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Diapositiva 1 - Università degli Studi "G. d`Annunzio"

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Diapositiva 1 - Università degli Studi "G. d`Annunzio"
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
CHIETI
Clinica Psicologica
e
Psicopatologia Psicosomatica
Conoscere e contrastare il bullismo
CORSO INTEGRATO DI
PSICOLOGIA CLINICA
Prof. Salvatore Sasso
a.a.2009-2010
Per alcuni bambini
mettere piede a
scuola è una
tragedia. I
capricci però non
c’entrano
L’attualità
 Anti-Bullying

Week 2006 Gli
This year's theme: The
Bystander
spettatori
Find out about the role of
onlookers, witnesses and
observers to help to stop
bullying
www.anti-bullyingalliance.org.uk
Perché è importante sapere e
riflettere sul bullismo



Ogni giorno i quotidiani e la televisione affrontano il
delicato tema del bullismo nelle sue molteplici
manifestazioni.
Spesso la questione della pericolosità (lo stereotipo del
“brutto, sporco e cattivo”modello Franti del libro Cuore)
e l’esigenza di controllo sembrano prevalere
sull’interesse del bambino e dell’adolescente e
dell’analisi in termini sistemici
Il bullismo allora può essere interpretato solo come un
“problema sociale”, la cui unica soluzione rischia di
essere rintracciata nella punizione e nella repressione
del comportamento aggressivo.
Cosa sarebbe necessario fare


recuperare l’attenzione su queste manifestazioni di disagio
infantile/adolescenziale in un’ottica di prevenzione e di
promozione del benessere personale e sociale.
Le espressioni del disagio in età evolutiva, infatti, possono
essere molteplici, in relazione alle caratteristiche di
personalità e ai diversi contesti socio-familiari.
Cosa significa prevenire
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

La prevenzione non deve diventare un luogo
comune
il primo passo è acquisire gli strumenti per
riconoscere il fenomeno.
Il bullismo infatti, si manifesta attraverso una
serie di campanelli d’allarme che possono essere
identificati precocemente.
Come prevenire


La rilevazione dei segnali di disagio deve:
1. riguardare e coinvolgere ogni soggetto della rete
sociale
2. essere multidisciplinare, comprendendo sia fattori
socioculturali che psicologici, in un’ottica evolutiva.
La famiglia, il mondo della scuola e degli amici possono
costituire, in questo senso, una risorsa preziosa.
Quando è possibile prevenire


Solo in presenza di un sistema (familiare e sociale) attento
ai segnali del disagio, ma anche capace di promuovere
risorse, potenzialità, competenze:
gli esperti in problematiche dell’infanzia e
dell’adolescenza utilizzano sempre più i concetti di
empowerment, di comportamenti prosociali e di life skills
(o abilità di vita), la cui promozione contribuisce ad un
armonico sviluppo personale e sociale, ma anche alla
salvaguardia dei diritti umani
Gli obiettivi
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

rivolgere maggiore attenzione non solo alle conseguenze del bullismo,
ma anche alle numerose variabili che aumentano la vulnerabilità del
bambino (fattori di rischio) ed alle risorse sulle quali far leva per
prevenirne gli effetti negativi (fattori di protezione)
dedicare sempre maggiori risorse alla prevenzione sensibilizzando e
formando genitori e insegnanti ad una precoce presa in carico e ad
un efficace intervento in situazioni di bullismo
dedicare maggior spazio alla ricerca di strumenti conoscitivi e di un
confronto sulle possibili risposte ad un disagio che può manifestarsi in
forme difficilmente riconoscibili.
Di cosa ci occuperemo
 Definizione di bullismo
 Caratteristiche
 Forme di comportamento
 Caratteristiche psicologiche
Dinamiche del bullismo nel gruppo
Prevenzione e trattamento psicologico
Linee-guida per i genitori
L’autostima
Come riconoscere vittime e bulli a scuola
La definizione di bullismo
Con il termine bullismo si definiscono le azioni
aggressive o i comportamenti di manipolazione
sociale tipici dei gruppi di pari, perpetrati in
modo intenzionale e sistematico da uno o più
persone ai danni di altre.
 Il termine italiano bullismo è la traduzione letterale della
parola “bullying”, termine inglese usato nella letteratura
internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra
pari in un contesto di gruppo.
 È stato Olweus (1978) nei suoi lavori ad utilizzare una
definizione più ampia, assumendo l’idea che il bullismo fosse
riferibile sia al gruppo sia all’ individuo.
 Secondo Olweus “il bullo è un individuo, per lo più maschio,
che spesso opprime i compagni, i bersagli di queste azioni
possono essere ragazze o ragazzi, l’attacco può essere sia
fisico che mentale”.
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
Il termine bullo rimanda spesso allo spaccone, chi millanta, lo
spavaldo e non tanto alla sua derivazione come “mobbing” (to
mob= assalire, aggredire tumultuosamente in massa)
Il termine è usato spesso dagli etologi (K. Lorenz)
Quando si parla di bullismo bisogna invece riferirsi sempre al
significato originario di “mobbing”, tenendo conto della valenza
del gruppo e delle sue tre manifestazioni: sul piano fisico,
verbale e indiretto (come ad esempio, attraverso l’isolamento,
le maldicenze…)
La definizione più recente pone l’accento su
alcune caratteristiche che progressivamente si
sono rivelate significative
 La prima riguarda l’intenzionalità, cioè il fatto
che il bullo mette in atto intenzionalmente dei
comportamenti fisici, verbali o psicologici con lo
scopo di offendere l’altro e di arrecargli danno o
disagio;
 La seconda riguarda la persistenza: sebbene
anche un singolo episodio possa essere considerato
una forma di bullismo, l’ interazine bullo-vittima è
caratterizzata dalla ripetitività di comportamenti di
prepotenza protratti nel tempo;
 In terzo luogo, tale interazione è asimmetrica,
fondata sul disequilibrio e sulla disuguaglianza di
forza tra il bullo che agisce e la vittima che spesso
non è in grado di difendersi;
 Infine, il comportamento di attacco può essere
perpetrato con modalità fisiche o verbali di tipo
diretto (botte, pugni, calci, offese e minacce) o
con modalità di tipo psicologico e indiretto,
quali la diffamazione o l’esclusione.
Cosa possiamo etichettare come bullismo
 Per esempio, attacchi gravi con armi, coltelli o altri
oggetti pericolosi, furti di materiale costoso,
minacce di gravi aggressioni alla persona, forme di
molestia severa o di abuso sessuale,
 Si tratta di situazioni che richiedono una denuncia
e una collaborazione tra scuola e autorità
giudiziaria.
 È importante quindi che l’insegnante, attraverso
l’osservazione e la discussione con i ragazzi,
sappia distinguere la diversa natura dei
comportamenti.
COMPORTAMENTI NON ETICHETTABILI COME
BULLISMO
Presa in giro per gioco;
Finta zuffa;
Lotta per gioco;
Giochi quasi aggressivi, ritualizzati e con reciprocità di ruoli
Per i comportamenti quasi aggressivi, si riscontrano
situazioni in cui i ragazzi fanno giochi turbolenti, lotta per
finta o aggressioni giocose.
frequenti in modo particolare nell’interazione tra i maschi,
dal secondo ciclo della scuola primaria fino ai primi anni della
scuola secondaria.
COMPORTAMENTI DI BULLISMO
(sono ripetuti nel tempo )
 A LIVELLO FISICO:
Punzecchiare, tirare i capelli, picchiare, dare calci, pugni,
richiudere in una stanza, dare pizzicotti, spingere,
graffiare, danneggiare le proprietà dell’altro o altre forme
fisiche di attacco.
 A LIVELLO VERBALE:
Linguaggio offensivo, telefonate offensive, estorsione di
denaro o beni materiali, intimidazioni e minacce, prese in
giro e offese per il colore della pelle,linguaggio molesto e
allusivo, dicerie e bugie sul conto di qualcuno.
Esempio di bullismo diretto fisico

