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Giovanni
Verga
Verismo
Il verismo è una corrente letteraria che si afferma in Italia nel 1870 e si
ispira alla corrente letteraria francese del naturalismo. Modo
caratteristico di questa tecnica è l’utilizzo del discorso indiretto libero,
cioè riportare i discorsi dei personaggi in forma indiretta. Questa
corrente letteraria provoca, a Milano, entusiasmo tra Verga e altri
scrittori.
Il primo romanzo scritto da Verga con questa tecnica sarà Padron
‘Ntoni(poi il titolo sarà cambiato in I Malavoglia). Il romanzo, per la
critica e per il pubblico, sarà come disse Verga “un vero e proprio
fiasco”.
IL VERISMO:CARATTERISTICA
PRINCIPALE:
Caratteristica del verismo è la tecnica
dell’impersonalità dell’opera d’arte.
Questa tecnica consiste nel raccontare i
fatti in modo impersonale , cioè senza
che l’autore lasci trasparire nel testo le
proprie sensazioni, opinioni, idee.
Questo modo viene anche definito come
“assenza dell’autore”. Verga sosteneva
che l’opera doveva sembrare “essersi
fatta da sé”.
Vita
Giovanni Carmelo Verga, nasce a Catania il 2 settembre del 1840. E' il primogenito di Giovanni Battista
Verga Catalano e Caterina Di Mauro. La famiglia Verga è agiata, possiede grandi proprietà terriere a
Catania e a Vizzini.
Fondamentali nella sua vita sono gli anni fiorentini (1865-72), dove avviene l’incontro con L. Capuana,
con il quale inizia un rapporto d’amicizia e un sodalizio letterario.
Più tardi si trasferisce Milano, città in cui vivacissimi sono gli scambi letterari; nasce proprio in quegli
anni la Scapigliatura. La fase milanese coincide con la maturità dello scrittore e con la grande stagione
dei capolavori.
Nel 1871 pubblica Storia di una capinera e ottiene un grande successo. Gli anni dal '72 al '93, sono
caratterizzati dal soggiorno a Milano e dall'incontro con gli ambienti della Scapigliatura: lo scrittore
frequenta Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, Emilio Praga, Luigi Gualdo, Felice Cameroni. Risale a
questo periodo la conoscenza, che sarà determinante per il futuro, con l'editore Treves.
Sono anni di intensa attività, ma anche di forti emozioni: nel 1877 muore la sorella Rosa, nel 1878 la
madre.
L’ultima fese della vita del Verga è caratterizzata dallo scambio epistolare con la contessa Dina di
Sordevolo, conosciuta a Roma e amata per tutta la vita. Muore a Catania nel 1922.
Egli visse in un’epoca di transizione, caratterizzata dal passaggio dall’idealismo dell’Italia risorgimentale allo
scetticismo positivistico dell’Italia post-unitaria, tanto vero che questa rinuncia all’idealismo romantico in nome di
un atteggiamento di fiducia nella scienza si tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione e accentuò la sua
visione pessimistica della vita, vista come una drammatica lotta in cui solo il più forte è destinato a vincere e il più
debole, fatalmente a soccombere.
Le Opere:
✬Il Marito di Elena 1882
✬Mastro-Don Gesualdo 1889
✬Gli Ultimi anni Milanesi 1890-1893
✬Dal Tuo al Mio 1906
✬I Malavoglia 1881
Il Marito di Elena
Il protagonista del romanzo, Cesare Dorello, appartenente ad una famiglia povera e numerosa, si
trasferisce dal paese natio a Napoli per seguire gli studi di Legge all’Università. Si laurea e comincia a
lavorare come avvocato. Si innamora di Elena, figlia di don Liborio, il quale, però cerca di ostacolare
l’amore tra i due giovani. Questi allora fuggono e vanno a vivere nel paese di Cesare. Elena, però non si
adatta alla vita che il marito può darle in un povero ambiente di provincia e continua a concedersi il lusso
cui era abituata nella casa paterna. Costretti a lasciare il paese per i debiti, Cesare ed Elena tornarono a
Napoli, dove il giovane avvocato, lavorando duramente, riesce a riprendersi economicamente; ma neppure
la nascita di una bambina riesce a frenare l’irrequietezza di Elena che, con il suo comportamento,
danneggia la reputazione del marito. Quando lo tradisce con il barone don Peppino, Cesare decide di
abbandonarla, pur amandola sempre. Il giorno prima della separazione ufficiale, Cesare entra nella camera
di lei armato di coltello, fermamente deciso di uccidersi se la moglie non avesse deciso di rimanere con lui.
