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da Casa Madre - Missionari della Consolata

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da Casa Madre - Missionari della Consolata
da Casa Madre
Anno 92 - N.12 - 2012
Istituto Missioni Consolata
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
EDITORIALE
NON TOCCATE BETLEMME!
Riflessioni di viaggio (Betlemme, giugno 2000)
P. Giuseppe Ronco, IMC
Come i pastori di Bet Seour, al tempo del
censimento di Cesare Augusto, oggi, in
carovana, andiamo anche noi a Betlemme.
Vi prego, pastori, prendetemi con voi! Con
voi non avrò vergogna di prostrarmi davanti
al Bambino. Voi eravate impuri per il vostro
lavoro, la società religiosa vi rifiutava, eppure
l'Angelo del Signore ha annunciato a voi la
nascita del Salvatore.
Non porterò doni in natura, come voi avete
fatto: offrirò solo la debolezza della mia carne
e il tormento del mio spirito.
Vorrei fare l'esperienza di san Girolamo che
pregando e facendo penitenza visse a Betlemme
per 35 anni, in una spelonca vicino alla grotta
della natività. In una notte di Natale gli appare
Gesù Bambino che gli chiese: Non hai niente
da darmi nel giorno della mia nascita? Il Santo
gli risponde: Ti do il mio cuore! - Va bene, ma
desidero ancora qualche altra cosa. - Ti do le
mie preghiere! Va bene; ma voglio qualche cosa
di più, insisteva Gesù. - Non ho più niente,
che vuoi che ti dia? - Dammi i tuoi peccati, o
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da Casa Madre 12/2012
Girolamo, rispose Gesù Bambino, perché io
possa avere la gioia di perdonarli ancora.
Attraversiamo i campi di Booz, biondeggianti
di grano, in cui la povera Ruth spigolava;
contempliamo l’ameno paesaggio della terra
che diede i natali a Davide re. Preghiamo sulla
bianca tomba di Rachele che ancora oggi piange
i figli generati dal suo seno, ma ora morti,
trapassati, non più esistenti. L’esilio di Babilonia
sopravvive ancora nel tempo, portando il lutto
di odiose guerre intestine mai finite.
Sul piazzale della Basilica della Natività il sole
mi acceca, mi scotta, mi disidrata, mi brucia. Lo
sguardo ricerca l’ombra di un alberello solitario,
ai bordi della strada; il mio corpo vi anela come
si anela ad un rifugio durante un pericolo; e la
mia anima esulta di un’esperienza mistica mai
prima provata. Dovevo venire a Betlemme per
scoprire la verità del salmo 120: “Il Signore è
come ombra che ti copre”, è il custode (shomer)
che sta alla tua destra. Nel mio orgoglio, pensavo
di essere io, uomo, l’ombra di Dio proiettata nel
tempo della mia storia. Invece è lui il Dio-madre
che mi avvolge, mi copre con la sua presenza,
proiettando su di me l’ombra rinfrescante del
suo amore eterno.
Avanzo, mi inchino passando sotto la porta
stretta della Basilica, risparmiata perfino dai
Persiani. La luce che dai finestroni scende e
trasverbera l’oscurità del tempio è come una
lancia che perfora il cuore dell’amante. “Dio ama
il luogo della sua dimora”.
“vedere” la pace, di assaporarla fino in fondo,
centellinando la gioia che essa produce. Invece
è la divisione che appare. Cattolici, ortodossi
e armeni hanno diviso questo luogo sacro in
vari pezzetti, decorandoli ognuno secondo
le proprie abitudini, ma stracciando la tunica
inconsunta del Messia. La bellezza delle icone
dorate, il profumo dell’incenso e dei balsami
greci, le candele che ardono e i drappi variopinti
hanno il sapore del vuoto. E peggio ancora,
Gesù, la persona di cui si celebra la nascita, non
c’è.
Mi è difficile immaginare la nascita di Gesù in
questo luogo. La stella d’argento ne indica il
posto, ma il corpo del bambino non c’è. Stella
vuota, frastagliata in varie punte, immagine di
una chiesa disunita che non mostra più l’intero
corpo di Gesù. Che tristezza vedere il luogo
che ricorda la nascita di Dio sulla terra, senza
vedere il bambino che vi è nato!
“Durante la 94a olimpiade, nell’anno 752 dalla
fondazione di Roma, nell’anno 14° di regno
dell’imperatore Augusto, mentre nel mondo
intero regnava una pace universale, 2000 anni fa,
a Betlemme di Giuda, umile villaggio d'Israele,
allora occupato dai romani, in una stalla, perché
non c'era posto per loro nell'albergo, dalla
vergine Maria, sposa di Giuseppe, della Casa e
della Famiglia di Davide, NACQUE GESU’
eterno Dio, Figlio dell'eterno Padre e vero uomo,
chiamato Messia e Cristo, che è il Salvatore che
gli uomini aspettavano.
Il missionario deve sì annunciare l'incarnazione,
la sàrkosis come diceva Ireneo (Contro le
eresie 3, 18,3; 19, 1-2), ma non deve anche
impegnarsi per un ecumenismo sano, capace di
creare l'unità tra i cristiani?
Egli è la Parola che illumina ogni uomo; in
principio di tutte le cose sono state create per
mezzo di lui; che è la via, la verità e la vita, venne
ad abitare in mezzo a noi” (Kalenda).
Bacio con amore la stella, cercando di pregare.
E mi viene la luce, la comprensione del mistero.
E poi le ragnatele! In nessun luogo, in nessun
tempio ne ho viste così tante. Tutti le vedono,
tutti passano e nessuno le toglie. Sono là, quasi
a significare il peccato accumulatosi durante il
susseguirsi dei secoli. Povero Gesù, totalmente
“consegnato” nelle mani dell’uomo!
Respiro poesia, incanto, tenerezza del nascere.
Minuti meravigliosi in cui comprendo, all’istante,
la totalità del messaggio.
“La tua Betlemme sia la tua santità: rivestiti di
lode, di silenzio e di opere sante se vuoi veramente
incontrati con Lui. Questo ti predica la stalla di
Betlemme, questo ti grida il silenzio del presepe,
questo ti dicono apertamente le tenere membra
del Bambino” (S.Bernardo).
Poi lo scontro con la dura realtà. Nel luogo dove
Dio si è fatto come noi, ci si aspetterebbe di
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Non toccate Betlemme, popoli della terra!
Gesù non è una poesia. Egli ha voluto nascere
in povertà prendendo corpo nelle ragnatele
della storia, dove polvere e sporcizia si era
depositata regina. Solo per amore, solo per
salvarci, gratuitamente. Solo perché mi vuole
bene!
O Betlemme delle ragnatele, icona del mio
cuore, insegnami l’amore e traccia per me la via
della conversione!
La visita sta per finire e mi accingo a uscire.
Ti vedo steso sulla stella, Gesù, accanto a
Maria tua madre e a Giuseppe. “Sdraiato” in
una grotta, dice il vangelo, per dare inizio a un
viaggio nella storia del mondo.
Mi ricordo di Georges Bernanos che nel suo
Dialogo delle Carmelitane narra il martirio
delle Carmelitane di Compiègne, durante la
rivoluzione francese. Esse attendevano la
ghigliottina.
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Nella notte di Natale, la priora porta la statua
di Gesù Bambino in ogni cella del convento,
come vuole la tradizione carmeliatana.
da Casa Madre 12/2012
Arrivata nella cella di Blanche de la Force le
consegna la statua. Essa però cade e si frantuma.
" Oh, il piccolo Re è morto ", esclama Blanche.
"Non resta più che l'Agnello di Dio!".
Lo sai, mio Signore, che un’altra grotta ti
attende? Ti sdraieranno ancora in una grotta,
un’altra volta, seppellendoti a Gerusalemme. Vi
resterai tre giorni, per amore.
Poi ti rimetterai in viaggio, verso casa, verso il
Padre che ti aspetta.
Porta anche me nel tuo viaggio, Gesù!
IL PRESEPE DI GRECCIO
“Baciava con grande devozione le immagini del bambinello” (2 Celano,
199: Fonti Francescane, 787)
Se ne andava nel bosco di Greccio
San Francesco pregando gioioso
e pensava al Natale vicino
al Natale del Santo Bambino.
E diceva tra sé umilmente:
“Vorrei fare un presepe vivente,
con persone somiglianti
a Maria, Giuseppe e Gesù”.
“Cari fratelli miei, tutti da me venite:
è un presepe vivo e vero che farete insieme a me!”.
“Caro fratel Francesco, gioia a Dio cantiamo,
è il presepe dell’amore: tanta gioia porterà!”.
Tutti i frati nel bosco di Greccio
lavoravano intorno al presepe
nella grotta la paglia è asciutta
e la stalla è pulita già tutta.
Ci son l’asino, il bue e i pastori
e le pecore all’alba son fuori
a brucare l’erba fresca
di rugiada, vicino a Gesù.
“Cari fratelli miei, tutti da me venite:
è un presepe vivo e vero che farete insieme a me!”.
“Caro fratel Francesco, gioia a Dio cantiamo,
è il presepe dell’amore: tanta gioia porterà!”.
è il presepe dell’amore: tanta gioia porterà!”.
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L’Allamano nell’iconografia
L’ULTIMA STATUA DELL’ALLAMANO
P. Francesco Pavese IMC
Durante gli anni sono state confezionate alcune
statue dell’Allamano in bronzo, in gesso o in
legno, specialmente in Italia, Portogallo, Kenya
e Colombia. Non si può dire che siano riuscite
tutte bene.
Sono stati pure scolpiti in legno riquadri o
statuette, specialmente in Mozambico e in
Congo. Anche queste opere sono più che altro
segno di buona volontà e uno sforzo di rendere
visibile l’Allamano.
La statua (cm 200) dello scultore M. Ventura,
realizzata in occasione della beatificazione, ha
avuto un certo successo. È stata fusa in diverse
copie in bronzo, collocate in alcune case in Italia
e una anche in Kenya, al Sagana. L’Allamano è
in atteggiamento di accoglienza, ha un aspetto
abbastanza giovanile, la fisionomia è incerta.
L’esigenza di avere una statua più “riconoscibile”
è rimasta nell’Istituto. Ecco perché nel 2006,
presso la ditta “Domus Dei” a Cecchina (Roma),
la scultrice Bruna Gasperini è stata incaricata di
realizzare una statua dell’Allamano (cm 120), il
cui volto fosse facilmente riconoscibile.
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L’opera ha avuto un certo gradimento, anche se
non al massimo. L’Allamano è stato presentato
come fondatore di missionari. Nella sua mano
sinistra è posto il libro aperto del vangelo
per significare visibilmente l’annuncio. Il suo
braccio destro è proteso in alto e avanti ad
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indicare il mandato. Questo modo di presentare
il Fondatore è ritenuto da alcuni troppo ardito,
per cui si è realizzata una seconda copia della
statua con il braccio meno proteso, sempre come
segno dell’invio.
Di questa statua ne sono state fuse alcune copie
in bronzo, altre in vetro resina, inviandole in
diversi paesi dove lavorano i nostri missionari:
Italia, Portogallo, Kenya, Mozambico, Brasile.
Il Significato missionario dell’opera è evidente.
Guardandola pare proprio che il Fondatore
insista sull’invio. Questa era la sua convinzione
basilare e la spiegava ai suoi giovani, insistendo
sul fatto che la loro missione era collegata alla
volontà salvifica del Padre, che invia il Figlio,
il quale a sua volta invia la Chiesa. Ecco le sue
parole rivolte a due confratelli partenti: «In
questo momento vi ho dato il comando, la
missione di N.S. Gesù Cristo:’ Sicut misit me
Pater, et ego mitto vos: euntes ergo docete
omnes gentes’[…]. Questa non è una missione
ordinaria, secondaria. L’Eterno Padre ha
mandato il Figliolo, il Figliolo ha mandato la
Chiesa, e la Chiesa per mezzo mio manda voi.
[…] E vi manda a far che cosa? A predicare
il vangelo ad ogni creatura. Quindi il vostro
zelo non deve avere limiti, vi manda per tutta
la terra, in ogni luogo; dovete procurare la
conversione di tutto il mondo».
So noti il verbo “mandare” pronunciato al
presente, quando spiega l’incarico che lui,
a nome della Chiesa, dà ai suoi. Ciò perché
intende sottolineare che si tratta di una realtà
attuale, che continua nello svolgersi della storia.
Anche se la missione ha subito un profondo
rinnovamento dal Concilio in poi, ciò che
rimane immutato e valido tuttora è proprio il
mandato, che ci ricollega con la Chiesa, con
Cristo e, in ultima analisi, con l’amore eterno
del Padre, che vuole tutti salvi. Questa statua,
se vogliamo, ci può ricordare proprio questo.
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da Casa Madre 12/2012
“L’utopia di Francesco si è fatta... Chiara“
(Raimon Panikkar)
IL TESTAMENTO DI SAN FRANCESCO
P. Giuseppe Ronco, IMC
Francesco scrisse due testamenti.
IL TESTAMENTO DI SIENA
Nella primavera del 1226 Francesco scrisse un
piccolo testamento, così detto perché corto e
conosciuto come il Testamento di Siena.
