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Diapositiva 1 - Raffaele solaini

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Diapositiva 1 - Raffaele solaini
Semiotica
R. Solaini
Prima lezione
Il pensiero strategico
R. Solaini
A proposito di strategia
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•
Secondo il dizionario della lingua italiana (Treccani), strategia è:
1.
nell’arte militare, la tecnica di individuare gli obiettivi generali e finali di una guerra o di un
ampio settore di operazioni, di elaborare le grandi linee di azione, predisponendo i mezzi per
conseguire la vittoria
2.
regola generale di condotta che, prevedendo i possibili sviluppi di certe situazioni (per es.,
le successive mosse dell’avversario), stabilisce quali linee di azione si debbano seguire per il
conseguimento dell’obiettivo.
Strategia è innanzitutto capacità di commisurare i mezzi ai fini. Strategia è
attuazione di una condotta ragionevole.
Secondo la definizione data, però (voce 2), il pensiero strategico dipende
anche dalla capacità di prevedere le mosse degli altri.
Da questo punto di vista il pensiero strategico è un atto comunicativo, un
dialogo a distanza, così come ogni vera dialettica presume anche una
strategia.
Ad esempio, prevedere, fare intendere, dissimulare, interrogare, tenere la
posizione sono tutte mosse, che appartengono sia all’ambito della
comunicazione, sia a quello della strategia.
La strategia non usa la comunicazione. La strategia è comunicazione.
R. Solaini
Strategia e semiotica
• Prima ancora che comunicazione, strategia è capacità di
lettura, di interpretazione, di trasformazione, del mondo.
Ancora prima di comunicarlo, la strategia, cioè, costruisce
senso.
• Strategia è, innanzitutto, un processo di attribuzione di senso:
è uno stratega colui che sa “leggere” la situazione, “interpretare”
una mappa, “valorizzare” le possibilità di azione.
• Il lavoro strategico è quindi una performance cognitiva, che ha
lo scopo di riconoscere dietro ogni situazione una possibile
struttura di senso, e quindi di azione.
• Ogni strategia dipende dalla capacità di trasformare gli oggetti
in segni di quegli stessi oggetti.
R. Solaini
Cavalli
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•
•
•
•
Il primo esempio di pensiero strategico è offerto, fin dalla nascita della cultura
occidentale, dall’episodio del cavallo di Troia con il quale Ulisse riuscì a
sconfiggere i Troiani.
Fra i Greci si confrontano due diverse logiche di azione. La prima,
impersonata da Achille, è basata sulla forza. La seconda, impersonata da
Ulisse, sull’intelligenza.
La condotta di Achille è basata sul legame immediato e diretto fra mezzi e
fini. La condotta di Ulisse, invece è basata sulla trasformazione della realtà e
sulla mediazione simbolica: il cavallo di Troia non è più un cavallo, ma la
messa in scena di un cavallo, un segno (menzognero) di un cavallo, forse una
statua in onore degli Dei, forse un nascondiglio.
Infatti, intorno alla “vera” natura del cavallo si svolge una discussione fra
l’indovino troiano Calcante (nell’antichità gli indovini erano incaricati
dell’interpretazione dei segni) e una spia di Ulisse, strategicamente lasciara
lì da Ulisse sotto mentite spoglie.
I Greci vincono la guerra (nonostante con la forza non fossero riusciti ad avere
la meglio) perché vince, perché viene ritenuto più credibile, il loro discorso, il
racconto della spia di Ulisse.
R. Solaini
Statua o nascondiglio?
R. Solaini
Il segno
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Si ha un segno quando aliquid stat pro aliquo (qualcosa sta per qualcos’altro).
Si definisce segno tutto ciò che rinvia a qualche cos’altro, tutto ciò che può
essere interpretato come manifestazione sensibile di un contenuto
intelligibile assente.
Sono segni, ad esempio, i sintomi (che rinviano alla malattia), le tracce (che
rinviano a colui che le ha impresse), gli indizi (che rivelano l’identità del
colpevole), uno stemma (che rinvia a una famiglia nobiliare).
Poiché segno è tutto ciò che parla di qualche cos’altro da sé, ciò che trasforma
un oggetto nella manifestazione di un contenuto nascosto (e da interpretare), il
segno, come il cavallo di Troia, è, strutturalmente una finzione. (Ad
esempio, si possono lasciare falsi indizi per ingannare il detective)
Il linguaggio, secondo la definizione di Umberto Eco (Trattato di semiotica
generale) è “facoltà di mentire”. Se con il linguaggio non si potesse mentire,
dice Eco, non si potrebbe dire nulla, neanche la verità.
Lo studio dei segni cerca di determinare in che modo, a quali condizioni, in
quali contesti culturali siamo portati a considerare una finzione credibile.
Come accada che un segno diventi uno stereotipo ed possa quindi essere
confuso con ciò per cui esso sta.
R. Solaini
“Questo non è un cavallo”
R. Solaini
Fra arte e semiotica: Magritte
R. Solaini
La semiotica
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•
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La semiotica è una disciplina che ha una lunga preistoria. Fin dall’inizio, e
secondo la sua etimologia, il suo oggetto è stato lo studio dei segni (in greco,
sēmeĩon) e della loro interpretazione. Da allora, hanno parlato di segni Eraclito,
Aristotele, gli Stoici, Sant Agostino, Bacone Locke, Husserl (solo per citarne
alcuni).
Il segno, quindi, è stato un costante e ricorrente problema per il pensiero logico e
filosofico, che affrontava il nodo di come l’uomo possa affacciarsi
intenzionalmente sul mondo (guardando e non solo vedendo, ascoltando e non
solo sentendo – cfr., The sound of Silence, Simon & Gurfunkel). Si tratta di capire
come sia possibile attribuire significato a quanto ci circonda.
La storia della semiotica, invece, comincia intorno all’inizio del 1900 con l’opera
di Ferdinand de Saussure (linguista ginevrino, 1817-1913) e di Charles S. Peirce
(filosofo e logico statunitense, 1839-1914). Si tratta di due figure profondamente
diverse per formazione e carattere.
Oggi, dopo un secolo di riflessione, piuttosto che di segni, si preferisce parlare di
testi: di sistemi di significazione e di comunicazione. Si è riconosciuto, cioè,
come ciascun segno esista, abbia un significato determinato, e possa quindi essere
studiato, solo entro un contesto e in relazione ad altri segni.
L’oggetto della semiotica è lo studio è il “senso”; la sua ambizione è “dire
qualcosa di sensato sul senso” (cfr. Algirdas Greimas)
R. Solaini
Seconda lezione
Costruire valori, progettare strategie
R. Solaini
Semiotica e strategia
• La strategia diventa una questione eminentemente semiotica quando,
piuttosto che beni materiali sono in gioco valori simbolici (in semiotica
si parla di Oggetti di Valore). Detta in altri termini, la strategia diventa
una questione semiotica quando si passa dal mercato dei bisogni
(tendenzialmente saturo) a quello dei desideri (G. Fabris, Il nuovo
consumatore).
• La semiotica è quindi centrale, fondante, per il lavoro strategico in
quanto:
1. Il mercato contemporaneo si è spostato sempre di più verso la
circolazione di valori immateriali e simbolici piuttosto che di beni
materiali. Il mercato, cioè, tende a soddisfare il bisogno secondario di
produrre senso (J. Lotman, Semiotica della cultura).
2. La nozione di valore contiene quella di servizio o bene materiale, ma
non viceversa: i servizi offerti fanno parte del valore simbolico
(dell’identità) di una marca, senza essere riducibili ad essa.
• La semiotica osserva, quindi come ciascuna strategia discorsiva si
incarichi di trasformare oggetti in valori, ovvero in oggetti dotati di
senso, ovvero in segni.
R. Solaini
Comunicare per creare mondi possibili
•
•
•
•
Secondo gli approcci classici, la comunicazione è uno degli elementi
del marketing mix (insieme al prezzo, alla scelta dei canali di
distribuzione, al prodotto e al packaging).
In questo contesto, la comunicazione ha una funzione accessoria e di
servizio: si tratta di informare, di far conoscere l’esistenza di un nuovo
prodotto e di sottolinearne i vantaggi. Si tratta di trovare i giusti canali
per raggiungere il target e “colpirlo”.
Un approccio semiotico alla strategia riconosce invece alla
comunicazione un ruolo essenziale. Se si tratta di valori e non di
beni materiali, la comunicazione non può avere una funzione
descrittiva, ma necessariamente costitutiva: solo attraverso il
linguaggio è possibile costruire valori, significati, simboli.
Ad esempio, un oggetto non può diventare ed essere considerato
“mitico”, o “di culto”, a meno che venga sancito come tale dal
discorso di una comunità.
R. Solaini
Due concetti di comunicazione
APPROCCIO CLASSICO
•
•
•
APPROCCIO SEMIOTICO
La comunicazione ha valore
importante ma accessorio: si tratta
di informare circa strategie elaborate
altrove.
La comunicazione ha funzione
informativa e descrittiva: si limita a
raccontare il mondo per quello che
esso è. Il linguaggio “riflette” e
rappresenta il mondo.
•
La comunicazione ha valore essenziale:
la comunicazione è essa stessa
strategia.
•
La comunicazione ha una dimensione
monologica: i consumatori prendono
atto delle informazioni, ma non
interagiscono con la marca (la parola
target, in inglese “bersaglio”, lascia
intendere quanto poco spazio di
azione sia lasciato al consumatore)
•
La comunicazione ha valore
costitutivo. Il linguaggio costruisce il
mondo, per come esso appare, ne
costituisce il tessuto di razionalità
(logos significa in greco sia “parola”,
sia “ragione”)
La comunicazione ha una dimensione
dialogica. I valori di associati a un
prodotto non sono solo affermati dalla
marca, ma sono il risultato di un
continua contrattazione e
negoziazione fra marca, competitors e
consumatori.
R. Solaini
A proposito di valore
•
•
Determinare il valore di un prodotto (o di una marca) equivale a
determinare il significato. Valore e significato sono sinonimi, tanto è
vero che si parla comunemente di “valori semantici” o “valori simbolici”.
Indagando come si costruiscano i significati, la semiotica studia quindi
anche come si costruiscano valori:
– Valore come tipo: il valore è risultato di un’astrazione, fra scommessa e
banalità, che riconduce ogni concreta occorrenza a un tipo più generale.
– Valore come posizione entro un sistema: il valore viene determinato
dalle relazioni che esso intrattiene con gli elementi dello stesso sistema.
Da questo punto di vista il concetto di valore semantico coincide
interamente con la nozione di posizionamento nel marketing
– Valore come ruolo narrativo: il valore di un oggetto dipende dal ruolo
che a esso viene assegnato dal racconto che lo mette in scena.
R. Solaini
La semiotica nella ricerca strategica
•
•
•
•
•
La semiotica è oggi diventata disciplina portante e fondamentale nel lavoro di
analisi e di progettazione delle strategie di comunicazione.
Attraverso l’analisi semiotica si intende ricostruire innanzitutto l’idea, i valori
(i core values), il concetto (concept), che sta alla base di qualsiasi strategia di
marketing.
In tutti i momenti di verifica e di modifica di una strategia di
comunicazione, la semiotica interviene per “grattare la superficie dei testi”,
scoprendo così i nuclei semantici costanti, le idee portanti, e quindi
strategiche, ma nascoste dalla variabilità delle scelte creative.
In questo modo, la semiotica assicura la coerenza, e quindi l’efficacia, di una
strategia di comunicazione e la sua adeguatezza rispetto agli obiettivi
stabiliti.
Al tempo stesso, la semiotica può indicare anche i modi in cui un concetto può
trasformarsi coerentemente con la propria storia, ma anche in modo
innovativo.
R. Solaini
Il primo presupposto
• Sotto le forme espressive più eterogenee, dietro le soluzioni più
creative, operano motivi profondi e costanti, che costituiscono la
matrice del testo, oltre che il comune denominatore di un insieme di
testi, fra di loro assimilabili.
• Individuare con precisione tali motivi profondi serve, nel
momento creativo, a “farli parlare” meglio, e, nel momento
strategico, a trasformarli nella maniera più utile.
• Per la semiotica, dunque, un testo (etimologicamente un “tessuto”) è
una struttura, una trama ordinata su più livelli di diversa profondità.
