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Linee guida sui criteri di valutazione degli aspetti sociali nelle
UNIONE EUROPEA
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
Avv. Filippo Bersani
Linee guida sui criteri di valutazione degli aspetti sociali nelle procedure
di affidamento dei servizi a favore delle Regioni Convergenza a valere sul
POAT FESR 2007 - 2013, Obiettivo Operativo II.4 - Regioni Convergenza
Studio Legale Bersani - Piazza Cola di Rienzo 69, 00192 Roma - Tel. 063244859 - mail [email protected]
1
INDICE
1. PREMESSA
2. STRUMENTI E DISPOSITIVI ADOTTATI A LIVELLO COMUNITARIO
2.1) Livello normativo
2.2) Comunicazioni e linee guida
2.3) In particolare, la Guida adottata dalla Commissione europea
2.4) Criteri sociali e fasi delle operazioni di appalto
2.5) Considerazioni metodologiche finali riguardo la Guida della Commissione
3. STRUMENTI E DISPOSITIVI ADOTTATI A LIVELLO INTERNO
3.1) Ricognizione dei principali fra questi
3.2) La considerazione degli aspetti socio-ambientali nel Codice dei contratti
pubblici
3.3) Il PAN GPP
3.4) I decreti del Ministero dell'Ambiente di individuazione dei criteri ambientali
minimi per alcune tipologie di acquisto
3.5) La “Guida per l’integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici” del
Ministero dell'Ambiente
3.6) Gli appalti riservati e gli affidamenti a cooperative sociali
4. LA PROPOSTA DI NUOVA DIRETTIVA APPALTI APPROVATA DALLA COMMISSIONE
5. ALCUNI ESEMPI DI AZIONI GIÀ INTRAPRESE IN MATERIA DI APPALTI SOCIALMENTE
RESPONSABILI
6. LE CLAUSOLE SOCIALI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA
7. LE FILA
7.1 Metodologicamente
7.2 Il punto, relativamente alle istanze ambientali
7.3 Il punto, relativamente alle istanze sociali in senso stretto
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1. Premessa
Il tema del presente elaborato è l'individuazione o la definizione di linee guida in
ordine ai valutazione degli aspetti sociali nelle procedure di affidamento dei servizi a
favore delle Regioni Convergenza a valere sul POAT FESR 2007 - 2013, Obiettivo
Operativo II.4 - Regioni Convergenza.
Prima di entrare nel merito di tale tema, sembra opportuno premettere alcune
brevissime notazioni di carattere metodologico.
In primo luogo, deve essere considerata la destinazione geo-politica dell'analisi,
rappresentata, appunto, dalle Regioni dell'Obiettivo Convergenza.
In merito, appare appena il caso di sottolineare che, vertendosi in materia di appalti
pubblici, nessuna davvero significativa differenza di tenore normativo potrà rilevarsi a
seconda del territorio di riferimento.
Salve difatti le prerogative regionali in materia di programmazione, organizzazione
degli uffici ed altri aspetti affini o collaterali, i parametri normativi di base per la
conformazione delle procedure di affidamento e la definizione dei conseguenti
regolamenti contrattuali non conoscono diversità di natura sostanziale fra Regione e
Regione.
Il quadro di riferimento essenziale è infatti comune ad ogni area o regione del paese
ed è costituito in primo luogo dalla normativa di matrice comunitaria e dalla
normativa nazionale di attuazione ed esecuzione della medesima.
L'impianto normativo comune peraltro non impedisce che, nell'esercizio dei compiti
strategici e dei poteri discrezionali che tale impianto mantiene in capo alle singole
Amministrazioni giudicatrici, ciascuna Regione conformi le operazioni di cui trattasi in
modo specialmente confacente alle proprie specifiche caratteristiche socioeconomiche e quindi al proprio specifico fabbisogno.
La ratio di una guida destinata alle Regioni dell'Obiettivo Convergenza non risiede
dunque nella individuazione delle soluzioni operative che queste Regioni, a
differenza di altre, hanno la possibilità di adottare, avendo ogni Regione, sul piano
regolamentare, essenzialmente le medesime opportunità operative di ogni altra.
La ratio della detta destinazione riposa invece nella considerazione che le
caratteristiche socio-economiche delle Regioni Convergenza giustificano uno
speciale impegno nell'implementazione - nell'ambito delle operazioni di competenza
delle medesime - del processo in corso a livello europeo volto alla progressiva
introduzione delle istanze di carattere sociale nel sistema degli appalti pubblici.
3
Tale processo, come è noto e come meglio verrà illustrato nel presente elaborato, si
basa prima di tutto sul principio del necessario contemperamento fra le tradizionali
istanze regolanti il mercato degli appalti pubblici (prezzo, qualità della prestazione,
pienezza della concorrenza) ed altre istanze significativamente diverse, in alcuni casi
addirittura, perlomeno apparentemente, divergenti dalle prime: salvaguardia
dell'ambiente, tutela delle classi o delle categorie sociali più deboli, parità di genere,
tutela dell'occupazione e così via.
Le finalità di recupero economico e sociale che sottosta agli interventi destinati
all'Obiettivo Convergenza perfettamente si accordano, dunque, con la tematica
considerata nel presente elaborato.
Più e prima delle altre Regioni, infatti, quelle dell'Obiettivo Convergenza hanno
necessità di conformare le proprie operazioni di appalto in modo di sfruttare a pieno
l'effetto leva, a tali operazioni riconducibile, in funzione del proprio fabbisogno sociale
specifico.
Muovendo dall'ambiente, bene comune a tutti, senza distinzione geografica di sorta,
non sembra esservi dubbio che le enormi potenzialità turistiche ancora non
adeguatamente utilizzate delle Regioni Convergenza potrebbero risentire significativi
benefici concreti da una committenza pubblica specialmente attenta alle istanze di
salvaguardia del territorio.
E ciò, si badi bene, non con riferimento (o almeno non solo) ad operazioni ad
oggetto propriamente ambientale, quanto in occasione dell'acquisto di beni e servizi
di contenuto diverso, nel cui processo di fornitura sia tuttavia possibile individuare
opzioni maggiormente, o invece in minor misura, rispettose dell'ambiente.
Corrispondenza di grado ancora più elevato si rinviene peraltro rispetto ai criteri
sociali in senso stretto, ovvero ad esempio, inclusione sociale, coesione sociale,
tutela di alcune fasce specialmente svantaggiate, tutela dell'occupazione, tutela dei
diritti minimali dei lavoratori, etc..
È purtroppo dato non confutabile che le Regioni Convergenza si distinguano, ad
esempio, per elevatissimi indici di disoccupazione, specie in alcune categorie o fasce
sociali (giovani e donne, prima di tutto) e per l'inadeguata risposta tanto del mercato
come del sistema pubblico rispetto a tale endemico problema, peraltro negli ultimi
anni significativamente aggravatosi in ragione dei noti fenomeni recessivi in
intervenuti.
In via parzialmente connessa, è a tutti noto che nelle stesse Regioni il fenomeno del
lavoro sommerso risulti particolarmente grave, con quello che ne consegue in ordine
alla compromissione dei diritti, anche di base, dei lavoratori.
Della criticità di tale situazione generale ovviamente poi maggiormente risentono
quelle categorie sociali afflitte da speciali situazioni di svantaggio, come ad esempio i
disabili e gli ex detenuti, per i quali il rischio di vera e propria emarginazione sociale
(o anche di definitiva devianza sociale, per i secondi) appare particolarmente
consistente.
4
I margini per uno speciale impegno delle Istituzioni operanti all'interno di tali Regioni
nel processo di introduzione della considerazione degli aspetti sociali negli appalti
pubblici vi sono dunque tutti e giustificano, quindi, l'orientamento tendenziale della
presente Guida proprio verso le tematiche maggiormente sensibili rispetto alle dette
Regioni.
Per criteri sociali, nell'accezione maggiormente corrente dell'espressione, si
intendono sia le istanze di tipo ambientale, come le istanze sociali in senso stretto.
Nella Guida adottata dalla Commissione europea a riguardo ("Acquisti sociali - Una
guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici"), nel testo
ampiamente commentata, si fa riferimento alle une come alle altre.
La versione 2013 del Piano di Azione Nazionale per il Green Public Procurement,
anch'esso nel testo ampiamente commentato, vi è una sezione specifica dedicata
alla introduzione di criteri propriamente sociali (tutela del lavoro, inclusione sociale,
etc,) nel sistema degli appalti pubblici.
Ma anche al di là di questa oggettiva contiguità, nell'economia del presente scritto va
specialmente evidenziata la comune ispirazione delle due direttrici di intervento,
ovvero l'obiettivo di conformare le operazioni di appalto in modo da pervenire al
soddisfacimento anche di istanze di carattere non strettamente economico.
Sotto il profilo strutturale, poco importa se si stratta di istanze di salvaguardia
dell'ambiente o invece istanze di salvaguardia, ad esempio, dei diritti minimali dei
lavoratori.
Il sistema di dispositivi elaborato per l'ambiente, sicuramente più articolato ed
avanzato di quello ad oggi elaborato per le istanze sociali in senso stretto, bene può
difatti fungere da paradigma generale - cambiando quello che deve essere cambiato
ed ovviamente nei limiti consentiti dall'ordinamento - per ogni operazione di
acquisizione di prestazioni imprenditoriali sul mercato che intenda affiancare, alle
tradizionali discriminanti puramente economiche, discriminanti di altro genere,
ispirate a ragioni di interesse collettivo di respiro più ampio e comunque diverso.
Linee guida è l'espressione che ricorre nel titolo dell'elaborato predisposto, ma anche
su di essa è necessario intendersi.
La materia della valutazione dei criteri sociali negli appalti è una materia
relativamente giovane, oggi molto fluida e per molti aspetti probabilmente ancora
acerba.
Fornire veri e propri modelli operativi a riguardo risulterebbe, allo stato,
probabilmente improprio e comunque non utile, considerata la necessità di
contemperare i principi in gioco (da una parte quelli a finalità sociale, dall'altra quelli
economici tradizionali) secondo una logica di prudenza e soprattutto proporzionalità
che non può prescindere da una analisi della concreta situazione di partenza,
nonchè degli obiettivi specifici dell'operazione ipotizzata.
5
Il tentativo operato è stato piuttosto quello di fornire agli operatori del settore un
quadro ragionato delle principali opportunità che il sistema attualmente offre,
evidenziando i principali parametri e strumenti normativi e metodologici di
riferimento, anche con ricorso - quando possibile - ad esempi concreti o comunque
alla presentazione di fattispecie a carattere esemplificativo.
Come detto, peraltro, la materia è attualmente particolarmente fluida e nuova linfa al
processo in corso proverrà in particolare dalla riforma del sistema normativo
comunitario in materia di appalti pubblici (nel testo già peraltro ovviamente
considerata), la cui definitiva approvazione non dovrebbe tardare ancora a lungo.
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2. STRUMENTI E DISPOSITIVI ADOTTATI A LIVELLO COMUNITARIO
2.1) Livello normativo
Le Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (disciplinanti rispettivamente le procedure di
appalto pubblico nei settori speciali e le procedure di appalto pubblico nei settori
ordinari) rappresentano l’ultima generazione di direttive sugli appalti pubblici e sono
frutto di una lunga evoluzione avviatasi all'inizio degli anni settanta con
l’approvazione della direttiva 71/305/CEE (la quale ultima, a differenze delle direttive
attuali, era peraltro destinata a regolare unicamente il settore dei lavori pubblici).
L'obiettivo storico di tali direttive è quello di assicurare che gli operatori economici
possano beneficiare, nel campo degli appalti pubblici, delle libertà fondamentali loro
garantite dalle disposizioni del Trattato, con particolare riferimento ai principi in
materia di concorrenza e non discriminazione.
Accanto tuttavia a tale obiettivo ed al suo logico corollario, ovvero una maggiore
efficienza / efficacia della spesa pubblica, le Istituzioni comunitarie hanno sempre
mostrato grande attenzione al possibile uso strategico del sistema degli appalti per
fronteggiare altre specifiche emergenze dei nostri tempi, ovvero, in particolare, la
salvaguardia dell'ambiente e della salute pubblica, il risparmio energetico, il
miglioramento delle condizioni sociali dei cittadini e dei lavoratori, la crescita
dell'occupazione, il recupero e l'inclusione dei gruppi sociali svantaggiati.
Il perseguimento di tale obiettivi (contigui e complementari rispetto a quelli
maggiormente tradizionali, ovvero lo sviluppo dei mercati di riferimento e l'efficienza
della spesa pubblica) richiede un processo di ammodernamento degli strumenti e dei
metodi a disposizione della committenza pubblica già da tempo in corso, ma che in
questi ultimi anni sta conoscendo una significativa accelerazione.
Accanto a strumenti più specifici, un ruolo fondamentale deve essere a questo effetto
riconosciuto al processo in corso per la revisione delle sopra menzionate Direttive
Appalti.
Tale processo, che alla data odierna non sembra lontano dal pervenire a
conclusione, ha conosciuto un passaggio fondamentale nella adozione da parte della
Commissione europea della Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del
Consiglio sugli appalti pubblici, resa definitiva il 20.12.2011 (COM(2011)896,
attualmente in sede di discussione presso il Parlamento europeo.
Alcuni dei principali elementi innovativi di tale proposta - che verrà specificamente
considerata al paragrafo 4, attengono difatti specificamente alla introduzione dei
criteri socio-ambientali nelle operazioni di appalto pubblico.
Tale proposta merita peraltro adeguata considerazione non solo nella prospettiva come detto, tutt'altro che remota - della futura entrata in vigore della
regolamentazione in essa contenuta, ma anche in quanto già adesso rappresenta un
punto di riferimento estremamente significativo con riferimento al corrente sentire
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giuridico in ambito europeo circa le questioni in esame, ricordando che tale sentire
deve, tanto oggi come in prospettiva futura, raffrontarsi con il medesimo quadro
normativo fondamentale, costituito dalle norme e dai principi discenti dal Trattato sul
Funzionamento dell'Unione Europea.
Fermo questo, il quadro regolamentare predisposto nel tempo dalle Istituzioni
comunitarie in merito è già oggi molto ampio ed articolato e consta di strumenti di
natura profondamente diversa gli uni dagli altri: accanto a norme di diritto positivo,
infatti, stanno strumenti a carattere informativo o propulsivo, procedure di
consultazione specifiche, linee guida, comunicazioni della Commissione su aspetti
specifici, disposizioni di raccordo con settori normativi a contenuto diverso (come per
esempio la normativa sui SIEG o quella sugli Aiuti di Stato), etc..
Senza quindi pretesa di esaustività, di seguito si fornisce una sintetica disamina di
quelli che si ritengono essere i principali dispositivi predisposti in merito, ad iniziare
dal versante comunitario.
In primo luogo devono naturalmente considerarsi le già menzionate Direttive Appalti
(2004/17/CE e 2004/18/CE), le quali già al loro interno, pur avendo obiettivi prioritari
di carattere più squisitamente economico, contengono importanti riferimenti ad alcuni
degli obiettivi complementari sopra cennati, prevedendo significative aperture verso
l'introduzione dei cd. criteri sociali o socio-ambientali nel sistema degli appalti
pubblici.
Il quinto considerando della direttiva 2004/18/CE (che trova il suo omologo nel
dodicesimo considerando della direttiva gemella, 2004/17/CE) ricorda a questo
effetto che “conformemente all'Articolo 6 del Trattato, le esigenze connesse con la
tutela dell'ambiente sono integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e
azioni comunitarie di cui all'Articolo 3 del trattato, in particolare nella prospettiva di
promuovere lo sviluppo sostenibile. La presente direttiva chiarisce dunque in che
modo le amministrazioni aggiudicatrici possono contribuire alla tutela dell'ambiente e
alla promozione dello sviluppo sostenibile garantendo loro al tempo stesso di poter
ottenere per i loro appalti il miglior rapporto qualità/prezzo.”
Sulla stessa linea, il quarantaseiesimo considerando della direttiva 18/2004/CE (che
ha il suo omologo nel cinquantacinquesimo considerando della direttiva 17/2004/CE)
specifica che “criteri di aggiudicazione economici e qualitativi, come quelli relativi al
rispetto di requisiti ambientali, possono consentire all'amministrazione aggiudicatrice
di rispondere ai bisogni della collettività pubblica interessata, quali espressi nelle
specifiche dell'appalto. Alle stesse condizioni un'amministrazione aggiudicatrice può
utilizzare criteri volti a soddisfare esigenze sociali, soddisfacenti, in particolare
bisogni definiti nelle specifiche dell'appalto, propri di categorie di popolazione
particolarmente svantaggiate a cui appartengono i beneficiari / utilizzatori dei lavori,
forniture e sevizi oggetto dell'appalto.”
La possibilità di considerare - anche - criteri ambientali per l'aggiudicazione
dell'appalto è quindi prevista agli articoli, rispettivamente 55 e 53, delle direttive 17 e
18 citate; mentre, con riferimento alla fase di realizzazione delle attività
commissionate, le direttive medesime stabiliscono che “le condizioni di esecuzione
di un appalto possono basarsi in particolare su considerazioni sociali e ambientali ”
(in modo conforme, art. 38 direttiva 17 e art. 26 della direttiva 18).
8
Infine, l'art. 19 della direttiva 2004/18 e l'art. 28 della direttiva 2004/17 prevedono,
come è noto, che gli Stati membri “possono riservare la partecipazione alle
procedure di aggiudicazione degli appalti a laboratori protetti o riservarne
l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei
lavoratori interessati è composta di diversamente abili, i quali, in ragione della natura
o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un'attività professionale in
condizioni normali”.
I suddetti richiami rappresentano, oltrechè ovviamente i principali parametri normativi
per le disposizioni attuative ed esecutivo di livello di Stato membro, anche la base
positiva essenziale per tutti i successivi sviluppi ed approfondimenti sul tema operati
dalle stesse Istituzioni dell'U.E..
Ovviamente, trattasi di principi e di regole che per trovare concreta applicazione
dovranno coordinarsi con un sistema di disposizioni comunitarie estremamente
articolato e stratificato: dalle disposizioni inderogabili di carattere generale poste
dalle medesime direttive appalti, alle disposizioni di ambito invece tematico (in
particolare in materia di salvaguardia degli ecosistemi ambientali o in materia di
sicurezza nei luoghi di lavoro); dalle disposizioni attinenti la libertà d'impresa a livello
europeo contenute nella cd. direttiva servizi 1, alla normativa in materia di SIEG
(Servizi di Interesse Economico Generale) e di SSIG (Servizi Sociali di Interesse
Generale) 2 etc..
E in ogni caso l'applicazione concreta dei suddetti principi dovrà comunque
quantomeno confrontarsi con i canoni normativi discendenti direttamente dal Trattato
UE, i quali restano sempre il principale parametro interpretativo (e addirittura
conformativo) dell'intero sistema comunitario.
2.2) Comunicazioni e linee guida
Quello sopra tratteggiato essendo il quadro normativo (di matrice comunitaria) di
essenziale riferimento, assoluto rilievo riveste altresì il complesso di strumenti di
carattere diverso adottati dalla Commissione europea nella prospettiva, anche
evolutiva, oggetto del presente elaborato.
La principale palestra all'interno della quale sono stati sviluppati e testati detti
strumenti è sicuramente la questione ambientale o, per usare la terminologia
corrente a riguardo negli atti e nella letteratura di riferimento, il Green Public
Procurement (GPP).
Già nel 2001 la Commissione infatti adottava il “Libro Verde sulla politica integrata
relativa ai prodotti” e nello stesso anno pubblicava il documento “Il diritto comunitario
degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere
ambientale negli appalti pubblici" .
A questo faceva seguito, nel 2003, la Comunicazione n. 302 della Commissione sulla
cd. I.P.P. (“Politica Integrata dei Prodotti: sviluppare il concetto di Ciclo di Vita
1
2
Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,
GU 376 del 27.12.2006.
Vedasi in particolare il cd. pacchetto SIEG, adottato dalla Commissione in data 20 dicembre 2011.
9
Ambientale” e quindi, nel 2008, la “Comunicazione Appalti pubblici per un ambiente
migliore”, n. 400/2008, nonchè il documento dei servizi della Commissione
“Acquistare verde! Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili”).
Di particolare rilievo operativo risulta a questo riguardo l' “European Commission
Green Public Procurement (GPP) Training Toolkit (2008)”, che fornisce ampi e
significativi esempi di soluzioni appunto operative a disposizione della committenza
pubblica in questo ambito, nonchè un apposito strumentario da impiegarsi per la
formazione specifica del personale responsabile della preparazione e conduzione
delle procedure relative.
Ma lo strumento di maggior rilievo adottato dalla Commissione, per ampiezza di
articolazione ed organicità, è sicuramente il documento "Acquisti sociali - Una guida
alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici" (redatta sulla base del
documento dello staff della Commissione SEC(2010) 1258 final, 19 ottobre 2010).
A differenza infatti degli strumenti precedentemente menzionati, questa Guida
affronta in modo articolato le principali problematiche (a legislazione vigente)
connesse alla introduzione nelle procedure di appalto pubblico non solo delle istanze
ambientali, ma anche delle altre priorità sociali che la legislazione corrente consente
di considerare nella predisposizione e nella conduzione delle dette procedure, in
linea e ad implementazione degli obiettivi e delle linee di impegno individuate della
cosiddetta “Strategia Europa 2020”: occupazione, innovazione, istruzione,
integrazione sociale ed energia/clima.
Si tratta di una guida a carattere tecnico, rivolta quindi più agli operatori del sistema
che alle Istituzioni in senso proprio, formulata in chiave propositiva a legislazione
vigente e corredata da ampi esempi concreti di prassi già adottate a livello europeo.
Essendo questo, come detto, il principale strumento di riferimento di matrice
comunitaria rispetto alle problematiche oggetto del presente elaborato, conviene
dunque quantomeno tratteggiarne i tratti salienti.
2.3) In particolare, la Guida adottata dalla Commissione europea
La Guida muove innanzitutto dalla definizione di Appalti Socialmente Responsabili
(Socially Responsible Procurement - SRP), ovvero “le operazioni di appalto che
tengono conto di uno o più dei seguenti aspetti sociali: opportunità di occupazione,
lavoro dignitoso, conformità con i diritti sociali e lavorativi, inclusione sociale
(inclusione delle persone con disabilità), pari opportunità, accessibilità, progettazione
per tutti, considerazione dei criteri di sostenibilità tra cui gli aspetti legati al
commercio etico e una più ampia conformità di natura volontaristica con la
responsabilità sociale di impresa (RSI), nel rispetto dei principi sanciti dal Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e dalle direttive sugli appalti.”
A titolo esemplificativo e non limitativo, vengono quindi indicate alcune istanze di
carattere sociale il cui inserimento nelle procedure di appalto potrebbe essere
ricercato dalle Amministrazioni aggiudicatrici, compatibilmente con le disposizioni del
TFUE, con le direttive appalti e con tutte le altre disposizioni vincolanti applicabili.
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La prima istanza indicata consiste nella promozione delle «opportunità di
occupazione», con particolare riferimento:

