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La nascita dell`Unione Monetaria Europea

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La nascita dell`Unione Monetaria Europea
La nascita dell’Unione
Monetaria Europea
Marcella Mulino
Università dell’Aquila
1
I membri dell’UME
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I 17 Stati membri
dell’Unione europea che
hanno adottato la moneta
unica (1999 e successivi):
Austria
Belgio
Finlandia
Francia
Germania
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Portogallo
Spagna
Grecia (2001)
Slovenia (2007)
Cipro (2008)
Malta (2008)
Slovacchia (2009)
Estonia (2011)
•
•
•
Paesi non partecipanti:
Bulgaria, Repubblica Ceca,
Croazia, Danimarca, Lettonia,
Lituania, Ungheria, Polonia,
Romania, Svezia e Regno Unito
fanno parte dell’UE ma per il
momento non hanno introdotto
la moneta unica.
Danimarca, Svezia e Regno
Unito hanno l’opzione opting
out
2
Perché l’euro (UME)?
I membri UE adottarono l’euro principalmente per 4 ragioni:
1.
Mercato unico: si riteneva che si sarebbero ottenute una maggiore
integrazione del mercato e una maggiore crescita economica. Inoltre,
il mercato unico non era in grado di operare in presenza di una alta
volatilità dei tassi di cambio
2.
Stabilità politica: si riteneva che una valuta comune avrebbe reso
gli interessi politici più uniformi
3.
Si riteneva che l’influenza tedesca nello SME sarebbe stata
moderata nel Sistema Europeo di Banche Centrali
4.
Eliminazione della possibilità di svalutazioni/rivalutazioni:
con liberi flussi di capitale finanziario, si potevano verificare fughe di
capitali e speculazioni in uno SME con valute diverse, ma sarebbe
stato più difficile con una moneta unica
Il Gold Standard, 1870-1914
• Le origini del Gold Standard
– Il Gold Standard affonda le sue origini nell’uso di monete d’oro (moneta
merce) come mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore.
– Il Resumption Act (1819) segnò l’adozione in Gran Bretagna, per la prima
volta, di un vero Gold Standard.
– Il Gold Standard Act degli Stati Uniti (1900) istituzionalizzò il legame
dollaro-oro.
• L’equilibrio esterno in regime di Gold Standard
– Banche centrali
• La loro responsabilità principale consisteva nel conservare la parità
ufficiale tra la propria moneta e l’oro.
• Adottavano politiche che mantenessero l’avanzo (o il disavanzo) di
parte corrente al livello circa del disavanzo (avanzo) del conto capitale.
BP = PC + MK ≈ 0
4
• Il meccanismo automatico di aggiustamento
– I flussi di oro che si accompagnano ad avanzi e disavanzi
determinano variazioni dei prezzi le quali riducono i
disequilibri delle partite correnti, riportando all’equilibrio
esterno i paesi.
• Le “regole del gioco” del Gold Standard: il mito e la
realtà
– Consistevano nella pratica di vendere (o acquistare) attività
nazionali in presenza di un deficit (surplus).
• In pratica, i paesi che vedevano espandersi le proprie riserve
auree avevano scarso incentivo a seguire queste regole.
• Molti paesi rovesciarono la regola e sterilizzarono i flussi
d’oro (i paesi in deficit, per evitare deflazioni ed i paesi in
surplus, per evitare inflazioni).
5
Il periodo tra le due guerre, 1918-1939
• A seguito dello scoppio della Prima guerra
mondiale, il Gold Standard venne sospeso.
– Il periodo tra le due guerre risultò contrassegnato da
una grave instabilità economica.
– Il pagamento dei danni di guerra provocò in Europa
episodi di iperinflazione.
• L’iperinflazione tedesca
– L’indice dei prezzi tedesco salì da un livello di 262 nel
gennaio 1919 ad un livello di 126.160.000.000.000 nel
dicembre 1923 (un aumento di 481,5 miliardi di volte).
6
• Il ritorno all’oro
– 1919
• Gli Stati Uniti tornarono alla convertibilità in oro
– 1922
