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Diapositiva 1 - Ten. Davia Salandra

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Diapositiva 1 - Ten. Davia Salandra
ISTITUTO COMPRENSIVO “Ten. Rocco Davia”
Corso Dante 75017 SALANDRA (MT)
VIAGGIO D’ISTRUZIONE: MELFI - LAGOPESOLE
CLASSI PRIME E SECONDE SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO
6 Maggio 2016
Itinerario
Partenza da San Mauro - Salandra – Grassano Scalo
Visita Castello di Lagopesole
Pranzo al Ristorante «La Taverna» di Lagopesole
Visita Castello di Melfi
Rientro
Obiettivi educativi:
•
Imparare a stare in situazioni diverse dal contesto scolastico
•
Potenziare lo spirito di socializzazione
Obiettivi didattici:
•
Scoprire beni culturali della nostra regione per amarli e tutelarli, quali testimoni della nostra
civiltaà nel tempo
•
Scoprire l’ aspetto paesaggistico della nostra regione per apprezzarne le sue bellezze
LA BASILICATA
Il nome Basilicata deriva da una parola greca (basilikos’),che in epoca medievale indicava il funzionario imperiale
bizantino. Nel corso dei secoli a questo nome si è affiancato quello di Lucania,termine utilizzato dai romani per
indicare la regione, anticamente abitata dal popolo dei lucani (dal latino lucus ,bosco ). La regione ha mantenuto
questa denominazione dal 1932 al 1947 , quando è stato ripristinato il nome Basilicata , con l’approvazione della
Costituzione.
Lo stemma della Basilicata è formato da quattro onde azzurre su uno sfondo color argento. Le onde rappresentano i
principali fiumi lucani : l’Agri, il Basento, il Bradano e il Sinni.
FEDERICO II DI SVEVIA
Federico II Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250) fu re di Sicilia (come
Federico I, dal 1198 al 1250), Duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), re di Germania (dal 1212 al 1220)
e Imperatore del Sacro Romano Impero, e quindi precedentemente Re dei Romani, (come Federico II, eletto ne l1121,
incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a Roma dal papa come Imperatore nel 1220),
infine re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio, autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229).
Apparteneva alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen e discendeva per parte di madre dalla dinastia normanna
degli Altavilla, regnanti di Sicilia. Conosciuto con gli appellativi stupor mundi ("meraviglia o stupore del mondo")
o puer Apuliae ("fanciullo di Puglia")[1], Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla
sua epoca, ha polarizzato l'attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende
popolari, nel bene e nel male.
Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione artistica e culturale,
volta a unificare le terre e i popoli, ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione il
potere temporale. Federico stesso fu un apprezzabile letterato, convinto protettore di artisti e studiosi: la sua corte fu
luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica.