Stefano è un bambino di 9 anni che frequenta la 3a
elementare. Esile di corporatura, ha un carattere timido e
riservato. Quasi tutti i giorni, durante la ricreazione,
Stefano viene avvicinato e spintonato da due o tre bambini
più grandi, che frequentano la 5a, i quali regolarmente lo
costringono con la forza a dare loro la merenda. Stefano
non riesce a difendersi e si vergogna a parlare di questi
episodi.
Esempio di bullismo diretto verbale

Arshad è un ragazzino pakistano di 12 anni. Inserito da poche
settimane in seconda media, nella scuola del paese in cui si è
appena trasferito insieme ai genitori. Parole pronunciate in modo
scorretto, a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana,
suscitano spesso l’ilarità dell’intera classe, istigata
dall’atteggiamento provocatorio di un compagno che si rivolge ad
Arshad dicendo: “Ma come parli? Non sai parlare!”. Gli insegnanti
si accorgono che anche durante i momenti di gioco il ragazzino
viene preso in giro.
A LIVELLO NON VERBALE:
Fare brutte facce o gesti rudi, manipolare o danneggiare i
rapporti di amicizia, escludere sistematicamente e isolare
socialmente, inviare lettere scritte o frasi offensive.
ATTIVITÀ CRIMINALE E ANTISOCIALE:
Attacchi con armi, ferite fisiche gravi, minacce gravi con
armi, furti seri, abusi sessuali.
Esempio di bullismo indiretto

Elena è una bambina di 10 anni che frequenta la
5a elementare. Da qualche tempo un gruppetto di
compagne diffonde pettegolezzi sul suo conto e
sostiene che non si vesta alla moda, per
allontanarla da Sofia, l’unica sua amica
all’interno della classe. In seguito a ciò, Elena è
spesso sola ed esclusa dal gruppo anche nei
momenti di gioco.
I PROTAGONISTI:
IL BULLO, LA VITTIMA, GLI SPETTATORI
 I ruoli individuati sono sei: bullo, aiutante,
sostenitore, difensore, esterno, vittima.
 Gli autori hanno trovato differenze significative
nella distribuzione dei ruoli, legate alle variabili
del sesso: Bulli, aiutanti e sostenitori sono
soprattutto maschi, mentre alle femmine si
attribuiscono in prevalenza i ruoli di difensore ed
esterno.
 Solo per il ruolo di vittima non ci sono differenze
tra i due gruppi.
Olweus (1993)
 Nei suoi numerosi studi sui ragazzi coinvolti in
episodio di bullismo, aveva rilevato che le
tipologie di bullo e vittima non sono di per sé
univoche, poiché tra coloro che agiscono in
modo prepotente ci sono anche altre figure di
riferimento.
 Infatti, la dominanza del bullo sembra cioè
essere rinforzata dall’attenzione e dal supporto
dei sostenitori, dall’allineamento degli aiutanti,
dalla mancanza di opposizione della
maggioranza silenziosa.
Gruppi di soggetti individuali sulla base del
questionario “ruoli dei partecipanti
(Salmivalli et al., 1996; Sutton e Smith, 1999; Menesini e Gini (2000)
Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare
prepotenze ai compagni;
Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma con
una posizione, secondaria nel gruppo, di
“seguace” del bullo;
Sostenitore: chi agisce in modo da rinforzare il
comportamento del bullo, ad es. ridendo,
incitandolo o solo stando a guardare;
Difensore: chi prende le difese della vittima
consolandola;
Esterno: chi non fa niente, cercando di
rimanere fuori dalle situazioni di prepotenza;
Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.
LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DEL
BULLO
Si distinguono tre tipologie principali di bulli:
1. Il bullo dominante
2. Il bullo gregario
3. Il bullo-vittima
1. Il bullo dominante

È un ragazzo per lo più maschio, più forte fisicamente o
psicologicamente rispetto ai compagni.

Presenta un’elevata autostima ed è caratterizzato da un
atteggiamento favorevole verso la violenza.