R. Solaini
Il secondo presupposto
•
•
•
•
•
L’idea, il concetto, non è cartesianamente semplice, univoco.
Il concetto può essere detto con una semplice parola, ma una parola non è un
“semplice” concetto: una parola deve essere interpretata, contestualizzata, inserita
all’interno di un tessuto di relazioni (vale a dire, in un testo), altrimenti rimane
ambigua: una “nebulosa di senso”, un “iceberg”, che nasconde intere
configurazioni testuali, che la spiegano e che occorre ricostruire (cfr. Floch,
Semiotica, marketing e comunicazione, p. 51)
Se una parola fosse un semplice concetto, se avesse un significato univoco e dato,
di essa non si potrebbe dire nulla, se non attraverso sinonimi. Non si potrebbe fare
altro che ribadire che un concetto significa (è uguale a) se stesso (concezione
analitica del linguaggio).
Al contrario, un concetto presume un linguaggio e dipende dall’uso che se ne fa.
Nasconde una struttura che lo definisce, volta per volta in maniera diversa.
Scopo dell’analisi semiotica è verificare come le parole si trasformino nell’uso:
indagare la vita dei segni, le loro trasformazioni, la loro strategia.
R. Solaini
Terza lezione
Intepretare, abdurre, dare valore
R. Solaini
Interpretare
• Ogni attribuzione di valore presume un processo logico di
astrazione, che è interpretazione.
• Ogni meccanismo interpretativo si basa su un costante passaggio
inferenziale. Si tratta sempre di ricondurre un’occorrenza (detta
token) a un tipo generale (detto type), di considerare un caso
come manifestazione di una regola, che lo spieghi (ovvero
che gli dia senso).
• Il passaggio dal caso alla regola costituisce un’operazione
razionale, definita dal semiologo e logico americano Charles
Sanders Peirce “abduzione”.
R. Solaini
Deduzione, induzione e abduzione
• L’abduzione può essere definita in termini logici come una
manipolazione dell’ordine del ragionamento deduttivo. Ciò
dimostra come anche un’attività interpretativa (e quindi soggettiva)
dipenda da un metodo.
• Si intende per deduzione il ragionamento sillogistico codificato da
Aristotele negli Analitici Primi e Analitici Secondi: il sillogismo è
un’inferenza necessaria, basata su tre termini, e quindi su tre
proposizioni: premessa maggiore (o regola), premessa minore (o
caso), conclusione (o risultato).
• Oltre alla deduzione (passaggio dall’universale al particolare; dalla
regola al risultato), si hanno due altre forme di ragionamento;
l’induzione (generalizzazione, passaggio dal particolare
all’universale; dal risultato alla regola), e l’abduzione (o “ipotesi”,
spiegazione del risultato come caso di una regola).
R. Solaini
La deduzione
• Regola:
• Caso
Tutti gli uomini sono mortali
I filosofi sono uomini
Le biglie di questo sacco sono nere
• Risultato
Tutti i filosofi sono mortali
Queste biglie sono nere
Queste biglie vengono da questo sacco
• La deduzione mira a trarre le conseguenze necessarie da due premesse note.
La deduzione è un’inferenza necessaria perché le conclusioni che essa trae
sono implicite nelle premesse poste. Per questo, si dice che la deduzione
costituisce un’inferenza analitica, certa ma ovvia.
• La deduzione ruota intorno al termine medio “uomini”, presente in
entrambe le premesse, ma non nella conclusione. Il termine medio
assicura la necessità del legame fra “filosofi” e “mortali”. Spiega per quale
ragione i filosofi sono mortali: perché sono uomini.
• Il termine medio costituisce una possibile definizione di filosofi.
• La struttura del sillogismo aristotelico mostra come il ragionamento si
fondi su una base semantica implicita, vale a dire su una definizione.
R. Solaini
L’induzione
•
•
Risultato
Caso
Tutti i filosofi sono mortali
I filosofi sono uomini
Queste biglie sono nere
Queste biglie vengono da questo sacco
•
Regola
Tutti gli uomini sono mortali
Tutte le biglie del sacco sono nere
• L’induzione costituisce una generalizzazione delle precedenti osservazioni:
tutti i fatti osservati che rientrano in una data classe (o caso) hanno una
determinata caratteristica. Si può allora presumere che tale caratteristica potrà
essere estesa anche alle future osservazioni e ipotizzare una regola
universalmente valida. Vale a dire, valida per tutti i membri della classe.
• L’induzione non costituisce un’inferenza logicamente necessaria: sono sempre
di principio ipotizzabili “eccezioni” non ancora note, che falsifichino una
regola, o che quantomeno ne limitino il campo di applicazione.
• Poiché permette una generalizzazione, l’induzione espande la conoscenza solo
sotto il profilo quantitativo: si afferma per un intero universo ciò che si è
verificato essere il caso per alcuni esemplari di tale universo/regola.
R. Solaini
L’abduzione
•
•
Regola
Risultato
Tutti gli uomini sono mortali
Tutti i filosofi sono mortali
Tutti le biglie nel sacco sono nere
Tutte queste biglie sono nere
•
Caso
I filosofi sono uomini
Tutte queste biglie vengono da questo sacco
•
L’abduzione costituisce un tentativo di spiegare un risultato osservato, ipotizzando
che sia il caso di una regola.
L’abduzione non costituisce un’inferenza logicamente necessaria, perché
retrocede dagli effetti alla causa, dal risultato al caso, ma rappresenta il modello
del pensiero intelligente e strategico.
L’abduzione è, ad esempio, il modello razionale che presiede al ragionamento
diagnostico, o alle investigazioni criminali. La diagnosi infatti ricerca le cause che
spiegano i sintomi, ovvero la malattia. Le investigazioni criminali ricercano invece
l’antefatto (il responsabile del delitto).
L’abduzione cerca di fare quel “passo indietro” sempre necessario per capire
meglio. Per questo viene detta anche “retroduzione”.
•
•
•
R. Solaini
L’induzione nelle ricerche di mercato
•
•
•
•
•
L’induzione è il modello logico da cui dipendono, ad esempio, i sondaggi
(proiezione sull’universo degli elettori di ciò che è stato verificato per un
campione rappresentativo) e, più in generale, le ricerche quantitative.
Nelle ricerche quantitative il margine di approssimazione dipende
dall’ampiezza del campione dal quale si traggono inferenze induttive. Più il
campione è ampio, più si avvicina alla totalità dei soggetti, più l’induzione
tende a diventare certa.
Poiché però l’induzione si applica, per ragioni pratiche, su campioni
quantitativamente ristretti, si dice che il campione deve anche essere
rappresentativo.
Costruire un campione rappresentativo è però problema di tipo abduttivo e
non induttivo. Attraverso l’abduzione si procede infatti a costruire classi, tipi,
i cui caratteri possono poi essere misurati ed generalizzati. Un campione è
rappresentativo quando sono proporzionalmente rappresentati tutti gli
elementi tipici, i caratteri rilevanti che compongono la società.
Un campione ritenuto erroneamente rappresentativo, un errato
campionamento della società (errore abduttivo) genera margini di errore molto
più alti, di quelli derivanti dall’approssimazione statistica (errore induttivo).
R. Solaini
Imparare a pesare i numeri
Scrive Michel de Certeau (L’invenzione del quotidiano)
“La statistica coglie il materiale di queste pratiche non la loro
forma; individua gli elementi utilizzati e non il fraseggio derivante
dal bricolage, dall’inventiva artigianale”.
• I dati quantitativi non possiedono altra validità e pertinenza al
di fuori dalle condizioni entro cui sono stati raccolti: essi restano
ciò che sono al momento della loro produzione: la loro qualità e la
loro rilevanza informativa sono proporzionate a quelle delle
procedure di suddivisione e costruzione delle categorie con cui
sono stati ricavati e valgono altrettanto.
• La semiotica viene impiegata all’interno delle ricerche
qualitative: essa si incarica di determinare la rilevanza informativa,
la pertinenza (il significato) dei dati che le ricerche quantitative
dovranno poi misurare.
R. Solaini
Abduzione e senso
•
Attraverso l’abduzione, si produce senso, perché si interpreta un dato (un indizio
o un sintomo) come manifestazione (come caso) di una regola (che può essere
precedentemente nota, o costruita ad hoc). Si legge un’occorrenza come
occorrenza di un tipo.
•
L’abduzione consente un aumento qualitativo della conoscenza, in quanto porta
alla spiegazione di un fenomeno, ovvero a una sua possibile definizione (che
coincide con il termine medio della deduzione sillogistica).
•
L’abduzione dà un nome alle cose, ipotizza una definizione. Posta una definizione,
ad esempio il fatto che i filosofi sono uomini, diventa possibile inferire tutte le
proprietà conseguenti, in linea di principio illimitate: se i filosofi sono uomini,
allora sono mortali, ma anche razionali, dotati di linguaggio, …
•
Per questo, l’abduzione è un ragionamento sintetico: essa accresce la conoscenza,
attribuendo senso al mondo.
•
Attraverso l’abduzione, si costruisce senso, ma si perde in certezza. Senso e
certezza stanno in rapporto inversamente proporzionale: più un enunciato è
certo, più esso è semanticamente povero. Al limite estremo della certezza c’è la
tautologia (“x = x”), pura affermazione di identità, semanticamente vuota. Più un
enunciato è semanticamente ricco, più esso è incerto e parziale.
R. Solaini
Abduzione, senso e strategia
• Attribuire senso agli eventi è la prima mossa strategica.
L’abduzione, scrive Peirce, è “un’inferenza rivolta al
futuro”: l’abduzione formula un ipotesi, e da ogni ipotesi
seguono conseguenze: “se, …, allora”.
• Non esiste un’abduzione buona e una cattiva in funzione della
sua maggiore o minore certezza (l’abduzione è sempre incerta e
logicamente fallace). Esiste un’abduzione densa di
conseguenze, di futuro, gravida cioè di senso (e quindi anche
verificabile).
• Più è ricca un’abduzione, più essa è capace di generare senso,
più sarà forte la strategia basata su di essa.
• Il modello abduttivo mostra come elaborare una strategia
dipenda da un processo semiosico. Strategia è mettere in
relazione eventi (“prima, .., dopo”; “se, …, allora”) attraverso
una attribuzione di senso.
R. Solaini
Quarta lezione
La forma del senso: relazioni
R. Solaini
Il segno
•
•
•
•
•
Secondo la definizione classica, segno è tutto ciò che può “stare per” qualche
cos’altro, o che può essere interpretato come funtivo (come “elemento di una
funzione”) entro una relazione di rinvio: si ha un segno quando aliquid stat
pro aliquo.
Il fondatore della semiotica strutturale Ferdinad de Saussure ha precisato la
nozione di segno, definendolo come relazione fra un significante (o
espressione) e un significato (o contenuto).
Secondo la definizione di Saussure, significante e significato sono termini
relativi: possono essere definiti solo reciprocamente (il significante è ciò
che rinvia a un significato; il significato presuppone il significante che lo
esprime).
Secondo Saussure, dunque, segno è un’unità composta da due facce
inscindibili (Espressione e Contenuto). La relazione stessa costituisce il
segno; il segno viene quindi ridefinito come una struttura relazionale
pura, e non come un oggetto capace di rinviare ad altro.
Il linguaggio, composto da segni, è analogamente definito dalla relazione fra
due piani: il piano dell’espressione (E) e il piano del contenuto (C), legati
da un rapporto di presupposizione reciproca.
R. Solaini
Arbitrarietà verticale
• Con il termine “arbitrarietà” si intende definire innanzitutto il rapporto
fra espressione e contenuto (E/C), che è convenzionale e non
motivato.
• Grazie all’arbitrarietà, lingue diverse esprimono concetti analoghi con
termini diversi, validi per convenzione).
• Segni motivati sono invece le:
– Icone: (es. la bilancia per rappresentare la giustizia), nelle quali il
rapporto fra significante e significato è motivato da un rapporto di
somiglianza (segni di ordine metaforico).
– Indici: (es. le tracce lasciate da un animale), nei quali il rapporto
fra significante e significato è motivato da un rapporto causale o
di contiguità (segni di ordine metonimico).