alla promozione dell’occupazione giovanile;

alla promozione dell’equilibrio di genere (ad es. equilibrio tra lavoro / vita
privata, lotta alla segregazione settoriale e occupazionale e così via);

promozione delle opportunità di occupazione per i disoccupati di lunga durata
e i lavoratori anziani;

politiche a favore della diversità e opportunità di occupazione per le persone
appartenenti a gruppi svantaggiati (ad es. lavoratori migranti, minoranze
etniche, minoranze religiose, persone con un basso livello di istruzione e così
via);

promozione delle opportunità di occupazione per le persone con disabilità,
anche attraverso gli ambienti inclusivi e accessibili.
La seconda istanza considerata consiste nella promozione del «lavoro dignitoso».
Nel contesto degli appalti pubblici socialmente responsabili potranno a riguardo
assumere un ruolo molto significativo varie ed importanti tematiche, fra le quali:

la conformità con le norme fondamentali del lavoro;

una retribuzione dignitosa;

salute e sicurezza sul luogo di lavoro;

il dialogo sociale;

l'accesso alla formazione;

la parità di genere ed i comportamenti non discriminatori;

l'accesso alla protezione sociale di base.
La terza istanza, contigua e parzialmente complementare rispetto alla precedente,
riguarda la promozione dell’osservanza dei «diritti sociali e lavorativi» ed in
particolare:
 l'osservanza delle normative e dei contratti collettivi nazionali conformi
con il diritto dell’UE;
 l'osservanza del principio della parità di trattamento tra uomini e donne,
tra cui il principio della parità di retribuzione per il lavoro di uguale valore
e la promozione della parità di genere;
 l'osservanza delle normative vigenti in materia di salute e di sicurezza
sul luogo di lavoro;
 la lotta alla discriminazione basata su altri criteri (età, disabilità, razza,
religione o convinzioni personali, orientamento sessuale, etc.) e
creazione di pari opportunità.
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La quarta istanza individuata dalla Commissione (peraltro come detto in assoluta
coerenza con i principi di Europa 2020) è rappresentata dalla promozione
dell’«inclusione sociale» e delle organizzazioni dell’economia sociale.
Qui in risalto trovasi l'obiettivo di promuovere “l'occupazione assistita” per persone
affette da disabilità di vario genere.
Ma non deve dimenticarsi la cura delle opportunità di accesso al settore degli appalti
pubblici da parte di imprese i cui proprietari o dipendenti appartengono a gruppi
etnici o minoritari e in genere da parte delle imprese sociali, del settore cooperativo e
delle organizzazioni non profit.
La quinta istanza concerne la promozione della cd. «accessibilità e progettazione
per tutti».
Si tratta in questo caso di introdurre disposizioni imperative nelle specifiche tecniche
da applicarsi alle fase esecutiva dei costituendi rapporti contrattuali, finalizzate ad
assicurare alle persone con disabilità la possibilità di accedere, ad esempio, ai
servizi pubblici, agli edifici pubblici, ai trasporti pubblici, alle informazioni pubbliche
ed ai beni e servizi resi disponibili dalla Information and Telecomunication Tecnology.
La sesta istanza considerate nella Guida della Commissione europea riguarda il cd
«commercio etico» ed in particolare la possibilità, in determinate condizioni, di tenere
conto delle questioni relative al commercio etico nella determinazione delle
specifiche di partecipazione alle gare o delle specifiche di esecuzione dei contratti
conclusi in esito a queste ultime.
Con la settima istanza la Commissione riprende un concetto da tempo caro alle
Istituzione europee, ovvero la cd. «responsabilità sociale di impresa» (RSI), vale a
dire il superamento da parte delle Imprese, su basi fondamentalmente
volontaristiche, dei vincoli normativi regolanti l'attività aziendale, nella prospettiva del
raggiungimento di più elevati livelli di soddisfacimento di obiettivi ambientali e sociali.
L' ottava istanza, riguarda la protezione dall’inosservanza dei diritti umani e la
promozione del rispetto degli stessi.
La nona e ultima istanza rappresenta la specificazione di una priorità anche questa
da tempo perseguita a livello comunitario (così come del resto anche a livello
nazionale), ovvero la promozione della partecipazione alle gare d'appalto anche
della Piccole e Medie Imprese. Nel contesto del documento in esame, peraltro, la
Commissione considera tale istanza nella misura in cui tale più ampia partecipazione
possa essere collegata al perseguimento delle finalità sociali dianzi considerate (ad
esempio, con riferimento a politiche di inclusione sociale, probabilmente favorite
dalla frequente maggiore vicinanza anche territoriale delle aziende di dimensioni
contenute).
Se questa è le sintetica definizione delle istanze alla cui considerazione sono
finalizzati gli appalti pubblici socialmente responsabili, la parte più significativa della
Guida predisposta dalla Commissione europea è probabilmente quella di ordine
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maggiormente operativo, a cominciare dalla individuazione di quattro possibili
“approcci” verso i socially responsible procurement.
Vale difatti la considerazione che le procedure di appalto pubblico devono comunque
rispondere a un sistema di norme e principi stringente e serrato forse come nessun
altro settore amministrativo.
Tale sistema, peraltro, prescinde per lo più dal perseguimento di obiettivi di carattere
sociale, per essere invece prioritariamente informato ad obiettivi di natura
economica, come devono ad esempio fondamentalmente considerarsi le regole
poste a tutela della concorrenza.
Gli spazi di introduzione dei criteri sociali all'interno delle dette procedure devono
essere ricercati con attenzione e prudenza.
Di seguito conviene dunque richiamare i possibili approcci che la Commissione a
questo riguardo individua, peraltro facendo riferimento ad esperienze concrete
sviluppatesi nel panorama europeo.
Il primo approccio consiste nell’inserimento di criteri sociali, da parte della
committenza, direttamente nell’oggetto dell’appalto e/o nelle specifiche tecniche a
cui i concorrenti dovranno adeguarsi già in fase di offerta. L'esempio portato nella
Guida a questo proposito è quello della fornitura di apparecchiature informatiche per
le quali dovrà essere garantita e dimostrata la conformità a determinati criteri di
accessibilità.
Si può definire, in prima istanza, un approccio di tipo selettivo.
Il secondo approccio prevede, in determinate condizioni, che alle imprese sia
impedito di acquisire appalti pubblici se in precedenza hanno subito condanne per
determinati atti illeciti, ovvero non hanno raggiunto determinati standard minimi di
comportamento socialmente corretto. È il caso, ad esempio di irregolarità riscontrate
nell'assolvimento degli oneri sociali o negli adempimenti obbligatori in materia di
sicurezza nei luoghi di lavoro.
Si può definire, quindi, un approccio di tipo escludente.
Il terzo approccio mira ad indurre le imprese ad assumere determinati impegni di
carattere sociale in sede di partecipazione alle procedure di gara, in una prospettiva
competitiva, in quanto di tali impegni si terrà conto nella fase di aggiudicazione
dell’appalto. L'esempio più semplice a riguardo è quello della premialità riconosciuta
a prodotti o processi a più basso indice di impatto ambientale.
Può dunque definirsi un approccio di tipo premiante.
Il quarto approccio fa riferimento alla fase di esecuzione dell’appalto, rispetto alla
quale la committenza potrebbe richiedere che l'appaltatore si attenga a determinate
condizioni di carattere tecnico aventi specifico valore aggiunto (lato sensu) sociale.
Per fermarsi alla materia ambientale, un esempio classico di tale approccio è
l'obbligo di dematerializzazione di tutti gli atti e le comunicazioni da adottarsi nel
corso delle realizzazione delle attività contrattuali.
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Si noterà che tale approccio, che potrebbe essere definito di tipo conformativo, non è
concettualmente distante dal primo considerato. Il carattere distintivo dell'uno rispetto
all'altro sta peraltro nel fatto che mentre con il primo l'obiettivo sociale viene
perseguito nella stessa scelta dell'oggetto del contratto (per restare all'esempio
formulato, una sistema accessibile piuttosto che un sistema anche non accessibile),
con il secondo si interviene non sull'oggetto, ma su alcune modalità di svolgimento
delle prestazioni contrattuali.
Ad esemplificazione di tale differenza potrebbe portarsi quello di due contratti aventi
quale comune oggetto quello della consulenza direzionale, soltanto uno dei quali
peraltro preveda - appunto come specifica esecutiva, corrispondente al quarto
approccio considerato - l'obbligo di dematerializzazione di atti e corrispondenza.
Naturalmente, utilizzare un approccio non esclude l'utilizzo contestuale anche di altri
approcci, di modo che - laddove l'operazione intrapresa lo consenta - sarà possibile
combinare due o più dei suddetti approcci così da massimizzarne l'efficacia.
Un esempio estremamente semplice, a riguardo, è dato dalla imposizione di un
determinato standard di risparmio energetico quale condizione di accettazione
dell'offerta, per poi premiare, in sede di valutazione, coloro i quali siano in grado di
offrire, per la fase esecutiva del rapporto, standard di risparmio energetico di rango
superiore a quello minimo richiesto.
2.4) Criteri sociali e fasi delle operazioni di appalto
La stessa Guida tuttavia presenta una suddivisione logica dei momenti di possibile
introduzione delle istanze sociali negli appalti pubblici ispirata a criteri diversi
(ancorchè evidentemente connessi) rispetto alla suddivisione basata sugli approcci
sopra considerata.
Tale secondo sistema di categorizzazione degli interventi risulta probabilmente di più
immediata percezione rispetto al precedente e merita dunque autonoma
considerazione.
Nell'ambito di ciascuna operazione d'appalto vengono infatti isolate quattro
macrofasi, ciascuna delle quali - secondo intensità, modalità e contenuti diversi idonea ad ospitare istanze di natura sociale o socio-ambientale.
In estrema sintesi, tali fasi o macrofasi possono così essere definite:
(a) la fase di definizione dell'oggetto e dei requisiti funzionali dell'appalto,
intendendo per questi ultimi non i requisiti di partecipazione (come i requisiti di
capacità speciale), ma le specifiche appunto funzionali dell'appalto medesimo
(ad esempio: prodotti corredati da etichettature Ecolabel o equivalente);
(b) la fase di determinazione dei requisiti minimi (di carattere giuridico-morale, o
invece di carattere tecnico-economico) che gli operatori debbono possedere
per essere ammessi a partecipare alla procedura di gara: positivi (ad esempio:
possesso di determinate certificazioni di qualità ambientale o equivalenti) o
14
negativi (ad esempio: non aver subito condanne per reati attinenti alla
sicurezza nei luoghi di lavoro);
(c) la fase di determinazione dei criteri di valutazione delle offerte e quindi di
aggiudicazione dell'appalto (ad esempio: l'efficienza, in termini di impatto
ambientale, del metodo di produzione);
(d) la fase di esecuzione di esecuzione dell'appalto (ad esempio: l'impiego nel
ciclo di produzione del servizio di determinate categorie di lavoratori).
Questo essendo il vero tema del presente elaborato, conviene soffermarsi
brevemente su ciascuna di tali fasi (salvo ovviamente tornare sull'argomento in
maniera più definita nelle successive sezioni del presente elaborato).
Fase (a) [definizione dell'oggetto e dei requisiti funzionali dell'appalto]
Definito l’oggetto dell’appalto (ad esempio: la fornitura di servizi sostitutivi di mensa)
l’Amministrazione è chiamata a tradurre tale oggetto in una serie di requisiti
funzionali sufficientemente completi ed analitici da poter fungere quale adeguato
parametro di riferimento per le imprese rispetto, innanzitutto:
 alla decisione di partecipazione alla procedura di gara;
 alla formulazione dell'offerta tecnico-economica (o anche solo economica,
nelle procedure da aggiudicarsi con il metodo del prezzo più basso).
Nello stesso tempo, tali requisiti assolvono alla funzione di determinare i parametri di
conformità minimi per l'esecuzione del contratto, di modo che eventuali offerte non
conformi saranno per ciò stesso ritenute inaccettabili.
Restando all'esempio dei servizi sostitutivi di mensa, una specifica funzionale
assolutamente ordinaria (che ovviamente nulla ha a che spartire con i criteri sociali
oggetto del presente documento) è costituita dalla garanzia della spendibilità, negli
esercizi convenzionati, dell'intero valore nominale dei buoni pasto oggetto della
fornitura.
Nella prospettiva propria del Social Responsible Procurement, un esempio
pertinente di specifica funzionale è dato dalla comprensione nell'oggetto dell'appalto
anche dei servizi di smaltimento eco-compatibile dei prodotti di risulta dell'appalto
stesso (ad esempio: apparati tecnologici il cui ciclo di vita utile sia pervenuto a
conclusione).
È nota, peraltro, la valenza generale del principio, ratificato nelle stesse Direttive
Appalti, secondo cui le specifiche tecniche di un appalto non devono comunque mai
risultare tali da determinare in alcuna misura la compromissione della concorrenza,
devono essere trasparenti e non devono realizzare effetti di discriminazione fra i
candidati di Stati diversi dallo Stato membro a cui appartiene la stazione appaltante
procedente.
15
Se questo è il quadro generale, vi è però una regola ulteriore, fondamentalmente
elaborata in seno alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in base alla quale tali
specifiche, oltre a rispondere ai caratteri sopra detti, devono anche essere collegate
all’oggetto dell’appalto (si tratta, come meglio verrà chiarito nel prosieguo, di una
regola di essenziale riferimento per l'intera materia della considerazione degli aspetti
sociali negli appalti pubblici e che pertanto nella presente sezione viene solamente
anticipata per ragioni espositive).
Le specifiche prive di adeguata relazione con le prestazioni richieste
(indipendentemente dal fatto che si tratti di forniture di beni, di servizi o di lavori) non
sono di regola infatti giustificate, nemmeno quando siano ispirate a criteri di ordine
sociale.
Per richiamare un esempio piuttosto usuale in merito, la quota di lavoratori
diversamente abili in carico all'impresa non può essere considerata come una
specifica funzionale, perchè evidentemente esula dall'oggetto dell'appalto e non
appare rispetto ad esso collegata.
Mentre è evidentemente collegata all'oggetto dell'appalto, sempre ad esempio, la
prescrizione della adozione di speciali misure di sicurezza dei luoghi di produzione.
Ancora: non costituisce legittima specifica funzionale la localizzazione di un
call center telefonico in una specifica località, mentre costituisce valida specifica
funzionale la prescrizione della osservanza, nell'erogazione del medesimo servizio di
call center, di modalità idonee a garantire l'accessibilità al servizio da parte di utenza
avente particolari caratteristiche di disabilità.
Il criterio discriminante, come anche per altre fasi della procedura, risulta dunque
essere quello del collegamento con l'oggetto del contratto in affidamento:
potranno cioè essere oggetto di specifica tecnica, agli effetti della delimitazione
dell'oggetto dell'appalto, solamente elementi che risultino comunque funzionali alla
realizzazione dell'appalto medesimo.
Le Amministrazioni aggiudicatrici dovranno quindi astenersi dall'introdurre nelle
proprie procedure specifiche tecniche che non risultino avere una specifica
giustificazione od una effettiva relazione funzionale con la causa e gli obiettivi
dell'appalto eseguendo.
Una interessante modalità di introduzione di istanze sociali attraverso lo strumento
delle specifiche tecniche è dato dalle cd. varianti d'offerta.
Sottolinea a questo riguardo la Commissione, nella Guida in esame, che, anche
dopo opportune ricerche di mercato, “è possibile che l’amministrazione
aggiudicatrice abbia dei dubbi circa il modo migliore di integrare gli standard sociali
nelle specifiche tecniche”: in tali ipotesi potrebbe essere utile lasciare ai potenziali
offerenti la possibilità di presentare varianti socialmente responsabili.
Starà quindi alla stazione appaltante, in sede di verifica delle proposte pervenute,
confrontare tutte tali proposte, sia quelle integrate con istanze sociali e sia quelle cd.
neutre, valorizzando ognuna di esse in base al medesimo sistema predeterminato di
criteri e fattori di valutazione, salva la possibilità, a determinate condizioni, di
16
assegnare una qualche forma di priorità alle offerte socialmente preferibili.
Risulta peraltro chiaro il collegamento di tale ultima opzione con quella considerata
di seguito (alla lettera c) attinente alla determinazione dei criteri di valutazione
dell'offerta.
Fase (b) [determinazione dei requisiti minimi di partecipazione]
Le Direttive Appalti (e così ovviamente anche la normativa interna di recepimento ed
attuazione) contengono un elenco esaustivo dei casi in cui la situazione soggettiva
di un candidato o di un offerente, avuto riguardo al profilo giuridico o morale, può
determinarne l’esclusione dalla procedura di appalto.
Alcune di queste carenze possono essere di natura sociale.
È noto, ad esempio, che costituisce causa di esclusione dalla procedura l'essere
incorso in gravi irregolarità negli obblighi di versamento dei contributi assistenziali e
previdenziali dovuti in ragione della forza lavoro in carico, oppure nella materia della
prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il carattere tassativo di tali cause di esclusione (così come esplicitamente stabilito,
per quanto concerne il nostro ordinamento nazionale, all'art. 46, comma 1-bis, del
d.lgs. n. 163/2006, con il quale è stato adottato il Codice dei contratti pubblici di
lavori, forniture e servizi) rende tuttavia tale componente della procedura
sostanzialmente impermeabile ad istanze di carattere sociale che non siano già
predeterminate con legge (come avviene, per esempio, con riferimento al requisito
dell'osservanza delle norme in materia di diritto al lavoro dei soggetti disabili, che
deve essere espressamente attestata ed all'occorrenza dimostrata dai concorrenti ai
fini della partecipazione alla procedura o del mantenimento nella medesima).
Compatibilmente con i principi delle Direttive, spetta dunque essenzialmente ai
Legislatori degli Stati membri (e non invece alle singole Amministrazioni o stazioni
appaltanti) di introdurre nuove o più intense istanze sociali nei requisiti soggettivi (di
ordine giuridico-morale) di partecipazione alle procedure di gara.
In via parzialmente analoga, anche i requisiti di capacità economico-finanziaria ed i
requisiti di capacità tecnico-organizzativa tendenzialmente resistono alla
introduzione di criteri sociali, in quanto le Direttive Appalti prevedono già degli
elenchi chiusi (o semi-chiusi) dai quali attingere gli specifici requisiti da porre quale
condizione di partecipazione alle singole procedure.
Vi è però almeno una significativa eccezione (o apparentemente tale) per quello che
riguarda la capacità tecnica, nelle ipotesi in cui occorra verificare lo specifico knowhow dell'offerente nel settore sociale con riferimento ad un servizio che insista
proprio su tale ambito.
La Guida della Commissione prevede in questi casi la possibilità che le
Amministrazioni procedenti si pongano, traducendo quindi le stesse in requisiti di
capacità tecnica e quindi di partecipazione, le seguenti domande:

l'impresa offerente utilizza o ha accesso a personale dotato delle
17
conoscenze e delle esperienze necessarie per gestire gli aspetti sociali
dell’appalto (ad es. l’esigenza di disporre di personale formato e di
un’esperienza di gestione specifica per un appalto relativo a un nido
d'infanzia, oppure di ingegneri e architetti qualificati sugli aspetti di
accessibilità per la costruzione di un edificio pubblico) ?

l'impresa offerente possiede o ha accesso alle attrezzature tecniche
necessarie per la protezione sociale relativamente alla specifica
destinazione dell'intervento (ad es. l’esigenza di disporre di attrezzature
idonee per le persone anziane per un appalto relativo a una casa di
riposo) ?