Ma di fronte a lei, sconvolto e accecato dalla gelosia, la uccide a coltellate.
Mastro Don Gesualdo
In Mastro don Gesualdo il Verga narra le vicende di un ex muratore, che con la sua tenace laboriosità e'
riuscito ad arricchirsi. Egli mira ad elevarsi socialmente e sposa Bianco Trao, una nobile decaduta che ha
avuto una relazione amorosa col cugino Rubiera ed è stata da lui lasciata, perché la madre, la baronessa
Rubiera, si é opposta al matrimonio conciliatore. Il matrimonio con Bianca non porta a Mastro don
Gesualdo la sperata soddisfazione, perché ora non e né carne né pesce". Si sente escluso dalla plebe dalla
quale proviene, che lo considera un "don" e perciò appartiene a un altro mondo. Si sente inoltre escluso dal
mondo aristocratico, che lo considera un intruso e lo tratta con distacco, e viene considerato come il
"mastro" di sempre.
Ma il dispiacere più grosso gli deriva dal sentirsi rifiutato dalla moglie e dalla fliglia Isabella, che non è
propriamente sua figlia, ma è figlia della moglie con il cugino.
Egli, che ignorava questa situazione, fa educare la figlia in un collegio di nobili viziandola in tutti i suoi
desideri, ma poi si scontra con lei quando Isabella s'innamora del cugino Corrado La Gurna, e la fa sposare
ad un nobile palermitano. Mastro don Gesualdo, che ha perso la moglie, è costretto a lasciare il paese in
rivolta per i moti del 1848. Poi, ammalato di cancro, va ad abitare a Palermo nel palazzo della figlia dove
assiste allo scempio delle proprie ricchezze e muore solo e abbandonato da tutti.
Il romanzo rappresenta la borghesia in ascesa di nuova formazione, avida e ambiziosa simboleggiata da
Mastro don Gesualdo, e le vecchie aristocrazie in declino, simboleggiate dai Trao.
Mastro don Gesualdo è un uomo sempre attento a custodire i suoi beni e i suoi affari differentemente dai
Malavoglia.
Il mito del progresso e dell'innalzamento delle nuove classi è sottoposto ad una critica assai più radicale
che nei Malavoglia.
Nel Mastro lo scrittore, pur mantenendo la sua fedeltà al metodo impersonale e obiettivo, é indotto dalla
maggiore complessità dei temi e dei personaggi ad usare soluzioni di linquaggio meno innovative rispetto ai
Malavoglia e risulta quella d'uso comune, ma non propriamente popolare.
Dal Tuo al Mio (parte prima)
Il romanzo si apre con una scena nel corso della quale vengono presentati tutti i personaggi. Siamo nel
palazzo dei nobili Navarra, dove si prepara la festa per il fidanzamento di una delle due figlie di don
Raimondo, Nina, con il figlio di do Nunzio Rametta. Il matrimonio è obbligato, in quanto la miniera di don
Raimondo, carica di ipoteche, non frutta quasi più, e per rimetterla in sesto occore molto denaro, cosa che
solo Rametta può fornire, ma, naturalmente, non senza qualcosa in cambio: infatti egli mira ad
impossessarsi della miniera “ per un pezzo di pane”, e il matrimonio imposto a Nina (la quale, invece è
segretamente innamorata del cugino), è una “comodità” sia per i padre che per l’avido Rametta. Il
matrimonio, però va in frantumi per circostanze imprevedibili da entrambi.
