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Diapositiva 1
Il nostro progetto, riguardante la
violenza sulle donne, è stato strutturato
come un viaggio attraverso la storia.
Essendo un argomento molto vasto
abbiamo focalizzato l’attenzione solo su
alcune forme di violenza esercitate nei
confronti delle donne, partendo dalla
storia più antica:
• Ipazia e la violenza del fanatismo
• La violenza dell’inquisizione: i roghi delle
streghe
• La violenza della famiglia: la monaca di
Monza
• La violenza nella politica: le suffragette
• La violenza nazi-fascista: le partigiane
• La violenza dei “bravi ragazzi”:
il delitto del Circeo
• E oggi?
Ipazia (Alessandria d’ Egitto, 370 – 415)
fu una matematica, astronoma e filosofa
ellenistica; pagana, la sua fama deriva
soprattutto dalla sua uccisione da parte
di fanatici cristiani, che l'ha fatta
considerare una martire del
paganesimo. Figlia di Teone di
Alessandria, poté studiare l'astronomia,
la matematica, la filosofia e le scienze;
sebbene donna insegnò pubblicamente
filosofia ed appartenne alla corrente
neoplatonica, ottenne il rispetto di tutti
per la sua sapienza ed ebbe una
notevole influenza politica sulla città.
Non sono poi tante le donne che
hanno avuto la possibilità di
distinguersi nella scienza,
considerata, fino a non molto
tempo fa, appannaggio esclusivo
del mondo maschile.
Molte hanno dovuto pagare con la
vita questa loro passione, quasi
fosse una colpa della quale
vergognarsi: una donna che con le
sue ricerche potesse superare o
peggio inficiare i risultati ottenuti
dai colleghi maschi, era ritenuta
una presuntuosa de relegare in un
angolo.
Nel marzo del 415, su ordine
di San Cirillo di Alessandria,
mentre tornava a casa, Ipazia
venne tirata giù a forza dalla
sua lettiga, denudata,
trascinata in una chiesa e
bestialmente massacrata per
mano di un gruppo di fanatici
selvaggi e spietati; le vennero
strappate le carni dalle ossa
con conchiglie acuminate e i
suoi resti furono bruciati.
San Cirillo d’ Alessandria
Su di lei non vi sono dati sicuri, non
essendoci rimasto alcuno scritto: sono
citati solo tre titoli di tre opere di
matematica e di astronomia:
Commentario alla Aritmetica di
Diofanto, Commentario al Canone
astronomico e Commentario alle
sezioni coniche d'Apollonio Pergeo,
considerato il suo capolavoro
All'insegnamento delle scienze esatte è
certo che aggiunse quello della
filosofia, commentando Platone,
Aristotele e i filosofi maggiori.
Tra le opere di Mario Luzi si ricorda “Il
libro di Ipazia” (1978),in cui l’autore
porta in scena il confronto tra Ipazia,
ultima erede del pensiero greco, e
Sinesio, l'uomo diviso tra grecità e
cristianesimo, tra passato e presente.
Mario Luzi (1914 – 2005)
Un’altra testimonianza su Ipazia ce la fornisce la scrittrice Caterina
Contini nel suo libro “Ipazia e la notte”.
« Se io non fossi più in vita », soggiunse Ipazia sottovoce, « non
temete, sarò comunque con voi. Mi sentirete vicina, con lo sguardo
rivolto al cielo a contemplare la luna e gli altri corpi celesti. Ogni
volta che vi riunirete, a filosofare e a coltivare le scienze, io sarò in
mezzo a voi »
Inoltre il poeta pagano Pallada le
dedicò un epigramma:
« Quando ti vedo mi prostro, davanti
a te e
alle tue parole, vedendo la casa
astrale
della vergine, infatti verso il cielo è
rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra,
bellezza della parola, astro
incontaminato della sapiente
cultura. »
FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE
SITI:
OPERE TEATRALI:
• www.wikipedia.it
• “Il libro di Ipazia” di Mario Luzi
• www.cronologia.leonardo.it
• www.homolaicus.com
• www.maat.it
• www.girodivita.it
•LIBRI:
•“Ipazia e la notte” di Caterina Contini
La vioLenza deLL’inquisizione
contro le donne: I roghi delle
streghe
I cappelli
d’ asino
usati dagli
imputati
L’ INQUISIZIONE
Una strega
viene
torturata
LE STREGHE
TRIORA
La famosa
città delle
streghe in
Liguria
L’inquisizione
La Chiesa si abbatté con il suo sacro maglio su particolari forme di eresia, per poi toccare solo
successivamente i casi di magia e stregoneria.
Fino al 1200, chiunque fosse accusato di pratiche occulte era passibile di scomunica, mentre
successivamente cominciarono ad accendersi i primi roghi e ad innalzarsi i primi patiboli.
Il tribunale dell'Inquisizione si aggiudicò il potere decisionale assoluto grazie alla bolla "Ad
Extirpanda", promulgata da Innocenzo IV, che introdusse legalmente per la prima volta nella
storia della Chiesa l'utilizzo della tortura come complemento giuridico per lo svolgimento dei
processi. Grandi figure inquisitorie divengono i crudeli miti della caccia alle streghe e spiccano i
nomi di spietati inquisitori che terrorizzavano i tribunali di tutta Europa.
Dal 1300 in poi la Chiesa definisce eretici coloro che attraverso rapporti diabolici entrano in
possesso di conoscenze magiche e vengono altresì considerate pratiche eretiche l'invocazione di
potenze infernali, la lettura di formule magiche ed addirittura il mettersi in cerchio a danzare o a
suonare. Dal 1320 al 1420 solo in Europa vengono pubblicati tredici trattati giuridici sulla
stregoneria.
L'apertura ufficiale della caccia alle streghe è datata 5 dicembre 1484, quando Innocenzo VIII
promulga la bolla papale "Summis Desiderantes Affectibus", con la quale lancia l'offensiva
giuridica contro le "malefiche" e dà incarico all'ordine dei Domenicani di occuparsi dello
svolgimento delle indagini, nonché dell'effettiva conclusione dei processi.
Sotto ordine dello stesso papa fu scritto un libro per guidare gli inquisitori alla caccia alle
streghe: il malleus maleficarum.
MALLEUS MALEFICARUM
ALCUNI STRUMENTI DI
TORTURA
IL MALLEUS MALEFICARUM
IL papa Innocenzo VIII invitò i frati
domenicani Heinrich Kramer
(Institoris) e Jacob Sprenger a
stilare un sorta di "manuale del
perfetto inquisitore".
Il Malleus Maleficarum divenne
dunque il trattato legale contro la
stregoneria, il "vangelo
processuale" da cui attingere tutte
le informazioni giuridiche per poter
agire, anche con l'ausilio della
tortura, contro chiunque si
opponesse alle regole morali della
Chiesa e del pontificato.
ALCUNE MACCHINE DI TORTURA
LA SEDIA
INQUISITRICE
Sedia con chiodi
e manette
LA VERGINE DI
NORIMBERGA
Le punte non
colpivano punti
vitali delle streghe
rinchiuse
PALA A
FORMA DI
PIRAMIDE
Le streghe venivano
impalate con questo
strumento
LA CACCIA ALLE STREGHE
Le "cacce alle streghe" si concentrarono soprattutto tra la fine del 1400 e la prima
metà del 1600
Si parla di circa 110.000 processi e 60.000 esecuzioni.
Le vittime furono per l'80% donne.
La stregoneria affonda le sue radici nel paganesimo, negli atavici ricordi del culto
della dea madre,con rituali di fertilità e procreazione
Le streghe sono quello che resta delle antiche sacerdotesse della dea, donne legate