l'impresa offerente dispone delle attrezzature tecniche specialistiche
necessarie per gestire gli aspetti sociali dell'operazione (ad es. per un
appalto relativo all’acquisto di hardware informatico, le misure atte a
garantire i requisiti di accessibilità per le persone disabili) ?
In casi consimili, dunque, la specificità dell'oggetto dell'appalto rappresenta il
collegamento necessario per l'introduzione, sotto forma di requisiti di partecipazione,
di valori socialmente responsabili.
Fase (c) [determinazione dei criteri di valutazione delle offerte]
Le Direttive Appalti consentono esplicitamente l’inclusione di aspetti etico-sociali nei
criteri di aggiudicazione (così come, ovviamente, la normativa italiana di recepimento
ed attuazione delle direttive medesime, ovvero, come detto, in primo luogo il d.lgs.
n. 163/2006).
In materia è risultata peraltro determinate la giurisprudenza della Corte di Giustizia
dell'Unione Europea, che ha sostanzialmente tracciato le linee poi adottate dal
Legislatore comunitario (per tutte, vedasi le cause C-513/99 [Concordia Bus] e
C-448/01 [Wienstrom].
In ogni caso nella Guida qui analizzata la Commissione ricorda come tutti i criteri di
aggiudicazione, per la loro legittimità, debbano soddisfare quattro condizioni
fondamentali, ovvero:

devono essere collegati all’oggetto dell’appalto;

devono essere specifici ed oggettivamente quantificabili;

devono essere stati oggetto di preventiva pubblicazione;

devono essere compatibili con il diritto dell'UE ed in particolare con i
principi fondamentali del Trattato.
Si tratta, come è agevole rilevare, di condizioni valevoli in via generale per ogni
operazione d'appalto, della cui osservanza semplicemente la Commissione riafferma
la necessità anche laddove si tratti di introdurre criteri di valutazione socialmente
orientati.
18
Peraltro, se in linea di principio tutte le suindicate condizioni sono ugualmente
essenziali, per quello che concerne gli appalti socialmente responsabili particolare
rilievo riveste la prima, ossia, di nuovo, il collegamento con l'oggetto dell'appalto, in
quanto condizione la cui configurazione e il cui apprezzamento concreto possono
risultare particolarmente critici e quindi discriminanti.
E questo avviene per una ragione molto semplice, ovvero il fatto che la
giustificazione fondamentale di un'operazione d'appalto è, in genere, prettamente
economica, trattandosi di condurre una operazione sostanzialmente di scambio del
tutto assimilabile a quelle ordinarie di mercato; cosicchè la ricerca di effetti accessori
socialmente benefici nell'ambito di tali operazioni può facilmente creeare tensioni
rispetto alla funzione essenziale dell'istituto.
Così, ad esempio, quando si tratti di affidare servizi di sviluppo di pagine o strumenti
sul web rispetto ai quali risulti rilevante il requisito dell'accessibilità ai sistemi
realizzati da parte di soggetti variamente disabili, potrà graduarsi il punteggio relativo
in rapporto al livello di conformità agli standard di accessibilità garantito in sede di
offerta (A, AA oppure AAA).
Spostandosi sul settore delle forniture di beni, ugualmente potrà riconoscersi una
valutazione proporzionalmente più elevata alle imprese che offrano prodotti a minor
consumo energetico garantito.
Deve però trattarsi, come negli esempi sopra formulati, di aspetti strettamente
connessi all'oggetto dell'appalto, nel senso che producono utilità comunque
direttamente riferibili alla specifica operazione condotta.
La Guida riporta a questo effetto un caso molto chiaro, tratto da una nota sentenza
della Corte di Giustizia (causa Wienstrom), con la quale è stato stabilito che, in
un’offerta di gara finalizzata alla fornitura di energia elettrica, un criterio correlato
esclusivamente al quantitativo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili che
ecceda il consumo previsto dell’Amministrazione acquirente non possa essere
considerato come collegato all’oggetto dell’appalto (e quindi ammissibile); mentre
tale collegamento sarebbe stato configurabile (e quindi la relativa specifica
ammissibile) laddove il quantitativo di energia elettrica proveniente da fonti
rinnovabili
avesse
riguardato
solo
l’elettricità
effettivamente
fornita
all’Amministrazione acquirente.
Si badi bene:
 in un caso e nell'altro l'effetto ricercato è esterno rispetto alla causa sostanziale
dell'operazione (che non è evidentemente quella di acquisire energia elettrica
tout court);
 così come in un caso e nell'altro il beneficio per la comunità risulterebbe del
medesimo genere (maggior ricorso a fonti rinnovabili);
 ma nel primo caso viene valorizzato un elemento (impiego di energia
rinnovabile oltre il fabbisogno specifico dell'operazione) che non ha sufficiente
collegamento con l'appalto e quindi non può essere considerato ai fini della
assegnazione del medesimo.
19
Il collegamento con l'oggetto dell'appalto rappresenta quindi a un tempo la
condizione legittimante e la misura per l'impiego di criteri di valutazione caratterizzati
da finalità sociali.
Parziale deroga a questa regola si rinviene peraltro nella stessa Guida predisposta
dalla Commissione, con riferimento ai cd. criteri di valutazione “aggiuntivi”.
Anche in questo caso la via è stata aperta dalla Corte di Giustizia europea, che nella
causa C-225/98 ha affermato che le stazioni appaltanti possono utilizzare criteri di
aggiudicazione di natura sociale (finalizzati, nel caso di specie, alla lotta contro la
disoccupazione), non direttamente collegati all'oggetto dell'appalto, in una sola
ipotesi, ovvero quando si trovino di fronte a due o più offerte “economicamente
equivalenti” (laddove per “economicamente equivalenti” può bene intendersi anche
equivalenti sotto il profilo tecnico-economico).
Nella fattispecie concreta in esame, l'Amministrazione procedente aveva considerato
il profilo dell'offerta finalizzato a contrastare la disoccupazione come un criterio
secondario non determinante, e ne aveva tenuto conto solo dopo aver effettuato il
prescritto confronto comparativo tra tutte le offerte pervenute sulla base dei criteri di
aggiudicazione invece direttamente collegati all'oggetto dell'appalto.
In questa prospettiva, il criterio relativo alla lotta alla disoccupazione (per esempio:
l'impegno alla assunzione di lavoratori disoccupati di lunga durata, seppure non da
impiegarsi nell'appalto in affidamento) e altri criteri non direttamente collegati
all’oggetto dell’appalto potrebbero essere presi in considerazione nella fase di
aggiudicazione dell’appalto - previa adeguata preventiva pubblicità di tale
possibilità - solo come «criteri aggiuntivi», vale a dire solo al fine di operare la scelta
definitiva fra due o più offerte pre-giudicate, prescindendo da tali criteri aggiuntivi,
perfettamente equivalenti.
Affinchè tale possibilità abbia qualche concreta possibilità di verificarsi, sembra
peraltro necessario che la strutturazione dei criteri e parametri di valutazione ordinari
(ovvero quelli collegati all'oggetto dell'appalto) sia tale da non rendere
probabilisticamente inverosimile la parità finale fra due offerte.
Fase (d) [esecuzione dell'appalto]
Spazi per l'introduzione di istanze sociali nei contratti d'appalto sussistono
evidentemente anche nella fase propriamente esecutiva di questi ultimi. Peraltro si
tratta di dispositivi in qualche misura logicamente contigui o complementari rispetto a
quelli ipotizzati per la fase di definizione iniziale delle specifiche funzionali
dell'appalto (cfr. sopra, sub fase a]), così come ai dispositivi da impiegarsi nella fase
di aggiudicazione del contratto (cfr. sopra, sub fase c]), sebbene dal punto di vista
sia concettuale che operativo sufficientemente distinti.
Anche in questo caso, il criterio fondamentale (fermo sempre il rispetto degli obblighi
discendenti dal Trattato, primo fra tutti quello di non discriminazione, nonchè la
preventiva pubblicità di tali condizioni aggiuntive) è quello del collegamento con
l'oggetto dell'appalto, che anzi nella fase in esame non sembra ammettere deroga
alcuna.
20
In sostanza, sulla base della ricostruzione del sistema operata dalla Commissione
europea nella Guida in esame, le stazioni appaltanti, accanto alle finalità specifiche
dell'appalto e fermi rimanendo gli obblighi già ex lege previsti ad esempio in materia
di ambiente, sicurezza, salute e tutela del lavoro in genere, possono prevedere
alcune ulteriori specifiche esecutive del contratto in affidamento giustificate da finalità
di carattere sociale.
Un esempio relativamente semplice a riguardo (perlomeno sulla carta), è dato
dall'impiego di personale diversamente abile nell'appalto o ancora da prescrizioni in
materia di parità di genere nella selezione del personale da impiegarsi nella
commessa.
Si badi bene che in questo caso le condizioni aggiuntive socialmente responsabili
non rappresentano una componente necessaria del rapporto (per restare all'esempio
precede: l'appalto avrebbe potuto funzionare altrettanto bene, in rapporto alla sua
finalità principale, anche senza l'inserimento di personale svantaggiato), ma
rappresentano una specifica esecutiva che trova comunque spazio e si esaurisce
all'interno del medesimo (proseguendo nell'esempio: non viene richiesto
semplicemente di detenere una determinata quota o quantità di personale
diversamente abile, bensì di impiegare specificamente nell'appalto in esecuzione
una determinata quota o quantità di personale avente le suddette caratteristiche).
Di nuovo, quindi, l'oggetto dell'appalto rappresenta, nella su delineata prospettiva, il
limite del ricorso a tale clausole sociali.
La Guida della Commissione individua nelle clausole di esecuzione del contratto la
fase della procedura maggiormente appropriata ai fini della introduzione nelle
operazioni d'appalto, in primo luogo, di aspetti sociali correlati all’occupazione e alle
condizioni di lavoro del personale coinvolto nell’esecuzione dell’appalto.
D'altra parte negli stessi considerando delle Direttive Appalti (che, come è noto,
costituiscono un riferimento interpretativo essenziale del sistema) è previsto che
clausole di questo genere “possono essere finalizzate alla formazione professionale
nel cantiere, alla promozione dell’occupazione delle persone con particolari difficoltà
di inserimento, alla lotta contro la disoccupazione”, etc..
Per altro verso, è chiaro che all’inserimento di istanze sociali nei termini e nelle
condizioni di esecuzione dell’appalto deve essere associata la predisposizione di un
adeguato sistema di controllo in corso di esecuzione, in mancanza del quale
qualsiasi previsione può risultare priva di effetti positivi concreti ed anzi addirittura
distorsiva della leale concorrenza fra imprese.
2.5) Considerazioni metodologiche finali riguardo la Guida della Commissione
La Guida in esame rappresenta sicuramente una utile ed importante sintesi di
ipotesi, regole e principi - questi ultimi in molta parte, come visto, maturati nell'ambito
della giurisprudenza comunitaria - che gli Stati membri sono chiamati a considerare
21
in funzione della progressiva introduzione dei criteri sociali nelle operazioni d'appalto.
Trattasi tuttavia di uno strumento che, seppure possiede esplicitamente una
vocazione pragmatica, si mantiene ad un livello di astrazione tale da lasciare
inevitabilmente agli operatori del settore - nonostante gli utili esempi offerti, ricavati
da esperienze concrete maturate nel contesto europeo - il tratto più lungo del
complessivo percorso da compiere.
Ciò peraltro non risponde a un caso. É chiaro, difatti, che trattandosi di documento
destinato ad ispirare l'azione delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti
aggiudicatori di tutti gli Stati membri, ragionevolmente le indicazioni con lo stesso
fornite mantengono una consistente connotazione di generalità, venendo meno la
quale le stesse indicazioni avrebbero potuto facilmente risultare non compatibili con i
sistemi normativi e/o organizzativi interni di questo o di quello Stato membro.
Ogni amministrazione od ente che intenda concretamente procedere secondo le
linee indicate dalla Commissione non potrà infatti evitare, fattispecie per fattispecie,
di verificare la correttezza e legittimità delle ipotesi operative adottande, sì alla
stregua dei principi richiamati nella Guida in esame, ma anche in raffronto alle
specifiche normative di settore adottate a livello di normativa nazionale (o perfino
sub-nazionale) interna.
Il passo successivo da compiere, conseguentemente, è appunto l'esame degli
strumenti adottati a riguardo a livello interno.
22
3. STRUMENTI E DISPOSITIVI ADOTTATI A LIVELLO INTERNO
3.1) Ricognizione dei principali fra questi
Come anticipato nelle premesse, l'adozione a livello nazionale di strumenti e
dispositivi per l'introduzione dei criteri sociali negli appalti è avvenuta su impulso
significativo e comunque in stretto raccordo con l'azione delle istituzioni comunitarie.
Le due direttrici di intervento - appunto, quello comunitario e quello nazionale risultano dunque ampiamente intrecciate, sia sotto il profilo temporale e sia
evidentemente sotto quello dei contenuti. Come si vedrà, peraltro, la diversa e in
genere maggiormente specifica prospettiva del Legislatore nazionale ha fatto sì che
in alcuni casi i dispositivi adottati possiedano caratteristiche di concretezza ed
operatività probabilmente superiori agli omologhi interventi comunitari.
In ogni caso, quello che è avvenuto è che il processo di adeguamento ai principi
comuni dell'Unione Europea è avvenuto per una significativa misura attraverso
singoli interventi di carattere settoriale, piuttosto che attraverso interventi di respiro
maggiormente generale ed organico.
Tuttavia alcuni interventi di portata più ampia sono sicuramente individuabili ed a
questi si farà dunque principale riferimento.
In primo luogo, anche a livello interno si conferma il dato secondo cui la questione
della sostenibilità degli appalti pubblici si è posta ed è stata trattata innanzitutto con
riferimento alla questione ambientale.
Saltando i passaggi intermedi, un rilievo fondamentale riveste in merito ancora una
volta un atto di matrice comunitaria, ovvero la Comunicazione 302/2003/CE sulla
Politica Integrata dei Prodotti (IPP, in acronimo), in quanto con la stessa la
Commissione europea ha invitato e di fatto indotto gli Stati membri “a dotarsi di piani
d'azione accessibili al pubblico per l'integrazione delle esigenze ambientali negli
appalti pubblici”.
Con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11
aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008 3, l'Italia ha
quindi adottato il suo PAN GPP (Piano Nazionale d'Azione sul Green Public
Procurement)4.
Muovendo da questo, ed anzi in attuazione di tale Piano, più recentemente sono
stati adottati una serie di altri importanti strumenti, fra i quali mette conto
specialmente di segnalare, sempre sulla direttrice della salvaguardia dell'ambiente, i
decreti adottati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
aventi ad oggetto la definizione di criteri ambientali minimi per l'acquisizione di alcuni
specifici beni o servizi.
3 Adottato di concerto con il Ministero dell'Economia ed il Ministero dello Sviluppo Economico
4 Di recente ed esattamente con DM. del 10 aprile 2013, oggetto di significativa revisione; v.si in merito il successivo
paragrafo 3.3.
23
Sempre nel solco del PAN GPP (ma in questo caso ad ulteriore sviluppo del
medesimo, sotto il profilo della natura delle istanze, in questo caso propriamente
sociali, prese a riferimento), con decreto del Ministero dell'Ambiente del 6 giugno
2012 è stato approvata la “Guida per l'integrazione degli aspetti sociali negli appalti
pubblici”.
In ogni caso, il primo dispositivo normativo interno da cui l'analisi deve muovere è il
D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, con il quale, come noto, è stato adottato il Codice
dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in quanto evidentemente costituisce
il paradigma di immediata e generale applicazione per ogni (o quasi) operazione
d'appalto pubblico condotta nel nostro Paese.
Di seguito brevemente, in quanto rappresentano la base normative e/o metodologica
interna di principale riferimento per qualsiasi sviluppo applicativo intenderà darsi ai
principi oggetto del presente elaborato, verranno sottolineati gli aspetti o i passaggi
maggiormente salienti e pertinenti dei su richiamati strumenti, a cominciare come
detto, dal Codice dei contratti pubblici.
3.2) La considerazione degli aspetti socio-ambientali nel Codice dei contratti
pubblici
Per molta parte, come è noto, il D.Lgs. n. 163/2006 rappresenta attuazione delle
Direttive Appalti (n. 17 e 18 del 2004), cosicchè molti dei passaggi di seguito
considerati costituiscono essenzialmente la traduzione in chiave nazionale dei
principi normativi stabiliti a livello comunitario.
In ogni caso, può anticiparsi che nel Codice dei contratti pubblici sono presenti
aperture normative oppure vere e proprie regole positive - sia pure di varia cogenza
specificità e concretezza - con riferimento a ciascuna delle fasi realizzative delle
operazioni di appalto, già prima menzionate, ovvero :

la definizione dell’oggetto;

la definizione delle specifiche tecniche o funzionali;

la definizione dei requisiti per la partecipazione alle procedure;

la definizione dei criteri di aggiudicazione;

la definizione delle clausole di esecuzione del contratto.
Ma conviene muovere dai principi generali e quindi dall'art. 2 del Codice dei contratti
pubblici, il quale, al comma secondo, così testualmente recita:
“Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia
espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri,
previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e
dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile”.
24
Si tratta quindi di una apertura estremamente significativa, in quanto inserita negli
stessi principi informatori del sistema normativo posto; e tuttavia espressamente
condizionata alla necessità di mantenersi all'interno dei limiti discendenti dalle più
specifiche previsioni presenti nell'articolato del Codice.
Sebbene, dunque, si tratti più di una prospettiva interpretativa che di una regola di
ordine positivo, l'incidenza di tale prospettiva sul sistema è indubbia, in quanto se
non altro rende disponibile una chiave di lettura altrimenti preclusa all'interprete.
Procedendo quindi per fasi operative, la prima da prendere in considerazione è
quella della definizione dell'oggetto dell'appalto. In questo caso e solo in questo
caso, peraltro, non è necessario ricercare specifiche aperture nel Codice, trattandosi
di materia già di per sè rimessa, entro i limiti generali e settoriali dell'ordinamento,
alla libera determinazione delle stazioni appaltanti. Bene può infatti ogni
Amministrazione committente preferire l'acquisto di veicoli elettrici a basso impatto
ambientale piuttosto che mezzi a propulsione tradizionale.
Ovviamente, laddove la definizione dell'oggetto di per sè risulti discriminatoria (ad
esempio, individuando una o più determinate case produttrici), l'operazione sarà
comunque illegittima, in quanto in contrasto con i principi fondamentali del sistema
discendenti dallo stesso Trattato UE.
Diversa e maggiormente delicata è la seconda questione, ovvero quella delle
specifiche tecniche o funzionali.
L'art. 68 del D.Lgs. n. 163/2006 così dispone a riguardo:
“1. Le specifiche tecniche [...], figurano nei documenti del contratto, quali il bando
di gara, il capitolato d'oneri o i documenti complementari. Ogni qualvolta sia
possibile le specifiche tecniche devono essere definite in modo da tenere conto dei
criteri di accessibilità per i soggetti disabili, di una progettazione adeguata per tutti
gli utenti, della tutela ambientale.”
[...]
“9. Le stazioni appaltanti, quando prescrivono caratteristiche ambientali in termini
di prestazioni o di requisiti funzionali [...] possono utilizzare le specifiche dettagliate
o, all'occorrenza, parti di queste, quali sono definite dalle ecoetichettature europee
(multi)nazionali o da qualsiasi altra ecoetichettatura, quando ricorrono le seguenti
condizioni:
a) esse siano appropriate alla definizione delle caratteristiche delle forniture o delle
prestazioni oggetto dell'appalto;
b) i requisiti per l'etichettatura siano elaborati sulla scorta di informazioni
scientifiche;
c) le ecoetichettature siano adottate mediante un processo al quale possano
partecipare tutte le parti interessate, quali gli enti governativi, i consumatori, i
produttori, i distributori e le organizzazioni ambientali;
d) siano accessibili a tutte le parti interessate.”
“10. Nell'ipotesi di cui al comma 9 le stazioni appaltanti possono precisare che i
prodotti o servizi muniti di ecoetichettatura sono presunti conformi alle specifiche
25
tecniche definite nel capitolato d'oneri; essi devono accettare qualsiasi altro mezzo
di prova appropriato, quale una documentazione tecnica del fabbricante o una
relazione di prova di un organismo riconosciuto.
11. Per «organismi riconosciuti» ai sensi del presente articolo si intendono i
laboratori di prova, di calibratura e gli organismi di ispezione e di certificazione
conformi alle norme europee applicabili.”
Il primo comma segna il passaggio dalla formulazione di un principio (art. 2,
comma 2, del Codice, dianzi riportato) alla introduzione di una vera a propria regola
comportamentale. Non si tratta più quindi di consentire agli operatori determinante
scelte, ma di imporle invece come scelte ordinarie, eccettuate solamente quelle
situazioni nelle quali tali scelte non possano trovare utili spazi o margini di attuazione
(“Ogni qualvolta sia possibile le specifiche tecniche devono essere definite in modo
da ...”)
Considerata in negativo, questa regola comporta in linea di principio la non
conformità al Codice di quelle specifiche tecniche le quali, pur risultando ciò
possibile, non tengono conto “dei criteri di accessibilità per i soggetti disabili, di una
progettazione adeguata per tutti gli utenti, della tutela ambientale.”
Veniamo quindi a quelli che prima abbiamo alla fase che prima abbiamo chiamato di
definizione dei requisiti speciali di partecipazione, che il Codice dei contratti tratta al
Capo II del Titolo I, della Parte seconda, agli artt. 34 e segg..
Per quello che riguarda la materia del presente scritto, la prima norma rilevante si
rinviene peraltro all'art. 40 (“Qualificazione per eseguire lavori pubblici”), a termini del
quale “tra i requisiti di capacità tecnica e professionale il regolamento comprende,
nei casi appropriati, le misure di gestione ambientale.”
La specificazione “nei casi appropriati” rimanda pur sempre all'analisi dell'estensore
degli atti le necessarie valutazioni circa la sussistenza di effettivi margini di
applicazione di misure di salvaguardia ambientale, con riferimento all'oggetto
concreto dell'appalto in affidamento.
Disposizione di analogo tenore è dato incontrare al successivo art. 42 del Codice
(“Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi”), laddove è
stabilito che “negli appalti di servizi e forniture la dimostrazione delle capacità
tecniche dei concorrenti può essere fornita [...], a seconda della natura, della
quantità o dell’importanza e dell’uso delle forniture o dei servizi:
[...]
f) indicazione, per gli appalti di servizi e unicamente nei casi appropriati, stabiliti dal
regolamento, delle misure di gestione ambientale che l’operatore potrà applicare
durante la realizzazione dell’appalto”.
Più specifiche indicazioni sono contenute al successivo art. 44 del Codice (“Norme di
gestione ambientale”), il quale prevede testualmente quanto di seguito:
“Qualora, per gli appalti di lavori e di servizi, e unicamente nei casi appropriati, le
stazioni appaltanti chiedano l’indicazione delle misure di gestione ambientale che
26
l’operatore economico potrà applicare durante l’esecuzione del contratto, e allo
scopo richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti
per attestare il rispetto da parte dell'operatore economico di determinate norme di
gestione ambientale, esse fanno riferimento al sistema comunitario di ecogestione e
audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme
europee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione
comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione. Le
stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti in materia rilasciati da
organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse accettano parimenti altre prove relative
a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori
economici.”
Si entra in questo modo nel vivo della materia dei criteri ambientali, nella definizione
dei quali un ruolo necessariamente molto significativo è assolto dai sistemi di
certificazione ed audit di processi e prodotti adottati od accettati a livello comunitario,
con la fondamentale specifica, peraltro, circa l'obbligo per le stazioni appaltanti di
accettare attestazioni o prove equivalenti.
È agevole peraltro ricondurre tale soluzione al principio fondamentale che regola la
questione della introduzione dei criteri sociali o socio-ambientali negli appalti
pubblici, ovvero la necessità di contemperare la considerazione di questi ultimi con i
principi ispiratori generali del sistema, ovvero prima di tutto il principio di concorrenza
e non discriminazione.
Ancorchè, difatti, ispirate dai migliori propositi, specifiche tecniche basate su
certificazioni o misure che non ammettessero equivalenti, risulterebbero facilmente
ed ingiustificatamente discriminatorie verso operatori non in possesso di quelle
specifiche attestazioni, ma comunque in grado di dimostrare livelli di qualità
ambientale equiparabili.
Passando alla fase successiva, ovvero quella della definizione dei criteri di
aggiudicazione della procedura, il primo essenziale riferimento lo troviamo all'art. 83
(“Criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa”), laddove è stabilito che
“Quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti
alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo
esemplificativo:
a) il prezzo;
b) la qualità;
c) il pregio tecnico;
d) le caratteristiche estetiche e funzionali;
e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle
risorse ambientali dell'opera o del prodotto [...].
[…]”
Il tema qui è parzialmente affine a quello precedentemente considerato, anche in
questo caso potendo venire in conto sistemi di certificazione o etichettatura
ambientale. Peraltro qui i margini di intervento appaiono oggettivamente più ampi,
27
perchè obiettivi o misure di salvaguardia dell'ambiente possono derivare in via diretta
dalla stessa conformazione specifica dell'intervento, così come determinata sulla
base degli spazi di progettazione del medesimo lasciati agli stessi concorrenti.
Il confronto fra le varie soluzioni proposte (anche) sotto il profilo dell'impatto
ambientale potrà quindi determinare la preferenza della stazione appaltante per una
o l'altra offerta di gara.
Con riferimento specifico agli appalti di lavori ed in particolare per i contratti di cui
all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c), del Codice (ovvero i contratti rispetto ai quali
è atteso dagli operatori un contributo di progettazione significativo, il Regolamento di
esecuzione ed attuazione del Codice medesimo (approvato con DPR. n. 207/2010)
ha dettato disposizioni ancora più precise.
L'art. 120 del Regolamento detto (“Offerta economicamente più vantaggiosa [...]”)
stabilisce infatti quanto segue:
“In caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa [...] i fattori ponderali da assegnare ai “pesi” o “punteggi” attribuiti agli
elementi riferiti alla qualità, al pregio tecnico, alle caratteristiche estetiche e
funzionali e alle caratteristiche ambientali non devono essere complessivamente
inferiori a sessantacinque. Al fine di attuare nella loro concreta attività di
committenza il principio di cui all’articolo 2, comma 2, del codice nonché l’articolo 69
del codice, le stazioni appaltanti nella determinazione dei criteri di valutazione:
a) ai fini del perseguimento delle esigenze ambientali, in relazione all’articolo 83,
comma 1, lettera e), del codice, si attengono ai criteri di tutela ambientale di cui
al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11
aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, e
successivi decreti attuativi, nonché, ai fini del contenimento dei consumi
energetici e delle risorse ambientali, ai criteri individuati con apposito decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo
economico;
b) ai fini del perseguimento delle esigenze sociali, hanno la facoltà di
concludere protocolli di intesa o protocolli di intenti con soggetti pubblici con
competenze in materia di salute, sicurezza, previdenza, ordine pubblico nonché
con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali.”
Di particolare interesse risultano queste disposizioni, oltre che ovviamente per il loro
specifico contenuto conformativo, per due diversi ordini di ragioni:

in primo luogo, viene fatto espresso riferimento, quale fonte diretta di
parametri normativi, al decreto del Ministero dell'Ambiente dell'aprile 2008,
con il quale è stato adottato il Piano di Azione Nazionale in ordine al Green
Public Procurement ed ai relativi decreti attuativi o conseguenti a mezzo dei
quali lo steso Ministero ha determinato i criteri ambientali minimi (C.A.M.)
con riferimento a specifici settori produttivi o categorie merceologiche (v.si
appresso, paragrafo 3.4), in questo modo conferendo alle suddette fonti
dignità di norme di primario riferimento, come spetta a tutte le disposizioni
contenute nel Regolamento in esame;
28