R. Solaini
Arbitrarietà orizzontale
• Arbitrario, però, è anche il rapporto che distingue un segno (unità di
espressione e contenuto) dai segni contigui. Si parla in questo caso di
“arbitrarietà orizzontale”.
• Ad esempio: quale è il discrimine fra “bosco” e “foresta”? Ogni lingua
decide tale confine liberamente, vale a dire arbitrariamente, anche in
funzione del maggiore o minore numero di termini che impiega per
coprire una data area semantica.
• A causa dell’arbitrarietà “orizzontale” il rapporto fra espressione e
contenuto è immotivato, ma, al tempo stesso, necessario: solo perché
si possiede un nome, un segno, è possibile identificare una determinata
porzione di contenuto.
• Espressione e contenuto sono, quindi, come i due lati di un foglio
di carta: non si può tagliare un lato senza tagliare l’altro. I due
piani sono legati da un rapporto di reciproca solidarietà e
presupposizione.
R. Solaini
Dare forma al mondo
•
La tabella riporta la diversa (perché arbitraria) segmentazione di un medesimo
campo semantico (il mondo vegetale) operata da diverse lingue (danese,
tedesco e francese)
•
Poiché non esistono equivalenze fra le diverse lingue che possano essere
utilizzate come definizioni (ad esempio, baum non “corrisponde” esattamente
né a trae, né ad arbre), ogni termine si definisce solo all’interno del
sistema, in quanto si distingue e si oppone ai termini contigui, che
coprono una diversa porzione di contenuto.
Trae
Baum
Arbre
Holz
Skov
Bois
Wald
Forêt
R. Solaini
La forma del contenuto
•
La matrice, svuotata degli investimenti semantici relativi a ciascuna casella, mostra la
“forma del contenuto” per un determinato campo semantico nelle diverse lingue.
•
La variabilità (l’arbitrarietà) della forma del contenuto, mostra l’impatto che il
linguaggio ha su ogni cultura (vale a dire, sul suo modo di leggere il mondo,
riconoscendo unità discrete), la quale viene da esso plasmata.
•
La mancanza di conformità fra la forme del contenuto di due lingue spiega la difficoltà
di traduzione e mostra come tradurre significhi sempre tradurre due culture.
Operazione tanto complessa, che alcuni autori – semiologi, logici, filosofi – hanno
concluso che tradurre sia, in linea di principio, un’impresa impossibile.
R. Solaini
Il senso come relazione
• Definire un segno (una parola), etimologicamente
“tracciare i confini”, equivale a distinguerlo da ciò che
esso non è, da ciò che esso non dice. Determinare la sua
posizione all’interno del sistema.
• Il senso si dà per relazione e per differenza. Il senso si
definisce solo entro una struttura di relazioni ordinate.
Il significato di un segno, determinato dal rapporto che
intrattiene con i segni ai quali si oppone, o con i quali entra
in relazione, è definito “valore”.
• Così definito, il senso, il valore” si identifica
completamente con il concetto di posizionamento usato
nel marketing.
R. Solaini
Valori semantici e valori economici
•
•
•
•
•
Nella sua accezione strutturale, il “segno” è assimilabile al concetto di “moneta”: in
entrambi i casi si parla di “valori”, determinati dai sistemi di relazioni entro i quali i
segni e le monete vengono definite.
Come il valore del segno è determinato dal rapporto fra Espressione e Contenuto e dal
rapporto con gli altri segni contigui, allo stesso modo il valore di una moneta è
determinato dal suo potere di acquisto (il suo “contenuto”) e dal rapporto con le altre
valute, con le quali può essere confrontata scambiata. Le due dimensioni (valore di
scambio e potere d’acquisto) si definiscono reciprocamente.
Se il segno è come una moneta e viceversa, il mondo del consumo (scambio di
monete/merci) può essere equiparato a un sistema di significazione (scambio di
segni/testi).
Comunicare significa consumare segni, consumare significa comunicare attraverso
le merci (tesi sostenuta per primo da Baudrillard). Il mondo del consumo può essere
interpretato come una forma di comunicazione, come un modo di appropriarsi e di
trasformare i valori semantici investiti nei prodotti.
La stessa dialettica economica fra produzione e consumo può essere interpretata come
un dialogo fra un mittente (produttore) e un destinatario (consumatore). Attraverso il
dialogo continuo, nel confronto, sempre strategico e alle volte polemico, fra produzione
e consumo si genera il segno/prodotto: un oggetto dotato di un valore al tempo stesso
economico e simbolico.
R. Solaini
Dalla forma alla sostanza
•
•
•
•
La solidarietà fra Espressione e Contenuto definisce la particolarità
epistemologica (“epistemologia” è una teoria filosofica che riguarda le
condizioni di verità di una teoria) della semiotica: il linguaggio non
produce senso perché si riferisce al mondo, ma dà forma al mondo,
rendendolo riconoscibile e sensato.
Il mondo è considerato dalla semiotica un continuum indistinto, una
nebulosa alla quale solo il linguaggio può dare forma. La sintesi fra la
forma del contenuto (le strutture semantiche) e la materia continua e ancora
indistinta del mondo genera la sostanza del contenuto.
Ogni linguaggio, ogni sistema semiotico, è definito dalla correlazione e dalla
determinazione reciproca fra la forma (e quindi la sostanza) dell’espressione e
la forma (e quindi la sostanza) del contenuto.
Riconosciuta la solidarietà fra il piano dell’espressione e del contenuto,
l’analisi semiotica, analizza espressioni per indagare i contenuti, analizza
forme per identificare sostanze. La semiotica indaga ogni scelta formale,
verificandone le conseguenze sul piano semantico.
R. Solaini
Materia, Forma, Sostanza
Espressione
Forma
Forma
Sostanza
Contenuto
R. Solaini
Materia
Materia
Sostanza
Quarta lezione
Piani e assi
R. Solaini
Connotazione e metalinguaggio
• Dalla definizione del linguaggio come rapporto di determinazione
reciproca fra il piano dell’espressione (E) e il piano del contenuto (C),
deriva la definizione di metalinguaggio e di linguaggio connotativo.
• Si ha un uso connotativo del linguaggio quando un segno (E/C)
rimanda ad un ulteriore contenuto (C): Ad esempio: “cane” denota in
prima istanza “mammifero della specie dei canidi” e connota
successivamente “fedeltà”.
• La connotazione è quindi una significazione seconda (ma non per
questo necessariamente meno rigidamente codificata), che si istituisce
in maniera parassitaria sulla denotazione primaria.
• Si ha un uso metalinguistico del linguaggio quando un’espressione
(E) viene usata per menzionare un segno nella sua interezza (E/C).
Es.: “Cane” è una parola di quattro lettere.
R. Solaini
Connotazione e metalinguaggio
• Connotazione
E/C
C
• Metalinguaggio
E
E/C
R. Solaini
Linguaggi verbali e non verbali
•
•
•
•
Il linguaggio verbale è un sistema semiotico privilegiato, perché è l’unico
a godere della funzione metalinguistica: è l’unico linguaggio che possa
parlare di se stesso, oltre che di altri sistemi semiotici. Ad esempio, si può
analizzare un quadro con il linguaggio verbale, ma non analizzare un romanzo
con un quadro. (N.B.: analizzare è cosa diversa dal tradurre, parafrasare,
riformulare).
Grazie alla funzione metalinguistica il linguaggio verbale gode di una
maggiore stabilità. Per questo, è stato a lungo considerato il sistema
semiotico modello. Secondo R. Barthes (1915 – 1980), ad esempio, solo la
didascalia verbale permetterebbe a una immagine di significare.
La semiotica successiva, tuttavia, non si è limitata allo studio dei linguaggi
verbali, ma ha esteso il suo sguardo su ogni sistema di significazione. La
semiotica considera ogni linguaggio che sia interpretabile, che istituisca,
cioè, un nesso formale fra Espressione e Contenuto.
In questo modo, la semiotica si fa, fra le altre cose, garante della coerenza
del “marketing mix”: dell’insieme della comunicazione di marca che impiega
codici diversi e prevalentemente non verbali (design, packaging, naming,
architettura dei punti vendita, testi pubblicitari sincretici, sonoro).
R. Solaini
La teoria dell’informazione
• Intorno alla metà del ’900, la ricerca semiotica si interseca con la
teoria dell’informazione.
• La teoria dell’informazione, che proviene dagli studi di cibernetica e
di intelligenza artificiale, analizza le condizioni che consentono il
trasferimento ottimale e garantito di informazioni da un mittente a un
destinatario, attraverso un canale e in un contesto.
• Per funzionare, la comunicazione presume un codice condiviso fra
mittente e destinatario e un canale privo di rumore.
• Ma le cose spesso non vanno così: la teoria dell’informazione
presume delle condizioni ideali e spesso irrealistiche. Al contrario,
la comunicazione ha spesso il compito di aprire un canale e di
ricostruire un codice condiviso.
• Le condizioni presupposte dalla teoria dell’informazione sono,
secondo la prospettiva semiotica, degli obiettivi da raggiungere.
R. Solaini
Gli attori della comunicazione
(Secondo il modello dell’informazione – cfr. R. Jakobson, 1958)
Contesto
(funzione referenziale)
Messaggio
(funzione poetica)
Mittente ------------------------------------------------------------Destinatario
(funzione emotiva)
(Funzione conativa)
Canale
(funzione fatica)
Codice
(Funzione metalinguistica)
R. Solaini
Le funzioni della comunicazione
(Cfr. R. Jakobson - 1958)
•
Jakobson associa a ciascun attore della comunicazione una funzione specifica. Si
fa largo l’idea che comunicare non serva solo a informare (funzione referenziale –
vedi sotto), ma anche a esprimere emozioni, a provocare reazioni …
•
•
•
•
•
Funzione fatica (attenzione prevalente sul canale; mira a istituire il contatto comunicativo)
Funzione referenziale (attenzione sul mondo; mira a dire qualcosa di vero sulla realtà).
Funzione emotiva (attenzione sul mittente; mira a esprimere una dimensione passionale)
Funzione conativa (attenzione sul destinatario; mira a manipolarlo)
Funzione metalinguistica (attenzione sul codice; verifica o istituisce un linguaggio
condiviso)
Funzione poetica (attenzione sul messaggio; rimescola le carte)
•
•
Tale modello non indica comunque la funzione unica di un dato testo, ma solo
quella prevalente, a seconda di quale attore della comunicazione sia
maggiormente preso in considerazione.
R. Solaini
La funzione poetica
• La funzione poetica è definita come “la proiezione dell’asse del
paradigma sull’asse del sintagma”.
• Testo esemplare della funzione poetica è stato considerato lo slogan
adottato da Eisenhower per la campagna presidenziale americana.
“I like Ike”
• Tale esempio dimostra come la funzione poetica ecceda i limiti della
“poesia ufficiale”, ma rappresenti un modo di utilizzare le proprietà
strutturali del linguaggio.
• Per questo, non si parla di “poesia”, ma di “funzione poetica”, di uso
poetico del linguaggio.
R. Solaini
Gli assi del linguaggio
•Paradigma o
sistema
•Dimensione verticale
• Selezione in absentia
(Scelta fra termini
mutuamente esclusivi,
secondo la logica “o, …
o”)
• Principio di
sostituzione
• Codice, sistema
(langue)
•Sintagma
•(dimensione orizzontale)
• Combinazione in praesentia (accostamento fra termini
ugualmente presenti)
• Principio di contiguità (“e, …e”)
• Messaggio, uso (parole)
R. Solaini
La funzione poetica II
L’uso poetico del linguaggio produce i seguenti effetti di senso:
•Rielaborazione semantica. L’assimilazione per via formale di termini contigui
(assimilati, quindi sull’asse sintagmatico) porta alla costruzione di figure, ovvero di
relazioni paradigmatiche. (Ad esempio, “donna” e “fiore”, che appartengono a due campi
semantici lontani, vengono assimilati e ritenuti mutuamente sostituibili. Si crea per via
metaforica un nuovo nucleo concettuale)
•Opacità semantica. Le figure mettono in crisi le condizioni di sensatezza del testo. La
lettura risulta deautomizzata. Occorre allora mettere in atto una strategia interpretativa
attraverso la quale decidere sotto quale profilo, per quali particolari caratteri, ad esempio,
una donna possa essere assimilata ad un fiore.
