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Inclusione scolastica e qualità della vita

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Inclusione scolastica e qualità della vita
Una Scuola per tutti
3 dicembre 2010
Inclusione scolastica e
qualità della vita
Salvatore Soresi
Centro di Ateneo di Ricerca e Servizi per la Disabilità, la
Riabilitazione e l’Integrazione, Università di Padova
Nuovi convincimenti
• Attenzione ai punti di forza
• Centralità
dei
problemi
della
valutazione degli esiti dei trattamenti e
della qualità dei servizi
• Accreditare con rigore metodologico gli
interventi
abilitativi,
riabilitativi,
assistenziali;
• Superiorità dei modelli di inclusione su
quelli dell’istituzionalizzazione,
dell’
inserimento e del “collocamento
protetto”.
nuovi convincimenti



Nuove attenzioni alle necessità
personali e al rispetto del diritto di
tutte le persone all’integrazione e alla
partecipazione
Nuovi criteri di accertamento
dell’efficacia dei trattamenti
Riconoscimento della centralità, nelle
politiche sociosanitarie, dei familiari e
del volontariato
La qualità della vita
E’ un costrutto complesso che
incorpora in modo complesso la
salute
fisica,
le
credenze
personali, e le relazioni con le
figure salienti dell’ambiente,
valutazioni
oggettive
e
soggettive
(Who,
1993;
Schalock, 2004; Felce, 2007;
Nota, Soresi e Perry, 2006)
Le dimensioni della QdV
(Hughes et al., 1995; Nota e Soresi, 2002; 2007)
• il benessere psicologico e la soddisfazione
• le relazioni sociali sperimentate
• l'avere una occupazione
• il benessere fisico e materiale
• l'autodeterminazione e le possibilità di
scelta
• la competenza personale la possibilità di
vivere in modo indipendente
• l'integrazione comunitaria
• l'accettazione sociale e lo status sociale
• lo sviluppo personale e la realizzazione
• la qualità dell'ambiente di vita e dei
supporti
• il tempo libero
• la normalizzazione
L’inclusione scolastica
• Le
recenti
(International
prospettive
sulla
disabilità
Classification of Functioning,
Disability, and Health ICF, WHO, 2001; Definition,
Classification, and System of Support Manual,
Luckasson et al., 2002) considerano l’inclusione
l’unica possibilità per favorire la partecipazione
delle persone disabili alla vita sociale e per
potenziare i loro livelli di autodeterminazione
(Wehmeyer, 2006; Wehmeyer & Patton, 2000; Nota,
Soresi & Rondal, 2002).
L’inclusione implica il vivere con, il fare e il
decidere assieme (Minnow, 1990).
L’inclusione implica il superamento di
pregiudizi socioculturali, di barriere
sociali emarginanti, il potenziamento
della partecipazione attiva e la presenza
di
soluzioni
tecniche,
sociali
organizzative (Nota e Soresi, 2001).
Le scuole inclusive puntano al rispetto delle
esigenze educative di ognuno e alla
realizzazione
di
"comunità
integrante”
coinvolgendo:
•
•
•
•
Bambini con sviluppo ‘tipico’ e atipico
Genitori di bambini con e senza disabilità
Insegnanti curricolari e specializzati
Rappresentanti della comunità
I compagni di classe
• Gli alunni con sviluppo tipico "spontaneamente"
tendono a non interagire frequentemente con gli
studenti con disabilità inseriti e a non sceglierli
come compagni di gioco e di studio (Guralnik,
1980, di Lowe Vandell, 1982; di Diamont et al. 1993,
Nota & Soresi, 2001);
• Gli alunni con disabilità risultano generalmente
meno accettati dei loro coetanei e vengono ad
assumere uno “status sociale” simile a quello dei
compagni che, pur non disabili, manifestano
insuccessi
nell’apprendimento
scolastico
(Larrivee & Horne, 1991; Tampieri, Soresi, &
Vianello, 1988, Soresi, 1992);
• La durata dell'inserimento (anni scolatici di
permanenza di un alunno con disabilità
all’interno della medesima classe) non
sembrerebbe favorire relazioni soddisfacenti: il
livello di accettazione spesso diminuire con il
trascorrere del tempo e, in ogni caso, tende a
rimanere basso anche dopo lunghi periodi di
inserimento (Brewer & Smith, 1989).
Più di vent’anni di ricerca hanno
oramai chiaramente messo in
evidenza che l’inserimento dei
bambini con disabilità nelle
nostre scuole, da solo, non riesce a
stimolare relazioni sociali
soddisfacenti con i compagni e la
loro accettazione.
1. Gli atteggiamenti
• I bambini con sviluppo tipico hanno degli
atteggiamenti
nei
confronti
dei
compagni disabili tendenzialmente
negativi se confrontati con gli
atteggiamenti nei confronti di bambini
con sviluppo tipico (Nowicki, 2002)
1. Gli atteggiamenti
– Weiserbs e Gottlieb (2000) hanno evidenziato come
un gruppo di bambini di scuola elementare
manifestava maggiore propensione ad aiutare e a
fare amicizia nei confronti dei pari con una
disabilità fisica temporanea piuttosto che
duratura.
– Nota, Ferrari e Soresi (2006) osservarono che vi era
una maggiore propensione ad aiutare e a fare
amicizia con compagni con disabilità fisica
piuttosto che con disabilità intellettiva, e che, per
altro, vi era una maggiore propensione da parte dei
compagni di classe a stabilire rapporti centrati
sull’aiuto più che sull’amicizia.