Dal punto di vista delle credenze e della rappresentazione del
problema, ritiene che l’aggressività possa essere positiva poiché
aiuta a ottenere ciò che si vuole ed è sempre pronto a giustificare
il proprio comportamento assumendo atteggiamenti di
indifferenza e scarsa empatia verso la vittima.

Si caratterizza per comportamenti aggressivi sia verso i compagni
sia verso gli adulti.

Oltre a prendere l’iniziativa nell’aggredire la vittima è anche
capace di istigare altri compagni a farlo.
2. Il bullo gregario
 È un ragazzo più ansioso del precedente, spesso
con difficoltà a livello di rendimento scolastico,
poco popolare nel gruppo e insicuro.
 In genere tende a farsi trascinare nel ruolo di
aiutante o sostenitore del bullo poiché questo
comportamento può dargli un’identità e
un’opportunità di affermazione all’interno del
gruppo.
3. Il bullo-vittima
 È definito anche vittima aggressiva o provocatrice; pur
subendo le prepotenze dei compagni, mostra uno stile di
interazione di tipo reattivo e aggressivo.
 Spesso è un bambino emotivo, irritabile e con difficoltà di
controllo delle emozioni; ha atteggiamenti provocatori ed
iperreattivi di fronte agli attacchi dei compagni.
 Il suo comportamento agitato, accompagnato sovente da
difficoltà sul piano cognitivo e dell’attenzione e da modalità
provocatorie verso gli altri, innesca facilmente un circolo
vizioso di elevata conflittualità.
 È molto impopolare tra i compagni e proviene da contesti
altamente conflittuali.
LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELLA
VITTIMA
Si distinguono due tipologie principali di vittime:
1. La vittima passiva
2. La vittima provocatrice
1. La vittima passiva
 È un ragazzo tendenzialmente passivo che non
sembra provocare in alcun modo le prepotenze le
prepotenze subite: è un soggetto calmo, sensibile
e contrario all’uso della violenza.
 È caratterizzato da un modello “reattivo ansioso o
sottomesso” che segnala ai bulli la sua
insicurezza, la passività e la difficoltà a reagire di
fronte alle prepotenze subite ( Olweus, 1993 ).
La vittima passiva/sottomessa
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

E’ la “classica” vittima a cui si pensa solitamente:
è un soggetto più debole della media dei coetanei e
del bullo in particolare;
è ansioso e insicuro;
è sensibile, prudente, tranquillo, fragile, timoroso;



è incapace di comportamenti assertivi;
ha una bassa autostima, un’opinione negativa di se
stesso e delle proprie competenze, che viene
ulteriormente svalutata dalle continue prevaricazioni
subite;
a scuola spesso è solo, escluso dal gruppo dei
coetanei e difficilmente riesce a crearsi delle
amicizie;

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

ha bisogno di protezione: a scuola cerca la vicinanza
degli adulti;
se attaccato, è incapace di difendersi: spesso
reagisce alle prepotenze piangendo e chiudendosi in
se stesso;
è contrario ad ogni tipo di violenza;
il suo rendimento scolastico, vario nella scuola
elementare, tende a peggiorare nel corso della
scuola media;



ha una scarsa coordinazione corporea ed è poco abile nelle
attività sportive e di gioco; talvolta ha paure relative al proprio
corpo (per es. ha paura di farsi male);
nega l’esistenza del problema e la propria sofferenza e finisce
per accettare passivamente quanto accade; spesso si autocolpevolizza;
non parla con nessuno delle prepotenze subite perché si
vergogna, per timore di “fare la spia” e per paura che le
prepotenze diventino ancora più gravi.


Sembra che le vittime “segnalino” agli altri la propria
vulnerabilità: ciò le renderebbe bersagli ancora più
facili da individuare per i bulli.
Alcune categorie di bambini e ragazzi
sembrerebbero maggiormente a rischio di
vittimizzazione in quanto più vulnerabili: tra di essi i
bambini appartenenti ad una diversa cultura, o
coloro che presentano disabilità.
La vittima provocatrice


La vittima provocatrice è un soggetto che, con il suo
comportamento, provoca gli attacchi degli altri.
Contrariamente alla vittima passiva (che subisce
senza reagire), spesso la vittima provocatrice
contrattacca le azioni aggressive dell’altro,
ricorrendo talvolta alla forza (anche se in modo poco
efficace).
Proprio perché sia agisce, sia subisce le prepotenze,
questo soggetto viene definito anche “bullo-vittima”.
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
Il bambino/ragazzo vittima provocatrice:
è generalmente un maschio;
è irrequieto, iperattivo, impulsivo;
talvolta è goffo e immaturo;
ha problemi di concentrazione;
assume comportamenti e abitudini che causano tensione e
irritazione nei compagni (non solo nei bulli, ma nell’intera
classe) e perfino negli adulti, provocando reazioni negative a
proprio danno;



è ansioso e insicuro;
ha una bassa autostima;
è preoccupato per la propria incolumità
fisica.
2. La vittima provocatrice
 È un ragazzo che con il suo comportamento
irrequieto, iper-reattivo e irritante, provoca gli
attacchi subiti e spesso contrattacca le azioni
dell’altro.
 Questa categoria di vittime è sovrapponibile a
quella dei “bulli-vittima”, ossia quei soggetti che
ottengono punteggi superiori alla norma sia per
la vittimizzazione che per il bullismo, in quanto,
oltre ad agire le prepotenze, le subiscono.
La struttura familiare della vittima
 Le famiglie delle vittime sono molto coese, tanto da
coinvolgere intensamente i figli nelle loro vita interna.
 Ciò favorisce l’instaurarsi di un legame di stretta dipendenza
dalla famiglia, con conseguente difficoltà sul versante dei
rapporti con i pari.
 In questi contesti risulta spesso rilevante il ruolo
iperprotettivo della madre, mentre è assente o poco
coinvolta la figura del padre.
 Il risultato è che questi bambini hanno difficoltà nel gestire
le relazioni sociali con gli altri e non riescono ad affrontare
interazioni più complesse (Genta, 2002).
Le conseguenze
a lungo e a breve termine
dell’essere la vittima dei compagni
 La vittimizzazione costituisce un ostacolo significativo al
benessere sociale, emozionale e all’adattamento scolastico dei
bambini.
 Alcuni studi recenti hanno permesso di caratterizzare le
vittime come un gruppo di soggetti affetti da diversi tipi di
disagi, quali la solitudine, la depressione, l’ansietà,
l’insicurezza, la bassa autostima e un’eccessiva passività nelle
relazioni sociali.
 I bambini che subiscono prepotenze spesso sviluppano un
atteggiamento generale di rifiuto verso l’attività scolastica e
mostrano segni d’ansia e angoscia in momenti significativi
della loro esperienza a scuola.
Conseguenze per le vittime
A breve e lungo termine
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Sintomi fisici: mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa (soprattutto la
mattina prima di andare a scuola)
Sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia
Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento
scolastico
Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche
Svalutazione della propria identità, scarsa autostima
Psicopatologie: Depressione, Comportamenti autodistruttivi/autolesivi
Abbandono scolastico
A livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi
nell’adattamento socio-affettivo
A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere
Conseguenze per i bulli
A breve e lungo termine

