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corso_infermiere_ASL
La gestione infermieristica
del paziente oncoematologico
Le principali malattie oncoematologiche e la loro
assistenza infermieristica. ”Identikit” del malato
oncoematologico
DH di Ematologia, Ospedale di Ivrea
ASL 9
Le
malattie oncoematologiche
Sono neoplasie (proliferazione incontrollata di
cellule derivate da un determinato tessuto)
che possono colpire:
1) il midollo osseo
2) i linfonodi superficiali e/o profondi
3) la milza
4) il tessuto linfatico extralinfonodale
Ma cos’è il midollo osseo?
Il midollo è una sostanza liquida indistinguibile dal
sangue. Contenuta nelle cavità di tutte le ossa
scheletriche. E’ costituita da una riserva di cellule
indifferenziate, le cellule staminali, che, da una parte,
proliferano automantenendo invariata la loro
popolazione, ma che, dall’altra parte, sotto adeguati
stimoli, intraprendono un percorso differenziativo
simile a una catena di montaggio, che le porta a
trasformarsi nelle cellule del sangue mature e
differenziate: Globuli Rossi; Globuli Bianchi;
Piastrine.
IL MIDOLLO OSSEO
MICROAMBIENTE MIDOLLARE
COMPARTIMENTO PROLIFERANTE
COMPARTIMENTO DIFFERENZIANTE
CITOCHINE
STIMOLI ESTERNI
L’emopoiesi midollare del
compartimento differenziante
Leucemia Acuta
Linfoblastica
Leucemie croniche
Linfomi
Linfociti B
CFU-L
Timo
Linfociti T
Promielocito
C-FUS
Mielocito
CFU-GM
CFU-M
CFU-MEG
BFU-E
Megacariociti
Reticolociti
Leucemia Acuta
Mieloide
Leucemia mieloide Cronica
Piastrine
Emazie
MMC
Granulociti
La Leucemia Acuta


Blocco differenziativo precoce della cellula staminale orientata in senso
mieloide (LAM) o linfoide (LAL).
La cellula bloccata mantiene però la capacità proliferativa e si duplica
indefinitamente senza differenziarsi.
1) Progressivo affollamento del midollo da parte di cellule staminali
indifferenziate occupanti spazio e non funzionali;
2) Riduzione progressiva dello spazio midollare disponibile per la produzione
di cellule residue normali con graduale riduzione di globuli rossi (anemia),
globuli bianchi (leucopenia) e piastrine (piastrinopenia).
La Leucemia Acuta (II)
Progenitori dei globuli bianchi
Precursori delle piastrine
Precursori dei globuli rossi
Blasti leucemici
Fase iniziale
Fase intermedia
Fase avanzata
La Leucemia Acuta: conseguenze
ANEMIA (da riduzione dei GR): pallore, tachicardia, soffi cardiaci,
astenia, dispnea, cefalea, obnubilamento del sensorio.
PIASTRINOPENIA (da riduzione Plts): petecchie arti inferiori,
placche emorragiche cavo orale, epistassi, ematuria, ecchimosi ed
ematomi in sede di prelievo, emorragia cerebrale, diatesi emorragica
generalizzata.
GRANULOCITOPENIA (da riduzione dei GB): febbre, infezioni
recidivanti non rispondenti agli antibiotici potenzialmente in
qualsiasi distretto (apparato respiratorio, urinario, cerebrale, etc.).
Questi segni e sintomi possono comparire singolarmente o in qualsiasi tipo
di combinazione a seconda del grado di soppressione delle tre linee
cellulari. Talora il paziente è asintomatico, in buone condizioni
generali e la diagnosi è posta occasionalmente in corso di esami
eseguiti per altri motivi.
La diagnosi
Non pone particolari problemi. Spesso facile:
1)
Emocromo: talora normale; più spesso varie combinazioni tra:
Anemia e/o piastrinopenia e/o leucopenia o leucocitosi o normali GB.
2)
Striscio di sangue periferico: nei casi con leucocitosi presenza di
cellule leucemiche.