Secondo la “Leggenda Perugina” (un’antica
biografia), il “Piccolo Testamento” fu dettato
da S. Francesco a frate Benedetto nella
primavera del 1226 (aprile-maggio), quando
il santo era già gravemente malato ed aveva
continui sbocchi di sangue.
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“Mentre dunque S. Francesco si trovava nella
città di Siena, cominciò a sentirsi male con
continui sbocchi di sangue, e lancinanti dolori
allo stomaco, come già avveniva da tempo.
Tutta la notte penò in tale situazione fino
all’alba, tanto che i suoi fratelli, vedendolo
sfinito, in lacrime gli dissero: “Padre, che
cosa possiamo fare? Benedici noi e gli altri
da Casa Madre 12/2012
tuoi fratelli e indicaci quali siano le tue ultime
volontà. “ Ed egli disse: “Chiamatemi Fra
Benedetto di Piratro”. Quando arrivò, il beato
Francesco dettò il testamento”.
condusse tra loro e usai con essi misericordia .
E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava
amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di
corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.
2. Amore alla Chiesa e ai sacerdoti
PICCOLO TESTAMENTO (Siena, aprile-maggio 1226)
132 - 1 «Scrivi che benedico tutti i miei frati che
sono ora nell’Ordine e quelli che vi entreranno
fino alla fine del mondo.
132 - 2 Siccome non posso parlare a motivo
della debolezza e per la sofferenza della
malattia, brevemente manifesto ai miei frati la
mia volontà in queste tre esortazioni.
133 3 Cioè: in segno di ricordo della mia
benedizione e del mio testamento, sempre si
amino tra loro,
134 4 sempre amino ed osservino la nostra
signora la santa povertà,
135 5 e sempre siano fedeli e sottomessi ai
prelati e a tutti i chierici della santa madre
Chiesa».
IL TESTAMENTO LUNGO
Il testamento di Francesco più noto, dal sapore
di “testamento spirituale”, è quello redatto
nelle settimane immediatamente precedenti
la sua morte, probabilmente nel settembre
del 1226, mentre dimorava all’Eremo delle
Celle di Cortona. E’ considerato lo specchio
più fedele della sua anima, il documento che
meglio rispecchia la sua personalità e il suo
messaggio. Qui appaiono con chiarezza i suoi
grandi amori.
E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così
semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo,
Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che
sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché
Con la tua santa croce hai redento il mondo.
Poi il Signore mi dette e mi dà tanta fede nei
sacerdoti che vivono secondo la forma della
santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che
se mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad
essi. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe
Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli
di questo mondo, nelle parrocchie dove abitano,
non voglio predicare contro la loro volontà.
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare
e onorare come miei signori, e non voglio
in loro considerare il peccato, poiché in essi
io vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. 3. Amore all’Eucarestia
E faccio questo perché, dell’altissimo Figlio
di Dio nient’altro io vedo corporalmente, in
questo mondo, se non il santissimo corpo e
il sangue suo che essi soli consacrano ed essi
soli amministrano agli altri. E questi santissimi
misteri sopra ogni cosa voglio che siano
onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. TESTAMENTO DI S. FRANCESCO
(FF110-131) :
1.Amore agli ultimi
Il Signore concesse a me, frate Francesco,
d’incominciare così a far penitenza, poiché,
essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo
amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi
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4. Amore al Vangelo
E dovunque troverò i nomi santissimi e
le sue parole scritte in luoghi indecenti,
voglio raccoglierle, e prego che siano
raccolte e collocate in un luogo decoroso.
E dobbiamo onorare e rispettare tutti i teologi
e coloro che annunciano la divina parola, così
come coloro che ci danno lo spirito e la vita . E dopo che il Signore mi donò dei frati,
nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare;
ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo
vivere secondo la forma del santo Vangelo .
Ed io con poche parole e semplicemente lo
feci scrivere, e il signor Papa me lo confermò.
5. Amore alla povertà e all’umiltà
E quelli che venivano per ricevere questa vita,
davano ai poveri tutte quelle cose che potevano
avere; ed erano contenti di una sola tonaca
rappezzata dentro e fuori, quelli che volevano,
del cingolo e delle brache. E non volevamo avere
di più.… e assai volentieri rimanevamo nelle
chiese. Ed eravamo illetterati e soggetti a tutti.
6. Amore al lavoro
E io lavoravo con le mie mani e voglio
lavorare, e tutti gli altri frati voglio che
lavorino di lavoro quale si conviene all’onestà.
Coloro che non sanno, imparino, non per la
cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro
ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.
Quando poi non ci fosse data la ricompensa
del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore
chiedendo l’elemosina di porta in porta. 9. Amore all’obbedienza
E fermamente voglio obbedire al ministro
generale di questa fraternità e a quel
guardiano che gli piacerà di darmi. E così
io voglio essere schiavo nelle sue mani che
non possa andare e fare oltre l’obbedienza
e la sua volontà, poiché egli è mio signore.
E sebbene sia semplice ed infermo, tuttavia
voglio sempre avere un chierico che mi reciti
l’ufficio, così come è detto nella Regola.
E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando
fermamente per obbedienza che non aggiungano
spiegazioni alla Regola e a queste parole dicendo:
Così si devono intendere; ma come il Signore mi
ha dato di dire e di scrivere la Regola e queste parole
con semplicità e purezza, così semplicemente
e senza commento dovete comprenderle
e santamente osservarle sino alla fine.
10. Benedizione
E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo
in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e
in terra sia ripieno della benedizione del diletto
Figlio suo col santissimo Spirito Paraclito e con
tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. Ed io,
frate Francesco, il più piccolo dei frati, vostro
servo, come posso, confermo a voi dentro e
fuori questa santissima benedizione. Amen.
7. Amore alla pace
Il Signore mi rivelò che dicessi
questo saluto: Il Signore ti dia pace .
8. Amore alla semplicità
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Si guardino i frati di non accettare assolutamente
chiese, povere abitazioni e quanto altro
viene costruito per loro, se non siano come
si addice alla santa povertà, che abbiamo
promesso nella Regola, sempre ospitandovi
come forestieri e pellegrini (Cfr 1Pt 2,11). E
… dove non saranno ricevuti, fuggano in altra
terra a far penitenza con la benedizione di Dio.
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Preghiera al Crocifisso di San
Damiano
Altissimo, glorioso Dio illumina le tenebre de lo core mio. E damme fede dritta, speranza certa e caritade perfetta, senno e cognoscemento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace
comandamento. Amen. Benedizione di S. Chiara
del beato arcangelo Michele,
Nel nome del Padre e del Figlio
di tutti i santi e le sante di Dio,
e dello Spirito Santo.
perché lo stesso Padre celeste vi doni,
Amen
vi confermi questa santissima benedizione in
cielo e in terra.
Il Signore vi benedica, vi custodisca,
Voi siate sempre amanti di Dio e delle vostre
anime,
mostri a voi la sua faccia, vi usi misericordia,
siate sempre solleciti di osservare
rivolga a voi il suo volto e vi dia la sua pace
quanto avete promesso al Signore.
Io Chiara, serva di Cristo,
Il Signore sia sempre con voi,
pianticella del santo padre nostro Francesco,
ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui
prego il Signore nostro Gesù Cristo
Amen !
per la sua misericordia, per l’intercessione
della sua santissima madre Maria,
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da Casa Madre 12/2012
ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE
IL SUPERIORE GENERALE
P. Stefano Camerlengo, IMC
“ Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla
sapienza del cuore!” ( Salmo 89 )
Confratelli carissimi,
12
Saluti fraterni e tanta pace! Vi scrivo per esprimere il mio ringraziamento fraterno a nome
mio personale e della mia famiglia naturale per
la vicinanza, la preghiera e la solidarietà in occasione della malattia di mia madre prima ed
ora di mio padre. La situazione attuale in casa
mia è la seguente: mio padre è ritornato a casa
dall’ospedale dopo un ictus devastante che ha
provocato altre complicazioni dovute anche
all’età avanzata, il problema più grave è la complicazione della parola e della logica razionale,
forse potrà uscirne, almeno in parte, ma occorre molto tempo e molta pazienza. Mia madre
ha diversi problemi fisici, tra cui una peg ( un
tubo nutritivo nello stomaco) con la quale convive ed altri acciacchi. Da quanto sto dicendo
potete immaginare come si presenta la situazione a casa: entrambi i genitori non sono più autonomi ed hanno bisogno di sostegno. Grazie
a Dio la mia famiglia è numerosa e unita, per
cui c’è un buon accompagnamento ed una buona presenza da parte dei mie fratelli e sorelle.
Pensando ai miei genitori e alla mia famiglia,
rifletto e prego anche per i vostri genitori e le
vostre famiglie, penso alle differenti situazioni
che ognuno vive. I genitori sono importanti e
dobbiamo responsabilizzarci per loro, ora che
l’età non gli permette più di farlo da soli. Ma,
non dobbiamo mai dimenticare che la loro gioia è vederci contenti e realizzati nella nostra
da Casa Madre 12/2012
vocazione. Continuiamo a camminare nella vita
e nella missione pur con sofferenza e fatica, offrendo a chi incontriamo la nostra consolazione
e il nostro amore. A Maria, Madre di Misericordia e Salute degli Infermi, eleviamo il nostro
sguardo fiducioso e la nostra orazione; la sua
materna compassione, vissuta accanto al Figlio
morente sulla Croce, accompagni e sostenga la
fede e la speranza di ogni persona ammalata e
sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito. A tutti e ad ognuno
un fraterno ringraziamento e il mio ricordo nella mia povera preghiera.
«Dio guarisce tutte le tue infermità. Non temere
dunque: tutte le tue infermità saranno guarite... Tu devi
solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue
mani». St. Agostino
Coraggio e avanti in Domino!
La Consolata vi assista e guidi,
Padre Stefano Camerlengo
12.11.2012, San Giosafat!
ENCONTRO DA COORDENAÇÃO EUROPEIA DOS LMC
Consolata.pt
No dias 2, 3 e 4-de Novembro 2012, na Casa
Mãe dos missionários da Consolata em Turim,
Itália, esteve reunida a coordenação europeia
dos Leigos Missionários da Consolata (LMC).
Este foi o primeiro encontro da Coordenação
LMC após a realização do Encontro Internacional,
em Janeiro de 2011, e dos Capítulos dos Institutos dos Missionários e Missionárias da Consolata.
Uma das principais mudanças no que toca ao
relacionamento entre os LMC e o IMC tem a
ver com o facto de que, com a nova direcçãogeral IMC, cada conselheiro-geral encarregado de um continente, tem também a função
de responsável pelos LMC; tendo deixado de
existir um conselheiro-geral responsável pelos
LMC, a nível do Instituto; conforme foi explicado pelo P.Ugo Pozzoli, Conselheiro-Geral IMC, encarregado do continente Europa.
Das mudanças e novidades que foram acontecendo nas diferentes regiões (Itália, Portugal e
Espanha) destacou-se a aproximação entre as
comunidades LMC seguidas tradicionalmente pelos missionários e as comunidades seguidas pelas missionárias. Este foi um desafio
lançado durante o Encontro Internacional e
que obteve resultados positivos. Assim sendo, a coordenação LMC- Itália, já integra no
seu seio, LMC’s que são seguidos tanto pelos
missionários, como pelas missionárias. Desta
forma, a coordenação europeia LMC passou também a contar com esta presença.
Daqui surge outro desafio semelhante que pode
ser aplicado a Portugal: a aproximação (e posterior integração) de outros grupos/movimentos
laicais, ligados aos missionários da Consolata.
As sessões de trabalho foram intensas, de
modo a aproveitar o tempo, mas com espaço
à partilha das diferentes realidades e ao surgimento de novos caminhos para o futuro.
Mais uma vez foi um bom encontro, e apesar de cada um se exprimir na sua língua foi
fácil o entendimento, pois a missão é universal, e o Carisma do Beato Allamano e a proteção da Mãe Consolata é o que nos une.
O encontro contou com a presença de Ugo
Pozzoli, Conselheiro Geral do IMC, José Luís
Pereira, delegado IMC da região espanhola e
Gianni Treglia delegado IMC da região italiana. Iva Costa e Teresa Silva representaram os
LMC de Portugal; Chico Arrabal Sanchez e
Luis Bueno os de Espanha, Loredana Mondo
e Gianfranco Ceronetti os LMC-MC de Itália;
Miryam Lucci e Fabio Limonta os LMC de
Itália. As missionárias da Consolata foram representadas por Carmelita Semeraro, Conselheira Geral MC e Luisa Casiraghi, Superiora da
Região Europa MC.
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NUOVI SUPERIORI REGIONALI
P. Tobias de Oliveira, IMC
La chiamata di P. Elio Rama all’Episcopato e la morte di P. Salutaris Massawe hanno richiesto che
fossero eletti due Superiori Regionali, uno in Brasile e uno in Tanzania.
Queste elezioni sono state fatte ieri e oggi 15 Novembre e i risultati sono i seguenti: In Brasile il
nuovo Superiore Regionale è P. Luis Carlos Emer e in Tanzania il nuovo Superiore Regionale è P.
Erasto Colnel Mgalama.
Ai due nuovi Regionali le nostre congratulazioni e le nostre preghiere.