In secondo luogo, accanto ed in via autonoma rispetto alla considerazione
dei criteri ambientali, viene introdotta una specifica considerazione delle
esigenze di carattere sociale, declinate in questo caso nelle materie della
salute, della sicurezza, della previdenza, dell'ordine pubblico, nonchè nelle
materie attinenti al mondo del lavoro, di competenza queste ultime delle
organizzazioni rappresentative delle parti sociali.
Disposizione dai contenuti e risvolti sostanzialmente analoghi è poi contenuta
all'art. 283 (“Selezione delle offerte”) del medesimo DPR. n. 207/2010, questo volta
compreso nella sezione del Regolamento specificamente afferente i contratti per
servizi e forniture:
“In caso di aggiudicazione di servizi e forniture con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa [...] al fine della determinazione dei criteri di
valutazione, le stazioni appaltanti hanno la facoltà di concludere protocolli di intesa o
protocolli di intenti con soggetti pubblici con competenze in materia di ambiente,
salute, sicurezza, previdenza, ordine pubblico nonché con le organizzazioni sindacali
e imprenditoriali [...]”.
Tradotto in termini più operativi, tutto ciò sta ad attestare che le comprensibili
difficoltà di ordine tecnico che possono presentarsi per l'assolvimento degli obblighi
in parola non dovrebbero mai considerarsi alla stregua di una causa di esenzione
(ancorchè di fatto) rispetto agli obblighi stessi, in quanto comunque è data la
possibilità alle stazioni appaltanti di avvalersi delle competenze specifiche detenute
in merito da altri soggetti pubblici.
La concreta percorribilità, seconda una tempistica utile rispetto al fabbisogno alla
base dell'operazione, delle soluzioni operative prospettate (protocolli di intesa o di
intenti con altre P.A.) è poi questione che attiene essenzialmente alla questione della
programmazione o della programmabilità degli interventi
L'ultima fase operativa da considerare è quella della definizione delle clausole di
esecuzione dell’appalto, nel Codice dei contratti pubblici trattata essenzialmente
all'art. 69 (“Condizioni particolari di esecuzione del contratto prescritte nel bando o
nell'invito”) a' termini del quale le stazioni appaltanti possono esigere condizioni
particolari per l'esecuzione del contratto, purché siano compatibili con il diritto
comunitario e, tra l'altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell'invito
in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d'oneri.
“Dette condizioni” recita quindi il secondo comma del suindicato art. 69, “possono
attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali”.
Di speciale interesse è poi la previsione di cui al comma successivo, secondo cui “la
stazione appaltante che prevede tali condizioni particolari può comunicarle
all'Autorità, che si pronuncia entro trenta giorni sulla compatibilità con il diritto
comunitario. Decorso tale termine, il bando può essere pubblicato e gli inviti possono
essere spediti.”
29
Queste condizioni possono attenere,ad esempio, alle modalità di smaltimento degli
imballaggi od in genere dei rifiuti prodotti durante il ciclo di produzione del servizio
richiesto, alla tipologia di prodotti utilizzati per la pulizia ambientale, alla quota di
prodotti riciclabili consumati, etc..
Il primo limite, come sempre, è costituito dalla non discriminatorietà di tali clausole, la
funzione delle quali deve essere appunto quelle di conformare positivamente il
servizio e non invece - neppure indirettamente - quella di privilegiare determinati
gruppi di operatori rispetto ad altri.
Se il concetto è semplice, la pratica concreta può essere molto più difficile, nonchè
caratterizzata da criticità obiettive e rilevanti.
Si consideri a questo effetto, che qualsiasi abuso od errore commesso nell'esercizio
di tale facoltà:
 per un verso, potrà determinare un effetto non voluto dal Legislatore (interno
come anche comunitario, essendo la norma in parola diretta espressione di
principi normativi adottati a livello, quantomeno, di Unione Europea), ovvero le
lesione di interessi concorrenziali protetti;
 e per altro verso, determinerà l'esposizione della procedura a provvedimenti di
ordine caducativo dell'Autorità giudiziaria, con tutte le conseguenze
pregiudizievoli che ordinariamente ciò arreca all'attività della P.A. ed agli
interessi da questa curati.
Appunto alla luce di queste ragioni, il nostro Legislatore - sulla scorta di conforme
indicazioni fornita in merito dal Consiglio di stato in funzione consultiva - ha previsto
la possibilità per le stazione appaltanti di richiedere, in merito a bandi e capitolati
adottandi nei quali siano appunto stabilite speciali condizione di esecuzione
giustificate da istanze ambientali o sociali, un parere preventivo all'Autorità di
Vigilanza per i Contratti Pubblici.
Tale parere - non obbligatorio, nè vincolante - atterrà specificamente alla
compatibilità delle soluzioni adottate con i principi di riferimento comunitario in
materia di appalti pubblici.
Come già rappresentato nei paragrafi precedenti e come meglio verrà illustrato nel
prosieguo, il principale discrimine in merito è costituito dal collegamento fra tali
speciali condizioni di esecuzione e l'oggetto dell'appalto in affidamento. Solo infatti la
sussistenza di obiettivo collegamento di questo tipo potrà legittimare la
conformazione dell'operazione secondo istanze di natura anche socio-ambientali.
Infine, l'ultimo comma del cit. art. 69 prevede che qualora bandi e/o capitolati
prevedano effettivamente tali speciali condizioni di esclusione, i concorrenti siano
chiamati ad accettare espressamente e preventivamente queste ultime, al fine di
evitare successive incertezze o contestazioni. Anche tale ultima disposizione
conferma, qualora occorresse, la delicatezza di tale passaggio, tanto da richiedere difficile dire a quali effetti e con quali conseguenze - una specifica ed autonoma
approvazione preventiva da parte degli stessi concorrenti.
30
Sempre in tema di condizioni di esecuzione del contratto, sembra ancora il caso di
menzionare l'art. 281 (“Criteri di applicabilità delle misure di gestione ambientale”)
del Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei contratti, il quale in
merito dispone che per gli appalti di servizi e forniture, la cui esecuzione possa
causare danni all'ambiente e che dunque richiedono l'utilizzo di misure volte a
proteggere l'ambiente, le stazioni appaltanti, nel richiedere l'applicazione di misure o
sistemi di gestione ambientale, nell'esecuzione delle prestazioni contrattuali tengono
conto di criteri diretti alla riduzione dell'uso delle risorse naturali, di produzione dei
rifiuti, del risparmio energetico, delle emissioni inquinanti e dei rischi ambientali, alle
condizioni e secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
Viene quindi per tale via introdotta una prima declinazione delle istanze socioambientali (uso risorse, gestione rifiuti, risparmio energetico, emissioni nocive e
rischio ambientale in genere) da salvaguardarsi attraverso l'adozione di misure
appropriate, ma in ogni caso sempre secondo modalità compatibili con la normativa
di riferimento (settoriale e trasversale, come ovviamente quella sulle procedure di
affidamento di contratti pubblici).
Per quanto riguarda il sistema disegnato con il Codice dei contratti, una ulteriore
disposizione estremamente significativa in materia di appalti socialmente
responsabili è rappresentata dall'art. 52 (“Appalti riservati”).
Si tratta peraltro di una ipotesi normativa del tutto speciale, in ragione della quale
viene eccezionalmente consentito alle stazioni appaltanti di riservare la
partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti, ai cd. laboratori
protetti, oppure di riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro
protetti, purchè la maggioranza dei lavoratori interessati sia composta da disabili non
in grado di esercitare un'attività professionale in condizioni normali.
Come è agevole rilevare, si tratta di una fattispecie del tutto diversa da quelle sin qui
considerate, ma che pure rappresenta una chiara applicazione del principio della
responsabilità sociale quale quale criterio per la realizzazione delle operazioni di
appalto pubblico.
In ragione di tale specialità, tale ipotesi verrà comunque separatamente considerata
al successivo paragrafo 3.6.
3.3) Il PAN GPP
La definizione in uso presso la Commissione europea del Green Public Procurement
(GPP) o “Acquisti Verdi” della Pubblica Amministrazione o, meglio, Acquisti
Sostenibili della Pubblica Amministrazione, è la seguente:
“Il GPP è l'approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri
ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di
tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale,
attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore
impatto possibile sull'ambiente lungo l'intero ciclo di vita".
31
I Piani d'Azione Nazionale hanno quindi l'obiettivo di promuovere la diffusione del
GPP presso le Amministrazione aggiudicatrici e gli enti pubblici in genere, favorire le
condizioni necessarie per far sì che il GPP possa dispiegare in pieno le sue
potenzialità come strumento per il miglioramento ambientale.
Il primo Piano d'Azione Nazionale per gli acquisti sostenibili delle pubbliche
amministrazioni è stato adottato, per il nostro Paese, con decreto del Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d'intesa con i principali
Ministeri economici, dell'11 aprile 2008.
Già all'interno di tale Piano era chiarito che gli appalti pubblici dovrebbero fare
riferimento non solo al “pilastro” della sostenibilità ambientale, ma anche anche agli
due “pilastri” del sistema, ovvero la sostenibilità economica e quella sociale.
Nella versione revisionata di tale documento programmatico, approvata con decreto
sempre del Ministero dell'Ambiente del 10 aprile 2013, la componente sociale del
Piano è andata consolidandosi ed arricchendosi, anche in virtù della medio tempore
intervenuta approvazione della Guida alla introduzione dei criteri sociali negli appalti
pubblici, sempre ad opera del medesimo Ministero (v.si appresso, paragrafo 3.5).
Nel PAN, in sostanza, è delineata la strategia per la diffusione del GPP,
individuandone le principali categorie merceologiche interessate, gli obiettivi
ambientali qualitativi e quantitativi da raggiungere, nonchè infine gli aspetti
metodologici generali da tenere in conto per il perseguimento degli obiettivi dati.
Lo stesso PAN prevede quindi che con successivi decreti del Ministero dell'Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare vengano definiti i criteri ambientali minimi
(secondo una procedura piuttosto complessa nello stesso documento disegnata), da
inserire nelle procedure d'acquisto sopra e sotto la soglia di rilievo comunitario, in
coerenza con le specifiche merceologiche e le disposizioni metodologiche del Piano
medesimo.
In particolare, vengono individuati come obiettivi ambientali strategici, nell'ordine di
considerazione:
 l' efficienza ed il risparmio nell'uso delle risorse, in particolare dell'energia e la
conseguente riduzione delle emissioni di CO2;
 la riduzione dell'uso di sostanze pericolose;
 la riduzione quantitativa dei rifiuti prodotti.
Le azioni da intraprendersi a questi fini dovranno rispondere a due principi
essenziali:
 la dematerializzazione dell'economia, vale a dire la graduale riduzione degli
sprechi e l'ottimizzazione delle risorse impiegate (materiali ed energetiche),
per il soddisfacimento delle medesime funzioni;
 l'impiego di modelli di acquisto e di consumo che pongano attenzione agli
impatti ambientali delle operazioni gestite e all'uso delle risorse dedicate
ispirato ai principi di sana gestione delle medesime.
32
Il PAN, come detto, rinvia ad appositi decreti da emanarsi da parte del Ministero
dell'Ambiente per la definizione di un set di criteri ambientali minimi (CAM) da
impiegarsi con riferimento a ciascuna tipologia di acquisto (nell'ambito delle
categorie merceologiche individuate).
Detti criteri ambientali minimi sono prima di tutto delle "indicazioni tecniche"
finalizzate alla introduzione di fattori eco-ambientali e, laddove possibile, anche
etico-sociali, nelle diverse fasi delle procedure di gara o contrattuali in genere
(ovvero: definizione oggetto dell'appalto, specifiche tecniche, criteri premianti della
modalità di aggiudicazione all'offerta economicamente più vantaggiosa, condizioni di
esecuzione dell'appalto).
L'impiego corretto di tali fattori o criteri - alla individuazione dei quali, partecipa con il
Ministero anche la CONSIP - consente di qualificare come "sostenibile" l'acquisto o
l'affidamento.
Le pubbliche Amministrazioni di cui agli articoli 3 e 32 del D.Lgs. 163/2006, con
alcuni distinguo relativamente alle Amministrazioni regionali che saranno nel
prosieguo esaminati, sono dunque chiamati ad adottare specifici comportamenti, che
possono, per l'intanto, sintetizzarsi come di seguito.
A) analisi preliminare
I soggetti su indicati sono in primo luogo chiamati a condurre un'analisi preliminare
volta a valutare come razionalizzare i propri fabbisogni tenendo in considerazione li
obiettivi ambientali strategici di riferimento del PAN GPP.
B) obiettivi
Gli stessi soggetti sono invitati ad articolare un piano che individui i propri obiettivi
specifici e documenti il livello di raggiungimento dei medesimi.
C) funzioni competenti
All'interno delle loro strutture, detti Enti sono invitati ad individuare le funzioni
coinvolte nel processo d'acquisto, competenti per l'attuazione del Pan, ad individuare
le modalità di raggiungimento degli obiettivi stabiliti ed a garantire gli adeguati livelli
di conoscenza e formazione al fine di svolgere le funzioni atte al raggiungimento
degli obiettivi di acquisto ambientalmente preferibili.
D) monitoraggio
Gli stessi Enti sono invitati a monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati,
ponendo in essere tutte le azioni migliorative necessarie al raggiungimento degli
stessi.
3.4) I decreti del Ministero dell'Ambiente di individuazione dei criteri ambientali
minimi per alcune tipologie di acquisto
Secondo la procedura prevista nel PAN GPP (versione 2008) ed in esecuzione delle
direttive in esso contenute il Ministero dell'Ambiente ha ad oggi adottato una serie
33
importante di decreti per la definizione dei “criteri ambientali” minimi da impiegarsi
nell'ambito di alcune operazioni d'acquisto ed in particolare:
 con DM del 2 ottobre 2009 (G.U. n. 269 del 9 novembre 2009)sono stati
adottati i “Criteri Ambientali Minimi” per: Carta in risme (carta in fibra vergine
e carta in fibra riciclata); Ammendanti (servizi urbani e al territorio);
 con DM del 22 febbraio 2011 sono stati adottati i"Criteri Ambientali Minimi"
per: Prodotti tessili; Arredi per ufficio; Apparati per l'illuminazione pubblica; IT
(computer, stampanti, apparecchi multifunzione, fotocopiatrici);
 con DM del 25 luglio 2011 sono stati adottati i "Criteri Ambientali Minimi" per
l'affidamento di servizi di ristorazione collettiva e fornitura derrate alimentari,
nonchè, separatamente, per la fornitura di serramenti esterni;
 con DM del 7 marzo 2012 sono stati adottati i "Criteri Ambientali Minimi” per
l'Affidamento di servizi energetici per gli edifici - servizio di illuminazione e
forza motrice - servizio di riscaldamento / raffrescamento;
 con DM dell'8 maggio 2012 sono stati adottati i “Criteri Ambientali Minimi"
per l'Acquisizione dei veicoli adibiti al trasporto su strada (in data 30
novembre 2012, il Ministro ha firmato decreto correttivo del precedente;
 con DM del 24 maggio 2012 sono stati adottati i “Criteri Ambientali Minimi"
per l'Affidamento del Servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per
l’igiene;
 con DM del 4 aprile 2013 sono stati adottati i "Criteri Ambientali Minimi" per
l'Acquisto di carta per copia e carta grafica - aggiornamento 2013.
Sono inoltre in fase avanzata di definizione i “Criteri Ambientali Minimi” relativi alle
seguenti categorie: Costruzione e manutenzione delle strade; Gestione dei rifiuti
urbani.
Tali decreti seguono una struttura in larga parte comune, sebbene in quelli di più
recente adozione appaia con chiarezza il progressivo intervenuto affinamento degli
strumenti e delle metodologie, tanto a livello interno come a livello comunitario.
In sostanza, con la definizione dei criteri ambientali minimi vengono fornite alle
stazioni appaltanti indicazioni di carattere tecnico in ordine alla costruzione delle
procedure contrattuali, seguendo la partizione tradizionale fra le fasi di seguito
brevemente richiamate.
La prima fase di definizione dell'oggetto dell'appalto: in questa fase, strettamente
connessa a quella ancora precedente di rilevazione del fabbisogno da soddisfare,
viene definito lo stesso contenuto dell'acquisto o dell'appalto, privilegiando forniture e
soluzioni a minor impatto socio-ambientale.
La seconda fase è quella della definizione delle modalità di selezione dei concorrenti
(ad esempio: solo gli operatori in grado di dimostrare l'applicazione di misure di
gestione ambientale rispondenti a determinati standard), determinando nel contempo
le modalità di attestazione e dimostrazione dei requisiti stabiliti, ad esempio
34
attraverso la prova della Registrazione EMAS - Eco-Management and Audit Scheme
(ovvero uno strumento volontario creato dalla Comunità Europea al quale possono
aderire volontariamente le organizzazioni per valutare e migliorare le proprie
prestazioni ambientali) o del possesso di specifiche certificazioni ambientali della
serie ISO o comunque dell'utilizzo di un sistema di gestione ambientale avente
caratteristiche conformi od equivalenti.
La terza fase è quella della individuazione delle specifiche tecniche dei prodotti da
fornire o dei servizi da eseguire (ad esempio: prodotti con etichetta ecologica
“Ecolabel” o prodotti dalle caratteristiche almeno equivalenti), determinando nel
contempo, anche in questa caso, le modalità di attestazione di tale specifiche da
parte dei soggetti concorrenti (in mancanza delle “etichette ecologiche” richieste, per
esempio, potranno prodursi rapporti di prova redatti da laboratori accreditati).
La quarta fase è quella della cd. “specifiche tecniche premianti” e fa riferimento
all'attribuzione di punti tecnici in misura direttamente proporzionale alla consistenza
quali-quantitative delle misure di gestione ambientale (diverse da quelle già imposta
dalla stazione appaltante, come specifiche tecniche dell'appalto o come condizioni di
partecipazione alla procedura) che l'offerente si impegna ad adottare nel corso
dell'esecuzione del servizio. È in genere previsto che tali misure di gestione
ambientale vengano descritte in un apposito Piano gestionale del servizio, destinato
a diventare, in caso di aggiudicazione, parte integrante del contratto di affidamento
definitivo.
Ad esempio, potranno essere premiate le soluzioni che minimizzano i consumi
energetici o i consumi di acqua o le emissioni inquinanti e/o quelle che prevedano
modalità particolarmente efficienti di smaltimento o riciclo dei rifiuti e/o ancora quelle
soluzioni che prevedano l'impiego o la fornitura di materiali a più elevato indice di
biodegradabilità.
La quinta fase è quella relativa alla fissazione delle clausole esecutive / contrattuali.
Tale clausole possono prevedere l'obbligo di azioni positive (ad esempio: un
determinato volume di formazione del personale impiegato nell'appalto, in funzione
del corretto utilizzo dei prodotti e dei macchinari a fini di risparmio energetico;
oppure, utilizzare solo segatura proveniente da legname a basso impatto
ambientale) o anche semplici divieti (ad esempio: non utilizzare, nei servizi di pulizia
negli edifici, piumini di origine animale o prodotti al di sotto di un certo indice di
biodegradabilità).
***
Riguardo tale sistema di provvedimenti, possono intanto fornirsi, in chiave
metodologica, le seguenti osservazioni:
 gli strumenti ad oggi proposti dal Ministero dell'Ambiente sono in misura
relativamente agevole riferibili alle caratteristiche dei prodotti oggetto di
fornitura oppure da impiegarsi nella produzione dei beni richiesti;
l'applicazione di criteri ambientali al settore dei servizi risulta per certi aspetti
più indiretta e ad esiti maggiormente incerti, in quanto spesso legata a
35
precostituite certificazioni o verifiche di processo, piuttosto che a specifiche
esecutive (minime o premianti) in senso stretto;
 laddove possibile, risulterà evidentemente maggiormente efficace non
posizionare l'intervento all'interno di un un'unica fase, bensì ricercare una
combinazione mirata di interventi nell'ambito di più d'una delle fasi sopra
ricordate (ad esempio: associando specifiche / criteri premianti [fase 4] al
divieto di utilizzo di prodotti o macchinari o processi aventi determinate
caratteristiche negative sul piano dell'impatto ambientale [fase 5] e magari
riservando contemporaneamente la partecipazione ai soggetti in grado di
dimostrare, già in sede di offerta, l'adozione di sistemi di gestione
ecologicamente efficienti [fase 2]);
 si tratta in ogni caso di strumenti da impiegare con la massima prudenza,
poichè afferenti tutti, seppure da prospettive diverse, a momenti
estremamente sensibili della procedura, rispetto ai quali il rischio di incorrere
in comportamenti di fatto lesivi della concorrenza è, in caso di uso appena
sbilanciato, tutt'altro che remoto.
3.5) La “Guida per l’integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”
del Ministero dell'Ambiente
Come è noto, con Decreto del 6 del giugno 2012 il Ministero dell'Ambiente ha
adottato la “Guida per l’integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”, di
speciale interesse non tanto perchè successiva a quasi tutti gli strumenti sin qui
considerati, quanto per la sua vocazione a fungere da parametro di riferimento
generale in relazione all'introduzione, nelle procedure di gara e nelle successive fasi
contrattuali, di criteri non già più solo ambientali, ma propriamente e specificamente
di ordine etico-sociale od economico-sociale.
In ciò dunque muovendo dal contenuto della Guida precedentemente diffusa dalla
Commissione europea agli inizi del 2011 ("Acquisti sociali - Una guida alla
considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici"), già prima d'ora
richiamata, la Guida ministeriale si concentra sulle priorità di ordine sociale da
tenersi in conto al fine del raggiungimento dell'obiettivo generale prefisso, ovvero la
realizzazione, da parte di tutte le P.A. del sistema, di appalti socialmente
responsabili.
Seppure, dunque, l'ambito formale di partenza è sempre il PAN GPP, il baricentro
della Guida ministeriale non è più costituito dagli “appalti verdi”, quanto piuttosto
dalla sostenibilità degli appalti sotto il profilo appunto sociale o sotto altri profili a
questo limitrofi.
In via generale, peraltro, le priorità considerate sono le medesima già considerate
nella Guida di provenienza comunitaria, ovvero, in sintesi:
 la promozione delle opportunità di occupazione per le persone appartenenti
a gruppi svantaggiati ·la promozione del «lavoro dignitoso»:
36
 la promozione della conformità con i diritti sociali e del lavoro:
 la promozione dell’«inclusione sociale» e la promozione delle organizzazioni
dell’economia sociale;
 la promozione dell’«accessibilità e progettazione per tutti»;
 la considerazione degli aspetti legati al «commercio equo e solidale»;
 la promozione di impegni di natura volontaristica verso la «responsabilità
sociale di impresa» (RSI)
 la protezione dalla mancata osservanza dei diritti umani e la promozione del
rispetto degli stessi;
 la promozione delle «piccole e medie imprese» nella misura in cui possano
essere collegate alle considerazioni esposte sopra.
Il concetto chiave che lega tutte queste priorità è quello delle cd. “catene di fornitura”
ovvero l'intero processo produttivo (in senso lato) attraverso cui il fornitore ultimo
perviene ad erogare alla la P.A. committente le forniture o le prestazioni richieste.
Trattasi di processo in alcuni casi molto complesso, frammentato e localizzato anche
in Paesi ove possono facilmente non essere garantiti il rispetto dei diritti umani
fondamentali e l'applicazione di standard minimi relativi alle condizioni di lavoro.
Nella Guida in esame, dunque, “per 'criteri sociali' si intendono i criteri tesi a
promuovere l'applicazione, lungo la catena di fornitura, degli standard sociali
riguardanti i diritti umani e le condizioni di lavoro, riconosciuti a livello internazionale
e definiti da:
- le otto Convenzioni fondamentali dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro
(International Labour Organization - ILO)[...];
- la Convenzione ILO n. 155 sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- la Convenzione ILO n. 131 sulla definizione di salario minimo;
- la Convenzione ILO n. 1 sulla durata del lavoro (industria);
- la Convenzione ILO n. 102 sulla sicurezza sociale (norma minima);
- la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani;
- art. n. 32 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo;
- la legislazione nazionale, vigente nei Paesi ove si svolgono le fasi della catena di
fornitura, riguardanti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, nonche' le
legislazione relativa al lavoro, inclusa quella relativa al salario, all'orario di lavoro e
alla sicurezza sociale (previdenza e assistenza)”.
Quello della catena di fornitura è appunto un concetto chiave in quanto
evidentemente ben poco utile sarebbe assumere garanzie con riferimento ad uno o
più segmenti del processo produttivo o distributivo, laddove altri segmenti dello
stesso - e magari quelli più significativi, sotto il profilo sociale - dovessero rimanere
37
privi di qualsiasi attenzione e tutela.
L'approccio da seguire si basa quindi sulla trasparenza e tracciabilità della catena di
fornitura, l'introduzione delle istanze sociali basandosi prima di tutto sulla qualità e
quantità delle informazioni relative alle condizioni di lavoro praticate lungo tutti i
segmenti di quest'ultima.
A questo riguardo, l'approccio individuato nella Guida prevede la costruzione di uno
specifico processo di facilitazione, ossia di un "dialogo strutturato" tra le
Amministrazioni aggiudicatici e i relativi fornitori (potenziali ed effettivi), finalizzato
specificamente alla emersione della dimensione sociale nel sistema degli
approvvigionamenti pubblici.
Il dialogo strutturato ha in sostanza lo scopo di migliorare la conoscenza relativa alle
condizioni di lavoro e al rispetto dei diritti umani lungo la catena di fornitura, di
trasmettere segnali di attenzione e/o di allarme sugli standard sociali lungo la stessa
catena e di permettere il monitoraggio dell'applicazione dei criteri sociali dell'appalto,
compresa l'attivazione di eventuali meccanismi correttivi in caso di mancato rispetto
degli stessi.
Prima di esaminare un po' più da vicino lo strumento proposto dal Ministero
dell'Ambiente, va precisato che, in prima versione, il dispositivo del dialogo
strutturato viene indirizzato esclusivamente alle funzioni di definizione dell'oggetto
dell'appalto e delle condizioni di esecuzione del medesimo, rimandando invece a
successive versioni della Guida la considerazione dei criteri sociali anche con
riferimento alla altre fasi del processo (criteri di selezione dei candidati, specifiche
tecniche e criteri di aggiudicazione).
In concreto, il percorso del dialogo strutturato si compone della seguente serie di
attività:
1. informazione agli operatori economici: l'amministrazione aggiudicatrice o
l'ente aggiudicatore, con adeguato anticipo ed adeguati mezzi, informa gli
operatori economici della intenzione di introdurre i criteri sociali nelle proprie
attività contrattuali;
2. inserimento di clausole contrattuali relative alla conformità a standard sociali
minimi tra le condizioni di esecuzione contrattuale (nessun anello della
catena di fornitura escluso);
3. sottoscrizione di una "Dichiarazione di conformità a standard sociali minimi":
parte integrante del capitolato e del contratto, riporta l'assunzione di impegni
dell'aggiudicatario verso il rispetto di standard sociali minimi lungo la catena
di fornitura, nonchè alla collaborazione con la stazione appaltante in ordine al
monitoraggio degli impegni assunti (modello di tale dichiarazione è reso
disponibile in allegato alla Guida ministeriale);
4. compilazione da parte del fornitore, nel corso della durata del contratto, di
apposito questionario di monitoraggio sulla conformità agli standard sociali
minimi assunti (in allegato alla Guida ministeriale è reso disponibile modello
di tale questionario, oltre a modello semplificato per appalti di valore inferiore
alla soglia di applicazione della normativa comunitaria); anche tale
38
questionario è parte integrante della documentazione contrattuale ed
eventuali risposte false o mendaci saranno sanzionate (oltre che
contrattualmente) anche penalmente, ai sensi dell'art. 76 del DPR 445/2000;
5. richieste di chiarimenti ed incontri: l'Amministrazione richiede chiarimenti
all'aggiudicatario sulla base delle risposte contenute nel questionario, anche
se del caso organizzando incontri mirati a soddisfare eventuali esigenze
informative dell'aggiudicatario ed a facilitare la soluzione di eventuali
problemi;
6. verifiche ispettive: l'Amministrazione effettua o dispone l'effettuazione di
verifiche ispettive al fine di vigilare sul rispetto delle clausole contrattuali;
7. azioni correttive: l'aggiudicatario potrà essere tenuto ad effettuare adeguate
azioni correttive, che possono coinvolgere i sub-fornitori, di cui
l'Amministrazione aggiudicatrice potrà chiederne l'attuazione entro i termini
stabiliti dalla stessa;
8. penalità: l'Amministrazione stabilisce penalità proporzionali alla gravità delle
violazioni contrattuali inerenti eventuali momenti di non conformità agli
standard sociali minimi lungo la catena di fornitura (non esclusa,
ricorrendone i presupposti di gravità, la risoluzione del contratto).
Nella Guida è peraltro opportunamente precisato che la misura dell'applicazione dei
criteri sociali potrà essere valutata dalla stazione appaltante in ragione del grado di
rischio connesso all'operazione, in relazione, in primo luogo, al settore di riferimento
dell'appalto (è noto ad esempio, che il settore tessile ed il settore agro-alimentare
presentano un notevole rischio intrinseco di violazione dei diritti dei lavoratori e dei
diritti umani in genere, quantomeno lungo alcuni segmenti della linea di produzione e
fornitura).
Specifica raccomandazione è poi formulata nella Guida del Ministero verso un
maggior ricorso alle centrali di committenza (joint purchasing, nella terminologia
derivata dalla Guida della Commissione europea), le quali sono chiamate
all'applicazione dei criteri sociali a prescindere dal valore dell'appalto in affidamento.
Sempre solo in funzione metodologica, può osservarsi che lo strumento predisposto
dal Ministero dell'Ambiente si presta principalmente ad almeno tre ordini di
considerazioni:

