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IL VENTO PERSO NON TORNA L`intervista Livio de Santoli

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IL VENTO PERSO NON TORNA L`intervista Livio de Santoli
PIANETA
TERRA
il
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale
PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO
IL VENTO PERSO
NON TORNA
Simone Togni
L’intervista
Livio de Santoli
Presidente AiCARR
Delegato per l’energia della Sapienza
E
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15
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PIANETA
TERRA
il
Mensile di informazione e cultura
dell’ambiente, dell’energia e delle
fonti rinnovabili
sommario
settembre 2015
3
7
Redazione
13
17
Comitato di Redazione
Simone Togni, Stefania Abbondandolo,
Davide Astiaso Garcia, Silvia Martone
21
www.ilpianetaterra.it
Registrazione n. 66 del 5 giugno 2003
presso il Tribunale di Napoli
INTERVISTA A LIVIO DE SANTOLI
Presidente AiCARR
Delegato per l’energia della Sapienza
Direttore responsabile
Simone Togni
Contatti
via Tagliamento 24, 00198 Roma
IL VENTO PERSO NON TORNA
Simone Togni
26
PIANI ENERGETICI: UNA LEZIONE ITALIANA
G.B. Zorzoli
L’EGOISMO DELL’ESTETICA
Sergio Ferraris
UN NUOVO PATTO MONDIALE
PER SALVARE IL PIANETA
DAL RISCALDAMENTO GLOBALE
Roberto Venafro - Edison
NEWSLETTER ANEV
30 Intervista a EZIO SALVO
Country Manager Italy di BKW
Editore
Sinderesi srl
ROC 25332
Silvia Martone
33
37
Progetto grafico
L’asterisco di Barbara Elmi, Roma
Stampa
GPT - Gruppo Poligrafico Tiberino
Via Ponchielli, 30 - 06073
Loc Ellera, Corciano (PG)
Redazione • Pubblicità
[email protected]
Delle opinioni manifestate sugli scritti o siglati sono
responsabili i singoli Autori dei quali il Comitato di
Redazione intende rispettare la piena libertà di
giudizio. La collaborazione alla rivista è aperta a tutti
gli interessati, tuttavia è compito della Redazione
definire i contenuti di ciascun numero, la scelta degli
articoli e il tempo di pubblicazione. La riproduzione,
anche parziale degli scritti e dei grafici pubblicati su
“il pianeta terra” è consentita previa autorizzazione e
citando ovviamente la fonte.
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45
COORDINAMENTO FREE
TLC, EDILIZIA E TRASPORTI RISCOPRONO
L’EFFICIENZA E LE FONTI RINNOVABILI
Umberto Di Matteo, ISES Italia
LE NUOVE FRONTIERE DELLE
RINNOVABILI: L’ENERGIA DEL MARE
Davide Astiaso Garcia
CARTA, PENNA E DIRITTO
Avv. Germana Cassar
VIA LIBERA ALL’IMPIANTO EOLICO
OFF-SHORE DI TARANTO
Daria Palminteri
1
Proprietario del Periodico
gps srl Gruppo Problem Solving
PIANETA
TERRA
il
Simone Togni
IL VENTO PERSO
NON TORNA
3
Il vento perso non torna… chi naviga lo sa
bene, chi produce energia eolica pure.
Invece, sembra che questo principio sfugga a
chi dovrebbe avere la responsabilità di
metterci nelle condizioni di poterlo sfruttare
per interesse imprenditoriale e con
beneficio comune.
Come tutti sanno questo è l’anno nel quale, ad
inizio dicembre a Parigi, si terrà la COP 21 che
dovrà (dovrebbe) definire gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti al 2030 e
al 2050. Questi target potranno essere uno
(speriamo di no) o tre (energia rinnovabile,
CO2, efficienza energetica), e potranno essere
vincolanti (indispensabile) ovvero cumulati e
indicativi (assolutamente un fallimento); insomma, le decisioni assunte potranno essere
sufficienti ovvero inutili e da queste decisioni
dipenderà il futuro dell’umanità.
Proprio così, queste decisioni sono così rilevanti che questa volta non ci giochiamo una
minore o maggiore crescita industriale, la supremazia tecnologica o maggiori o minori investimenti, questa volta ci giochiamo
l’equilibrio climatico del nostro pianeta!
Detto ciò sembra necessario ripercorrere velocemente il cammino che ci ha portato a
questo punto, ricordiamo che il Protocollo di
Kyoto per la prima volta ha comportato l’assunzione volontaria di molti Paesi membri
dell’obbligo di riduzione delle emissioni climalteranti che ognuno avrebbe dovuto realizzare entro il 2012 rispetto ai valori del 1990.
L’Italia questo obiettivo l’ha raggiunto! Poi,
l’Europa ha definito dei percorsi ulteriori di riduzione delle emissioni che hanno portato,
con le Direttive Comunitarie in materia, a sta-
4
bilire obiettivi vincolanti al 2020 (l’Italia è oggi
in linea con il loro raggiungimento grazie al
drastico calo dei consumi elettrici figli della
crisi internazionale).
Questi sforzi sono stati necessari e utili, ma
assolutamente non sufficienti tanto che la
pressoché unanimità degli scienziati e tutte
le Istituzioni Governative internazionali hanno
indicato l’attuale andamento delle emissioni
di CO2 come insufficiente a mantenere l’incremento della temperatura terrestre entro i
2° centigradi, livello ritenuto come insuperabile se vogliamo salvaguardare la nostra
madre terra! Il trend attuale, dicevamo, porta
ad un aumento della temperatura terrestre
intorno al doppio (oltre 4° centigradi!!) con
conseguenze catastrofiche per la razza
umana.
Proprio per questi motivi e per l’immensa
posta in gioco, la Conferenza delle Parti sta
lavorando per un obiettivo unico al 2030 e al
2050 che possa seriamente significare l’inversione di rotta di questo trend autodistruttivo in modo da poter sperare in un possibile
futuro migliore. Come spesso accade in queste fasi cruciali nelle quali si devono assumere decisioni importanti che determinano
anche le politiche energetiche future e quindi
possono orientare grandi risorse economiche
in alcune direzioni piuttosto che in altre, i
ressante. Emblematico è il fatto che recentemente in Italia le grandi lobbies delle fossili
si sono iniziate a muovere e non solo direttamente, ma anche e soprattutto con le loro Associazioni.
Assoelettrica ha messo in campo i pezzi da
novanta e tutta la sua forza per condizionare
la posizione Italiana a Bruxelles, e non è detto
che non ci riesca (!!), mentre nel frattempo
sta per ottenere per le principali sue aziende
associate un incredibile Capacity Payment
(trasformato in Capacity Market per una migliore presentabilità), che sarebbe il colpo di
coda dei fossili e il colpo di grazia per il mercato elettrico nazionale.
Non saranno inoltre passate inosservate ai
più le manovre che sempre Assoelettrica sta
facendo per assorbire Assorinnovabili (associazione di produttori rinnovabili), cosa di cui
si parla da anni, fusione che eliminerebbe
una delle poche voci del mondo elettrico rimaste a favore delle rinnovabili. Un controsenso assoluto quello di avere sempre meno
rappresentatività associativa, a fronte di un
aumento significativo del peso delle rinnovabili, e tanto più incredibile proprio per il fatto
di avvenire alle porte di Parigi, dove si terrà
la COP 21 che potrebbe essere l’investitura finale del cambio di paradigma nel mondo elettrico mondiale.
Fortunatamente resterà almeno una voce
forte, sicuramente quella dell’ANEV, ma certamente anche altre che sapranno fare tesoro
dell’esperienza e della autonomia che da
sempre le contraddistingue. In questo momento è molto più importante essere nel giusto che essere in compagnia, ne eravamo già
convinti ma ora grazie alla forte presa di posizione di Papa Francesco, prima con l’Enciclica “Laudato sì” e poi con le recenti prese di
posizioni molto decise a favore dell’impegno
per le Fonti Rinnovabili, ne siamo ancor più
confortati e rafforzati.n
5
grossi interessi economici in gioco fanno sì
che le aziende interessate, al fine di tutelare
le proprie attività, si muovano a difesa degli
interessi specifici.
Questo è logico e comprensibile solo quando
non trascende il limite dell’interesse comune.
Dovrebbero infatti essere le politiche energetiche dei grandi gruppi, almeno di quelli che
ancora non si sono orientate verso la sostenibilità, a doversi modificare e non le politiche
internazionali a dover essere piegate agli interessi economici di pochi. Proprio per la
grande posta in gioco che verrà definita a Parigi, negli ultimi mesi si sono visti muovere
grossi gruppi di potere, quelli legati ai vecchi
schemi, che in ogni modo stanno tentando di
ostacolare, mistificare, sabotare e in ultimo
comprare ogni opposizione in modo da poter
far prevalere i loro interessi.
In questo percorso abbiamo visto dapprima
delegittimare le teorie sui mutamenti climatici con dossier falsi supportati dai cosiddetti
“negazionisti”, poi miseramente sconfessati
dalla pressoché unanimità degli scienziati del
mondo; poi, una volta non più possibile negare i mutamenti climatici, si è provato a spostare l’attenzione sul fatto che non sarebbero
stati di origine antropica le colpe di tali mutamenti; anche questo tentativo largamente
sconfessato dai più recenti studi, oltre che
dall’evidenza. Quindi si è tentato di sostenere
che anche se tali mutamenti fossero stati di
origine antropica il fatto che alcuni grandi
emettitori come Cina, India ecc. non rientravano nei meccanismi di riduzione delle emissioni avrebbe reso inutile definire degli
obiettivi vincolanti; infine si sta cercando di
spostare quanto più in là nel tempo ogni tipo
di intervento in modo da poter continuare a
difendere i propri “sporchi” business…
Per questi motivi negli ultimi mesi in molti
hanno iniziato a dubitare del fatto che a Parigi
si potesse arrivare a qualche risultato inte-
PIANETA
TERRA
il
Rivoluzionare
il modello energetico,
ma occorre una strategia
Intervista a
Livio de Santoli
Presidente AiCARR
Delegato per l’energia della Sapienza
Università di Roma e Presidente AiCARR
7
Redazione
Professor De Santoli, lei dice spesso che la
mancanza di una strategia per l’energia
nel nostro Paese non è un fatto casuale.
Cerchiamo di capirne di più e partiamo
dall’efficienza energetica: a che punto
siamo?
Maluccio. Nonostante l’entrata in vigore
del decreto legislativo 102/2014, che recepisce quanto disposto dalla UE in tema di
efficienza energetica in edilizia, questa non
sembra rappresentare una priorità nel nostro Paese. Eppure si rivolge ad un settore,
l’edilizia, che come è noto è responsabile
del 40% dei consumi e delle emissioni nazionali, un comparto che in Italia rappresenta oltre il 6% dell’economia, impiega
quasi due milioni di persone e un milione
di imprese per lo più piccole e piccolissime.
Un settore che con un fatturato complessivo di oltre 300 miliardi di euro rappresenta, nonostante la crisi degli ultimi anni,
un sostanziale contributo al PIL nazionale.
È noto che, solo se si volessero conseguire
gli obiettivi che la UE sollecita e cioè i risparmi ancora attesi nel settore civile pari
a 3,9 Mtep/anno al 2020 sui 46,9 complessivi, si raggiungerebbero investimenti da
manovra finanziaria: azioni per 40 miliardi
di euro in sei anni da qui al 2020 per le residenze, intervenendo sul 20% del patrimonio, con risparmi fino a 5.000 GWh/anno
(per complessivi 30.000 GWh in 6 anni), e
20 miliardi di euro per il terziario.