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SANTI MARTIRI DELL'AMERICA DEL NORD
PROTETTORI IMC PER IL 2013
P. Stefano Camerlengo, IMC - Sr. Simona Brambilla, MC
“Non abbiate alcun debito verso gli altri
Nepi-Roma, 30 novembre 2012
Se non quello dell’amore reciproco”
S. Andrea Apostolo
(Rom 13,8)
“Bisogna avere tanta carità
da dare la vita”
(G. Allamano, Così vi voglio, n. 121)
Carissimi Missionari e Missionarie,
il giorno 8 novembre , le due Direzioni generali si sono incontrati a Nepi, come da tradizione, per
riflettere e condividere insieme i cammini dei due Istituti in spirito di collaborazione e comunione.
Frutto di questo incontro è stato anche il discernimento sui Protettori per l’anno 2013, che vogliamo
proporre a tutta la Famiglia della Consolata. Presentiamo per questo nuovo anno un gruppo di
protettori: i Martiri dell’America del nord (o Martiri canadesi).
Introduzione
Si tratta di otto martiri francesi della Compagnia di Gesù, che erano impegnati nella missione di
prima evangelizzazione tra gli indigeni Uroni. Cinque di loro subirono coraggiosamente un atroce
martirio nell'odierno Canada; sono i sacerdoti: Jean de Brébeuf (+ 16 marzo 1649), Antoine Daniel
(+ 4 luglio 1648), Gabriel Lalemant (+ 17 marzo 1649), Charles Garnier (+ 7 dicembre 1649) e
Noel Chabanel (+ 8 dicembre 1649); gli altri tre, cioè il sacerdote Isaac Jogues (+ 18 ottobre 1646)
e i coadiutori René Goupil (+ 29 settembre 1642) e Jean de Lalande (+ 19 ottobre 1646), offrirono
eroicamente la loro vita nell'attuale territorio degli Stati Uniti dell'America settentrionale. Sono stati
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tutti dichiarati santi da Pio XI nel 1930. La memoria liturgica dei Martiri dell’America del nord si
celebra il 19 ottobre.
Motivazioni
Le motivazioni di questa scelta sono molteplici. Qui accenniamo solo a qualcuna, invitando tutti e
tutte all’approfondimento personale e comunitario:
1. Santità al plurale: L’esperienza di questi martiri ci aiuta a capire che la santità non è solo un
“affare personale” né solo il frutto di un percorso individuale. In particolare, la nostra santità
missionaria presuppone un cammino di comunione e di comunità, in quanto la missione non è
opera di “navigatori solitari”. Come la missione tende alla comunione con Dio e tra di noi, così la
santità di vita si alimenta della comunione e porta alla comunione; ideale, questo, caro al Fondatore
che esortava: «Tutti insieme ci aiuteremo a farci santi» (Vita Spirituale, p. 456).
2. Fede coraggiosa: Il martirio non è un progetto per cui tramare, non è neppure un progetto di
santificazione propria, ma è un puro dono di Dio in Gesù Cristo, per il quale sempre vale la pena
di vivere e di morire! Nel cammino di questi martiri, la fede si è talmente rafforzata da dar loro
il coraggio di lasciare il proprio Paese in un’epoca in cui le distanze geografiche e culturali erano
difficili da superare, di condividere in tutto la propria vita con i più poveri in nome del Vangelo che,
diventato martirio, è una dimostrazione senza equivoci del trionfo della verità, del coraggio e della
virtù sulle false fraternità e sull’odio. «Il martire non sceglie la morte, ma un modo di vivere, quello
di Gesù» (Bruno Maggioni).
3. Nuova evangelizzazione in un mondo interculturale: «La nuova evangelizzazione ha al suo
centro Cristo e l’attenzione alla persona umana, per dare vita a un reale incontro con Lui. Ma i suoi
orizzonti sono larghi quanto il mondo e non si chiudono a nessuna esperienza dell’uomo. Questo
significa che essa coltiva con particolare cura il dialogo con le culture» e l’incontro con i popoli.
Cenni storici e biografici
A partire dal 1640, gli Uroni incominciarono ad essere attaccati dagli Irochesi. Tra le due popolazioni
indigene, scoppiò così una vera e propria guerra di sterminio, che terminò con l’annientamento quasi
totale degli Uroni e di conseguenza con l’apparente annullamento dell’opera missionaria cristiana.
E’ nel contesto di questa sanguinosa guerra che si collocano le vicende del martirio degli otto gesuiti
francesi, sottoposti ad acutissime sofferenze, seviziati per ore e ore, a volte addirittura per giorni
interi fino alla morte. L’eroismo dei missionari nel sopportare i tormenti e la morte impressionò
così tanto i guerrieri Irochesi che, nell’intento di acquistarne la forza e il coraggio, arrivarono ad
ingerirne il cuore. E un po’ del cuore dei martiri restò davvero nell’anima degli Irochesi, poiché
l’esperienza cristiana non si estinse completamente e, nei decenni successivi, riprese vigore e fiorì
di nuove opere, che dal sangue dei martiri traevano insostituibile linfa.
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Padre Jean de Brébeuf arriva in Canada nel 1625, a 32 anni. Si inserisce nella vita degli indigeni
Uroni, ne impara la lingua. Aveva fatto il voto di non tirarsi indietro davanti al martirio. Secondo
la testimonianza dei contemporanei, «non sembrava nato che per questo paese, adattando il suo
carattere e il suo comportamento alle maniere degli indigeni, con tale padronanza, facendosi tutto
a tutti per guadagnarli a Gesù Cristo, da conquistare il loro cuore». Uomo di preghiera, con i doni
dell'orazione, aspirava ad essere unito alla croce col Cristo e, nelle sue prove, voleva, sull'esempio
di Nostra Signora Addolorata, essere perfettamente sottomesso «ai voleri di Dio, anche se spesso
il suo cuore fosse stato ben addentro alle afflizioni». Dopo alcuni anni, il giovane padre Antoine
Daniel si unisce a Brébeuf nella missione tra gli Uroni. Pedagogo, abile nell’apprendimento della
lingua indigena, compone un adattamento musicale del Padre Nostro in lingua, e fonda una scuola
per i giovani Uroni. Nel 1636 giungono alla missione anche i padri Isaac Jogues e Charles Garnier.
Jogues si distingue per la sua fortezza d’animo che gli vale il soprannome di "uccello da preda"
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(Ondessonk). Nella sua preghiera egli supplica Dio di accordargli il favore di soffrire per la Sua gloria.
Diventerà il primo apostolo tra gli indigeni Irochesi. Garnier è un giovane sacerdote dall’apparenza
fisica fragile. Vivrà per 14 anni la sua missione tra gli Uroni e poi tra il vicino popolo Petun. René
Goupil è un laico collaboratore gesuita; aveva appreso l’arte della chirurgia, che esercitò tra il
popolo Urone dal 1640, anno in cui giunge alla missione in Nuova Francia. Fatto prigioniero
dagli indigeni Mohawk, emette i voti religiosi come fratello gesuita nelle mani di padre Jogues, suo
compagno di prigionia. Morirà martire pochi giorni dopo, primo tra i suoi compagni. Anche Jean
de Lalande è un laico collaboratore. La prima indicazione della sua presenza in Nuova Francia risale
al 1642. Morirà martire nel 1646 assieme a padre Jogues durante un viaggio in territorio Mohawk.
Padre Noel Chabanel aveva chiesto di essere inviato presso gli Uroni. Arriva a Nuova Francia nel
1643. Nonostante la sua ripugnanza a vivere secondo la loro maniera di vita e la sua incapacità a
riuscire a padroneggiare la lingua, si impegna a rimanere per sempre nella missione. Confida ad un
suo confratello: «Non so come Dio voglia disporre di me, ma mi sento tutto cambiato circa un
punto: sono naturalmente molto apprensivo, ma ora che sto avviandomi verso un grande pericolo
e che la morte non è forse molto lontana, non ho più paura. Che sia proprio la volta buona, questa,
in cui mi doni a Dio e che gli appartenga!». Padre Gabriel Lalemant arriva alla Missione di Santa
Maria, tra il popolo Urone, nel gennaio 1649, e diviene compagno di Brebéuf. Lalemant è piccolo e
debole di costituzione, ma pieno di entusiasmo e passione missionaria; durante un attacco morirà
martire assieme a Brebéuf nel marzo 1649, dopo che entrambi avranno sopportato terribili torture.
Frammenti di un Vangelo Vissuto
Ispirati dai racconti dei primi missionari, alcuni di questi martiri hanno chiesto ai loro superiori il
favore di essere inviati alla Nuova-Francia per portare la Buona Notizia del Vangelo alle nazioni
autoctone del Canada. Erano coscienti dei pericoli cui si esponevano vivendo in seno a nazioni
spesso soggette agli attacchi dei loro nemici. E parecchi avevano lucidamente previsto ed accettato
la prospettiva del martirio. Attenti a proclamare il Vangelo rispettando la cultura degli Uroni, essi
vivono con loro, imparano la loro lingua e, durante gli attacchi, non esitano a mettere a repentaglio
la loro vita per rimanere vicini alla gente.
1. Dirà Giovanni Paolo II nell’omelia alla Liturgia della Parola con gli indigeni del Canada presso il
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Santuario dei Martiri Canadesi a Midland, il 15 settembre 1984:
«Mentre davano la loro vita, questi missionari guardavano al futuro, al giorno in cui gli autoctoni
avrebbero raggiunto la piena maturità e assunto un ruolo di leadership nella loro Chiesa. San Giovanni
de Brébeuf sognava una Chiesa pienamente cattolica e pienamente huroniana. (…) Vogliamo anche
ricordare come le degne tradizioni delle tribù indiane furono rafforzate e arricchite dal messaggio
evangelico. Questi nuovi cristiani sapevano per istinto che il Vangelo, lungi dal distruggere i loro
autentici valori e costumi, aveva il potere di purificare ed esaltare il patrimonio culturale che avevano
ricevuto. Nella sua lunga storia la Chiesa si è costantemente arricchita delle nuove tradizioni che
sono venute via via ad aggiungersi alla sua vita e al suo retaggio. Oggi noi siamo grati per il ruolo
che le popolazioni autoctone svolgono non solo nel tessuto multiculturale della società canadese,
ma nella vita della Chiesa cattolica. Cristo stesso è incarnato nel suo corpo, la Chiesa. E attraverso
la sua azione la Chiesa vuole aiutare tutti i popoli “a trarre, dalle proprie tradizioni vive, espressioni
originali di vita cristiana, di celebrazione e di pensiero” (Catechesi Tradendae, 53). Così l’unica
fede viene espressa in modi diversi. Escludendo che si possa in alcun modo adulterare la parola di
Dio o svuotare della sua potenza la croce, la realtà è invece questa: Cristo anima il centro stesso di
ogni cultura, per cui non solo il cristianesimo interessa tutte le popolazioni indiane, ma Cristo, nei
membri del suo corpo, è egli stesso indiano».
2. Scrive padre Brebéuf nel 1636: «Gesù Cristo è la nostra vera grandezza; nel seguire questo
popolo, dovremmo cercare solo Lui e la Sua Croce. Perché se cerchi qualcos’altro, troverai solo
afflizioni fisiche e spirituali. Ma se hai trovato Gesù Cristo e la Sua Croce, allora trovi le rose nelle
spine, la dolcezza nell’amarezza, il tutto nel nulla». La sera del 15 marzo 1649, Brebéuf e Lalemant
si erano appena ritirati in casa, nella missione di Saint Louis, quando un gruppo di Irochesi attacca
il posto. I due gesuiti vengono fatti prigionieri insieme a un gruppo di Uroni, torturati e alla fine
uccisi mentre pregano per i loro persecutori: «Gesù, abbi misericordia di noi!». Nel diario spirituale
di Brebéuf si leggerà: «Per due giorni successivi ho sentito in me un grande desiderio del martirio
e di sopportare tutti i tormenti che i martiri hanno sofferto». Il superiore della missione ricorderà
una conversazione avuta col confratello qualche tempo prima, quando aveva chiesto a Brebéuf se
non avesse paura del fuoco, qualora fosse catturato dagli Irochesi. «Oh, sì!» rispose il missionario,
«ne avrei paura se guardassi solo alla mia debolezza. La puntura di una mosca è capace di rendermi
impaziente. Ma confido che Dio mi aiuterà. Sostenuto dalla Sua Grazia, non temo i tormenti del
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da Casa Madre 12/2012
fuoco più di quanto tempo la puntura di uno spillo».
3. Durante il viaggio di ritorno da Québec alla missione di Santa Maria (in Huronia), dopo aver fatto
provviste per la missione, padre Isaac Jogues e René Goupil, assieme ad un gruppo di Uroni che li
accompagnavano, caddero prigionieri dei guerrieri Mohawk. Tutti vennero torturati. Riavutosi dalle
torture, René vuole emettere i voti religiosi nelle mani dell’amico Isaac. Davanti al suggerimento
di Isaac che vorrebbe che Renè tentasse la fuga, risponde: «Permettimi di morire con te, padre,
perché non posso abbandonarti». René viene ucciso a colpi di accetta poco tempo dopo. In questa
circostanza, anche gli Uroni che accompagnavano i gesuiti furono martirizzati. Eustace Ahatsistari,
un capo Urone cristiano, fu torturato ed ucciso mentre pregava a voce alta per i suoi persecutori.
