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Castelbottaccio e il Cenacolo Culturale
di Donna Olimpia Frangipane
Testo Ida Di Ianni
Foto di Tobia Paolone
P
aesino di quattrocento anime, oggi, silenzioso
lungo la via centrale che conduce all’ingresso di Palazzo Cardone, in parte diruto,
in parte adibito ad abitazioni private. Qualche
anziano all’ingresso delle porte, nulla di quel
che era, è. E lungo questa via l’ingresso al Municipio – come fosse una casa –, palazzo De Lisio
– Vincenzo De Lisio, intellettuale molisano ottocentesco, padre del pittore Arnaldo -, ed un bar incredibilmente anni ’50 nel suo fascinoso corredo di
vecchi bicchieri e targhe di birra e gassosa. All’interno un
solo anziano ed un gestore, anch’egli anziano, in camicia
bianca, che sembra appena essere tornato dai campi.
Campi di grano, appena trebbiato, quelli che si allargano intorno al borgo raccolto su massa tufacea, pietra –
quella locale – che ritroviamo in porte e portali che recano
il segno della mano dell’uomo. Qui poca terra e tanti scalpellini ed uno spirito libertario – sempre – che pare aleggiare da molto lontano. Chiese chiuse – per via dei furti –
nello slargo d’ingresso al paese è il circolo neoilluminista
Donna Olimpia Frangipane. Felice l’incontro fortuito con il suo presidente, la professoressa Maria
Francesca De Lisio. Ma chi era questa duchessa,
divenuta baronessa, e di cui nella memoria del
luogo non è rimasta traccia, se non in questo circolo promosso da donne “illuminate”?
Olimpia Frangipane Ricciardi, figlia del Duca
Don Giuseppe Frangipane Ricciardi, feudatario
di Mirabello, e della Duchessa Donna Marianna Bonocore, nasce il 16 luglio 1761 a Mirabello (oggi Mirabello Sannitico, in provincia di Campobasso).
Lo studioso Pietro Giordano (nella sua opera “La Rivoluzione napoletana del 1799 – Le donne, Magmata
2010) vuole invece la sua nascita a Napoli: di qui, dopo il
contratto di matrimonio con Francesco Cardone, barone
di Castelbottaccio in Molise, “voci malevole sulla capacità
del cuore di donna Olimpia spinsero Don Francesco a rintanare la famiglia nel borgo avito, 984 abitanti (1781), duemila pecore, nessuna tentazione. Non era così”.
In una più romantica versione, un altro studioso della
1. Castelbottaccio sulla sinistra e, in evidenza, il tratturo Celano-Foggia che sale verso Morrone del Sannio
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2. Il palazzo baronale di Castelbottaccio, residenza e sede del Cenacolo Culturale di Donna Olimpia Frangipane si
erge al centro dell’antico abitato medievale.
3. Castelbottaccio, Corso principale e Sede municipale
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4. Castelbottaccio, portale di accesso a Palazzo Cardone
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baronessa, questa volta molisano, Antonio Mucciaccio,
scrive: “Mentre il “secolo dei lumi” volgeva al termine,
iniziato in tutta Europa con idee di rinnovamento e di riforme e sfociato nella rivoluzione francese del 1789, in un
paesino del Contado di molise, Castelbottaccio, ogni
estate veniva da Napoli a villeggiare la baronessa donna
Olimpia Frangipane.” “Donna bellissima ed affascinante,
corpo giunonico ed armonioso, era soprattutto una donna
colta e saggia, amante della musica e della poesia”, idealizza il Mucciaccio. “Giovanissima (all’età di ventanni),
era andata sposa all’anziano barone Francesco Cardone
(di ventisei anni più anziano di lei), al quale aveva dato
tredici figli, senza perdere minimamente le proprie grazie
e conservando l’amore ed il desiderio per una vita brillante” – continua il Mucciaccio in uno con una schiera di
contemporanei maligni, che attribuirebbero invece la numerosa prole non proprio all’anziano consorte.
Donna di indubbio fascino, dunque, di lei il Masciotta
(Giambattista Masciotta, autore della monumentale opera
Il Molise dalle origini ai nostri giorni) scriveva che “del
suo tempo ebbe tutti i pregi e tutti i difetti. Di forme scultoree, bella oltremodo e fiorente […]”, aggiungendo tuttavia che “della sua cultura era vanitosa quando ponevala
in confronto con quella così meschina del vecchio marito”. Altro intellettuale molisano, Angelo Viti, parla della
“sua brillante effervescenza femminile” rispetto alla “mediocre figura di gentiluomo” dello stesso marito; lo storico Francesco De Marinis, discendente della famiglia
Cuoco per via materna, sostiene addirittura che Costantino Le Maitre, uno dei frequentatori del salotto della
Frangipane, “per rendersi, anche per nobiltà, degno di
ammirare le grazie del suo spirito, si decise di acquistare
nel 1793 il feudo di Guardialfiera”.