ad antichi rituali tramandati dalle madri alle figlie da tempo immemorabile e legati
a rituali di campagna
La Chiesa Cattolica:
istigazione alla caccia alle
streghe
"Fra tutte le eresie, la più grande è quella di non credere nelle streghe e con esse,
nel patto diabolico e nel sabba"
Nata in Italia, la caccia alle streghe si diffuse in tutta Europa. Le violenze e le
vittime più numerose saranno in Francia e in paesi anglosassoni quali Gran
Bretagna e Germania.
ANCHE QUI A SAVONA CI SONO STATI
PROCESSI ALLE STREGHE NE E’ UN ESEMPIO
CATERINA DE BONO:
La stregoneria nel savonese
Tra il 1550 e il 1650 a Savona si tennero 5 processi:
quattro casi di false accuse ed un caso di malattia mentale, ecco a cosa si
ridussero, secondo gli stessi giudici, le vicende di stregoneria esaminate nel
savonese.
Ciò probabilmente è dovuto allo scetticismo degli inquisitori locali nei
confronti della stregoneria: essi non credevano nella rappresentazione del
mondo in cui gli uomini vivono quotidianamente aggrediti dal principe delle
tenebre.
Essi vedevano le donne come vittime della superstizione, disperazione,
povertà e odio dei compagni.
In questi anni Savona non accetta l’intervento di autorità esterne,
quindi di inquisitori stranieri.
Queste combinazioni permisero un ridotto numero di persecuzioni.
Un caso particolare riguarda Caterina de Bono, che si dichiarò colpevole di
eresia, e nonostante l’autoaccusa venne ritenuta una malata di mente
anziché una vera strega, e non venne processata nè accusata, ma gli
inquisitori vietarono a tutti coloro a conoscenza del caso di proferire parola.
Chiusero quindi un occhio.
TRIORA
Anno 1587. Il paese di Triora e tutto il suo circondario soffrono per una inaudita carestia: il tempo
è balordo, i raccolti magrissimi, il bestiame si ammala e muore. Il Consiglio degli Anziani di
Triora, in riunione col Podestà, palesa il sospetto che possa trattarsi di stregoneria; vengono
ovviamente fatti dei nomi, e il Podestà è costretto ad informare il Vescovo di Albenga e
l'Inquisitore di Genova.
I vicari di quest'ultimo partono alla volta di Triora, vengono arrestate subito diciotto persone, e
un'altra trentina in un secondo tempo.
Le accusate, messe alle strette (ed è ben noto come gli inquisitori non procedano con mano leggera,
quando si tratta di usare la corda, l'acqua o il fuoco), confessano qualunque cosa, pur di porre
termine ai tormenti, e così, in breve tempo, sono ben pochi, in paese, ad essere mondi da accuse.
La situazione è andata troppo oltre; il 13 gennaio 1588, tre Anziani del Consiglio scrivono al
Governatore di Genova, lamentando l'operato degli inquisitori; si scrive nella lettera, tra le altre
cose, che è stata torturata alla corda tale Isotta Stella, di più di settant'anni, e che un'altra
accusata, non potendo più sopportare le sofferenze, si è suicidata gettandosi da una finestra.
I Dogi chiedono spiegazioni al Podestà di Triora, il quale giustifica il comportamento degli
inquisitori, sostenendo che sia "necessario liberarsi di tali malefiche"; viene chiamato in causa il
Vescovo di Albenga, il quale invia un emissario a Triora; questi riferisce al Vescovo ed al
Governatore che gli inquisitori hanno agito con giudizio, che Isotta Stella aveva sì settant'anni
ma "era robusta" (si parla all'imperfetto, dato che la poveretta è morta per i tormenti), e si dice
che il fuoco ai piedi è stato dato solo a ragazze giovani e forti, e sempre "con misura".
Il Governatore non rimane convinto da tali argomentazioni, e richiama a Genova gli inquisitori. Il
processo ha così termine, quelle che non sono morte sotto tortura vengono assolte e la faccenda
viene chiusa.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E
STORIOGRAFICI
Questo ipertesto è stato realizzato grazie all’utilizzo di vario
materiale :
• IL libro :CATERINA E LE ALTRA di A.Francia, A.Verde, M.Zanella
• I SITI : www. Specchio magico. net , www.cronologia.leonardo.It ,
www.fisicamente.net , www.cristianesimo .it
“[…]La nostra infelice era ancor nascosta nel
ventre della madre ,che la sua condizione era
già irrevocabilmente prestabilita . Rimaneva
soltanto da decidersi se sarebbe un monaco o
una monaca; decisione per la quale faceva
bisogno, non il suo consenso, ma la sua
presenza. Quando venne alla luce, il principe
suo padre, volendo darle un nome che
risvegliasse immediatamente l’ idea di chiostro,
e che fosse stato portato da una santa d’ alti
natali, la chiamò Gertrude . Bambole vestite da
monaca furono i primi balocchi che le si
diedero in mano; poi santini che
rappresentavan monache .[…]”
Manzoni la descrive così:
Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista
un'impressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi,
scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle
due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino
cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d'inferiore bianchezza; un'altra
benda a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si
stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d'un nero saio. Ma quella fronte si
raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si
ravvicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri neri anch'essi, si fissavano
talora in viso alle persone, con un'investigazione superba; talora si chinavano in fretta,
come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe
argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto
coglierci la rivelazione istantanea d'un odio inveterato e compresso, un non so che di
minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci
avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarci il
travaglio d'un pensiero nascosto, d'una preoccupazione familiare all'animo, e più forte
su quello che gli oggetti circostanti. Le gote pallidissime scendevano con un contorno
delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra,
quantunque appena tinte d'un roseo sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro
moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d'espressione e di mistero. La
grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del
portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute
per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c'era qua e là qualcosa di
studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con
una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di
neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che
prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia
solenne del vestimento
La storia della monaca di Monza è ispirata
alla vicenda di Marianna de Leyva,
realmente vissuta.
Appartenente ad una nobile famiglia,e
rimasta subito orfana di madre, era stata
costretta ad entrare in convento: è il 1591,
anno in cui, nel monastero di S. Margherita
di Monza, la giovane aveva preso i voti,
senza alcuna vocazione, diventando suor