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Basso rendimento scolastico
Disturbi della condotta per incapacità di rispettare le
regole
Difficoltà relazionali
Ripetute bocciature e abbandono scolastico
Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di
vandalismo, abuso di sostanze
Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro
Bullismo e Disturbi della condotta
I disturbi della condotta vengono definiti
come:
 modalità comportamentali abituali di
violazioni delle regole o dei diritti degli
altri (regole naturalmente rapportate e
relazionate all’età del soggetto) che
tendono ad esprimersi nei vari ambiti
sociali.
La caratteristica fondamentale
del Disturbo della Condotta
È una modalità di comportamento
ripetitiva e persistente in cui i diritti
fondamentali degli altri oppure le norme o
le regole della società appropriate per l’età
adulta, vengono violate.
I comportamenti si inseriscono
in quattro gruppi fondamentali
1. Condotta aggressiva:
che causa o minaccia danni fisici ad altre persone
o ad animali;
2. Condotta non aggressiva:
che causa perdita o danneggiamento della
proprietà;
3. Frode o furto;
4. Gravi violazioni di regole.
Bullismo e Disturbi della condotta
 I bambini o gli adolescenti con questo disturbo
spesso innescano un comportamento aggressivo
e reagiscono aggressivamente contro gli altri.
 Essi possono mostrare un comportamento
prepotente, minaccioso, o intimidatorio.
 L’aggressione può assumere la forma di stupro,
violenza,o, in rari casi, omicidio.
Bullismo e Disturbi della condotta
 La distruzione deliberata dell’altrui proprietà è una
tipica caratteristica di questo disturbo, e può
includere l’incendio deliberato con intenzione di
causare seri danni o distruzione deliberata della
proprietà altrui in altri modi (ad esempio, spaccare
vetri delle macchine, vandalismo a scuola).
Bullismo e Disturbi della condotta
 I soggetti con Disturbo della Condotta possono
avere scarsa empatia e scarsa attenzione per i
sentimenti, i desideri, e il benessere degli altri.
 Specie in situazioni ambigue, i soggetti
aggressivi con questo disturbo spesso travisano
le intenzioni degli altri come più ostili e
minacciose e reagiscono con un’aggressione che
essi ritengono ragionevole e giustificata.
Bullismo e Disturbi della condotta
 Essi possono essere insensibili e
mancare di adeguati sentimenti di colpa
o di rimorso.
 Può essere difficile valutare se il rimorso
mostrato è vero perché questi soggetti
imparano che esprimere la colpa può
ridurre o prevenire la punizione.
Prevenzione e Trattamento Psicologico
 Le ricerche indicano una diffusione più generalizzata
del bullismo nelle scuole elementari e nei primi anni
delle medie come fenomeno socio-relazionale e
come modalità diffusa di soluzione dei conflitti.
 Successivamente si assiste ad una definizione della
frequenza con una maggiore accentuazione in un
numero ristretto di casi come forma stabile di
disagio individuale.
Prevenzione e Trattamento Psicologico
 I ragazzi con questa modalità radicata di
comportamento sono a rischio di problematiche
antisociali e devianti e altri comportamenti
problematici come l’abuso di sostanze, alcool e
droghe
 Se non vengono aiutati a modificare
i loro comportamenti aggressivi, possono
continuare ad usare modalità aggressive nelle loro
relazioni interpersonali.
Prevenzione e Trattamento Psicologico
L’intervento psicologico ha lo scopo di interrompere
questo tipo di modalità di soluzione dei conflitti e
fornire le indicazioni necessarie per imparare a
gestire diversamente le relazioni sociali, offrire la
possibilità di sentire, provare, riconoscere e
manifestare emozioni positive e adottare
comportamenti collaborativi.
Prevenzione e Trattamento Psicologico
 Inoltre, se i comportamenti prepotenti non vengono
contrastati possono avere effetti molto negativi sulle
vittime.
 In questo caso l’intervento psicologico, ha l’obiettivo di
sviluppare la capacità di esprimere la rabbia derivante
dal subire soprusi, di raccontare con chiarezza e senza
timore le situazioni a cui sono esposti, di recuperare il
controllo della situazione,di proteggersi da soli, di
riacquistare fiducia in se stessi.
 Oltre ai ragazzi i soggetti interessati sono sia i genitori
sia gli insegnanti.
Prevenzione e Trattamento Psicologico
 Gli insegnanti possono promuovere
interventi atti a favorire una mentalità
che comprenda rispetto e solidarietà
tra i ragazzi
 Possono collaborare con le famiglie per
individuare i segnali più o meno
sommersi che i ragazzi possono
manifestare
 L’intervento, infatti, deve essere
preventivo.
Cosa pensano i genitori dei
rapporti che i figli hanno
con i loro coetanei?
1. L’adolescenza può essere
considerata un periodo di crisi?
2. L’adolescenza: un’età non
inevitabilmente segnata da crisi e
da perturbazioni
3. I compiti di sviluppo
dell’adolescente
4. Armonia e conflittualità tra
genitori e adolescenti
5. Lo svincolo degli adolescenti
dalla famiglia
6. Il ruolo della famiglia
7. Le relazioni nel gruppo dei pari
8. La durata del periodo
adolescenziale
9. Il ruolo della scuola
10. Prevenzione del malessere e
promozione del benessere
•
Da parte loro i genitori vedono i propri figli
attraverso una doppia luce: essi o sono integrati nel
gruppo degli amici, quindi popolari e sicuri, oppure sono
fragili e dunque soggetti al rischio di prevaricazione da
parte degli altri pari. Un pensiero che poco li sfiora
riguarda i comportamenti aggressivi o scorretti che i
propri figli potrebbero mettere in atto nei confronti degli
altri compagni.
• Ne risulta una tipica ambivalenza genitoriale che
rispecchia il nucleo del conflitto con i figli adolescenti,
ossia
la
dicotomia
fra
distacco
e
dipendenza.