Dopo la morte di René, padre Jogues riesce miracolosamente a scappare dal campo Mohawk.
Troverà il martirio nel 1646 assieme a Jean Lalande: catturati ancora da un gruppo Mohawk, i due
missionari verranno uccisi a colpi di accetta e i loro corpi gettati nel fiume; la notizia della loro
morte arriverà alla missione gesuita solo dopo circa otto mesi.
4. All’inizio di luglio del 1648, Padre Antoine Daniel era appena tornato dagli esercizi spirituali alla
sua missione di Teanaustaye. Aveva trascorso gli esercizi alla missione di Santa Maria, godendo un
tempo di rinnovamento fisico e spirituale. Era stata anche una felice occasione di incontrare padre
Brebéuf, a cui lo legava una profonda amicizia. Aveva appena celebrato la Messa, quel mattino,
quando la missione venne attaccata dai guerrieri Irochesi. In un istante, la missione diviene teatro
di una terribile carneficina. Padre Daniel si getta nella mischia, tentando di aiutare la gente a fuggire.
Dice ad alcuni anziani troppo deboli per correre: «Fratelli, sorelle, oggi saremo in paradiso!». Si
rifiuta di fuggire e, per distrarre i guerrieri e guadagnare tempo prezioso per la fuga della sua gente,
ancora vestito coi paramenti liturgici prende tra le mani un crocifisso, e innalzandolo avanza verso
di loro. I guerrieri si fermano alcuni istanti sbigottiti e confusi; poi, una raffica di frecce mette fine
alla vita di Daniel.
5. Una serie di guerre, che avevano condotto alla carestia, disperdono gli Uroni, che cominciano a
migrare in altre zone. Un centinaio di essi, cristiani, fugge assieme ai gesuiti nelle zone all’Isola si S.
Joseph. La missione di Santa Maria viene abbandonata nel 1650, dopo un inverno particolarmente
duro che aveva decimato ulteriormente la popolazione. I gesuiti della missione, con ciò che rimane
della comunità cristiana, si spostano a Québec, dove gli Uroni finiscono per vivere in riserve. Così
sembra concludersi il dramma della missione tra gli Uroni, in un apparente fallimento totale. Ma
la passione missionaria che aveva portato i martiri a divenire tali non rimane sterile. Molti indigeni
avevano abbracciato il cristianesimo e tra essi non mancava chi aveva reso testimonianza a Cristo
col dono della vita. Il terreno spirituale dei popoli indigeni era stato fecondato dal Vangelo e
avrebbe ancora dato preziosi frutti di santità, tra i quali spicca Santa Kateri Tekakwitha, detta
“Giglio dei Mohawk”.
Metodo
Per accompagnare la riflessione e la preghiera personale e comunitaria, abbiamo pensato di arricchire
questa lettera con quattro schede, elaborate dai consiglieri e dalle consigliere generali, che saranno
inviate in date significative lungo l’anno 2013:
1. Prima Scheda. La fede: «Bisogna vivere di fede» (cf. Così vi Voglio, n. 86). L’invio di questa
scheda è previsto per il 16 febbraio, festa del Fondatore.
2. Seconda Scheda. Nuova Evangelizzazione: «Ci vuole fuoco per essere apostoli» (Così vi Voglio,
n. 122). L’invio è previsto per Pasqua.
3. Terza Scheda. Santità comunitaria: «Tutti insieme ci aiuteremo a farci santi» (Vita Spirituale, p.
456). L’invio è previsto per la Festa della Consolata.
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4. Quarta Scheda. Stile di Missione: «…ma perché il vostro lavoro ottenga tutto il frutto desiderato,
deve avere tre qualità: sia perseverante, concorde e illuminato» (G. Allamano, Lettera ai Missionari
del Kenya, 02 ottobre 1910). L’invio è previsto per il 19 ottobre, memoria dei martiri nordamericani
(canadesi).
Conclusione
Presentando i Martiri dell’America del nord come protettori annuali, abbiamo inteso sottolineare
la bellezza e la grandezza del Vangelo vissuto, della testimonianza di una vita donata fino alla fine
a Cristo e agli altri, valore che riteniamo indispensabile per un autentico rinnovamento del nostro
essere e del nostro operare, oggi, in questo tempo caratterizzato dalla “desertificazione spirituale”:
«C’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la
Terra Promessa e così tengono desta la speranza» (Benedetto XVI, Omelia alla Messa di apertura
dell’anno della Fede, Roma, 11 ottobre 2012).
Preghiera in onore dei martiri dell’America del nord
O Dio, che per mezzo della predicazione e del sangue
dei tuoi santi martiri
hai consacrato i primi frutti della fede nell’America del nord
concedici, per la loro intercessione,
che l’abbondante messe di cristiani
cresca dovunque e sempre.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
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CASA
GENERALIZIA
NOVEMBRE – 2012
P. Vedastus Kwajaba, IMC
01 Novembre: Solennità di Tutti i Santi. Ci
rechiamo al Cimitero del Verano per la recita
del Rosario presso tomba dove riposano alcuni
dei nostri confratelli. La preghiera guidata
da P. Gomes Patrick è per tutti i confratelli e
consorelle defunti, come pure per i nostri parenti
e benefattori. Li pensiamo tra la schiera dei
santi del cielo e invochiamo la loro protezione
per i nostri Istituti. Ricordiamo nelle preghiere
in modo particolare Padre Salutaris Massawe,
morto nel mare pochi giorni fa.
08 novembre: la Direzione Generale, che
dedica tutto il mese di novembre alle riunioni
del Consiglio, si reca oggi a Nepi per incontrarsi
con le Missionarie della Consolata.
09 novembre: La comunità accoglie con
gioia la visita della mamma di Padre Antonio
Rovelli per qualche giorno a casa generalizia.
La ringraziamo per il suo servizio di sartoria e
stireria.
Nel frattempo accogliamo P. Medina Salvador
dopo un lungo periodo di assenza per la visita al
Canada, Stati Uniti e Messico. Ritorna anche P.
Marini dal Tanzania, e ci intrattiene sulla morte
di P.Salutaris.
06 novembre: La comunità si raduna verso di
sera per un incontro comunitario organizzato
dalla Direzione Generale. Si condivide la vita
dell’ Istituto, dei continenti e dei missionari,
dopo diverse visite da loro fatte. Il padre generale
parla anche del Biennio sulla Missione con una
riflessione particolare che riguarda economia di
comunione per la missione per tutto l’Istituto.
07 novembre: Padre Dietrich Pendawazima, vice
superiore generale ritorna dalla Tanzania dopo
una vista alla regione e incontro del consiglio
continentale. Ci porta i cari saluti da Tanzania e
le notizie sulla situazione generale della regione,
particolarmente dopo la mancanza del proprio
Superiore Regionale.
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10 Novembre: La comunità, in vista
dell’elaborazione del Progetto Comunitario
di Vita e della programmazione comunitaria,
si raduna per un ritiro predicato dal Padre
Giuseppe Ronco. Il tema è l’analisi del
Testamento di san Francesco, uno dei nostri
patroni di quest’anno. La presentazione bene
animata dal predicatore e la condivisione che
ne è seguita pone una sfida di rinnovamento
a ciascuno di noi sia nella vita religiosa che
missionaria.
12 - 13 novembre: Dedichiamo due pomeriggi
all’elaborazione della nostra programmazione
comunitaria alla quale partecipa tutta la
comunità. Sulla base della precedente
programmazione e materiali suggeriti dal
consiglio della casa si fanno nuove proposte per
il nostro cammino comunitario 2012 - 2013.
La comunità celebra il compleanno di padre
Cyrus Karuthi e ringrazia il Signore per il suo
dono della sua vita.
Padre Generale e Padre Patrick Gomes si
recano a Marta – Viterbo per partecipare al
funerale di signora Orfelia, mamma di Padre
Giuseppe Ettori, morto due anni fa.
In questi giorni, tutta l’Italia è colpita da piogge
torrenziali che hanno provocato disastri non
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indifferenti. A Roma, il Tevere è in piena,
alzandosi di 12 metri il livello dell’acqua.
15 novembre: La comunità di Casa Generalizia
e di Bravetta verso sera si radunano per celebrare
insieme la santa messa per i nostri defunti,
presieduta dal Superiore Generale. Tra i defunti
dell’anno ricordiamo in modo particolare, con
alcuni tratti e testimonianze, Padre Salutaris
Massawe e Mons. Angelo Cuniberti. Dopo la
Messa ci intratteniamo tutti assieme per la cena
e per un momento di condivisione fraterna.
21 novembre: E’ il compleanno di padre
Marconcini Giovanni: ringraziamo con lui il
Signore per il dono della vita.
24 novembre: E’ tra noi per qualche giorno la
mamma di Padre Gomes Patrick. Festeggerà il
compleanno del figlio il 26 novembre, prima di
ripartire per il Portogallo.
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LA CAPPELLA FUNERARIA IMC AL VERANO IN ROMA
P. Giuseppe Ronco, IMC
Il Verano (ufficialmente
“Cimitero
Comunale
Monumentale
Campo
Verano”)
è
il cimitero comunale
e monumentale di Roma situato
nel
quartiere Tiburtino.
Deve
il
nome Verano all’antico
campo
dei
Verani, gens senatoria ai tempi della repubblica
romana.
La zona, posta lungo la via
consolare Tiburtina, era fin dall’epoca romana
luogo di sepoltura. Qui c’erano le catacombe
di Santa Ciriaca, qui fu sepolto san Lorenzo,
sulla cui tomba sorsero la basilica e il convento.
Qui c’è la tomba del Beato Pio IX e quella di
Alcide De Gasperi.
Il cimitero moderno fu istituito durante
il regno napoleonico del 1805-1814 su progetto
di Giuseppe Valadier tra il 1807 e il 1812, in
ossequio all’editto di Saint Cloud del 1804,
che imponeva le sepolture al di fuori le mura
delle città. Dopo l’abdicazione di Napoleone
nel 1814, Roma tornò alla giurisdizione di Papa
Pio IX, che mantenne la regolamentazione
cimiteriale napoleonica e affidò a Virginio
Vespignani la realizzazione del Pincetto, zona di
sepoltura sopraelevata, con cappelle, piazzette,
monumenti e viali alberati, e la chiesa di Santa
Maria della Misericordia.
Il Cimitero del Verano, inaugurato nel 1835,
divenne luogo di sepoltura di personalità
illustri e con il suo patrimonio di opere d’arte,
costituisce una sorta di museo all’aperto che
non ha eguali.
Al cimitero del Verano, oggi vasto 80 ettari, si
accede da un grande piazzale, con colonnato
imponente, ma vi sono anche entrate laterali
per facilitare l’accesso alle tombe.
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In questo cimitero esiste anche la Cappella
funeraria dei Missionari della Consolata.
Per accedervi, si preferisce l’ingresso da
via Tiburtina, ingresso Crociate. Appena
oltrepassata la serie di cappelle a schiera che
lambiscono il cimitero israelita, si intravedono i
da Casa Madre 12/2012
mausolei di Peppino De Filippo, grande attore,
e di Claretta Petacci, amante di Mussolini.
Davanti c’è la nostra cappella.
Vicino alla nostra Cappella, lungo lo stesso
sentiero, sono sepolti Attilio Ferraris, calciatore
che fece parte della nazionale campione del
mondo, Mario Riva, e in una tomba a forma di
Nuraghe sardo Grazia Deledda, premio Nobel
per la letteratura. Dirigendosi verso l’uscita che
dà sulla Tiburtina, si trova il luogo di sepoltura
collettiva di Palmiro Togliatti e di altri storici
personaggi della sinistra italiana: Nilde Jotti,
Camilla Ravera, Luciano Lama.
La Cappella funeraria IMC
Fu per interesse di P. Domenico Fiorina,
Superiore generale e di P. Lorenzo Bessone,
Economo generale, che nel 1953 si diede
mandato al Procuratore generale dell’Istituto P.
Guaudenzio Barlassina di acquistare un lotto di
terreno al Verano. La concessione del Comune di
Roma venne il 4 dicembre 1953, per un terreno
di 10 mq come luogo di sepoltura possibile per
tutti i membri dell’Istituto.
I lavori di muratura della Cappella funeraria,
larga m 3,17 x 3,30 e alta m 5,30, iniziarono nel
1954 e finirono il 31 luglio 1955. A dicembre
venne posto il cancello con porte decorate
a foglie di bronzo, e nel 1956 era pronto per
essere inaugurato.
Il progetto della Cappella era dell’architetto
Aloisio, i lavori furono affidati alla Ditta
Guagnelli, e Fr. Luigi Chimeri seguì l’opera.
L’esterno della Cappella è in travertino venato,
decorata da 24 croci. Sopra il cancello c’è la
Consolata, e sulla sommità a cuspide una Croce.