Virginia.
Conosciuto un tale Gian Paolo Osio iniziò
con lui una relazione dalla quale sarebbero
nati due figli.
Essendo stata scoperta la relazione amorosa, inizia nel 1607 il processo contro
suor Virginia che vede coinvolte anche delle sue commensali che vengono
costrette a confermare tale accusa anche sotto tortura:un esempio sono quelle
dei sibilli e quella della corda.
Letta la sentenza,Virginia è condotta nel ricovero delle convertite di S.Valeria
per essere murata in una cella.
Solo nel 1622, dopo 14 anni di segregazione, la penitente esprime il suo
pentimento e può uscire dalla cella dove era stata murata.
Questo durissimo periodo la cambiò notevolmente, tanto che si descrive così in
una composizione della sua “ Storia “ del Ripamonti: “vecchia ricurva,
emaciata, magra, veneranda; al vederla si crederebbe a malapena che un tempo
abbia potuto essere bella e spudorata”.
Muore di vecchiaia, dopo aver vissuto ancora a lungo, nel 1650 all’ età di 75
anni.
• WWW.WIKIPEDIA.IT
• WWW.LIBERLIBER.IT
• WWW.STORIADIMILANO.IT
La violenza
nella politica
Le suffragette e il
diritto di voto
La rivendicazione
del voto
• Con il termine suffragette si indicano le appartenenti a un
movimento di emancipazione femminile nato per ottenere
il diritto di voto (dalla parola "suffragio" che significa
"dichiarazione della propria volontà in procedimenti
elettivi o deliberativi; voto"). Il notevole e crescente
benessere dovuto all'industrializzazione cambiò
radicalmente la vita delle donne. Sin dai primi anni del
novecento, dall'Inghilterra si affermò il movimento
femminile che ebbe i suoi maggiori successi quando
Emmeline Pankhurst (1858-1928) fondò nel 1903 l'Unione
sociale e politica delle donne con il preciso intento di far
ottenere alle donne il diritto di voto politico poiché era
concesso solo agli uomini tranne che per le elezioni ai
consigli municipali e per le elezioni di contea. Il
movimento femminile aveva come scopo quindi il
raggiungimento di una parità rispetto agli uomini non
solo dal punto di vista politico ma anche giuridico ed
economico. Le donne volevano poter insegnare nelle
scuole superiori, l'uguaglianza dei diritti civili, svolgere le
stesse professioni degli uomini e soprattutto godere del
diritto elettorale o di suffragio, termine dal quale deriva
appunto il nome con il quale si era soliti indicare le
partecipanti al movimento:suffragette.
• Le aderenti al movimento utilizzavano diffondere la
proprie idee attraverso comizi, scritte sui muri o cartelli
con slogan del tipo "votes for woman" o contenenti
esaltazioni per la promotrice della rivolta. Spesso queste
manifestazioni venivano soffocate con la violenza da
parte delle forze dell'ordine e con l'arresto di molte
militanti femministe che, nonostante i vari impedimenti,
riuscirono in ogni modo ad ottenere ciò per cui lottavano
e vinsero così la loro battaglia: in Inghilterra il voto alle
donne venne riconosciuto nel 1918, negli Stati Uniti nel
1920, in Germania nel 1919, in Francia nel 1925 e in Italia
nel 1946, solo dopo la seconda guerra mondiale.
La violenza e i diritti
• All'inizio del XX secolo le
suffragette portarono
spesso avanti scioperi della
fame nelle prigioni inglesi.
Marion Dunlop fu la prima,
nel 1909: fu rilasciata
poiché le autorità non
volevano che diventasse
una martire. Anche altre
suffragette intrapresero in
prigione scioperi della
fame. Le autorità
penitenziarie le obbligarono
al nutrimento forzato, che
fu categorizzato come una
forma di tortura. Mary
Clarke e diverse altre
morirono come risultato
del nutrimento forzato.
Il diritto di voto nel mondo
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1906 Finlandia .
1915 Danimarca-dal 1908 potevano votare le donne con più di 25 anni che pagassero
imposte.
1917 Germania, Austria.
1918 Estonia, Irlanda, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Regno Unito a partire dall’età
di 30 anni, fino al 1928, data nella quale l’età fu abbassata ai 21 anni, parificandola a
quella degli uomini .
1919 Paesi Bassi, Svezia, Lussemburgo.
1920 Repubblica Ceca, Slovacchia.
1948 Belgio-dal 1920 le donne ebbero il diritto di votare per le elezioni comunali
1931 Spagna.
1944 Francia-In Algeria, allora costituita da Dipartimenti francesi, le donne dovettero
aspettare il 1956.
1945 Italia, Slovenia.
1947 Malta .
1952 Grecia-viene riconosciuto il diritto per le sole elezioni politiche.
1960 Cipro .
1976 Portogallo-il diritto fu riconosciuto nel 1931 alle donne diplomate nelle scuole
superiori, mentre agli uomini era richiesto solo di saper leggere e scrivere.
I primi tre paesi a riconoscere il diritto di voto alle donne furono :
La Nuova Zelanda nel 1893, ma le donne potranno essere elette solo a partire dal 1919.
l'Australia nel 1902 – esclusa la Tasmania , in cui il diritto fu stabilito nel 1903.
la Finlandia nel 1906.
Il diritto al voto nel mondo
2 giugno ’46: le donne italiane
si presero la storia
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Arrivavano ai seggi con il vestito buono della
festa, con i bambini in braccio, con il fazzoletto
sui capelli. Emozionate, come si conviene per
un appuntamento importante, decisivo. Quel 2
giugno del ´46 le donne votano per la prima
volta e sono oltre dodici milioni. Un diritto, un
adempimento ovvio per la democrazia, eppure
una conquista difficile, inseguita fin dai primi
movimenti femministi a cavallo del Novecento
L´Italia era rimasta a lungo divisa in due (a
Roma il governo Bonomi, il nord ancora
occupato dai tedeschi e dalla Repubblica di
Salò) e usciva dal conflitto con le ossa rotte.
Quel 2 giugno si deve scegliere tra Monarchia
e Repubblica e, contemporaneamente,
eleggere l´Assemblea Costituente per
disegnare la nuova identità istituzionale. Per le
donne il salto è doppio: votano e possono
essere votate.
Le conversazioni che nascono tra uomo e
donna hanno un tono diverso, alla pari.
le donne sono contente di votare e accorrono
in massa. Già nella primavera di quell´anno
erano state elette per la prima volta oltre
duemila donne nei consigli comunali. Nessuno
stupore quindi se alla Costituente, su 556
deputati, 21 sono donne.
• Quello è un momento importante soprattutto dal punto di
vista soggettivo, in quanto fu una conquista di
individualità oltre che di cittadinanza. Ci sono tante
testimonianze di donne, intellettuali ma anche delle classi
popolari e contadine. Tutte ricordano l´emozione provata
quel giorno per aver conquistato un senso pieno di
autonomia individuale, fuori dai ruoli. Quel "voto segreto"
significava potersi finalmente sottrarre al controllo e alla
subordinazione.
• A loro va riconosciuto il merito di aver contribuito in
modo decisivo a scardinare la struttura patriarcale della
famiglia, con il riconoscimento di pari doveri e pari diritti
ai coniugi, primo fra tutti quello di educare i figli.