La studiosa contemporanea Rita Frattolillo, nel definirla “una de Stael sannita formato due Sicilie”, sostiene
ad ogni modo che di lei non è rimasto neppure uno sbiadito ritratto per ragioni che si possono, forse, solo intuire.
Con Lino Di Stefano, filosofo, scrittore e saggista, autore di un interessante volume dal titolo Il Cenacolo della
Baronessa Frangipane (Edizioni Eva, Venafro 2003) andiamo ora ad inquadrare il salotto della Frangipane all’interno di circoli o club ben più famosi nel Settecento
europeo ed italiano.
Limitandoci all’Italia in questo contesto, citiamo il sodalizio della contessa Maffei a Milano, il circolo di Fanny
Torgioni Tozzetti a Firenze ed il salotto di Isabella Teotochi Albrizzi a Venezia (frequentati, tra gli altri, da personaggi di eccezione quali Giacomo Leopardi e Ugo
Foscolo), il circolo della contessa Luisa Stolberg-d’Albany,
amica ed ispiratrice dell’astigiano Alfieri, per non parlare
del salotto di Madame De Stael, che occupò un ruolo notevole nel campo della letteratura e della cultura in genere.
Nel contado di Molise, in una società arretrata e sottosviluppata con popoli – per dirla con Salvatore Moffa “vittime dell’oppressione feudale, sottoposte a schiavitù
fiscali e prive dei diritti fondamentali di giustizia”, il salotto di Donna Olimpia Frangipane è frequentato da una
schiera di intellettuali, che erano in prevalenza medici,
avvocati, notai, speziali ed uomini di cultura, che a Na-
5. Pavimentazione cortile interno di Palazzo Cardone
6. Una “inquilina” di Palazzo baronale Cardone
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poli avevano frequentato le lezioni dei grandi riformatori dell’ingegno di donna Olimpia fu proprio Vincenzo
settecenteschi come Antonio Genovesi, Gaetano Filan- Cuoco, che continuerà a frequentare la casa e la famiglia
gieri ed i loro allievi molisani Giuseppe Maria Galanti e della donna a Napoli, sia prima della rivoluzione napoletana del 1799 (sempre il Mucciaccio parla di lunghe pasFrancesco Longano.
Attraverso la lettura delle loro opere e di quelle degli seggiate sulla collina di Posillipo, parlando d’amore e di
illuministi francesi Voltaire, Rousseau, Diderot, D’Alam- poesia), sia al suo ritorno dall’esilio milanese nel 1805 e
bert, tali intellettuali vagheggiarono una società rinnovata fino alla sua morte nel 1823.
Diversi studiosi, tra cui anche il Di Stefano e il De
nelle idee, nei costumi, nell’economia per mettere fine a
Lisio, ipotizzano che il Cuoco dovette pensare a donna
secoli di miserie e di oppressioni feudali.
Proprio con tali finalità essi muovevano dai loro pae- Olimpia e agli incontri avuti con lei quando tratteggiò e
descrisse la figura di Mnesilla nel “Plasini, a dorso di cavalli o a bordo di catone in Italia”:
lessi che percorrevano le impervie
“Io vado ogni giorno da Mnesilla e la ristrade mulattiere delle campagne molitrovo ogni giorno più ammirabile. Talvolta
sane, in direzione di Castelbottaccio, ove
vado da lei pensando che è bella; e, nelle tre
omaggiavano donna Olimpia ed apore che con lei mi trattengo, ella non mi perprendevano notizie, fatti ed eventi avvemette di sentir altro se non che è savia. Talnuti a Napoli, allora capitale del Regno
volta son tutto occupato della sua saviezza:
e tra le città più importanti dell’Illumila vita e non penso più che alla sua beltà. Dinismo italiano, o in altre parti d’Europa.
vina creatura! Come è mai possibile apparir
Tali giovani svolgeranno un ruolo di
al tempo istesso e tanto savia e tanto bella?”
primo piano nella storia e nei rivolgi“La sua immagine era sempre presente a
menti che segneranno il Regno di Na(Lapide Palazzo De Lisio)
me, ma come l’immagine di una dea, che io tepoli e il Contado di Molise negli anni
meva di offendere con qualunque affetto il
turbolenti e tragici di fine Settecento.