3)
Aspirato midollare e biopsia ossea con citogenetica, biologia
molecolare e immunofenotipo: blasti leucemici > 30% della
cellularità midollare. Nel 45% dei casi anomalie citogenetiche.
4)
Esami ematochimici: Spesso squilibri elettrolitici, aumento
dell’LDH (anche 10 volte i v.n.) nel 50% dei casi, gravi alterazioni
della coagulazione nel sottotipo M3 (promielocitico) delle LAM.
I Linfonodi e i Linfomi

Sono strutture anatomiche costituite da un
agglomerato di linfociti T e B organizzate in
un centro germinativo, follicolare, in una zona
marginale ed in una zona mantellare.

Fisiologicamente sono le stazioni in cui i
linfociti vengono a contatto con l’antigene
(microorganismi di varia specie), ed
elaborano la loro risposta anticorpale e
citocida per distruggere l’organismo estraneo.
Questo porta ad una proliferazione
controllata e limitata dei linfociti con
conseguenti tumefazioni linfonodali che si
possono trovare in occasioni di infezioni
banali (faringiti, carie dentaria etc).

Più raramente la tumefazione di uno o più
linfonodi
non
è
dipendente
dalla
infiammazione del tessuto limitrofo, ma da
una lesione genica linfocitaria per cui la
cellula perde il suo comando di “morte
cellulare programmata” (apoptosi). In altri
termini la cellula diventa immortale ed a
questa si aggiungono tutte le nuove nate,
anch’esse con la stessa alterazione. La
proliferazione illimitata ed incontrollata
comporta una tumefazione neoplastica del
linfonodo (linfoadenopatia) che, se non
trattata, cresce fino a comprimere le strutture
circostanti.
I Linfonodi e i Linfomi (II)

Attraverso i vasi linfatici che collegano
le stazioni linfonodali adiacenti in una
rete complessa che interessa tutto
l’organismo, i linfociti neoplastici si
spostano da un linfonodo all’altro
coinvolgendo sempre più stazioni
linfatiche nel processo tumorale fino ad
una diffusione ubiquitaria che coinvolge
anche il midollo osseo e la infiltrazione
di tessuto extralinfonodale (fegato,
polmone, osso, etc).

Questo quadro nel suo insieme è
chiamato Linfoma. I Linfomi si
suddividono in due principali categorie
a seconda del quadro istologico, del tipo
di terapia cui rispondono meglio e della
prognosi: il Linfoma di Hodgkin e la
vastissima famiglia dei Linfomi non
Hodgkin.
I Linfonodi e i Linfomi (III)
Il Linfoma di Hodgkin
1)
2)
3)
4)
5)
Origina da una cellula linfocitaria chiamata cellula di Reed-Sternberg. 4
sottotipi istologici.
La disseminazione linfocitaria linfonodale si verifica prevalentemente per
via linfatica e c’è una diffusione progressiva a stazioni contigue.
Generalmente molto rispondente alla chemioterapia: oltre l’85% di
Remissioni Complete (RC) con guarigione definitiva in oltre 75% dei casi.
Nei casi recidivati prognosi decisamente peggiore. Mai autotrapianto in I
linea di terapia. Sempre in I recidiva entro l’anno dalla RC.
Rare le masse linfomatose > 5 cm in mediastino o in addome.
Frequente la diagnosi occasionale per un’adenopatia indolente, talora
accompagnata da sudori notturni e/o febbricola e/o calo ponderale e/o
prurito.
I Linfonodi e i Linfomi (III)
I Linfomi non Hodgkin
Vasto ed eterogeneo gruppo di neoplasie linfonodali di origine B o T
linfocitaria. Diverse classificazioni esistenti. Almeno 30 tipi diversi.
2)
Differenze istologiche, cliniche, prognostiche e di terapia.
3)
Fondamentale quindi la diagnosi per la successiva terapia.
4)
Linfomi indolenti a lenta crescita spesso diagnosi occasionale e
sopravvivenza media di 10 anni.