Ma con il quadro generale ed il sistema di
regole attualmente a disposizione sarà difficile raggiungere questi obiettivi.
Con quale forza l’Europa chiede un nostro
impegno in questo settore?
All’inizio del suo mandato, il presidente
della Commissione Europea Jean-Claude
Juncker ha annunciato la sua intenzione di
8
creare una vice presidenza incaricata di
seguire i lavori della cosiddetta “Energy
Union”, posizione poi assegnata allo slovacco Maros Sefcovic. Una scelta forte perché di fatto introduce una supervisione
sull’operato del commissario per il clima
e l’energia; vengono definite i temi prioritari per la politica energetica europea, formulate secondo 5 punti: la sicurezza
energetica, declinata secondo principi di
sovranità e vocazionalità; la creazione di
un mercato unico dell’energia; l’efficienza
energetica come asset strategico; la decarbonizzazione dell’economia e la ricerca
e l’innovazione.
Sefcovic ha affermato che l’implementazione dell’Energy Union non è un’opzione,
ed in questo sottolineo il ruolo dell’efficienza energetica e del cambiamento del
modello economico, oltre che energetico.
Ma senza una strategia nazionale che
segua con costanza e convinzione le decisioni prese a livello europeo ciò rimarrà
lettera morta.
Qual è il ruolo della programmazione? Il
nostro Paese ha una strategia?
Il futuro in campo energetico si basa su
una programmazione a medio-lungo termine che promuova l’uso intelligente delle
nuove tecnologie e la consapevolezza e la
responsabilità delle istituzioni e degli individui. Una programmazione che, tra l’altro,
deve dettare le forme di una transizione
verso un modello diverso, ma questo
aspetto non è privo di insidie. Ancora oggi
manca una definizione condivisa di un modello energetico che affronti in modo innovativo l’interazione tra consumi elettrici,
termici e dei trasporti considerati in modo
unitario, che tenga presente differenti opzioni sulle reti e sull’accumulo per creare
quella flessibilità necessaria per una coe-
tivazione dell’efficienza energetica.
È necessario uno sforzo strutturale organizzativo che coinvolga il tema dell’energia
senza ridurre il livello di vita (l’utilizzo di
parte dei risparmi derivanti dall’efficienza
energetica possono diventare sostegno del
consumo sociale per famiglie meno abbienti) e di produttività (il mondo industriale, soprattutto delle PMI, deve
partecipare attivamente alla modificazione
del sistema industriale riconvertito alle
tecnologie del nuovo modello in tema di
occupazione e di produzione).
Le grandi reti energetiche integrate con
quelle delle telecomunicazioni e dei trasporti costituiscono l’asse portante del rilancio del Paese, sul piano della crescita e
dell’occupazione. Il settore energeticoambientale può essere di supporto a tutti
gli altri settori produttivi: dell’edilizia,
delle agro-energie, della manifattura,
della chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti
e quindi con questi deve essere integrato.
La predisposizione di una programmazione dovrebbe indicare le basi per un
cambiamento radicale del modello di sviluppo. Il primo cambiamento è quello del
9
rente penetrazione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica nel tessuto
industriale, civile e dei trasporti.
Manca una “road-map” sul breve-medio
periodo per un definitivo progressivo abbandono delle fonti fossili che riesca a
strutturare l’obiettivo di un futuro caratterizzato da soluzioni totalmente de-carbonizzate. In definitiva manca un
ripensamento e una riprogettazione del sistema energetico sia dal lato della produzione che dal lato dei consumi e, forse cosa
più cruciale, mancano le regole di ingaggio
di questa transizione, che permettano un
completo e definitivo abbandono delle modalità e delle procedure del vecchio modello, queste sì che devono essere subito
definitivamente abbandonate.
La discussione deve affrontare in modo organico il mix energetico dei prossimi anni,
la revisione della struttura tariffaria per
abbassare i costi delle bollette, l’innovazione delle reti per intensificare lo sviluppo
della generazione distribuita, il superamento della logica dei grandi impianti di
produzione favorendo lo sviluppo di distretti energetici ambientali locali, l’incen-
coinvolgimento operativo di ogni individuo
nei programmi e nelle decisioni sul tema
dell’energia. Cambiare il modello energetico significa cambiare la società, perché
definisce un ruolo nuovo per l’individuo,
per cui egli deve essere positivamente e
volontariamente costretto ad un atteggiamento più consapevole ed attivo sia come
consumatore (“smart users”), sia come
produttore (“prosumers”).
La sensibilizzazione delle comunità locali
sul tema dell’energia, infine, permetterebbe il raggiungimento di un elevato
grado di sicurezza energetica nell’approvvigionamento, l’ottenimento di risultati si-
legislativa nei confronti degli obblighi comunitari (ad esempio 3% del patrimonio
PPAA centrali), la necessità di assicurare
agli utenti maggior certezza sulle prestazioni energetiche dichiarate e sull’energia
consumata, richiede uno strumento operativo a supporto della legislazione caratterizzato da semplificazione e trasparenza. E
questo nel Regolamento Unico Nazionale,
che tutti i Comuni dovranno adottare adeguando e potenziando l’aspetto energetico
nei regolamenti edilizi; nell’interazione con
modifiche al Testo Unico dell’edilizia
380/2001; nell’integrazione con i principi in
materia di politiche pubbliche territoriali e
di trasformazione urbana. In
particolare, occorre sottolineare l’importanza di quest’ultimo aspetto, perché la
trasformazione urbana deve
essere un’occasione per promuovere in modo efficace politiche di efficienza energetica
strutturali.
Questi sono i motivi che hanno spinto AiCARR ad esprimere la necessità dell’introduzione di un Testo Unico per l’efficienza
energetica in edilizia, e di contemplare i
principi che garantiscano la riduzione dei
consumi di energia su scala urbana (riferiti
alle aree di trasformazione) ovvero principi
di perequazione energetica. La trasformazione urbana è l’unico ambito all’interno
del quale si possano promuovere determinate politiche di carattere strutturale: si
esce quindi dalla logica di intervento sul
singolo edificio per entrate nella logica di
intervento sul quartiere e sulla città (che
poi altro non è che l’implementazione del
concetto di “Smart Cities”).
In un quadro finalmente organico e integrato, certo, semplice e trasparente, devono essere inclusi gli strumenti che già
la trasformazione urbana deve
essere un’occasione per
promuovere politiche di efficienza
gnificativi dal punto di vista ambientale, il
risparmio in termini di bollette energetiche, e in ogni caso la rifondazione della
stessa società sulla base di rinnovati rapporti interpersonali più responsabili. Al
momento però tutto questo appartiene alla
sfera dei sogni.
Oltre alla mancanza di una strategia, gli
strumenti attuali sono inefficaci?
La complessità del quadro sia legislativo sia
normativo esistente in tematica di efficienza
energetica degli edifici, rende oggi difficile
avere interpretazioni univoche su ciò che si
deve fare dal punto di vista tecnico. La mancanza di chiarezza e di uniformità a livello
nazionale nella regolamentazione legislativa dell’efficienza energetica nell’edilizia,
la necessità di attuare una semplificazione
10
In questo quadro qual è il ruolo delle associazioni di categoria?
Abbiamo fatto una riflessione su questo
tema sin dal primo giorno del mio mandato in AiCARR. Decidemmo per un ruolo
dell’Associazione che travalicasse i soli
compiti tecnici per affrontare il tema della
responsabilità in questa società in crisi.
Decidemmo per un ruolo di AiCARR a supporto delle istituzioni, certo, ma con
l’obiettivo di difendere il mondo produttivo
che rappresenta quelle aziende del nostro
settore che chiedono a gran voce di essere
tutelate.
Il mondo della climatizzazione è vasto,
non può essere rappresentato solo dallo
strapotere dei Paesi del nord Europa. Si
tratta quindi di una gestione strategica in
un contesto culturale in cui ci si deve interrogare sulla necessità di un comportamento responsabile e socialmente attento
alle modificazioni in atto, ma necessariamente contestualizzato al momento storico in cui ci troviamo.
A mio modo di pensare oggi questo significa soprattutto intensificare le relazioni
con l’esterno, uscire dal proprio guscio e
confrontarsi per il bene della collettività,
riferirsi in altre parole al territorio. Che
poi non è altro che, e ritorniamo circolarmente a quanto detto all’inizio, condividere i temi dell’Energy Union.
Poi c’è da curare in modo particolare, ma
questa è mia deformazione professionale,
il rapporto con le università. Direi che occorre anche qui seguire il modello indicato
dall’Europa della “research infrastructure”, che significa multidisciplinarietà,
attenzione al trasferimento tecnologico e
quindi attenzione alla collaborazione con
il tessuto produttivo, promozione territoriale di una “smart specialization strategy”. Come si vede, il tema è comunque
quello: una attenzione al territorio e una
valorizzazione delle sue risorse. Che in
definitiva è l’attenzione verso il futuro
delle giovani generazioni attraverso la
creazione di una nuova, rinnovata imprenditorialità che fa riferimento ad un mondo
diverso. n
11
oggi mostrano grandi, inespresse, potenzialità.
Il decreto 102/2014 afferma che dal luglio
2016 le diagnosi energetiche possono essere eseguite unicamente o da una società
ESCo, una società che offre servizi energetici, o da un Esperto in Gestione dell’Energia (EGE), figura professionale che assiste
le aziende nel miglioramento della propria
efficienza energetica e che di fatto prende
il posto del vecchio Energy Manager. L’art.
8 del decreto interessa il settore industriale in relazione al tema delle diagnosi
energetiche e dei sistemi di gestione dell’energia, ritenuti obbligatori per le grandi
imprese, quelle con più di 250 addetti e un
fatturato superiore ai 50 milioni di euro, o
uno stato patrimoniale superiore ai 43 milioni di euro e per le imprese a forte consumo di energia, cosiddette energivore,
quelle cioè che hanno un consumo da
energia elettrica o da altra fonte superiore
ai 2,4 GWh/anno e un’incidenza del costo
dell’energia sul fatturato superiore al 3%.
Per il settore industriale in profonda crisi
questo strumento può effettivamente rappresentare, se applicato correttamente,
un’occasione di miglioramento dal punto
di vista dell’ambiente ma anche, e soprattutto, da quello della gestione economica.
Ribaltando il processo, la diagnosi energetica potrebbe essere il primo passo per
una certificazione ambientale per quelle
imprese che non l’avessero ancora adottata.
PIANETA
TERRA
il
G.B. Zorzoli
13
Piani energetici:
una lezione italiana
Il 26 novembre, all’ordine del giorno del
Consiglio europeo dell’Energia ci sarà l’approvazione dei primi provvedimenti per
l’attuazione della governance dell’Unione
dell’energia. Secondo la bozza di delibera
in circolazione, il Consiglio è chiamato a
dare il suo assenso all’obbligo di presentazione, da parte degli Stati membri, di un
Piano Nazionale Energia-Clima e dei successivi “Progress Report” biennali sui risultati raggiunti.