L’ambivalenza, comunque, è comprensibile in quei
genitori che hanno esercitato per anni il controllo e quindi
oggi faticano ad accettare il distacco.
I concetti di attaccamento-dipendenza e di
emancipazione-distacco.
1. L’adolescenza può essere
considerata un periodo di crisi?
2. L’adolescenza: un’età non
inevitabilmente segnata da crisi e
da perturbazioni
3. I compiti di sviluppo
dell’adolescente
•
non sono alternativi (Anna Oliverio Ferraris,1980)
•
Infatti la modalità con cui avviene il distacco dalle figure
protettive, i cui estremi sono rappresentati dalla serenità o dal
4. Armonia e conflittualità tra
genitori e adolescenti
5. Lo svincolo degli adolescenti
dalla famiglia
6. Il ruolo della famiglia
conflitto, dipende dal grado di soddisfazione dell'attaccamento.
•
Quindi l'emancipazione-distacco non ha inizio dove termina
l'attaccamento-dipendenza, ma entrambi i processi sono
7. Le relazioni nel gruppo dei pari
contemporaneamente presenti, in diverse forme, nel ciclo vitale
8. La durata del periodo
adolescenziale
9. Il ruolo della scuola
10. Prevenzione del malessere e
promozione del benessere
della famiglia.
•
Il legame di attaccamento, come Bowlby ci ha mostrato nelle
sue ricerche, dà la possibilità, sia al bambino che all'adulto, di
avere uno spazio di sicurezza cui ricorrere in caso di difficoltà o
di pericolo, cercando protezione e conforto.
Le relazioni con i coetanei e la propria
famiglia di riferimento:
1. L’adolescenza può essere
considerata un periodo di crisi?
2. L’adolescenza: un’età non
inevitabilmente segnata da crisi e
da perturbazioni
3. I compiti di sviluppo
dell’adolescente
4. Armonia e conflittualità tra
genitori e adolescenti
5. Lo svincolo degli adolescenti
dalla famiglia
6. Il ruolo della famiglia
Adolescenti ben
socializzati
Adolescenti
insicuri
socialmente
Adolescenti
prepotenti e sicuri
Adolescenti
prepotenti e
insicuri
Le relazioni degli adolescenti con i loro coetanei
godono di un buon livello
di popolarità tra i coetanei,
si sentono sicuri nel
gruppo dei pari e non
mettono in atto
comportamenti prepotenti.
hanno discrete capacità
relazionali, non mettono in
atto condotte aggressive,
ma hanno delle paure
sociali legate alla loro
reputazione tra i
compagni.
mettono in atto
comportamenti aggressivi
che non contrastano con il
loro grado di popolarità e
di successo relazionale.
mettono in atto
comportamenti di
prevaricazione ma, a
differenza dei precedenti,
hanno la difficoltà di
sviluppare rapporti e la
popolarità, che risulta
essere piuttosto bassa.
7. Le relazioni nel gruppo dei pari
8. La durata del periodo
adolescenziale
9. Il ruolo della scuola
10. Prevenzione del malessere e
promozione del benessere
La famiglia di riferimento
La
loro
famiglia
si
caratterizza per le buone
relazioni, la presenza dei
genitori in casa e per una
forte
connotazione
valoriale.
La loro famiglia è
ispirata
a
norme
prescrittive riferite sia a
sanzioni derivate da
comportamenti
trasgressivi
sia
a
relazioni con genitori
stressati e rigidi.
La famiglia è connotata
da scarsa affettività e
relazionalità,
come
pure da assenza di
valori e di norme.
La famiglia per questi
ragazzi
non
è
assolutamente un punto di
riferimento per quanto
riguarda sia gli affetti sia i
valori, lo è solo per le
norme
e
per
le
prescrizioni.
L’importanza della coerenza educativa
1. L’adolescenza può essere
considerata un periodo di crisi?
2. L’adolescenza: un’età non
inevitabilmente segnata da crisi e
da perturbazioni
3. I compiti di sviluppo
dell’adolescente
4. Armonia e conflittualità tra
genitori e adolescenti
5. Lo svincolo degli adolescenti
dalla famiglia
6. Il ruolo della famiglia
7. Le relazioni nel gruppo dei pari
8. La durata del periodo
adolescenziale
9. Il ruolo della scuola
10. Prevenzione del malessere e
promozione del benessere
Come contrastare il bullismo?
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La serietà degli effetti del bullismo rende necessaria
una riflessione da parte degli adulti di riferimento di
bambini e ragazzi e la conseguente loro disponibilità
Spesso, infatti, gli adulti possono sottovalutare o
ignorare l’esistenza e le conseguenze del bullismo,
non attivando di conseguenza azioni di sostegno e
accompagnamento ai ragazzi in difficoltà.
Sottovalutazione e pregiudizi
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Il bullismo, in fondo, è solo “una ragazzata”.
Chi subisce le prepotenze dovrebbe imparare a
difendersi.
Il bullismo fa parte della crescita, è una fase normale
che serve a “rafforzare”.
Il bullismo è un fenomeno proprio delle zone più
povere e degradate, è più diffuso nelle grandi città,
nelle scuole e nelle classi più numerose.
Il bullismo deriva dalla competizione per ottenere buoni
voti a scuola.
Prima reazione dei genitori
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I genitori possono essere sorpresi nello scoprire
che il proprio figlio attua comportamenti
aggressivi nei confronti di altri bambini
oppure non sanno come gestire il problema nel
caso in cui il figlio sia vittima di prepotenze.
Prima reazione degli insegnanti
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Gli insegnanti, a loro volta, non sempre riescono a
cogliere i segnali di disagio o a riconoscere gli
episodi di bullismo che per altro avvengono per lo
più in assenza di adulti
In conseguenza
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La vittima non trova aiuto
Il bullo agisce indisturbato.
Il mancato intervento di un adulto può essere
visto come una forma di approvazione per il suo
comportamento.
Come possono fare i genitori
per individuare bulli e vittime
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Saper riconoscere il bullismo senza