5)
Linfomi aggressivi ad andamento tumultuoso con imponenti masse
voluminose alla diagnosi (mediastino con compressione strutture adiacenti,
addome etc); sopravvivenza media pochi mesi.
6)
Linfomi cerebrali;
7)
Linfomi extranodali (gastrici, anello Waldayer, ghiandole salivari etc).
8)
Linfomi intestinali prevalentemente T frequenti in Oriente.
Contrariamente agli Hodgkin, i non Hodgkin possono diffondere per via
ematogena, saltando anche stazioni intermedie
1)
I Linfonodi e i Linfomi (IV)
Sintomi:
1)
2)
3)
4)
5)
I cosiddetti sintomi B, sistemici: sudorazioni profuse, febbre, calo
ponderale >10% del peso negli ultimi 6 mesi;
Sintomi dovuti a ingrossamento linfonodale: dolori da fenomeni
colliquativi; dispnea o sindrome della vena cava superiori per masse
mediastiniche > 10 cm di diametro; occlusione intestinale da
incarceramento anse intestinali; ritenzione urinaria con idronefrosi
da compromissione degli ureteri; etc.
Splenomegalia da interessamento splenico (la milza è tessuto
linfoide) con diametri fino a 20-25 cm di diametro (fossa iliaca sx)
spesso con disturbi dispeptici e/o intestinali;
Talora sintomi da depressione midollo osseo in caso di infiltrazione
midollare.
Talora nessun sintomo, ma solo presenza di una o più adenopatie
indolenti
I Linfonodi e i Linfomi (V)
Diagnosi:
1)
2)
3)
4)
5)
Non può prescindere dall’istologico del linfonodo o della massa linfomatosa
tramite BIOPSIA LINFONODALE. L’AGOASPIRATO NON SERVE A
NIENTE !!! RITARDA SOLO LA DIAGNOSI.
TAC collo, torace, addome per valutare il grado di espansione del linfoma
(I-II-III stadio) perché per ogni stadio cambia la strategia terapeutica.
Biopsia ossea bilaterale (si valuta estensione al midollo- IV stadio) con
aspirato per citogenetica, biologia molecolare e immunofenotipo (alcune
alterazioni biologicomolecolari sono patognomoniche di determinati
linfomi).
In casi selezionati RMN, PET, scintigrafia toracica con Gallio.
Ematochimici: LDH, Beta 2 microglobulina, VES, Fx epatica e renale ed
ematochimici di routine.
I Linfonodi e i Linfomi (VI)
Ristadiazione (restaging) e Prognosi
1)
2)
Ristadiazione
E’ la ripetizione degli stessi esami della diagnosi (escluso l’istologico se non
in determinati casi) per valutare la risposta della malattia ad una prima
parte della terapia, l’ottenimento o meno di una Remissione Completa,
l’entità di eventuale malattia residua, la prospettiva terapeutica futura (stop
terapia, prosieguo chemioterapia, radioterapia).
Prognosi
Paradossalmente fino ad oggi migliore per i Linfomi ad alto grado di
malignità perché più responsivi alla chemioterapia. Circa 75% di RC e oltre
il 50% in remissione completa continua (guariti) con o senza autotrapianto
di midollo. L’uso in terapia degli anticorpi Monoclonali (Rituximab) ha
ulteriormente migliorato questi dati anche nei linfomi indolenti,
generalmente più difficilmente eradicabili.
Il Mieloma Multiplo
Neoplasia che deriva dalla trasformazione neoplastica di una plasma cellula
midollare che perde il controllo proliferativo e inizia ad accumularsi nel
midollo e nel sangue. Pocgè le plasmacellule secernono normalmente
Immunoglobuline, quella tumorale è caraterizzata da una produzione
abnorme di una Ig che si trova ad elevate concentrazioni nel sangue (IgG >
3000 mg/dl o IgA > 2000 mg/dl).
Le conseguenze sul midollo osseo sono le stesse che abbiamo già visto per la
Leucemia Acuta (affollamento e soppressione dell’emopoiesi midollare) con
alcune peculiarità in questo caso:
1)
L’aumento delle Ig nel sangue, oltre certi limiti, può provocare una
Sindrome da iperviscosità (rara) con sintomi e segni neurologici.