I Piani, redatti sulla base di un format standardizzato, dovranno indicare non solo
obiettivi energetico - climatici al 2030 coerenti con le decisioni assunte a livello eu-
Innanzi tutto, qualora una prima bozza
delle linee strategiche al 2030 fosse disponibile con congruo anticipo rispetto al
2018, le ulteriori decisioni richieste per
realizzare gli obiettivi al 2020 potrebbero
essere prese tenendo conto della loro coerenza con le scelte di politica energetica
previste per il decennio successivo.
In secondo luogo, il successo di una strategia di sviluppo a lungo termine in un settore complesso, come quello energetico,
dipende in larga misura dal grado di convincimento sulla sua “bontà” da parte sia
di chi governa il Paese, sia di chi dovrà
concretamente implementarla. Un’indicazione di come si possa sperare
di raggiungere una sufficiente
condivisione degli obiettivi e
delle misure per attuarli, viene
dalla procedura adottata nel
definire la strategia per l’utilizzo del GNL nel settore dei
trasporti.
Subito dopo l’emanazione della
direttiva 2014/94/EU, che richiedeva agli Stati Membri di
adottare entro il 2016 piani di sviluppo
delle fonti alternative per il settore dei
trasporti, è stato infatti costituito un
gruppo di lavoro, cui hanno partecipato
quattro ministeri (MiSE, Infrastrutture,
Ambiente, Interni), le Regioni, le Capitanerie di Porto e le Autorità portuali, le Associazioni di settore interessate, i gestori
dei terminali GNL italiani, altri enti e soggetti interessati (durante i suoi lavori il
gruppo ha ascoltato anche il punto di vista
delle principali associazioni ambientaliste).
Le elaborazioni del gruppo di lavoro hanno
consentito al MiSE di emettere a giugno
2015 il “Documento di consultazione per
una Strategia Nazionale sul GNL”, di ben
Il Governo dovrebbe quindi
continuare sulla stessa strada,
adottando per gli altri comparti
del Piano Energia-Clima 2030 una
procedura analoga a quella
seguita per il GNL
ropeo e le misure per realizzarli, ma anche
indicazioni prospettiche per il 2050. È probabile che la scadenza per la presentazione
dei Piani sia il 2018. In tal modo ne conseguirebbe l’obbligo di emettere il primo
“Progress Report” nel 2020, stabilendo di
fatto l’avvio del piano con due anni di anticipo rispetto alla conclusione dell’attuale
Pacchetto energia/clima; una sovrapposizione che eviterebbe discontinuità nel passaggio del testimone fra le due fasi
programmatiche.
Per presentare nel 2018 un piano che non
si limiti a soddisfare formalmente le richieste di Bruxelles, il Governo italiano dovrà
attivarsi in tempi molto brevi. Lo richiedono
due diverse, ma convergenti ragioni.
14
luogo comune, i ministeri interessati dimostrano di essere in grado di coordinarne con efficacia il lavoro.
Nel caso specifico si partiva praticamente
da zero (la SEN dedicava solo due righe a
questo tema), ma nei comparti più maturi
proprio il loro livello di sviluppo pone problemi non meno complessi. Si pensi agli
obiettivi di digitalizzazione richiesti per
adeguare le linee elettriche allo sviluppo
delle FER, per consentire l’aggregazione
territoriale di queste e per rendere fattibile la “demand response”. Oppure alla
definizione di una strategia per lo sviluppo
e la gestione dei sistemi di accumulo (non
sarà banale passare da sistemi elettrici
dove il rischio massimo è il “blackout” a
una situazione dove lo è il “burnout” delle
reti per l’eccessivo rilascio di energia da
parte degli accumuli).
Il Governo dovrebbe quindi continuare
sulla stessa strada, adottando per gli altri
comparti del Piano Energia-Clima 2030
una procedura analoga a quella seguita
per il GNL. Con il coordinamento dei
gruppi di lavoro sempre affidato al MiSE,
sarebbe più agevole disporre di documenti
di settore non in contraddizione tra loro.
La mole e la complessità del lavoro da
svolgere obbligano però a incominciare
subito. Qualsiasi dilazione equivarrebbe
infatti alla rinuncia a incamminarsi su
questa strada e, poiché ha dimostrato di
esserne capace, il Governo alimenterebbe
il sospetto che per lui nel mondo dell’energia esistono figli e figliastri. n
15
113 pagine. Una lunghezza più che giustificata, visto che, solo per citare gli argomenti principali trattati, il documento ha
stimato la domanda di GNL al 2030 per i
diversi settori e potenziali bacini di utenza;
individuato la logistica per la distribuzione
del GNL; valutato i costi per la riconversione a GNL di navi e camion; confrontato
i costi unitari di esercizio e di manutenzione nel trasporto marino e terrestre, utilizzando GNL o combustibili tradizionali;
esaminato la possibilità di adeguare porti
nazionali all’utilizzo di GNL; individuato i
bacini di utenza più attrattivi per l’installazione delle infrastrutture di GNL connesse al trasporto su gomma; analizzato
le problematiche della sicurezza e dell’accettabilità sociale degli insediamenti impiantistici richiesti e dei mezzi di trasporto
alimentati con GNL.
Chiusa con la consultazione la fase istruttoria, è previsto che il MiSE definisca la
strategia nazionale sull’impiego del GNL
nei trasporti. Il documento, contenente gli
obiettivi concreti da conseguire, con il relativo crono programma e le misure previste per la sua attuazione, costituirà la
base di quello da trasmettere a Bruxelles.
Una procedura indubbiamente impegnativa, che ha però consentito la stesura di
un documento di consultazione esaustivo
e convincente, rara avis nel nostro Paese.
È la riprova che, quando si evitano le improvvisazioni, il coinvolgimento dei “player” nella stesura di un documento
programmatico funziona e, smentendo un
PIANETA
TERRA
il
Sergio Ferraris
17
L’egoismo
dell’estetica
Sul clima in Italia non c’è molta attenzione.
E ciò nonostante l’appuntamento della COP
21 a Parigi è considerato, dalla maggioranza
degli esperti ambientali, un passaggio cruciale nel quale si decideranno i destini delle
prossime generazioni, per le quali definiremo se l’aumento di temperatura al 2100
possa essere di “soli” 2°C oppure maggiore.
Eppure i segnali circa il fatto che il contenimento dell’effetto serra dovrebbe interessarci ci sono. Il CNR, per esempio, ha diffuso
ai primi di settembre dati sulla desertificazione che dovrebbero destare non poco allarme. La siccità, infatti, già oggi colpisce il
41% della superficie terrestre nella quale
vivono due miliardi di persone e il 72% delle
sato dalla desertificazione, durante questo
secolo, il 70% del territorio siciliano, il 57%
di quello pugliese, il 58% del Molise e il 55%
della Basilicata, mentre Sardegna, Marche,
Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania hanno una percentuale che oscilla
“solo” tra il 30 e il 50%.
Oltre a ciò ci sono le previsioni sulla temperatura che non lasciano dubbi. “Entro la fine
di questo secolo le previsioni parlano, per il
bacino del Mediterraneo, di aumenti delle
temperature tra 4 e 6 gradi e di una significativa riduzione delle precipitazioni, soprattutto estive: l’unione di questi due fattori
genererà forte aridità. Paradossalmente,
mentre per mitigare i cambiamenti climatici
sarebbe sufficiente cambiare in
tempo la nostra politica energetica, per arrestare la desertificazione questo non basterà, poiché
il fenomeno è legato anche alla
cattiva gestione del territorio. prosegue Centritto - Le conseguenze di quest’inadeguata gestione sono sintetizzate nella
espressione inglese Dust bowlification, da dust, polvere, e bowl,
conca. È un concetto differente dalla desertificazione, giacché anche i più estremi deserti sono comunque degli ecosistemi (le
aree aride includono il 20% dei centri di biodiversità e il 30% dell’avifauna endemica),
mentre le conche di polvere sono un punto
di non ritorno”.
E una conferma di ciò è arrivata da ISPRA
che sempre nel mese d’agosto 2015 ha diffuso le serie storiche recenti sulle temperature italiane, dalle quali si evince che la
tendenza all’aumento di temperatura non è
lenta, ma ha velocità da gran premio. Dal
1961 a oggi, infatti, la temperatura media
italiana è aumentata di 1,57 °C con il nord
che tocca i più 1,93 °C, ossia ha già esaurito
mentre per mitigare i
cambiamenti climatici sarebbe
sufficiente cambiare in tempo la
nostra politica energetica, per
arrestare la desertificazione
questo non basterà
terre aride sono in Paesi in via di sviluppo.
E fin qui “nulla di nuovo” visto che da tempo
si afferma il fatto che i cambiamenti climatici colpiranno con maggiore intensità i paesi
più poveri, ma la novità arriva dall’Italia. Secondo l’analisi del CNR, infatti, è a rischio
desertificazione ben il 21% del territorio italiano, il 41% del quale è localizzato nel Sud
del Paese.
“Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema drammatico di cui si
parla pochissimo”, dice Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del
legno e delle specie arboree del Consiglio
nazionale delle ricerche. E l’analisi regione
per regione lascia sconcertati. Sarà interes-
18
mostra come l’utilizzo di categorie non aggiornate come quella estetica della “difesa
del bello del paesaggio” produca danni. E si
tratta di un atto di egoismo generazionale.
Tralasciando la discussione sulla “bruttezza” d’impianti eolici e fotovoltaici bisogna
dire che la “ragione estetica” del presente
in nome di una visione di breve periodo sta
“condannando” le future generazioni a una
“bruttezza” non solo estetica, ma anche
funzionale e non reversibile, al contrario di
pale e pannelli che lo sono.
La desertificazione indotta dai cambiamenti
climatici, infatti, offenderà sia l’estetica, sia
le condizioni di vita materiali, abbassando la
capacità reddituale dei territori del Sud Italia e innescando muovi fenomeni di migrazione forzata, ancora più massicci di quelli
che già ora coinvolgono i giovani meridionali. Vale la pena di ricordare, infine, che
spesso gli alfieri della difesa del paesaggio
dalle rinnovabili appartengono alla prima
generazione che ha usufruito di un’intensità
energetica a basso prezzo senza pari nella
storia dell’umanità e i cui effetti si stanno
manifestando ora. Come dimostrano ISPRA
e CNR. n
19
l’aumento previsto dagli scenari ottimistici
al 2100. 85 anni in anticipo.
Ma c’è di più. ISPRA, infatti, ha messo a
punto alcuni modelli climatici che hanno
tracciato gli scenari circa le tendenze future.
Per la fine del prossimo secolo, si prevede
un aumento della temperatura media in Italia compreso tra 1.8 e 3.1 °C nello scenario
più ottimistico e tra 3.5 e 5.4 °C in quello
pessimistico, con picchi estivi tra i 2.5 e i 3.6
°C nel primo scenario e tra 4.2 e 7.0 °C in
quello più pessimistico. Si tratta di analisi
che dovrebbero far riflettere sotto al profilo
complessivo chi, ancora oggi, e specialmente nelle regioni più a rischio, si oppone
alle rinnovabili, anche di grande taglia, specialmente sulla contrapposizione tra etica,
verso le generazioni future, ed estetica che
è fruita dalle generazioni di oggi. Ossia
come all’etica verso le generazioni future,
per una vita dignitosa e di qualità si contrapponga l’estetica dell’immanente, dell’oggi,
della conservazione del “bello” odierno a discapito del “bello” del domani.