Andiamo a stilare il loro elenco: parliamo di Vincenzo quale fosse altro che ammirazione […]. L’anima mia e quella di
Cuoco, in primis, del cui rapporto con la Frangipane ap- Mnesilla perché non potrebbero intendersi, amarsi, riunirsi per
profondirò in seguito, e dei fratelli Gabriele e Marcello sempre, compenetrarsi, formarne una sola? Deliziose illusioni,
Pepe di Civitacampomarano, attivo centro culturale del come siete mai svanite! Io ho incominciato a provare un nuovo
tempo; di Costantino Lemaitre di Lupara, barone di Guar- bisogno: quello di essere amato da Mnesilla!”
Ancora: “Ho sofferto molti giorni: ho tentato raddolcir la
dialfiera; di Vincenzo Sanchez di Montefalcone; dei fratelli Belpulsi di San Martino in Pensilis e di numerosi altri. pena di oggi colla speranza di domani: il domani è venuto, e la
Chi più di tutti giovò delle grazie, della bellezza e mia pena è stata maggiore, maggiore la freddezza di lei […].
7. 8. A lato: Castelbottaccio, monumento alla botte, simbolo del paese ; Sopra: campo di grano dopo la mietitura.
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9. Insegna in ceramica del Circolo neoilluminista Donna Olimpia Frangipane
Pare che adesso siasi per la prima volta accorta del mio amore;
le sue vesti, tutti i suoi atti, tutte le sue parole son composte e
con maggiore severità: lo stesso sguardo, altre volte tanto pietoso, è diventato più raccolto”.
Tale idillio tuttavia sarà destinato a svilire.
A Castelbottaccio, dunque, i giovani che frequentavano il palazzo baronale o il suo “casino” di campagna”,
oltre che ammirarne bellezza e fascino, chiedevano avidamente notizie sugli sviluppi delle cose di Francia, particolarmente negli anni della rivoluzione, che seguirono la
presa della Bastiglia del 14 luglio 1789.
Pertanto non pochi sospetti di giacobinismo gravarono sui giovani che si erano riuniti intorno a donna
Olimpia: l’avvenimento che segnò la fine del cenacolo
della baronessa fu la visita del barone di Montefalcone e
di Ripalta sul Trigno Andrea Coppola, duca di Canzano,
sospettato di essere affiliato alla Massoneria e ad uno dei
10. La Presidente intervistata nella Sede del Circolo
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primi club giacobini di Napoli: sembra che questi intrattenesse i frequentatori del salotto della Frangipane con la
lettura della costituzione di Francia dell’anno terzo.
Ne scattò una severa inchiesta con il conseguente arresto di quasi tutti i frequentatori del circolo di donna
Olimpia e la loro traduzione nelle carceri di Lucera e di
Napoli, alcuni dei quali frequentatori furono liberati per
effetto della proclamazione della Repubblica napoletana
del 1799, mentre altri pagarono col sacrificio della vita il
tentativo di rendere libere le popolazioni del Mezzogiorno.
Donna Olimpia uscì indenne dalle turbolenze della rivoluzione e della repressione, ma vediamo che cosa accadeva realmente nel salotto della colta ma chiacchierata
Madame de Stael sannita delle Due Sicilie.
Sostiene Rita Frattolillo che agli occhi degli storici e
dei biografi locali la smania di vivere e la condotta spregiudicata della baronessa abbiano sminuito i pur indubbi
meriti di ispiratrice ed anima del club politico-culturale
di Castelbottaccio.
“Diciamo pure che ai suoi danni è stata ordita, nel secolo scorso, una specie di congiura del silenzio”, che in
pratica perdura tuttora.
Sembra infatti che ella sia stata relegata all’oblio nella
storia per via di una vita privata non del tutto raccomandabile quale esempio edificante per le fanciulle e questa
opinione sembra pacificare un po’ tutta la critica.
Oggi la Frangipane salirebbe sull’altare del successo o
sugli scranni del Parlamento, ma a fine Settecento la condotta di donna Olimpia, più propensa a ficcare il naso in
“faccende maschili” e a brillare nel suo “salotto” che ad
occuparsi dei molti figli, assai poco ebbe a conciliarsi con
i cliché del suo tempo.
