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il Riciclaggio della carta

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il Riciclaggio della carta
REALIZZATO DA :
AVANTI
GAETANO DIBENEDETTO
2°D
I.T.I.S.
PER LA MATERIA
TECNOLOGIA & DISEGNO
LA STORIA
LA PREPARAZIONE
TIPI DI CARTA
IMPATTO AMBIENTALE
A
L
T
R
I
G
A
D
G
E
T
LA CARTA
…
HOME
IL
RICICLAGGIO
DELLA CARTA
Carta Materiale in forma di fogli sottili ottenuti
dall'infeltrimento compatto di fibre cellulosiche
vegetali. La carta è usata come supporto per la
scrittura e per la stampa, come materiale da
imballaggio e per una varietà di usi particolari, che
vanno dal filtraggio di precipitati da soluzioni alla
fabbricazione di alcuni tipi di materiali edili.
Nel XX secolo la carta ha assunto un ruolo di
materiale di base, e proprio allo sviluppo di
macchinari per la sua produzione su larga scala si
deve in gran parte la crescita dell'alfabetizzazione e
l'innalzamento del livello culturale della popolazione.
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IL RICICLAGGIO DELLA CARTA
HOME
Il riciclaggio della carta è quello che ad oggi
funziona in modo più efficiente: già nel 1993,
in Italia, il 50% della materia prima utilizzata
dall’industria della carta era rappresentatato
da materiale da macero riciclato. Poiché il
sistema di raccolta differenziata non è ancora
del tutto consolidato, tuttavia, una parte di
questa carta riciclata viene importata
dall’estero. Dal punto di vista ecologico, l’uso
di carta riciclata presenta comunque qualche
svantaggio: per ottenere prodotti di qualità,
infatti, è necessario sottoporla a processi di
sbiancamento degli inchiostri e di
eliminazione della patinatura altamente
inquinanti.
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IL RIASSUNTO
LA STORIA
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AVANTI
Secondo la tradizione, la
carta fu prodotta per la
prima volta nel 105 da Ts'ai
Lun, un eunuco della corte
cinese han dell'imperatore
Ho Ti. Il materiale usato era
probabilmente la corteccia
dell'albero del gelso da
carta (Brussonetia
papyrifera),
opportunamente trattata e
filtrata in uno stampo di
bastoncini di bambù. La
più antica carta conosciuta
di cui ci sia pervenuto un
campione fu fabbricata con
stracci intorno al 150.
Per altri cinquecento anni circa, l'arte della fabbricazione della carta fu
confinata in Cina, ma nel 610 fu introdotta in Giappone e, intorno al 750,
nell'Asia centrale. La carta comparve in Egitto all'incirca nell'800, ma non fu
fabbricata fino al 900 (vedi Papiro).
L'uso della carta fu introdotto in Europa dagli arabi, e la prima cartiera
europea fu costruita in Spagna intorno al 1150. Nei secoli successivi l'arte si
diffuse nella maggior parte dei paesi europei. L'introduzione del carattere
tipografico mobile, alla metà circa del XV secolo, rese più facile la stampa
dei libri e stimolò notevolmente la fabbricazione della carta.
Il consumo sempre maggiore di carta nel XVII e nel XVIII secolo portò a una
penuria di stracci, a quel tempo l'unica materia prima soddisfacente
conosciuta dai produttori europei, ma nessuno dei vari tentativi di trovare
valide alternative ebbe successo. Nello stesso tempo, si cercò di ridurre il
costo della carta, sviluppando una macchina che sostituisse il processo di
produzione manuale.
HOME
AVANTI
La prima macchina fu costruita dall'inventore francese NicholasLouis Robert nel 1798. La macchina di Robert venne
successivamente migliorata dai fratelli ed editori britannici Henry
e Sealy Fourdrinier che, nel 1803, fabbricarono la prima delle
macchine che avrebbero portato il loro nome. Il problema di
fabbricare carta utilizzando una materia prima economica trovò
soluzione intorno al 1840, con l'introduzione del processo di
sfibratura del legno, che veniva così ridotto in pasta cellulosica,
e, una decina d'anni più tardi, dei processi di produzione della
pasta chimica.
