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il ragionamento clinico tra logica e psicologia un`esperienza

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il ragionamento clinico tra logica e psicologia un`esperienza
Pietro Bria
La decisione medica
(Motterlini- Crupi,Cortina,2005 )

“Indagini su ampi campioni di casi hanno
rivelato un’incidenza di errori diagnostici gravi
intorno al 15-20%, la metà circa dei quali con
un probabile impatto sulla prognosi
(Podbregar et al., 2001; Shojania et al., 2004; Tai
et al., 2001).

Negli Stati Uniti la mancata diagnosi di infarto
cardiaco acuto è la principale causa di vertenze
legali contro reparti di emergenza ospedalieri e
medici di base (Rusnak, 1989) e, più in
generale, un quinto dei ricorsi legali in campo
medico riguarda errori diagnostici
(Bartlett,1998; si veda anche Weeks et al., 2001)

Gli studi rivelano inoltre una allarmante
variabilità nell’interpretazione di riscontri
clinici strumentali, come la mammografia
(Beam et al., 1996) e una incidenza di errori che
può arrivare fino al 40% per problemi
diagnostici relativamente difficili come la
diagnosi di artrite psoriasica da parte dei
reumatologi (Gorter,2002) o la precoce
identificazione di neoplasia maligne (Burton,
Troxclair, Newman,1998).

è allarmante che l’errore diagnostico non
compaia tra le priorità delle istituzioni sanitarie
impegnate nel miglioramento delle prestazioni
mediche e della sicurezza dei pazienti
(Graber,2005). Per non dire del fatto che meno
di un medico su tre riporti di essersi imbattuto
in un qualsiasi errore nell’ultimo anno (
Blendon et al., 2002)

Se l’entità e la rilevanza degli errori sono
sottovalutate (“overconfidence”, come
difficoltà a stimare adeguatamente la propria
fallibilità), non meno preoccupante è la
modesta comprensione che si ha della loro
natura e delle loro cause.


In un recente studio, i medici hanno indicato le
principali fonti di errore è nel personale
infermieristico sottodimensionato e nel
sovraccarico di lavoro senza neppure menzionare
possibili cause cognitive (Blendon et al.,2000).
Eppure gli sudi indicano che uno su sei errori
medici”si verifica nel sintetizzare le informazioni
disponibili o nel decidere e agire alla luce di quelle
informazioni” (Wilson et al.,1999) ( a
dimostrazione del fatto che)


La componente cognitiva è di importanza centrale
nel compito diagnostico e le diagnosi mancate ( o
errori diagnostici) hanno un’incidenza notevole
fra gli errori medici. (Da ciò la necessità di)
Introdurre i medici ai principi che determinano la
qualità delle informazioni (L’evidenza clinica) e la
loro corretta interpretazione (la teoria della
probabilità e la statistica) e di affiancare a tali
competenze la consapevolezza degli errori nel
ragionamento clinico.


La proposta didattica per i futuri medici di
inserire- all’interno del Corso Integrato delle
“Medical Humanities” nel primo Anno -lo studio
della filosofia della scienza, della logica e dei
legami di quest’ultima con la psicologia umana che
viene insegnata – nei suoi tratti generali –
all’interno della stesso Corso Integrato.
L’insieme di questa area didattica e formativa
dovrebbe essere propedeutica all’area della
Metodologia Clinica che si svilupperà negli anni
successivi a contatto con le varie patologie e con i
malati che ne sono portatori.
Bisogna ora dire che l’errore nel ragionamento
clinico – che ci scopre come “esseri fallibili” – viene
a situarsi in una zona di intersezione tra la logica –
che studia le norme del corretto procedere
argomentativo che ci dicono”come dovremmo
ragionare” – e la psicologia che si prefigge,invece,
di descrivere e spiegare come di fatto ragionano gli
esseri umani.

E’ anche chiaro, però, che l’impostazione
normativa e quella descrittiva non sono
completamente scorrelate dal momento che gli
errori che vengono commessi in un
qualsivoglia ragionamento possono essere
identificati come tali solo sullo sfondo di una
nozione normativa di correttezza ( Frizione,
Laterza, 2007).
Solo così l’errore riscopre la sua funzione “didattica”
che ci permette di “apprendere dall’esperienza
perché – come più volte ci ha detto Dario Antiseriè solo ammazzando” (correggendo) le diagnosi
(errate) che possiamo salvare il paziente e non
correre il rischio di “ammazzare” il paziente per
salvare una nostra diagnosi.