A Castelbottaccio infatti i maldicenti sostenevano che
ben “altre” erano le ragioni per cui tanti intellettuali af-
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frontavano i disagi di un viaggio fatto per lo più a dorso
di mulo e guadando il Biferno, che allora non aveva ponti.
Ma se la baronessa esercitava un indubbio ascendente
sia sugli uomini di azione che sugli intellettuali, è vero
soprattutto che le adunanze del club di Castelbottaccio
servivano, come ricorda autorevolmente Gianbattista Masciotta – “ad affiancarsi, a tenersi al corrente delle cose pubbliche, a trovarsi pronti al cimento al primo appello”.
In un clima dunque di tensioni, che interessarono qua
e là anche il Molise in azioni antifeudali, vanno debitamente collocate la figura e l’azione della Frangipane: è la
giovane aristocratica a fiutare la gravità del momento, ad
avvertire le possibili disastrose conseguenze di mutamenti troppo radicali e a proporsi come illuminata interprete dei nuovi fermenti, assumendo un ruolo-guida delle
parti sociali più aperte alle spinte di rinnovamento.
Il suo, insomma, fu un salotto più politico che mondano. Del resto ne è conferma la soppressione del club e
l’arresto o condanna a morte dei suoi aderenti.
La baronessa continuerà tuttavia ad esercitare un
ruolo di prestigio sia nell’ambiente molisano sia in quello
napoletano. Lo conferma l’epistolario di Gabriel Pepe,
che neppure dal carcere o dall’esilio dimentica di inviare
i propri “ossequi” alla baronessa.
Ed è a lei che ricorre in più occasioni, “per le sue conoscenze a Napoli”, come per es. quando si tratta di deci-
12. Manifesto del Concorso letterario (edizione 2008)
11. Disegno a china con contadina castelbottaccese
dere sugli studi di Marcelluccio, figlio del fratello Carlo,
per il quale l’eroe molisano nutriva un affetto particolare.
Sempre tale epistolario ha contribuito proprio ad infittire il mistero sulla baronessa: come spiegare ad es. la
dura opposizione di Gabriele al matrimonio tra il fratello
Carluccio e Carmela Cardone, vedova Lombardi e figlia
di donna Olimpia, opposizione tanto più inspiegabile se
si pensa che il padre di Gabriele, Marcello, era stato habitué del club; che un’altra Cardone, Matilde, divenne
sposa del cugino dei Pepe, Michele Cuoco, e che comunque gli stretti legami tra le due famiglie erano di dominio
pubblico.
Difficile credere che Gabriele si fosse fatto contagiare
dalla fama di Ape Regina o di mangiatrice di uomini della
Baronessa. Più probabilmente non gli era sfuggita
l’ostentazione di superiorità culturale di donna Olimpia
nei confronti del vecchio marito, che perciò appariva agli
occhi di tutti ancor più meschino. (Siamo sempre nelle
meditazioni di Rita Frattolillo). E che dire di quel garbo
tutto speciale ed artificiale con cui ella lo trattava e che
magari serviva solo a renderlo incredulo ed indulgente
alle voci insistenti sul suo comportamento di moglie non
proprio devota?
Fatto sta che, se solo di voci si trattava, Donnas Olimpia finiva col darle fuoco. Infatti in una lettera a Carlo
(1813) Gabriele, di solito poco incline ai pettegolezzi, allude esplicitamente a “rapporti carnali” tra il conte di San
Biase, don Francesco de Blasiis, e la baronessa, che in seguito sposò. A tale riguardo – a sua discolpa – va detto
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che la nobildonna era già vedova da tre anni (il Cardone
muore a Napoli per colpo apoplettico nel 1810), era al meglio delle sue risorse fisiche e mentali e – quel che più
conta – non era per nulla disposta a scendere da sella.
Malgrado il veto alle nozze, Carluccio e Carmela si
sposarono. Poco dopo, un altro fatto.
Per estinguere un debito di famiglia, si rese necessario
vendere dei gioielli portati in dote da Carmela ma ancora
in mano a donna Olimpia, sua madre, che – pur di non
perderli – non esitò ad irretire il succube genero e a seminare zizzania fra i due fratelli, sicché Gabriele – che sempre aveva aiutato la propria famiglia – si trovò accusato di
essere egoista ed interessato. Di qui il cocente risentimento nei confronti della baronessa, “che aveva consigliato Carlo a diffidare di lui, cosa che vi ha fatto una
piaga che il solo tempo potrà rendere meno dolorosa”.
