culturali di un Paese. La sindrome premestruale – un insieme di sintomi
generici, fisici e psichici, che possono apparire nella donna alcuni giorni prima delle mestruazioni – per alcuni è
un'evidente malattia, per altri no.
Non è solo una questione filosofica: vi sono chiare conseguenze. Se la sindrome premestruale è una malattia, la
medicina rappresenta la giusta risposta e il sistema sanitario ne è lo strumento. E il finanziamento di queste prestazioni dev'essere socializzato, diviso cioè tra tutti i citta-
dini, altrimenti vi è la minaccia di una medicina a due
velocità.
Più si trasforma un malessere in malattia, più s'ingrandisce il mercato sanitario e i margini di guadagno. Il finanziamento socializzato (collettivo, pubblico) rappresenta un
incentivo verso quest'attitudine, perché permette si scaricare sulla collettività i costi. Si può così estendere il mercato sanitario quasi all'infinito, finché l'ultima persona
sana sia … messa in malattia.
Il trend è ben visibile anche in Ticino fin dal 2006. Appositi cartelloni pubblicitari ci ricordavano – nei WC degli
uomini – che potevamo avere problemi di vescica. Oppure lungo la strada l'industria ci ricordava che il mal di testa
ci aveva effettivamente impedito di andare al cinema o
ancora che la nostra sessualità non era più quella di un
tempo. Che fare? Rassegnarsi? No – ci rispondeva benevole la pubblicità. “Ne parli con il suo medico!” – lasciando intendere che questi dispone dell'ultima generazione
della pillola magica.
Temo che questo fenomeno – che anche noi medici subiamo – non ci aiuterà a tenere sotto controllo i costi della salute! “Nei prossimi anni assisteremmo sbalorditi alla
creazione di malattie sponsorizzata dall'industria” scriveva profeticamente l'analista Jennifer Coe recentemente in
un rapporto economico sui farmaci lifestyle. Effettivamente osserviamo un graduale spostamento del confine
tra salute e malattia, che ingrandisce la dimensione malattia e restringe quella della salute. Il tutto sull'altare di una
non meglio definita “prevenzione”.
L'estensione della malattia avviene su tre assi: temporale,
normativo e culturale. L'estensione sull'asse temporale è
ben visibile con gli screening e i check-up: per una diagnosi non è mai troppo presto – “prima è meglio è” –
anche in assenza di conseguenze terapeutiche. L'entusiasmo per le diagnosi precoci è tale che negli Stati Uniti d'America ca. 10 milioni di donne – alla quali è stato asportato l'utero – si sottopongono ugualmente ogni anno al
PAP-test: un test per ricercare il cancro … dell'utero.
L'asse normativo contempla i “valori norma” e i fattori di
rischio. Da quale valore la pressione del sangue è troppo
elevata? Da quale diciamo che vi è troppo zucchero (diabete) oppure troppo colesterolo nel sangue? Chi fissa
questi valori? Lo fanno gremii internazionali di specialisti
… non sempre al di fuori delle pressioni dell'industria.
Ogni abbassamento di un valore soglia comporta un
importante aumento del numero di persone da trattare
con farmaci e l'impatto sui costi della salute si cifra in
miliardi di franchi. Secondo questa logica, il fattore di
rischio diventa malattia.
72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE
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FORUM
Vi è infine l'asse culturale, che indica come le etichette di
salute e di malattia dipendano dalla lettura che ne facciamo. La nostra interpretazione sociale definirà in fin dei
conti se un malessere è malattia. L'esempio della sindrome premestruale lo prova. Ma ve ne sono altri, come la
sindrome da stress post-traumatico, la sindrome somatoforme dolorosa, la sindrome delle gambe senza riposo
(RLS), la fibromialgia, ecc. Alcune malattia sono state
inventate per trovare una soluzione ai problemi economici delle persone (p.es. la sindrome della guerra nel golfo,
che ha colpito i soldati americani attivi appunto in Iraq).
È importante anche per noi medici comprendere questa
nuova dinamica, chiamata Disease Mongering. Anche
perché ci permette di renderci conto che i costi della salute continueranno inesorabilmente a crescere, indipendentemente dal modello di finanziamento, per arrivare – ci
dicono gli esperti – verso il 2050 al 30% del PIL (prodotto interno lordo).
Lottare contro questa crescita è come navigare contro corrente: per vincere occorre riuscire a cambiare il senso della corrente. Quale ruolo vogliamo assumere ?
Dr med. Ignazio Cassis, MPH
FMH prevenzione e salute pubblica
FMH medicina interna
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TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007
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