La “fallibilità” è sì un problema logico che rimanda alle
norme del ragionamento corretto ma è allo stesso tempo un
problema psicologico che tocca quelle che possiamo chiamare le
valenze “narcisistiche” della nostra professione e della persona del
medico.


E’ da qui che nasce la necessità di coltivare un’area didattica e formativa
che non solo trasmetta , in modo astratto,le regole del “corretto inferire”
e dei “percorsi abduttivi” attraverso cui si costruisce la “diagnosi” ( “
come il medico deve ragionare”) e che sono tipici dell’indagine
scientifica ma anche si interessi della mente del medico che fa la diagnosi
e del ruolo che in tale percorso giocano non solo le “conoscenze” e le
“competenze” professionali accumulate negli anni dell’università ma
anche i fattori affettivi che presiedono a quella che possiamo chiamare la
“competenza relazionale” o “em-patica” che deve far parte essenziale del
bagaglio formativo del medico.

L’indagine diagnostica il clinico si rivela, così,
affine metodologicamente a quella del detective
dal momento che “ l’attività diagnostica e quella
investigativa consistono in un ri-conoscere quella
situazione che ha portato allo stato morboso o
all’atto criminale.. diagnosticare e investigare
significano ri-conoscere e ri-conoscere non è
possibile se già non si conoscono le leggi
(psicologiche, economiche, chimiche, biologiche
o fisiologiche) che presiedono al mutevole
configurarsi ed intrecciarsi di condizioni singole
che conducono a stati patologici o a situazioni
criminose” ( Massimo Baldini, Gli aforismi di
Sherlock Holmes, 1995)
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
il modo in cui diamo significato ai sintomi e li colleghiamo
tra loro è fortemente influenzato non solo dal bagaglio di
teorie che è la nostra piccola o grande biblioteca all’interno
della quale noi sceglieremo le ipotesi più idonee a spiegare
la sintomatologia ma anche dalle nostre aspettative , dai
nostri desideri e dalla nostra capacità di ascolto e di
sintonizzazione “em-patica” con la persona malata o
presunta tale che ci sta di fronte.
In altri termini – per riprendere una felice immagine di un
grande psicoanalista del dopo Freud – “memoria” e
“desiderio” entreranno a far parte, come fattori
costitutivi e permanenti, dell’attualità della
diagnosi medica e delle scelte decisionali che il
medico si troverà a concordare con il paziente.


il percorso cognitivo che segna il processo diagnostico è un fatto
complesso e riconosciamo che, dopo Freud ( ma, dico io, anche dopo
Matte Blanco che di Freud ha riformulato il concetto principe di
Inconscio) non possiamo non attribuire un valore cognitivo alle nostre
emozioni che si affiancano o si intrecciano, come una “seconda
coscienza”, con le possibilità “diacritiche” che caratterizzano il nostro
pensare vincolato al rispetto del principio cardine discriminante di
contraddizione che Aristotele ha posto a fondamento della logica.
Questa “coscienza emozionale” è provvista di una logica specifica che
“ idealizza” o “ infinitizza” gli oggetti con cui si trova a trattare e,
quando prende impropriamente il sopravvento, nel corso di un
processo diagnostico, potrebbe portare, ad esempio, il medico ( ed è un
esempio che spesso presento agli studenti), ad innamorarsi (
l’innamoramento retto precipuamente e propriamente dalla logica
“simmetrica” o emozionale) della propria diagnosi trasformando
quest’ultima da “ipotesi” in “oggetto d’ampore” e quindi in pura
“ideologia” resistente , come qualsiasi oggetto di fede,a qualsivoglia
verifica o evidenza contraria e, quindi, a qualsiasi cambiamento come
succede massicciamente nella patologia delirante.


come possiamo costruire un’iter formativo per
la comprensione em-patica.
Ho pensato da anni che sia necessario creare,
sin dal primo anno di medicina, accanto al
curriculum didattico professionalizzante, dei
veri e propri laboratori per le identificazioni
emotive che hanno come spazio privilegiato
quello dello sguardo cinematografico e
dell’ascolto musicale