confonderlo con altri tipi di comportamento
Per riconoscere se un ragazzo è stato
ripetutamente vittimizzato da un compagno
o se egli stesso è autore di azioni di
prevaricazione, è possibile far riferimento
ad alcuni indicatori comportamentali.
Indicatori della possibile vittima
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torna da scuola con vestiti stracciati o sgualciti e con
libri o oggetti rovinati
ha lividi, ferite, tagli e graffi di cui non si può dare
una spiegazione naturale
non porta a casa compagni di classe o coetanei e
raramente trascorre del tempo con loro
non ha nessun amico per il tempo libero
non viene invitato a feste
Indicatori della possibile vittima
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è timoroso e riluttante nell’andare a scuola la mattina
(ha scarso appetito,mal di stomaco, mal di testa…)
sceglie percorsi più lunghi per il tragitto casa-scuola
dorme male e fa brutti sogni
il rendimento scolastico e l’interesse per la scuola
diminuiscono
ha frequenti sbalzi d’umore: sembra infelice, triste e
depresso e spesso manifesta irritazione e scatti d’ira
chiede o ruba denaro alla famiglia (spesso per
assecondare i bulli)
Indicatori del possibile bullo
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prende in giro ripetutamente e in modo pesante
rimprovera
intimidisce
minaccia
tira calci, pugni, spinge
danneggia cose …
I bulli possono mettere in atto tali comportamenti nei
confronti di più compagni, ma tendono a rivolgersi in
particolare ai più deboli e indifesi.
Linee-guida per i genitori
1.
2.
Prendere consapevolezza del problema
“bullismo”: innanzitutto prestare attenzione ad
eventuali segnali della presenza del bullismo;
Non minimizzare il problema: far capire al
figlio che è importante prendere in seria
considerazione il problema che riporta, creando
un clima di ascolto attivo e di fiducia;
Linee-guida per i genitori
3.
Favorire il dialogo: evitare di assumere un
atteggiamento colpevolizzante e punitivo, ma al
contrario potenziare il dialogo e la
comunicazione, promuovendo la cultura
dell’ascolto;
Linee-guida per i genitori
4.
Non arroccarsi su posizioni estreme nei
confronti del proprio figlio (di accusa o di
difesa): avere una visione reale del problema,
evitando di schierarsi dalla parte del bullo o
della vittima; prima di intervenire, capire a
fondo il problema e le motivazioni che hanno
portato ciascun attore coinvolto a comportarsi in
un determinato modo;
Linee-guida per i genitori
5.
Valorizzare il dialogo scuola-famiglia: stare
costantemente in contatto con il personale della
scuola (insegnanti, dirigenti e personale non
docente) per cercare di definire il problema,
ascoltando anche quello che hanno da dire gli
operatori scolastici;
Linee-guida per i genitori
6.
Prestare attenzione al vissuto emotivo del
proprio figlio: cercare di far emergere le
emozioni, le paure e i sentimenti del bambino
rispetto all’accaduto. Provare a mettersi nei
panni del proprio figlio, per cercare di capire
meglio che cosa stia vivendo;
Linee-guida per i genitori
7.
Invitare il proprio figlio a chiedere aiuto: far
capire al bambino che, se si dovesse trovare
nella posizione di vittima di azioni di
prepotenza, è importante chiedere aiuto ad uno
dei suoi adulti di riferimento. Spiegare che
questo non è un atto di debolezza, ma è un
modo coraggioso per smascherare il bullo e
farlo uscire allo scoperto;
Linee-guida per i genitori
8.
9.
Trovare una soluzione al problema insieme al
proprio figlio: coinvolgere il bambino in modo
attivo nella ricerca di strategie adeguate ed efficaci
per la risoluzione del problema;
Confrontarsi con altri genitori: è importante
condividere paure e preoccupazioni rispetto
all’accaduto per scoprire, magari, di non essere gli
unici coinvolti nel problema;
Linee-guida per i genitori
10.
Potenziare l’autostima del proprio figlio:
lavorare per costruire la fiducia del bambino in
se stesso ed incoraggiarlo a sperimentarsi nelle
attività (anche extrascolastiche) in cui riesce
bene;
Linee-guida per i genitori
11.
Lavorare verso l’autonomia del proprio
figlio: evitare di avere un atteggiamento
iperprotettivo, ma al contrario insegnare al
bambino ad essere il più possibile autonomo,
perché proprio una stretta dipendenza dai
genitori può essere un fattore di rischio affinché
il bambino sia preso di mira da compagni “più
forti”;
Linee-guida per i genitori
12.
Aiutare il proprio figlio a prendere
consapevolezza dei suoi atteggiamenti:
insegnargli a riconoscere eventuali
comportamenti che possono irritare o infastidire
gli altri e riflettere sulle conseguenze delle
proprie azioni. Cogliere l’occasione per suggerire
possibili condotte alternative;
Linee-guida per i genitori
13.
Favorire momenti di socializzazione positiva:
creare momenti, al di fuori del contesto
scolastico, in cui il bambino possa vivere
momenti di socializzazione con i propri
compagni, magari condividendo gli stessi
interessi;
Linee-guida per i genitori
14.
Far intraprendere ai bambini attività
extrascolastiche: impegnarsi per esempio in
attività sportive aiuta ad incanalare l’aggressività
in modo positivo e favorisce la costruzione di
nuove relazioni;
Linee-guida per i genitori
15.
Ridurre il senso di colpa: far sì che i bambini
non si sentano colpevoli nel caso in cui siano
vittime di prepotenza, ricordando loro che è
sempre possibile trovare una soluzione;
Linee-guida per i genitori
16.
Rivolgersi ad esperti: qualora la famiglia
dovesse rendersi conto di non avere strumenti
adeguati per gestire la situazione, chiedere un
confronto ad un operatore esperto presente sul
territorio.
Alcuni suggerimenti per gli adulti di riferimento su come cercare
di aumentare l’autostima in età evolutiva