•Autoriflessività: il testo non rinvia direttamente al mondo, difficilmente riconoscibile
attraverso la descrizione che ne viene proposta, ma mostra innanzitutto se stesso, e la
propria capacità di mettere in crisi e di trasfomare il codice.
•La funzione poetica, rivela lo “spessore” del linguaggio, che non è una pellicola opaca
che riflette le cose per come sono, ma un pack che dà loro forma e significato. Non un
elenco neutro di etichette da attaccare, ma un sistema di relazioni che mette in forma il
mondo.
R. Solaini
A proposito di codici
• La funzione poetica e la funzione metalinguistica (che prevedono
entrambe un’attenzione autoriflessiva del linguaggio su di sé)
mostrano come la comunicazione non possa essere intesa come
trasferimento di informazioni precedentemente codificate.
• Il codice viene affermato, ribadito, o rafforzato dalla funzione
metalinguistica; interrogato, messo in crisi, destrutturato dalla
funzione poetica.
• Il codice, se ancora si può sensatamente parlare di codice, è un
punto di equilibrio instabile fra l’esigenza di ordine che ogni testo
(e ogni cultura) manifesta e la tendenza al disordine, un
compromesso momentaneo fra stabilità e entropia.
R. Solaini
Significare: mostrare il senso
•
•
•
•
•
•
La comunicazione non può basarsi su un codice condiviso e dato. Al
contrario ogni testo costruisce il proprio codice. Ancora prima che per
comunicare, si parla per produrre senso, per significare.
La poesia, ad esempio, è stata a lungo considerata un messaggio senza codice,
un testo capace di suscitare emozioni, oltre e contro le regole del linguaggio
ordinario.
Questa lettura è riduttiva. Secondo l’interpretazione strutturale, la poesia può
essere considerata, al contrario, un codice senza messaggio (cfr. G. Genette,
Figure II). Un pretesto, quasi, per elaborare nuovi linguaggi (o per
approfondire le capacità espressive di un linguaggio dato).
Questo vale anche in ambito pubblicitario, nel quale ha ampio spazio la
funzione poetica (tanto che essa è stata originariamente riconosciuta da un
esempio tratto dal mondo pubblicitario).
Ancor prima che a ricostruire il senso di un messaggio, l’analisi semiotica
mira quindi a ricostruire i particolari codici, ovvero le strutture, operanti in
un testo.
Nell’uso, il linguaggio mostra se stesso. Ciò che può essere mostrato non
può essere detto (cfr. Wittgenstein, Tractatus).
R. Solaini
Svolte terminologiche
•
•
•
•
•
•
Criticata e superata, la nozione di codice viene sostituita in semiotica da quella di
struttura. La semiotica stessa, almeno quella di origine europea, si inserisce, del resto,
all’interno della corrente culturale chiamata strutturalismo.
Secondo la prospettiva semiotica, il linguaggio non è basato sulla correlazione puntuale
e costante fra un significante e un significato (fra un’idea e una parola), ma su una
struttura soggiacente: su un sistema di differenze, all’interno del quale tutto si tiene e
tutto è interdefinito per la posizione che assume all’interno del sistema.
A differenza del codice, la struttura è locale e singolare. Ogni atto linguistico
manifesta la sua particolare struttura soggiacente, che gli dà coerenza, e quindi senso.
Tuttavia, la struttura permette la comparazione fra sistemi diversi.
Parallelamente, la nozione di messaggio (storicamente legata a quella di codice), lascia
posto a quella di testo. Atto di parola più complesso e stratificato. Il testo è,
etimologicamente, un tessuto, una struttura che mette in relazione unità semantiche,
poste a diverso livello di profondità.
Di codici si può continuare a parlare come strutture ipostatizzate e congelate,
generalizzate a partire dai particolari testi che le hanno manifestate, e rese patrimonio
comune. Come deposito di conoscenza, di già detto, lasciato dietro di sé dall’uso della
lingua. Il codice manifesta lo sfondo sociale entro il quale ogni nuovo testo si inserisce
e con il quale dialoga.
Il modo in cui ciascun testo (con la sua particolare struttura) si inserisce nella sua
cultura di riferimento, accettando o trasformandone i suoi codici ne costituisce la
particolare retorica.
R. Solaini
Quinta lezione
Il quadrato semiotico, fra sistema e processo
R. Solaini
Il quadrato semiotico
•
Il quadrato semiotico è il modello fondamentale e più profondo di
articolazione di un asse semantico, costruito sull’opposizione fra termini
contrari e fra i rispettivi termini contraddittori, definiti subcontrari.
•
Opposizione fra termini contrari. È un’opposizione qualitativa: viene negata una
qualità di un termine (es.: “uomo vs. donna” si oppongono rispetto ad un solo tratto
semantico, vale a dire rispetto alla “sessualità”)
Opposizione fra termini contraddittori. Sono opposizioni privative: un termine
viene negato in quanto tale (es. “uomo vs. non uomo”).
Assi semantici, definiti dai termini complessi, che sintetizzanoi termini contrari
attraverso relazioni partecipative (“ermafrodita”, “sia uomo, sia donna”; “Angelo”,
termine neutro: “ne uomo, né donna”)
Deissi: implicazioni, passaggio dal contraddittorio di un termine al suo contrario
(“non uomo”  “donna”) Si tratta di una implicazione logicamente non valida (“non
uomo” può implicare anche “macchina”), ma narrativamente efficace.
Ciascuna posizione, formalmente definita per le relazioni che essa intrattiene
all’interno del quadrato può essere lessicalizzata. In questo modo il quadrato
semiotico diventa una struttura capace di organizzare un paradigma semantico.
•
•
•
•
R. Solaini
Termine complesso: Ermafrodita (sia uomo, sia donna)
Asse dei termini contrari
X (uomo)
Y (donna)
Deissi o implicazione
Deissi o implicazione
non Y (non donna)
non X (non uomo)
Asse dei subcontrari
Termine complesso: Angelo (Né uomo, né donna)
R. Solaini
Il quadrato dei valori di consumo
(cfr. J.M. Floch, 1992, Semiotica, marketing e comunicazione
•
Il quadrato dei valori di consumo è una applicazione del quadrato semiotico,
definita da J. m Floch, uno strumento che ha l’ambizione di coprire,
articolare e definire l’intero ambito della comunicazione commerciale.
• Il quadrato di basa sull’opposizione fra valori di base o utopici
(costituiscono dei fini, “che corrispondono al piano delle
preoccupazioni fondamentali dell’essere”) e valori pratici (mezzi
necessari per ottenere i valori di base. Corrispondono alla dimensione
del “fare”).
• I termini contraddittori sono rispettivamente “ludico”, (contraddittorio
rispetto a pratico “fare”) e “critico” (contraddittorio rispetto a mitico,
“essere”)
R. Solaini
Pratico
Mitico
Critico
Ludico
R. Solaini
Il caso Citroen
•
Jaen Marie Floch ha analizzato una pubblicità della Citroen, che mostra un percorso sul
quadrato dei valori di consumo.
•
Pratico: l’auto esce dalla città in una sera lavorativa: piove. Si interpreta l’auto come
strumento veloce e sicuro, anche in condizioni avverse.
Ludico: uscita dalla città, l’auto arriva al mare e si butta nell’acqua. Negazione del
pratico, distruzione dei valori di utilità, a favore del puro gioco.
Mitico: la macchina esce dall’acqua rigenerata. Il Claim recita “Elle vit. Si attribuisce
valore esistenziale all’auto:
Critico: (rimane, seppure assente, come posizione potenziale): negazione del mitico per
costruire nuove possibili storie, che riaffermino valorizzazioni pratiche.
•
•
•
•
NB. La valorizzazione pratica non ha carattere diverso da quella Ludica, Mitica o Critica; non è
maggiormente realista rispetto alle altre: le proprietà funzionali, così come quelle critiche costituiscono allo
stesso titolo delle valorizzazioni semiotiche.
•
Nel caso Citroen, il quadrato dei valori di consumo descrive sia la struttura narrativa di un singolo testo pubblicitario,
sia l’evoluzione del messaggio della casa automobilistica durante gli anni ’80. In questo senso, il testo analizzato
riprende e pubblicizza la storia stessa della marca (ha funzione autoreferenziale). La narrazione serve a riprendere le
fila del discorso e a ricostruire la coerenza nel tempo dei successivi passaggi.
•
Il quadrato dei valori di consumo di Floch è stato assunto dalla semiotica pubblicitaria come struttura universale, cui
ricondurre ogni strategia di comunicazione. La scommessa circa l’universalità di un modello costituisce sempre un
rischio, e deve essere per questo verificata rispetto alle indicazioni che un testo offre volta per volta. Ogni testo
costruisce il proprio quadrato semiotico.
R. Solaini
Il quadrato della veridizione
Il quadrato della veridizione articola l’opposizione epistemica “essere” vs.
“sembrare”, termini che vanno intesi come marche semantiche predicate dal
testo.
• Il quadrato della veridizione mostra come per la semiotica la “verità” non sia
data dalla “corrispondenza con il reale”, ma sia intesa come effetto di senso,
creato e gestito dal testo. Per la semiotica strutturale, del resto, l’idea stessa di
“corrispondenza fra linguaggio e mondo” è un nonsenso, poiché mondo e
linguaggio non costituiscono piani autonomi, sovrapponibili e confrontabili.
• Per questo, a differenza dalle teorie semantiche di impostazione filosofica, la
semiotica considera verità e falsità (apparenza, menzogna e segreto) come aspetti
del significato. Fra le altre cose che può dire, un enunciato può anche asserire
autoreferenzialmente la propria verità, a prescindere da ogni verifica fattuale.
• La asserzioni veridittive fanno parte delle strategie che i testi usano per
costruire la propria credibilità. Contengono, ad esempio, delle strategie
veridittive tutte quelle pubblicità che citano (improbabili) studi clinici, o tutte
quelle argomentazioni che citano fonti autorevoli.
•
R. Solaini
Verità
Essere
Sembrare
Segreto
Menzogna
Non sembrare
Non essere
Falsità
R. Solaini
Funzione del quadrato semiotico
a)
b)
c)
d)
e)
dare una rappresentazione puramente formale del sistema semantico, entro il
quale ci si muove. Il quadrato semiotico costruisce un paradigma semantico,
determina un sistema di posizioni alternative.
determinare gli assi semantici profondi (detti isotopie) tematizzati da un testo:
come primo passo si ricostruisce il tema. Banalmente, si capisce ciò di cui si
parla, si determina sotto quale aspetto vadano interpretati i lemmi di un testo
(“uomo” significa cose diverse, se contrapposto a “donna”, oppure a
“macchina”).
chiudere l’universo del discorso all’interno del quale si produce un testo. Si
definisce il sistema, chiuso e strutturato, entro e intorno al quale ruota una trama,
o un’argomentazione. I casi di incomunicabilità dipendono dal fatto che discorsi
alternativi manifestano paradigmi profondi (quadrati semiotici) alternativi.
tracciare un abbozzo di narrazione: il senso di ogni narrazione (di ogni testo)
si basa sulla capacità di operare una trasformazione: attraverso la negazione di
un termine A (equivalente all’affermazione del termine contraddittorio NON A),
si passa all’affermazione del termine contrario B
Mostrare il nucleo più profondo della generazione del senso e, al tempo
stesso, la matrice di ogni racconto.
R. Solaini
Senso: fra scelta e trasformazione
• Il senso si genera all’intersezione fra paradigma e sintagma. Il
quadrato semiotico, paradigma espandibile in un racconto,
racconto congelato nelle sue opposizioni paradigmatiche
fondamentali (come è nel caso del quadrato dei valori di consumo,
che articola la successione narrativa fra mezzi e fini), costituisce il
meccanismo di intersezione fra sistema e processo, fra paradigma
e sintagma.
• Il senso, visto nella sua dimensione paradigmatica, è il significato
dizionariale, il concetto dipendente dal sistema semantico, dalle
opposizioni pertinenti di un testo. Il senso, considerato a livello
paradigmatico è scelta, fra le possibilità date dal sistema.
• Il senso, determinato dal sintagma, è direzione, svolgimento possibile
di un nucleo semantico, tema. Il senso, considerato a livello
sintagmatico è trasformazione, all’interno di un sistema di
possibilità precedentemente date.