• L´eterno tema della lotta dei diritti, un cammino non
ancora concluso. «Se ancora oggi parliamo della
necessità di dare equilibrio alla rappresentanza fra donne
e uomini», sottolinea Anna Rossi Doria, «questa
incompiutezza è la spia che qualcosa non funziona. E che
il diritto di rappresentanza delle donne non è ancora
pienamente realizzato».
Partigiane
Alcune partigiane
di Savona:
Clelia Corradini
Ines negri
Donne fucilate
Bibliografia e sitografia
“Tortura della partigiana Clelia Corradini” di Achille Cabiati
Da “La Resistenza vadese”
Le cifre della Resistenza
Cosa facevano
Chi erano
La Resistenza, per quanto grande potesse essere il coraggio degli uomini, non
sarebbe stata possibile senza le donne; la loro funzione è stata meno
appariscente, ma essenziale. «Caratteristica fondamentale della resistenza
femminile che fu uno degli elementi più vitali della guerra di liberazione è
proprio questo suo carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per
protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai
più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di
poche, ma dalla iniziativa spontanea di molte».
I primi corrieri e informatori partigiani furono le donne. Inizialmente
portavano assieme agli aiuti in viveri e indumenti le notizie da casa e le
informazioni sui movimenti del nemico. Ben presto questo lavoro spontaneo
diventò organizzato, ed ogni distaccamento si creò le proprie staffette, che si
specializzarono nel fare la spola tra i centri abitati e i comandi delle unità
partigiane.
Senza i collegamenti assicurati dalle staffette, le direttive sarebbero rimaste
lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle
diverse zone. Delicato, duro, pericoloso era il loro lavoro; anche quando non
attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico,
dovevano con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le ripide
pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in
bicicletta o in camion, spesso a piedi, spesso sotto la pioggia e l'infuriare del
vento. Pigiata in un treno, serrata tra le assi sconnesse di un carro bestiame, la
staffetta trascorreva lunghe ore, costretta sovente a passare la notte nelle
stazioni o in aperta campagna sfidando i pericoli dei bombardamenti e del
tedesco in agguato…
…Se c'era un ferito da nascondere rimaneva la
staffetta a vegliarlo, a prestargli le cure necessarie,
a cercargli il medico, a organizzare il suo ricovero
in clinica.
Numerose staffette caddero in combattimento o
nell'adempimento delle loro pericolose missioni.
La lotta partigiana vide le donne nei GAP, nelle
SAP, nelle formazioni di pianura e di montagna,
nell’organizzazione di scioperi e agitazioni
esclusivamente femminili manifestazioni seguite a
nelle carceri, sotto la tortura ( e seppero non
parlare!), nella diffusione della stampa clandestina,
nelle pericolosissime missioni di collegamento. Non
solo come "mamme" dei partigiani o vivandiere o
infermiere di ribelli affamati o feriti, anche se
furono pure questo, e quando tutto ciò poteva
significare l’arresto, l’incendio della casa , la
fucilazione. Le donne furono le saldissime maglie
della rete, rischiando spesso più degli uomini
perché, se catturate, il nemico riservava loro
violenze carnali che in genere ai maschi non
toccavano. Dopo la Liberazione la maggior parte
degli uomini considerò naturale rinchiudere
nuovamente in casa le donne.
Alla Resistenza parteciparono
circa 35.000 donne, delle quali
2750 vennero fucilate e a 15 di
esse verrà assegnata la medaglia
d'oro. Questi dati di origine
militare non danno conto
comunque, del più ampio cerchio
della attività clandestina, della
solidarietà e del consenso alla
lotta che si svolgeva; ai Gruppi di
Difesa della donna, sorti al nord
nel 1943 per la conquista dei
diritti delle donne, nel quadro
della lotta di tutto il popolo per la
liberazione della patria, aderirono
70.000 donne, ma le cifre si
devono moltiplicare se si vuole
dar conto della partecipazione
diffusa.
I numeri delle donne partigiane:
Partigiane:
35.000
Patriote:
20.000
Gruppi di difesa:
70.000
Arrestate, torturate:
4.653
Deportate:
2.750
Commissarie di guerra:
512
Medaglie d’oro:
16
Medaglie d’argento:
17
Decedute in combattimento:
2900
Le donne che presero parte alla Resistenza erano in prevalenza
giovani: il 67 per cento circa aveva meno di trent'anni (più del 23
per cento non era ancora maggiorenne: fra queste alcune erano
giovanissime, quasi bambine: avevano quattordici, quindici anni; il
43 per cento ragazze che avevano dai ventuno ai trent'anni).
In numero decisamente inferiore coloro che avevano dai trentuno
ai quarant'anni: circa il 17,5 per cento; ancor meno le donne che
avevano più di quarant'anni: circa il 14 per cento, la maggior parte
aveva dai diciassette ai venticinque anni (il 54,8 per cento
dell'intero campione); l'unico dato che si discosta leggermente è
quello relativo alla partecipazione nella fascia di età compresa fra i
diciassette e i venticinque anni: nella zona operativa "Biellese,
corrisponde a circa il 55 per cento, mentre nell'intera regione è
inferiore, seppure di poco.
Da questo campione risulta che il 43,3% delle donne che
parteciparono alla Resistenza erano operaie, il 15,9 per cento
appartenevano al terziario (impiegate, insegnanti, medici e
infermiere), il 13,2 per cento erano casalinghe, il 14,1 per cento
erano artigiane (in particolare sarte) e solo il 4 per cento contadine.
Il dato più rilevante è il primo, cioè la forte presenza di operaie.
Clelia Corradini nacque a Vado Ligure nel 1903 da
una famiglia operaia. Clelia Corradini fece parte di
quel gruppo di partigiane della libertà che seppero
dimostrare le loro innate qualità di coraggio , di
fermezza d’ animo , di spirito di sacrificio durante il
periodo della lotta di liberazione. Donne semplici
tutte animate da un forte senso antifascista e dal
desiderio di cambiare la società.
In provincia di Savona numerose donne
appoggiarono in modo determinante l’ attività dei
partigiani,diverse svolsero un ruolo
importante,qualcuna purtroppo venne stroncata
impietosamente dalla ferocia nazifascista. Il loro
ruolo era principalmente quello di tenere il
collegamento con i vari distaccamenti partigiani, di
fornire loro cibo, indumenti , medicine. Clelia
Corradini figura tra queste donne: animatrice
insostenibile del movimento partigiano, fiera
responsabile del Gruppo di Difesa delle Donne,
militante attiva nella lotta di resistenza con al fianco
il figlio in montagna. Negli anni 1938/39 per le sue
idee contro la guerra fu denunciata per propaganda
sovversiva e in seguito minacciata di essere inviata
ad un anno di confino. Erano i tempi nei quali aveva
iniziato ad avere contatti con la resistenza
partigiana.…
Lettera al figlio Gin
… Dopo l’8 settembre del 1943 Clelia Corradini fu introdotta nella