L’arte della medicina… è interamente governata da questo Dio
(Eros), e così anche la ginnastica e l’agricoltura. La musica,poi, - è
chiaro a chiunque presti anche poca attenzione - si trova nelle
stesse condizioni di quelle arti, come anche Eraclito forse vuol
dire, anche se almeno nelle parole non dice bene. Egli
afferma,infatti, che “l’Uno in sé discorde con sé medesimo
s’accorda, come l’armonia dell’arco e della lira”.. forse egli voleva
dire questo, che l’armonia nasce da cose prima discordi, l’acuto e
il grave, e poi rese concordi dall’arte della musica.. così anche il
ritmo nasce dal veloce e dal lento, prima discordanti e poi
accordatisi. E l’accordo tra tutte queste cose, come sopra lo
poneva la medicina, così qui lo pone la musica, infondendovi Eros
e concordia delle une verso le altre. Dunque la musica è scienza
degli amori quanto all’armonia e al ritmo
(Platone, Simposio, trad. di Giovanni Reale, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo
mondatori,2001)
la musica è un linguaggio? E quali rapporti ha
con il linguaggio verbale? E quali tratti specifici
rivela rispetto a quest’ultimo? E se è un
linguaggio, anche se sui generis, quali sono gli
oggetti a cui rimanda?”
Enrico Fubini

A differenza del linguaggio articolato,la musica non
ha un vocabolario che connoti i dati dell’esperienza
sensibile. Ne risulta che l’universo al quale essa
si riferisce sfugge alla raffigurazione e ha per
questa ragione – ma questa volta nel senso letterale
– una realtà soprannaturale fatta di suoi e di accordi
che non esistono in natura e che gli antichi
mettevano in stretto rapporto con gli dei...
Claude Levi strauss
Le strutture tonali che noi chiamiamo musica hanno una stretta
somiglianza con le forme del sentimento umano : forme di
sviluppo e decrescenza, di flusso e di accumulo, di conflitto e
soluzione, di rapidità, arresto, somma eccitazione, calma o
attivazione sottile e cadute nella sfera del sogno... Questo lo
schema o la “forma”logica del sentire e lo schema della musica è
quella stessa forma elaborata nella purezza e nel metro del suono
e del silenzio. La musica è un corrispondente tonale
della vita emotiva
Susan Langer
Io so che, se potessi dar forma con le parole a
un’esperienza interiore, non la scriverei in musica. Il
bisogno di un’espressione musicale nasce solo con
quelle sensazioni nebulose che aprono la strada all’altro
mondo, in cui le cose non hanno tempo e spazio
Gustav Mahler

La musica è il segno più sublime della nostra
transitorietà. La Musica, come la Bellezza, risplende e
passa per diventare memoria, la nostra più profonda
natura. Noi siamo la nostra memoria. Il superamento
del dolore è necessario perché la nostra vita riacquisi il
senso della Bellezza. Forse la Musica, con la sua
impalpabile bellezza, ci può aiutare.
.

Giuseppe Sinopoli

la musica non si risolve in un puro gioco di forme
sonore – come vorrebbero i cosidetti formalisti più
radicali – ma è fatto fondamentalmente
espressivo che, pur non potendosi svincolare dal
suo rapporto costitutivo con il linguaggio e
differenziandosi dal linguaggio verbale, trova la
sua giustificazione semantica nel movimento e
nella dinamica degli affetti umani, nei livelli
temporali della coscienza e nel mondo originario
delle sensazioni che si muovono ad un livello
puramente virtuale in attesa di ricevere una
qualche traduzione metaforica – che è
significazione - da parte della mente.
Al di là della metafora, la forma musicale resta un linguaggio
puramente virtuale in cui si elabora una intenzione di senso non
restituibile a livello di parole e di frasi del linguaggio verbale. Da ciò la
molteplicità quasi infinita di interpretazioni possibili, la loro
pertinenza e al tempo stesso la loro parziale arbitrarietà: questa ultima
segna lo scarto inevitabile tra l’universo del discorso istituito come
tale (ciò che abbiamo chiamato connotazione primaria) e l’universo
dell’intenzionalità poetica o musicale. Questa rottura conferma
l’opposizione senso (intenzionalità)/ significato (manifestomascherato)
Michel Imberty
(Suoni, emozioni e significato, Bologna, 1986)
La musica, quindi, nasce a contatto e per dar
“voce” e “suono” agli affetti – da qui la sua
precipua funzione espressiva – e da questa sua
origine privilegiata ricava il potere di
influenzare gli animi, cui si riferiva Platone, e la
funzione terapeutica che si realizza
nell’esperienza dell’ascolto.

Ciò si realizza miracolosamente e magicamente
nell’esperienza di ascolto che sembra muoversi
contemporaneamente in due direzioni o “coordinate”
che chiameremo, seguendo in ciò il pensiero di un
grande psicoanalista da poco scomparso cui va il mio
commosso omaggio, Armando Ferrari : l’una verticale
,che si direziona verso l’esperienza sensoriale e l’altra
orizzontale che si dispiega nella relazione di recezione
empatica dell’Altro.