Attualmente, gli Stati Uniti e il Canada sono i maggiori produttori
mondiali di carta, pasta di legno e di prodotti della carta; una
quantità considerevole di pasta di legno e di carta da giornale
viene prodotta anche da Finlandia, Giappone e Svezia
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INDIETRO
Il significato della parola carta è piuttosto incerto. Secondo
alcuni deriverebbe, attraverso il latino charta, dal greco
charassò con il significato di incidere, scolpire. I termini
corrispondenti paper anglosassone, papel spagnolo e
papier francese, derivano invece dalla pianta del papiro,
utilizzato per scrivere dagli antichi egizi fin dal 3000 a.C. e,
successivamente, da greci e romani. Più a nord la
pergamena, ottenuta per lavorazione di pelli di animali,
sostituì per la scrittura il papiro, che cresce esclusivamente
in regioni dal clima subtropicale. In Cina i documenti
venivano scritti sul bambù ed erano per questo ingombranti
da conservare e trasportare. Occasionalmente veniva usata
la seta, ma era troppo costosa per un uso diffuso
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In Cina la tecnologia di fabbricazione della carta da corteccia,
stracci e reti da pesca fu descritta per la prima volta nell'anno 105
dall'ufficiale di corte Ts'ai Lun. Nel 1986 a Dunhuang (Gansu),
scavi archeologici in una tomba della prima metà del II secolo a.C.
portano alla luce un'infinità di carta con tracciata una mappa.
Questo ritrovamento lascia supporre che la carta fosse già nota in
quell'epoca, retrodatando così le prime fabbricazioni di circa due
secoli.[1] La diffusione della tecnica al di fuori del paese fu lenta;
altri popoli avevano visto la carta ma non riuscivano a capire come
venisse prodotta, e i cinesi erano riluttanti a diffonderne il
segreto. Secondo la tradizione, la carta fu prodotta per la prima
volta nel 105 da Ts'ai Lun, un eunuco della corte cinese han
dell'imperatore Ho Ti. Il materiale usato era probabilmente la
corteccia dell'albero del gelso da carta (Brussonetia papyrifera),
opportunamente trattata e filtrata in uno stampo di bastoncini di
bambù. La più antica carta conosciuta di cui ci sia pervenuto un
campione fu fabbricata con stracci intorno al 150. Per altri
cinquecento anni circa, l'arte della fabbricazione della carta fu
confinata in Cina, ma nel 610 fu introdotta in Giappone e, intorno al
750, nell'Asia centrale. La carta comparve in Egitto all'incirca
nell'800, ma non fu fabbricata fino al 900 (vedi Papiro).
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AVANTI
L'uso della carta fu introdotto in Europa dagli arabi, e la prima
cartiera europea fu costruita in Spagna intorno al
1150[senza fonte]. A quegli stessi anni (terzo quarto del XII
secolo) risale la prima cartiera in territorio italiano, attribuita
alla figura di Polese da Fabriano che la impiantò sul Reno presso
Bologna[2]. Nei secoli successivi l'arte si diffuse nella maggior
parte dei paesi europei. L'introduzione del carattere tipografico
mobile, alla metà circa del XV secolo, rese più facile la stampa
dei libri e stimolò notevolmente la fabbricazione della carta. Il
consumo sempre maggiore di carta nel XVII e nel XVIII secolo
portò a una penuria di stracci, a quel tempo l'unica materia prima
soddisfacente conosciuta dai produttori europei, ma nessuno dei
vari tentativi di trovare valide alternative ebbe successo. Nello
stesso tempo, si cercò di ridurre il costo della carta, sviluppando
una macchina che sostituisse il processo di produzione manuale. La
prima macchina fu costruita dall'inventore francese NicholasLouis Robert nel 1798. La macchina di Robert venne
successivamente migliorata dai fratelli ed editori britannici George
e Sealy Fourdrinier che, nel 1803, fabbricarono la prima delle
macchine che avrebbero portato il loro nome. Il problema di
fabbricare carta utilizzando una materia prima economica trovò
soluzione intorno al 1840, con l'introduzione del processo di
sfibratura del legno, che veniva così ridotto in pasta cellulosica,
e, una decina d'anni più tardi, dei processi di produzione della
pasta chimica.