L’autostima, in cui sono comprese
l’autorealizzazione, l’autocontrollo, la fiducia in
se stessi, l’autoregolazione e l’ autogratificazione,
gioca un ruolo fondamentale nel processo di
sviluppo del Sé.
Alcuni suggerimenti per gli adulti di riferimento su come cercare
di aumentare l’autostima in età evolutiva

Un buon livello di autostima, quindi, corrisponde a
migliori esiti in termini di benessere e qualità della vita in
età evolutiva. In particolare nel caso del bullismo una
buona autostima è un “fattore protettivo” rispetto alla
possibilità di diventare una “vittima”: bambini che
valutano negativamente se stessi e le proprie capacità,
infatti, costituiscono i bersagli privilegiati dei bulli.
Alcuni suggerimenti per gli adulti di riferimento su come
cercare di aumentare l’autostima in età evolutiva

Una bassa autostima è uno dei fattori spesso implicati
nella genesi di alcuni disturbi dell’infanzia (deficit
dell’attenzione, cognitivi e dell’apprendimento, fobie ecc.)
e dell’adolescenza o dell’età adulta (abuso di droghe,
comportamenti antisociali ecc.): aumentare un sano
concetto del Sé in età precoce fornisce al bambino degli
strumenti fondamentali per affrontare le varie difficoltà
implicite nei passaggi evolutivi, evitando così il cosiddetto
“scacco evolutivo”.
Alcuni suggerimenti per gli adulti di riferimento su come
cercare di aumentare l’autostima in età evolutiva


Il sostegno all’autostima è importante non solo in ambito
familiare nella relazione con la madre e il padre, ma anche
in ambito scolastico, al fine di far acquisire e sperimentare
al bambino la propria competenza e la propria capacità di
affrontare compiti evolutivi sempre più articolati.
Grazie ad una positiva concezione di sé, i bambini sono in
grado di gestire anche la rabbia in senso positivo e
costruttivo.
Alcuni suggerimenti per gli adulti di riferimento su come
cercare di aumentare l’autostima in età evolutiva

Riteniamo importante che i genitori e gli
insegnanti rinforzino l’autostima nel bambino,
qualora fosse carente, per la riduzione dei fattori
di rischio
Come procedere


I bambini hanno bisogno di sentirsi amati ed
apprezzati per quello che sono; potete farlo capire
loro tramite messaggi verbali (es: “Sei proprio un
bravo bambino”); oppure tramite messaggi nonverbali (es: sedendosi accanto a lui, sorridendogli
e guardandolo negli occhi).
I bambini hanno bisogno di essere apprezzati per
quello che fanno. Importante è gratificarli ogni
qualvolta raggiungono degli obiettivi.
Come procedere

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
Prima di riuscire ad apprezzare una critica senza
perdere l’autostima un bambino ha bisogno di
aver ricevuto molti elogi.
Non esprimere giudizi generalizzati, che non sono
sempre veri, del tipo: “Non arrivi mai puntuale a
scuola” oppure “Il tuo lavoro è sempre
disordinato!”
Evitate i giudizi: si attaccano come etichette.
Come procedere

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Evitate di avere delle aspettative sproporzionate rispetto
all’età dei bambini: ad esempio molto spesso si chiede al
bambino di mettersi nei panni dell’altro, o di capire i
sentimenti dell’altro, senza rendersi conto che spesso non
ha raggiunto una maturità psicologica che gli permetta di
farlo.
Non estremizzate i confronti tra bambini.
Nell’esprimere una critica, indirizzatela maggiormente al
comportamento che ritenete sbagliato e non alla persona.
Come procedere


Sforzatevi di comprendere il punto di vista del
bambino.
Quando i bambini si sentono minacciati o hanno
paura possono reagire con espressioni di rabbia
(per es. quando hanno paura di sbagliare, di non
essere amati, di non essere compresi, di non
essere all’altezza della situazione, di non essere
graditi agli altri bambini ecc.).
Come procedere
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È importante infine ricordare che ci sono due
tipologie di autostima:
l’autostima dell’essere e l’autostima del fare.
È perciò necessario che gli adulti rinforzino oltre
alle competenze relazionali, le abilità pratiche dei
bambini (il saper fare).
Come individuare vittime e bulli a scuola: alcuni
campanelli di allarme
indicatori della possibile vittima


è preso ripetutamente in giro in modo
pesante, offeso, denigrato, umiliato, deriso,
sottomesso, dominato, minacciato,
ridicolizzato;
è aggredito fisicamente, picchiato, preso a
pugni e a calci, spinto;
Come individuare vittime e bulli a scuola: alcuni
campanelli di allarme
indicatori della possibile vittima