costituzione dei gruppi di Difesa della Donna da Teresa Viberti Grillo, nota
attivista italo francese. Sul territorio di Vado Ligure Clelia Corradini per
diversi mesi contattò le donne più sicure,mise in piedi l’organizzazione,
coordinò fondi per i partigiani, diffuse materiale propagandistico specie in
occasioni di scioperi. Fu proprio durante la raccolta di fondi che la Corradini
incrociò il suo triste destino. Una signora anziana non potendo affidare i fondi
a Clelia li affidò ad una vicina che era purtroppo una confidente della polizia
alla quale denunciò il fatto. I carabinieri e la polizia già da tempo seguivano la
Corradini e ora ,a seguito della denuncia, potevano stringere il cerchio. Dopo
poco tempo Clelia venne arrestata,trasferita prima al Comando di Quiliano
poi rimandata a quello di Vado Ligure dove subì minacce, sevizie e torture per
poterle strappare i nomi delle sue compagne e dei suoi compagni.
Il 23 agosto 1944 fu decisa la sua condanna a morte. Il mattino seguente le
spianarono 4 volte i fucili contro;per 3 volte i soldati si rifiutarono di far fuoco,
finché all’ultimo l’ufficiale dei San Marco scaricò per finirla una raffica di
mitra.
Le ultime parole di Clelia furono”Sergio vendicami”. Prima dell’arresto
aveva mandato al figlio Sergio una lettera, che però gli venne consegnata
insieme alla notizia della morte.
Qua di seguito viene riportata la lettera con cui la Federazione Comunista
Savonese comunicava a Sergio Leti la morte della madre,30 agosto 1944:
“Caro compagno Gin, ci giunge oggi conferma della dolorosa notizia che da vari
giorni si era diffusa ancora avvolta da una penosa incertezza: tua madre, la
compagna Clelia Corradini, è passata per le armi dei carnefici nazi-fascisti.
A nome della Federazione comunista di Savona il comitato di Vado Ligure crede
opportuno informarti dell’ accaduto.
Conscio di parlare di un compagno ti narreremo il fatto in tutti i particolari che
abbiamo potuto assumere , con la massima esattezza, senza reticenze, certi che
l’immenso dolore che ti ha colpito è lo stesso fiero dolore che ha colpito noi tutti
nel più profondo dell’animo accrescendo il nostro odio implacabile contro
l’oppressione nemica e il nostro spirito di combattività di sacrificio.
Arrestata dietro indicazione di una spia, già bene individuata, accusata di essere
una patriota militante nei Gruppi di Difesa della Donna, e di avere un figlio
combattente nelle file dei partigiani, essa veniva sottoposta dagli aguzzini
nazifascisti ad ogni sorte di minacce, sevizie e torture aventi lo scopo di
strapparle delle confessioni sulla sua attività e sui suoi compagni di idee. Ma
tutto fu vano. Ancora una volta i nazifascisti dovettero rendersi conto che i veri
patrioti, i veri combattenti, per la libertà, uomini e donne, vecchi e giovani, non
temono le minacce, ne le torture, ne il plotone di esecuzione.
Il contegno di tua madre fu eroico: essa si mantenne calma e irremovibile,
sopportò impavida le torture fisiche e morali alle quali fu sottoposta.
Mercoledì 23 agosto fu decisa la sua condanna a morte...
… Sul luogo dell’ esecuzione le furono per bene 4 volte spianati i fucili contro, e ogni
volta fu invitata a parlare. Ma invano. La sua fede immensa, la sua fiera volontà
di non tradire la causa, furono il sostegno che le permise di superare questo
terribile passaggio. Un’ ufficiale della San Marco ordinò allora il fuoco ma i
soldati non spararono. Forse furono loro stessi stupiti dell’eroico contegno di tua
madre, forse, pensando che anche loro avevano una madre, furono nauseati
dall’infame gesto che stavano per compiere.
Lo stesso ufficiale impugnò allora il mitra scaricandolo bestialmente sull’eroina.
Pochi istanti prima di morire essa gridava: “Sergio vendicami!”.
Così cadde tua madre la compagna Clelia Corradini.
Essa, col suo nobilissimo sacrificio, assurge a simbolo della fierezza e del
patriottismo delle donne savonesi.
Ma il suo sacrificio non fu vano!
Esso ha gettato i semi di altri proseliti: già al posto di tua madre altre combattenti
sono sorte in difesa della nostra causa. Compagno Gin, racchiusi nel nostro fiero
dolore, combatteremo ancore e sempre, sino alla vittoria, sino al giorno in cui la
folta schiera di eroi e di martiri caduti combattendo per il nostro grande ideale di
libertà e giustizia sarà vendicata dalle nostre armi. Non preoccuparti per i tuoi
fratelli e per i vecchi genitori di tua madre: essi riceveranno da noi l’assistenza e
le cure necessarie.
Assieme a questa lettera ti inviamo l’ultimo foglio che tua madre ti scrisse poco
prima di essere arrestata.
Ricevi da noi, da tutti i compagni, da tutti coloro che nella sacrosanta lotta di
liberazione si sono schierati dalla parte del vero e del giusto, l’espressione del più
profondo cordoglio.”
Terminata la guerra, a Pisa si tenne il processo
all’ufficiale che aveva assassinato Clelia
Corradini, fu condannato a 30 anni di reclusione,
anche se era latitante.
Alla eroica madre Clelia Corradini fu assegnata
dal governo la medaglia d’argento al valore
militare con la seguente motivazione:
A Clelia Corradini di Natale
“Animatrice instancabile del movimento partigiano,
convinta della necessità di riscattare l’onore del
popolo italiano, partecipava attivamente alla lotta di
Resistenza avendo al suo fianco il proprio figlio…”
Nata a Savona l’8 ottobre 1916, uccisa dai fascisti a
Savona il 19 agosto 1944.
Ines era una giovane antifascista che, subito dopo
l’armistizio, era entrata nei Gruppi di difesa della donna
ed era diventata staffetta partigiani. Il 16 agosto del
1944, ad Albissola Mare, nei pressi di Villa Faragiana,
Ines Negri, che accompagnava in montagna militari
della "San Marco", fu arrestata. Dopo tre giorni di feroci
torture, la giovane donna fu condannata a morte "per
aver incitato alla diserzione diversi soldati della
Divisione San Marco" e subito fucilata. Il nome di Ines
fu dato ad una Brigata garibaldina. Dopo la
Liberazione, una strada di Albissola Mare è stata
dedicata alla giovane partigiana.
Abbo Germana
Basetti Luciana
Bracco Teresa
Cornaglia Caterina
Corradini Clelia
Ferrari Erminia
Garelli Paola
Giribone Angelina
Goso Ermida
Gravano Ines
Lanzone Franca
Leonelli Alice
Negri Ines
Parodi Angela
Roberto Maria
Roberto Rina
Viale Giovanna
Zerbone Teresa
http://www.studenti.it
http://www.anpi.it
A.Lunardon La resistenza vadese, ISREC, Savona 2006
AA.VV Donne nella resistenza in Liguria,
LA VIOLENZA DEI “BRAVI RAGAZZI”
Lo stupro non è impotenza. Il dominio assoluto di un altro corpo
diventa una droga.
Si stupra, si tortura, si uccide per sentirsi padroni
del destino degli altri.
Angelo Izzo
DELITTO DEL CIRCEO
- 29 settembre 1975 •
Protagonisti
•
Cronologia
•
Rielaborazione dei fatti
•
Processo
•
Commenti
•
Sitografia
Andrea Ghira
Angelo Izzo
Donatella Colasanti
Gianni Guido
Rosaria Lopez
ANDREA GHIRA