Da questo episodio si ricava comunque l’immagine di
una donna Olimpia non più frivola ed esibizionista, ma
concreta soprattutto nel difendere gli interessi della propria prole, prole di cui in parte avrà la sventura di veder
morire: proprio la figlia Carmela muore nel 1817, mentre
il figlio don Giuseppe Cardone muore nel 1825.
In questa circostanza il Pepe userà parole di pietà per
la donna, ma meno di un anno prima al fratello Raffaele
di lei aveva scritto: “La baronessa sacrifica Carluccio…e se
vuoi che io ti dica il vero, uno dei motivi che mi ha indotto a
chiedere la divisione è stato affinché Carluccio pensasse seriamente a sé e badasse a’ suoi veri interessi e non si facesse più dominare e trarre a capezza da quell’empia incestuosa donna”.
Parole pesanti come macigni, che certo non riscattano
la memoria della baronessa Frangipane Cardone, la quale
morì a Napoli all’età di 71 anni, nel 1832, portando nella
tomba i segreti di un’esistenza irrequieta e densa di
eventi, oscurata ancor oggi da lunghe ombre.
Un episodio invece onorevole fra altri meno onorevoli
vuole che la Frangipane si adoperasse spesso per migliorare le condizioni di vita dei suoi concittadini contro privilegi ed abusi dell’anziano marito. Si narra infatti che in
occasione della nascita della prima figlia donna Olimpia
pretendesse come regalo speciale dal marito l’assenso all’istanza che l’Università di Castelbottaccio aveva rivolto
alla Regia camera, affinché i cittadini potessero costruirsi
il forno in casa, togliendoli in tal modo dalla servitù del
forno feudale. Il 25 marzo 1785, la richiesta fu esaudita e
molti forni furono costruiti nel paese. Entusiasti per la
concessione ottenuta dai vicini di Castelbottaccio, anche
i cittadini della vicina Lucito cercarono di ottenere il regio
assenso, ma il marchese Nicola Capecelatro, feudatario
locale, si oppose con forza ed impose – a chi già aveva costruito i forni – di distruggerli.
Questo spirito libertario, che ha sempre aleggiato nel
paese di Castelbottaccio, avrebbe reso nel tempo la località “diversa” dalle realtà viciniore, come spiega la professoressa Maria Francesca De Lisio, presidente del
Circolo neoilluminista “Donna Olimpia Frangipane”,
nato a Castelbottaccio nell’estate del 2006 nel nome e nel
segno della baronessa, e che oggi promuove – fra le tante
altre attività – un concorso letterario interamente dedicato
alle donne.
16 altri ITINERARI
IL CONCORSO LETTERARIO
I
l Circolo neoilluminista ‘Donna Olimpia Frangipane’ indice
ogni anno il Concorso letterario “DONNE . . . ieri, oggi, domani”.Il concorso è riservato esclusivamente a donne, età
minima di 16 anni, che possono partecipare con racconti, testimonianze, ricordi, poesie in lingua italiana o in altra lingua se
corredati da traduzione, scritti al computer. I racconti, le testimonianze, i ricordi inediti (cioè mai pubblicati non solo in volume, ma neppure in Internet o su riviste cartacee) devono avere
una lunghezza compresa tra le quattro (minimo) e le otto (massimo) cartelle (documento word in formato A4, carattere Times
New Roman 12, con interlinea singola, numerato a piè pagina,
margini-inferiore, superiore, sinistro, destro- 2cm), mentre le
poesie non possono superare i trenta versi. I lavori dovranno essere inviati entro il 30 giugno 2010 all’Associazione Culturale
‘Donna Olimpia Frangipane’, Via Marconi 2, 86030 Castelbottaccio (CB). A titolo di contributo spese per l'organizzazione, è
richiesta una quota di partecipazione (da allegarsi in contanti al
plico o con assegno non trasferibile intestato a Maria Francesca
De Lisio o mediante versamento su c/c postale n°73631442, intestato all’Associazione Culturale ‘Donna Olimpia Frangipane’,
causale ’concorso letterario’) pari a: € 10,00 per la prima opera,
€ 5,00 per ognuna delle opere successive.
ASSOCIAZIONE NEO ILLUMINISTA
"DONNA OLIMPIA FRANGIPANE"
Via Marconi, 2 - 86030 Castelbottaccio (CB)
Tel. & Fax 0874 747238 - www.donnaolimpia.org
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