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La pittura silenziosa

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La pittura silenziosa
La pittura silenziosa
Piero della Francesca
(1416 – 1492)
Massimo Margotti
(Studente di Fisica, Università Sapienza di Roma)
Figura 1 Piero della Francesca: Madonna di Senigallia, 1474 circa, olio
su tavola, 67cm × 53, 5cm (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche)
orrei trattare in questo primo scritto di un artista che
si situa nel primo Rinascimento. Non è un caso
che nel capolavoro dell’Alberti, il Tempio Malatestiano di Rimini, sia presente un affresco di Piero
della Francesca. Il ruolo artistico di Piero venne rivalutato solo
nel ’900, quando finalmente fu possibile riassumere le rivoluzioni
pittoriche come fossero un percorso lineare; linearità che fa parte
solo della visione dei posteri. Benché mantenga una totale autonomia stilistica, il lavoro di Piero della Francesca è emblematico
del passaggio che a quell’epoca stava avvenendo in Italia a livello
intellettuale e sociale e individua un momento in cui l’arte assorbiva gli estremi dell’intelletto umano. Tra questi l’incontro tra
arte e matematica, riconosciuta come unica risorsa per una descrizione della realtà. Cosı̀ come in una mitologia greca, da tale
incontro nasce la prospettiva capace, attraverso l’inganno della
mente, di donare una nuova visione del mondo. Dipingere secon-
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do le regole prospettiche non era solo una moda, ma la necessità
di rappresentare ciò che il nuovo pretendeva come centrale. È il
momento in cui una classe commerciale annaspa di desiderio per
la regalità dei titoli nobiliari, ma in questo desiderare è evidente
la volontà di superamento. Ecco che nella Madonna di Senigallia
(Figura 1) l’abito borghese, privato e quotidiano, diviene degno
dei Santi che camminano su una terra arata e mansueta o in città
già razionali. Fu con Piero che l’arte italiana rispose alle titubanze
fiamminghe (risolte con allegorie ovine) sulla rappresentabilità di
Dio; sulle orme del primo libro del Pentateuco il problema della
rappresentazione di Dio poteva essere ricondotto alla mera rappresentazione dell’uomo e di ciò che lo circondava. Da questa
affermazione ne seguiva, come in una impostazione teorematica
non distante dalla forma mentis degli artisti dell’epoca, che la terra e le architetture fossero un attributo indispensabile di questa
rappresentazione. È a questo scopo che la pittura si trasforma in
uno specchio che riflette una Natura domata e disponibile a essere percorsa nella sua profondità, non come nei Coniugi Arnolfini
di Jan van Eyck dove la realtà è distorta, o successivamente ne
Las Meninas di Velasquez dove lo specchio mostra la realtà trascendente dei rapporti di forza mostrando possibili sentieri dell’inconscio. È in fondali di campi squadrati, coltivati e produttivi,
in città dalle architetture geometricamente definite, che Piero colloca i suoi personaggi scultorei che, immutabili come la scultura,
danno Ragione dell’affermarsi dell’Uomo. Nella pittura di Piero
è escluso qualsiasi principio dinamico, non ci sono movimenti, il
dipinto non è una fotografia poiché ogni forma umana presentata
diviene forma divina; prevale dunque una statica di sapore masaccesco quale metafora del motore immobile platonico. Figure
geometriche e solidi platonici sono il recupero della forma del
pensiero classico e s’innestano nei racconti pittorici come teoremi la cui verità dimostrabile ha la durezza e la trasparenza del
cristallo. È su questi solidi cristallini che s’infrange la luce di un
sole a mezzogiorno, le ombre soggiacciono completamente alle
strutture che le determinano (dato non secondario in un maestro
della prospettiva), quasi come se le figure divenissero meridiana di un tempo di passaggio, la fine dell’età di mezzo e la piena
coscienza di appartenere ai pittori della trasformazione.
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. . . l’incontro tra arte e matematica,
riconosciuta come unica risorsa per una
descrizione della realtà . . .
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accastampato num. 1, Giugno 2010
SCIENZARTE
Bibliografia
Figura 2 A sinistra, Piero della Francesca: La leggenda della Vera Croce.