• Un gruppo di paesi (Gran Bretagna, Francia, Italia e
Giappone) si accordò su un programma che chiedeva un
ritorno generalizzato al Gold Standard e la cooperazione tra
banche centrali per il conseguimento degli obiettivi di equilibrio
interno ed esterno.
– 1925
• La Gran Bretagna ritornò al Gold Standard
– 1931
• Dopo la crisi iniziata nel 1929, la Gran Bretagna fu costretta ad
abbandonare l’oro quando parecchi detentori stranieri di
sterline persero fiducia nel suo impegno a mantenere il valore
della sterlina e chiesero la conversione in oro.
7
• La disintegrazione economica
internazionale
– Molti paesi soffrirono durante la Grande Depressione.
– Tra le reazioni, furono imposte restrizioni al commercio
(protezionismo) e ai pagamenti internazionali.
– Tali politiche di beggar-thy-neighbor provocarono la
ritorsione da parte degli altri paesi e condussero alla
disintegrazione dell’economia mondiale.
– Tutti i paesi avrebbero potuto trovarsi in una situazione
migliore in presenza di una cooperazione internazionale
(“dilemma del prigioniero”)
• Accordi di Bretton Woods
8
IL sistema di Bretton Woods e il Fondo
Monetario Internazionale
• Il Fondo Monetario Internazionale (IMF)
– Nel luglio del 1944, i rappresentanti di 44 paesi si
incontrarono a Bretton Woods, nello New Hampshire,
per introdurre un sistema di cambi fissi.
– Tutte le valute avevano un tasso di cambio fisso nei
confronti del dollaro ed il prezzo in dollari dell’oro
era fissato (35$ l’oncia).
– Il FMI era inteso a fornire prestiti a favore di paesi
caratterizzati da un disavanzo non strutturale
(temporaneo) delle partite correnti.
– Il Sistema richiedeva la convertibilità delle valute in
dollari (non in oro).
9
• Obiettivi del FMI
– L’accordo alla base del FMI tentava di accogliere
un grado di flessibilità sufficiente a consentire ai
paesi di conseguire l’equilibrio esterno senza
sacrificare gli obiettivi di carattere interno né il
tasso di cambio fisso.
– Due erano i principali elementi dell’accordo FMI
che contribuivano a promuovere la flessibilità
nell’aggiustamento estero:
• accesso ai prestiti del FMI
– La cosiddetta discrezionalità del FMI consiste nella
vigilanza sulle politiche attuate dai paesi membri che sono
in posizione fortemente debitoria nei confronti del Fondo.
• Aggiustamento delle parità
10
Il problema dello squilibrio esterno degli
Stati Uniti
• Gli Stati Uniti avevano la responsabilità di mantenere il
prezzo dell’oro a 35 dollari l’oncia e, in particolare, di
garantire che le banche centrali potessero convertire in
dollari le proprie riserve in oro al prezzo fissato
– Le banche centrali straniere erano contente di detenere i
dollari accumulati, poiché questi offrivano interessi e
rappresentavano la moneta internazionale per eccellenza.
• Il problema dell’affidabilità
– Le riserve internazionali delle banche centrali
aumentarono fino a superare le riserve auree degli Stati
Uniti così che gli Stati Uniti non sarebbero stati in grado
di convertirle.
11
Il problema dello squilibrio esterno degli
Stati Uniti
12
13
L’inflazione mondiale e la transizione
verso regimi a cambi flessibili
• Il deficit commerciale USA si tradusse in elevata crescita
della quantità di dollari
• L’accelerazione dell’inflazione statunitense alla fine degli
anni 60 fu un fenomeno che si trasmise a livello mondiale.
• Quando i paesi che emettono valuta di riserva aumentano
eccessivamente la domanda interna, l'effetto è un aumento
automatico della crescita monetaria e dell'inflazione
all'estero.
• Le politiche macroeconomiche statunitensi della fine degli
anni 60 contribuirono al crollo del sistema di Bretton
Woods agli inizi del 1973.
14
Commercio e PIL mondiale
(tassi di crescita annuali medi; volumi e PIL reale)
15
Il Dollar Exchange Standard