Data di nascita: 21 settembre 1953

Età al tempo del delitto: 22 anni

Pena: condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato

Note particolari : giovane violento che aveva aderito alle formazioni squadriste di
estrema destra. Era il proprietario della villa nel quale si svolse il
delitto.
Identikit della polizia
ANGELO IZZO

Data di nascita : 23 Agosto 1955 a Roma

Età al tempo del delitto : 20 anni

Pena : condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato

Note particolari : tenta più volte di evadere insieme a Gianni Guido. Nel 2001 per
l’impegno dimostrato in carcere ottiene la semilibertà. Nel 2005
viene nuovamente indagato per omicidio volontario, dopo aver
ammesso l’uccisione ad Aprile, nei pressi di Campobasso, di Maria
Carmela Linciano (48 anni) e della figlia (14 anni).
GIANNI GUIDO

Data di nascita : 10 gennaio 1956 a Roma

Età al tempo del delitto : 20 anni

Pena : condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato: viene
ridotta a 30 anni di reclusione grazie all’indennizzo pagato dalla famiglia
Guido alla famiglia Lopez.

Note particolari : Tenta l’evasione dal carcere di Latina con Izzo prendendo in
ostaggio una guardia.
DONATELLA COLASANTI

Data di nascita: 12 maggio 1958

Età al tempo del delitto: 17 anni

Note particolari : Fingendosi morta si salva richiamando l’attenzione di un poliziotto
notturno che sente dei gemiti nel baule dell’auto. Non credeva
nella morte di Andrea Ghira. Muore il 30 dicembre del 2005 per
malattia. Le sue ultime parole sono state “battiamoci per la verità”.

La sua deposizione
MARIA ROSARIA LOPEZ
Data di nascita: 1956
Età al tempo del delitto: 19 anni
Note particolari : la sera del delitto venne stuprata, picchiata ed infine annegata
nella vasca del bagno

Deposizione rilasciata alla polizia da
Donatella
Tutto è incominciato una settimana fa. L’incontro con un ragazzo di nome
Carlo,così ha detto,all’uscita del cinema. Lo scambio dei numeri di telefono e la
promessa di rivedersi il giorno dopo insieme ad altri amici. Con Carlo vengono
all’appuntamento Angelo e Gianni.Chiacchieriamo un po’,poi si decide di fare
qualcosa l’indomani. Io dico che per l’indomani non avrei potuto. Si fissa l’ora
per il lunedì. L’appuntamento è per le 4 del pomeriggio. Arrivano solo Angelo e
Gianni;Carlo dicono avesse una festa nella sua villa di Lavinio se avessimo
voluto raggiungerlo. A Lavinio non arrivammo mai. I due ad un certo punto si
fermano in un bar per telefonare a Carlo,così dicono. Quando Gianni torna in
macchina dice che l’amico avrebbe gradito la nostra visita,che andassimo pure
in villa e che lo aspettassimo lì perché lui era al mare. La villa non era a Lavinio
ma al Circeo e quel Carlo non arrivò mai. I due si svelano subito e ci chiedono
di fare l’amore. Noi rifiutiamo ma loro insistono e ci propongono un milione
ciascuna. Rifiutiamo ancora una volta. A questo punto Gianni tira fuori la pistola
e dice:“Siamo della banda dei Marsigliesi,quindi vi conviene obbedire. Quando
arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro. E’ quello che ha
rapito il gioielliere Bulgari”.
Capiamo che è una trappola e io e Rosaria scoppiamo a piangere. I due ci
chiudono in un bagno:aspettano Jacques.La mattina dopo angelo apre la
porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto. Si infuria come un
pazzo e ci ammazza di botte. Ci separano,io in bagno e Rosaria in un altro.
Comincia l’inferno. Verso sera arriva Jacques. Jacques in realtà era Andrea
Ghira,dice che ci riporterà a Roma ma addormentate. Ci fecero tre punture
ciascuna ma io e Rosaria siamo più sveglie di prima e allora i tre passano ad
altri sistemi. Prendono Rosaria e la portano in un’altra stanza per
cloroformizzarla,dicono. La sento piangere e urlare;poi un improvviso
silenzio. Devono averla uccisa in quel momento. A me picchiano in testa con
il calcio della pistola,sono mezza stordita ma sveglia e allora mi legano un
laccio al collo e mi trascinano per tutta la casa per strozzarmi. Svengo per
un po’ e quando mi risveglio uno mi preme il petto con un piede e sento
che dice agli amici :"Questa non vuole proprio morire".E giù a colpirmi la
testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo solo una via di uscita.
Fingermi morta. E l’ho fatto. Mi hanno messa nel porta bagagli dell’auto ,ma
Rosaria non c’era ancora. Quando l’hanno portata ho sentito uno che prima
di chiudere il bagagliaio a chiave diceva:"Guarda come dormono bene
queste due morte".

CRONOLOGIA
29 settembre 1975: le ragazze vengono portate nella villa di San Felice Circeo.
30 settembre 1975: le ragazze vengono uccise e ritrovate verso le tre del mattino da un
vigile notturno. Izzo e Guido vengono arrestati mentre
Ghira non
indiziato non sarà mai preso.
11 ottobre 1975: Ghira manda una lettera ai complici ["...Vi assicuro che quella bastarda
la faccio fuori, per voi non c'è pericolo a fine anno 1976
uscirete tutti per
libertà provvisoria. Anche se sanno tutto, questi bastardi,
faranno una
brutta fine anche loro. Comunque non vi
preoccupate per la mia
latitanza ho circa 13 milioni di lire,forse
andrò via da Roma.Per quanto
riguarda quella stronzetta farà
la fine della Lopez. State calmi. A presto.
Berenguer Ghira".]
Dicembre 1975: Ezio Matacchioni indica Ghira tra i suoi sequestratori in una villetta di
Tor San Lorenzo.
luglio 1976: si svolge il processo di primo grado. Gli imputati sono condannati
all’ergastolo per omicidio pluriaggravato.
nell’arco dell’anno 1976: Ghira si arruola nel Tercio, la legione straniera spagnola.
gennaio 1977: Guido e Izzo tentano un’evasione dal carcere di Latina, prendendo in
ostaggio una guardia carceraria, ma falliscono.
12 maggio 1977: Izzo accusa Gianni Guido dell’uccisione di Giorgiana Masi.
ottobre 1977: la magistratura spicca un mandato di cattura contro Andrea Ghira per il
delitto del Circeo grazie alle dichiarazioni di Donatella Colasanti.
nell’anno 1978: Ghira vive a Roma clandestinamente; poi fugge all’estero,in Argentina.
nell’anno 1980: al processo di appello la famiglia Lopez accetta il risarcimento offerto
dai Guido, la pena di Guido viene ridotta a 30 anni.Ghira si trasferisce in
Inghilterra, a Londra, e cambia continuamente nome.
nell’anno 1981: sentenza confermata dalla Cassazione: Guido viene trasferito nel
carcere
di San Gimignano.
25 gennaio 1981: Guido riesce a fuggire dalla portineria del penitenziario di San
Gimignano.
nell’anno 1982: un testimone afferma di aver visto Ghira ad Aprilia: le ricerche non
danno
risultati.
28 gennaio 1983: Guido è arrestato a Buenos Aires, dove vendeva automobili sotto
falso
nome.
nell’anno 1985:Izzo diventa uno dei principali pentiti dell’estrema destra.
15 aprile 1985: Guido, mentre è ricoverato in ospedale e in attesa di estradizione, riesce
nuovamente a fuggire.
nell’anno 1986: nel carcere di Paliano viene scoperto un piano di fuga di Angelo Izzo.
25 agosto 1993: Izzo riesce a fuggire nel carcere di Alessandria.
15 settembre 1993: Izzo viene arrestato in Francia.
giugno 1994: Guido viene nuovamente arrestato a Panama e trasferito in Italia.
Nell’anno 1995: Izzo confessa di aver assassinato nel giugno 1975, Amilcare Di
Benedetto, perchè aveva fatto sparire il bottino di una rapina
che
avevano commesso assieme.
Nell’anno 2001: Izzo ottiene il regime di semilibertà.
Aprile 2005: Izzo viene indagato per omicidio volontario, dopo aver ammesso di aver
ucciso ancora ad aprile, nei pressi di Campobasso, Maria Carmela
Linciano e la figlia Valentina, moglie e figlia del collaboratore di giustizia,
Giovanni Maiorano, condannato all’ergastolo per aver ucciso un coetaneo
della figlia.
Ottobre 2005: arriva la notizia che Ghira sarebbe morto e sepolto in Spagna. Alcuni
suoi
familiari vengono indagati per favoreggiamento nella fuga.
29 ottobre 2005: la polizia spagnola dichiara di aver trovato in un cimitero nell’enclave
marocchina di Melilla il cadavere di Andrea Ghira, che sarebbe morto
diversi anni prima, nel 1994.
14 novembre 2005: viene riesumata la salma per analizzare il DNA a Roma.
26 novembre 2005: l’esame del DNA conferma l’identità di Ghira.