R. Solaini
Dal segno al testo
• Sintagma e paradigma si precisano reciprocamente:
la storia (il tema) che si sviluppa intorno a un concetto
(unità semantica) ne determina il significato. Il
significato di un concetto limita le storie che si possono
coerentemente raccontare a partire da esso.
• Una narrazione altro non è che un segno espanso. Un
segno è una narrazione potenziale e condensata.
• Poiché un segno precisa il proprio significato solo
all’interno di un contesto, che coincide con la storia che
da esso si può sviluppare, la semiotica può
coerentemente cambiare il suo oggetto di studio,
passando dal segno al testo in cui il segno si espande.
Viceversa, può analizzare singoli segni (ad esempio,
prodotti di design) come “parole” che racchiudono e
anticipano la storia della marca.
R. Solaini
Mapping vs. Quadrato semiotico
•Il quadrato semiotico di Floch viene
ripreso da Semprini (1993, Marche e
Mondi possibili) e ristrutturato in modo da
costruire una diversa matrice “logica”,
detta mapping: un piano cartesiano,
dominato dall’asse “pratico-mitico” e dalle
rispettive qualificazioni “ludico-critico”.
Sul piano così definito diventa possibile
posizionare ciascuna marca e i valori che
essa veicola, sottolineando intersezioni,
eventuali sovrapposizioni e continuità.
•Il mapping è uno strumento che risponde
al problema strategico del posizionamento.
• In funzione del posizionamento scelto,
ciascuna marca/prodotto riceve particolari
valorizzazioni semantiche.
•Il quadrato semiotico definisce la
differenza dell’approccio semiotico.
•Ha carattere formale e non sostanziale:
articola relazioni fra termini, definiti solo
dalla loro reciproca posizione entro il
sistema, senza necessità di ulteriori
qualificazioni
•Non risponde solo ad in problema statico di
classificazione e posizionamento, ma delinea
anche le possibilità evolutive di una marca
e la logica delle sue trasformazioni
assiologiche.
•Non presume che ci sia un unico sistema
soggiacente a tutti i testi (un
macrodizionario), ma afferma che ogni
testo va interpretato secondo le specifiche
categorie semantiche che mette in gioco e
ricostruisce.
R. Solaini
Mappe e strategia
• Mapping e quadrato semiotico sono due diverse “mappe” del senso, che
determinano comportamenti strategici alternativi.
• Attraverso il mapping, la strategia si risolve nel problema del
posizionamento su uno scenario, preventivamente dato e ritenuto
costante. Il mapping mostra lo sfondo, sul quale le marche si muovono.
• Il quadrato semiotico rappresenta non solo le posizioni relative dei
competitor, ma anche la dinamica dei loro spostamenti, e gli investimenti
di senso che li hanno resi possibili. Per la semiotica infatti, il senso non
è solo posizionamento, ma anche trasformazione.
• Secondo il modello semiotico, strategia è innanzitutto capacità di
riscrivere continuamente la storia di un prodotto, muovendosi sullo
scenario e obbligando il competitor a analoghe e speculari trasformazioni.
Si determina così una dialettica fra competitor che è, a tutti gli effetti,
una forma di comunicazione e di dialogo.
• Attraverso il quadrato semiotico, si può pensare alla strategia anche come
trasformazione dello scenario, ovvero delle coordinate semantiche di
sfondo. Di fatto, ogni azione strategica mira a imporre il proprio scenario,
obbligando il competitor a muoversi su un campo per lui sfavorevole.
R. Solaini
Sesta lezione
Storie
R. Solaini
Dal quadrato alla narratività
•
•
•
Il quadrato semiotico rappresenta una struttura dinamica
(una matrice sintagmatica, oltre che paradigmatica) che
abbozza, a livello profondo, lo schema essenziale di ogni
racconto. La narrazione procede, infatti, dalla negazione di un
termine (di un valore) all’affermazione del suo contrario.
Il piano narrativo costituisce la conversione del quadrato
semiotico in una struttura meno profonda, o più superficiale
all’interno di un percorso ordinato, detto percorso generativo.
Postulato della semiotica (strutturale) è che sotto ogni
manifestazione di senso si celi una struttura narrativa, della
quale occorre comprendere la grammatica fondamentale.
R. Solaini
I valori del racconto
•
•
•
•
•
La narratività interviene quando, i valori semantici sono ridefiniti
attraverso la relazione fra un Soggetto che persegue tali valori, e un
Oggetto, nel quale i valori sono investiti, detto Oggetto di Valore (OV).
Nel contesto narrativo valore non significa più una posizione relativa di
un termine all’interno del sistema semantico, ma Oggetto di valore (OV)
perseguito da un soggetto (S). Specularmente, il soggetto è colui che
manifesta un’intenzione, una tensione verso un oggetto di valore.
Sul piano narrativo, affermare un valore significa mostrare il
congiungimento di un soggetto con un oggetto di valore.
Soggetto e oggetto di valore (come sempre accade in semiotica) sono
termini relativi, vale a dire, si definiscono solo reciprocamente. Il
soggetto semiotico (l’eroe di un racconto) è colui che cerca di
congiungersi con un oggetto di valore; oggetto di valore è l’oggetto
cercato da un eroe. Non esiste eroe che non abbia una missione, né esiste
un valore che non sia riconosciuto e perseguito da un soggetto.
Attraverso la loro congiunzione, soggetto e oggetto si costituiscono in
quanto tali. L’oggetto acquisisce il proprio valore, il soggetto acquisisce e
trasforma la propria identità.
R. Solaini
Narrazione e polemica
•
•
•
Accanto a un soggetto, occorre pensare anche a un antisoggetto, che
porta avanti un percorso narrativo antagonista, che cerca cioè di
affermare i valori contrari rispetto a quelli fatti propri dal soggetto.
In questo modo, la grammatica narrativa si incarica di rendere conto
della struttura oppositiva del senso, che all’interno del racconto si
traduce in una dimensione polemica fra due strategie opposte.
Il racconto, quindi, manifesta due modi di costruire l’identità:
–
–
•
soggetto che si contrappone a un antisoggetto, in quanto persegue oggetti di valore
contrari. Si tratta di un soggetto statico, inteso come idem.
soggetto che segue il suo cammino, mantiene la promessa di sé, congiungendosi
con un oggetto di valore, si modifica e si trasforma. Si tratta di un soggetto
dinamico, inteso come ipse.
La complessità e ambivalenza della nozione di identità (sia statica,
sia dinamica) traduce un’analoga ambivalenza riscontrabile in ogni
affermazione di brand identity, sempre paradossalmente scissa fra
l’esigenza di identificarsi con il proprio passato, e quella di
evolvere al passo con i tempi.
R. Solaini
Vladimir Propp
•
•
•
•
Gli studi di narratologia derivano dalle ricerche di Vladimir Propp, autore di
Morfologia della Fiaba (1928).
Analizzando un campione ampio di fiabe di magia tratte della letteratura
russa, Propp individua 31 funzioni narrative: azioni ricorrenti secondo un
ordine costante, che costituiscono logica di ciascuna fiaba. L’ossatura di
una fiaba viene, cioè, definita non più in funzione dei personaggi e dei
caratteri che vi compaiono, ma delle azioni che essi compiono.
Secondo il modello di Propp, ogni fiaba muove da una Mancanza,
provocata da un Danneggiamento e mira a ricostruire l’equilibrio
inizialmente smarrito.
Funzioni particolarmente significative nella lista di Propp sono la Prova
qualificante, attraverso la quale l’eroe si dota degli strumenti per compiere
l’impresa, la Prova Decisiva, durante la quale l’eroe subisce una
Marchiatura e porta a compimento la sua missione, e la Prova
Glorificante, attraverso la quale si sancisce il successo dell’impresa. Il
racconto si chiude con il Riconoscimento dell’eroe, tornato in incognito, o
sotto mentite spoglie.
R. Solaini
La trasformazione del modello di Propp
•
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•
•
Il modello di Propp, ridondante, scarsamente formale e troppo
condizionato dal particolare corpus sul quale è stato elaborato, è
stato successivamente trasformato in una struttura più astratta e con
maggiori ambizioni di universalità.
La struttura di un racconto viene definita innanzitutto dalla
presenza di ruoli narrativi astratti, detti attanti (o ruoli attanziali).
Attante è una funzione grammaticale, un ruolo narrativo.
Attante è colui che svolge un compito all’interno della logica del
racconto.
Così come il soggetto e il complemento oggetto costruiscono la
grammatica della frase, gli attanti costruiscono la sintassi del
racconto, imperniata sul rapporto fra:
– Soggetto - Oggetto di Valore: relazione di tipo pragmatico
– Destinatante - Destinatario: relazione di tipo comunicativo e
cognitivo
R. Solaini
Il modello attanziale
Destinante
Oggetto
Destinatario
Opponente
Soggetto
Adiuvante
R. Solaini
Gli attanti
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•
•
•
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Destinante è colui che immette nel racconto i valori, condividendoli
con il soggetto. (Tipicamente è il padre della fanciulla che convoca
l’eroe e che lo attende al suo ritorno). All’inizio della narrazione
manipola il Soggetto affinché esso si metta in cerca dell’Oggetto di
valore e, alla fine del racconto, sancisce l’avvenuto congiungimento
fra Soggetto e Oggetto di Valore
Il Destinatario è colui che recepisce i valori proposti dal Destinante.
Può coincidere spesso con il Soggetto, altre volte con lo spettatore o
con il lettore di un testo.
Il Soggetto è colui che compie la missione.
L’Oggetto di valore incarna l’oggetto perseguito.
Adiuvante e Opponente sono coloro che rispettivamente aiutano e
ostacolano il Soggetto nella sua missione.
R. Solaini
Attanti e attori
•
•
•
•
Attante si distingue da “attore”, colui che all’interno di un racconto si
incarica concretamente di impersonare un dato ruolo.
Data la non coincidenza fra attanti e attori, lo stesso attore può svolgere
diversi ruoli attanziali, o uno stesso attante può essere impersonato da
attori diversi. Si ha, in questo caso, un attante collettivo (ad esempio
l’“opinione pubblica”, Destinante, o Destinatario del discorso politico, a
seconda delle diverse concezioni della democrazia).
Ad esempio, nel film Il primo cavaliere, Re Artù (Sean Connery) ricopre
nei diversi momenti ruoli attanziali diversi e non compatibili. Egli è, al
tempo stesso, Destinante, titolare dei valori di Camelot, e Antisoggetto
rispetto al racconto di amore fra Lancillotto e Ginevra. Ciò spiega la
strutturale drammaticità della vicenda di Re Artù e Lancillotto.
La logica del racconto impone la morte di Re Artù, affinché si possa
ristabilire una sensata (coerente) distribuzione di ruoli attanziali. Quando
Re Artù muore, perde in quanto Antisoggetto, ma ricupera in pieno il suo
ruolo di Destinante. Per questo, può accettare di condividere l’amore di
Ginevra con Lancillotto. La sua morte risolve la contraddizione e
l’equilibrio viene ristabilito.
R. Solaini
Il percorso narrativo
• Destinante, Destinatario, Soggetto e Oggetto
costruiscono un percorso standard, detto Percorso
Narrativo (PN), che costituisce la logica profonda di
ciascun racconto.
Manipolazione
Sanzione
Competenza
Performanza
R. Solaini
I passaggi
•
•
•
•
Manipolazione è il momento iniziale, durante il quale il Destinante induce il
Soggetto ad affrontare un’impresa. Accettando la missione, il soggetto dà
mostra di condividere i valori del Destinate. Soggetto e Destinante
sottoscrivono quindi un “contratto”.
Competenza: il Soggetto si attrezza degli strumenti necessari per compiere la
sua impresa. Nelle fiabe, tali strumenti vengono prevalentemente manifestati
dal “mezzo magico”, ottenuto attraverso una “prova qualificante” (cfr.
Propp).
Performanza: l’eroe/Soggetto porta a termine la sua impresa, durante la quale
il soggetto riceve una “marchiatura”. Il momento della marchiatura è
strutturalmente importante, perché anticipa e consente la fase finale della
“Sanzione”.