2)
Le citochine proodotte dalle plasmacellule mielomatose provocano lesioni
osteolitiche a stampo in qualsiasi distretto osseo (specie corpi vertebrali,
teca cranica, ossa lunghe etc) con possibilità di fratture patologiche, crolli
vertebrali, dolori ossei.
Il Mieloma Multiplo: conseguenze e clinica
1) Stanchezza da anemia cronica e
demineralizzazione ossea;
2) Dori ossei intensi e fratture
patologiche con gravi invalidità;
3) Sintomi neurologici da sindrome da
iperviscosità: cefalea, vertigini, calo
visus,
nausea,
acufeni,
obnubilamento del sensorio;
4) Insufficienza Renale Cronica da
danno tubulare dovuto a frammenti
di Ig che attraversano il filtrato
glomerulare (proteinuria di Bence
Jones).
Plasmacellula
Aumento Ig Monoclonale
Insufficienza Renale Cronica
Insufficienza midollare
Lesioni osteolitiche
Il Mieloma Multiplo: diagnosi
1)
2)
3)
4)
5)
6)
QPE, immunofissazione proteine plasmatiche, dosaggio Ig;
Ricerca proteinuria BJ urine delle 24 h;
Emocromo, LDH, Beta 2 microglobulina;
Biopsia ossea;
Rx sistematica scheletrica;
RMN colonna vertebrale.
Prognosi infausta sempre. Si possono migliorare quantità e qualità di vita,
ma al momento, non è possibile eradicare la malattia con nessun
mezzo terapeutico indipendentemente dall’età e dalla precocità di
diagnosi. Allo studio nuovi farmaci (talidomide, Bortezomib,
Trapianto midollo ridotto) sui quali è ancora prematuro qualsiasi
giudizio nonostante risultati preliminari incoraggianti!
La terapia e la gestione infermieristica
del paziente oncoematologico
Problemi aperti
1)
Qual è il profilo del paziente
leucemico e oncoematologico in
generale?
2)
Quando e come si curano la
Leucemia Acuta e le altre malattie
oncoematologiche?
3)
Quando è perché il paziente va
ospedalizzato?
4)
5)
6)
Qual è l’impegno infermieristico nel
ricovero in reparto?
Di che tipo di assistenza necessita il
paziente?
Qual è l’impegno infermieristico
nella gestione in DH?
Il paziente leucemico e in generale
oncoematologico alla diagnosi
Paziente fragile, indipendentemente dall’età, anche se apparentemente
in buone condizioni generali e con buon PS (Performace Status).
Il concetto di fragilità è duplice:
1) Fragilità organica: paziente per lo più immunodepresso, facile
bersaglio di infezioni opportunistiche veicolabili dal personale o
dall’ambiente circostante, talora già febbrile alla diagnosi, con
diatesi emorragica facilmente inducibile da prelievi o manovre
invasive (cateterismo p.es.), o emorragia spontanea già in atto;
anemico e dispnoico. Più raramente con sindromi da
compressione nel caso di masse linfomatose voluminose o cloromi.
Dolori ossei con fratture patologiche nei mielomi.
2) Fragilità psichica: ospedalizzazione, ambiente estraneo, sofferenza
fisica, consapevolezza della necessità di esami invasivi e
polichemioterapia, comunicazione di una diagnosi impegnativa in
maniera più o meno esplicita rendono il paziente ansioso e
depresso e spesso non facilitano la comunicazione soprattutto con
il medico. In questi casi il tramite infermieristico può essere
fondamentale!
Le cure: quando e come?
Alla diagnosi una Leucemia Acuta va sempre trattata. Tipi di trattamento e, di
conseguenza, necessità o meno di ospedalizzazione dipendono essenzialmente
dall’età e, in subordine, dal tipo di impegno che il paziente è in grado di
affrontare.