Accordi di Bretton Woods (1944)

Parità fisse delle singole valute rispetto al dollaro (con, a sua volta,
valore prefissato rispetto all’oro: 35 $ = 1 oncia)

Squilibri «fondamentali» nelle bilance dei pagamenti portano a
mutamenti nelle parità ufficiali; squilibri «temporanei» sono superati
grazie al FMI

Coordinamento valutario europeo attraverso i tassi di cambio
«incrociati»: il tasso di cambio tra due monete europee è definito in
base ai rispettivi rapporti con il dollaro
– In generale, se:
ei,k
= tasso di cambio bilaterale moneta i-moneta k
ej,k
= tasso di cambio bilaterale moneta j-moneta k
allora il tasso di cambio ei,,j è dato da:
ei,,j = ei,k / ej,k
16
Il collasso di Bretton Woods
 1971: dichiarazione di svalutazione e di inconvertibilità del dollaro;
1973: abbandono dei cambi fissi
 Fine del Gold Exchange Standard proprio quando la Comunità
Europea aveva completato l’integrazione commerciale e stava
avviando forme più avanzate di integrazione
 La speculazione iniziò presto a creare divisioni tra le valute europee
(vedi grafico successivo)
• Dopo il crollo del sistema di Bretton Woods e dopo i primi tentativi
di riallineamento delle valute, l’Europa decise di costituire un’area
valutaria per ridurre la volatilità dei tassi di cambio intra-europei.
• «serpente europeo»: versione regionale ridotta del sistema di
Bretton Woods
17
18
I fase del processo di integrazione:
il «serpente monetario europeo»

Il primo tentativo di integrazione monetaria è noto nella storia
monetaria dell’Europa come «serpente monetario europeo».

Il mantenimento dei margini di oscillazione ( 1,125% tra le valute
europee e  2,25% tra le valute europee e il dollaro) richiedeva un
rigoroso coordinamento tra le politiche economiche dei paesi
comunitari e aiuti adeguati per consentire il superamento di difficoltà
temporanee di BP per i paesi più deboli

Shock petrolifero e inflazione molto diversificata tra i paesi europei

Difficile il mantenimento della fissità dei tassi di cambio in queste
condizioni

Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante
l’esperienza del serpente monetario fecero sì che nel serpente
restassero solo quei paesi con stretti legami di integrazione economica
e commerciale con la Germania (Olanda, Benelux).
19
Nascita dello SME-1
 Dopo il fallimento del “serpente monetario”, e dopo il riconoscimento ai
paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di fluttuazione
preferito (1976) cominciò il processo decisivo di integrazione monetaria
con la creazione dello SME (creato il 5 dicembre del 1978 entrò in
funzione nel marzo 1979).
 Aderirono allo SME dapprima i paesi della Comunità (Italia, Olanda,
Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda) ad
eccezione della Gran Bretagna, successivamente entrarono la Spagna nel
1989, la Gran Bretagna nel 1990, e il Portogallo all’inizio del 1992.
 I pilastri dello SME-1 erano:
1. Gli Accordi Europei di Cambio (ERM – Exchange Rate Mechanism):
accordo opzionale, con griglia di parità bilaterali tra le valute.
 I cambi potevano oscillare entro una banda ristretta del  2,25%.
All’Italia fu concesso un margine di fluttuazione del  6% (dal 1979 al
1990). Poi anche Spagna (1989), Regno Unito (1990) e Portogallo (1992)
 Sistema interamente europeo (nessun riferimento al dollaro o all’oro)
20
2.
L’ECU (European Currency Unit): unità di conto europea formata da
un paniere di valute comunitarie, sulla cui base si stabilivano le parità
bilaterali.
 Divenne l’unità di conto ufficiale della Comunità europea, usato per le
transazioni ufficiali e i resoconti contabili (es., il bilancio della Comunità)
 Anche i privati hanno emesso titoli di debito usando questa unità
 L’euro è stato determinato in modo da valere esattamente 1 ECU alla sua
prima quotazione (4 gennaio 1999)
3. Gli Accordi finanziari tra banche centrali: sistema di cambio
pienamente simmetrico e cooperativo.
 La responsabilità del mantenimento del cambio era esplicitamente
condivisa da entrambi i paesi.
 Obbligo di prestiti illimitati dalla Banca Centrale del paese con
pressioni alla rivalutazione verso la Banca Centrale del paese con
pressioni alla svalutazione.
 Dal 1987 possibilità di prestiti anche prima del raggiungimento del
limite della banda di oscillazione.
 Era possibile modificare le parità bilaterali (riallineamento), ma solo
con decisione congiunta di tutti i paesi.
21
Il funzionamento dello SME-1

Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al serpente: l’indicatore di
divergenza che segnalava andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla
media comunitaria

Quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima consentita (pari al 75%
del  2,25%) occorreva porre in essere misure correttive; vi era inoltre l’obbligo di
consultazione con gli altri membri dello SME

In caso di persistenti squilibri di bilancia dei pagamenti la parità poteva essere
modificata di concerto con gli altri paesi dello SME

Lo SME-1 ben presto divenne un regime asimmetrico, in cui il marco tedesco era la
moneta contro la quale tutte le altre monete erano sotto pressione di svalutazione

Tre periodi nell’esperienza dello SME:
1. 1979-1987: più di dieci riallineamenti, soprattutto nella prima fase
 Il meccanismo dei tassi di cambio permise fluttuazioni più ampie (+/- 6%) per
le valute di Portogallo, Spagna, Gran Bretagna (fino al 1992) e Italia (fino al
1990).
 Le bande più ampie erano pensate per evitare speculazioni causate da diverse
politiche monetarie e fiscali (Questi paesi volevano una maggior flessibilità
nella politica monetaria – differenziali di inflazione)
 Per evitare speculazioni, inizialmente nello SME-1 si applicarono anche dei
controlli valutari per limitare lo scambio di valute (limitazioni ai movimenti di
22
capitali).
2. 1987-1992: periodo di stabilità, anche per la possibilità di prestiti prima del
raggiungimento del limite della banda di oscillazione (interventi
intramarginali) e la concessione di bande più ampie (6% per la lira fino al
1990, per la peseta, lo scudo portoghese e la sterlina fino alla crisi del 1992).
 In effetti, i membri SME erano costretti a seguire le politiche monetarie
controllate della Germania, che tradizionalmente registrava bassa inflazione
 Dopo il 1986, per ridurre l’inflazione interna ogni paese cercava di ancorare la sua
valuta al DM ed i riallineamenti divennero molto rari
 In assenza di aspettative di svalutazione (riallineamento), afflussi di capitali verso
i paesi con maggiore inflazione (tassi di interesse nominali più elevati)
 Ma perdita di competitività delle merci nazionali – deficit di conto corrente
compensati da surplus in conto capitale
 Con il meccanismo dei tassi di cambio a bande fisse dello SME, la Germania
“esportava” la propria politica monetaria
 Dal 1987 al 1990 i controlli valutari furono progressivamente rimossi per rendere
l’UE un mercato comune anche per il capitale finanziario
3. 1992-1998: crisi del ‘92-93, con abbandono dell’ERM da parte di Italia e Gran
Bretagna e numerosi riallineamenti; nel 1993 ampliamento della banda di
oscillazione dal  2,25% al  15% (non più regime di cambi fissi, ma regime di
fluttuazione limitata)
23
I cambi fissi: limiti
• Esiste un “trilemma” di politica economica rispetto alle tre opzioni
disponibili:
– tasso di cambio fisso
– politica monetaria orientata agli obiettivi interni
– mobilità internazionale dei capitali
• Soltanto due di questi tre obiettivi possono essere perseguiti
simultaneamente.
• Il mantenimento di un regime a cambi fissi richiede nel lungo
periodo
– un controllo rigoroso sui movimenti di capitale
oppure
– la perdita dell’autonomia della politica monetaria
• Altrimenti, qualsiasi tentativo di fissare il tasso di cambio è
destinato ad essere privo della necessaria credibilità e ad avere vita
relativamente breve.
24
• Durante il periodo iniziale dello SME molti paesi limitarono i
movimenti di capitale
• Il Regno Unito smantellò i controlli sui movimenti di capitale
nei primi anni ‘80, ma rimase fuori dell’ERM (ha aderito nel
1990)
• I Paesi Bassi rimossero i controlli sui capitali nel primo periodo,
ma fissarono rigidamente la propria moneta al marco tedesco,
rinunciando a qualsiasi pretesa di indipendenza della politica
monetaria
• Molte crisi valutarie dei paesi ERM possono essere ricondotte al
non rispetto della «trinità impossibile»
25
La crisi del 1992
 Nei primi anni di operatività dello SME-1 parecchi membri (Francia, Italia)
riducevano la possibilità di attacchi speculativi mantenendo controlli ai
movimenti di capitali. Mantenimento di controlli valutari per i paesi a
moneta debole.
 Il processo di integrazione (l’accelerazione del processo del mercato unico)
richiedeva però lo smantellamento di tali vincoli e nel 1990 la maggior parte
dei paesi dello SME aveva completamente eliminato i controlli sui
movimenti di capitali.
 L’inflazione non riuscì a scendere ai livelli della Germania e il tentativo di
mantenere i tassi di cambio invariati fallì
 Nel 1992 lo SME subì la pressione dell’unificazione tedesca che portò
all’aumento senza precedenti dei tassi di interesse in Germania (afflussi di
capitali in Germania e riduzione degli afflussi nei paesi in deficit)
 Gli operatori dei mercati finanziari erano sempre più convinti che le
implicazioni della politica monetaria tedesca avrebbero condotto a un
riallineamento delle parità e a una svalutazione delle valute deboli (anche in
vista dell’approvazione del Trattato di Maastricht)
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 Con un regime di cambi fissi e perfetta mobilità dei capitali (Mercato
unico) si perde l’indipendenza della politica monetaria (tranne il paese
di riferimento: Germania)
 La soppressione dei controlli sui movimenti di capitale ha favorito
flussi speculativi di capitali che hanno potuto facilmente sopraffare le
banche centrali
 Le banche centrali dei paesi sotto attacco intervennero con estenuanti
interventi sul mercato dei cambi (la clausola della simmetria degli
interventi non fu applicata dalla Banca centrale tedesca), ma le
massicce perdite di riserve valutarie che andavano sempre più
riducendosi non poterono arginare il forte deflusso di capitali
 Italia e Gran Bretagna dopo vari tentativi tendenti a innalzare i tassi di
interesse furono costretti a uscire dallo SME (il deprezzamento della
lira è stato di circa il 30%)
 Altri paesi come Spagna e Portogallo svalutarono le loro monete. I
margini di oscillazione furono ampliati al 15% fino all’entrata della
moneta unica. Questo in pratica significava il crollo del sistema dei
cambi fissi.
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Tassi di inflazione nei principali paesi
Gli scettici pensavano che lo SME non avrebbe funzionato meglio del “serpente”. I divari tra i
tassi di inflazione erano molto alti e si temeva che gli attacchi speculativi avrebbero forzato i
paesi deboli ad uscire dal sistema
28
Convergenza dei tassi di inflazione
tra i membri SME,1978–2000
Lo SME-2