Sanzione: L’eroe/Soggetto torna dal Destinate, spesso trasformato, sotto
mentite spoglie. Il destinate riconosce l’avvenuta trasformazione (Ulisse, non
più mendicante, si rivela per quello che è, Pinocchio si trasforma da burattino
in bambino, l’eroe sposa la fanciulla, cambiando il suo status sociale) e
sanziona il buon (o cattivo) esito della storia.
R. Solaini
Settima lezione
Narrazione e modalità
R. Solaini
Alla fine della storia
• Nel suo complesso la narrazione mira a istituire una relazione
costitutiva fra un Soggetto e un Oggetto, attraverso la quale il
Soggetto si costituisce come tale e l’Oggetto viene riconosciuto come
Oggetto di valore.
• In questo modo, la narrazione mira alla costruzione di un’identità (e
le marche, che devono definire la propria identità, raccontano storie).
• L’identità viene costruita nel racconto attraverso la successione di
momenti in cui si descrive uno stato ed enunciati che esprimono una
trasformazione.
• I verbi fondamentali che articolano la logica narrativa sono:
– “Essere” (esprime uno stato di congiunzione, o disgiunzione fra
soggetto e oggetto di valore)
– “Fare” (esprime una trasformazione di un precedente stato)
R. Solaini
Ridefinire il Percorso
• I momenti successivi del Percorso Narrativo possono
essere definiti attraverso la combinatoria di “essere” e
“fare”:
– Manipolazione: “far fare” (il destinante fa in modo che il
soggetto agisca)
– Competenza: “essere del fare” (il soggetto si attrezza per fare:
diventa colui che è in condizione di fare)
– Performanza: “far essere” (il soggetto agisce e provoca
trasformazioni. Genera un diverso stato o “essere”)
– Sanzione: “essere dell’essere” (il soggetto guadagna una
consapevole dimensione esistenziale: viene riconosciuto il suo
nuovo essere)
R. Solaini
Narratività e posizionamento
•
•
•
•
Il percorso narrativo offre una struttura rispetto alla quale
riconoscere il posizionamento dei discorsi di marca e la loro
struttura argomentativa implicita.
Ogni testo, infatti non sviluppa necessariamente l’intero percorso
narrativo, limitandosi a sottolinearne i passaggi più importanti. Ad
esempio. Nike si colloca sul momento della manipolazione pura
(“Just do it”) e Adidas su quello della competenza (“Impossibile is
nothing”).
Un posizionamento sulla competenza coincide con una
valorizzazione pratica, mentre un posizionamento sulla sanzione
coincide con una valorizzazione mitica.
In questo modo, anche testi brevi (o solo apparentemente statici,
come una fotografia) possono essere considerati delle narrazioni in
nuce, dei “fermo immagine”, che mostrano un momento di una
storia, alludendo a ciò che segue e affermando per implicito ciò che
precede.
R. Solaini
Narrare, o argomentare
•
•
•
•
Ogni narrazione cela un’argomentazione implicita (narrazione e
argomentazione, Poetica e Retorica sono, fin da Aristotele i due
modelli testuali intorno ai quali si è organizzato l’universo
discorsivo).
Una argomentazione differisce da un racconto, perché si basa su
nessi causali (poiché, …, allora) piuttosto che su nessi temporali
(prima, …, dopo). Tuttavia, all’interno di una narrazione,
l’antecedente (il prima) appare essere anche causa di ciò che segue.
Per questo, R. Barthes ha affermato che il racconto costituisce lo
sviluppo di una nota fallacia, detta “affermazione del conseguente”:
(post hoc propter hoc, “dopo di ciò, a causa di ciò”).
In particolare, il racconto costruisce delle argomentazioni quando
manifesta solo alcuni passaggi del Percorso Narrativo. Poiché tutto
quanto segue presume quanto precede (la performanza presume la
competenza, la quale presume la manipolazione), i passaggi
antecedenti non manifestati vengono implicitamente affermati.
R. Solaini
Forme di vita
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•
La sintassi narrativa costruisce una norma astratta rispetto alla quale
ciascun testo e ciascun racconto costruisce il proprio stile e la propria
identità.
I testi concreti definiscono il loro particolare significato, alle volte
assecondando, ma spesso violando il percorso narrativo: significano
mostrando di violare la regola (se non ci fosse una regola sottesa
non sarebbe possibile percepire lo scarto e la violazione).
Un racconto costruisce un mondo possibile, o una forma di vita, che
può essere definito come la deformazione coerente di una sintassi
narrativa soggiacente.
Ad esempio, il mondo proposto da Nike, si definisce in quanto
manipolazione assoluta, senza un seguito prevedibile o alluso;
mancano un antisoggetto, le regole del gioco, una prova, un
orientamento; è debole anche la sanzione finale (vedi struttura
ricorsiva dello spot).
Tale meccanismo si riproduce costantemente e coerentemente anche
nel pay off (“Just do it”, nel quale il significato del pronome “it” viene
lasciato imprecisato), sia nel logo, che allude a un superamento
indefinito e sfumato di noi stessi.
R. Solaini
Modalità
•
La sequenza dei momenti che costituiscono il Percorso
Narrativo può essere interpretata come la successiva
attribuzione al Soggetto di un diverso carico modale.
•
La variazione del carico modale spiega l’evoluzione del
Soggetto e la necessità quindi di una sanzione finale che lo
riconosca nonostante e attraverso le trasformazioni che ha
subito.
•
Verbi modali sono quelli che precedono altri verbi,
modificandone il significato.
•
Verbi modali sono: “sapere”, “potere”, “volere”, “dovere”.
R. Solaini
PN e modalità
• Manipolazione: Il Soggetto viene caricato dal Destinante
di un “volere” e un “dovere”.
–
A questo stadio, si dice che il Soggetto gode di un’esistenza
semiotica virtuale: è portatore di un progetto e di una
possibilità.
• Competenza: il soggetto si carica di un “sapere” e di un
“potere”
–
A questo stadio, si dice che il Soggetto gode di un’esistenza
semiotica attuale.
• Attraverso le fasi della performanza e della sanzione, il
Soggetto arriva a conquistare un’esistenza realizzata.
R. Solaini
A proposito di manipolazione
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La presenza del momento della manipolazione all’avvio di ogni racconto fa giustizia di un’accusa spesso
rivolta al messaggio pubblicitario, che sarebbe insincero, in quanto manipolatorio.
In realtà ogni atto di comunicazione ha una funzione anche manipolatoria (Jakobson avrebbe detto
“conativa”): ha senso anche in quanto mostra delle intenzioni e mira a ottenere effetti (che nella teoria degli
atti linguistici vengono definiti perlocutivi).
Ad esempio, affermando qualche cosa, manifesto l’intenzione di dare una rappresentazione veritiera del
mondo e miro a ottenere l’adesione, la credenza del mio interlocutore.
La denuncia di un intento manipolatorio, teoricamente, non tiene.
Si può allora solo distinguere una logica dell’acquisto da una logica del contratto (il termine “logica” va
qui inteso come “modello comunicativo”). Secondo la logica dell’acquisto, il consumatore è un Soggetto con
dei bisogni e la marca si pone come Adiuvante, che dona l’oggetto di valore (un “saper fare” o un “poter
fare”). Secondo la logica del contratto, il Soggetto è portatore di desideri solo vagamente espressi. La marca
si pone allora come Destinante, che esplicita, definisce tali desideri, mettendo in opera una strategia
apertamente manipolatoria. In questo caso, il Destinante crea i desideri nominandoli.
Poiché all’interno del percorso narrativo i bisogni (in quanto oggetti modali) presumono dei desideri, la
differenza fra logica dell’acquisto e logica del contratto non fonda un diverso valore etico della
comunicazione, ma solo un diverso modo di costruire la comunicazione fra consumatore e la marca, che
svolge nei due casi differenti ruoli attanziali.
Nel caso della logica del contratto, tuttavia, si presume un Soggetto più debole, meno consapevole dei propri
valori e programmi d’azione. Il soggetto viene semioticamente costituito dalla marca, che lo definisce come
Soggetto virtuale attraverso l’attribuzione di un volere che essa stessa nomina.
R. Solaini
Manipolazione e modalità
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Piuttosto che condannare la pubblicità in quanto manipolatoria, si può osservare le
diverse strategie narrative (letteralmente, le diverse “modalità”) attraverso le
quali la manipolazione viene generata.
I termini modali (volere, dovere, potere, sapere) possono essere utilizzati per
costruire una matrice con la quale definire forme diverse di manipolazione.
volere
dovere
sapere
Seduzione
Provocazione
potere
Tentazione
Intimidazione
Seduzione è “non lasciar sapere a chi lo vorrebbe”; tentazione è “volere e non
potere”; intimidazione è “non permettere di potere”; provocazione è “dover
sapere”.
L’analisi delle diverse forme di manipolazione, mostra come il carico modale
attribuito a un attante sia responsabile anche della sua particolare disposizione
passionale (l’appello alle passioni è, ovviamente, uno degli elementi essenziali
della strategia di marca)
R. Solaini
Ottava lezione
L’enunciazione
R. Solaini
Il soggetto nel testo
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-
Come è stato sottolineato dal semiologo Emile Benveniste (1958), alcuni segni
linguistici non rinviano ad un contenuto predefinito (come è il caso per i nomi),
ma significano solo in rapporto all’atto e al contesto dell’enunciazione,
all’azione, cioè, attraverso la quale il soggetto usa e si appropria del linguaggio.
Tali segni sono definiti deittici (dal greco déignumi: indicare, mostrare). Sono
indici puntati verso il mondo da chi parla.
- Pronomi personali: io/tu vs. egli. “Io” = “colui che parla”; colui che si
manifesta nel discorso. Soggetto dell’enunciazione. “Tu” = “colui al quale
mi rivolgo”.
- “Io/tu” si definiscono reciprocamente, perché sono intercambiabili nel
concreto scambio dialogico. Il “tu” è sempre generato da un “io che parla”.
“Egli”, invece, designa una “non persona”: non colui che parla o a cui ci si
rivolge, ma colui di cui si parla.
- Tempi verbali: sono organizzati intorno al presente, tempo in cui si è, vale
a dire tempo in cui si parla. Tempo dell’enunciazione.
- Avverbi di spazio: organizzano le relazioni spaziali, intorno all’istanza
dell’enunciazione (“qui”, “là”).
Si definisce “contesto dell’enunciazione” il “io, qui, adesso”, che si proietta
in un testo, in un enunciato, trasformandosi in “non io, non qui non adesso”.
R. Solaini
La soggettività
•
“Io” significa “io che parlo”. Parlare, appropriasi del linguaggio, è l’unico
modo di affermare se stessi, costituendosi come soggetto discorsivo. Solo
nel discorso si manifesta il soggetto empirico, ad esso logicamente
presupposto. L’autore esiste solo nei suoi testi.
“È nel linguaggio e mediante il linguaggio, che l’uomo si costituisce
come soggetto; poiché solo il linguaggio fonda nella realtà, nella sua
realtà che è quella dell’essere, il concetto di ego.” (Cfr. Benveniste,
La soggettività nel linguaggio)
•
•
Così come i codici attraverso i quali un testo significa si specificano solo
all’interno dell’atto comunicativo, anche l’emittente e il destinatario (cfr.
Jakobson) si definiscono solo nel testo, come “istanze dell’enunciazione”,
o “configurazioni discorsive”.
Concepiti come “configurazioni discorsive”, emittente e destinatario
vengono ridefiniti come enunciatore e enunciatario, simulacri interni al
testo dell’emittente e del ricevente empirico.
R. Solaini
Dalla significazione alla comunicazione
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Poiché enunciatore ed enunciatario si costituiscono come soggetti solo
attraverso il discorso, ogni testo mette in scena una proposta di
relazione, il simulacro di un rapporto.
La comunicazione non è un monologo unidirezionale ma un dialogo
bidirezionale. “Io” e “tu” si presuppongono e si fronteggiano
reciprocamente, scambiandosi volta per volta i ruoli.
Analizzare un testo significa verificare anche come si costruisca
all’interno di esso la soggettività, quale ruolo e spazio l’enunciatore
rivendichi per sé e quale per il suo interlocutore (enunciatario).
La comunicazione è, da questo punto di vista, un gioco di ruoli.
Analizzare un testo significa verificare quale “gioco linguistico” (Cfr.