L’interno è rivestito di marmo, arricchito di
un altare di marmo bianco per la celebrazione
della S. Messa e da una grande finestra con
vetri bianchi. A lato, appaiono i loculi per la
tumulazione. Diversi confratelli vi riposano
in attesa della risurrezione finale: P. Tommaso
Gays, P. Oppio Pietro Luigi, Mons. Gabriele
Perlo, Mons. Giuseppe Nepote Fus, P. Giulio
Mandelli, P. Viglino Ferdinando, e Mons. Filippo
Perlo fino al giorno in cui le sue ossa furono
trasportate al Mathari in Nyeri, nella cappella
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da Casa Madre 12/2012
delle Mary Immaculate Sisters da lui fondate.
Dall’interno si può accedere al sottosuolo,
ampia camera di sepoltura e ossario.
La Cappella può contenere 26 salme e 145
cassette-ossario.
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Dona, o Signore, ai missionari defunti
La luce perpetua e la tua pace.
Riposino e gioiscano in Te,
con il beato Allamano e Maria Consolata!
UNA STORIA AFFASCINANTE DI 25 ANNI!
(Seconda Parte)
Corea
VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI
P. Diego Cazzolato IMC
Finalmente, gli “altri”.
“Mi rifugio nel santo Buddha, mi rifugio nella
santa dottrina, mi rifugio nella santa comunità
dei monaci”! La classica “professione di fede”
buddista è cantilenata al ritmo del mok-tak (un
tamburello di legno concavo in uso nei templi
buddisti) dalla monaca che guida la solenne
celebrazione, mentre l’intera assemblea si
profonde in rispettosi inchini ad ogni invocazione.
Siamo alla cerimonia pubblica per la festa della
nascita di Buddha, a maggio di quest’anno. Vi
sto partecipando su esplicito invito del Vescovo
di Tae-jon, Mons. Ryu Lazzaro, per portare
alla comunità buddista gli auguri della Chiesa
cattolica in occasione della festa. I molti monaci,
di vari ordini buddisti, e la grande folla ascoltano
con attenzione, quando il Vescovo legge loro il
messaggio augurale ufficiale, pubblicato ogni
anno per l’occasione dal Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso.
Già ai tempi di Man-sok-dong avevo avuto la
possibilità di avvicinare qualche “mu-dang”,
(donna sciamana, che viene presa in possesso
dagli spiriti attraverso una storia “vocazionale”
molto particolare, ed esercita il ruolo di
intermediaria tra il mondo dei vivi e quello dei
morti e degli spiriti) e di assistere a qualcuno dei
loro rumorosissimi riti. Così come fin dal nostro
arrivo in Corea avevamo visitato numerosi
templi buddisti, meravigliandoci al vedere una
religione “viva” che guidava la vita di milioni di
persone.
Eppure il grande sogno di incontrare le religioni
non cristiane del Paese, coltivato fin da prima
del nostro arrivo in Corea, pur sempre vivo, era
stato a lungo e purtroppo relegato a un “dopo”
dalle altre necessità impellenti della nostra
missione, così come si stava sviluppando.
La sveglia su questa dimensione della missione
ce l’ha suonata Antonio, missionario della
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27
Corea
seconda ondata, che aveva una sensibilità
particolare per questi temi. E’ stato lui ad
intrecciare le prime relazioni con membri di altre
religioni: monaci Buddisti, e altri personaggi
ancora. Così, attraverso di lui, il Signore della
Vigna aveva ricominciato a bussare, e noi ci
siamo fatti attenti, ancora una volta.
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religione, a costruire relazioni con le persone di
altre religioni (veramente in Corea non si dice:
“religioni non cristiane” ma “le religioni dei
nostri vicini”, e l’espressione mi sembra molto
significativa!).
Come ormai assodato dall’esperienza, è stata la
visita di un superiore, in questo caso p. Alberto
Trevisiol, allora vice superiore generale,
a mettere i puntini sulle “i” e a portarci
alla conclusione del nuovo discernimento.
Abbiamo scelto: ci impegniamo ad assumere
il Dialogo Interreligioso, come dimensione
costitutiva della nostra missione in Corea,
espressione chiara del nostro essere “per i non
cristiani”. Correva l’anno di grazia 1995.
Grazie all’impareggiabile aiuto del signor Kim
Joseph, la costruzione di un nostro piccolo
Centro per il Dialogo Interreligioso, ad Ok-kildong, non lontano dalla base di Yok-kok, era
finalmente completata e nell’aprile del 1999 il
Centro veniva solennemente inaugurato dal
nostro Vescovo, Mons. McNaughton, alla
presenza del Nunzio, Mons. Morandini, di vari
amici appartenenti a diverse tradizioni religiose,
a un buon numero di Amici IMC e… sotto la
pioggia, arrivata di sorpresa. Era nata la terza
comunità della Delegazione Corea.
La decisione formale, però, ha avuto bisogno di
un lungo iter di preparazione, prima di diventare
“effettiva”. Accompagnando Antonio, che
aveva cominciato a studiare formalmente
Religioni Comparate all’Università cattolica di
So-gang, anch’io ho cominciato a frequentare
gli “altri”, a conoscerne meglio la vita e la
fede, a partecipare a seminari su seminari di
presentazione di questa o quella religione;
a partecipare a “pellegrinaggi interreligiosi”
che facevano visita ai luoghi santi di ogni
La quale non ha certo avuto un cammino
facile! Dopo un primo periodo esaltante, pieno
di incontri e attività (grazie anche al fatto che
la “Catena della Pace”, un gruppo di Dialogo
formato da candidati leaders di ogni religione
aveva preso il nostro Centro come loro base
normale di operazioni), ha fatto seguito un
periodo di delusione (la “Catena della Pace”
nel frattempo si era… sciolta! Qualche crisi
vocazionale “interna”…), di fatica, di molti
tentativi. Ma ci va dato atto che non abbiamo
da Casa Madre 12/2012
Fin dal 2002 siamo stati chiamati a far
parte della Commissione della Conferenza
Episcopale Coreana per il Dialogo Ecumenico
e Interreligioso; più tardi siamo entrati a far
parte della Commissione per il Dialogo della
Conferenza Coreana delle Religioni per la Pace
(KCRP) e queste partecipazioni “ufficiali”
ci hanno dato molta visibilità nel campo del
Dialogo Interreligioso (è anche facile: sono
l’unico “straniero” che partecipa così…).
L’attività di Dialogo nel giorno dopo giorno
invece si è rivelata molto più difficile. Ci siamo
impegnati, a lungo, nella formazione di un
gruppo di cattolici per aiutarci nel dialogo; con
questo gruppo abbiamo fatto molte visite ad
altri gruppi e centri delle “religioni dei nostri
vicini”. Il “momento d’oro” è stato quando
siamo riusciti a creare relazioni stabili con un
gruppo di fedeli buddisti di un tempio vicino
(2005-2006), grazie all’interesse e all’accoglienza
del loro monaco guida, Song-won. Poi però
il monaco è stato spostato ad un eremo sulle
montagne e tutto il processo si interruppe
bruscamente.
Poco a poco, ci siamo chiariti su quale tipo di
Dialogo volevamo fare. Un dialogo tra fedeli
di varie religioni alla “base”; che potesse essere
prolungato nel tempo e non ridotto a qualche
sporadico incontro; un dialogo fatto attraverso
lo scambio dell’esperienza religiosa, che fosse di
arricchimento per tutti…
Ci ha pensato il Padrone della Vigna, per la
mano insolita e diretta del governo coreano
questa volta, a dare un’improvvisa e forte mossa
ai nostri tentativi. Per fare spazio ad un progetto
di costruzione di numerose case popolari, il
governo ha espropriato tutti coloro che vivevano
in una certa area, dentro la quale c’eravamo
anche noi! Nuova crisi… nuovo discernimento.
bisogno di consolazione! E in quanto al
terreno, non preoccupatevi. Dio ha già scelto
il luogo adatto per voi a Tae-jon. Si tratta solo
di trovarlo!”.
Era vero! Abbiamo scoperto che il Padrone
della vigna ci aveva riservato un bel posto,
e il solito angelo delle nostre costruzioni, il
sig. Kim Joseph, ora accompagnato dal figlio
Matteo, sta ultimando la costruzione del nuovo
Centro. Per quando leggerete quest’articolo, il
Centro, se Dio vuole, sarà già stato inaugurato e
l’attività missionaria del Dialogo Interreligioso
sarà, una volta ancora, in ripartenza.
Corea
mai mollato!
Burroni e vette.
“Hola Martín, como estás? No has encontrado
trabajo aún?”; “Hi, Mary, how are you today?
Shall I go to the hospital with you?” …
No, non siete entrati in una scuola di lingue,
ma semplicemente nella casa dei missionari
della Consolata a Tong-du-cheon, città del
nord-est di Seoul ed appartenente alla diocesi
di Ui-jong-bu. Questa casa è ormai un punto
di riferimento sicuro per i molti immigrati
stranieri che vivono nella zona. Alcuni ci
hanno anche vissuto per qualche giorno, o
qualche settimana, prima di trovare un’altra
sistemazione dignitosa, o mentre si curavano
di qualche ferita o malattia. Ed è l’espressione
attuale dell’evoluzione che ha avuto nella
nostra storia la famosa “opzione per i poveri”.
Dopo vari anni di presenza a Man-sok-dong,
infatti, i progetti di ammodernamento dell’area
si facevano sempre più concreti. Riflettendo e
L’esperienza accumulata ci ha permesso di
ridisegnare un tipo di Centro più adatto a
fare quanto vorremmo, e in una zona nuova,
nella diocesi di Tae-jon (centro Corea), dove
avremmo anche l’opportunità di far conoscere
la Consolata e di fare animazione missionaria.
Il Vescovo ci ha accolto a braccia aperte,
esclamando: “Anche noi qui a Tae-jon abbiamo
29
da Casa Madre 12/2012
valutando il senso, lo stile e la nostra forma
di presenza in quel “quartiere della luna”,
la comunità ha deciso che era arrivata l’ora
di cambiare. Abbiamo cominciato a cercare
un’alternativa.
Che si è rivelata essere un altro quartiere di
poveri, questa volta nella stessa capitale Seoul:
Ku-ryong-maul. Ci siamo andati nel 2001, con
una comunità composta da tre missionari,
che sfruttavano con molta ingegnosità lo
strettissimo spazio a disposizione. La novità
era invece costituita da un’altra casetta,
accanto all’abitazione dei missionari, adibita a
“doposcuola” per i ragazzi del quartiere e ad
altre attività, ancora.
In quegli anni la comunità aveva visto arrivi e
partenze di vari missionari. Tra il 1998 e il ’99
avevano lasciato la Corea, per avvicendamento,
Alvaro Yepes, Benjamin, Rafael… ed io. In
compenso sono poi arrivati in Corea Pedro
Louro (portoghese) ed Eugenio Boatella
(spagnolo) nel 2000, seguiti, nel 2002, dai
nostri primi missionari africani in Corea: Peter
Njoroge (Keniano), Tamrat Defar (etiope) e
Joseph Otieno (keniano).
Corea
Ecco, Joseph Otieno, dopo lo studio del
coreano, era diventato membro della comunità
di Ku-ryong-maul. Ci viveva felice, facendo,
secondo le sue stesse parole, “le piccole cose
che c’erano da fare”: piccole riparazioni nella
casa di alcune nonnine del luogo, piccoli servizi
per la spesa e altri affari, sempre per le stesse
nonnine, l’assistenza e la pratica dell’inglese
per i ragazzi del doposcuola… Era anche un
vero atleta, tanto da iscriversi ad un gruppo
sportivo che partecipava alle corse amatoriali.
Il 18 dicembre 2005, stava partecipando con il
suo gruppo sportivo a una mezza maratona,
organizzata per raccogliere fondi a favore
dei bambini sofferenti di cuore… ed è stato
30
da Casa Madre 12/2012
stroncato nei primi chilometri della corsa proprio
da un attacco al cuore! Aveva 31 anni! Non potete
immaginare lo shock, il dolore, la crisi che ci ha
preso alla notizia… Anche perché, il 6 gennaio
dello stesso 2005, avevamo già avuto uno shock
simile! P. Paco, allora formatore, era in visita alle
famiglie dei nostri studenti, e quel pomeriggio
aveva lasciato la guida del pulmino a David, uno
dei seminaristi, che lo accompagnava. C’e’ stato
un orribile incidente stradale, nel quale David
ha perso la vita, mentre Paco si è salvato per
puro miracolo, quasi illeso! Ci siamo precipitati
a Kwang-ju, (città del sud) luogo dell’incidente,
a piangere con Paco all’ospedale, e con i genitori
e parenti di David (29 anni!) all’obitorio.
Veramente “orribile” per noi, il 2005. Ci siamo
dovuti aggrappare con tutte le nostre forze alla
fede e alla Parola di Dio, che ci ricorda come
il seme di grano, se non cade nella terra e non
muore, non porta frutto. Adesso sentivamo di
aver “seminato” anche noi. Avevamo piantato
saldamente le nostre radici in terra coreana!
Dopo questi fatti, le cose sono andate avanti,
finché ci siamo resi conto che anche la nostra
presenza a Ku-ryong-maul si stava svuotando
un po’ di significato. Nuova evoluzione in vista!