Quel che è umano, è l’inutile sacrificio di Nina Narra, la sua rassegnazione; la bontà del padre schiacciata
dal peso delle condizioni economiche; la ribellione di Lisa (l’altra figlia di don Raimondo) alla legge
famigliare.
In “Dal tuo al mio” don Raimondo figura sempre in buona luca. La fortuna non gli sorride mai, benché si
sacrifichi da mattina a sera e passi insonne le notti.
La felicità delle figlie dipende dunque dal risorgimento economico di casa Navarra. Se a zolfara si
rimettesse economicamente, don Raimondo sarebbe felice di rivedere le figlie seguire liberamente i loro
sentimenti.
Il padre non ha sulla coscienza il fatto che Nina abbia sacrificato per la salute della casa dei Navarra il suo
amore per il bel cugino Santoro, in quanto è stata una decisione presa esclusivamente da Nina. Don
Raimondo ascolta la confessione della figlia, stringendola tra le sue braccia in presenza dei convitati alla
festa nuziale e chiede perdono. La confessione di Nina è interrotta dai commenti da una parte appassionati
e dall’altra angusti e maligni degli spettatori, divisi appunto in due “gruppi”: il primo, formato da coloro che
vogliono la felicità della ragazza (don Rocco, padre Carmelo, la zia donna Bianca); il secondo, formato da
coloro che rimangono indifferenti al suo strazio e non dimenticano mai il proprio tornaconto (don Nunzio
Rametta, il notaio, lo scrivano, il cavaliere).
Dal Tuo al Mio (parte seconda)
Nella seconda parte del romanzo assistiamo a due tragedie: quella della “roba” e quella del decoro nobiliare
dei Navarra.
La prima è stata preparata astutamente da don Nunzio Rametta, il quale ha sovvenzionato don Raimondo
per far “rinascere” la miniera prestandogli il denaro necessario gravato da interessi tanto pesanti da far
peggiorare ulteriormente la situazione del suo antico padrone facendolo sprofondare ancora di più nei
debiti. E così, il barone Navarra è costretto ad accettare l’ultimo ricatto dell’ex “mastro”, che diverrà “don”,
con la conseguenza che diverrà egli stesso “mastro”, da “don” che era, al servizio del suo antico
dipendente.
L’altra tragedia per don Raimondo è la ribellione della figlia che si oppone alla sua volontà; egli infatti tenta
inutilmente di convincere Lisa a sposare Luciano.
Luciano è un giovane da sempre cresciuto in casa Navarra, trattato come un figlio da quando suo padre
morì nella zolfara.
Grazie alla confidenza amorosa dei due giovani, Luciano potrà aspirare alla figlia del padrone, mentre lei
potrà discendere dalla dignità della famiglia baronale alla condizione di moglie di un capomastro. Nella casa
della zolfara, lontana dal paese e da tutti, si abbandona più facilmente all’impeto della giovinezza. Provoca
Luciano, lo sfida ad osare sempre di più e poi lo ferma con un gesto o una parola; non si ferma davanti al
padre furibondo, alle imprecazioni della sorella, ma dice di si, accettando d’essere scacciata dalla casa
paterna.
Dal Tuo al Mio (parte terza)
Nella terza ed ultima parte, ci rendiamo conto che l’amore per la famiglia è più forte dell’orgoglio, della
superbia, infatti Lisa accorre alla casa della zolfara per salvare il padre, la sorella e la casa stessa dalla
violenza degli scioperanti.
Consapevole dei propri errori, si rende conto amaramente delle misere condizioni di vita in cui versavano i
suoi familiari.
Giunge anche Luciano seguito da altri operai per chiedere un aumento dei salari, ma quando Rametta si
rifiuta di concederlo, gli scioperanti minacciano di dar fuoco alla zolfara.
A questo punto Luciano capisce che potrebbe perdere, così, un bene che domani sarà suo perché dote
della moglie e decide di imbracciare il fucile per difendere la zolfara a fianco del suocero ed a costo della
vita.