trattasi di dispositivo costruito in una prospettiva sufficientemente
pragmatica ed operativa, specie tenuto conto, dei modelli
contestualmente messi a disposizione (di questionario, nonchè di
clausole contrattuali);

il sistema di monitoraggio e verifiche delineato nella Guida presuppone
tuttavia una capacità operativa nelle stazioni appaltanti più facile da
rinvenire o presumere nella organizzazioni di dimensioni medio-grandi,
piuttosto che in quelle medio-piccole;

in ogni caso, la concentrazione dell'applicazione dei criteri sociali sulla
39
fase di definizione dell'oggetto del contratto e di esecuzione del
medesimo lascia ampi margini di integrazione e sviluppo dello
strumento predisposto (come del resto rappresentato nella stessa
Guida ministeriale).
3.6 Gli appalti riservati e gli affidamenti a cooperative sociali
È stata dianzi anticipata la possibilità, prevista all'art. 52 del Codice dei contratti, che
una stazione appaltante riservi la partecipazione ad una determinata procedura
d'appalto ai cd. laboratori protetti oppure di riservarne l'esecuzione nel contesto di
programmi di lavoro protetti.
Si tratta, per la verità, di una disposizione mutuata direttamente dalle Direttive
comunitarie, che non trova nel nostro ordinamento un sostrato normativo
sufficientemente solido ed univoco.
Difatti non esiste a livello nazionale una definizione di laboratorio o di programma di
lavoro protetto.
Sulla base dei contributi forniti a riguardo dall'Autorità di Vigilanza per i contratti
pubblici - a più riprese intervenuta sull'argomento, ad esempio con la determinazione
n. 2 del 2008 o con la determinazione n. 7 del 2011 - nonchè delle esperienze anche
normative maturate a livello europeo (ad esempio, nella materia degli aiuti di stato è
considerato “lavoro protetto” uno stabilimento nel quale almeno il 50 % dei lavoratori
è affetto da disabilità grave, tale da impedire loro di esercitare una occupazione sul
mercato del lavoro, per converso, aperto; cfr. Regolamento CE 2204/2002, punto h)
il quadro di riferimento è andato relativamente chiarendosi.
Così, in primo luogo, all'espressione “laboratori protetti” viene ricondotta una valenza
identificativa di tipo soggettivo e si riferisce a quelle entità organizzate
tendenzialmente stabili nelle quali prestano attività soggetti con disabilità grave per
una quota superiore al 50 % del totale; mentre l'espressione “programmi di lavoro
protetti” ha una connotazione oggettiva, in quanto prende a riferimento direttamente
la fase di realizzazione delle attività, la quale potrà definirsi appunto programma
protetto quando nelle medesima sia assicurato l'impiego di lavoratori disabili sempre
per una quota superiore al 50 % (a prescindere, quindi, dal profilo soggettivo delle
organizzazioni che intervengono nel processo produttivo).
Nella prima ipotesi (laboratori protetti) la procedura di scelta del contraente è ristretta
a quelle organizzazioni che possiedano le caratteristiche sociali suindicate, mentre
nella seconda ipotesi (programmi di lavoro protetti) la limitazione non è a monte,
bensì a valle, e non è di tipo soggettivo bensì oggettivo, concernendo
semplicemente le modalità sociali di esecuzione del servizio.
La prima ipotesi richiede peraltro di essere tenuta discosta da altre figure in qualche
misura affini, prima fra tutte quella dell'impresa sociale, entrambe prevedendo il
coinvolgimento strutturale di personale a rischio di emarginazione.
La linea di discrimine non è sempre agevole da tracciarsi e può dipendere da fattori
40
diversi, concernendo, ad esempio, anche il livello di disabilità è la quota di lavoratori
disabili impiegata). Il principale parametro di riconoscimento è comunque dato dalla
missione o dalla scopo sociale: nel laboratorio protetto le ambizioni produttive sono
assolutamente marginali rispetto al fine assorbente dell'organizzazione,
rappresentato dall'inserimento lavorativo di soggetti altrimenti necessariamente
esclusi dal mondo del lavoro; nell'impresa sociale, il fine in qualche misura sociale o
solidaristico è invece accompagnato da una vocazione produttiva potenzialmente di
respiro più ampio, tanto che in molti casi dette organizzazioni si trovano a competere
sul mercato libero pressochè da pari a pari con imprese dalla caratteristiche
tradizionali.
Si tratta, come è facile rilevare, di uno strumento di natura chiaramente derogatoria
rispetto al sistema generale degli appalti pubblici, peraltro teoricamente non limitato
da soglie di valore, ma solo dalle suindicate caratteristiche soggettive od obiettive
dell'operazione.
La ricorrenza di queste ultime, peraltro, stante appunto la natura straordinaria del
dispositivo, dovrà quantomeno venire verificata con assoluto rigore.
Circa le procedure di affidamento, i due modelli considerati comportano soluzioni
diverse.
I laboratori protetti costituiscono appalti riservati in senso stretto, ma ciò non significa
che, almeno tutte le volte che ciò risulti possibile, sarà necessario selezionare
l'organizzazione assegnataria sulla base di procedura coerente con le regole della
concorrenza.
I programmi di lavoro protetti seguono invece la disciplina di affidamento ordinaria, in
quanto, come detto, la specialità dell'operazione attiene semplicemente alla fase
esecutiva del rapporto.
In qualche misura affine al fenomeno degli appalti riservati previsti all'art. 52 del
D.Lgs. n. 163/2006 è la previsione di cui all'art. 5, comma, 1 della legge n. 381 del
1998, a' termini della quale gli enti pubblici possono stipulare convenzioni con le
cd. cooperative sociali di tipo B, finalizzate alla fornitura di determinati beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi - in deroga alle procedure di cui al
suddetto D.Lgs. n. 163 /2006, purché il valore di tali convenzioni sia di importo
inferiore alla soglia di applicazione della normativa comunitaria.
La prima notazione che a riguardo si rende opportuna è che il cit. art. 52 del Codice,
al primo comma, fa espressamente salve “le norme vigenti sulle cooperative sociali e
sulle imprese sociali”, così dissipando ogni dubbio circa la persistenza anche del
canale di affidamento previsto dalla legge 381/1998.
Entrambi i dispositivi sono peraltro evidentemente tesi alla promozione ed
all’integrazione sociale e come tali vanno a inserirsi nel più ampio quadro di
attenzione che il diritto comunitario riserva alla considerazione degli aspetti sociali
nelle procedure di appalto pubblico.
41
Nel caso delle cooperative sociali, tuttavia, è rinvenibile anche uno specifico
appoggio nella Costituzione italiana, e più esattamente all'art. 45, secondo il quale
“la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di
mutualità e senza fini di speculazione privata e ne promuove e favorisce l’incremento
con i mezzi più idonei, assicurandone, con opportuni controlli, il carattere e le
finalità.”
Occorre quindi definire il perimetro soggettivo di applicazione dell'art. 5 della legge
381/1998.
Sul lato della committenza, non vi sono preclusioni particolare, trattandosi di
soluzione consentita a tutti gli enti pubblici, compresi quelli economici e le società a
partecipazione pubblica.
Sul lato del soggetto fornitore, il novero dei beneficiari è invece estremamente
specifico, essendo costituito esclusivamente le cd. cooperative sociali di tipo “B”,
come definite dall’art. 1, comma 1, lettera b), della legge cit., la quale individua, due
distinte tipologie di cooperative:
 cooperative di tipo A: nell’esercizio dell’attività di gestione dei servizi sociosanitari ed educativi sono rivolte ad arrecare beneficio a persone
bisognose di intervento in ragione dell’età, della condizione familiare,
personale o sociale.
 cooperative di tipo B: svolgono attività diverse dalle prime (agricole,
industriali, commerciali o di servizi), e sono finalizzate all’inserimento
lavorativo di persone svantaggiate.
Dette cooperative di tipo B, per poter beneficiare delle convenzioni sopra dette,
devono avere in organico almeno il 30 % dei lavoratori (soci o anche non soci)
costituito da persone svantaggiate, da individuarsi sulla base della definizione
contenuta all’art. 4 della stessa legge, secondo cui sono da ritenersi, appunto,
persone svantaggiate, “gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di
ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i
tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà
familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli
internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai
sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 , e successive modificazioni.
Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell'interno
e con il Ministro per gli affari sociali”.
Anche i consorzi costituiti per almeno il 70 % da cooperative sociali sono ammessi a
stipulare le convenzioni in esame, a condizione che le attività oggetto della
convenzione siano svolte esclusivamente da cooperative sociali di tipo B (cd.
cooperative di inserimento lavorativo).
Per le cooperative sociali aventi sede in Italia ed i loro consorzi è anche necessaria
la previa iscrizione ad apposito albo regionale, effettuata sulla base della ricorrenza
di un insieme di elementi concernenti la capacità professionale ed economico
finanziaria (in mancanza di tale albo, peraltro, requisiti equivalenti dovranno essere
42
attestati con riferimento ad ogni singola operazione di convenzionamento).
In ogni caso, anche cooperative aventi sede in altro Stato membro dell'Unione
potranno risultare beneficiarie delle dette convenzioni, previa dimostrazione del
possesso di caratteristiche analoghe a quelle richieste dalla legge italiana.
Sotto il profilo invece oggettivo, le convenzioni di cui trattasi conoscono due specie di
limitazioni.
Per la prima, il valore delle medesime deve essere comunque inferiore, come detto,
alla soglia di rilevanza comunitaria, così come stabilita (o meglio: esplicitata)
all'art. 28 del Codice dei contratti pubblici.
Per la seconda, dette convenzioni possono avere come oggetto solo lo svolgimento
di servizi strumentali all'attività della P.A. committente o l'erogazione di forniture
ugualmente strumentali, con esclusione quindi sia dei lavori pubblici che della
gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica (v.si, in merito, la sentenza
del C.d.S., 6 ottobre 2011, n. 1466)
Ma una terza almeno altrettanto rilevante condizione limitativa è stabilita all’art. 5
della legge n. 381/1991, secondo cui le convenzioni sono “finalizzate a creare
opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’art. 4, comma 1”.
Il fine di inserimento lavorativo è dunque elemento essenziale della fattispecie,
valendo come insostituibile presupposto legittimante la deroga al sistema ordinario di
affidamenti che queste convenzioni evidentemente comportano.
Quanto alle procedure di affidamento - osservato che la materia è affidata anche alla
competenza normativa regionale, nell'ambito dei principi posti con la normativa di
livello nazionale - va detto che secondo l'insegnamento della giurisprudenza la
deroga deve intendersi verso le procedure formalizzate ordinarie, restando tuttavia
tenuta la stazione appaltante, qualora sussistano o possano sussistere più soggetti
interessati ad una determina operazione, selezionare il soggetto fornitore attraverso
l'esperimento di procedura comunque coerente con le regola della concorrenza, sia
pure eventualmente nelle forme attenuate proprie, ad esempio, delle procedure
negoziate.
Quali le differenze con gli appalti riservati di cui al sopra menzionato art. 52 del
Codice ed in particolare con gli affidamenti a laboratori protetti ivi previsti ?
Innanzitutto, quelle di natura soggettiva. Le convenzioni di cui alla legge 381/1998
sono come detto riservate alla cooperative sociali di tipo B, mentre nessuna forma
giuridica o tipologica risulta predeterminata per i laboratori protetti, i quali sono
contraddistinti esclusivamente in ragione delle loro caratteristiche soggettive interne.
Se poi entrambe le fattispecie sono caratterizzate dallo spirito solidaristico e quindi
sociale, la convenzioni con le cooperative sociali rappresentano attuazione diretta
del principio mutualistico e cooperativo, avente, come detto, valenza sua propria nel
nostro ordinamento.
43
La stessa finalità di inserimento lavorativo che accomuna le due ipotesi conosce
diverse specificazioni fra l'una e l'altra fattispecie.
Mentre, difatti, i laboratori protetti sono quelli all'interno dei quali operano (per una
quota non inferiore al 50 %) soggetti affetti da disabilità tale da non consentirgli
senz'altro altro impiego nel mercato aperto, i lavoratori occupati nelle cooperative
sociali utili al raggiungimento della quota minima prescritta (almeno il 30 %
dell'organico) sono persone svantaggiate di vario genere, sicuramente a rischio di
emarginazione sociale, ma certamente non a priori altrimenti escluse dal mondo del
lavoro.
Non vi è dubbio che negli appalti che prevedono il coinvolgimento dei laboratori
protetti il carattere solidaristico dell'operazione sia, dunque, ancora più intenso ed
assorbente rispetto alle convenzioni con le cooperative sociali, che restano
comunque operatori economici a tutti gli effetti, sia pure connotati da speciali
caratteristiche soggettive e finalità.
Tali differenze si riverberano peraltro in via diretta sulla consistenza economica
consentita per le suddette operazioni, che, come detto, è limitata ad una dimensione
infracomunitaria (sottosoglia) per l'ipotesi delle cooperative, mentre non conosce
virtualmente limitazioni per i laboratori protetti.
Per una più specifica analisi delle problematiche afferenti le convenzioni con le
cooperative sociali si rinvia alla determinazione dell'Autorità di Vigilanza per i
Contratti Pubblici n. 3 del 1° agosto 2012 (“Linee guida per gli affidamenti a
cooperative sociali ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991”), adottata
dopo apposita procedura di consultazione di operatori pubblici e privati.
44
4. LA PROPOSTA DI NUOVA DIRETTIVA APPALTI APPROVATA DALLA COMMISSIONE
Come anticipato in apertura, in data 20 dicembre 2011 la Commissione europea ha
reso definitiva Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sugli
appalti pubblici, COM(2011)896, attualmente in sede di discussione presso il
Parlamento europeo.
Sebbene da tale proposta, in quanto tale, evidentemente non possano allo stato
discendere parametri regolamentari di immediata applicazione, trattasi comunque di
documento già ad oggi di notevole interesse, specialmente in quanto frutto di ampia
consultazione a tutti livelli negli Stati dell'Unione e quindi espressione per larga parte
di principi e posizioni già ampiamente condivise.
Tale proposta rappresenta quindi sin da ora un utile riferimento interpretativo, se non
altro per quanto concerne il fondamentale punto di vista comunitario riguardo alle
problematiche oggetto del presente elaborato.
Ebbene già nella relazione illustrativa delle detta proposta ampio spazio è dedicato
agli aspetti sociali associati alle operazioni di appalto.
Facendo diretto riferimento alla già citata strategia Europa 2020, nella detta
relazione è sottolineato il ruolo fondamentale degli appalti pubblici per assicurare lo
sviluppo di una economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione, efficiente e
competitiva sotto il profilo delle risorse, a basso impatto ambientale, con un alto
tasso di occupazione e tale da favorire la coesione sociale e territoriale.
La messa in opera di un quadro normativo rivisto e ammodernato in materia di
appalti pubblici è intesa come azione funzionale sia a rendere più flessibile e quindi
più efficiente le procedure di aggiudicazione dei contratti e sia ad un uso
maggiormente efficace dei contratti d'appalto pubblici a sostegno di altre politiche
pubbliche. Gli obiettivi principali della proposta sono infatti così definiti:
• Accrescere l'efficienza della spesa per garantire i migliori risultati possibili, in
termini di rapporto qualità/prezzo, in materia di appalti. Ciò comporta, in
particolare, una semplificazione e una maggior flessibilità dell'attuale
normativa in materia di appalti pubblici. Procedure semplificate ed efficienti
andranno a vantaggio di tutti gli operatori economici e favoriranno la
partecipazione delle PMI e degli offerenti transfrontalieri.
• Far sì che i committenti facciano un miglior uso degli appalti pubblici a
sostegno di obiettivi sociali comuni quali la tutela dell'ambiente, una
maggiore efficienza energetica e sotto il profilo delle risorse, la lotta contro i
cambiamenti climatici, la promozione dell'innovazione e dell'inclusione
sociale e infine la garanzia delle migliori condizioni possibili per la fornitura
di servizi pubblici di elevata qualità.
Se la tutela dell'ambiente, il supporto alle PMI e all'innovazione, rappresentano da
tempo obiettivi ampiamente condivisi a livello comunitario, la considerazione
45
dell'inclusione sociale fra i principali obiettivi della riforma degli appalti costituisce un
passaggio particolarmente significativo, che va ad inserirsi in quello che viene
definito nella stessa Relazione “Uso strategico degli appalti pubblici in risposta alle
nuove sfide”
In ogni caso, almeno tre sono le linee evolutive che interessano l'oggetto del
presente elaborato.
La prima linea concerne la possibilità per i committenti di basare le loro decisioni di
aggiudicazione non più (accanto eventualmente al merito tecnico dell'offerta, nel
caso in cui il metodo di aggiudicazione sia quello dell'offerta economicamente più
vantaggiosa) semplicemente in rapporto al prezzo offerto dai concorrenti, bensì sul
cd. costo del ciclo di vita dei prodotti, servizi o lavori che prevedono di acquistare.
“Il concetto di costo dell'intero ciclo di vita comprende tutti i costi che emergono
durante il ciclo di vita dei lavori, delle forniture o dei servizi, sia in termini di costi
interni (come lo sviluppo, la produzione, l'uso e la manutenzione e i costi di
smaltimento finale) che di costi esterni, a condizione che possano essere
monetizzati e controllati” (40° considerando della proposta di Direttiva in esame).
Peraltro è anche previsto che una volta dall'Unione Europea definita una
metodologia ad hoc per il calcolo dei costi del ciclo di vita, le Amministrazioni
aggiudicatrici saranno tenute - e non più semplicemente autorizzate - a utilizzare
tale parametro.
La seconda fondamentale linea evolutiva attiene al cd. processo di produzione dei
beni, servizi o lavori commissionati, essendo previsto che la Amministrazioni
aggiudicatrici possano far riferimento a tutti i fattori direttamente collegati al processo
di produzione, sia nella fase di definizione delle specifiche tecniche, che nella fase di
definizione dei criteri di aggiudicazione, sempreché si riferiscano ad aspetti di tale
processo strettamente legati alla produzione o alla fornitura delle merci o dei servizi
acquisiti.
Quindi, “per una migliore integrazione delle considerazioni di tipo sociale negli
appalti pubblici, ai committenti dovrebbe essere consentito di inserire – nel criterio di
aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa - alcune caratteristiche
relative alle condizioni di lavoro del personale direttamente coinvolto nel processo di
produzione o di prestazione in questione. Le caratteristiche possono riferirsi
unicamente alla tutela della salute del personale direttamente coinvolto nei processi
produttivi o alla promozione dell'integrazione di persone svantaggiate o di membri di
gruppi vulnerabili nel personale incaricato dell'esecuzione del contratto, anche per
quanto riguarda l'accessibilità per le persone con disabilità. Ciascun criterio di
aggiudicazione che include tali caratteristiche dovrebbe comunque limitarsi alle
caratteristiche che hanno conseguenze immediate sul personale nell'ambiente di
lavoro” (41° considerando proposta detta).
In applicazione di tale ultima regola, peraltro, le stesse Amministrazioni sono tenute
ad escludere dal sistema requisiti non connessi al processo di produzione dei
prodotti, lavori o servizi ai quali si riferisce l'appalto, “quale il requisito sulla
responsabilità sociale generale delle imprese che copre la globalità dell'attività
dell'aggiudicatario.”
46
Si tratta, come è agevole osservare, di una puntuale riaffermazione del criterio del
collegamento con l'oggetto dell'appalto quale parametro discriminante in ordine alle
legittimità della imposizione di determinate specifiche socialmente responsabili o
dell'impiego di determinati criteri di aggiudicazione ugualmente ispirati a ragioni di
natura sociale.
La terza pertinente linea evolutiva concerne il metodo delle cd. etichette. Si tratta,
peraltro, non certo di una novità assoluta, quanto piuttosto di una estensione del