Wittgenstein, Ricerche filosofiche) venga messo in atto e, di conseguenza,
quale relazione si costituisca fra le due polarità enunciative.
Analizzare un testo significa comprendere la strategia che soggiace alla
relazione fra enunciatore e enunciatario; capire come vengano gestiti i
turni e lo spazio di parola, manifestazione di un potere sociale.
R. Solaini
Pubblicità come gioco enunciativo
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La comunicazione non è passaggio di informazioni fra un mittente e un
ricevente, ma costruzione simbolica di un “io”, cui corrisponde la
costruzione di un “tu”
Analogamente, il messaggio pubblicitario non “comunica” i contenuti
della marca, ma crea la marca come unità semiotica (come sistema
valoriale e come istanza enunciativa); nel momento stesso in cui si pone
(in cui si dice), la marca definisce anche il proprio interlocutore, come
colui che condivide quel sistema valoriale e partecipa a una data modalità
relazionale (stabilisce un “contratto enunciativo”).
La comunicazione pubblicitaria ha, allora, innanzitutto una funzione
fatica (cfr. le funzioni di Jakobson): vale come messa in scena e proposta
di una relazione, di un contatto, che diventerà un contratto. Anche la
funzione fatica non è una pre-condizione della comunicazione, ma una
costruzione testuale.
Secondo una concezione estesa ma coerente della comunicazione, l’atto
concreto di acquisto di un prodotto, anch’esso un contratto, costituisce
un’azione semiotica, attraverso la quale si sanziona il successo (uptake)
dell’interazione comunicativa.
R. Solaini
Autore Modello e Lettore Modello
•
•
•
•
Leggendo un testo è possibile comprendere chi sia il suo autore, sia chi
sia il suo possibile lettore. Un testo, cioè, reca al suo interno una traccia
implicita dell’autore e del lettore. Tali tracce vengono definite Autore
Modello (LM) e Lettore Modello (LM).
Diversamente dalla critica letteraria classica, che interpreta i testi alla
luce delle condizioni empiriche di produzione e circolazione, l’analisi
semiotica non considera il contesto sociale, l’autore e il lettore empirico,
ma l’Autore Modello e il Lettore modello, intesi come strategie
testuali speculari, di produzione e di interpretazione di un testo (Cfr.
Eco, Lector in Fabula).
Autore Modello (AM): si cela nelle scelte lessicali, nell’accezione in cui
usa i termini, nello stile, nell’aggettivazione, nel tipo di rapporto che
istituisce con il Lettore Modello, nella sua enciclopedia. Comprendere
l’Autore Modello è un lavoro filologico attraverso il quale si ricostruisce
il contesto culturale entro il quale un testo è stato prodotto.
Lettore Modello (LM): è il lettore prefigurato dal testo, dotato delle
competenze necessarie per ricostruirlo secondo la sua logica interna (il
LM deve saper ricostruire l’enciclopedia del AM), e deve essere
disponibile a stare al gioco (ad esempio, a essere consolato o ad accettare
una sfida interpretativa)
R. Solaini
Lettore Modello e Target
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L’Autore Modello coincide con la marca: istanza enunciativa responsabile
della comunicazione di impresa, capace quindi di costituirne l’identità
semiotica e culturale.
Il Lettore Modello coincide con il Target, inteso però non come destinatario
reale ma come destinatario previsto dal messaggio pubblicitario. Oltre ad
essere un dato sociale, il target è quindi anche una costruzione semiotica, un
modello di lettura previsto e iscritto nel testo. Un testo non presume solo un
destinatario reale, ma contribuisce a costruirlo.
Un testo è responsabile delle modalità della sua fruizione.
La distinzione fra Lettore Modello e Lettore Empirico permette di distinguere
fra il destinatario reale del messaggio e il destinatario presupposto. Affinché
un testo pubblicitario (in particola modo, ma non solo) sia efficace, occorre
che Lettore Modello (il target presupposto) e Lettore Empirico (il target reale)
coincidano.
Fino a quando il target non viene inteso anche come enunciatario di una
strategia discorsiva o Lettore Modello di un testo, esso rimane un insieme di
caratteri socio-economici (reddito, classe, età) non necessariamente coerente,
né significativo.
R. Solaini
Proporre: fra gratificazione e inganno
• Un testo mette in scena la proposta di un rapporto, mostrando la
relazione che si instaura fra l’Autore Modello (AM) e il Lettore
Modello (LM). Tale relazione è alle volte consolatoria, alle volte
sviante.
• Alcuni testi, guidano per mano il LM, ne confermano le
interpretazioni, istituendo cui lui un rapporto consolatorio e
gratificante. Altri testi ingannano intenzionalmente il LM, lo
portano deliberatamente sulla strada sbagliata, lo sfidano.
• I testi pubblicitari istituiscono tipicamente con il LM un rapporto
consolatorio. Il racconto di fantascienza “Sentinella” di Fredric
Brown è una esemplare dimostrazione di come fra AM e LM si
possa alle volte instaurare un rapporto polemico.
R. Solaini
Leggere: fra uso e interpretazione
•
•
•
•
La proposta di relazione avanzata da un testo può, o può non essere
accettata dal Lettore Empirico.
Quando il Lettore Empirico accetta la proposta di relazione avanzata da un
testo, quando cioè decide di immedesimarsi con il Lettore Modello, si
dice che egli interpreta un testo. Si ha interpretazione quando il Lettore
Modello coopera nella ricostruzione del senso, secondo la prospettiva
indicata dall’Autore Modello. Si ha interpretazione quando prevale
l’intentio auctoris. Comanda l’autore e la sua prospettiva
Quando il Lettore Empirico rifiuta la proposta di relazione avanzata da un
testo, rileggendolo secondo il suo personale punto di vista, si dice che
esso usa un testo, riducendolo a pretesto, per riaffermare se stesso. Si ha
uso quando prevale l’intentio lectoris, quando si adotta una modalità di
lettura che destruttura il testo originario, preso a spunto per una personale
opera di riscrittura. Comanda il lettore e la sua libertà.
Poiché il consumo può essere interpretato come una forma di
comunicazione, l’opposizione fra uso e interpretazione può anche essere
usata anche per distinguere modalità diverse, più o meno idiosincratiche,
di appropriazione delle merci.
R. Solaini
Comunicare: fra cooperazione e polemica
• La dialettica fra interpretazione e uso mostra come la comunicazione
non avvenga sempre sulla base di un presupposto cooperativo (come,
ad esempio, vorrebbe P. Grice). Molto più spesso, invece, la
comunicazione avviene entro un contesto polemico.
• La dimensione polemica non dipende dal disaccordo fra due punti di
vista, ma dalla mancanza di disponibilità a condividere il punto di
vista dell’interlocutore
• Esempio paradigmatico (e idealizzato) di comunicazione cooperativa è
il “dialogo d’amore” platonico. Esempi di comunicazione polemica
sono i conflitti intergenerazionali (adulti/adolescenti,
insegnante/studenti). Ritenere, ad esempio, le risposte non cooperative
degli studenti un caso di rifiuto di comunicare manifesta solo una
visione colpevolmente ingenua e inadeguata della comunicazione.
• Una comunicazione strategica mira gestire la dimensione polemica
e conflittuale soggiacente, imponendo, oltre ogni uso fuorviante e
contro ogni risposta “fuori tono”, una modalità cooperativa e
riaffermando la voce dell’autore, l’intentio auctoris.
R. Solaini
Nona lezione
Contratti e veridizione
R. Solaini
Testo e contesto
•
•
•
L’enunciazione è il modo attraverso il quale il contesto (io-qui-ora) si
proietta nel testo, trasformandosi in suo simulacro (non io – non qui
– non ora). In questo modo, l’enunciazione mette in scena la
dinamica fra testo e contesto
Fra Testo e contesto non vi è un’opposizione intrinseca e “reale”, ma
solo dialettica e funzionale. Contesto è ciò che appare più esterno
rispetto a ciò che viene narrato. Per questo, il contesto ( la cornicie
enunciativa, il “io, qui, ora”) viene avverito come più reale, mentre il
testo come rappresentazione, finzione (altrove, simulacro).
Ciò che appare realtà e cosa finzione dipende dal dialogo che il testo
istituisce con il contesto; dipende dalla dialettica che si installa fra
dipinto e cornice, “fra palco e realtà” (laddove la realtà fa parte dello
spettacolo, basta andare a un concerto o allo stadio per rendersene
conto), fra la rappresentazione e quel “fuori”, cui ogni testo allude e
rimanda.
R. Solaini
Mosse enunciative
-
Débrayage (lett. disinnesco): nell’enunciato si proietta il simulacro
dell’enunciazione. Il dèbrayage è un movimento che va dall’enunciazione
all’enunciato, dal contesto al testo. Il dire si mostra nel detto; l’autore si
mostra come attore, o narratore, voce interna.
-
-
Il dèbrajage può essere in prima persona (débrayage enunciazionale) o in terza persona
(débrayage enunciativo). Attraverso il débrayage enunciativo (in terza persona), si
costruisce un discorso oggettivato (discorso storico, mimetico, mimesis); attraverso il
débrayage in prima persona si costruisce un discorso in presa soggettiva (diegesi, o
racconto).
Embrayage (lett. innesco): movimento secondo, successivo al débrayage:
l’attore (costruito in un primo momento attraverso un débrayage
enunciativo) riemerge sotto le vesti dell’enunciatore (il personaggio si
rivela narratore, un attore sul palco si rivolge al pubblico, o finge di essere
il regista interno). Embrayage è un movimento che procede dall’enunciato
all’enunciazione, dal testo al contesto.
-
Esempio: si ha un embrayage nel teatro di Pirandello, quando gli attori escono dalla
“scena” dialogando direttamente con il pubblico o rientrano dalla platea. L’effetto di senso
voluto è destrutturare la percezione stessa della distinzione fra realtà e finzione.
R. Solaini
Effetti di realtà
• Débrayage e embrayage rendono possibile creare delle strutture
enunciative stratificate e complesse: giochi di sguardi e di voci, che
possono trasformare un testo in una vera e propria “matrioska
enunciativa”.
• Il livello enunciativo più esterno (cornice) funziona come piano della
referenza (dà l’illusione della presenza del mondo reale), rispetto al
livello più profondo, della messa in scena. La dialettica fra cornice e
messa in scena produce degli effetti di senso di “realtà”: la cornice
appare sempre più “vera” della messa in scena interna.
• Le mosse enunciative fanno parte delle strategie veridittive, come ad
esempio gli usi ironici del linguaggio (che funzionano per citazione di
unp stereotipo e successiva presa di distanza, o embrayage), o i
trompe-l’oeil (che funzionano attraverso il celamento del débrayage,
portando a una perfetta continuità fra testo e contesto).
R. Solaini
Giochi di sguardi
Velázquez, Las Meninas, 1656
R. Solaini
Giochi di sguardi
Picasso, Las Meninas, 1957
R. Solaini
Paradossi enunciativi ed effetti di realtà: il trompe l’oeil
R. Solaini
Paradossi enunciativi ed effetti di irrealtà
Escher, Mani che disegnano, 1984
R. Solaini
Decima lezione
Generi del discorso pubblicitario
R. Solaini
Strategie veridittive
• Le diverse strategie veridittive adottate di un testo sono decisive al
fine di definire un genere discorsivo. Una strategia veridittiva è un
meccanismo autoreferenziale, attraverso il quale un testo parla di
sé, del proprio linguaggio e di come questo intenda riferirsi al
mondo.
• Ad esempio, satira, mito, romanzo storico e romanzo realista, sono
generi che possono essere definiti in funzione del loro diverso statuto
veridittivo. Negli stessi termini si può cercare di distinguere, nel
campo della pittura, fra i paesaggi naturalistici, impressionismo,
surrealismo, pittura metafisica.
• Le strategie veridittive manifestano una filosofia del linguaggio
implicita (parlano di come si ritiene che il linguaggio si riferisca al
mondo, e quindi di come si costruisca un testo ragionevole e
credibile). Tali diverse filosofie implicite si manifestano attraverso
stili altrettanto diversi, che selezionano opposizioni difficilmente
superabili. (È più facile mediare fra valori opposti, che non fra stili
opposti, quando gli stili sono segno di una filosofia)
R. Solaini
Contratti di lettura e generi testuali
•
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•
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•
Una strategia veridittiva porta a sottoscrivere un contratto di lettura con il
destinatario implicito, che è chiamato ad accettare innanzitutto lo statuto di
realtà/finzione del testo (non si va a teatro con le stesse attese con cui si legge
una cronaca giornalistica).