Attraverso la prima via la musica ci mette in contatto con
le nostre emozioni evocando le forme originarie del nostro
sentire : sentimenti di gioia, di dolore, di abbandono o di
perdita che, radicati nel corpo, nei suoi “ritmi” ma anche
nelle sue “dissonanze” e nei suoi “contrasti” , aspirano a
trovare una espressione lasciandosi in qualche modo captare
dalla mente immaginativa.
Ciò diventa molto importante nello stato di malattia
quando il “corpo malato” è sentito come qualcosa di
estraneo, di ostile e, in ogni caso, di incontrollabile da parte
della mente : una vera e propria dissociazione corpo-mente
che non ci fa più sentire noi stessi come unità armonica e
continua nel tempo e che ritroviamo in ogni esperienza di
malattia.


Bisogna ora aggiungere – e per il nostro discorso didattico è quella
che più ci interessa - che questa dinamica “verticale” si coordina
con l’ “orizzontalità ” in cui si dispiega la relazione con l’Altro
che al bambino si annuncia attraverso il corpo e la figura della
madre che entra in ri-sonanza empatica con lui. Si apre qui lo
spazio privilegiato dell’ascolto musicale spazio recettivo e
interattivo della risonanza empatica .
Esso implica capacità di fare spazio al proprio interno alla
presenza dell ‘Altro : una relazione privilegiata con l’oggetto che
implica al tempo stesso un processo di fusione e di
identificazione con l’altro con perdita di individualità, di tempo e
di spazio ( un “lasciarsi prendere dall’altro”) e una tensione verso
l’altro : uno spazio “transizionale” o “ bi-modale” , secondo
l’accezione matteblanchiana , che è proprio di ogni esperienza
estetica
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“quello che assicura all’opera la più vasta notorietà si
fonda sulle sofferenze e sul riscatto del popolo esule e
sulla ricchezza ideologica ed emotiva della sua fede”
rispetto alla quale il potere regale di Nabucco si pone
come antagonista colorandosi di “valenze brutalmente
repressive”.
Nonostante tale veste di personaggio negativo –
continua Paduano – Nabucco “ recupera uno statuto
protagonistico, dove l’aura di sgomento è portatrice
nonostante tutto di identificazione : quella più
articolata e complessa che non raramente spetta ai
personaggi negativi e scavalca il dissenso ideologico e
la condanna morale, per fare appello ai desideri che
stanno al fondo di ogni soggettività umana
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L’estremo di questi desideri è la volontà
illimitata di potenza che detta a Nabucco la
bestemmia dell’apoteosi.
Peraltro il fallimento dell’apoteosi investe Nabucco
della pietà che tocca tutte le forme del dolore
umano e le sue vittime, senza escluderne chi è
vittima di se stesso: la follia che colpisce Nabucco
ha l’effetto paradossale di avvicinarlo a quella
realtà da cui lo aveva allontanato l’esaltazione
cosciente e onnipotente e diventa una dolorante
esperienza negativa che assume come una
conquista i limiti dell’uomo”


E’ Verdi, però , che genialmente realizza o fa
emergere tale archetipo fondamentale con la sua
musica e lo fa – prima che Nabucco annunci irato la
sua apoteosi - dando voce mirabile ad un quartetto di
cui Nabucco è parte con Ismaele, Fenena e la stessa
Abigaille e che sarà ripreso dal coro di cui è parte
Zaccaria, sacerdote del popolo ebreo.
E così Il quartetto di voci e il coro – così come avviene
per il quartetto d’archi - assume la funzione
drammaturgica di far emergere un livello profondo
del sentire dove tutti gli esseri umani sono accomunati
dal problema dell’autodeificazione e del deicidio ( vedi
Matte Blanco) che nasce nelle ansie terrifiche della
perdita e dell’annientamento.
“S’appressan gli istanti” : il quartetto di” voci” e la con-divisione del
“lutto” conseguente all’arroganza “deicida” di Nabucco ( “Non son
più re, son Dio”)
S’appressan gl’istanti
d’un’ira fatale;
sui muti sembianti
già piomba il terror!
Le folgori intorno
Già schiudono l’ale!..
apprestano un giorno
di lutto e squallor!
e, in chiusura
“Va pensiero su l’ali dorate”

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