campo di operatività dello strumento, ad oggi principalmente impiegato nella materia
ambientale.
Sulla base della nuova direttiva proposta, infatti, le Aamministrazioni aggiudicatrici
potranno esigere che lavori, forniture o servizi siano muniti di particolari etichette o
marchi di certificazione sì ambientali, ma anche specificamente sociali o relativi ad
altre caratteristiche (come sempre, a condizione che riconoscano anche etichette o
marchi di certificazione equivalenti)
Oltre alle etichette od ai marchi di qualità ecologica europei o(multi)nazionali, sarà
dunque possibile ricorrere a marchi od etichette anche per attestare che per la
realizzazione di un determinato prodotto non è stato fatto ricorso all'impiego di lavoro
minorile o ad altre forme di sfruttamento del lavoro sanzionate dalla Convenzioni
internazionali su lavoro comunemente accettate.
La linea evolutiva generale è dunque ampiamente tracciata e confermata nella
proposta di direttiva qui esaminata, mentre restano ancora da definirsi molti dei
possibili contorni
concreti delle nuove procedure ispirate ad una maggior
considerazione degli aspetti sociali degli appalti.
47
5. ALCUNI ESEMPI DI AZIONI GIÀ INTRAPRESE IN MATERIA DI APPALTI SOCIALMENTE
RESPONSABILI
Non sarà inutile, si ritiene, prima di passare ad indicazioni di genere possibilmente
maggiormente operativo, soffermarsi brevemente su alcune significative esperienze o
iniziative in materia di appalti socialmente orientati avviate in Europa come anche in
Italia.
La prima iniziativa a cui si intende fare riferimento è quella posta in esser dal Regno
Unito, con il Social Value Act, approvato l'8 marzo 2012 ed in vigore dal 31 gennaio
2013.
Si tratta di un testo normativo che impone a tutte le amministrazioni e gli enti pubblici
in Inghilterra e nel Galles di porsi, nella fase propedeutica alla indizione di procedure
di gara, la seguente fondamentale domanda:
- in che modo l'operazione di acquisizione programmata potrà essere
conformata al fine migliorare il benessere economico, sociale o ambientale
del territorio di riferimento ?
Il carattere innovativo di tale iniziativa non risiede peraltro nel suo contenuto
specifico, quanto piuttosto nel fatto detta azione non è più considerata alla stregua di
semplice facoltà e nemmeno oggetto di specifica raccomandazione, quanto piuttosto
come un vero e proprio obbligo, di cui le stazioni appaltanti sono chiamate iin qualche
misura a rendere conto negli atti preliminari del procedimento.
Il valore sociale dell'appalto diviene quindi un elemento da tenere necessariamente in
considerazione nella definizione di tutti i parametri della procedura espletanda
(oggetto, specifiche tecniche, criteri di ammissibilità, criteri di partecipazione o
condizioni di esecuzione).
Nella consapevolezza della delicatezza delle questioni trattate, il Social Value Act
contiene peraltro anche una forte raccomandazione ai commissioners di condurre
adeguate procedure di consultazione preliminare dei principali referenti sul territorio
per la specifica operazione prospettata (secondo un approccio, in questo, non
dissimile da quello adottato nel nostro Paese con la previsione del cd. Dialogo
strutturato con le imprese, delineato nella “Guida per l’integrazione degli aspetti
sociali negli appalti pubblici”, adottata, come detto, con decreto del 6 del giugno 2012
dal Ministero dell'Ambiente).
Non sono a riguardo individuati limite o soglie di valore e tuttavia l'oggetto è per ora
delimitato al settore dei contratti per la fornitura di servizi, inteso come il settore
potenzialmente idoneo a fornire i migliori risultati nella prospettiva di una aumentata
considerazione dei risvolti sociali complessivi dell'operazione d'appalto programmata.
Restano peraltro quali limiti fondamentali quelli ormai più volte sottolineati per ogni
azione conformativa di operazioni d'appalto, ovvero prima di tutto il rispetto dei
48
principi di non discriminazione e di proporzionalità, nonchè anche della regola del
collegamento obiettivo con l'oggetto dell'appalto: nessuna clausola sociale potrà
quindi imporsi se non quelle che trovino causa o giustificazione nell'ambito della
stessa operazione d'appalto5.
Quale esempio di buona prassi, nella nota illustrativa diramata dall'Autorità
governativa in merito al Social Value Act, viene indicato il seguente percorso:
 una Autorità locale deve procedere ad acquisire servizi di ristorazione per
persone anziane;
 nel corso del pre-procurement stage, detta Autorità decide, in quanto
trattasi di servizio destinato ad assere erogato direttamente ai cittadini, di
consultare questi ultimi, insieme ai potenziali fornitori e ad alcuni
stakeholder;
 il risultato della consultazione suggerisce che molti dei potenziali beneficiari
del servizio soffrono di solitudine e di isolamento sociale;
 feedback acquisiti nel corso della stessa consultazione stanno ad indicare
che i detti problemi di isolamento e solitudine sarebbero affrontati in modo
più efficace qualora il servizio in parola prevedesse la raccolta e
l'accompagnamento degli anziani presso un centro comune, dove
consumare i pasti, appunto, in compagnia degli altri utenti del sistema;
 l'Autorità committente conforma conseguentemente l'appalto alle specifiche
sopra dette;
 inoltre, nel considerare la capacità tecnica necessaria per l'assunzione del
servizio, viene stabilita la necessità di pregresse esperienze non solo in
materia di trasporto di persone e di catering, ma anche nello specifico
settore dei servizi rivolti a persone anziane;
 naturalmente, il soggetto aggiudicatario potrà avvalersi, nelle forme di
legge, dei contributi specialistici di sub-contraenti, così come potrà
partecipare in forma riunita con altre imprese specializzate.
Tutte tali condizioni mantengono un chiaro collegamento con l'oggetto specifico
dell'appalto in affidamento e risultano quindi compatibili (sotto tale proflo) con i
principi generali di settore derivanti dalla normativa comunitaria in materia di appalti.
La seconda esperienza a cui si vuole far cenno è stata condotta in Svezia, ed ha
preso le mosse da un progetto pilota che inizialmente ha coinvolto un numero
limitato di regioni, fra cui la contea di Stoccolma.
In questo caso l'attenzione è stata posta sul processo di produzione di cinque
categorie di prodotti (acciaio inossidabile e strumenti medicali; prodotti medicali
monouso; guanti; prodotti per medicazioni; prodotti tessili; e infine, introdotti
successivamente, prodotti farmaceutici e IT), ritenuti a maggior rischio sotto il profilo
5 Nel testo originale: “The authority must consider ... only matters that are relevant to what is proposed to be
procured and, in doing so, must consider the extent to which it is proportionate in all the circumstances to take those
matters into account."
49
delle condizioni di lavoro nei Paesi di manifattura dei prodotti intermedi o finiti
(Pakistan, Thailandia, Malesia, India, Cina etc.).
È stato quindi approntato un modello comune per tutti i contratti aventi per oggetto
l'acquisizione dei suddetti prodotti a rischio di apposito “codice di condotta”, ispirato
al rispetto delle Convenzioni internazionali in materia di tutela del lavoro, nonchè un
comune modello di monitoraggio finalizzato alla verifica del rispetto delle condizioni
stabilite all'interno del detto codice lungo l'intera filiera di produzione.
Sono stati quindi condotti specifici audit direttamente nelle aree di lavorazione dei
suddetti prodotti, riscontrando violazioni di varia specie ed entità ed applicando, a
riguardo, le misure contrattuali a questo effetto previste.
Il buon esito dell'iniziativa pilota ha condotto ad estendere l'impiego del modello
sperimentato a tutte le regioni della Svezia.
Si tratta di una best practice di particolare interesse per il nostro Paese perchè
ricalca molto da vicino l'approccio alla introduzione dei criteri sociali negli appalti
pubblici disegnato nella più volte menzionata Guida adottata in merito dal Ministero
dell'Ambiente.
Inutile peraltro sottolineare come momento qualificante di tale modello sia
l'effettuazione di qualificati audit in loco, i quali tuttavia presuppongono una capacità
operativa non sempre rinvenibile nel nostro tessuto amministrativo.
Significative azioni in materia di inclusione di istanza sociali negli appalti sono state
condotte, ad esempio, in molte regioni della Spagna,
Il Comune di Siviglia, ad esempio, ordinariamente prevede l'operatività di clausole
sociali nell'ambito dei propri appalti.
In questo caso l'aspetto maggiormente significativo risiede nell'articolazione del
sistema di clausole applicato, le quali si atteggiano specificamente a condizioni
speciali di esecuzione del contratto.
Salvo altre, si tratta, indicativamente, delle seguenti “condizioni”:
 obbligo di impiego di una quota di personale svantaggiato pari al 10 %
della manodopera complessivamente impiegata nel contratto aggiudicato;
 qualora il contraente abbia una forza lavoro sbilanciata oltre una certa
misura verso il personale maschile, obbligo di assunzione di almeno un
risorsa di sesso femminile o di trasformazione a tempo indeterminato di un
contratto di lavoro con una risorsa di sesso femminile prima a tempo
determinato;
 obbligo di impiego, nell'esecuzione del contratto di una quota pari almeno
al 30 % del totale di personale con contratti di lavoro stabili;
 promozione di azioni che favoriscono la riconciliazione di lavoro e famiglia
da parte dell’impresa che realizza il contratto aggiudicato 6.
6 Le informazione relative a quest'ultima esperienza commentata sono state tratte dalle Linee Guida sulla materia adottate
all'interno del Progetto PASE, promosso, per l'Italia, dalla Regione Marche nell'ambito del Programma INTERREG IVC.
50
Ovviamente, il legittimo impiego di clausole di questo tenore, nella prospettiva della
compatibilità con il diritto comunitario degli appalti, dipenderà in primo luogo dal
sussistenza di adeguato collegamento delle prescrizioni poste con l'oggetto specifico
dell'appalto, nonchè dalla proporzione fra prescrizione e beneficio (anche di natura
sociale) sempre entro il perimetro del contratto eseguendo.
Un ultima azione positiva che si intende portare ad esempio fa riferimento alla Città di
Parigi. Trattasi peraltro di operazione già considerata nella Guida della Commissione
alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici, del 2011.
Il momento di maggior interesse di tale esempio sta nel fatto che la buona pratica
realizzata combina la considerazione tanto di aspetti ambientali, quanto di aspetti
propriamente sociali.
In concreto, il Comune di Parigi, dovendo provvedere all'acquisizione di una quantità
rilevante di capi d'abbigliamento per i propri dipendenti (circa 300.000 capi distribuiti
su 300 ordini) ha ritenuto di includere nelle proprie procedure di affidamento sia
aspetti sociali che aspetti attinenti alla tutela dell'ambiente.
A questo effetto, il Consiglio comunale di Parigi richiede ai propri fornitori di
sottoscrivere preventivamente una dichiarazione contenente l'impegno alla
osservanza di determinati standard di produzione, nonchè al rispetto dei diritti
fondamentali dei lavoratori, così come individuati nelle Convenzioni
dell'Organizzazione internazionale del lavoro, durante l’intero processo di esecuzione
dell’appalto.
Ai fornitori viene inoltre imposto di sottostare ai controlli in merito eseguiti da
organismo d'audit indipendente designato dal Consiglio comunale e quindi di dare il
richiesto seguito ad eventuali raccomandazioni scaturite da tali controlli.
Una prospettiva dunque evoluta della questione della inclusione di criteri sociali nelle
operazione d'appalto combina senza particolari difficoltà istanze sociali in senso
stretto con istanze invece di tipo ecologico o ambientale.
51
6. LE CLAUSOLE SOCIALI NELLA PRASSI E NELLA GIURISPRUDENZA
Ad oggi, in Italia come altrove, le clausole sociali più frequentemente ricorrenti nella
pratica sono fondamentalmente di due specie:
 la prima, riguarda l'obbligo per l'operatore aggiudicatario di appalto pubblico di
riservare ai lavoratori impiegati nel medesimo un trattamento economico non
inferiore a quello minimo previsto nella contrattazione collettiva di settore, ancorchè
quest'ultima non risulti immediatamente applicabile all'impresa fornitrice;
 la seconda, riguarda l'obbligo per l'operatore aggiudicatario al cd. mantenimento dei
livelli occupazionali precedenti, mediante riassunzione del personale già impiegato
nell'appalto dall'impresa fornitrice uscente.
Entrambe dette speciale di clausole creano una certa obiettiva tensione fra i principi di
concorrenza e di libera iniziativa economica, da una parte, ed il principio della tutela del
lavoro, con particolare riferimento al diritto ad una retribuzione equa e sufficiente.
La prima specie di clausole (rispetto minimi retributivi derivanti dalla contrattazione
collettiva), stante l'attuale sistemazione, nel nostro Paese, della materia della
contrattazione collettiva, non determina peraltro l'insorgenza di particolari problematiche
ed è in genere ritenuta ammissibile.
La stessa clausola ha tuttavia suscitato e suscita perplessità applicative notevoli nel
caso di operazioni cd. transfrontaliere, nelle quali i lavoratori impiegati nell'appalto
risultano dipendenti di operatore avente sede in altro Stato (UE anche non UE), solo
provvisoriamente, quindi distaccati, presso la regione di esecuzione dell'appalto.
Dubbi, difatti sono stati sollevati circa le legitimità di clausole che impongano
l'applicazione alle imprese non residenti, nonchè ai subappaltatori non residenti, di
parametri stabiliti all'interno di contratti collettivi non aventi efficacia erga omnes nel
Paese di esecuzione dell'appalto.
La stessa Corte di Giustizia Europea, in un noto precedente (sent. CGCE 3 aprile 2008,
C-346/2006, Dirk Rüffert e Land Niedersachsen), risulta aver assunto una posizione
negativa in merito, muovendo in particolare dall’art. 3.1, della Direttiva 96/71/CE7, nella
quale è stabilito che gli Stati membri sono tenuti a garantire «ai lavoratori distaccati
nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale le tariffe salariali previste da
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, ovvero da contratti collettivi o
da arbitrati dichiarati di applicazione generale».
Nel caso osservato, non è stato possibile ritenere il livello retributivo previsto nel
contratto collettivo richiamato nella clausola sociale, ma non applicato volontariamente
dall’impresa straniera, quale “minimo di trattamento”, ai sensi del cit. art. 3.1 della
Direttiva detta, in quanto tale livello era superiore al trattamento retributivo minimo
stabilito nel Paese di origine dell'impresa ed al contratto collettivo richiamato non
poteva attribuirsi efficacia erga omnes.
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Secondo la Corte di Giustizia, in sostanza, quanto previsto all’art. 3.1, lett. a)-g), della
Direttiva 96/71/CE, determina "ciò che gli Stati Membri sono autorizzati a fornire come
massimo di tutela da applicarsi ai lavoratori distaccati", con la conseguenza che sono
da ritenersi incompatibili con il diritto comunitario quelle clausole che prevedano oneri
ulteriori a carico delle imprese cd. new comers, laddove per ulteriori sono da intendersi
quegli oneri non direttamente discendenti da norme di legge o della contrattazione
collettiva di applicazione generale nello Stato nel quale deve svolgersi l'appalto.
La seconda specie di clausole sociali (mantenimento dei livelli occupazionali),
talvolta qualificate come di seconda generazione, ha conosciuto una vicenda molto
travagliata sia in ambito nazionale come in ambito comunitario.
Già difatti nel 1958 la Corte Costituzionale ebbe a pronunciarsi, con la sentenza
n. 78 del 16 dicembre, sulla legittimità dell'istituto cd. imponibile di manodopera,
ovvero sulla legittimità di imporre (ex lege, nel caso specifico) all'impresa
subentrante in appalto pubblico la presa in carico del personale dell'impresa uscente
già impiegato nello stesso. E la conclusione della Consulta fu in merito negativa, sul
presupposto che tale imposizione determinerebbe una lesione al principio di
concorrenza e di libera iniziativa economica non proporzionata rispetto ai benefici
ricercati in termini di stabilità occupazionale.
Successivamente anche la Corte di Giustizia si a più riprese pronunciata sul punto,
assumendo peraltro posizioni maggiormente diversificate.
Se infatti in linea di principio è stata affermata la non compatibilità con il diritto
comunitario delle clausole sociali in esame (o meglio: delle disposizioni normative
che introducevano o autorizzavano tali clausole), ad esempio con le sentenze C-460
del 2002 e C-386 del 2003, altre pronunce, a partire dalla sentenza C-67/1996,
hanno tuttavia individuato significativi margini di apertura nel caso in cui l'imponibile
di manodopera risultasse quale diretta conseguenza ed espressione della
contrattazione collettiva.
Specifica, peraltro, la Corte nella suindicata sentenza, che ciò non significa che ogni
accordo collettivo di lavoro possa godere della cd. antitrust immunity, ovvero della
facoltà di determinare, in qualche misura, restrizioni alla concorrenza, potendo
invece ciò ammettersi solo nel caso di contratti collettivi che “per la loro natura e per
il loro oggetto siano volti a conseguire gli obiettivi di miglioramento delle condizioni di
occupazione e di lavoro posti nel Trattato”.
Su tali basi, la materia in questione è stata, come è ovvio, ampiamente trattata
anche dai nostri Giudici nazionali, specie quelli amministrativi.
In particolare il Consiglio di Stato, in una importante e piuttosto sentenza (n. 3764 del
2012), ha affermato l'ammissibilità di clausole sociali siffatte, chiarendo
efficacemente le ragioni di tale posizione.
Nel caso di specie la clausola sociale (detta anche di protezione o di salvaguardia
sociale) traeva origine da un protocollo di intesa sottoscritto fra Ministero per i beni e
le attività culturali e le principali Organizzazioni sindacali, in base al quale “in caso di
subentro di un imprenditore ad un altro nella titolarità di una concessione di servizi al
53
pubblico nei luoghi di cultura statali, il subentrante si obbliga a garantire la continuità
dei rapporti di lavoro i n essere al momento del subentro, con esclusione di ulteriori
periodi di prova […] ferma restando la facoltà di armonizzare l’organizzazione del
lavoro, previo confronto sindacale, con le proposte e le esigenze dell’impresa
subentrante”.
Spiega in merito il Consiglio di Stato che la clausola sociale oltre ad armonizzarsi
con le finalità di interesse collettivo, riconosciute come limite per la libertà di iniziativa
economica privata, “trova riscontro anche nell’art. 2, comma 2, del Codice degli
appalti, che subordina il principio di economicità – nel rispetto delle norme vigenti –
“ai criteri….ispirati a esigenze sociali….”, non senza ampia sponda anche a livello
comunitario (direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE e pronunce della Corte di
Giustizia, citate dall’appellante, 7.3.1996, cause C-171/94 e C-172/94; 11.3.1997,
causa C-13/95; 26.9.2000, causa C-175/99; 14.9.2000, causa C-343/98). A livello
normativo primario nazionale, le esigenze di conservazione del posto di lavoro, in
caso di trasferimento di azienda, sono recepite dall’art. 2112 cod. civ., la cui
applicabilità è stata estesa dalla giurisprudenza ai casi in cui il trasferimento derivi
non da un contratto fra cedente e cessionario, ma da un atto autoritativo della p.a.,
purché vi sia cessione di beni fra le due imprese. La non coincidente situazione [...]
non incide sull’astratta legittimità della clausola, voluta dall’Amministrazione in
ottemperanza all’intesa intervenuta con le organizzazioni sindacal i”.
L'impegno alla riassunzione quindi, nei termini sopra detti, non appare contrastante
con i principi fondamentali, riconosciuti a livello nazionale e comunitario in materia di
lavoro e di sicurezza sociale e pertanto “poteva costituire legittimo oggetto di una
scelta discrezionale dell’Autorità concedente il servizio”.
E nemmeno, ad avviso del Consiglio di Stato, “appare ravvisabile, in rapporto a detta
scelta, una compromissione della libertà dell’imprenditore, essendo previsto nel
protocollo d’intesa che l’organizzazione del lavoro fosse armonizzata 'con le
proposte e le esigenze dell’impresa subentrante' ”.
Con due recentissime sentenze sempre il consiglio di Stato è tornato sull'argomento,
confermando, nella sostanza, la posizione sopra riportata (cfr. sent. 2374 del 30
aprile 2013, e sent. n. 2533 del 10 maggio 2013).
Nella sentenza n. 2533/2013, in particolare, è stato peraltro affermato l'importante