2. Le conoscenze possedute
• Le disabilità fisiche che prevedono
l’utilizzo di supporti chiaramente
identificabili come una sedia a rotelle
sono comprese meglio dai bambini
piccoli, che invece sembrano essere
meno consapevoli delle caratteristiche
della disabilità intellettiva (Woodwart,
1995; Diamond, 1996).
2. Le conoscenze possedute
• Il ritardo mentale è una condizione meno
chiara e meno facilmente delineabile,
tanto che si possono registrare reazioni
completamente ‘ingenue’ come ad
esempio il timore di ‘essere contagiati’
(Nota, Ferrari e Soresi, 2006; Nikolaraizi et
al., 2005).
3. Le conoscenze fornite
• Fornire informazioni circa il tipo di
difficoltà di un futuro compagno di classe
e circa il tipo di aiuto che può essere
richiesto, tende a favorire nei bambini
atteggiamenti più negativi (Weiserbs e
Gottlieb, 1995; Nota, Ferrari e Soresi,
2006),
3. Le conoscenze fornite
• Fornire informazioni circa le attività che
un futuro compagno di classe è in grado
di svolgere ed ha interesse a svolgere,
che siano in relazione anche agli
interessi dei compagni di classe, tende a
favorire atteggiamenti più positivi (Laws
e Kelly, 2005) .
4. Le abilità sociali possedute
I bambini con maggiori livelli di
abilità sociali erano quelli che
si dichiaravano maggiormente
propensi a fornire aiuto e a
stabilire rapporti di amicizia sia
in presenza di persone con
difficoltà nel muoversi che con
menomazione intellettiva.
• I bambini più abili socialmente sono
maggiormente in grado di cogliere le
aspettative degli altri, siano essi adulti che
coetanei, nei confronti del coinvolgimento di
persone in difficoltà;
• La realizzazione dei comportamenti di aiuto e di
amicizia che si dovrebbero attuare in situazioni
particolari possono essere percepiti come facili
da attuare, in quanto maggiormente presenti nei
loro repertori relazionali.
(Chadsey-Rusch, 1992; Nota e Soresi, 1997; 2007),
• I bambini con scarse abilità sociali
potrebbero
invece
percepire
le
prestazioni da attuare con compagni in
difficoltà come più difficili da realizzare;
• Le percezioni di minori livelli di controllo
comportamentale potrebbero favorire la
manifestazione di atteggiamenti meno
positivi.
(Roberts e Lindsell, 1997; Roberts and Smith, 1999).
Appare così evidente l’importanza di
realizzare interventi specifici che
stimolino atteggiamenti positivi nei
confronti dei compagni con disabilità,
aumentino le conoscenze in merito
non solo alle difficoltà che questi
possono sperimentare ma soprattutto
alle loro abilità e capacità,
incrementino le capacità dei compagni
di interagire efficacemente e in modo
socialmente positivo con gli stessi.
Cole (1996)
• “chi aiutare”
• “quando aiutare”
• “come aiutare”
• “come parlare, scherzare, coinvolgere,
sostenere, lodare, ….”
Il mio compagno di classe (Brunati e
Soresi, 1990; Soresi e Nota, 2001)
•
•
•
•
•
•
•
•
Prima Unità Didattica: Siamo tutti diversi
Seconda Unità Didattica: Le apparenze ingannano
Terza Unità Didattica: Le disabilità visive
Quarta Unità Didattica: Le disabilità uditive
Quinta Unità Didattica: Le disabilità motorie
Sesta Unità Didattica: Le disabilità intellettive
Settima Unità Didattica: Il ritardo mentale
Ottava Unità Didattica: I comportamenti di aiuto e
collaborazione
• Nona Unità Didattica: Un compagno da aiutare
• Decima Unità Didattica: Come aiutare,
collaborare e dimostrare solidarietà al nostro
compagno per le attività scolastiche
• Undici Unità Didattica: Come aiutare, collaborare
e dimostrare solidarietà al nostro compagno per
le attività extrscolastiche
• Dodici Unità Didattica: Come supportare e aiutare
i miei compagni
• Tredici
Unità
Didattica:
Quando
un
comportamento è inadeguato
• Quattordici Unità Didattica: Come comportarci
quando uno si comporta male
• Quindici Unità Didattica: Sintesi e conclusioni
Le nostre abilità sociali
• Prima Unità Didattica: Le abilità sociali
• Seconda Unità Didattica: I comportamenti aggressivi e
passivi
• Terza Unità Didattica: Come si esprime un desiderio ai
miei diversi compagni
• Quarta Unità Didattica: Come si chiede aiuto ai diversi
compagni
• Quinta Unità Didattica: Come si scherza con i diversi
compagni
• Sesta Unità Didattica: Come di lodano e sostengono i
diversi compagni
Le nostre abilità sociali
• Settima Unità Didattica: Come si coinvolgono i diversi
compagni in attività scolastiche e di gioco
• Ottava Unità Didattica: Come ci si fa amici i diversi
compagni
• Nona Unità Didattica: Come si fa un’osservazione ai diversi
compagni
• Decima Unità Didattica: Come
dall’aggressività di altri compagni
ci
si
difende
Tutto questo richiede:
• Coinvolgimento dei compagni
– Conoscenze
– Atteggiamenti
– Abilità sociali
• Professionalità e specifiche competenze
• Partecipazione e collaborazione fra
insegnanti, genitori e allievi
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