Fino a 60-65 anni il paziente ematologico è considerato “giovane” e può ottenere
una remissione completa (RC) di malattia nel 75% dei casi circa e una guarigione
definitiva nella LAM nel 45-50% dei casi con una polichemioterapia eradicante
(almeno 2-3 cicli) seguita o meno dal trapianto di midollo allogenico.
Oltre 60-65 anni il paziente ematologico è considerato anziano (elderly), può
ottenere una RC di malattia nel 60% circa dei casi e una sopravvivenza a lungo
termine libera da malattia in circa il 7-10% dei casi con una polichemioterapia
eradicante seguita o meno da “mini allotrapianto” di midollo allogenico. Queste
procedure però possono essere eseguite solo in assenza di malattie concomitanti
che in età avanzata sono molto comuni. Per cui, in questa fascia di età, solo una
minoranza di pazienti può essere sottoposta a terapia aggressiva che richiede
ospedalizzazione. Più frequentemente ci si limita a schemi chemioterapici di
contenimento gestibili a domicilio o in DH, o solo a terapia di supporto.
Le cure: quando e come? (II)
La polichemioterapia è il principio fondamentale della terapia della Leucemia Acuta,
dei Linfomi non Hodgkin e Hodgkin e del Mieloma Multiplo.
E’ costituita da un insieme di farmaci che, con meccanismi diversi e in tempi diversi e
prefissati provocano la distruzione delle cellule tumorali con l’obiettivo di ottenere la
Remissione Completa (RC) di malattia, ossia una iniziale grossolana “pulizia” del
midollo osseo nella Leucemia o la scomparsa delle adenopatie rilevabili alla diagnosi
nei Linfomi. Generalmente la RC si ottiene nelle LAM dopo il primo ciclo di
chemioterapia e dopo il primo “blocco” terapeutico nei Linfomi.
ATTENZIONE!! RC non è sinonimo di guarigione!! E’ semplicemente una condizione
in cui non sono più ravisabili cellule leucemiche nell’aspirato midollare (<5%) al M.O.
o le adenopatie multiple all’esordio nei linfomi. Se dopo la RC non si prosegue la
polichemioterapia con cicli di consolidamento la malattia recidiva in breve spazio di
tempo. Esiste infatti una Malattia Minima Residua non visibile con i comuni mezzi
diagnostici, che sopravvive ad un primo ciclo di terapia e può essere eradicata solo con
ulteriore terapia.
Il concetto di aplasia
La polichemioterapia non è selettiva sulle cellule neoplastiche. Inevitabilmente provoca
la distruzione di cellule fisiologiche dotate di rapido turn-over come cellule midollari
fisiologiche, cellule epiteliali (cavo orale, mucosa gastrica e intestinale), annessi cutanei
(capelli).
La più grave tossicità dose-limitante della chemioterapia è sul midollo. Per garantire la
possibilità di ottenimento di una RC, soprattutto nelle Leucemie Acute, ma anche in
alcuni tipi di Linfomi, è necessario usare schemi polichemioterapici a dosi tali da
determinare un blocco di tutta la funzione del midollo per periodi variabili da 7-10 a 30
e più giorni. In tale periodo:
1) All’emocromo:
GB< 1000/mmc con Neutrofili < 500/mmc;
Plts < 20.000-10.000/mmc
Hb< 8 g/dl.
In questo periodo la vita del paziente è dipendente dal supporto trasfusionale di emazie e
piastrine e generalmente il controllo dell’emocromo è quotidiano
Il concetto di aplasia (II)
2) Con neutrofili < 500/mmc la suscettibilità alle infezioni è altissima. Anche
microorganismi generalmente non patogeni (opportunisti) se trascurati o non
adeguatamente trattati possono risultare fatali. Le sedi più comuni di infezioni sono:
Polmone e vie respiratorie;
Apparato urinario e rene;
Tratto gastroenterico;
SNC.
La mortalità infettiva è direttamente proporzionale alla lunghezza del periodo di aplasia
e può essere dovuta a batteri G+, G-, protozoi e miceti.
3) La mucosite al cavo orale e gastrointestinale può essere fonte di dolore intenso,
infezioni locali, diarrea, gastrite, impossibilità alla alimentazione spontanea con ulteriore
compromissione delle condizioni generali.