principio secondo cui, se “la clausola sociale deve ritenersi inderogabile quando il
servizio è organizzato dal nuovo gestore con le stesse sostanziali modalità con le
quali lo stesso servizio era organizzato dal gestore uscente, l’esigenza di dover
rispettare la clausola sociale non può escludere una diversa organizzazione del
lavoro e l’ausilio di nuovi strumenti tecnici o informatici, che non rendono più
necessario l’utilizzo di tutto il personale già utilizzato per il servizio.”
Il mantenimento dei livelli occupazionali, di conseguenza, non può mai essere
assunto come un obbligo inderogabile, dovendo comunque conciliarsi con il progetto
d'intervento del fornitore subentrante.
Questo posto a livello di legittimità delle clausole sociali aventi il contenuto in esame,
può osservarsi che il contributo in termini di benefici sociali di tale clausole si presta
a valutazioni diverse.
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L'adozione di tali dispositivi (che rientrano ovviamente nella categoria delle
condizioni di esecuzione del contratto) favorisce difatti ovviamente la stabilizzazione
dei lavoratori già impiegati nell'appalto oggetto di ri-affidamento, ma non
necessariamente conduce ad un saldo positivo in termini occupazionali.
L'effetto ricercato è in sè positivo e merita ogni considerazione, ma il vantaggio
sociale netto per la comunità e l'economia di riferimento potrà risultare, a seconda
delle situazioni, anche molto limitato.
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7. LE FILA
7.1 METODOLOGICAMENTE
Le informazioni e le notazioni sopra considerate delineano evidentemente un quadro
di riferimento, in ordine al tema del presente elaborato, tanto composito e denso di
prospettive, come nel complesso di non agevolissima lettura.
Da una parte, difatti, stanno i principi generali, discendenti - oltre che direttamente
dal Trattato UE - dagli strumenti normativi di rango più elevato del sistema di
riferimento, quali le direttive comunitarie, la nostra stessa Costituzione, il Codice dei
contratti pubblici e via dicendo.
Trattasi, si badi bene, non di astratti canoni ermeneutici, bensì di veri e propri principi
normativi, in grado quindi di orientare, se non addirittura di conformare, sia le
funzioni normativo-regolamentari di grado subordinato, sia la funzione giurisdizionale
concreta, come anche la prassi operativa del settore.
Peraltro la questione fondamentale è che il primo canone (normativo, interpretativo,
comportamentale) del settore, ovvero la tutela della piena e libera concorrenza, non
necessariamente procede nella medesima direzione verso la quale invece
depongono altri principi a valenza altrettanto generale, come la tutela dell'ambiente,
la coesione e l'inclusione sociale, oppure la tutela dei diritti di base dei lavoratori in
qualunque regione del mondo essi prestino la loro attività.
Stante tuttavia il rilievo del mercato degli appalti pubblici nel sistema comunitario, la
cui incidenza sul PIL generale è attualmente stimata dell'ordine del 17 %, è stato
ritenuto, da un lato, che trascurare dette ultime istanze avrebbe significato
abbandonare a logiche troppo rigidamente economiche una porzione significativa
dell'intero sistema produttivo europeo, e dall'altro che l'incremento della
responsabilità sociale nel settore pubblico avrebbe facilmente condotto a variazioni
nella medesima direzione e di dimensione comparabile anche nel settore privato.
Si è addivenuti quindi a formulare alcune regole tendenziali, che possono così
riassumersi:
 fin quando ciò non ridondi a discapito della libera concorrenza fra imprese,
massima considerazione deve essere riservata, negli appalti pubblici, delle
priorità socio-ambientali o sociali tout court;
 necessario contemperamento, quindi, del tradizionale principio di
economicità con il principio di salvaguardia degli interessi ambientali e
sociali;
 conformazione delle operazioni d'appalto (tanto con riguardo alla fase di
selezione del contraente, come con riguardo alla fase propriamente
esecutiva) massimizzando il ricorso a tutte le soluzioni ed i dispositivi
socialmente responsabili, con il rispetto tuttavia di due fondamentali limiti:
56
- la non discriminazione fra imprese;
- il collegamento dell'opzione socialmente responsabile dedotta nell'operazione
(ad esempio: clausola sociale) con l'oggetto stesso dell'appalto.
Peraltro trattasi di limiti strettamente connessi, in quanto è proprio un sufficiente
collegamento con l'oggetto dell'appalto che rende i norma giustificata e quindi non
discriminatoria una determinata prescrizione di gara o contrattuale (ad esempio:
l'efficienza del sistema di smaltimento di rifiuti prodotti nell'ambito dei servizi affidati).
Ovviamente sono configurabili ipotesi di prescrizioni discriminatorie diverse e
maggiormente dirette (ad esempio: richiesta di una determinata certificazione
ambientale, con esclusione di ogni attestazione equivalente) e che nulla hanno a che
vedere con il tema del collegamento con l'oggetto dell'appalto. Ma la linea di
discrimine fra operazione legittima ed operazione invece non compatibile con il
sistema di riferimento è data appunto - specialmente per le istanze sociali in senso
stretto - dalla connessione con l'oggetto del contratto.
Se difatti può considerarsi l'ipotesi di prevedere che un determinato contratto venga
eseguito a mezzo di un gruppo di lavoro avente una determina composizione ispirata
a criteri socialmente responsabili (ad esempio: una composizione rispettosa del
principio di genere oppure del principio di solidarietà intergenerazionale),
differenziare la posizione dei potenziali concorrenti in ragione della composizione del
rispettivo parco lavoratori di base, compreso dunque quella parte di esso composta
da lavoratori non interessati all'esecuzione dell'appalto, vuol dire superare il limite
consentito e realizzare con ciò un'azione discriminatoria e pertanto illegittima.
L'oggetto del contratto (e in funzione di esso le prescrizioni di gara ad esso
collegate) è dunque la palestra e ad un tempo il principale limite esterno per tali
operazioni socialmente orientate, non importa quanto commendevoli siano le istanze
sociali che la stazione appaltante intende perseguire.
Come meglio verrà sottolineato nei paragrafi successivi, peraltro, la tematica
ambientale appare attualmente più sviluppata di quella propriamente sociale.
Questo deriva probabilmente da ordini di motivi diversi.
In primo luogo, la considerazione delle istanze di salvaguardia dell'ambiente, nel
settore degli appalti pubblici ed in genere nelle varie normative di settore di matrice
comunitaria, ha radici storiche più lontane rispetto alla considerazione di quelle che
potremmo chiamare istanze cugine, ovvero quelle sociali in senso stretto, le quali
ultime sono in effetti assurte a parametro di rilievo generale dell'azione della
committenza pubblica principalmente con le Direttive appalti del 2004, salvo alcuni
speciali contesti applicativi (come quello relativo degli obblighi di mantenimento dei
livelli occupazionali in caso di subentro in appalto preesistente, considerati al
precedente paragrafo 5).
In secondo luogo, le istanze verdi si prestano per loro natura maggiormente, rispetto
alle istanze sociali, a sistemi di verifica, misurazione ed etichettatura in grado di
attestarne la corrispondenza alla specifiche poste. Per converso, la tendenziale
centralità, rispetto alle istanze sociali, più del processo di produzione che dei prodotti
o servizi finali, rende in molti casi più difficile intervenire efficacemente a riguardo.
57
In terzo luogo, le istanze ambientali sono quelle che, più di ogni altra, si prestano ad
essere salvaguardate intervenendo direttamente sull'oggetto del contratto (ad
esempio: acquistando veicoli da lavoro verdi piuttosto che veicoli a propulsione
tradizionale), vale a dire attraverso lo strumento conformativo meno critico fra quelli
disponibili.
Peraltro evidentemente non si tratta di ostacoli insormontabili, ma solo di un
percorso - appunto quello relativo alla introduzione dei criteri propriamente sociali
negli appalti - che per la massimizzazione dei risultati richiede probabilmente ancora
il compimento di alcuni passi, di ordine principalmente regolamentare, di non
secondario momento.
Peraltro, come anticipato nella premessa del presente elaborato, il sistema volto alla
protezione dell'ambiente già ad oggi disponibile per la conformazione delle
operazioni di appalto pubblico rappresenta un modello paradigmatico di estrema
utilità per l'elaborazione dei nuovi appalti socialmente responsabili.
7.2 IL PUNTO, RELATIVAMENTE ALLE ISTANZE AMBIENTALI
Le istanze di tutela dell'ambiente riguardano ogni regione del mondo, senza
distinzione, essendo se non altro direttamente connesse alle esigenze della salute
pubblica e dello sviluppo sostenibile, anche in chiave di equilibrio intergenerazionale
Per le Regioni dell'Obiettivo Convergenza, peraltro, sussistono speciali quanto ovvie
ragioni per cui tali istanze meritano la massima considerazione.
Innanzitutto, il territorio delle Regioni convergenza possiede una intrinseca
vocazione turistica, per assecondare adeguatamente la quale è tuttavia necessario
compiere ogni debito sforzo per non disperdere le risorse naturali disponibili.
In secondo luogo, lo stesso deficit di sviluppo socio-economico che contraddistingue
dette Regioni non risulterebbe indifferente ad un uso accorto della materia
ambientale, sia, appunto, in vista di uno sfruttamento più razionale delle risorse lato
sensu turistiche e sia in quanto, come è noto, le azioni a finalità di salvaguardia
dell'ambiente possiedono una dinamicità intrinseca capace di scuotere
significativamente sistemi produttivi e sociali caratterizzati invece da eccessiva
staticità. La domanda ambientale risente infatti meno di altre dell'andamento
generale dell'economia ed in particolare della domanda globale. Le prospettive
occupazionali collegate a tale componente della domanda sono peraltro
assolutamente coerenti con almeno una delle specificità del ritardo occupazionale
proprio di tali Regioni, ovvero la disoccupazione giovanile.
Quali sono gli strumenti attualmente a disposizione, a riguardo, nell'ambito del
sistema degli appalti pubblici ?
Punto di partenza non può essere considerato il “Piano di Azione per la sostenibilità
ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (ovvero Piano
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Nazionale d'Azione sul green public procurement – PAN – GPP)”, come detto
approvato, nell'ultima revisione, con decreto del Ministero dell'Ambiente del 10 aprile
2013.
Tale revisione del Piano, peraltro già prevista nello stesso Decreto di prima adozione
del 2008, è risultata necessaria, secondo le indicazioni fornite dal Ministero
emanante, sia in ragione della evoluzione registrata nel contesto normativo di
riferimento come nelle strategie politiche ed ambientali dell'Unione Europea, e sia in
ragione dei risultati delle esperienze applicative in tema di acquisti sostenibili
maturate a livello nazionale e internazionale.
In particolare, dalla apportata revisione emerge, rispetto al Piano precedente:
 il maggiore coinvolgimento delle “centrali di committenza” nell'attuazione del
processo in corso di responsabilizzazione degli appalti;
 una più ampia diffusione (anche in una prospettiva divulgativa) dei “criteri
ambientali minimi” - CAM (v.si retro paragrafo 3.4) verso alcune tipologie di
amministrazioni aggiudicatrici ed in particolare verso le Università ed i grandi
enti ed in ogni caso l'ampliamento delle categorie merceologiche per la quali
definire detti “criteri”;
 un maggior impegno per l'integrazione negli appalti, oltre che dei criteri
propriamente “verdi”, anche dei “criteri sociali”, con particolare riguardo,
ovviamente alle categorie d'appalto maggiormente esposte al rischio di gravi
compromissioni dei diritti dei lavoratori;
 l'aggiornamento e il perfezionamento delle attività di monitoraggio del Piano,
in collaborazione con l'Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici.
 la promozione di eco-etichettatura ed in particolare dell'Ecolabel Europeo,
presso i consumatori privati e pubblici.
 la promozione degli strumenti di analisi e valutazione del costo dei prodotti
lungo il ciclo di vita (Life Cycle Costing – LCC), in coerenza con gli sviluppi
normativi prefigurato nella proposta di nuova Direttiva Appalti (v.si retro,
paragrafo 4);
 il rafforzamento del ruolo delle associazioni di categoria degli operatori
economici nella diffusione degli “acquisti verdi”.
Sotto il profilo metodologico, lo stesso Piano (revisionato) pone delle “prescrizioni”, in
base alle quali tutti gli enti pubblici e gli organismi a questi equiparati sono
specificamente “invitati”:
A) ad effettuare un'analisi preliminare volta a valutare come razionalizzare i propri
fabbisogni tenendo in considerazione gli obiettivi ambientali strategici del PAN
GPP (“per esempio quali forniture possono essere dematerializzate, quali
esigenze possono essere più efficacemente soddisfatte con mino r carico
ambientale, quali procedure e quali soluzioni possono essere promosse per
evitare sprechi di risorse naturali ed economiche”);
B) a mettere in atto le azioni necessarie per conformarsi agli obiettivi ed ai principi
del PAN GPP (in particolare, dovrà predisporsi un piano ove registrare i propri
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obiettivi specifici ed il relativo livello di applicazione delle azioni intraprese;
C) individuare preventivamente le funzioni coinvolte nel processo di acquisto e le
modalità di perseguimento degli obiettivi prefissati, assicurando, a riguardo,
adeguati livelli di formazione e conoscenza;
D) a monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ponendo in essere tutte
le azioni migliorative a questo effetto necessarie.
Le Regioni, in particolare, sono inoltre invitate ad includere gli appalti verdi e
sostenibili nella propria normativa ed a "valutare l'opportunità" di adottare un piano
regionale per l'applicazione del PAN, comprendente anche azioni di comunicazione e
formazione.
Una delle ragioni che hanno condotto all'approvazione della nuova versione del PAN
GPP deve ricondursi peraltro alla medio tempore intervenuta adozione, anche a
livello interno, di strumenti normativi a carattere variamente cogente nella materia
degli acquisti verdi, che, seppure delimitati a categorie merceologiche ben delimitate
(salvo l'ultimo sottoindicato) meritano di essere ricordati.
Si tratta, ad esempio:
 del d.lgs. n. 311/2006, relativo al rendimento energetico nell'edilizia;
 del d.lgs n. 115/2008, relativo all'efficienza egli usi finali dell'energia ed ai
servizi energetici;
 del d.lgs. n. 24/2011, relativo all'acquisto di veicolo a ridotto impatto
ambientale ed a basso consumo energetico nel trasporto su strada;
 dello stesso d.PR. n. 207/2010, con cui è stato approvato il Regolamento di
esecuzione ed attuazione del codice dei contratti pubblici,il quale, come visto,
contiene numerose ed importanti aperture o prescrizioni in merito alla
introduzione dei criteri ambientali negli appalti.
Ma lo strumentario operativo attualmente ancora di più immediata applicabilità
sembra essere quello dei C.A.M. - i quali, peraltro, per definizione, costituiscono
parte integrante del PAN GPP - attualmente limitati ad undici categorie produttive,
ma con ampie prospettive di estensione tipologica.
Detti C.A.M. assommano diverse funzioni, non ultima quella di individuazione degli
specifici obiettivi ambientali concretamente perseguibili. Nell'economia del presente
elaborato, tuttavia, il loro rilievo principale sta nel fatto che gli stessi rappresentano
veri e propri strumenti attuativi dei principi posti nelle fonti di rango o respiro più
generale e possiedono quindi un carattere di concretezza difficile da rinvenire in ogni
altro strumento normativo o regolamentare approvato.
Tale concretezza si manifesta in particolare nella individuazione specifica delle leve
da utilizzare per rendere l'acquisizione prospettata "ambientalmente preferibile",
secondo modalità, cambiando ovviamente tutto quello che deve essere cambiato,
potenzialmente replicabili anche in altri settori, compreso dunque quelli per i quali ad
oggi non risultano adottati criteri minimi.
60
Se non dunque il contenuto specifico, il modus procedendi indicato nei detti CAM
bene potrà essere esportato con riferimento ad operazioni di diverso genere ed
oggetto, profittando delle elaborazioni e categorie concettuali sviluppate con
riferimento alle categorie oggetto dei CAM medesimi.
Non volendo perdere l'approccio - per quanto possibile - concreto seguito per i CAM,
si intende di seguito esaminare esemplificativamente uno di questi strumenti,
selezionato sia perchè relativo ad una categoria produttiva a cui pressochè tutte le
pubbliche Amministrazioni sono tenute a far ricorso e sia perchè coinvolge ad un
tempo profili di forniture di beni e profili di erogazione di servizi.
Si tratta dei "Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di pulizia e per la
fornitura dei prodotti per l'igiene", adottati con decreto del MATTM del 24 maggio
2012.
La prima indicazione di tipo metodologico che viene con tale strumento fornita
riguarda il sistema di aggiudicazione, relativamente al quale è sottolineato come il
metodo cd. dell'offerta economicamente più vantaggiosa (secondo cui, come è noto,
l'offerta da preferire viene prescelta attraverso la valutazione variamente combinata
tanto di elementi qualitativi come di elementi strettamente economici), in quanto
ritenuto maggiormente idoneo - rispetto al metodo alternativo, basato sul solo prezzo
- ad un adeguato apprezzamento delle istanze ambientali nell'ambito della procedura
di selezione.
La seconda indicazione generale attiene alla definizione dell'oggetto dell'appalto, a
cui la stazione appaltante deve pervenire previa adeguata analisi preliminare circa la
possibilità di razionalizzare il proprio fabbisogno, con riferimento in particolare alla
necessaria frequenza del servizio ed al dosaggio dei prodotti utilizzati.
Dopodichè soccorrono le indicazioni maggiormente specifiche, articolate secondo la
struttura tradizionale, ovvero (ad oggetto dell'appalto già definito): selezione dei
candidati, specifiche tecniche di base, specifiche tecniche premianti e condizioni di
esecuzione / clausole contrattuali.
Riguardo la fase di selezione dei candidati, la capacità ambientale potrà essere
attestata dai concorrenti attraverso l'adozione di un sistema di gestione ambientale
conforme ad una norma tecnica riconosciuta.
In funzione della verifica di tale capacità da parte delle stazioni appaltanti, la
registrazione EMAS (Regolamento n. 1221/2009 sull'adesione volontaria delle
organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit) o la certificazione
della serie ISO 14001, rappresentano adeguati mezzi di presunzione di conformità.
E tuttavia le stazioni appaltanti accetteranno anche prove diverse, come una
descrizione dettagliata del sistema di gestione ambientale attuato (politica
ambientale, analisi ambientale iniziale, programma di miglioramento, attuazione
del sistema di gestione ambientale, misurazioni e valutazioni, definizione delle
responsabilità, sistema di documentazione).
Le specifiche tecniche di base
concernono invece essenzialmente i prodotti per l'igiene e quelli per la disinfezione, i
quali dovranno appunto rispettare dei requisiti minimi, predeterminati, di compatibilità
ambientale.
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In ordine alle verifiche, si presumeranno conformi i prodotti per l'igiene in possesso
dell'etichetta ambientale Ecolabel europeo, mentre, in mancanza, l'offerente dovrà
sottoscrivere circostanziata dichiarazione di conformità. L'aggiudicatario provvisorio,
per i prodotti non in possesso dell'etichetta ecologica Ecolabel, dovrà quindi
presentare un rapporto di prova redatto da un laboratorio accreditato ISO 17025,
che garantisca la conformità dei prodotti detergenti ai criteri ambientali minimi.
Per i prodotti per la disinfezione, l'aggiudicatario provvisorio, per attestare la
rispondenza di tali prodotti ai suddetti criteri, dovrà fornire etichette, schede tecniche
e schede di sicurezza dei prodotti medesimi, ferma restando la possibilità per
l'amministrazione di richiedere anche la presentazione di un rapporto di prova da
parte di un laboratorio accreditato.
Per altri prodotti, diversi sia da quelli per l'igiene come da quelli per la disinfezione,
come ad esempio i prodotti in carta-tessuto, sono poste prescrizioni
fondamentalmente equivalenti, rispetto alle quali un ruolo centrale risulta sempre
assegnato ai sistemi di etichettatura Ecolabel, comunque sostituibili da prove