RIELABORAZIONE DEI FATTI
E’ il pomeriggio del 29 settembre quando Rosaria Lopez e Donatella Colasanti si
incontrano con Gianni Guido e Angelo Izzo per fare una gita verso il mare. A bordo di
una FIAT 127 bianca, i quattro ragazzi giungono a Villa Moresca a San Felice Circeo,
di proprietà della famiglia Ghira, dicendo che Andrea sarebbe arrivato dopo poco.
L’arrivo alla villa coincide per le ragazze con l’inizio dell’inferno. Dapprima rinchiuse nel
bagno, poi a turno torturate e seviziate. Dopo molte ore, Rosaria Lopez viene
annegata nella vasca da bagno. Donatella Colasanti, dopo essere stata più volte
colpita con molta forza, riesce a sopravvivere fingendosi morta. E’ oramai la sera del
30 settembre: Gianni Guido, Andrea Ghira e Angelo Izzo caricano le due ragazze nel
baule dell’automobile e tornano a Roma. Parcheggiano in via Pola e vanno a
mangiare. La salvezza di Donatella arriva nel momento in cui i suoi richiami vengono
uditi da una pattuglia.

PROCESSO
• Dove:
Corte di Assise di Latina
• Quando:
29 luglio 1976
• Chi:
Pubblico Ministero: Vito Giampietro
Giudici Togati: Marino e Paolino
Psicologa: Martina Hauber
Filomena Fusco (legale di Izzo)
• Svolgimento

PROCESSO
Grazie alla ricostruzione fatta dalla Colasanti, il processo, svoltosi nell’estate del 1976 davanti ai
giudici della corte di Assise di Latina, si conclude con la condanna di Izzo all’ergastolo e di
Guido a trent’anni di carcere. Quest’ultima decisione suscitò molte polemiche anche perché
motivata dal versamento di 100 milioni di lire, fatto, a titolo di risarcimento, dai Guidi ai familiari
della Lopez. La stessa cifra fu rifiutata dalla Colasanti. I difensori degli imputati tentarono
inutilmente di ottenere una parziale o totale capacità di intendere e di volere dei loro assistiti, ma
nel settembre del 1983 la cassazione confermò la sentenza di appello. In aula, Izzo non ha
proferito commento, neanche con i suoi difensori. Era sereno. Una serenità “sconcertante”
come ha definito Filomena Fusco, uno dei suoi legali. Da abile manipolatore, comincia a farsi
spazio nel sistema giudiziario, allo scopo di mantenere i riflettori puntati su di lui, sulla sua
persona. Da subito richiama l’attenzione dei media con un tentativo di evasione dalla prigione di
Latina, facendosi scudo del maresciallo delle guardie di custodia. Il suo tentativo fallisce. Decide
allora di collaborare con la giustizia dichiarandosi “pentito” e il 12 Aprile 1985 rilascia ai
magistrati una dichiarazione nella quale rivela di aver deciso di collaborare non per motivi
utilitaristici, ma per una motivazione morale, che lo spinge alla necessità, maturata in carcere, di
riparare a un delitto che solo ora riconosce come ripugnante. Izzo fa alcune rivelazioni, tra cui
un’accusa ad Andrea Ghira di aver sparato a Giorgiana Masi, usando le armi che avevano in
dotazione nel gruppo eversivo di cui faceva parte, chiamato «Drago», e versioni (quasi tutte
apprese in carcere) sulla strage di piazza Fontana, quella della stazione di Bologna, quella di
piazza della Loggia a Brescia, l'uccisione di Mino Pecorelli, quella di Fausto e Iaio, quella di
Piersanti Mattarella, e diversi altri episodi di terrorismo e mafia.
Nonostante le sue dichiarazioni sono illusorie, i magistrati continuano ad ascoltarlo e
Izzo comincia ad ottenere i primi benefici giuridici, permessi premio e ammissione al
lavoro esterno. Sebbene aveva provato diversi tentativi di fuga, sempre con
insuccesso, proprio a causa di un’uscita premio, nel 1993, Izzo riesce con trionfo.
Usufruendo della possibilità concessagli di festeggiare il suo compleanno nella casa di
famiglia a Roma, si concesse un breve periodo di libertà. Al momento di tornare in
carcere, ai parenti aveva detto che prendeva il treno per Alessandria, ma alla porta
del carcere l’avevano aspettato invano. La latitanza durò un mese, lo ripresero in
Francia e, quando rientrò in prigione, sorrideva e salutava fotografi e teleoperatori,
alla maniera dei boss Renato Vallanzasca e Felicetto Maniero reduci da evasioni più
avventurose. Izzo non si scoraggia, e ottenendo altri permessi premio e note di
merito, riesce a conquistarsi la Semilibertà, che gli permette di uscire dal carcere in
maniera legale. Del resto, con l’emanazione della legge 354 del 26 luglio 1975 il
legislatore ha enunciato le “Norme sull’Ordinamento penitenziario e sull’esecuzione
delle misure privative e limitative della libertà” e con il successivo “Regolamento di
Esecuzione” si è data applicazione, sul piano pratico, al principio dettato dall’art. 27, 3
c. Cost. in cui viene enunciato il principio secondo cui “le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato”.Così nel 2003, conosce Dario Saccomanni, un padre
evangelico, presidente della cooperativa “Città futura”, che si occupa del recupero dei
detenuti, dove Izzo andrà a lavorare (a scopo rieducativo), durante la semilibertà.