Se il paziente riesce a superare questo periodo critico, con la ripresa spontanea della attività
midollare e la normalizzazione dell’emocromo tutte le complicanze eventualmente
presenti regrediscono spontaneamente in brevissimo periodo!
Ospedalizzazione: quando e perché?
Il paziente oncoematologico può essere ospedalizzato per motivi diversi e talora
coesistenti:
1) Alla diagnosi in malattie che mettono in serio pericolo la vita del paziente per
compromissione di più organi e rendono necessarie terapie di supporto ed esami
strumentali o ematochimici urgenti gestibili solo in ambiente ospedaliero (leucemia
acuta, linfomi aggressivi o mieloma multiplo con grave compromissione dello stato
generale).
2) In fasi successive all’ottenimento della RC per eseguire chemioterapie di
consolidamento fortemente aplastizzanti non gestibili in regime di DH, per far
fronte a tutti quegli effetti collaterali che il lungo periodo di aplasia probabilmente
comporterà (come visto precedentemente).
3) Per la insorgenza di complicanze inattese in pazienti sottoposti a chemioterapie
non fortemente o lungamente aplastizzanti che vengono generalmente gestite in DH
(p.es. la comparsa di un focolaio bpn in un paziente con neutrofili < 500/mmc).
4) In occasione di autotrapianto di midollo, procedura che fa parte routinariamente
di molti programmi terapeutici soprattutto nella terapia di Linfomi non Hodgkin e
Mielomi.
Ospedalizzazione: quando e perché?
II
In sintesi e per semplificare:
1) Le Leucemie Acute del giovane vanno sempre ospedalizzate, sia alla diagnosi
che nei successivi cicli di chemioterapia post-remissionali;
2) Il Linfoma di Hodgkin e i Linfomi non Hodgkin generalmente non vengono mai
ospedalizzati né alla diagnosi né nei successivi cicli chemioterapici che sono
generalmente gestibili in DH a meno di complicanze gravi inattese o di esordio
diagnostico con grave compromissione delle condizioni generali o al momento
dell’autotrapianto di midollo che è spesso l’ultima tappa del loro programma
terapeutico.
3) Il Mieloma Multiplo non viene generalmente ospedalizzato ad eccezione che in
occasione dell’autotrapianto di midollo che è una tappa frequente del suo
programma terapeutico o di complicanze impreviste.
4) Le malattie oncoemtologiche croniche (Leucemia Linfatica Cronica, Leucemia
Mieloide Cronica, Policitemia Vera) sono gestibili ambulatorialmente e solo
eccezionalmente necessitano di ricovero.
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato
Ingente sia da un punto di vista pratico-organizzativo, sia da un punto di
vista psicologico!!
Generalmente il paziente oncoematologico ospedalizzato:
1) Se in aplasia è isolato o in camera a due letti. Le manovre che lo
riguardano devono essere eseguite da personale che indossi mascherina,
che si lavi le mani ogni volta che ne abbia un contatto, talora (a seconda
delle scuole di pensiero!!) che indossi guanti sterili, copricapo e
copricamice sterile
IO NON CI CREDO!!
2) La maggior parte dei pazienti ha un catetere venoso centrale in succlavia
o (ahimé!) giugulare che richiede una manutenzione particolare. Durante
la chemioterapia e per tutto il periodo post-chemioterapico il paziente è
sottoposto ad una idratazione continua nelle 24h. Necessità di regolare le
pompe infusionali e di cambiare periodicamente le flebo che terminano.
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato (II)
3) Problemi di reperimento delle vv periferiche!
Il paziente oncoematologico ospedalizzato deve essere sottoposto
quotidianamente a prelievi di sangue (controllo quotidiano di emocromo,
ematochimici urgenti etc). Tali prelievi è preferibile non eseguirli dal CVC
per svariati motivi (facilità di infettarli, interferenza con meccanismi della
coagulazione e risultati inattendibili).
4) Emocolture.