Uomo straordinariamente colto ed energico, stabilì in Sicilia e nell'Italia meridionale una struttura politica molto
somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con una amministrazione efficiente
Federico II parlava sei lingue (latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo) e giocò un ruolo importante nel
promuovere le lettere attraverso la poesia della Scuola siciliana. La sua corte reale siciliana a Palermo, dal 1220 circa
sino alla sua morte, vide uno dei primi utilizzi letterari di una lingua romanza (dopo l'esperienza provenzale),
il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla Scuola siciliana ebbe una notevole influenza sulla letteratura e su
quella che sarebbe diventata la moderna lingua italiana e anticipò di almeno un secolo l'uso dell'idioma toscano come
lingua d'élite letteraria d'Italia
LE TAVOLE MELFITANE
Federico II di Svevia quando era imperatore emanò a Melfi delle leggi per tutto l'impero, chiamate "Tavole melfitane":
Rifacendosi alle riforme attuate nel 1220, Federico ordinò la revisione dei titoli e dei privilegi di cui godeva la feudalità,
sia per eliminare abusi ed usurpazioni, sia per diminuire il peso della loro autorità. Per tutto il 1231 furono fatte
inchieste e processi; lo stesso Rinaldo di Urslingen, duca di Spoleto, riconosciuto colpevole di avere male
amministrato l’erario e persino di avere, in assenza dell’Imperatore, complottato con lo stesso Papa e fu condannato
alla confisca dei beni. Come ricorda Riccardo di S. Germano, fu dichiarata una lotta accanita contro: "Falsariis,
aleatoribus, tabernariis, omicidiis, vitam sumptuosam ducentibus, prohibitis arma portantibus et de violentiis
mulierum". La prima opera di Federico fu di avere studiato e promulgato un corpo organico di leggi, anche se
precedentemente non erano mancate isolate disposizioni di carattere locale e contingente. Per ordine dell’Imperatore,
le nuove leggi furono promulgate dal giustiziere Riccardo da Montenero, il 1° settembre del 1231. La raccolta delle leggi
é contenuta nel Liber Constitutionum Regni Siciliae o Liber Augustalis, ma comunemente vengono chiamate
Costitutiones Melphitanae, dalla città di Melfi, dove vennero promulgate. Tuttora si discute sulla giusta attribuzione
della paternità della raccolta di queste leggi, poiché lo stesso Federico ne vanta il merito. Appare però autore anche
l’arcivescovo di Capua, Giacomo Amalfitano, dal momento che lo stesso Gregorio IX in una lettera lo rimprovera di
avere inserito disposizioni avverse agli interessi della Chiesa. Il vero artefice, secondo la tradizione, dovrebbe essere
Pier delle Vigne, anche se si è propensi credere che tutta la raccolta sia stata frutto di un lavoro collettivo durato
alcuni mesi.
IL CASTELLO DI LAGOPESOLE
IL CASTELLO DI LAGOPESOLE
Il castello fu dimora ideale di Manfredi, figlio di Federico II, che privilegiò Lagopesole alla capitale del suo regno,
Palermo. Lo stato presente del castello, restaurato negli anni novanta, riflette le modifiche apportate al progetto
normanno-svevo da Carlo I d'Angiò, che utilizzò il castello soprattutto come prigione di lusso (vi rinchiuse fino alla
morte Elena Angelo Comneno di Epiro, moglie di Manfredi, e i suoi figli). Nell'Ottocento il castello fu rifugio dei
briganti capeggiati da Carmine Crocco, che il 7 aprile 1861 lo occupò con 400 uomini.
Il castello, oggi proprietà demaniale e sede del Corpo Forestale dello Stato, ospita numerose attività culturali e dal
2000 accoglie l'Antiquarium realizzato con i materiali medievali rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate nel
cortile minore. Nel 2012 viene scelto come set per la fiction Il generale dei briganti di Paolo Poeti.
Il castello, a pianta rettangolare, presenta due cortili: il minore, di epoca alto normanna, conserva al centro un mastio
( donjon ) quadrato che curiosamente è fuori asse rispetto al resto della struttura, che indica che molto probabilmente
è anteriore alla costruzione del castello antistante. La torre (il Donjon) è caratterizzata da una muratura bugnata
nella parte superiore, fatto tipico per l'architettura sveva, in questo caso l'edificio è molto probabilmente risalente
all'epoca di Enrico VI di Svevia. Anche le due teste (un uomo e una donna) scolpite fanno pensare ai castelli degli
Svevi nell'Alsazia, costruiti nella fine del XII secolo, e la cappella vista
da un finestrone lungo i corridoi superiori del castello.
È da notare anche la compattezza dell'edificio, tipica dei castelli federiciani: solo tre feritoie, infatti, si aprono sulle
pareti sud-est ed ovest, mentre su quella nord c'è l'unico possibile accesso, a circa quattro metri dalla quota di
calpestio, cui corrispondono due grandi mensole in pietra (probabili basi d'appoggio per un passaggio mobile) ed altre
due mensole figurate nella parte superiore. Il cortile maggiore, risalente all'ampliamento iniziato da Federico II di
Svevia nel 1242 sui resti di precedenti costruzioni normanno-sveve (a scopo militare) ed angioine (a scopo
residenziale), include una vasta cisterna ed una grande cappella.