Da questo punto di vista, la semiotica non propone una propria epistemologia
(una teoria delle condizioni di verità). Afferma, però, che ogni testo definisce
attraverso particolari strategie veridittive le proprie condizioni di verità,
costruendo in modo diverso i criteri di credibilità.
Ad esempio, la credibilità di un testo giornalistico è costruita in modo diverso
da quella di un discorso mitico. Questo accade perché per il giornalismo e
per il mito “verità” significa cose diverse. In un caso, puntuale aderenza ai
fatti, nell’altro rappresentazione di strutture di senso universali e verosimili.
Anche i generi pubblicitari sono stati distinti in funzione della strategia
veridittiva che mettono in atto.
È stato quindi costruito un quadrato semiotico dei generi del discorso
pubblicitario, che si basa sull’opposizione fra una funzione rappresentativa
del testo (presupposto filosofico: il mondo esiste è occorre solo mostrarlo per
quello che esso è) e una funzione costruttiva (presupposto: il mondo esiste
solo attraverso il linguaggio che lo racconta).
R. Solaini
Il quadrato dei generi del discorso pubblicitario
Pubblicità referenziale
(funzione
rappresentativa)
Pubblicità mitica
(funzione costruttiva)
Pubblicità
sostanziale
Pubblicità obliqua
R. Solaini
Generi del discorso pubblicitario
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Pubblicità rappresentativa: mostra il mondo per quello che è, o si pensa che sia. Usa quindi enunciati
descrittivi (“le cose stanno così”) e non normativi (“le cose devono stare così”). Nasconde
l’enunciatore. Propone al Lettore Modello un contratto fondato sull’onestà. Si basa su stereotipi,
ribadisce il buon senso. Utilizza schemi narrativi lineari che non mettano in discussione il rapporto
prima/dopo, causa/effetto. Mostra le immagini di cui parla (débrayage interno), mostrando la
solidarietà fra parola e immagine.
Pubblicità obliqua: rifiuta la logica immediata del buon senso a favore di testi che richiedano una
mediazione interpretativa del LM. Utilizza strategie ironiche, ovvero forme di citazione,
distanziazione e denegazione del buon senso. Mette in mostra un “pensiero laterale”: le cose sono
sempre diverse da come appaiono e possono sempre essere lette da nuovi punti di vista. Propongono al
LM un contratto fondato sulla complicità. Distanza e lateralità del punto di vista manifestano la
presenza dell’enunciatario.
Pubblicità mitica: mette in mostra lo scarto generato dal testo per ridisegnare la realtà. La forma
prevale sulla funzione. Utilizza figure vuote, valorizzate dal loro ruolo all’interno del testo. Utilizza
simboli dal forte contenuto immaginario. Mostra mondi ideali, nei quali il senso dona una
valorizzazione ulteriore alla realtà rappresentata. La trasposizione nel mondo mitico avviene in terza
persona, generando un effetto di oggettività. Fondano un rapporto con l’enunciatario basato sulla
proiezione.
Pubblicità sostanziale: attraverso un forte riavvicinamento del punto di vista, produce un effetto di
straniamento. Destruttura gli stereotipi, alla ricerca dell’essenza della natura profonda. Mostra al
soggetto la necessità di ritrovare una diversa distanza dal quale osservare le cose. Privilegia i valori
tattili e sottolinea la dimensione estesica (dal greco aisthésis: sensazione) del prodotto. Costruisce così
le condizioni per riaffermare la vera natura del prodotto, a prescindere dalle sue determinazioni
culturali e stereotipiche. Propone un contratto basato sulla vicinanza.
R. Solaini
Testi, design e oggetti
• Il quadrato dei generi pubblicitari (che riguarda il rapporto fra mondo
e senso, ovvero l’oggetto di studio della semiotica) può essere
utilizzato anche per analizzare quei particolari testi che sono le
merci e il packaging, l’architettura e il design.
• In questo caso, non si tratta più di vedere in che modo il senso si
rivolga al mondo, ma, specularmente, in che modo i processi di
trasformazione semiotica ricostruiscano il mondo, arredato da oggetti
individuabili perché carichi di senso.
• Poiché rimane sempre in questione il rapporto fra senso e mondo,
anche nel caso del design si affronta sempre il tema della verità. Ad
esempio, una sedia (vedi slide successiva) disegnata secondo canoni
ludici non sarà una “vera” sedia, ma una sedia solo per chi è capace di
interpretarla e usarla come tale.
• Sedie diverse, bagni diversi mostrano un diverso modo attraverso il
quale un oggetto e uno spazio vengono investiti di senso;
costruiscono relazioni diverse con il soggetto, vengono usati e
vissuti in maniera diversa. Strutture di senso diventano pratiche
significanti.
R. Solaini
Il design
R. Solaini
Stili a confronto
A
B
C
D
R. Solaini
In bagno: filosofie e forme di vita
•
•
•
•
Bagno A: la funzione prevale sulla forma. Lo spazio è infatti organizzato su basi
pragmatiche e utilitaristiche, in modo da massimizzare la funzionalità di un
ambiente volutamente piccolo e chiaramente domestico. La riconoscibilità
dell’ambiente definisce la sua dimensione realistica, non a caso arredata da
oggetti di uso quotidiano.
Bagno B: la forma prevale sulla funzione. Ambiente disegnato con l’obiettivo
prevalente di semantizzare forme pure (vedi l’opposizione fra linee rette e
circolari) e quindi di costruire un’estetica minimalista. Lo spazio è ampio e
allude a un fuori campo indefinito, sottolineando così la sua dimensione mitica.
Bagno C: Scompare la messa in scena, sostituita da uno sguardo avvicinato, che
vede, quasi “tocca”, la materia in tutte le sue venature. Le linee assecondano e
scolpiscono gli elementi, generando sostanza, sintesi cioè fra materia e forma.
Bagno D: le linee architettoniche e le scelte cromatiche citano, giocano e
trasformano la natura che esse stesse contengono. Quale è la pianta? quella
“vera” posta fra i due lavandini come ornamento, o i due lavandini che ricreano
artificialmente un mondo naturale? Fra natura e cultura (fra dentro e fuori) si
crea un rimando paradossale, circolare e ironico.
R. Solaini
Undicesima lezione
Il percorso generativo
R. Solaini
Testo e discorso
• Un testo diventa discorso, quando si installa al suo interno un
enunciatore/enunciatario. Un discorso è una pratica discorsiva,
perché enunciatore ed enunciatario mettono in scena un gioco di
relazione. Agiscono uno di fronte all’altro, comunicando.
• “Discorso” è interpretazione e manipolazione di una struttura
profonda. Il soggetto si appropria della lingua e la usa. Questa
trasformazione e interpretazione delle strutture (dei codici) costituisce
la dimensione retorica di un testo.
• Oltre a mostrare il punto di vista dal quale un testo è costruito (e
quello dal quale si offre allo sguardo), l’enunciatore convoca la sua
competenza, il suo repertorio di stereotipi, il suo lessico.
• Si arriva così al livello più di superficie dell’analisi, detto livello
discorsivo, o della manifestazione del testo: i valori profondi,
articolati sul quadrato semiotico e disposti sul sintagma narrativo,
trovano le parole, i temi, che li esprimono e le figure che li
rappresentano.
R. Solaini
Il percorso generativo
• I diversi livelli sui quali un testo può essere analizzato vengono
composti in un’unica struttura gerarchica, che va dal più semplice,
profondo e astratto, a quello più complesso, superficiale e concreto.
• L’articolazione di livelli, legati fra di loro da una relazione di
presupposizione successiva (ogni livello superiore presuppone quelli
più profondi) viene denominata Percorso Generativo.
• Con Percorso Generativo non si intende il processo mentale, che
l’autore empirico ha seguito per concepire un testo, ma il meccanismo
intrinseco, rilevato attraverso l’interpretazione, di costituzione di un
testo, attraverso il coordinarsi dei livelli pertinenti di analisi.
• Il percorso generativo è un’ipotesi operativa, su come si costruisca il
senso. Questa ipotesi ha dato il nome alla teoria semiotica che la ha
fatta propria (una evoluzione della semiotica strutturale di matrice
europea), definita “semiotica generativa”.
R. Solaini
Il Percorso Generativo
Strutture semio –
narrative
Struttura discorsive
Componente Sintatica
Componente Semantica
Livello profondo
(valori come
posizioni)
Operazioni di affermazione / negazione sul
quadrato
Quadrato semiotico come
sistema semantico
Conversione dei
valori strutturali
(posizioni) nei valori
per un soggetto.
Sintassi antrapomorfa (congiunzione –
disgiunzione).
Attanti, modalità, PN
Valori investiti su Ov (Oggetto
di valore)
Istanza dell’enunciazione
Débrayage – Embrayage
Attorializzazione
Temporalizzazione
Spazializzazione
Temi e Figure
Manifestazione dei
valori profondi
attraverso la
convocazione di un
repertorio di temi
(stereotipi) e di figure
del mondo.
Aspettualizzazione
R. Solaini
Punti di vista
-Ottico prospettici
-Cognitivi
-Valutativi
-Passionali.
Il percorso generativo
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Attraverso il percorso generativo la semiotica rende conto della dialettica fra
permanenza valoriale profonda e continua variabilità dei testi che manifestano tale
struttura valoriale. . Fra le strutture assiologiche profonde e le manifestazioni creative
sta il livello tematico, che coincide con il concept, sintesi del racconto che ogni marca
propone.
Il livello tematico costituisce la cerniera fra semio-narrativo e figurativo: da un lato
costituisce la lessicalizzazione dei valori articolati lungo il percorso narrativo (ad
esempio, il concetto di libertà, definito sul piano narrativo dal punto di vista modale, si
trasforma per Nike nel tema del gioco); dall’altro è l’interpretazione astratta dei più
concreti strumenti figurativi utilizzati (ad esempio, la pista circolare).
Il percorso generativo può essere interpretato come un meccanismo di motivazione a
posteriori dei segni, processo di instaurazione di codici. All’interno di un testo, una
configurazione formale, si incarica di manifestare una struttura tematica, a sua volta
definita per la sua dimensione modale e per il paradigma semantico che la articola. La
pista circolare della Nike diventa il simbolo della libertà di cui Nike parla, segno
stabile e quasi necessario, pronto per essere utilizzato in altri testi. Diventa una parola
del lessico Nike.
Il semiologo ingenuo osserva i codici operanti. Il semiologo competente ricerca
soprattutto i percorsi attraverso i quali i codici si sono costituiti e motivati.
Il semiologo competente osserva come i segni si trasformino in simboli (in segni
motivati). Il semiologo competente studia come si costituisca la “mitologia del
quotidiano” (cfr. R. Barthes, Miti d’oggi).
R. Solaini
Fra creatività e strategia
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Il percorso generativo rende conto della diversità e, al tempo stesso, della
complementarietà, fra il lavoro dei creativi e quello degli strategici.
Compito dei creativi è tradurre strutture profonde in immagini e scelte
stilistiche corrispondenti, ognuna delle quali sia consapevolmente
motivata, in quanto manifestazione di nuclei semantici astratti e
fondamentali. Il lavoro dei creativi trasforma la profondità del percorso
generativo in manifestazioni di superficie.
Compito degli strategici, al contrario, è quello di interpretare testi a partire
dalle scelte figurative e tematiche di superficie, ricostruendo le strutture
semantiche soggiacenti (e i codici vengano convocati per manifestarle).
L’analisi permette di progettare nuove architetture di senso. Il lavoro
degli strategici procede dalla superficie del percorso generativo, verso la
profondità.
Il lavoro creativo e strategico si fondono entro il percorso generativo
del senso, perché la creatività è sensata quando è strategicamente
motivata, mentre la strategia è (ri)generazione di senso: dare vita,
consapevolezza e potere alle parole che ci definiscono. Usarle e
trasformarle, prima che siano loro a usare noi.
R. Solaini
Bibliografia
R. Solaini
Bibliografia integrativa
(Testi citati)
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R. Solaini
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