Attualmente, gli Stati
Uniti e il Canada sono i
maggiori produttori
mondiali di carta, pasta
di legno e di prodotti
della carta; una
quantità considerevole
di pasta di legno e di
carta da giornale viene
prodotta anche da
Finlandia, Giappone e
Svezia.
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In America, ritrovamenti archeologici indicano che la fabbricazione
della carta era già nota ai Maya non più tardi del V secolo.[3]
Chiamata amate era largamente diffusa tra le civiltà
precolombiane fino all'arrivo dei conquistatori spagnoli. Ancor oggi
si fabbrica, in modeste quantità, carta con la tecnica tradizionale
maya.
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La tecnica arrivò in Giappone dalla Corea, al tempo
parte integrante dell'impero cinese, intorno al 610
portata da un monaco buddista, Dam Jing da
Goguryeo. Originariamente prodotta con la rafia di
gelso, fu migliorata dai giapponesi e sin dal IX secolo
la produzione della carta diventò una vera e propria
industria nazionale. Dalla cartiera imperiale di Kyōto
uscirono nuove carte fabbricate con fibre di gelso
(washi), canapa, dafne e paglia. Furono anche i primi
riciclatori di carta sin dal XIV-XVI secolo, sembra
per decongestionare gli archivi.
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In Medio Oriente la carta era già nota presso i Persiani nel VI secolo,
importata dalla Cina con le carovane lungo le vie della seta. Gli arabi ne
vennero a conoscenza nel 637 entrando in Ctesifonte, capitale della dinastia
sasanide, ma solo nel 751, dopo la battaglia del Talas, con la conquista di
Samarcanda fecero prigionieri dei cartai cinesi dai quali riuscirono a carpire
i segreti della fabbricazione. La carta di Samarcanda, fatta con canapa e
lino, diventò presto famosa col nome di kaghad e assicurò un periodo di
sviluppo alla regione.
La prima cartiera fu costruita a Samarcanda e immediatamente dopo ne fu
costruita una seconda a Baghdad, entrambe per merito dei Barmecidi. Con
l'espandersi del mondo arabo-musulmano si diffuse anche la produzione della
carta: nell'VIII secolo in Egitto, nei secoli successivi in tutta l'Africa
settentrionale e nel X secolo la Sicilia ne era un importante centro per il
commercio. Dalle cartiere della siriana Manbij (chiamata dai Bizantini
Bambuke), il prodotto uscito divenne noto in Europa col nome di "carta
bombacina" che alla fine del X secolo (990) si volle invece attribuire a
Morozzi da Fabriano, che aveva anch'egli usato come materiale stracci di
lino.
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La carta giunse in Europa nel XII secolo. Importata da Damasco attraverso Costantinopoli (l'odierna
Istanbul), o dall'Africa attraverso la Sicilia, era un prodotto mediocre se paragonato alla pergamena
e per di più musulmano, tanto che Federico II in un editto del 1221 ne proibì l'uso negli atti pubblici.
Tuttavia il consumo non fece che aumentare, e nel XIII secolo le flotte mercantili del Mediterraneo e
dell' Adriatico, finanziate da grossi commercianti (in gran parte veneziani e genovesi), si spartivano il
fiorente mercato.
Le cose cambiarono dal 1268 quando a Fabriano, una piccola città tra Ancona e Perugia, nella prima
cartiera europea si cominciò a preparare la pasta utilizzando magli multipli azionati da un albero a
camme collegato ad una ruota idraulica. Più efficienti del mortaio dei cinesi o della mola degli arabi,
mossi da uomini o animali, i magli, lavorando in verticale, sfibrano canapa e lino più velocemente e
meglio, riducendo così i costi e migliorando la qualità. Anche il telaio da immergere nel tino cambiò:
l'intreccio di cotone, bambù o canne fu sostituito da un intreccio in ottone e rimarrà pressoché
invariato fino al XVIII secolo. La collatura con amido di riso o grano fu cambiata con una a base di
gelatina animale - detta carniccio - che migliora caratteristiche come l'impermeabilità o la resistenza
a insetti e microrganismi.