A destra, Pablo Picasso: Il serbatoio Horta.
Siamo lontani dagli ori di Beato Angelico di sapore bizantino; in
Piero le immagini bruciano come riscoperte alla luce delle nuove architetture e i volti, concepiti nell’oscurità, prendono fuoco
al chiarore della nuova arte, diventando più veri e credibili come se in tale chiarezza ogni inganno pittorico fosse dissimulato e
annichilito, anziché magnificato. In Piero anche la polvere acquista spessore, dona densità all’aria suggerendo profondità e misura
(Madonna di Senigallia). Nulla è lasciato al caso e, se gioca col
colore per ingannare l’occhio sulle reali distanze delle architetture (come nella pala di Brera o nel ciclo della vera Croce), lo fa
alla ricerca di un osservatore attento che, scorgendo l’inganno, si
avvicini e si immerga in una pittura istruita a misura d’uomo e che
con l’uomo e la sua realtà vuole misurarsi. La costruzione pittorica richiede dunque un movimento all’osservatore, quello di vivere
lo spazio architettonico che comprende l’opera stessa, richiede di
muoversi nello spazio. La statica suggerisce la dinamica. Questa
esigenza fu forse maturata da due necessità umane: la prima quella di confrontarsi con i pittori di Firenze che dipingevano nell’architettura rinascimentale, la seconda di introdurre l’osservatore a
quelle perfette simmetrie matematiche che tanto bene conosceva
e che fanno dei suoi dipinti un’universalizzazione della tranquillità borghigiana dei biturgensi. L’opera matematica di Piero (Il
Piero matematico dei De Pictura Pingendi, De quinque corporibus regularibus e Trattato D’Abaco sarà riconosciuto dall’allievo
Luca Pacioli) non s’identifica nella pittura, ma si risolve in essa.
(1) Bernard Berenson, Piero della Francesca o dell’arte non eloquente, a cura di Luisa Vertova, Milano, Abscondita
(2) Roberto Longhi, Piero della Francesca, Firenze, Sansoni
(3) Carlo Ginzburg, Indagini su Piero, Einaudi
(4) John Pope-Hennessy, Sulle tracce di Piero della Francesca,
Umberto Allemandi & Co.
(5) E. H. Gombrich, La storia dell’arte raccontata da
E.H.Gombrich, Einaudi
(6) Henri Focillon, Piero della Francesca, Abscondita
(7) Ernst H. Gombrich, Riflessioni sulla storia dell’arte, Einaudi
(8) Ernst H. Gombrich, Sentieri verso l’arte, Leonardo Arte
(9) Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano, Storia
dell’arte italiana, Electa, Bruno Mondadori
(10) Carlo Bertelli, Piero della Francesca, Silvana Editoriale
(11) Alessandro Parronchi, Ricostruzioni: Piero della Francesca
– L’altare di Gand, Medusa
(12) Anna Maria Maetzke e Carlo Bertelli, Piero della Francesca: La Leggenda della Vera Croce in San Francesco ad Arezzo,
Skira
(13) Oreste Del Bono, Pierluigi De Vecchi, L’opera completa di
Piero della Francesca, Milano, Rizzoli
(14) Charles Bouleau, La geometria segreta dei pittori, Electa,
Bruno Mondadori
(15) H.Damisch et al., Piero Teorico dell’Arte, a cura di Omar
Calabresi, Gangemi Editore
(16) Una scuola per Piero, a cura di Luciano Bellosi, Marsilio
Sull’autore
Figura 3 A sinistra, Piero della Francesca: particolare del Battesimo. A
destra, Vincent van Gogh: particolare di Ladies of Arles.
Massimo Margotti (massimomargotti@gmail.
com), laureato in Biotecnologie Industriali, accanto all’attività di studio e di ricerca ha lavorato come operatore didattico presso il Museo del Patrimonio industriale di Bologna e partecipato a varie iniziative di Arte e
Scienza, tra le quali Fist fucking drain del dipartimento
di Ingegneria di Bologna e Radical Relations di Robert
Vincent.
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