Abbiamo scoperto che i “più poveri dei poveri”
in Corea, da qualche anno in qua, erano proprio
gli immigrati stranieri che vengono nel paese a
cercare lavoro e sostentamento per le proprie
famiglie, spesso e volentieri da illegali. La
Chiesa coreana ha stentato un po’, agli inizi del
fenomeno dell’immigrazione, a rendersi conto
di cosa esso significasse e ad organizzare una
risposta, ma eventualmente l’ha fatto, con la
solita generosità e organizzazione del popolo
coreano quando mette mano ad un’opera. E
noi abbiamo deciso di collaborare con la chiesa
locale per quest’opera di assistenza e accoglienza
dei lavoratori stranieri. Ecco dunque la scelta
di cercare casa a Tong-du-cheon, nella diocesi
di Uijong-bu. Ci siamo andati nell’ottobre
2007 e da allora i nostri missionari si dedicano
ai lavoratori stranieri di varie nazionalità:
quelli provenienti dall’America Latina, quelli
dall’Africa, e anche quelli dalle nazioni del sudest asiatico, dalle Filippine e dalla Mongolia. Il
tutto, in piena comunione e collaborazione con
la chiesa locale. Come deve essere ogni buona
azione missionaria che si rispetti!
Consolata 2012 anche Kim Giuseppino è stato
ordinato diacono e si prepara all’ordinazione
sacerdotale prevista per il gennaio 2013, in
pratica concomitanza con il nostro 25° di
presenza in Corea! Ci resta ancora Marco, in
dirittura d’arrivo della sua formazione in quel di
Argentina. Noi affidiamo con gioia questi nostri
“primi frutti” alla Missione, certi che il Padrone
della vigna si occuperà personalmente anche di
loro, magari purificandoli come ha fatto e fa
continuamente con noi, ma rendendoli così
ben temprati e adatti alla costruzione del suo
Regno. Nella speranza che molti altri giovani
coreani seguano il loro esempio ed offrano
generosamente la loro vita per la Missione ad
gentes!
Corea
Il via-vai dei missionari della comunità intanto era
proseguito: io ero tornato dall’avvicendamento
a Roma alla fine del 2002. Nel 2004 arrivava
Cyrille Kayembe (congolese), mentre era il
turno di Luis di essere avvicendato; nel 2005,
Jair. Nello stesso anno era la volta di Paco
di lasciare la Corea, nominato Consigliere
Generale nel Capitolo di quell’anno e lasciando
solo me come rappresentante ancora in Corea
del quartetto dei “pionieri” (come hanno
cominciato a chiamarci, tra lo scherzoso e
l’ironico, gli altri compagni di missione!). Nel
2008 era la volta di Marcos Coelho (portoghese),
arrivato come studente in “stage missionario” e
poi rimasto anche dopo l’ordinazione. Nel 2009
era la volta di Lourenço Tala (mozambicano),
ma in cambio lasciavano la Corea sia Cyrille che
JuanPablo. Ultimi arrivati finora: John Kapule
(keniano) e Clement Kinyua (keniano) e ultimo
partito, Peter Njoroge (2011).
Anche gli “angeli” mandati dal Signore
a proteggere ed accompagnare il nostro
cammino, si sono nel frattempo moltiplicati
e diversificati… come pure i benefattori, che
ormai formano una solida base di cooperazione
e coinvolgimento missionario. Ma mi è
impossibile farne qui i nomi, perché la lista
sarebbe troppo lunga, e sono certo che anche
così ne tralascerei qualcuno!
“Non vi sembra un caso straordinario che i
due primi Missionari della Consolata coreani
ad essere ordinati sacerdoti abbiano tutti e due
lo stesso nome: Han Gyeong-ho?” arringava
estasiato l’assemblea il Vescovo di Incheon,
all’ordinazione di Pietro e Martino, l’8 ottobre
2009. E la numerosissima assemblea, rispondeva
con un “Oh!” di meraviglia, e si stringeva con
affetto attorno ai due novelli sacerdoti. “Sono
destinati uno al Brasile e l’altro alla Spagna –
proseguiva il Vescovo – inviati anche dalla nostra
Chiesa coreana come missionari ad gentes!”.
Sì, il Padrone della vigna, oltre a farci
sperimentare la sofferenza dei “burroni”, ci
dava finalmente anche la gioia di sperimentare
l’ebbrezza delle “vette”. E il dono si è ripetuto
più volte! Nel gennaio 2011 è stata la volta di
Kim Joseph (ora in Colombia) e nel gennaio
2012 quella di Lee Benigno (ora in Kenya).
Senza contare che in occasione della Festa della
31
da Casa Madre 12/2012
Conclusione.
Lunga, e affascinante, la nostra storia in Corea!
Parafrasando con le dovute proporzioni
l’evangelista san Giovanni, potremmo dire
anche noi che molte altre cose sono successe in
questi 25 anni, ma non sono state scritte, perché
ci vorrebbero troppi libri per contenerle.
Posso però affermare, con certezza, che la
Missione è veramente… affascinante!
E’ affascinante scoprire che, dietro ad ogni
avvenimento, grande o piccolo che sia,
c’e’ la mano di Colui che e’ a pieno titolo
“protagonista” della missione. E’ Lui che guida
la storia e le storie, che da significato agli eventi,
che attira tutto a Sé, in maniera a volte evidente,
a volte nascosta e discreta, come sotto traccia,
ma sempre certa.
Corea
E’ affascinante anche scoprire come la missione
non la fanno gli “eventi”, le grandi cose o i
momenti importanti, che pure ci sono ogni
tanto, ma le piccole cose, la vita di ogni giorno,
32
da Casa Madre 12/2012
quella che sembra non dire niente e non fare
niente di eccezionale, e che invece si scopre
poi essere la base, il tessuto, di una storia intera
che, vista globalmente e dalla giusta distanza, si
rivela come un arazzo bellissimo.
E’ affascinante, infine, scoprire come la
missione, l’annuncio del vangelo agli altri,
diventi anche, se non soprattutto, “esperienza
personale di vangelo”, esperienza di fede
autentica nel Signore, che di giorno in giorno
si va purificando, approfondendo, diventando
linfa vitale…
Che dire ancora? Semplicemente, riascoltare
assieme l’autore della lettera agli Ebrei:
“Anche noi dunque, deposto tutto ciò che è
di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo
con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo
sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della
fede”. (Eb 12:1-2)
A risentirci per il 50°!
Marisa Sosa LMC
Siempre llegamos al final, con tantas experiencias
vividas en estos años, para compartir y por las
cuales dar gracias, por los 63 años de vida y
misión en Pirané, Formosa, de los misioneros
de la Consolata. Pero, no de todos tenemos
las fotos y testimonios. Dejamos a cada uno
“agregar” las imágenes y los sentimientos de
gratitud que faltan en estas páginas…
Argentina
PIRANÉ
63 AÑOS DE VIDA Y DE MISIÓN
Un poco de historia:
Los padres Franciscanos atendieron desde
Formosa Capital, toda la pastoral del interior del
territorio nacional de Formosa. En 1943 se crea
la “Parroquia de la Línea” con sede en Pirané
para todo el oeste hasta el límite con Salta.
Primer párroco fue el franciscano P. Francisco
Quiberoni.
En 1948 Mons. De Carlo, obispo de Resistencia
y Formosa,
enterándose de la llegada de los misioneros de
la Consolata se contacta con los mismos, que
se encontra ban en Rosario, recordándoles que
el carisma de ellos los obligaba moralmente a
dedicarse, en manera especial a los lugares y
poblaciones más apartadas y marginadas; y él
tenía, dentro de su inmensa diócesis: “el lugar
más apropiado para que ellos puedan explayarse
con total fidelidad a su carisma misionero”.
Los misioneros de la Consolata responden, con
entusiasmo, a este llamado del obispo y se hacen
cargo de la Parroquia de Pirané con los primeros
padres que son: Juan Bautista Cavallera; Ángel
Burati; Enrique Arneodo; Arnaldo Lembo;
Cesár Bardeloni; Gullermo Barrozzi; Hno
Guerrino Volpato; repartidos en las siguientes
localidades: Pirané, El Colorado; Palo Santo,
Bartolomé de las Casas, Fontana, Ibarreta.
El día 1° de noviembre de 1951, siempre
por insistencia del obispo, llegan a Pirané las
hermanas misioneras de la Consolata.
El templo parroquial del pueblo se inaugura,
con la presencia del obispo, el día 15 de agosto
de 1948.
El 30 de agosto de 1955 se inaugura el salónteatro, obra que se había comenzado en 1951.
Con la llegada de P. Domingo Viola
(13/03/1960) se empieza la reforma del
templo: cielo raso interior y el frente; se
construyen los primeros salones; y se empieza
el colegio de las hermanas.
Al final de la década 1960 se reforma la
primitiva casa cural agregándole el centro de
encuentros y, más tarde (1975) todo el sector
de Caritas.
1990, con la ocasión del entierro del P.
Domingo en el mismo templo parroquial
se prolonga la iglesia hacia la plaza Paraguay
completando el frente con un alero.
da Casa Madre 12/2012
33
En 63 años (1948-2011) han trabajado en Pirané
un total de 52 misioneros de la Consolata.
La parroquia de Pirané, con todas las iglesias,
capillas y colonias que dependían de ella se ha
caracterizado principalmente por una atención
pastoral esmerada y capilar y, sobre todo, con
un fuerte y constante impulso a la catequesis
de todos los niveles.
Argentina
Por tanta siembra y misión, entrega y sacrificio,
amor y comprensión gracias Misioneros de la
Consolata. Pero, este dolor por la partida de
los misioneros al fin del año, nuestro obispo
nos comprometió a toda la comunidad a rezar
a la virgen Consolata para que los padres no
dejen Formosa, porque si el Instituto acepta
los espera un nuevo desafío en el oeste de
la provincia, una nueva misión para llevar la
palabra en aquellos lugares olvidados de nuestra
querida provincia. Virgen de la Consolata, que
tu hijo sea conocido en todos los rincones del
mundo; que surjan vocaciones dispuestas a
llevar la palabra a toda la humanidad.
34
da Casa Madre 12/2012
Pe. Joaquim Gonçalves , IMC
Com a nomeação episcopal do padre Elio
Rama para a diocese de Pinheiro, MA, os
missionários precisavam eleger, em forma de
eleição direta, um novo Superior Regional.
Na manhã de hoje, dia 15 de novembro, reunidos
em três grupos: o de São Paulo - Brasília, o da
Bahia e o do Paraná, todos se encontraram para a
eleição, convocada pelo Vice-superior Regional,
padre Moisés Facchini no dia 24 de outubro. Os
missionários com direito a voto são atualmente 49.
Os três grupos, reunidos contemporaneamente
nos três lugares previamente estabelecidos,
fizeram a eleição para poder somar os resultados
após cada escrutínio. Foi eleito o padre Luiz Carlos
Emer, que está celebrando no próximo final de
semana seus 25 anos de ordenação sacerdotal.
Padre Luiz nasceu em Garibaldi, RS, em 1958,
fez o noviciado em 1981, estudou teologia em
Londres, onde fez o bacharelado. Seu primeiro
campo de missão foi na Coreia até 2004,
onde fez o mestrado em filosofia oriental.
Daí a Direção Geral do Instituto o transferiu
para o Brasil para trabalhar na formação no
seminário maior, no qual foi reitor de 2009
até 2012. Contemporaneamente exerceu
também o serviço de conselheiro da província.
O grupo de São Paulo, o maior dos três que
trabalham no Brasil, se reuniu na casa Provincial,
tendo iniciado o processo com a celebração da
Brasile
MISSIONÁRIOS DA CONSOLATA NO BRASIL ELEGEM
NOVO SUPERIOR PROVINCIAL
Eucaristia presidida por Dom Servilio Conti,
bispo emérito de Boa Vista, RR, que hoje é
o missionário mais idoso da comunidade.
Além da eleição do novo Superior, neste dia
as comunidades, em comunhão com todo
o Instituto, celebram o dia dos missionários
e missionárias falecidos, inspirados naquele
espírito de família tão recomendado pelo
Fundador, o Bem-aventurado José Allamano.
Fonte: Pe. Joaquim Gonçalves / Revista
Missões
Seminaristas da Consolata
Consagração a Deus
renovam
No último domingo, 11 de novembro, no
Seminário Teológico dos Missionários da
Consolata, Ipiranga, SP, aconteceu algo que não
é muito frequente em nossos dias: 18 jovens
renovaram a sua Consagração a Deus. Este
grupo é constituído por dois de Uganda, nove
do Quênia, quatro da República do Congo,
um da África do Sul, um da Tanzânia e um da
Venezuela. Além da renovação da Consagração,
alguns receberam os ministérios de Leitorado
e Acolitado. Estes jovens estudam teologia e
estão fazendo uma caminhada de formação
rumo ao sacerdócio na vida missionária. No
semblante e olhar dos 18 percebia-se muita
paz, serenidade e convicção. Para nós que
da Casa Madre 12/2012
35
Brasile
36
participamos do ato, isto demonstrou que o
que fizeram foi feito com plena liberdade.
Presidiu a celebração o Superior Regional
dos Missionários da Consolata, Monsenhor
Elio Rama, recentemente nomeado bispo
por Bento XVI para a diocese de Pinheiro,
MA, e cuja Ordenação Episcopal será dia 30
de dezembro de 2012, na Comunidade São
Marcos, no bairro Pedra Branca, SP, pela
imposição das mãos do cardeal dom Odilo
Pedro Scherer. Concelebraram os padres
Francisco Pacco, reitor do seminário, Joaquim
Gonçalves, diretor da revista Missões e Calil
Sequeira que veio de Buri, SP, uma paróquia
na qual alguns seminaristas desenvolvem sua
pastoral-missionária nos finais de semana.