In questa chiave si può leggere l’opposizione
all’eolico e al fotovoltaico in ottica estetica,
come “attentatori del paesaggio”. In questa
sede non è interessante la disanima dei vari
vantaggi delle rinnovabili se non l’unica qualità saliente che le collega al contesto illustrato sopra. Le rinnovabili emettono una
frazione minima di gas climalteranti ragione
per la quale sono un’arma contro i cambiamenti climatici, ancora più dell’efficienza
energetica visto che senza le fonti rinnovabili la quota “residua” d’energia necessaria
andrebbe prodotta con le fossili o con il nucleare.
Ed è indicativo come la perdita della percezione del contesto più generale spinga proprio le regioni più a rischio di
desertificazione a bloccare le rinnovabili,
cosa estremamente significativa e che di-
PIANETA
TERRA
il
Roberto Venafro - Edison SpA
21
Un nuovo patto mondiale
per salvare il Pianeta
dal riscaldamento globale
Passare dall’età di Prometeo a quella di
Ermes, ci ricordava Michel Serres già nel
1967. Questo ci tiene impegnati a cercare
un punto d’incontro più stretto, per rinforzare il legame forte tra uomo e natura. La
nostra generazione è messa di fronte a
una sfida molto dura, che sta caratterizzando il nostro secolo: quella dell’impegno
a contrastare i cambiamenti climatici e limitarne gli effetti, crescenti e inediti, che
si producono nei contesti ambientali, e si
prolungano nell’economia e nella società.
Effetti che in questi ultimi anni abbiamo
iniziato a conoscere in maniera più estesa
e particolare, con i quali abbiamo dovuto
confrontarci: eventi atmosferici estremi e
violenti che hanno messo in risalto la fragilità di territori vasti e delle comunità che
li abitano, provocando anche seri danni, alcuni irreversibili, ai settori produttivi.
Il messaggio, lanciato dagli scienziati attraverso il 5° Rapporto IPCC (Intergovernamental Panel on Climate change) nel
2013 non lascia dubbi: l’influenza umana
sul sistema climatico è ormai accertata. La
concentrazione di biossido di carbonio
(CO2), di metano (CH4) e protossido di
azoto (N2O) in atmosfera è incrementata
del 40% dal periodo pre-industriale. I mari
hanno assorbito circa il 30% delle emissioni antropogeniche di CO2 e questo fatto
ha causato un’elevata acidificazione della
matrice oceanica. Quasi tutti gli scenari
elaborati dall’IPCC dimostrano che, alla
fine del Ventunesimo secolo, la temperatura terrestre sarà aumentata di 1,5°C e la
conseguente alterazione del clima persisterà per molti secoli, anche se le emissioni di gas a effetto serra saranno
diminuite.
In questo contesto, potrebbe rivelarsi un
atteggiamento di trascuratezza etica e un
atto di irresponsabilità generazionale,
22
quello di sottovalutare le segnalazioni
della comunità scientifica e lasciarsi condizionare dalle tesi dei cosiddetti “negazionisti”, i quali tentano di giustificare la
tendenza al riscaldamento del Pianeta con
dati e statistiche, che cercano di mostrarlo
come un fenomeno ciclico che si alterna a
periodi di glaciazioni o di notevoli abbassamenti della temperatura globale.
Fortunatamente, la consapevolezza verso
questo problema si è fatta strada nella coscienza individuale e nell’immaginario collettivo, tanto che molti Governi l’hanno
messa e scritta nelle loro agende di politica internazionale: la necessità dell’azione
verso i cambiamenti climatici è stata accettata e da qualche anno è diventata più
incisiva con l’assunzione di impegni concreti sulla riduzione di CO2 da parte di quei
Paesi con valori di emissione molto elevati.
E proprio qualche settimana fa Obama ha
lanciato, per gli Stati Uniti d’America, un
ambizioso piano per la riduzione delle
emissioni climalteranti (Clean Power
Plan), compiendo, con coraggio, il più importante passo politico nella lotta ai cambiamenti climatici e assumendo, alla fine
del suo mandato presidenziale, la leadership internazionale su questo tema, in
vista della 21^ Conferenza sul clima (COP
21) che si terrà a Parigi alla fine del 2015.
Il “Clean Power Plan” stabilisce obiettivi al
2030, imponendo agli impianti di generazione elettrica un taglio delle emissioni di
CO2 del 32% rispetto ai valori registrati nel
2005 e portando la produzione di energia
da fonti rinnovabili al 30%. Il Piano getta le
basi non solo per una concreta de-carbonizzazione dell’economia americana, ma
anche per salvaguardare il benessere
delle popolazioni e dell’ambiente, e per
sviluppare tecnologie energetiche pulite.
In questo senso, va oltre l’accordo di coo-
“evitare l’ingestibile” e una politica di adattamento, che significa “gestire l’inevitabile”. Sempre secondo Stern, mettere in
campo una strategia per mantenere
l’obiettivo dei 2°C comporterebbe l’impiego di risorse pari a circa il 2% del Prodotto Interno Lordo globale. Inoltre, la
transizione verso una “low-carbon economy” va considerata in termini di investimenti piuttosto che in termini di costi:
ridurre le emissioni potrebbe, infatti, comportare una crescita migliore.
La strada verso Parigi 2015, dove dal 30
novembre all’11 dicembre si svolgerà la
fase finale del negoziato sul clima, nell’ambito della Conferenza delle Parti della
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite
sui Cambiamenti Climatici, appare costellata di insidie anche se, apparentemente,
sembra che tutto sia orientato al successo.
Elementi che lasciano sperare che si raggiunga un “Accordo internazionale” sulla
limitazione delle emissioni di gas a effetto
serra sono rintracciabili soprattutto nella
determinazione delle grandi potenze economiche, come USA e Cina, di perseguire
piani di sviluppo industriale o di crescita
sociale sempre più caratterizzati da modelli alternativi a quelli convenzionali,
adottati fino a ora nei campi della genera-
23
perazione sul tema dei cambiamenti climatici tra USA e Cina, sottoscritto nel novembre 2014, pochi giorni prima della 20^
Conferenza delle Parti di Lima (COP 20).
L’attuazione del piano dovrebbe consentire
di abbattere circa 870 milioni di tonnellate
di CO2 (equivalenti alle emissioni annuali
di 166 milioni di automobili) e di avere benefici economici per la salute pubblica, dovuti all’aria meno inquinata, stimati da 34
a 54 miliardi di dollari all’anno, nel 2030.
Siamo, quindi, a un punto di svolta. Non
possiamo più permetterci di ritardare gli
interventi di mitigazione per arrestare il
“global warming”. Stabilizzare la concentrazione dei gas a effetto serra in atmosfera su valori al di sotto di 500 parti per
milione appare, ormai, un obbiettivo da
non fallire per evitare che la temperatura
media globale superi i 2°C, valore oltre il
quale le conseguenze dell’alterazione del
clima sarebbero ingestibili. Come recentemente ha ribadito Nicholas Stern, autore
del famoso rapporto “Economics of climate change”, la velocità con cui si stanno
manifestando i fenomeni associati ai cambiamenti climatici è molto più alta rispetto
alle previsioni ipotizzate un decennio fa.
Quindi è necessario adottare con rapidità
una politica di mitigazione che vuol dire
zione di energia, dei trasporti, degli scambi
commerciali, dei settori produttivi. La tutela degli ecosistemi territoriali e ambientali, intesi come ambiti non solo naturali,
ma anche come raggruppamenti di Comunità, appare una priorità dalla quale non si
potrà più prescindere.
Certo, il risultato non appare scontato, se
spostiamo il punto d’osservazione e analizziamo il percorso di mediazione politica
tutt’ora in corso. Innanzitutto, partiamo da
uno schema di “Accordo”, che è quello scaturito dall’ultima Conferenza delle Parti di
Lima (Lima call for climate action), alla
fine del 2014. Questo che è un documento
di novanta pagine contenente una miriade
di opzioni, evidentemente frutto di un dibattito acceso che ha lasciato aperte varie
opportunità. Il testo negoziale non è stato
semplificato, nemmeno nei due incontri
successivi del gruppo di lavoro, effettuati,
rispettivamente, a Ginevra lo scorso febbraio 2015 e a Bonn nel giugno 2015. I lavori non hanno prodotto risultati
apprezzabili e progressi sostanziali: il
testo negoziale è rimasto pressoché invariato nei contenuti, ma con sette pagine in
meno.
Scorrendo la piattaforma negoziale, appare
evidente uno scontro fra i diversi Paesi:
24
quelli che vorrebbero imporre un taglio
delle emissioni in maniera globale, secondo il principio della “responsabilità comune, ma differenziata” e quelli che,
invece, vorrebbero raggiungere il loro livello di crescita sociale ed economica
senza avere grossi impegni da rispettare a
livello internazionale. Il risultato di questa
dialettica si concretizza nel fatto che il documento, allo stato attuale, non prevede
obiettivi di mitigazione, mostrando ancora
incertezze, sia sulle modalità di entrata in
vigore dello stesso (si pensa per esempio
ad un’entrata in vigore nel momento in cui
si realizzeranno entrambe le condizioni che
un certo numero di Parti abbiano ratificato
l’accordo e che le emissioni di ciascuna
Parte costituirà un “X” per cento delle
emissioni totali), sia sulla sua durata. Su
quest’ultimo aspetto sono in gioco più ipotesi: il trattato internazionale potrebbe essere valido fino al 2030, fino al 2040 o 2050;
potrebbe raggiungere anche il 2100 o addirittura valere per sempre. Ad aumentare la
suspense degli aspetti amministrativi contribuisce anche un’indecisione temporale:
quando far partire il nuovo patto? Sicuramente nel 2020, perché già deciso nel 2011
a Durban nella Conferenza in Sud Africa,
ma sarà il 1° gennaio, il 31 dicembre 2020
o si sceglierà una data intermedia? Dobbiamo aspettare le ulteriori due riunioni
del suddetto gruppo di lavoro, programmate per la fine di agosto e per la terza decade di ottobre 2015, per saper se la
versione finale del testo negoziale, da sottoporre alla Conferenza di Parigi, conterrà
indicazioni condivise più precise su queste
date.
Parallelamente, sta proseguendo l’invio
all’UNFCCC (United Nations Framework
Convention on Climate Change) dei cosiddetti INDCs (Intended Nationally Determined Contributions), cioè gli impegni che
ciascuna Parte costituente la Convenzione
ONU sui cambiamenti climatici (196 Paesi)
26%-28% le emissioni di CO2 al 2025, rispetto al 2005, in coerenza con il “Clean
Power Plan” che arriva al 2030. La Russia
indica di poter tagliare fino al 70%-75% le
emissioni antropogeniche al 2030, rispetto
ai valori del 1990. La Cina rimane ambigua
nelle sue dichiarazioni. Pensa di potere
raggiungere il picco delle emissioni di CO2
intorno al 2030 e si sforzerà per anticipare
tale scadenza. Inoltre si propone, rispetto
ai livelli del 2005, di abbassare le emissioni
per unità di “Prodotto Interno Lordo” fino
al 60%-65%, di aumentare al 20% la quota
delle fonti non fossili sui consumi di energia primaria, di incrementare lo stoccaggio
forestale del biossido di carbonio.