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subisce il furto, il danneggiamento e la dispersione di
oggetti o beni materiali (libri, denaro…);
presenta lividi, graffi, ferite, tagli o vestiti stracciati a
cui non può essere data una spiegazione naturale;
si dimostra indifeso e reagisce agli scontri e ai litigi
con il ritiro o il pianto. È spesso solo ed escluso dal
gruppo dei compagni nei momenti di ricreazione; è
scelto per ultimo nei giochi di squadra;
Come individuare vittime e bulli a scuola: alcuni
campanelli di allarme
indicatori della possibile vittima
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non ha nessun buon amico in classe;
appare depresso e ha facilità al pianto;
subisce un calo improvviso o graduale nel
rendimento scolastico;
ha difficoltà a parlare in classe;
dimostra ansia e insicurezza;
ricerca la vicinanza degli adulti nei momenti di
ricreazione.
Come individuare vittime e bulli a scuola: alcuni
campanelli di allarme
indicatori del possibile bullo
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prende in giro ripetutamente i compagni, denigra,
calunnia, intimidisce, umilia, minaccia, comanda,
domina, sottomette, deride
aggredisce fisicamente i compagni con calci, pugni,
spintoni
danneggia o ruba gli oggetti altrui; rovina i vestiti,
esclude intenzionalmente dal gruppo dei pari, isola

Una volta individuato un caso di bullismo,
diventa importante l’atteggiamento dell’adulto
di fronte al fenomeno rilevato. Di seguito
vengono riportati alcuni atteggiamenti che gli
insegnanti dovrebbero evitare o adottare.
Atteggiamenti da evitare
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entrare in un’ottica punitiva
punire il bullo e/o iperproteggere la vittima
“etichettare” i ragazzi e creare sistemi di
aspettative negative intorno al singolo
individuo
disapprovare la persona
umiliare, usare sarcasmo o minacce
Atteggiamenti da adottare
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dare rinforzi positivi rispetto al buon comportamento
degli alunni
responsabilizzare la vittima e aiutare il bullo al
cambiamento
fornire autentiche opportunità di cambiamento
la disapprovazione va rivolta al comportamento
negativo
valorizzare il dialogo e la chiarezza
In un’ottica di prevenzione, gli insegnanti e con essi tutto
il personale scolastico sono chiamati a impegnarsi per:
1. prendere consapevolezza del problema;
2. elaborare una politica scolastica antibullismo, in
stretta collaborazione con i dirigenti scolastici e il
personale non docente;
3. formulare una definizione condivisa di bullismo;
4. stilare una lista condivisa di indicatori che
permettano di riconoscere il fenomeno;
5. analizzare i bisogni della specifica scuola e la
presenza del fenomeno dal punto di vista
quantitativo e qualitativo (diffusione, frequenza degli
episodi, numero dei ragazzi coinvolti, tipologie di
bullismo);
6. monitorare gli spazi di gioco libero e i momenti meno
strutturati;
7. intervenire tempestivamente di fronte a episodi di
prepotenza (non sottovalutarli né tollerarli);
8. dare sostegno alle vittime;
9. considerare i bulli come persone da aiutare oltre che
da “fermare”;
10. coinvolgere gli alunni nella ricerca di soluzioni
adeguate al problema;
11. promuovere relazioni di fiducia basate sull’ascolto e
sul dialogo, anche al fine di comprendere le cause
delle azioni di prevaricazione;
12. promuovere una cultura di gruppo centrata su
solidarietà, collaborazione, empatia e comportamenti
prosociali;
13. creare un’alleanza educativa e un clima di
collaborazione con i genitori;
14. effettuare un monitoraggio costante del fenomeno,
anche con l’aiuto di qualche esperto.
Tutto ciò nella consapevolezza
che:


monitoraggio e intervento devono avere
continuità nel tempo (un intervento limitato e
fine a se stesso può far crescere la
consapevolezza sul problema ma non è
sufficiente a risolverlo in modo significativo);
ci deve essere collaborazione tra tutti gli
adulti responsabili del benessere dei ragazzi
(insegnanti, genitori, personale scolastico) al
fine di creare una omogeneità negli interventi
e nelle risposte al bullismo;
Tutto ciò nella consapevolezza
che:

gli adulti costituiscono per i bambini e i
ragazzi dei modelli di abilità relazionali e
forniscono esempi di come entrare in
relazione con gli altri.
Cosa è possibile fare
concretamente a scuola?


Spesso, come insegnanti, si è investiti e
sovraccaricati di aspettative che provengono
dall’esterno; la scuola, infatti, accanto alla
funzione di istruire i ragazzi si è vista
riconoscere nel tempo l’importante quanto
oneroso compito di educarli.
Raggiungere tale obiettivo richiede
sicuramente tempi ed energie che vanno
oltre il semplice stare in classe e sviluppare il
programma annuale; pertanto, di fronte a
richieste “extra”, la paura di “non terminare il
programma” può limitare la disponibilità degli
insegnanti a progetti extracurriculari.
Cosa è possibile fare
concretamente a scuola?

Per quanto riguarda la prevenzione del bullismo,
occorre riflettere sul fatto che non è strettamente
necessario proporre attività cosiddette “speciali”
(percorsi cioè che si possono realizzare una tantum
e limitatamente nel tempo); vi sono infatti attività
curriculari e strategie didattiche abitualmente
adottate dagli insegnanti che permettono di
raggiungere obiettivi non solo cognitivi ma anche
educativi, in quanto, per le loro modalità di
realizzazione, favoriscono nei ragazzi la maturazione
di stili relazionali positivi e di abilità prosociali.
Cosa è possibile fare
concretamente a scuola?

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
Da ciò ne consegue che tali attività diventano
lo strumento di prevenzione privilegiato
poiché:
coinvolgono contemporaneamente l’intera
classe (o bambini di classi diverse);
possono essere proposte con una certa
continuità durante l’anno scolastico.
ATTENZIONE AI SEGNALI!
Il fenomeno del bullismo è caratterizzato da una dimensione
sociale definita da un continuum tra democrazia e dispotismo
ed una dimensione individuale basata sul continuum “sape fare
“ (potere) e “non saper fare” (impotenza). Le aree evidenziate
dagli assi rappresentano le diverse dimensioni dello stare
insieme.
La partecipazione può essere intesa come una forza
trasversale che agisce sulla dimensione sociale e su
quella individuale qualificando le modalità dello stare
nel gruppo e nella comunità
Aumentando la partecipazione migliora la dimensione
individuale dell’essere capace e si amplia,
qualificandosi, la dimensione sociale della
democrazia che diviene così una democrazia
partecipata
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