Con l’introduzione dell’euro, lo SME-1 termina

Per le valute esterne all’UME ma strettamente collegate con l’euro,
nuovo sistema monetario europeo, nasce lo SME-2

(corona danese, corona svedese, sterlina britannica, poi valute dei nuovi
Stati membri dell’UE)

Lo SME-2 è ovviamente asimmetrico (data la dimensione dell’area
euro): tutte le parità sono fissate nei confronti dell’euro e non c’è una
griglia di parità bilaterali

Gli aiuti finanziari tra le Banche centrali non sono illimitati: sono
stabiliti limiti ben definiti

Due tipi di bande di oscillazione: «normali» ( 2,25%) e «standard»
( 15%)

Rappresenta una sorta di «anticamera» per l’ingresso nell’area euro
 È obbligatoria la partecipazione allo SME-2
 Aver mantenuto cambi fissi per almeno due anni (assenza di svalutazioni)
 Aver rimosso tutti i controlli sui movimenti di capitale
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Le oscillazioni del tasso di cambio tra euro e dollaro
1,5
1,4
1,3
1,2
1,1
1
0,9
0,8
0,7
0,6
Tasso di cambio €/$
Fonte: Elaborazioni su dati Banca Centrale Europea
lug-07
gen-07
lug-06
gen-06
lug-05
gen-05
lug-04
gen-04
lug-03
gen-03
lug-02
gen-02
lug-01
gen-01
lug-00
gen-00
lug-99
0,5
Tasso di cambio dollaro-euro
32
Tasso di cambio reale effettivo dell’euro
33
indice del tasso di cambio reale; I trimestre 1999=100
120
100
80
60
40
20
Fonte: Banca Centrale Europea
lug-07
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
0
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