Quando si sentono giungere i soldati, don Navarra, Lisa, Nina e Luciano, si stringono finalmente in un
abbraccio di ritrovata unità, di amore, che fa tornare il vecchio don Raimondo da “morte a vita”.
I Personaggi
Don Raimondo Navarra
, il barone
Nina
figlie del barone
Lisa
Donna Bianca De Lisi
Il Marchese
La Marchesa
Il cavaliere
Don Rocco
cugini del barone
Don Nunzio Rametta
Don Bastiano Zummo, notaio
Don Serafino, giovane di studio del notaio
Don Calogero, usciere
Padre Carmelo
Luciano
Donna Barbara
vecchi domestici di casa Navarra
Don Sidoro
Bellòmo
Bongiardo
Cannata
Matteo
Nardo
Viscardo
lavoranti della zolfara
CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI
PRINCIPALI:
✬
✬
✬
✬
DON RAIMONDO NAVARRA: è un uomo buono, incolpevole della sua disgrazia, dovuta più ai suoi avi che al suo operato, ma
rispettoso della propria famiglia al punto di non accusare mai nessuno di loro.
Cerca disperatamente di non far gravare le sue preoccupazioni alle figlie che ama veramente. La difesa della zolfara è la difesa
delle figlie stesse, del loro onore perché senza di essa Nina e Lisa non avrebbero più alcuna dote.
E’ buono perché non cerca di convincere Nina a sposare il figlio Rametta, è infatti lei che lo decide spontaneamente, e soffre
molto quando Nina confessa piangendo il suo amore perduto e il suo sacrificio. E’ anche un padre legato però alla mentalità del
tempo; scaccia, infatti, senza indugiare, nonostante le preghiere di Nina, l’altra figlia, Lisa, quando questa accetta di legarsi a
Luciano, operaio rimasto presto orfano e cresciuto con la ragazza. La bontà e l’amore per la famiglia si rivelano anche nella
scena finale quando, insieme a Luciano, cerca di difendere la zolfara dagli scioperanti: all’arrivo delle forze dell’ordine, un
abbraccio riunisce tutti, don Navarra, Nina, Lisa, Luciano, ed il barone torna da “morte a vita”.
NINA: è una ragazza remissiva, dignitosa e rispettosa del padre al punto di sacrificare la sua felicità per risolvere la disastrosa
situazione economica in cui si trova la sua famiglia.
Il suo grande coraggio si svela quando, a matrimonio saltato, confessa davanti a tutti i familiari ed al padre, che ciò che lei aveva
perduto per offrirsi al figlio di Rametta era un bene ben più grande della zolfara e della ricchezza: era l’amore per il cugino Lucio,
era la sua felicità.
LISA: è una ragazza orgogliosa, poco remissiva, che non condivide la scelta della sorella Nina ed ha il coraggio di criticare
apertamente il comportamento di don Rametta
La passione, prende il sopravvento su di lei tanto di accettare di essere cacciata da casa pur di vivere la sua vita con Luciano; ma
l’amore per la famiglia, che lega tutti questi personaggi, è così forte da farla tornare a casa quando avverte che la sorella e il
padre sono in pericolo
DONNA BIANCA DE LISI: cugina del marchese è sinceramente affezionata a Nina e Lisa, perché hanno perduto la madre da
piccole. Essendo in parte proprietaria della zolfara, si sente in dovere di intromettersi nelle discussioni tra Rametta e don
Navarra.
E’ una donna pratica, che capisce il sacrificio di Nina, ma che condivide la sua scelta perché il bene della famiglia è più
importante della felicità della ragazza. Intuisce anche i rapporti tra Lisa e Luciano e cerca di allontanare il giovane dalla ragazza,
perché non lo ritiene alla sua altezza.
✬
✬
✬
IL MARCHESE: cugino del barone, viene invitato alla festa per il contratto di matrimonio di Nina. E’ il parente ricco che non perde
l’occasione di far pesare a don Navarra la sua situazione, che rimane del tutto indifferente alla tragedia che si stava compiendo
quel giorno e che non muove un dito per aiutare qualcuno.