I negoziatori più influenti, chi
più chi meno, si sono esposti:
UE, USA, Cina, Russia, Giappone, Corea. Manca una fetta
consistente del Mondo, come il
Sud America, l’India e l’Australia, mentre alcuni Paesi dell’Africa hanno già manifestato
le loro intenzioni di avviare azioni per contrastare il cambiamento del clima, e anche
per mettere in atto misure di adattamento
(Kenya, Etiopia, Marocco, Gabon, Benin).
Rimangono quattro mesi per sapere se,
nei dodici giorni di Conferenza, i 196 Paesi
che si ritroveranno a Parigi avranno la
forza e il coraggio di scrivere il futuro e dimostrare che la nostra generazione ha la
determinazione di tenere la barra di navigazione per indirizzarla verso un “mondo
nuovo” e la capacità di cambiare se stessa
per essere ricordata come la generazione
che ha saputo mettere in campo tutta la
propria intelligenza e le proprie risorse
per garantire la crescita economica e sociale in piena armonia con l’Ambiente,
senza mettere a repentaglio la sicurezza
del Pianeta. n
avrebbe dovuto trasmettere entro il primo
trimestre 2015, prima comunque della
Conferenza di Parigi, per consentire alla
stessa Conferenza di avere un quadro degli
obblighi che ciascun Paese è in grado di
mettere in campo per combattere i cambiamenti climatici. Ebbene, su 196 Paesi
partecipanti fino a ora sono arrivati solo 25
contributi, rappresentativi di 53 Parti. I
Paesi più solerti a comunicare le loro strategie sono stati la Svizzera e l’Unione Europea. Quest’ultima ha ribadito la propria
volontà di proseguire sulla strada ambiziosa intrapresa da tempo sul contrasto
alle alterazioni del clima, assumendosi
l’impegno di tagliare del 40% le proprie
emissioni di gas a effetto serra entro il
2030 rispetto al 1990. Gli USA hanno, invece, dichiarato l’obiettivo di abbattere del
25
La strada verso Parigi 2015
appare costellata di insidie anche
se, apparentemente, sembra che
tutto sia orientato al successo
energia pulita
newsletter
Si terrà ad Explora (il Museo dei bambini di Roma), il prossimo 25 settembre, la “Notte
Europea dei Ricercatori”, iniziativa promossa dalla Commissione Europea, quest’anno
alla sua 10a edizione, nata per sensibilizzare i cittadini sul mondo della ricerca e sul “ruolo
chiave” dei ricercatori.
Anche questa edizione vede Explora inserita nel programma del progetto DREAMS
dedicato al tema della sostenibilità (primo classificato in Europa nell’ambito della
manifestazione), coordinato e realizzato da Frascati Scienza e finanziato dalla
Commissione Europea. Explora infatti dedicherà la notte alle energie rinnovabili, in
particolare all’energia eolica, solare e idrica, con esperimenti e laboratori dedicati ai
bambini dai 3 agli 11 anni.
Ogni laboratorio, suddiviso
per fasce di età, verrà condotto
da un ricercatore e da un
animatore di Explora; inizierà
così un viaggio attraverso la
scoperta.
Notte dei Ricercatori 2015
RINNOVABILI AD EXPLORA,
GIOCO, SCIENZA E AMBIENTE
- "Oggetti volanti", il laboratorio del vento, per bambini dai 3 ai 5 anni. Attraverso
una “macchina del vento” i bambini sperimenteranno il volo di alcuni oggetti per
scoprire le dinamiche che si celano dietro la forza del vento. Parteciperà al laboratorio
il Dr. Davide Astiaso Garcia, PhD, Segretario Generale ANEV e docente di Fisica
Tecnica Ambientale alla Facoltà di Architettura, Università Sapienza di Roma.
- "Una piccola molecola, una grande risorsa", il laboratorio dell’acqua, per
bambini dai 6 ai 7 anni, porterà i piccoli scienziati alla scoperta della forza idrica, per
capire e conoscere una preziosa risorsa energetica. Parteciperà al laboratorio l’Ing.
Antonello Binni del CIRPS – Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo
sostenibile, Università Sapienza di Roma.
- "Una gustosa energia", il laboratorio del sole, per bambini da 8 a 10 anni, fa
sperimentare l’energia solare catturata grazie ad un particolare pannello fotovoltaico
con l’obiettivo di far funzionare piccoli circuiti e capire insieme come salvaguardare
l’ambiente tramite scienza e ricerca.
26
Parteciperà al laboratorio il Dr. Lucio Cinà e il Dr. Fabio Matteocci, ricercatori della
Dyers s.r.l. SpinOff dell’Università di Roma Tor Vergata, CHOSE – Polo Solare
Organico della Regione Lazio.
Sensibilizzare i bambini alla ricerca e alla sperimentazione, coinvolgendoli attraverso una
metodologia basata sul “learning by doing”, è la missione di Explora, che si avvale della
collaborazione di partner nazionali ed internazionali che hanno basato la propria identità
nell’impegno continuo al supporto dell’utilizzo di alternative ecologiche ai più impattanti
metodi di produzione energetica. Obiettivo del progetto, che si unisce alla missione della
Notte dei Ricercatori, è quello di basare la ricerca scientifica su studi continui e sempre
aggiornati per migliorare la vita dell’uomo nel totale rispetto del Pianeta; conoscenza e
informazione destinate anche ai non addetti a lavori che, tramite divulgazione del sapere
e dei risultati ottenuti, possono partecipare attivamente al sostegno della Ricerca.
Il progetto DREAMS vede coinvolte diverse
realtà sparse nelle città di tutta Europa che,
attraverso eventi pensati per tutti, bambini e
adulti, promuoveranno la ricerca scientifica nella
sua completezza. Dalle scoperte avvenute agli
aggiornamenti attuali, progresso e sviluppo
sostenibile diventano parte integrante della
cultura universale.
La Notte dei Ricercatori sarà per Explora
propedeutica all’Inaugurazione del nuovo
exhibit dedicato all’energia eolica, realizzato
grazie ad ANEV, ENERCON GmbH ed ERG
Renew, che si terrà presso il Museo nei giorni
del 23 ottobre per le scuole e 24-25 ottobre per
le famiglie. L’exhibit dedicato all’energia eolica
sarà a disposizione dei visitatori fino al 2017. n
INFORMAZIONI
Evento gratuito nei turni dalle 19,30
alle 21,00 e dalle 21,15 alle 22,45.
Per partecipare alla Notte Europea dei Ricercatori ad Explora prenotazione on
line https://www.mdbr.it/ebox/form_prenotazione.php
o in alternativa +39 06 3613776.
Per maggiori informazioni
visita la pagina di Explora www.mdbr.it
Per scoprire tutti gli eventi http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte-europea-dei-ricercatori-2015/il-programma/
e
http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte
-europea-dei-ricercatori-2015/
CORSI DI FORMAZIONE
ANEV - UIL
Borse di studio per i
corsi di novembre
È possibile candidarsi per l’assegnazione delle
borse di studio per i corsi di formazione
sull’energia eolica ANEV-UIL, che si terranno
a Rimini da 3 al 6 novembre 2015, rivolti a tutti
coloro che vogliono sfruttare le innumerevoli
opportunità offerte dalla risorsa vento.
Le tematiche affrontate, “Il Minieolico” dal 3 al
4 novembre e “Operation&Maintenace” dal 5
al 6 novembre, saranno trattate da esperti del
settore capaci di ampliare il bagaglio di
conoscenze dei partecipanti sul mondo
dell’energia eolica fornendo nozioni nuove e
specialistiche.
I corsi si terranno all’interno della Fiera di
Rimini, in occasione dell’evento KeyWind,
manifestazione dedicata al settore eolico e
inserita in Key Energy, storico appuntamento
sulla green economy.
Si invitano quindi tutti coloro che vogliono
sfruttare questa opportunità ad inviare il proprio
curriculum vitae all’indirizzo
[email protected]
con la motivazione della propria richiesta entro
il 30 settembre 2015. Il numero di borse offerte
sarà commisurato alle domande presentate.
Ulteriori informazioni sui contenuti dei Corsi di
Formazione ANEV-UIL sono disponibili
all’indirizzo web www.anev.org n
Ufficio stampa explora
[email protected]
Alessandra Arcella
[email protected]
Parte social: Flora Pietrosanti
[email protected]
energia pulita
newsletter
27
Il Presidente dell’ANEV: “Senza le Fonti
Rinnovabili, che coprono oltre il 40% dei
consumi, l’Italia avrebbe difficoltà a gestire
i picchi. Le centrali fossili utilizzate nel
picco del 2015 sono state inferiori del 20% di quelle utilizzate nel precedente
picco del 2007. Urgente un quadro certo
per le rinnovabili al 2020 e al 2030 e non
certo il Capacity Market chiesto dai produttori fossili”.
con gli obiettivi comunitari di riduzione delle
emissioni.
Ragionando infatti serenamente su quanto accaduto ci rendiamo conto che il nuovo record di
consumi di 56,883 GW raggiunto il 7.7.2015 intorno alle 16 è stato di 61 MW maggiore del precedente record del 17.12.2007. Terna ci segnala
poi che al momento del picco della settimana
scorsa, le Fonti Rinnovabili di Energia stavano
coprendo ben il 40 % di tale consumo (!!!) quindi
circa 22,750 GW e quindi le fonti fossili stavano
producendo 34,130 GW in quel momento, mentre nel 2007 le fossili termoelettriche coprivano
circa 40,000 GW (!!!).
Come evidente quindi non solo in questi 8 anni la crescita delle rinnovabili
ha consentito di avere benefici economici, occupazionali e ambientali estremamente significativi, ma inoltre
hanno consentito al nostro Paese di
poter affrontare queste modifiche dei
carichi elettrici in maggiore sicurezza
rispetto al passato.
Concludendo, oggi grazie alle rinnovabili il margine di riserva e flessibilità del sistema è aumentato del 20% e in prospettiva solo l’ulteriore
crescita delle Rinnovabili e la conseguente copertura crescente dei consumi elettrici e dei picchi
estivi (periodo nel quale sole e vento sono peraltro maggiormente disponibili) potrà garantire
una ulteriore maggiore sicurezza al sistema. Insomma, come direbbe il comico Pazzaglia, è meglio garantire la remunerazione necessaria alle
rinnovabili per produrre energia elettrica pulita
che sovvenzionare le fossili per restare chiuse. n
Simone Togni:
RECORD CONSUMI ELETTRICI
CONFERMA ESSENZIALITÀ
DELLE FONTI RINNOVABILI
28
L’Italia si avvia sempre più verso un sistema elettrico che da un lato vede il calo dei consumi, dovuto a crisi economica ed efficientamento dei
processi produttivi e dei consumi finali, e dall’altro vede aumentare il picco dei consumi nei periodi estivi non agostani (principalmente dovuto
all’incremento dei consumi dovuto all’uso dei sistemi di condizionamento). Questa situazione
porta, come visto nei giorni scorsi, ad un nuovo
sistema di gestione dei carichi elettici che necessita di un sempre più avanzato controllo dei flussi
fisici sulla Rete, onde evitare che il nuovo profilo
dei consumi possa portare a problemi di sicurezza degli approvvigionamenti elettrici.