A celebração, preparada no espaço da garagem
do Seminário, caracterizou-se pela sobriedade e
beleza, com muita gente participando: amigos
e vizinhos, um coral de crianças e adolescentes
cantando os cânticos litúrgicos, irmãs e leigos
da Consolata, religiosas e seminaristas de outras
Congregações. Todos quantos estávamos ali,
expressamos o nosso louvor e gratidão a Deus
pelas maravilhas realizadas e que vai continuar
realizando na vida e no coração destes jovens.
Na realidade, somente pela força e graça de
Deus isto pode acontecer na vida de jovens que
da Casa Madre 12/2012
respiram os ares de um mundo onde não faltam
atrativos e seduções para seguir por outros
caminhos. Mas este testemunho vem confirmar
que, não obstante tudo, ainda hoje, quando
impera no mundo um individualismo gritante,
o valor da doação total a Deus e a busca do bem
dos outros não morreu. Significa, que o ‘Amor
Maior’ ainda plenifica o ser humano, ainda tem
sentido e ainda há quem se deixa atrair por ele.
Uma existência transfigurada pelos conselhos
evangélicos é ao mesmo tempo um testemunho
profético e silencioso e um protesto eloquente
contra um mundo que supervaloriza o ter e o
poder.... É testemunho que se manifesta, não
só na eficácia do serviço, mas, sobretudo, na
capacidade de tornar-se solidário com quem
sofre partilhando a vida. O testemunho destes
jovens, não vai passar despercebido porque
deixa marcas na memória de alguém. “As
palavras convencem, mas o exemplo arrasta”.
Mussomar Celestino Victor
I Missionari della Consolata gioiscono per
l’ordinazione di un nuovo Sacerdote.
Sabato 13 Ottobre, nella cattedrale di Cuneo,
alle ore 20, è stato ordinato sacerdote Piero
Demaria
da Mons. Giuseppe Cavallotto
vescovo della Diocesi di Cuneo-Fossano.
Erano presenti oltre ai superiori e studenti del
seminario teologico IMC di Bravetta, il Padre
Sandro Carminati, Superiore regionale, il Padre
Michelangelo Piovano, vice Superiore regionale
e superiore di Casa Madre, rappresentanti delle
Comunità IMC di Fossano e della Certosa Pesio
e numerosi sacerdoti diocesani. L’ordinando
proviene dalla comunita’ del seminario teologico
di Bravetta in cui ha concluso gli studi teologici
e la licenza in Sacra Scrittura presso l’Università
Gregoriana.
La messa dell’ordinazione è stata animata dal
coro della Cattedrale e dai suoi compagni del
Seminario Teologico di Bravetta.
Nella sua omelia il vescovo ordinante, spiegando
il brano di Vangelo corrispondente alla messa
della domenica, presentava il fatto del giovane
che si avvicinò a Gesù dicendosi pronto a
seguirlo ma che di fronte all’ invito di Gesù
Italia
ORDINAZIONE SACERDOTALE DI PIERO DI MARIA
di lasciare tutto se ne andò triste. L’invito di
seguire Gesù è valido anche nei nostri giorni
ed era possibile lasciare tutto per seguire il
Signore come Piero per diventare un segno per
il mondo di oggi.
Piero con l’ ordinazione sacerdotale ha lasciato
tutto mettendosi al servizio del Signore. Mons.
Cavallotto incoraggiò i giovani presenti a
rischiare di donare la loro vita per la missione.
Al termine della cerimonia i partecipanti al rito
dell’ordinazione i familiari e gli amici hanno
fraternizzato con Padre Piero, felicitandolo
e augurandogli un fecondo apostolato
missionario.
Il giorno seguente, Domenica 14 ottobre, il neo
sacerdote Padre Piero Demaria celebrò la sua
prima messa nella sua Parrocchia Madonna delle
Grazie, in Cuneo. Anche in questa circostanza
erano presenti, accompagnandolo, i suoi
compagni studenti di teologia del seminario
di Bravetta, rappresentanti della comunità
ecumenica di Torino, dove Padre Piero alcuni
anni fa aveva svolto un accompagnamento
pastorale. La giornata si è conclusa con una
semplice ma cordiale agape fraterna.
da Casa Madre 12/2012
37
VITA NELLE COMUNITÀ
INAUGURAÇÃO DO NOVO CENTRO
“FONTE DE CONSOLAÇÃO”
P. Alvaro Pacheco, IMC
Yusong
Os Missionários da Consolata, presentes na
Coreia desde Janeiro de 1988, assinalaram
ontem, 29 de Outubro, o início de uma nova
comunidade com a bênção do novo centro
“Fonte de Consolação” pelas mãos do bispo
de Tejon, D. Yu Heung Shik Lazaro. Estiveram
presentes cerca de 250 pessoas, incluindo
membros do Budismo Zen e do Budismo Won
(Budismo nascido na Coreia), pároco e fiéis
de Yusong (paróquia local) e vários amigos e
benfeitores da Consolata.
38
Depois de termos abandonado definitivamente
o antigo centro “Fonte de Consolação”
(inaugurado em Maio de 1999, na localidade
de Okkil-dong, diocese de Incheon) no início
de Fevereiro deste ano, as obras de construção
do novo começaram um mês depois, dado
termos já comprado o terreno na localidade
de Yusong, na cidade de Tejon. A Eucaristia e
bênção do novo edifício foram presididas por
D. Yu Lazaro, bispo de Tejon, nosso “velho”
amigo, o qual nos acolheu de braços abertos e
fraternos na sua diocese.
Após dias de chuva intensa, o sol decidiu
banhar-nos com o seu calor, tornando a
cerimónia mais viva e familiar. Entre os ilustres
da Casa Madre 12/2012
convidados já mencionados, encontravam-se
também vários sacerdotes da diocese ligados
ao diálogo inter-religioso, bem como religiosas
pertences a várias congregações. Antes do
início da Eucaristia, teve lugar o tradicional
corte das fitas, no qual tomaram parte o nosso
superior local, padre Pedro Louro, dois monges
budistas Zen, uma “kyomonim” (líder religiosa
do Budismo Won), D. Yu Lazaro e padre
Diego Cazzolato, diretor do nosso centro de
espiritualidade para o diálogo inter-religioso.
Durante a homilia, D. Yu Lazaro falou também
da sua relação pessoal com o nosso Instituto,
iniciada com o padre Paco Lopez, um dos
“pioneiros” da Cosnolata na Coreia. O seu
Yusong
carácter afável, o seu sorriso e humor foram
apreciados por todos, dando um tom muito
familiar a toda a cerimónia. O único “senão” veio
no momento da comunhão, quando o Corpo de
Cristo teve de ser divido em partes ainda mais
pequenas, pois o número de participantes foi
superior ao inicialmente previsto. Após a bênção
da casa e da oração final, teve lugar um gesto
simbólico: foram plantadas três pequenas árvores
como expressão da vontade de fazer frutificar
os dons da paz, do diálogo, da fraternidade e
solidariedade entre as religiões.
Foram também condecorados com uma placa
comemorativa os dois construtores, Sr. Kim
José (pai) e Kim Mateus (filho), os quais foram
também responsáveis pela construção da nossa
casa de Yokkok (sede da delegação IMC na
Coreia) e do antigo centro de Okkil-dong. O
nosso apreço pela dedicação do pároco e dos
seus fiéis foi também evidente, porque a sua
generosidade e dedicação (com a preparação da
celebração e do lanche-convívio) contribuíram
em muito para que a celebração fosse um sucesso.
Todos nos felicitaram pela beleza arquitectónica
do novo centro e aos que no perguntaram sobre o
porquê de uma casa tão “grande”, respondemos
dizendo que servirá também de futuro seminário
e centro de animação missionária. Queremos,
acima de tudo, relançar o nosso empenho pelo
diálogo inter-religioso, tarefa árdua e difícil, mas
conscientes da sua importância no contexto da
missão ad gentes, sobretudo aqui na Ásia, berço
das mais importantes religiões mundiais.
39
da Casa Madre 12/2012
RINNOVO DEI VOTI E MANDATO PER L’ANNO DI
SERVIZIO DI CINQUE STUDENTI DI TEOLOGIA.
STD Bienvenu Kasuba Nsontien, IMC
Bravetta
Tutto è iniziato il mercoledì 3 ottobre con il ritiro
animato da padre Sandro Carminati, superiore
regionale d’Italia, ai seminaristi studenti di
teologia di Bravetta accompagnati dai Padri
Carlo Biella, Martìn Serna, Gaetano, Giulio, il
diacono Piero Demaria a cui si aggiunsero i due
novelli sacerdoti padri Joseph Mwaniki e Yonas
Makau.
40
La spiritualità missionaria fu il tema della
mattinata di riflessione. In un’atmosfera di
famiglia e di ascolto un padre consolidava la fede
dei suoi figli. Dirigendosi a tutti i presenti Padre
Carminati iniziò la sua esortazione affermando
che « il ritiro non è un esercizio accademico ma
piuttosto un momento per alimentare il cuore ».
Se la spiritualità cristiana - derivata dai vangeli
- è una ed uguale per tutti i battezzati, perché
si deve parlare di una spiritualità missionaria?
A questa domanda il Superiore regionale
rispondeva: “La spiritualità missionaria ha
come sorgente quella cristiana ma, tuttavia, ne
sottolinea alcuni aspetti in modo più radicale
da Casa Madre 12/2012
facendo totalmente riferimento al Signore. Gli
aspetti della spiritualità missionaria sono : La
contemplazione – l’Eucaristia – il mistero della
croce- la povertà e la dimensione profetica.
L’obiettivo della spiritualità missionaria è la
configurazione con Cristo: lasciarsi invadere e
trasformare da lui.
Durante il ritiro, l’esposizione del Santissimo
Sacramento offrì l’opportunità per una
silenziosa adorazione. Il momento culminante
della giornata fu la celebrazione eucaristica in cui
i cinque confratelli : Bernard dal Kenya, Charles
dall’Uganda, Julian dalla Colombia, Marco dalla
Tanzania e Olivier dal Congo rinnovarono i loro
voti religiosi. Posteriormente seguì il loro invio
missionario per l’anno di servizio; Bernard ed
Olivier destinati alla Regione di Portogallo,
Charles a Galatina (Italia), Julian a Torino
(Italia), e Marco a Platì (Italia). I nostri migliori
auguri di una fruttifera esperienza pastorale!
P. José Auletta, IMC
Salta
SALTA-MORILLO O CORONEL JUAN SOLÁ
“EN LAS HUELLAS DE LA BUENA NOTICIA”
Los Misioneros de la Consolata están presentes
en Salta en la diócesis de San Ramón de la Nueva
Orán, desde el año 2002, en la parroquia San
José hasta marzo 2012. Hoy hay los misioneros
de la Consolata están presente en Tartagal y en
Morillo o Coronel Juan Solá.
La provincia de Salta está ubicada en el
Noroeste de la República Argentina, y tiene una
superficie de 154.775 kilómetros cuadrados,
que representa el 4% del territorio nacional.
La capital de la provincia lleva su mismo
nombre, y está dividida en 23 departamentos
con poderes políticos y administrativos propios.
Limita con tres países: Chile, Bolivia y Paraguay.
Limita con seis provincias argentinas: Jujuy,
Tucumán, Catamarca, Santiago del Estero,
Chaco y Formosa.
Su geografía es muy variada, desde el Oeste el
relieve va cambiando desde una zona de gran
altura y altas cumbres de casi 7000 msnm, hacia
el Este, donde existen valles, quebradas y sierras
de menor tamaño.
Dentro de uno de los tantos valles, ubicado a
1180 msnm, se encuentra ubicada la Ciudad de
Salta. Este gran valle recibe el nombre de Valle
de Lerma, en honor al fundador de la Ciudad.
Este ha sido el lema del Año Jubilar de la
Diócesis de Orán, celebrado el año pasado, y
en él pensé cuando la Providencia quiso que
el destino misionero me condujera por estas
tierras del Chaco salteño, en el extremo este de
la provincia.
Desde hace un mes aproximadamente, al
momento en que estoy escribiendo, me
encuentro en Morillo o Coronel Juan Solá, un
municipio muy extenso denominado Rivadavia
Banda Norte, que comprende varios pueblitos
sobre la Ruta Nacional 81 y sinnúmero de
parajes ubicados al norte con respecto al río
Bermejo.
La población es mayoritariamente criolla,
aunque un porcentaje importante - que ronda
el 35% - está constituido por aborígenes Wichi.
Estar aquí es algo así como tener un cablea
tierra muy fuerte y desafiante en relación con
da Casa Madre 12/2012
41
el servicio – otro tanto de desafiante - que el
obispo, monseñor Marcelo Colombo, solicitara
a nuestra Congregación en calidad de delegado
episcopal de la Pastoral Indígena de la diócesis.