DON NUNZIO RAMETTA: è il personaggio negativo del romanzo. Nato operaio, si è approfittato di tutta la situazione per
arricchirsi e una volta riuscitoci,. Vuole ottenere la zolfara che rappresenta il riscatto: da “ mastro” a “ don”. Per questo non si
preoccupa dei sentimenti di nessuno, nemmeno di quelli del figlio; impone interessi esosi al barone Navarra sui soldi che gli ha
prestato per costringerlo, nell’impossibilità di saldare il debito, a cedergli la zolfara.
Non ha rimorsi, non ha sentimenti ed è lui la causa dello sciopero, della rivolta degli operai. Sapendo che interverranno le forze
dell’ordine, non si preoccupa minimamente di ciò che potrà succedere durante la rivolta né alle persone, né alle cose.
LUCIANO: è cresciuto insieme a Lisa e Nina perché rimasto presto orfano. Suo pare morì nella zolfara, per questo si sente in
diritto di essere considerato più di un operaio.
E’ un ragazzo orgoglioso che lotta per i suoi diritti, per la difesa del posto di lavoro. Si innamora di Lisa e non riflette sul fatto che
lui, semplice operaio, non potrebbe aspirare alla figlia di un barone. Diventa così la causa dell’allontanamento di Lisa dalla
famiglia. Famiglia nella quale entra a far parte a pieno titolo, quando imbocca il fucile accanto al suocero don Navarra per
difendere la zolfara dagli scioperanti.
Lui che aveva guidato gli scioperanti, quando capisce che può perdere ciò che un giorno sarà suo, perché la zolfara rappresenta
la dote anche di Lisa, è pronto a difendere la “roba” a costo della vita.
I Malavoglia: la trama.
La vicenda del romanzo abbraccia un periodo compreso tra il dicembre del 1863 e il 1878 circa.
Protagonisti sono i Toscano, una famiglia di pescatori del paesello di Aci Trezza, da lungo tempo
soprannominati I Malavoglia. La famiglia, che vive nella "casa del nespolo", è composta dal vecchio
patriarca Padron ‘Ntoni, da suo figlio Bastianazzo sposato con Maruzza, detta la "Longa" e dai cinque
nipoti: ‘Ntoni, Luca, Mena, Lia, Alessi.
La chiamata di leva per il giovane ‘Ntoni è il primo colpo per i malavoglia, quello che determina il dramma
successivo. Infatti Padron ‘Ntoni, per guadagnare qualcosa mentre il nipote è assente, decide di compare
un partita di lupini a credito, che suo figlio Bastianazzo dovrà andare a vendere. La serie delle disgrazie non
si ferma qui: la casa deve essere venduta per pagare i debiti; la barca dei malavoglia, la "provvidenza", su
cui Bastianazzo trasporta il carico, fa naufragio: Bastianazzo muore, i lupini vanno perduti. Partito soldato
per sostituire il fratello ‘Ntoni, muore nella battaglia navale di Lissa. ‘Ntoni, tornato in paese, comincia a
frequentare cattive compagnie e finisce in galera per contrabbando; Scontata la pena, lascia per sempre il
paese. Lia, sulla quale corrono voci malevoli, fugge e diventa prostituta in città. Anche Maruzza e il nonno
muoiono, l’una di colera, l’altro provato dai colpi della "malasorte".
Svanito il fidanzamento con Brasi, imposto dal nonno, Mena rinuncia di sua volontà a sposare il carrettiere
Alfio Mosca, del quale è innamorata: vivrà insieme ad Alessi e a sua moglie Nunziata, curando i nipotini,
quando il fratello, impegnatosi con tutte le sue forze per rispettare il volere del nonno, sarà riuscito a
riscattare la "casa del nespolo".
I Malavoglia: i personaggi.