La nuova tecnologia ebbe un notevole successo e presto sorsero nuovi mulini in tutta l'Italia
settentrionale, ed in particolare sulla sponda occidentale del Lago di Garda nella valle del fiume
Toscolano, nel territorio dell'allora Repubblica di Venezia denominata da allora "valle delle cartiere".
La carta italiana, di qualità migliore, più economica e soprattutto cristiana si impose velocemente in
tutta Europa.
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Il monopolio della carta italiana durò fino a metà del XIV secolo quando nuovi centri
cartari sorsero prima in Francia e poi in Germania. La prima metà del XV secolo vide
la Francia primeggiare nella produzione della carta, ma nella seconda metà, per le
alte tasse sui mulini e sul trasporto degli stracci, la produzione si spostò verso
l'Olanda.
Nel XVII secolo furono introdotte delle macchine dette olandesi, vasche anulari di
forma ovale in cui un cilindro munito di lame contemporaneamente sfilacciava e
raffinava le fibre. Con le olandesi si otteneva una carta più bianca ed omogenea
anche se meno resistente perché le fibre venivano tagliate anziché schiacciate.
Nel 1750 l'inglese John Baskerville introdusse una nuova tecnica per ottenere della
carta priva dei segni della vergatura chiamata wove paper. L'industria inglese riuscì a
mantenere il monopolio della fabbricazione per circa un quarto di secolo, ma nel 1777
il francese Pierre Montgolfier (padre dei fratelli Montgolfier) ottenne dei fogli
perfettamente lisci che presero il nome di carta velina, nome che richiamava la
pergamena prodotta con la pelle dei vitelli nati morti, particolarmente liscia.
Nel 1774, grazie alle scoperte del chimico svedese K.W. Scheele, si vide la
possibilità di usare cloro per sbiancare la carta. Solo più tardi si scoprirà che
l'ossidazione al cloro ha effetti sulla durata a lungo termine. Nel 1807 venne
introdotto un sistema di collatura in massa con allume e colofonia, più economico di
quello con gelatina animale, il quale, tuttavia, più che decuplica l'acidità della carta
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Il processo di base della fabbricazione della carta non è cambiato in più di
duemila anni. Si compone di due stadi: la macerazione della materia prima
in acqua, per formare una sospensione di fibre singole, e la formazione di
fogli di fibre infeltrite, ottenuta stendendo questa sospensione su una
superficie porosa idonea, attraverso la quale può scolare l'acqua in eccesso.
Nella fabbricazione manuale, la materia prima (paglia, foglie, corteccia,
stracci o altro materiale fibroso) viene posta in una tinozza e viene battuta
con un pesante pestello o un martello per separare le fibre. Durante la
prima parte di questa operazione, il materiale viene lavato con acqua
corrente per rimuovere le impurità; quando le fibre sono state
sufficientemente disgregate, vengono lasciate in sospensione, senza
cambiare l'acqua della tinozza. A questo punto si forma una poltiglia
semiliquida, chiamata mezza pasta, pronta per il processo di fabbricazione.
L'attrezzo più usato è la 'formetta', che può essere costituita da una rete
metallica a piccole maglie quadrate oppure da un intreccio di fili metallici
longitudinali distanziati e fili metallici trasversali, più sottili e più
ravvicinati. La trama della formetta resta impressa sul foglio di carta
finito.