COMMENTI
• Italo
Calvino:
• Franco
• Pier
Fortini:
Paolo Pasolini:

SITOGRAFIA
http://www.feltrinellieditore.it/FattiLibriInterne?id_fatto=4800
http://www.circei.it/storia/1861/1975.htm
http://www2.radio24.ilsole24ore.com/speciali1/speciale_gialloenero20032004_41.htm
http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/circeo/
www.zetema.it/content/download/1620/11163/file/Circeo-testo.pdf
www.geocities.com/lollocas/neofa/dossier_delitto_del_circeo_011075.pdf
www.archivio900.it/it/download/file.aspx?id=164 - 12k
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=267
http://www.cinetecadibologna.it/sitopasolini/saggistica_lettereluterane_calvino.htm
http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/cronaca/izz3/ghiraide/ghiraide/.html
http://www.corriere.it/Primo Piano/cronache/2005/11 novembre/26/colasanti.shtml
http://it.news.yahoo.com/051029/58/3gl50.html
http://it.news.yahoo.com/051102/58/3grcb.html
http://www.corriere.it/Primo Piano/cronache/2005/05 maggio/01/bianconi.shtml
http://www.archivio900.it/it/news/news.aspx?id=588
http://www.claudiocaprara.it/archives/006023.html
http://www.chilhavisto.rai.it/Clv/misteri/2004-2005/CirceoDelittoGhira.htm
http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/cronaca/izz3/ered/ered.html
http://lanazione.it/art/2005/10/27/5389887
http://www.questotrentino.it/2001/02/Lett Zacchi.htm
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/43664ebce90c3.html
Italo Calvino:
I responsabili della carneficina del Circeo sono in molti e si
comportano come se quello che hanno fatto fosse perfettamente
naturale, come se avessero dietro di loro un ambiente e una
mentalità che li comprende e li ammira. Nella Roma di oggi
quello che sgomenta è che questi esercizi mostruosi avvengono
nel clima della permissività assoluta, senza più l’ombra di una
sfida alle costruzioni repressive il pericolo vero viene
dall’estendersi nella nostra società di strati cancerosi. NON C’Ẻ
CHE UN PASSO DALL’ATONIA MORALE E DALLA
IRRESPONSABILITÀ SOCIALE (di una parte della borghesia
italiana) ALLA PRATICA DI SEVIZIARE E MASSACRARE.
Viviamo in un mondo in cui l’escalation nel massacro e nella
umiliazione della persona è uno dei segni più vistosi del divenire
storico. I nazisti possono essere largamente superati in crudeltà
in ogni momento. In altri paesi la crisi è la stessa, ma incide in
uno spessore di società più solido.
Pasolini:
.... Tu hai privilegiato i neofasciti pariolini del tuo interesse e della tua
indignazione, perchè sono borghesi, La loro criminalità ti pare
interessante perchè riguarda i nuovi figli della borghesia. Li porti dal
buio truculento della cronaca alla luce dell’interpretazione
intellettuale, perchè la loro classe sociale lo pretende. Ti sei
comportato -mi sembra- come tutta la stampa italiana, che negli
assassini del Circeo vede un caso che la riguarda, un caso, ripeto,
privilegiato. SE A FARE LE STESSE COSE FOSSERO STATI DEI
“POVERI” IMMIGRATI A MILANO O A TORINO, NON SE NE SAREBBE
PARLATO TANTO IN QUEL MODO: PER RAZZISMO. Perchè i "poveri"
delle borgate o i "poveri" immigrati sono considerati delinquenti a
priori. Ebbene i "poveri" delle borgate romane e i "poveri" immigrati,
cioè i giovani del popolo, possono fare e fanno effettivamente (come
dicono con spaventosa chiarezza le cronache) le stesse cose che
hanno fatto i giovani dei parioli: e con lo stesso identico spirito,
quello che è oggetto della tua "descrittività”…
Franco Fortini:
Reversibilità
Anassagora giunse ad Atene
che aveva da poco passato i trent'anni.
Era amico d'Euripide e Pericle.
Parlava di meteore e arcobaleni.
Ne resta memoria nei libri.
Si ascolti però quel che ora va detto.
Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina
esistono, o l'Africa; e le radio
ogni notte ne parlano. Ma per noi, per
noi che poco da vivere ci resta,
che cosa sono l'Asia immensa, il tuono
dei popoli e i meravigliosi nomi
degli eventi, se non figure, simboli
dei desideri immutabili dolorosi? Eppure
- si ascolti ancora - i desideri immutabili
dolorosi che mordono il cuore nei sonni
e del poco da vivere che resta
fanno strazio felice, che cosa sono
se non figure, simboli, voci,
dei popoli che mutano e si inseguono,
degli uomini che furono e che in noi
sono fin d'ora? E così vive ancora,
parlando con Euripide e con Pericle
di arcobaleni e meteore, il filosofo
sparito e una sera d'estate
ansioso fra capre e capanne di schiavi
entra ad Atene Anassagora.
Stupro, violenza domestica,
prostituzione forzata, pregiudizi nel
mondo del lavoro, violenza
psicologica …
Siamo tutti a conoscenza di questi
tipi di violenza .
Ma forse sarebbe bene fermarsi a
riflettere .
Perché sono molte le violenze
nascoste …
NAPOLI - Un'irruzione “immotivata”:
quella degli agenti del Commissariato
Arenella, entrati senza mandato al
Policlinico Federico II di Napoli dopo aver
ricevuto una telefonata anonima che dava
la notizia di un feticidio.
Si sono invece trovati davanti ad un regolare
aborto terapeutico, in pieno rispetto della
legge 194.
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i
primi novanta giorni, può essere praticata:
1. Quando la gravidanza o il parto comportino un
grave pericolo per la vita della donna
2. Quando siano accertati processi patologici, tra cui
quelli relativi a rilevanti anomalie o
malformazioni del nascituro, che determinino un
grave pericolo per la salute fisica o psichica della
donna.
Il ministro della Salute, Livia Turco,
commenta:
"Sono profondamente turbata, è il
sintomo di un clima di tensione
inaccettabile, attorno a una delle scelte
più drammatiche per una donna come
quella di
Siamo arrivati al punto di fare e usare
denunce anonime ".
Manifestazione in piazza a Napoli riguardo la legge 194
3b). Sono vietati:
• Ogni forma di selezione a scopo eugenetico
degli embrioni e dei gameti ovvero interventi
che, attraverso tecniche di selezione, di
manipolazione o comunque tramite
procedimenti artificiali, siano diretti ad
alterare il patrimonio genetico dell'embrione
o del gamete, ovvero a predeterminarne
caratteristiche genetiche.
• Perché è vietata la diagnosi preimpianto?
• Abortire: sì o no?
• Perché la donna si dovrebbe sottoporre a un
doppio intervento, nel caso decidesse di
abortire?
• E le conseguenze psicologiche della donna?
• Non è violenza questa?
Scelta drammatica di una
donna o pretesto della
società per condannarla?
Wikipedia
Parlamento Italiano
la Repubblica
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