Il vero protagonista dei malavoglia è il villaggio di Aci Trezza, all’interno del quale inizia e si
svolge il dramma della famiglia toscano. È senza dubbio la gente di questo paese (l’usuraio zio
crocifisso, il calafato mastro turi Zuppiddu, il segretario comunale don Silvestro) che sa sempre
tutto e che ha un compito importantissimo, tanto che è stata suggerita non a caso, la definizione
dei malavoglia come opera "corale". Tuttavia, l’indiscutibile importanza della "coralità" nel
romanzo non esclude né diminuisce il rilievo di alcuni personaggi, tra i quali spiccano il vecchio
Padron ‘Ntoni e il maggiore dei suoi nipoti ‘Ntoni.
Nonno e nipote, occupano un posto centrale nella dinamica dei malavoglia e sono quasi l’uno
specchio dell’altro, poiché ognuno di loro rappresenta uno dei cardini della visione verghiana.
Padron ‘Ntoni è il simbolo dei valori fondati sulla tradizione, di quella "religione della casa e della
famiglia", che rappresenta uno dei punti fondamentali del romanzo. Egli era solito mostrare "il
pugno chiuso", emblema di una salda unione familiare e nel parlare, ricorre di continuo ai
proverbi e ai motti, che racchiudono la saggezza degli antichi.
‘Ntoni invece, incarna la ricerca del nuovo e del diverso che, sempre secondo l’ideologia
verghiana, è implicita nello scorrere inarrestabile della "fiumana del progresso", una ricerca che
in lui, si traduce in una costante irrequietezza. Per Padron ‘Ntoni e ‘Ntoni, la legge è la stessa e
non cambia: l’unica differenza tra loro è che il primo la accetta, il secondo la rifiuta.
Un legame analogo c’è anche tra mena e Lia. Quest’ultima disonorata da un’accusa infamante
è destinata ad una triste sorte sui marciapiedi della città.
Mena invece, è una vittima volontaria e docilmente rassegnata dalla rigida "religione della
famiglia". Ella infatti rinuncia a costruirsi una vita propria. Alessi, come luca, che muore
prematuramente, è l’unico che raccoglie e condivide l’etica e gli ideali sostenuti da Padron
‘Ntoni.
Ciclo dei Vinti
…..“Ho in mente un lavoro, che mi sembra bello e grande, una specie di fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal
cenciaiolo al ministro e all’artista, e assume tutte le forme, dalla ambizione alla avidità del guadagno, e si presta a mille
rappresentazioni del grottesco umano […].
Il primo racconto della serie, che pubblicherò tra breve, ti spiegherà meglio il mio concetto […] i racconti saranno cinque, tutti
sotto il titolo complessivo della Marea e saranno 1) Padron ‘Ntoni; 2) Mastro-don Gesualdo; 3) La duchessa della Gargantàs; 4)
L’on. Scipioni; 5) L’uomo di lusso."……
Il progetto narrativo qui indicato da G. Verga nella lettera a Salvatore Paola del 1878, di chiara impostazione verista, resterà
incompiuto: gli ultimi due romanzi non saranno mai scritti e il terzo (divenuto La duchessa di Leyra) che apparirà postumo,
comprenderà un solo capitolo.
I vinti per il Verga, sono quelli che "la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati", perché "nella lotta per
l’esistenza, per il benessere, per l’ambizione" alcuni soccombono.
I romanzi principali sono:
- Una peccatrice, 1886;
- Storia di una capinera, 1871;
- Eva,1873;
- Tigre reale, 1873;
- I malavoglia,1881;
- Mastro-don Gesualdo
TEMI DEL ROMANZO:
Il tema della legge famigliare o della ribellione ad essa si ritrova sotto vari aspetti in
quasi tutte le opere verghiane, perché il poeta non riuscì mai ad esaurirlo in tutta la sua
umanità.
Il tema della “roba”, cioè dell’oggetto attorno al quale si svolge la vicenda (in questo
caso la zolfara).
Il ritorno a casa e quindi la primaria importanza della famiglia.
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