Come evidente a tutti questo nuovo scenario necessita di un adattamento e se il Presidente dell’Associazione dei produttori fossili Chicco Testa
suggerisce di risolvere la questione dando soldi
agli impianti termoelettrici in difficoltà per mantenerli artificialmente in vita per qualche ora di
picco (!!!), a noi sembra invece indispensabile ragionare con una visione più moderna e in linea
eventi
4 – 7 ottobre 2015
WINDaba 2015
Cape Town, South Africa
16 ottobre 2015
China Wind Power 2015
Beijing, China
4 novembre 2015
Convegni ANEV
Ecomondo Key Wind - Fiera
di Rimini
Ore 11.00
Il valore dell’energia eolica
per frenare il cambiamento
climatico
Guardando alla Conferenza
di Parigi sul Clima, COP 21 Sala Diotallevi 1
Ore 15.00
Energia eolica: le soluzioni
per rispondere in modo efficiente al nuovo quadro normativo - Sala Diotallevi 1
5 - 6 novembre 2015
Corso di formazione ANEV
Operation& Maintenance
Ecomondo Key Wind – Fiera
di Rimini
3 – 4 novembre 2015
Corso di formazione ANEV
Il Minieolico
Ecomondo Key Wind – Fiera
di Rimini
7 – 8 dicembre 2015
United Nations Conference
on Climate Change
COP 21
Paris, France
17 – 20 novembre 2015
EWEA 2015 Annual Event
Paris, France
ATTIVITÀ DEI GRUPPI DI LAVORO ANEV
I Gruppi di Lavoro ANEV, aperti
a tutti i soci, si riuniscono periodicamente presso la sede dell’ANEV per occuparsi di
questioni d’interesse per l’Associazione e del settore eolico. Si
riassumono di seguito le principali attività e obiettivi delle ultime sedute dei GDL ANEV.
Gruppo di Lavoro
Sicurezza
Durante l’ultimo GdL Sicurezza
sono state affrontate le seguenti
tematiche.
Accordo quadro INAIL/ANEV:
stato di avanzamento delle attività e proposte da discutere nell’ambito del comitato di lavoro
dell’accordo quadro; progetto pilota per la creazione di un database nazionale per la gestione
delle emergenze; obiettivi di
medio-lungo
termine
del
Gruppo di lavoro; D.Lgs. 81/08
Titolo IV: applicabilità alle attività di Service; DM 15 luglio
2014 – regola tecnica di prevenzione incendi per macchine elettriche fisse con presenza di liquidi
isolanti combustibili in quantità
superiore ad 1 m³.
È stato inoltre rappresentato
l’esito di una recente riunione tra
ANEV ed INAIL in cui è stato
favorevolmente accolta da entrambe le parti la possibilità di
redigere un accordo quadro finalizzato al miglioramento delle
condizioni di sicurezza dei lavoratori nel settore eolico italiano al
fine di poter instaurare una proficua collaborazione sulle molteplici tematiche connesse alla
sicurezza sul lavoro del settore,
quali ad esempio la stesura di
buone pratiche, studi di settore o
linee guida, così come l’elaborazione di materiali informativi o
l’organizzazione di eventi informativi sulla sicurezza.
Gruppo di Lavoro
Comunicazione
In occasione dell’ultimo GDL
Comunicazione sono stati definiti i contenuti e gli obiettivi degli
eventi che si terranno a Key
Wind, manifestazione dedicata al
tema dell’energia eolica, presso la
Fiera di Rimini (3 – 6 novembre
2015). Si è fatto il punto sui due
convegni ANEV, il primo incentrato sull’importanza dell’energia
eolica per i cambiamenti climatici in vista della conferenza sul
Clima di Parigi e il secondo sulle
soluzioni per rispondere in modo
efficiente al nuovo quadro normativo eolico.
In relazione al padiglione Barbara Padovan, responsabile della
fiera, ha rappresentato il trend
positivo con il ritorno di importanti realtà del settore, quale ad
esempio Nordex. Relativamente
alla rivista Il Pianeta Terra, da
un anno gestita da ANEV e dal
Presidente Togni, che ne è Direttore Responsabile, è stato rappresentato il riscontro positivo
da parte dei destinatari sia per
quello che riguarda i contenuti
che il formato. Si è rinnovato
l’invito a dare supporto al progetto, già in parte accolto da
molte aziende.
Attività degli Organi associativi ANEV
Il 24 settembre si sono tenuti alle ore 10 la riunione di Giunta esecutiva e alle ore 11 la riunione di Consiglio direttivo ANEV presso
la sede dell’Associazione
energia pulita
newsletter
29
parola agli associati
BKW, società svizzera con oltre cento
anni di storia, ha iniziato a investire in
Italia anche nell’eolico. Qual è ad oggi il
bilancio delle attività di questa società
nel nostro Paese (in termini di parchi,
MW installati, etc)?
Dal 2009 ad oggi il Gruppo BKW ha investito
in Italia nel settore eolico oltre 400 milioni di
euro. la BKW Italia gestisce direttamente un
portafoglio costituito da 10 parchi eolici, corrispondenti ad una potenza nominale installata di
oltre 260 MW, nonché 5 sottostazioni di trasformazione di alta tensione.
Ezio Salvo
Quali sono i valori dell’azienda e le attenzioni applicate in fase di costruzione
del parco eolico?
Il Gruppo BKW è principalmente coinvolto
nella produzione, trasmissione e vendita di energia elettrica e di servizi energetici, il nostro modello di business prevede l’acquisizione di
impianti eolici in esercizio, solo in rare occasioni
la BKW Italia ha avuto la responsabilità diretta
sulla fasi di sviluppo e costruzione.
Per un investitore industriale la qualità e la sostenibilità degli asset sul lungo periodo sono fondamentali, questa la ragione per cui siamo
estremamente esigenti certamente
nella selezione della tecnologia ma
anche nella definizione delle opere
accessorie; dettagli apparentemente trascurabili possono avere
un impatto negativo sulla operatività degli impianti con conseguenze economiche spesso non
trascurabili.
Questo tipo di approccio ci ha imposto in passato estrema attenzione nella selezione degli impianti in esercizio
e ci impone oggi, nel caso di acquisizione di impianti da realizzarsi, una precisa e rigorosa definizione ex-ante delle specifiche tecniche per la
costruzione del parco eolico nel suo complesso.
Country Manager Italy di BKW
Silvia Martone
Il portafoglio italiano costituisce oltre il 50% della
capacità eolica dell’intero Gruppo, che è presente
anche in Svizzera e Germania. BKW Italia è oggi
il nono produttore di energia eolica in Italia.
30
Quali le prospettive di crescita? Sono in
previsione nuovi investimenti in Italia e
nel mondo?
La strategia di Gruppo prevede per il prossimo
triennio consistenti nuovi investimenti in impianti a fonti rinnovabili ed in particolare nell’eolico; stiamo valutando diverse opportunità in
Italia, Svizzera, Germania ma non solo, guardiamo con interesse anche a Francia ed Europa
del Nord.
Cosa ne pensa del mercato eolico italiano? Come si potrebbe migliorare?
Siamo un investitore industriale e riteniamo necessario potere disporre di un quadro regolatorio
adeguato e tale da consentire agli operatori la
possibilità di valorizzare pienamente la risorsa
eolica, non come rendita di posizione, ma come
opportunità di contribuzione fattiva alla competitività dell’Italia e dell’Europa con sempre inferiori costi totali di generazione elettrica.
In particolare ritengo necessario affrontare il
tema della seconda generazione di impianti e
dunque dei “repowering” e degli “upgrade” che,
a mio giudizio, dovranno godere di un set di regole semplici, chiare ed efficaci al fine
di consentire al sistema
elettrico di cogliere le opportunità derivanti dalle
nuove tecnologie senza dover ricorrere a nuovi
siti.
Bkw gestisce anche reti elettriche in Svizzera e l’implementazione delle smart
grid e dello storage è uno dei temi caldi
delle rinnovabili. Consigli su come
creare una rete sicura e intelligente?
È ancora tutto in movimento e in divenire. Una
cosa è certa: la strada è tracciata, la direzione è
quella! Stanno avvenendo diversi “breakthrough” tecnologici di cui ancora non riusciamo a comprendere completamente la
portata, ma che avranno conseguenze rilevantissime. Pensiamo a quello che sta avvenendo in relazione alle batterie. Anche le celle a
combustibile continuano a fare progressi. La generazione distribuita, gli accumuli e l’efficienza
sgraveranno sul lungo termine le reti di alta tensione. I picchi saranno pertanto sempre meno
problematici quando l’energia sarà di fatto sempre più simile ad un “cloud”. n
energia pulita
newsletter
31
I membri
del Coordinamento FREE
raccontano
TLC, edilizia e trasporti
riscoprono l’efficienza
e le fonti rinnovabili
Umberto Di Matteo
Presidente ISES Italia
tegie di sostenibilità. Tutto ciò è reso possibile
dallo sviluppo di tecnologie abilitanti certificate e qualificate, frutto di una ricerca scientifica di valore.
Le energie rinnovabili, inoltre, stanno abbattendo con velocità costante i loro costi di generazione e manutenzione, divenendo
sempre più competitive con le fonti e i sistemi
tradizionali nell’alimentazione delle infrastrutture e degli impianti di filiere strategiche
come l’ICT, la telefonia, i trasporti, etc. Sempre più mondi che convergono verso un orizzonte “green”.
Le tappe di questo lungo cammino sono state
già molte, basti pensare agli obiettivi fissati
dall’Europa in tema di energia e ambiente al
2020 e al 2030. Senza dimenticare il recepimento della Direttiva EU sull’Efficienza Ener-
33
Negli ultimi anni stiamo assistendo a un processo evolutivo destinato a modificare radicalmente il modo di gestire gli edifici, gli
impianti e le infrastrutture di molti settori
produttivi. Basti pensare alle telecomunicazioni, all’edilizia e ai trasporti nel nostro
Paese: filiere un tempo divise sembrano convergere nel campo della sostenibilità energetica e ambientale.
L’efficienza energetica e le energie rinnovabili
sono l’architrave di questo processo. L´efficienza, ad esempio, è diventata oggi un asset
strategico di mercato per le aziende italiane,
chiamate a competere sui mercati internazionali con prodotti e servizi innovativi. Settori
come l´edilizia o le telecomunicazioni trovano
nell´efficientamento energetico i margini per
ottimizzare i propri bilanci e perseguire stra-
getica nel nostro Paese che tanti miglioramenti sta apportando a importanti filiere, a
partire da quella dell’edilizia pubblica e privata. Ma esempi si trovano anche sul mercato, dove si moltiplicano gli “smart tool”, gli
strumenti web e gli oggetti interconnessi
dall’Internet delle Cose, utili nel facilitare le
operazioni previste dalle normative vigenti,
trasformazione epocale, favorendo la divulgazione verso la società e il trasferimento
tecnologico nei confronti dell’industria nazionale.
Anche per questo, ISES Italia organizza due
interessanti momenti di riflessione: Il convegno “Efficienza energetica e controllo degli
impianti” (15 ottobre, SAIE di Bologna) e il
workshop “Efficienza energetica:
esperienze italiane a confronto
per una sostenibilità energetica”
(5 novembre). Tutte le informazioni sul sito internet di ISES Italia.
Questo secondo evento, a Rimini
Fiera nell’ambito della manifestazione Key
Energy, sarà anche l’occasione per presentare il 1° Rapporto sulla produzione scientifica in tema di energie rinnovabili - IGP Index,
dell´Osservatorio nazionale sulla Ricerca
scientifica "Energia e Ambiente" di ISES Italia, che analizza lo "stato di salute" e le principali tendenze della produzione scientifica
legata alla sostenibilità. n
il 1° Rapporto sulla produzione
scientifica in tema di energie
rinnovabili – IGP Index
nel raggiungere gli obiettivi ambientali e nel
garantire risparmio ed efficienza a tutti i consumatori, dai domestici agli industriali.