Se Tc > 38 °C necessario eseguire emocolture per aerobi e anaerobi sia da vv
periferiche che da accesso centrale, spesso più volte al dì in corso di
batteriemia (brivido).
5) Monitoraggio quotidiano di diuresi e peso.
L’idratazione continua nelle 24 ore deve essere in bilancio pareggiato con i
liquidi eliminati. Fondamentale non sovraccaricare il malato e modulare la
terapia diuretica in base alla diuresi delle 24h e/o ad eventuali repentini
aumenti ponderali.
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato (III)
6) Igiene del cavo orale.
La tossicità della chemioterapia colpisce spesso la mucosa del cavo orale
con flogosi acute, necrosi del pavimento della bocca, glossiti, lesioni
emorragiche, tumefazioni delle labbra che rendono molto difficoltosa la
alimentazione. Talora necessaria una pulizia quotidiana del cavo orale con
rimozione dell’epitelio necrotico, toccature con nistatina e bicarbonato.
7) Supporto trasfusionale.
E’ un ulteriore impegno che riguarda il personale infermieristico la
somministrazione pratica delle unità di sangue, piastrine o plasma, il
controllare eventuali reazioni trasfusionali e l’avvisare il medico, la
rimozione delle sacche terminate.
8) Terapia antibiotica parenterale.
Tutti i pazienti febbrili aplastici sono sottoposti ad antibioticoterapia
parenterale con combinazione di due o più antibiotici da somministrare a
push o in flebo più volte al giorno ad orari prefissati.
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato (IV)
In sintesi e per concludere:
L’assistenza infermieristica a questo tipo di pazienti,
indipendentemente dall’età, può essere estremamente impegnativa.
La “corse” al letto del malato anche solo per eseguire la normale
prescrizione terapeutica ed espletare i quotidiani compiti routinari
sono moltissime nel corso della giornata.
Se a tutto ciò si aggiungono gli imprevisti, che in molti casi sono la
regola, il peso dell’assistenza può essere notevolissimo soprattutto
con la scarsità cronica di personale e le strutture inadeguate che la
Politica Sanitaria e le Finanziarie dissennate mettono oggi a
disposizione.
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato (V)
La “sindrome del campanello” è una realtà ben conosciuta dal personale
infermieristico dei reparti di Ematologia.
Il paziente chiama sempre.
Chiama perché è finita la flebo e teme l’aria in vena.
Chiama perché ha male.
Chiama perché ha voglia di vomitare.
Chiama perché ha la febbre.
Chiama perché non ha capito ciò che gli ha detto il medico.
Chiama perché è comparsa una petecchia sul piede destro.
Chiama perché si sente solo, non può uscire dalla stanza e ha bisogno di
parlare un po’.
Comprensibile che talora tutte queste chiamate mettano a dura prova la
pazienza del personale infermieristico!
L’impegno infermieristico nel paziente
ospedalizzato (VI)
La terapia parenterale può essere molto complessa e
articolata, di non intuitiva attuazione.
SONO FONDAMENTALI LA COMUNICAZIONE E
LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI COL MEDICO.
LE CONSEGNE SONO INDISPENSABILI ANCHE
PIU’ VOLTE AL GIORNO SE NECESSARIO!
La gestione infermieristica in DH
I pazienti oncoematologici che afferiscono al DH sono:
1) Pazienti di qualsiasi età affetti da Linfoma di Hodgkin o Non
Hodgkin per chemioterapie di intensità moderata e mediamente
aplastizzanti. L’uso dei fattori di crescita dei granulociti neutrofili (GCSF Granocyte Granulokine) ha ridotto nettamente i tempi dell’aplasia
midollare aumentando molto le categorie di pazienti che oggi non
necessitano più di ospedalizzazione dopo diversi schemi di
chemioterapia.
2) Pazienti anziani (over 60-65 aa) affetti da Leucemia Acuta, sottoposti
a chemioterapie di consolidamento post-remissionali o a chemioterapie
palliative di contenimento.