Proprio quest'ultima è una peculiarità che contraddistingue questo castello da tutti gli altri attribuiti a Federico II di
Svevia; infatti la presenza al suo interno di questo luogo di culto è l'unico esempio tra tutti quelli risalenti a
quell'epoca imperiale. La chiesa, in un austero stile romanico che i restauri effettuati negli ultimi anni del XX secolo
hanno portato alla luce nel suo originario aspetto, ha un'abside semi circolare e l'entrata decorata con il motivo dei
denti di sega, tipico dell'età angioina.
IL CASTELLO DI MELFI
IL CASTELLO DI MELFI
Il castello di Melfi è un monumento della Basilicata di proprietà dello Stato italiano, tra i più importanti castelli
medievali d'Italia. La sua fondazione, almeno dagli elementi ancora visibili, risale al periodo normanno e ha subito
alcune modifiche nel corso del tempo, soprattutto in epoca angioina e aragonese.
Con la venuta degli svevi, Federico II diede grande importanza al castello di Melfi e ne apportò alcuni restauri.
Nel 1231, il maniero fu il luogo di promulgazione delle Costituzioni di Melfi, codice legislativo del Regno di Sicilia, alla
cui stesura parteciparono Federico II assieme a persone come il suo notaio Pier della Vigna ed il filosofo e
matematico Michele Scoto. La struttura fu anche deposito delle tasse riscosse in Basilicata e prigione, ove tra i vari
detenuti ci fu anche il saraceno Othmàn ibn Affàn di Lucera, uscito in seguito dietro il pagamento di 50 once d'oro.
Nel 1232, Federico II ospitò al castello il marchese di Monferrato e la nipote Bianca Lancia, che divenne sua moglie e
da cui ebbe il figlio Manfredi. Nel 1241, il sovrano svevo rinchiuse nell'edificio due cardinali e vari vescovi francesi e
tedeschi, che avrebbero dovuto far parte di un concilio papale che prevedeva la sua destituzione.
Il castello di Melfi è formato da quattro ingressi, di cui solo uno è tuttora agibile. Il primo, situato a nord est vicino
alla Torre Parvula, era collegato direttamente con la campagna ed attualmente è murato; il secondo, anch'esso
murato e collocato nei pressi della Torre della Chiesa, si apre nello spalto; il terzo a sud ovest, presente vicino al
Baluardo del Leone, era l'ingresso principale nell'epoca angioina e permetteva di raggiungere il fossato e la città. Il
quarto, l'unico attivo, fu aperto dai Doria e funge da accesso al paese attraverso un ponte,levatoio. L'interno, sebbene
trasformato dai Doria, tra il XVI ed il XVIII secolo, in un palazzo baronale, conserva ancora alcuni tratti strutturali in
stile normanno-svevo.
Oltrepassato il ponte si nota un portale settecentesco che contiene un'epigrafe che rende onore alle gesta di Carlo V
d'Asburgo e Andrea Doria.
Procedendo si accede al cortile dove è possibile recarsi alle scuderie ed ai cortili "dello Stallaggio" e "del Mortorio",
tutte opere angioine realizzate tra il 1278 ed il 1281 per volere di Carlo II d'Angiò. Sempre in stile angioino sono la "Sala
del Trono" (che ospita il Museo), innalzata sul lato settentrionale, la sottostante "Sala degli Armigeri". Da menzionare
anche la "Sala delle Scodelle", luogo in cui furono proclamate le Costituzioni di Melfi.
BUON VIAGGIO A TUTTI
DAGLI ALUNNI
DELLA:
CLASSE 1 A!!
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