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Sebbene il principio di base sia lo stesso, la fabbricazione a macchina
della carta è molto più complessa di quella a mano. Il primo passo è la
preparazione della materia prima. Oggi, più del 95% della carta è prodotto
con cellulosa di legno; per i tipi più economici, come la carta da giornale,
si usa solo pasta di legno meccanica, mentre per ottenere una qualità
migliore si usa pasta di legno chimica o una miscela di pasta di legno e
fibre di stracci; per le carte di qualità pregiata, invece, si impiegano solo
fibre di stracci, specialmente di lino e di cotone. Per la produzione di
carte comuni si fa sempre più importante il ricorso alla cartastraccia, cioè
alla carta di ricupero, in genere miscelata con le altre materie prime ma
non di rado usata da sola, per produrre la cosiddetta carta riciclata.
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La formetta viene inserita in un telaio di legno (la 'cornice') e immersa nella tinozza per prelevare la
mezza pasta: estraendo dalla tinozza la formetta in posizione orizzontale, una parte di mezza pasta
resta trattenuta dall'orlo della cornice. Alla formetta viene quindi impressa una serie di scuotimenti
longitudinali e trasversali, che hanno lo scopo di distribuire uniformemente la poltiglia sulla sua
superficie e di favorire l'intreccio fra fibre adiacenti. Durante lo scuotimento, la maggior parte
dell'acqua cola attraverso le maglie della formetta, e si forma il foglio di carta; questo però è ancora
troppo bagnato, e non ha la coesione sufficiente a consentire la rimozione della cornice: viene quindi
lasciato scolare al fine di acquistare consistenza.
Dopo che la cornice è stata rimossa dalla formetta, questa viene capovolta con cautela su una lastra
di feltro, in modo che il foglio di carta, ancora bagnato e pesante, si stacchi e si posi sul feltro. Sul
foglio viene quindi posto un altro feltro, e su questo un altro foglio e così via. La pila formata da fogli
di carta e feltri alternati viene sistemata in una pressa idraulica e sottoposta alla pressione di circa
100 tonnellate, in modo da espellere quasi tutta l'acqua rimasta nella carta. I fogli vengono quindi
separati dai feltri, impilati e pressati più volte, modificandone ogni volta la posizione e l'ordine, per
evitare stiramenti e distorsioni.
La fase finale della fabbricazione è l'asciugatura: i fogli, a gruppi di quattro o cinque, vengono
accavallati su delle corde, in un apposito locale ben aerato e a temperatura controllata, finché
l'umidità residua viene del tutto eliminata.
La carta destinata alla scrittura e alla stampa richiede un trattamento addizionale dopo l'asciugatura,
per evitare che assorba troppo l'inchiostro. Il trattamento, detto di collatura, consiste
nell'immersione dei fogli di carta in una soluzione di colla animale; successivamente i fogli vengono
fatti essiccare e poi rifiniti mediante pressatura fra lastre metalliche o di cartone liscio. L'entità
della pressione influisce sulla levigatezza della superficie della carta: i fogli pressati leggermente, per
un tempo relativamente breve, risultano a grana grossa; quelli pressati con più forza e per un tempo
relativamente lungo sono invece a grana fine.
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AVANTI
La preparazione della pasta di legno si esegue in due modi differenti. La
pasta meccanica si ottiene sfibrando il legno, preparato in tronchi
scortecciati o in tondelli, mediante pressione contro una mola cilindrica
rotante ad alta velocità, in ambiente acquoso per evitare i danni che
sarebbero prodotti dal calore di sfregamento. Le fibre risultanti sono
corte e vengono usate da sole per produrre carta economica, oppure in
miscela con altre fibre più pregiate per carte di qualità migliore. La
pasta chimica si ottiene da legno ridotto in frammenti e trattato con
solventi chimici, che rimuovono materiale resinoso e lignina, lasciando
fibre di cellulosa pura. Il più antico dei processi con solvente chimico
venne introdotto nel 1851, e fa uso di una soluzione di soda caustica:
questo processo, tra l'altro, veniva impiegato per macerare la paglia
dalla quale, in passato, si otteneva un tipo di carta gialla, scadente ma
molto economica.