Di fronte a questa grande trasformazione
anche ISES Italia (sezione italiana dell'International Solar Energy Society attiva dal 1978)
sta facendo la sua parte. Tra le nostre attività
c’è proprio l’intento di sostenere la ricerca
scientifica nazionale, che è alla base di ogni
PIANETA
TERRA
il
Davide Astiaso Garcia
Le nuove frontiere
delle rinnovabili:
l’energia del mare
37
Le tecnologie per lo sfruttamento delle fonti
di energia presenti in natura, rinnovabili e
non, si sono da sempre evolute nel tempo
permettendo l’utilizzo di alcune delle
molteplici possibilità che il nostro Pianeta ci
offre. Tra queste, principalmente per la
produzione di calore e di lavoro meccanico,
sicuramente la più nota sequenza di fonti
utilizzate è il passaggio dall’utilizzo
prevalente del legno a quello del carbone,
del petrolio ed infine delle fonti rinnovabili.
Durante tali transizioni, la crescita dell’utilizzo di nuove fonti, provocava una ovvia diminuzione
nell’impiego
di
quelle
precedenti. Inoltre, come in ogni altro ambito della scienza e della tecnica, l’innovazione è avvenuta sempre grazie a
molteplici e distinte vie di sperimentazione
di cui la maggior parte non è risultata vincente rispetto a quanto era già consolidato.
Difatti, occorre comunque considerare che
esistono moltissime altre fonti di energia
nel pianeta, quasi tutte ampiamente disponibili, che per qualche particolare problematica fino ad oggi sono rimaste
inutilizzate dalla nostra società.
gli studi per la produzione di biocombustibili da alghe e microrganismi marini portati avanti in primis dal noto scienziato
Craig Venter, costituisce senz’altro una
delle più promettenti nuove forme di sfruttamento, grazie all’ottenimento negli ultimi anni di risultati parzialmente già
consolidati, che ne hanno testato la fattibilità in particolari condizioni al contorno.
Per quanto le stime da qui al 2050 non possono godere di un’elevata attendibilità, si
prevedono per quella data in Europa impianti per lo sfruttamento di energia marina per quasi 200 GW. In ambito italiano,
diverse università ed enti di ricerca stanno
scommettendo su questo settore,
impiegando fondi e risorse umane
lo sviluppo di nuovi prototipi e l’avvio di sperimentazioni. Tra questi,
sono sicuramente degni di nota gli
impianti sperimentali dell’Istituto
nazionale per studi ed esperienze
di architettura navale (INSEAN) del
CNR, dove è in fase di sperimentazione una zattera galleggiante finalizzata
alla produzione di energia elettrica dall’oscillazione dello scafo dovuto al moto
ondoso, chiamata Pewec (“Pendulum wave
energy converter”). Alla ricerca partecipano anche il Politecnico di Torino, che si
è occupato della realizzazione dell’impianto per la produzione dell’energia elettrica e l’ENEA (Agenzia nazionale per le
nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
economico sostenibile), per lo svolgimento
dei test.
Augurando crescita e sviluppo all’energia
marina, così come alle altre fonti di energia pulita più o meno avviate, i prossimi
anni ci confermeranno quanto e in che misura sarà possibile utilizzare anche questa
risorsa per una transazione energetica
sempre più “carbon free”. n
È chiaro, appunto, che per essere competitiva, una forma di produzione di energia
deve soddisfare alcune essenziali requisiti
di fattibilità, efficienza, rapporto costi / benefici, disponibilità, fruibilità, effetti collaterali indesiderati e via dicendo.
Negli ultimi tempi, congiuntamente alla
fortissima crescita dell’utilizzo dell’energia
del vento e del sole, abbinata all’impiego
del silicio, per una produzione di energia
elettrica esente da emissioni di inquinanti
e gas serra in atmosfera, sono state oggetto di sperimentazione molte altre fonti
di energia rinnovabile che per qualche particolare motivo non hanno visto il successo
riscontrato da eolico e fotovoltaico.
Tra queste, l’energia proveniente dal mare,
in primis moto ondoso, maree ed in minor
misura correnti marine, senza considerare
39
l’energia proveniente dal mare
costituisce senz’altro una delle
più promettenti nuove forme di
sfruttamento
Carta, penna e diritto
Avv. Germana Cassar
I Rifiuti prodotti da attività
manutentive di impianti eolici
La disciplina dei rifiuti prodotti da attività manutentive di impianti eolici continua a suscitare interesse negli operatori soprattutto
nella fase di negoziazione o ri-negoziazione
dei contratti di manutenzione e gestione.
Considerato che la responsabilità per la corretta gestione del rifiuto1 prodotto dall’attività
di manutenzione svolta da soggetti terzi (rispetto al titolare dell’impianto) può ricadere
anche sulla società titolare dell’impianto eolico nel caso in cui il contratto non preveda alcuna disciplina, risulta quanto mai opportuno
fare il punto della situazione in modo da poter
opportunamente e correttamente allocare le
rispettive responsabilità nei contratti.
Ai sensi dell’art. 188 Decreto Legislativo 3
aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia
ambientale” (di seguito, “D.lgs. 152/2006” o
“TU Ambiente”), l’azienda che svolge l’attività
di manutenzione in virtù di un contratto di appalto di servizi è il “produttore del rifiuto”,
mentre la società titolare dell’impianto, committente del servizio di manutenzione, è il
“detentore del rifiuto”.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che
il produttore del rifiuto coincida con l’esecutore dell’attività materiale da cui originano i
rifiuti come accade nell’appalto, la cui natura
40
giuridica vincola l’appaltatore al compimento
di un’opera o alla prestazione di un servizio
con organizzazione di mezzi necessari e con
totale gestione a proprio rischio (cfr. Cassazione Penale, 16 marzo 2015, n. 11029).
Occorre però rilevare che possono sussistere
circostanze del singolo caso concreto che
possano determinare soluzioni diverse e,
quindi, l’assunzione da parte del committente
della posizione di garanzia del produttore dei
rifiuti in ragione delle clausole inserite nel
contratto di appalto o della condotta del committente concretatasi in ingerenza o controllo
diretto sull’appaltatore.
Onde evitare l’assunzione di responsabilità, il
committente deve, nell’ambito del contratto
di manutenzione, attribuire all’appaltatore, a
sua cura e spese, tutti gli adempimenti di
legge per la corretta gestione del rifiuto derivante dall’attività di manutenzione e la relativa responsabilità.
Nello specifico di rifiuti prodotti dall’attività
di manutenzione, l’articolo 266, comma 4, dispone che “I rifiuti provenienti da attività di
manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio
del soggetto che svolge tali attività”.
Tale disposizione introduce una deroga, in
il rischio che le eccezioni
introdotte dal TU Ambiente
possano essere oggetto di
interpretazione restrittiva
La medesima eccezione è riscontrabile nell’art. 230 del TU Ambiente.
In buona sostanza, tali eccezioni introducono
una deroga generale alla norma generale,
consentendo:
a) il deposito temporaneo in luogo diverso da
quello di produzione del rifiuto;
b) un’attività di gestione (trasporto) senza
una effettiva destinazione di gestione (trattamento) in contrasto con il principio europeo;
c) un’attività di gestione (raccolta e trasporto)
prima del deposito temporaneo.
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, la
previsione di cui all’articolo 15, comma 2, del
Decreto Ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52
dispone “Fermo restando quanto previsto
all’articolo 230, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per i materiali tolti d’opera per i
quali deve essere effettuata la valutazione
tecnica della riutilizzabilità, qualora dall’attività di manutenzione derivino rifiuti pericolosi, la movimentazione dei rifiuti dal luogo di
effettiva produzione alla sede legale o dell’unità locale dell’ente o impresa effettuata
dal manutentore è accompagnata da una
copia cartacea della Scheda SISTRI - AREA
MOVIMENTAZIONE, da scaricarsi dal portale
SISTRI accedendo all’area autenticata, debitamente compilata e sottoscritta dal soggetto
che ha effettuato la manutenzione”.
Tale previsione conferma che l’articolo 266
comma 4, legittima la “movimentazione dei
rifiuti dal luogo di effettiva produzione alla
sede locale o all’unità locale”, ma
prevede che la stessa, se si tratta di
rifiuti pericolosi, deve avvenire con la
scheda SISTRI.
Una ulteriore eccezione deve essere
individuata nel caso in cui il materiale necessiti di una valutazione tecnica finalizzata alla individuazione
del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente non riutilizzabile,
senza essere sottoposto ad alcun trattamento. Tale eccezione non trova applicazione
nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili, come anche precisato dalla Corte di
Cassazione (Cassazione penale, sezione III, 4
marzo 2009, n. 9856).
Tali eccezioni non trovano tuttavia alcuna
conferma nei principi e previsioni europee di
cui alla Direttiva 2008/98/CE, i quali introducono le seguenti definizioni senza consentire
alcuna deroga:
“raccolta”: il prelievo dei rifiuti, (…), ai fini del
loro trasporto in un impianto di trattamento;
“trattamento”: operazioni di recupero o
smaltimento, (…);
“stoccaggio”: le attività di smaltimento (…) di
cui al punto D15 (…) nonché le attività di recupero (...) di cui al punto R13 (…);
41
quanto consente di derogare agli adempimenti di legge2 nella fase di raccolta e trasporto dal luogo di effettiva produzione del
rifiuto (es: cantiere o sito ove insiste l’impianto di produzione di energia elettrica) alla
sede o al domicilio del soggetto che svolge
tali attività oppure al magazzino dedicato allo
stoccaggio dei pezzi di ricambio usati o dei rifiuti. Ciò comporterebbe che sarebbe sempre
possibile il trasporto presso la sede, legale o
operativa, di materiali o apparecchiature da
sottoporre alla decisione del titolare di disfarsene; in tal caso non si configurerebbe il
trasporto dei rifiuti ma di materiali e/o apparecchiature residuali.
“deposito temporaneo”: il raggruppamento
dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel
luogo in cui gli stessi sono prodotti (…);
Delle eccezioni previste dagli artt. 230 e 266
comma 4 del TU Ambiente in relazione ai rifiuti prodotti da attività manutentive si sono
occupati i giudici della Suprema Corte anche
ai fini dell’applicazione degli adempimenti relativi al “deposito temporaneo” di rifiuti3.
Nelle massime della Suprema Corte si trova
conferma dell’applicazione della regola generale consistente nel “divieto di creazione
del deposito temporaneo in luogo diverso da
quello di produzione” e dell’adesione ad
un’interpretazione restrittiva in linea con la
disciplina comunitaria.
Nell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, nr. 17460 del 10/05/2012 si
precisa altresì che nel momento in cui si effettua “instradamento” si deve parlare di trasporto e quindi di un’attività di gestione di
rifiuti. La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che la movimentazione esente dalle
norme sui rifiuti debba avvenire all’interno di
uno stesso compendio nel luogo reale di produzione dei rifiuti e non quando vi sia stato un
“trasferimento comportante instradamento
da tale luogo a quello giuridico di produzione.
In tale situazione il trasporto in sé va considerato già attività di gestione dei rifiuti” (Cassazione penale, Sez. III, 10 maggio 2012, n.