equivalenti.
La fase logica successiva è quella della definizione delle cd. specifiche premianti,
che altro non sono se non criteri di valutazione dell'offerta direttamente tarati alla
presenza di determinati elementi all'interno della medesima. Si tratta dunque non di
elementi richiesti a pena di non accettazione dell'offerta, come nel caso delle
specifiche tecniche di base (o specifiche tecniche in senso stretto), ma di elementi
dell'offerta che, qualora presenti, comporteranno l'attribuzione di uno specifico
punteggio aggiuntivo.
È in particolare prevista l'attribuzione di punti tecnici in misura direttamente
proporzionale al rapporto quali-quantitativo delle misure di gestione ambientale che
l'offerente si impegna ad adottare nel corso dell'esecuzione del servizio. Dette
misure dovranno essere descritte in un apposito Piano gestionale del servizio
predisposto dall'offerente medesimo, finalizzato a ridurre gli impatti energetici ed
ambientali, che diventerà parte integrante del contratto in caso di aggiudicazione
dell'appalto. A titolo esemplificativo, detto Piano descriverà:
 i sistemi di dosaggio o le tecniche di pulizia;
 se prevede di utilizzare apparecchiature e macchinari elettrici, con
indicazione di marca, modello e potenza e ogni altro elemento utile al calcolo
dei consumi energetici;
 le soluzioni che si impegna ad adottare per minimizzare i consumi
energetici e di acqua;
 le eventuali azioni che porrà in essere per la riduzione dei rifiuti o altre
soluzioni finalizzate alla minimizzazione degli impatti ambientali del servizio;
 l'utilizzo di prodotti di pulizia conformi ai criteri di assegnazione di etichette
ambientali ISO di Tipo I (ovviamente diversi da quelli prescritti per la stessa
accettazione dell'offerta).
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La stazione appaltante determinerà quindi i parametri di valutazione mediante i quali
attribuire i punteggi aggiuntivi, nonchè le prove da presentare direttamente a corredo
dell'offerta, ferma rimanendo ogni verifica successiva in corso di rapporto.
L'ultima fase logica che resta da considerare è quella delle condizioni di esecuzione
o clausole contrattuali, che i CAM in questioni declinano sia sotto forma di divieti che
sotto forma di prescrizioni positive.
Ad esempio è posto il divieto di utilizzare prodotti con funzione esclusivamente
deodorante/profumante oppure il divieto di utilizzare segatura di legno, mentre è
richiesto alla ditta appaltatrice di garantire che tutto il personale addetto alla
commessa sia stato adeguatamente formato ai sensi di quanto previsto dal
d.lgs. n. 81/2008 (testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro), nonchè di provvedere con determinate modalità alla gestione dei
rifiuti rivenienti dal servizio affidato.
Inoltre l'aggiudicatario dovrà produrre un rapporto annuale sui prodotti
consumati per le esigenze del servizio, indicando per ciascun prodotto, produttore,
nome commerciale e quantità utilizzata, nonchè, su richiesta dell'amministrazione,
anche specifiche prove in merito.
L'osservanza, da parte della stazione appaltante, di tutte le indicazioni prescrittive
contenute nei Criteri Ambientali Minimi approvati consentirà di qualificare
l'operazione come appalto verde, anche ai fini del raggiungimento dei valori obiettivo
fissati nel PAN GPP.
Si tratta, come è agevole rilevare, di un complesso di disposizioni le quali, se
correttamente applicate, non producono effetti discriminatori del mercato, in quanto
prima di tutto:
- è sempre ammessa la facoltà della cd. prova equivalente;
- la preferenza accordata a prodotti a minor carico ambientale non può di per sè
ritenersi discriminatoria, in quanto strettamente limitata e quindi collegata all'oggetto
dell'appalto.
Mutatis mutandi, si tratta di uno strumentario logico potenzialmente suscettibile di
ampia e varia applicazione.
7.3 IL PUNTO, RELATIVAMENTE ALLE ISTANZE SOCIALI IN SENSO STRETTO
La versione aggiornata del PAN GPP sottolinea con crescente intensità l'esigenza ed
in via correlata la possibilità di introdurre nel sistema degli appalti istanze sociali in
senso stretto, le quali, alle luce delle osservazioni contenute nelle pagine precedenti,
con una certa approssimazione possono definirsi tutte quelle istanze che non
abbiano una giustificazione prettamente economica, nè una finalità di tipo,
lato sensu, ambientale.
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Ad oggi, lo strumento metodologico di principale riferimento - ampiamente ripreso
nello stesso PAN - è la nota "Guida per l'integrazione degli aspetti sociali negli
appalti pubblici", adottata con DM del 6 giugno 2012 e già dianzi in più occasioni
richiamata e commentata.
Peraltro l'approccio descritto in tale guida non copre l'intero repertorio di istanze
sociali potenzialmente deducibili all'interno di operazioni di appalto, essendo invece
essenzialmente rivolto ad assicurare il rispetto, nelle catene di fornitura destinate alla
pubblica Amministrazione, delle otto Convenzioni fondamentali dell'ILO e di quelle
altre Convenzioni dell'ILO che fanno rifermento al concetto di lavoro dignitoso.
Se appare giusto e ragionevole muovere di qui, i margini per la conformazione delle
operazioni di appalto secondo criteri socialmente responsabili sono evidentemente
collocati all'esterno del perimetro di azione delineato con la Guida suddetta.
Gli obiettivi delle linee di azione prospettate nella Guida hanno comunque una loro
centralità ed è opportuno ancora sottolinearli:
 migliorare le condizioni di lavoro ove si riscontrano gravi violazioni dei diritti
umani ed insostenibili condizioni del rapporto;
 risolvere la questione del cd. dumping sociale, per il quale le pessime
condizioni del lavoro in alcuni Paesi crea effetti di concorrenza sleale con
riferimento ai Paesi nei quali i lavoratori godono di maggiori tutele;
 orientare gli acquisti delle pubbliche amministrazioni verso beni prodotti in
violazione dei diritti dei lavoratori;
 valorizzare le imprese sotto il profilo in esame virtuose e per converso
penalizzare quelle che agiscono in dispregio dei diritti dei lavoratori.
La complessità e criticità dell'obiettivo fondamentale - ovvero quello di far emergere
situazioni di approfittamento dei lavoratori lungo l'intera filiera produttivo-distributiva
del prodotto finale, non esclusi gli abusi commessi in Paesi lontanissimi
(geograficamente, economicamente e culturalmente) dai Paesi dell'UE - è peraltro
alla base della strategia operativa individuata.
Quest'ultima infatti, come già ricordato, poggia principalmente sul cosiddetto dialogo
strutturato, la cui funzione fondamentale è quella di accrescere il livello di
conoscenza e di consapevolezza - sul lato dell'acquirente pubblico finale, prima di
tutto - delle condizioni di lavoro retrostanti i prodotti ricercati, nonchè di
responsabilizzare in merito gli stessi distributori ultimi ed intermedi dei prodotti
medesimi.
La stessa obiettiva complessità è il presupposto di due ulteriori raccomandazioni
contenute nella: joint purchasing (centrali di committenza) e promozione del sistema
delle etichette anche con riferimento agli aspetti sociali in senso stretto.
Il ricorso al joint purchasing, anche oltre la misura già prevista in via generale
dall'ordinamento, è indicata quale via per affrontare, con maggiore specializzazione
e più adeguate risorse, le criticità dell'operazione, le quali ultime, si ricorda,
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attengono per un parte significative alla messa in atto di sistemi di verifica idonei a
conformare effettivamente la catena produttiva di riferimento o quantomeno le scelte
dell'Amministrazione in merito.
Secondo una prospettiva analoga, il sistema delle etichette presenta il vantaggio di
centralizzare (questa volta a monte) le attività di audit in capo ad organismi
specializzati, così da liberare le singole Amministrazioni (quantomeno
tendenzialmente) dall'onere di compierne di autonome.
A questo riguardo, nella Guida è ricordato che le etichette di tipo I 7, quali l'Ecolabel
Europeo, già considerano in alcuni casi le condizioni di lavoro lungo la catena di
approvvigionamento (cfr. l'art. 6, comma c, lett. e, del Regolamento UE 66/2010,
relativo appunto al marchio di qualità ecologica dell'Unione Europea, Ecolabel, che
prevede la possibilità di far riferimento alle Convenzioni ed agli Accordi internazionali
dell'ILO).
Oltre l'ambito di applicazione della Guida, stanno comunque, come detto, aspetti
sociali di tutto rispetto, come ad esempio la questione dell'inclusione sociale e
coesione sociale, della stabilità e dello sviluppo dell'occupazione, della tutela del
tessuto produttivo costituito da piccole e medie imprese, della parità di genere, della
conciliazione famiglia-lavoro, della solidarietà intergenerazionale, della tutela della
fasce di lavoratori a maggior rischio di emarginazione, etc..
Nel breve excursus sin qui condotto si è avuto peraltro modo di considerare alcuni
strumenti a cui già viene fatto ordinariamente ricorso a riguardo.
Alcuni di essi, come ad esempio il sistema dei laboratori protetti o dei programmi di
lavoro protetti o ancora delle operazioni riservate alle cooperative di tipo B, traggono
la propria legittimazione direttamente da fonti normative di rango primario o
addirittura comunitario (v.si retro, paragrafo 3.6).
Altri strumenti, come quelle clausole cosiddette appunto sociali che impongono
all'imprenditore subentrante in un appalto di rilevare, a determinate condizioni, il
personale prima in carico all'esecutore uscente, si appoggiano in genere sulla
contrattazione collettiva, ma in genere possono definirsi un prodotto conformato
specialmente dalla prassi e dalla giurisprudenza interna e comunitaria (v.si retro,
paragrafo 5).
La materia beneficia attualmente di grande attenzione a tutti i livelli e sembra lecito
quindi attendersi sviluppi normativi utili alla definizione di un quadro di interventi
maggiormente ampio e soprattutto maggiormente certo. Ma occorre comunque
chiedersi quali siano già oggi, in attesa dunque degli attesi sviluppi ed in particolare
della riforma del sistema comunitario degli appalti, le altre opzioni disponibili per le
singole organizzazioni o amministrazioni aggiudicatrici.
7 Si ricorda che secondo la norma ISO 140201, le eco-etichette di natura volontaria si distinguono, prima di tutto,
fra quelle basate su auto-dichiarazioni e quelle invece assegnate da soggetti terzi specializzati. Le etichette
ambientali di tipo I sono appunto attribuite da organismi, di natura pubblica o privata, indipendenti dal
produttore e si basano su criteri sviluppati tenendo conto di tutte fasi del ciclo di vita del prodotto (Life Cycle
Assessment - LCA). Le etichette ambientali di tipo II sono invece il frutto di auto-dichiarazione di produttori,
importatori o distributori dei prodotti, i quali riportano appunto auto-dichiarazioni e simboli di qualità
ambientale su prodotti, imballaggi o materiale informativo e pubblicitario, non convalidati né certificati da
organismi indipendenti (cd. self declared environmental claims).
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Si è visto che significative aperture sono presenti in merito già nel Codice dei
contratti pubblici, peraltro, sul punto, in via di stretta attuazione dalla normativa di
matrice comunitaria.
Se il tema dell'ambiente è peraltro ripreso in molte disposizioni del Codice, la materia
sociale conosce fondamentalmente due essenziali statuizioni:
 ed all'art. 69, a' termini del quale le stazioni appaltanti possono esigere
condizioni particolari per l'esecuzione del contratto, purché siano compatibili
con il diritto comunitario" attinenti "in particolare, a esigenze sociali o
ambientali ";
 all'art. 2, comma 2, secondo cui "il principio di economicità può essere
subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme
vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze
sociali [...]".
In via massimamente sintetica, potrebbe quindi concludersi che:
 l'art. 69 apre alla possibilità di conformare la fase esecutiva dell'appalto in
coerenza con istanze di responsabilità sociale;
 l'art. 2, comma 2. cit., apre, invece, alla possibilità di considerare le istanze
sociali, in particolare, nei sistemi di valutazione delle offerte, anche
occorrendo, pur con tutti i limiti sopra ricordati, subordinando a tali istanze il
principio tradizionalmente (in tutto o in parte) discriminante in ogni
competizione di mercato, ovvero l'elemento prezzo.
In sostanza, si tratta, rispettivamente, delle specifiche tecniche di base o condizioni
di esecuzioni del contratto e delle specifiche tecniche cd. premianti.
Sicuramente più critica è invece la via della considerazione degli aspetti sociali nella
fase di preselezione o qualifica dei candidati, quantomeno oltre quanto attualmente
già stabilito nel Codice dei contratti pubblici, in particolare all'art. 38 (laddove
irregolarità relative agli obblighi di legge in materia di previdenza ed assistenza
obbligatoria sono considerate quale causa di esclusione dalla procedura).
In questo campo, infatti, da una parte l'art. 46 del Codice, comma 1-bis, stabilisce il
principio della tassatività della cause di esclusione e quindi la nullità di delle clausole
che prevedano cause di esclusione non previste per legge, e dall'altra risulta
estremamente difficile configurare requisiti speciali di partecipazione (in termini di
capacità tecnica od economica) idonei a fare la differenza fra imprese più o meno
virtuose sotto il profilo sociale. L'assenza di specifico collegamento con l'oggetto
dell'appalto ridonderebbe difatti facilmente in trattamento discriminatorio e pertanto
incompatibile (quantomeno) con l'ordinamento comunitario.
Riguardo invece le condizioni di esecuzione dell'appalto, sembra utile ricordare che
già il nostro Codice prevede espressamente una ipotesi di clausola sociale di questo
genere all'art. 90, comma 7, secondo il quale "il regolamento definisce le modalità
per promuovere la presenza anche di giovani professionisti nei gruppi concorrenti ai
bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione, concorsi di idee".
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Ed appunto il regolamento detto (approvato con DPR. n. 207/2010) prevede,
all'art. 253, quale condizione generale per la partecipazione dei raggruppamenti
temporanei di imprese / professionisti alle gare per l'affidamento dei servizi tecnici di
cui all'art. 90 del Codice, "la presenza, quale progettista, di almeno un professionista
laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione secondo le
norme dello Stato membro dell’Unione Europea di residenza".
Si tratta di una previsione estremamente importante, per due ordini di ragioni
diverse:
 costituisce esempio paradigmatico di istanza (sociale) in controtendenza con
le istanze tradizionali, nelle quali il dato esperienziale è ordinariamente
utilizzato quale limite minimo e non quale limite massimo, rappresentando
elemento di garanzia per l'esecuzione del contratto;
 ha già superato, per definizione, il vaglio di compatibilità rispetto
all'ordinamento (comunitario e non) essendo contenuta nello strumento
principale di attuazione della normativa comunitaria di settore.
E d'altra parte è evidente che in tale ipotesi la condizione principale per poter
escludere il carattere discriminatorio della specifica posta, ovvero il collegamento
con l'oggetto del contratto, è pienamente soddisfatta, trattandosi di regolare la
composizione dello stesso gruppo di lavoro incaricato di rendere il servizio in
affidamento. Lungo tale direttrice metodologica sembra dunque possibile incidere
significativamente sul grado di responsabilità sociale degli appalti pubblici.
Le scelte che è dunque possibile operare a titolo di contrasto della disoccupazione
intellettuale giovanile, in un determinato profilo o settore professionale, risultano
probabilmente passibili di estensione sino a ricomprendere la causa del contrasto
della disoccupazione giovanile tout court, oppure della cd. disoccupazione di genere,
così come analoghe soluzioni potrebbero seguirsi per la promozione dell'inclusione
sociale di soggetti particolarmente svantaggiati, ovvero per promuovere la
stabilizzazione di forme di lavoro precario, oppure per altre finalità ancora.
Per quanto riguarda le condizioni di esecuzione dl contratto, tale possibilità, come
detto, risulta del resto espressamente prevista già all'art. 69 del Codice,
condizionatamente, come è ovvio, al rispetto dei principi di derivazione comunitaria.
Non sembra peraltro che la traslazione dello stesso metodo dalle condizioni di
esecuzioni del contratto ai criteri di valutazione delle offerte possa di per sè
contrastare con tali principi, posta la generale apertura sul punto di cui al su
richiamato art. 2, comma 2, dello stesso Codice.
Ovviamente, in un caso e nell'altro, la regola base dello stretto collegamento con
l'oggetto del contratto (secondo la quale, ad esempio, risulterebbe discriminatoria la
richiesta di assunzione, da parte del fornitore, di forza lavoro non direttamente
impiegata nell'esecuzione del contratto), non è l'unico presupposto di legittimità di
clausole siffatte, le quali quantomeno sono soggette ad un rigoroso vaglio di
ragionevolezza e proporzionalità.
L'incidenza di una specifica condizione esecutiva socialmente orientata non potrà
mai, infatti, risultare tale da alterare significativamente gli ordinari processi di
mercato e di qui anche l'ordinario gioco della concorrenza.
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La prescrizione di ordine sociale dovrà invece essere misurata e conformata in modo
da risultare proporzionale alle caratteristiche oggettive dell'operazione, ricercando il
giusto equilibrio fra considerazione del vantaggio sociale e sacrificio invece imposto
all'ordinario esercizio delle forze di mercato.
Quale modello estremo di condizione illegittima per contrasto con i principi di
ragionevolezza e di proporzionalità, può prospettarsi il caso di una specifica
contrattuale da cui derivi l'obbligo di impiego nell'appalto di una determinata quota di
forza lavoro specializzata femminile, laddove nel settore di riferimento, come ad
esempio quello edile, le possibilità di reclutare risorse corrispondenti alle specifiche
poste risultino ristrettissime.
In modo per molti versi analogo, seppure potrà risultare ammissibile, in astratto, un
criterio di aggiudicazione che attribuisca un determinato quoziente di punteggio
aggiuntivo al ricorso a lavoratori appartenenti a determinate fasce sociali
particolarmente svantaggiate, in concreto l'incidenza di tale criterio non potrà mai
assumere una rilevanza tale da sovvertire da sè solo le ordinarie regole della
competizione, basate principalmente sull'elemento qualità e sull'elemento prezzo.
La misura e la proporzione delle prescrizioni di cui trattasi rispetto in primo luogo
all'oggetto dell'appalto risulterà, quindi, fondamentale metro di discrimine fra
legittimità o invece illegittimità delle medesime.
Riguardo il percorso concreto da seguirsi per l'introduzione di clausole di questo
genere, un ruolo molto significativo potrà essere svolto dall'Autorità per la Vigilanza
sui contratti pubblici, alla quale lo stesso art. 69 cit. 8 attribuisce una funzione
consultiva non obbligatoria nè vincolante, ma non per questo poco importante.
Peraltro, in ragione della funzione consultiva generale assegnata alla detta Autorità
nel sistema del Codice, non appare precluso alle stazioni appaltanti di formulare
specifiche richieste di parere alla medesima, non solo con riferimento alle condizioni
di esecuzione del contratto - ex art. 69 cit. - ma anche, ad esempio, relativamente ad
un determinato sistema di valutazione delle offerte approntato.
La relativa novità del terreno su cui insistono le problematiche in esame e soprattutto
l'intrinseca criticità di ogni operazione volta alla introduzione di istanze sociali negli
appalti pubblici - trattandosi di istanze di per se stesse almeno apparentemente
estranee alla logica tradizionale della competizione economica e per certi versi
addirittura virtualmente collidenti con alcuni principi base del sistema comunitario
degli appalti pubblici - suggeriscono difatti almeno questo livello di prudenza, in
attesa dei nuovi attesi sviluppi normativi e/o giurisprudenziali in materia.
Roma, 31 maggio 2013
avv. Filippo Bersani
8
Comma 3: "La stazione appaltante che prevede tali condizioni particolari può comunicarle all'Autorità, che si pronuncia
entro trenta giorni sulla compatibilità con il diritto comunitario. Decorso tale termine, il bando può essere pubblicato e gli
inviti possono essere spediti."
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