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AVANTI
Gli stracci da cartiera vengono anzitutto puliti meccanicamente, per
rimuovere lo sporco grossolano e altri corpi estranei; poi vengono cotti per
diverse ore in autoclave ad alta pressione in una soluzione alcalina, che
solubilizza i grassi e altre impurità, e quindi sfibrati e lavati con acqua in
una macchina, detta 'battitore', dove subiscono anche una prima
macerazione. La mezza pasta che ne risulta viene passata attraverso uno
o più battitori secondari, che macerano ulteriormente le fibre. A questo
punto vengono aggiunti il colorante, il collante e materiali inerti (carica),
che hanno lo scopo di accrescere il peso e la consistenza della carta finita
Attualmente, la maggior parte della
carta viene fabbricata con
macchine continue, derivate dalla
macchina di Fourdrinier, sviluppate
nei primi anni del XX secolo.
Elemento fondamentale di queste
macchine è la 'tela', un nastro di
fitta rete metallica chiuso ad
anello, sorretto da rulli nella sua
parte inferiore, che scorre nella
macchina orizzontalmente a velocità
costante
AVANTI
INDIETRO
In prossimità dell'estremità finale della macchina, la tela viene stretta fra due cilindri
contrapposti ricoperti di feltro, che spremono ulteriormente l'acqua dal foglio e
consolidano l'intreccio delle fibre, conferendo al foglio, ormai completamente formato, la
resistenza sufficiente per fare a meno del supporto della tela; questa dunque può
ritornare all'estremità di partenza, passando per la parte inferiore della macchina. La
carta viene quindi trasferita su un nastro di panno e, sostenuta da questo, attraversa
una coppia di cilindri lisci in metallo che, pressando le due facce del foglio, donano alla
superficie della carta un aspetto liscio. Dopo quest'ultima pressione, il foglio è
completamente formato: passa ancora attraverso una serie di cilindri riscaldati, che
completano l'asciugatura, e poi attraverso cilindri freddi, che provvedono alla
calandratura, ovvero all'ultima finitura superficiale. Alcune carte speciali subiscono un
ulteriore trattamento di apprettatura con argilla o colla, e un'ulteriore calandratura.
All'uscita dalla macchina, la carta si avvolge su una bobina, pronta per essere
commercializzata per la stampa su macchine rotative, oppure tagliata in fogli di vario
formato e commercializzata in risme. Le bobine per stampa su rotativa possono avere
vari formati: la bobina tipica di carta da giornale è costituita da un foglio largo 168 cm,
lungo 7925 m e pesa circa 725 kg.
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Premettendo che non esistono attività di produzione/trasformazione industriale che
in qualche modo non influenzino l'ambiente, anche nel caso dell'industria cartaria i
principali problemi sono da ricercare nel reperimento delle materie prime e nel loro
trattamento.
La materia prima più usata attualmente per la produzione di carta è il legno, la
ricerca del quale ha portato molte industrie della carta a contribuire alla
deforestazione. Diversi grandi produttori asiatici, per esempio la Cina, con la
connivenza dei governi locali interessati, hanno sistematicamente devastato la
foresta pluviale per anni. In altri casi si è ricorso a sotterfugi per nascondere la
provenienza del materiale. In questo modo sono esposte ad eccessi di
impoverimento ambientale le foreste dell'Indonesia, Malesia, Cambogia e
Amazzonia.
Anche il processo di produzione e di riciclaggio presenta aspetti critici, dipendenti
fra l'altro dai processi di stampa con cui è trattato il materiale cellulosico da
recuperare.
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AVANTI
Il necessario processo di sbiancamento della cellulosa si basa spesso sull'uso
di composti ossidanti, spesso derivati del cloro, che, se dispersi o non
opportunamente trattati, possono inquinare i corsi d'acqua.
Per evitare questi problemi esistono essenzialmente due soluzioni: il
recupero del materiale per produrre carta riciclata, la quale presenta
tuttavia caratteristiche che non la rendono adatta a tutte le applicazioni e
il cui aspetto ne rende difficile la commercializzazione, oppure
l'abbattimento esclusivo di alberi piantati allo scopo e il loro successivo
reimpianto (forest management).
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