17460).
In tale sentenza viene precisato che: “Non
ignora il Collegio l’orientamento
dottrinario che pone l’accento sulla
distinzione tra l’attività di “movimentazione” e quella di
“trasporto” dei rifiuti,
evidenziando che la
prima non necessita di alcuna autorizzazione e
che solo la se-
42
conda rientra nel novero della “gestione” ai
sensi dell’articolo 183, comma 1 - lett. n), oggetto di specifica autorizzazione in quanto
tale (con la conseguenza che solo dopo l’inizio
del deposito temporaneo comincerebbe la
gestione dei rifiuti in senso tecnico e l’obbligo
di rispettarne regole e prescrizioni).
Nella specie, però, non può affermarsi la decorrenza della gestione dei rifiuti in senso
tecnico solo dopo l’inizio del deposito temporaneo:
a) sia perché nulla è dato sapere circa l’effettiva osservanza delle prescrizioni imposte
dalla legge per considerare legittima detta
forma di deposito;
b) sia perché non vi è stata movimentazione
all’interno di uno stesso compendio nel luogo
reale di produzione dei rifiuti, bensì trasferimento comportante instradamento da tale
luogo a quello giuridico di produzione. In tale
situazione il trasporto in sé va considerato già
attività di gestione di rifiuti e per “rifiuto”, ai
sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od
oggetto di cui il produttore o il detentore si
disfi (o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi), restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero
tramite il suo recupero”.
Considerato una non univocità interpretativa
delle norme e comunque in ragione del contrasto con il diritto dell’Unione Europea, sussiste il rischio che le eccezioni introdotte dal
TU Ambiente per i rifiuti prodotti da attività
manutentive possano essere oggetto di interpretazione restrittiva. Conseguentemente,
nella redazione dei contratti di appalto di servizi di manutenzione, l’allocazione delle rispettive responsabilità tra committente e
appaltatore non potrà essere stabilita in via
generica ma occorrerà entrare nel merito
delle singole attività al fine di chiarire i corretti ambiti di gestione del rifiuto. n
1
L’art. 183 (per quanto qui di interesse) prevede che:
“a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi;
b) «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;
c) «oli usati»: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato,
quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;”
2
La prima attività che il produttore del rifiuto o il detentore del rifiuto deve svolgere è quella di classificare il rifiuto. Tale classificazione rileva ai fini dell’individuazione degli obblighi di legge per la corretta gestione del rifiuto.
L’art. 184 del TU Ambiente classifica i rifiuti per origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità,
in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
I rifiuti da attività di manutenzione su impianti industriali rientrano nella classificazione di rifiuti da lavorazioni industriali e pertanto
sono rifiuti speciali.
Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del TU Ambiente che include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose.
Se il rifiuto è “speciale”, gli adempimenti per la corretta gestione dei rifiuti sono riportati nella tabella qui di seguito.
ADEMPIMENTO
CHI È OBBLIGATO
QUANDO
UTILIZZO DI MODULI
PRESTAMPATI
Entro il 30 aprile di
ogni anno con riferimento all'anno precedente e sino alla
in Si (si veda il DPCM 17
MUD (Modello Unico Produttore del rifiuto piena entrata
operatività del Sidi Dichiarazione)
(Appaltatore)
stema di controllo dicembre 2014.)
della tracciabilità dei
rifiuti (SISTRI) e comunque
fino
al
31.12.2015
A CHI VA INVIATO E
DOVE DEVE ESSERE
TENUTO
Inviato alla Camera di
Commercio,
Industria, Artigianato e ed
Agricoltura, e tenuto
presso la sede dell’impianto di produzione
La sede del cantiere o
Registro di carico e
nel sito ove insiste
Costantemente, ogni
scarico dei rifiuti (cfr Produttore del rifiuto
Si (si veda il DM 1 l’impianto di produvolta si produce il riart. 190 del TU Am- (Appaltatore)
zione (si veda art. 230
aprile 1998, n. 148)
fiuto
biente)
e 266 c. 4 del TU Ambiente)
Formulario di identifiImprese che raccolcazione del rifiuto
gono e trasportano ri(art. 193 del TU Amfiuti
biente)
Al momento del caIl formulario deve acrico del mezzo di tra- Si (Si veda il DM 1°
compagnare il rifiuto
sporto e della “presa aprile 1998, n. 145).
durante il trasporto.
in carico dei rifiuti”
Produttore di rifiuti
non pericolosi con + di
10 dipendenti e i sogDal
31.12.2015,
SISTRI (art. 188-bis getti che svolgono atSi (si veda D.M. 18
quando viene prodel TU Ambiente)
febbraio 2011, n. 52)
tività di raccolta e
dotto il rifiuto
trasporto iscritti all’Albo Nazionale dei
gestori ambientali
43
Una disciplina speciale trova applicazione agli “oli usati” generati dalle turbine eoliche. Tale tipologia di rifiuto è normata dal D.Lgs. 27
gennaio 1992, n. 95 e ss.mm.ii e dall’articolo 236 del D.lgs. 152/06 e ss.mm.ii.. che ha, tra l’altro, istituito il Consorzio Obbligatorio degli
Oli Usati (COOU), con il compito, anche, di assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate e cedere gli oli usati raccolti secondo le priorità ivi stabilite.
In applicazione di tali norme, l’impresa che svolge la manutenzione di impianti eolici deve conferire gli oli usati all’impresa iscritta al
COOU.
3
Ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera bb), per “deposito temporaneo” si intende il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi
sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere
depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti
conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative,
a scelta del produttore dei rifiuti:
- con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
- quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.
- In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore
ad un anno;
3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché,
per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose.
PIANETA
TERRA
il
Daria Palminteri
Via libera all’impianto
eolico off-shore
di Taranto
45
Con sentenza N. 03252/2015 il Consiglio di
Stato ha respinto il ricorso presentato dal
Comune di Taranto avverso la sentenza con
cui il TAR di Lecce aveva ritenuto la
legittimità del provvedimento autorizzativo
dell’impianto eolico off-shore da realizzarsi
a circa 100 m dalla costa di Taranto, facendo
definitiva chiarezza in ordine al dato
normativo, che traccia una netta differenza
fra impianti eolici “on-shore” ed impianti
“off-shore” con riferimento alle Autorità
competenti a disporre l’autorizzazione,
confermando conseguentemente la
legittimità del provvedimento autorizzativo
emanato dal Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti, conformemente a quanto in
precedenza ritenuto dal TAR leccese.
Ad avviso del Comune di Taranto, esisterebbe
una terza tipologia di impianti, quella “nearshore”, comprendente le centrali da posizionare nell’entroterra, ad una distanza
inferiore a 3 km dalla costa, o sul mare, ma
“ad una distanza che si attesta nel range di 7
– 10 km dalla costa”.
Per questi ultimi, così come per quelli “onshore”, affermava il Comune nell’atto di appello,
la
competenza
al
rilascio
dell’autorizzazione spetterebbe alla Regione,
ai sensi dell’art. 12, comma 3, del D. Lgs.
29/12/2003, n. 387. Il Consiglio di Stato, viceversa, ha confermato quanto ritenuto dal
TAR, affermando come esistano due sole tipologie di impianti eolici, on-shore, da realizzarsi sulla terra ferma, e off-shore, da
Province delegate dalla Regione, nel rispetto
delle normative vigenti in materia di tutela
dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del
patrimonio storico-artistico, che costituisce,
ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei Servizi è
convocata dalla Regione entro trenta giorni
dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto
annuale di cui all’articolo 63, commi 3 e 4, del
testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui
consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 , e successive modificazioni.
Per gli impianti off-shore l’autorizzazione è
rilasciata dal Ministero dei Trasporti, sentiti
il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del
Mare, con le modalità di cui al
comma 4 e previa concessione d’uso
del demanio marittimo da parte
della competente autorità marittima”.
Dalla norma si ricava chiaramente
come il legislatore abbia contemplato soltanto due tipologie di impianti: quelli on-shore, da realizzarsi sulla
terraferma su autorizzazione della Regione,
e quelli off-shore, da posizionarsi a mare, indipendentemente dalla loro distanza dalla
costa, dietro autorizzazione del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La normativa in esame prevede un procedimento unificato di autorizzazione alla costruzione
e
all’esercizio
dell’impianto,
comprensivo anche della verifica della conformità del progetto alla vigente normativa
in materia ambientale. L’autorizzazione scaturisce dall’esame congiunto di tutti gli interessi e pareri delle Amministrazioni
coinvolte, anche a mezzo di Conferenze di
collocare a mare.
Il dato normativo di riferimento del procedimento è costituito dall’art. 12, D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, come modificato
dall’art. 2, comma 158, L. 24 dicembre 2007
n. 244, che prevede: “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come
definiti dalla normativa vigente, nonché le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli
impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle
47
Il Consiglio di Stato ha
confermato come esistano due
sole tipologie di impianti eolici,
on-shore, da realizzarsi sulla
terra ferma, e off-shore, da
collocare a mare
Servizi. Secondo le previsioni contenute
nell’articolo 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003
n. 387, come modificato, il rilascio dell’autorizzazione è comunque subordinato alla preventiva acquisizione della concessione
demaniale, in conformità di quanto disposto
dall’articolo 36 del Codice della navigazione.
Nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione si inserisce quello di Valutazione
di Impatto Ambientale (V.I.A.).
In termini procedimentali, per la realizzazione di un impianto offshore devono sussistere: l’autorizzazione del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, da rilasciarsi
secondo le modalità previste dall’articolo 12
del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (così modificato dall’articolo 2, comma 158 della L. 24
dicembre 2007 n. 244), previa concessione in
uso della zona di demanio marittimo nella
quale installare l’impianto; la concessione
demaniale marittima per l’installazione e
l’esercizio dell’impianto di competenza del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
la V.I.A. rilasciata dal Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare, di
concerto con il Ministro per i Beni e le Attività
Culturali.
Entro 30 giorni dalla ricezione dell’esito positivo della VIA deve essere convocata una
Conferenza di Servizi da parte del Ministero
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delle Infrastrutture e dei Trasporti, affinché
il provvedimento autorizzatorio possa essere
emanato. Ad essa sono chiamati a partecipare i seguenti Enti e Amministrazioni: il Ministero dello Sviluppo Economico; il
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare; la Capitaneria di Porto
competente; il Comune nel quale è previsto
il passaggio dell’elettrodotto per l’allacciamento alla rete.
Il Comune dovrà anche acquisire il parere
dell’Azienda sanitaria locale; il Gestore della
Rete; le altre amministrazioni che, in forza di
leggi, regolamenti o appositi provvedimenti
amministrativi, risultino preposte alla tutela
di specifici interessi pubblici.
Dopo il via libera da parte del Consiglio di
Stato, il progetto, 30 MW in 10 turbine da 3
MW da installare nella rada esterna del porto
di Taranto, ha ottime possibilità di effettiva
realizzazione, anche ove si consideri che il
nuovo “decreto sulle rinnovabili elettriche
non FV” prevede un incentivo proprio riservato agli impianti eolici in mare di 30 MW,
dunque la medesima tipologia di quello di Taranto, che peraltro, attualmente, è il solo impianto off-shore che, oltre ad aver ottenuto il
via all’autorizzazione, presenta le caratteristiche richieste per la partecipazione all’asta
finalizzata all’assegnazione degli incentivi. n
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