3) Pazienti affetti da Mieloma Multiplo sottoposti a chemioterapia o a
terapie con Bifosfonati (Pamidronato, acido zolendronico) per prevenire
o curare le lesioni osteolitiche tipiche della malattia
La gestione infermieristica in DH (II)
4) Pazienti che, nell’intervallo tra due cicli successivi di chemioterapia
(generalmente ogni 14 o 21 o 28 gg) necessitino di idratazione, terapia
uricosurica, terapia antibiotica parenterale, controllo ematochimici ed
emocromo, somministrazione di fattori di crescita granulocitari o eritrocitari,
necessità trasfusionali di emocomponenti (ECPL, piastrine, plasma, Ig etc.).
5) Pulizia e disinfezione periodica di CVC (Hohn, Groshong, Port-a Cath).
6) Pazienti che, prima di iniziare la chemioterapia, vengano sottoposti a
posizionamento dei suddetti CVC con controllo successivo di Rx torace.
7) Qualsiasi problema imprevisto conseguente alla chemioterapia nel paziente
non ospedalizzato afferisce al DH.
8) Prestazioni diagnostiche all’esordio della malattia o restaging alla fine
della terapia per valutare i risultati da questa ottenuti (prelievo midollo,
TAC,indagini strumentali etc.).
Il DH di oncoematologia: un modello
organizzativo
L’attività di un DH oncoematologico può essere strutturato come segue:
1)
Accesso del paziente che deve “ciclare”;
2)
Esecuzione degli esami che accertino condizioni idonee per essere sottoposti
al ciclo (emocromo, elettroliti, creatinina, transaminasi, glicemia,
bilirubina).
3)
Schema della chemioterapia scritta anticipatamente dal medico e portata in
cappa centralizzata.
4)
Verifica dei risultati degli esami richiesti.
5)
Comunicazione di OK alla cappa per la preparazione del ciclo.
6)
Avvio della idratazione, della terapia alcalinizzante e antivomito da parte
del personale infermieristico su prescrizione dell’ematologo.
7)
Soministrazione della chemioterapia nel frattempo giunta dalla cappa. Nel
nostro DH i chemioterapici in flebo vengono somministrate dal personale
infermieristico; quelli in siringa (push) vengono somministrate dal medico.
L’assistenza infermieristica in DH
Esecuzione dei prelievi programmati il giorno prima per ogni singolo
paziente dopo discussione con l’ematologo.
Avvertire il medico di eventuali segni o sintomi imprevisti riferiti dal
paziente. (L’infermiera è la prima ad accogliere il paziente in DH: solo
successivamente questi verrà visitato dall’ematologo).
Controllo e gestione totalmente autonoma della manutenzione dei CVC.
Preparazione della terapia di supporto alla chemioterapia: flebo di
idratazione come da prescrizione, terapia alcalinizzante (fiale di
bicarbonato in Elettrolitiche, Glucosate, Fisiologiche etc), terapia
antivomito, steroidea etc.
Somministrazione delle flebo di chemioterapia previo controllo della
PAO che viene poi segnata in cartella. Impostazione delle pompe
infusionali a seconda dei tempi previsti per le infusioni.
L’assistenza infermieristica in DH (II)
Controllo della diuresi e sorveglianza dell’andamento del ciclo con
repentino avviso al medico in caso di comparsa di effetti collaterali.
Servizio del pasto ai pazienti che possono mangiare durante la terapia.
Controllo e gestione della farmacia sia per il deposito dei chemioterapici
che degli altri farmaci da somministrare che per l’ordine al Servizio
Farmaceutico.
Assistenza all’ematologo durante la esecuzione delle Punture Lombari
medicate (chemioterapia profilattica o terapeutica intrarachide).
Discussione e scambio di opinioni con l’Ematologo di singoli casi clinici
e dei problemi riscontrati nella gestione quotidiana del DH.
L’assistenza infermieristica in DH (III)
Last, but not least:
Vicariare, correggere, mitigare tutte le dimenticanze,
imperfezioni, balordaggini, inesattezze, disordini,
malaorganizzazione dell’Ematologo con cui il/la
povero/a infermiere/a è costretto/a a lavorare!!!
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