Si bien la vida misionera en la Argentina me
brindó la posibilidad de dedicar la mayoría de
los años compartiendo los anhelos, reclamos y
luchas de los pueblos indígenas del norte del
país (tobas, kollas, guaraní), la actual representa
una etapa en la que, con renovado espíritu de
aprendiz, va a ser necesario meterme “en las
huellas de la Buena Noticia” que dejaron todos
los que - religiosos y laicos - entregaron su vida,
tanto en el acompañamiento de la Pastoral
Indígena de la diócesis como del pueblo
aborigen Wichi, etnia mayoritaria por esta zona.
Morillo ha sido el centro para dicho
acompañamiento, teniendo incluso una
estructura diocesana que ha cumplido con
este doble objetivo: el Centro Tepeyac. Fue
aprobado por el recordado obispo
Salta
monseñor Gerardo Sueldo e impulsado por
un grupo de laicos, llegados aquí de distintos
puntos del país hace ya más de veinte años, que
hicieron opción de vida la inserción en este
medio aborigen, para luego propiciar un espacio
de acogida, capacitación y promoción de los
Wichi. La capacitación ha abarcado distintos
ámbitos: jurídico, artesanal, educación bilingüe
e intercultural, proyectos productivos, salud.
La misma construcción fue realizada por los
aborígenes, oportunamente acompañados en
su capacitación edilicia a cargo de profesionales
y hermanos indígenas tobas venidos de la
Provincia del Chaco.
42
La visita compartida con ocasión del paso breve
pero intenso del consejero general, P. Salvador
Medina, acompañado por el P. Sisto Karrau y el
P. Luís Manco, nos permite hacer un poco de
memoria junto con Nelly y Angélica, que son
parte del grupo inicial de laicos que sirven en
este centro.
La misma visita - fraternalmente alentadora –
coincide providencialmente con el comienzo
de la Semana de los Pueblos Indígenas de
Argentina, declarada por la Constitución
da Casa Madre 12/2012
nacional reformada en 1994 como pluriétnica
y pluricultural; el lema de la Semana es muy
significativo: “Desde mi cultura sumando
cultura”.
Desde la multiculturalidad de nuestra
congregación y desde nuestra pobreza, estamos
poniendo nuestro granito de arena para
afianzar esas huellas de la Buena Noticia en los
distintos lugares donde nos toque obrar, aún
sintiéndonos pequeños frente a tanto desafío,
tal como me siento yo – pequeño - en este
momento especial de mi vida frente a tamaño
desafío.
Completo este breve relato con un comentario
acerca del acto por el Día del Aborigen
Americano, del que participo, hoy 19 de Abril,
en el centro comunitario de la comunidad de La
Cortada, consignando aunque sea alguna foto.
En el acto se escuchan una vez más, haciéndolos
clamor y súplica, los reclamos - demasiado
largamente postergados - por la tierra, salud
y educación. Al regresar a casa, pasamos a
invitar para una celebración ecuménica a los
pastores de algunas comunidades, a realizarse
en la parroquia el domingo que es parte de la
Semana de los Pueblos Indígenas; la respuesta y
la disponibilidad positivas parecen ser un buen
auspicio para un trabajo a encarar con el mayor
espíritu de diálogo interreligioso e intercultural.
Dejo para otro momento el contar cosas más
concretas, vividas, de este nuevo andar.
VALERIA ABBRACCIAVENTO (Animatrice Missionaria)
Una festa nel segno dello spirito missionario.
Domenica scorsa, 21 Ottobre 2012, in occasione
della Giornata Missionaria Mondiale. Noi ragazzi
del “C.A.M.” (Centro di Animazione Missionaria)
di Martina Franca abbiamo proposto alcune
attività a tutta la cittadinanza. Dalla mattina
di abbiamo allestito un gazebo in Piazza XX
Settembre a cui piccoli e grandi si sono avvicinati
per curiosare ciò che avevamo preparato. Durante
la mattinata abbiamo proposto dei mini-giochi
divertenti, con un tema specifico: ‘l’operato
dei missionari’; ciò ha permesso a bambini e
ragazzi di imparare qualcosa su ciò che avviene
in missione, attraverso il gioco e il divertimento.
La partecipazione è stata notevole. Ha avuto
un riscontro positivo anche: “Missio – Box”,
Martina Franca
“PIAZZA LA MISSIONE … SULLO STRADONE”
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2012
A MARTINA FRANCA
un cubo di cartone con dei fori al cui interno
scorrevano delle diapositive sui paesaggi
dell’Africa, un modo per fantasticare con la
mente. Sullo sfondo, una mostra missionaria
ha intrattenuto la gente che osservava con
interesse i pannelli con le diverse immagini,
ognuno dei quali riportava anche un proverbio.
Un lungo tavolo colorato colmo di libri, riviste
(missioni consolata, amico, ecc.) e volantini,
che pubblicizzavano i cammini di formazione
proposti dal Centro, ha attirato l’attenzione
di molti passanti che hanno generosamente
lasciato anche delle offerte per finanziare le
attività di promozione dei missionari. In serata
c'è stata la proiezione di foto e video sulla storia
dei 70 anni del C.A.M. di Martina Franca. Una
da Casa Madre 12/2012
43
Martina Franca
buona occasione per rivedere con nostalgia
foto di eventi passati, tanti volti vecchi e nuovi.
Alcuni passanti si sono riconosciuti ed è stato
bello ritrovarsi, a distanza di anni, per scambiare
due chiacchiere. Qualche canto e tanta allegria,
che a noi ragazzi non manca mai, hanno
reso la serata davvero piacevole. Il parroco
della Chiesa di Sant’ Antonio, Don Dino, ha
dato la possibilità ad alcuni Laici e animatori
di fare una breve testimonianza durante le
Celebrazioni della giornata. Il confronto
con le parrocchie è una forma efficace per
coinvolgere altra gente, soprattutto giovani che
vorrebbero sapere qualcosa in più sulla realtà
della Missione. Lo scopo di quest’iniziativa era
anche quella di far conoscere maggiormente il
Centro, da anni attivo nella città ma, talvolta
poco "conosciuto”.
44
I primi padri missionari della Consolata
arrivarono a Martina Franca il 5 novembre 1942
per iniziare la loro opera missionaria che ancora
oggi portano avanti con la collaborazione di un
valido staff di animatori che, con impegno e
passione, preparano cammini di formazione e
campi-scuola estivi con tematiche missionarie
quali mondialità, intercultura, valori cristiani,
ecc., rivolti a ragazzi e giovani, suddivisi in tre
gruppi: Gruppo Arcobaleno 1 (11-14 anni),
Gruppo Arcobaleno 2 (14-17 anni) e Gruppo
GeM -Giovani e Missione- (17-25 anni). Nel
centro operano anche le Dame Missionarie che
si dedicano, con amore e costanza, a piccoli
lavori manuali e organizzano periodicamente
delle Mostre-Mercato. Comunque tutti i gruppi,
finanziano dei progetti in terra di missione,
attraverso delle piccole attività di raccolta
fondi. I membri di questa grande Famiglia
si ispirano, naturalmente, ai valori cristiani
e missionari affidati dal Beato Giuseppe
Allamano, il nostro caro fondatore: un uomo
dall’eccezionale carisma religioso che ha fatto
della cura del prossimo il suo stile di vita. "Ho
creduto perciò ho parlato", lo slogan della
Giornata Missionaria Mondiale, che ci guiderà
per tutto l'anno: sono le parole che Paolo dedica
ai suoi amici di Corinto, una comunità molto
cara all'Apostolo delle genti, dove trascorrerà
diverso tempo della sua Evangelizzazione.
Un versetto che oggi ritorna poiché il nostro
parlare deve essere frutto di una ricerca
da Casa Madre 12/2012
personale, di un incontro autentico con la
Parola, che ci precede e ci accompagna.
Dobbiamo liberarci dalle catene della schiavitù
e sentirci finalmente figli di un Dio che chiama
tutti alla libertà! Come figli non possiamo tacere
davanti a questo tesoro che viene posto in noi. Il
dono della Fede è una ricchezza da condividere.
Giovanni Paolo II diceva: “ La fede si rafforza
donandola”! Siamo quindi chiamati ogni giorno
a testimoniare e a vivere la nostra Fede nelle
piccole realtà, a 50 anni dal Concilio Vaticano II.
Insomma, una domenica diversa dal solito,
per condividere l’evento della “G.M.M. 2012”
con tutta la cittadinanza, e riflettere sul tema
della Fede che affronteremo quest’anno, in
concomitanza con i festeggiamenti dei 70 anni
di presenza dei missionari della Consolata a
Martina Franca: 70 anni di Missione, 70 anni
di Consolazione, 70 anni di Fede, 70 anni di
Testimonianza, 70 anni di Vita! Perciò, 70 volte
GRAZIE a tutti!!!
Após um ano a trabalhar em Portugal, na
aprendizagem da língua e em trabalho missionário,
o seminarista tanzaniano, Tesha Antipas, vai
finalmente fazer os votos perpétuos e consagrarse definitivamente à missão, como missionário
da Consolata. A cerimónia decorre domingo, 4
de novembro, na capela da comunidade de Águas
Santas, na Maia. Por determinação da direçãogeral do Instituto, continuará a fazer trabalho
pastoral no nosso país.
Aguas Santas
SEMINARISTA FAZ VOTOS PERPÉTUOS NA MAIA
Desde que chegou a Portugal, Tesha
Antipas passou um período em Fátima,
onde frequentou aulas de português com
professores voluntários. Em setembro, foi
destinado para a comunidade de Águas Santas.
Um dos seus objetivos é poder trabalhar com
os mais pobres, jovens e imigrantes. «Estarei
sempre aberto a novas experiências que me
ajudem a ser cada vez mais missionário», disse
à FÁTIMA MISSIONÁRIA.
«Agradecemos a Deus pela vida e vocação
missionária do Tesha. A sua presença é para nós
um motivo de muita alegria. Que Deus o abençoe
e proteja. Acompanhamo-lo neste momento
importante da sua vida com as nossas orações»,
refere o Superior Provincial do IMC em Portugal,
padre António Fernandes, convidando toda a
Família da Consolata a celebrar este momento
em união com a missão.
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da Casa Madre 12/2012
OSPITI ALLA MISSIONE
comunità
Approfittando della bella stagione (sempre
troppo breve!), un discreto numero di amici
e visitatori passa di solito dalla missione di
Arvaiheer. Quest’anno poi, essendo stati eretti
a parrocchia, abbiamo avuto la gioia di avere
anche una rappresentanza di altri missionari e
missionarie di altre congregazioni che lavorano
in Mongolia, venuti a rallegrarsi con noi. Sono
stati i primi ad inaugurare i nuovi ambienti
appositamente pensati per l’ospitalità: in questi
mesi infatti abbiamo ingrandito la nostra
casa per avere alcune stanze in più dove fare
accoglienza.
Hanno scritto :
“E’ difficile tradurre in parole l’esperienza
dell’incontro con le vostre comunità ad
Ulaanbaatar e ad Arvaiheer. La gioia profonda
e la commozione provate durante la Messa con
i battezzati e i catecumeni non si cancellerà
facilmente dal mio cuore.” ( Milly da Genova)
Arvaiheer
“La mia breve permanenza con voi in comunità,
con la preghiera e l’Eucarestia celebrata con
i nostri fratelli e sorelle mongoli è per me un
esperienza del Regno di Dio in mezzo a noi…
”(missionario dagli Usa)
“In questa nostra permanenza, sono stato
colpito dal lavoro che Dio costruisce attraverso
l’essenzialità della vostra testimonianza e
l’amore che nutrite per questa terra e il suo
popolo. Questa essenzialità mi ha fatto
ripensare ai primi passi della comunità cristiana,
come viene descritta negli Atti degli Apostoli”
(Roberto)
“Siamo stati molto toccati dalla vostra
accoglienza. Che gioia incrociare sulla nostra
strada dei missionari/e che fanno vivere una
Chiesa che noi amiamo….!” (turiste francesi)
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da Casa Madre 12/2012
P. Oscar Medina, IMC
Al caer de la tarde llegaba a Nadjo-kaha (kaha,
aldea, nadjo, joven pequeño, es decir, Aldea del
Joven Pequeño) después de recorrer una trocha
por unos 15 km. El recibimiento fue marcado
por la curiosidad y la fraternidad. Como de
costumbre lo primero fue ofrecerme agua para
beber y preguntarme “les nouvelles”. Luego me
acompañaron a visitar el jefe de la aldea para
presentarme e informarle de mi presencia en
su territorio. De regreso donde la familia que
me acogía nos ofrecieron a mí y al catequista
encargado de esa comunidad una colada de arroz
insípida. Pensando que era la cena yo comía pues
tenía sed y hambre. El catequista me dijo, padre
esa no es la cena, es decir, no se sacie que hay
más, pensé entre mí. Al momento me dijeron:
“Padre el agua tibia está lista”. El catequista
me dijo que era para que antes de la cena me
bañara (otro signo de acogida y familiaridad). Y
así fue. Luego de la cena continuaron llegando
los católicos de la comunidad para saludarme, y
entre el té (al estilo árabe pero made in China),
la tertulia, la traducción, en una noche iluminada
por la luna y las estrellas, nos fuimos conociendo
y tomando confianza. Al ver que los ojos del
padre se cerraban continuamente a eso de las
10:00 pm le mandaron a dormir en la cabaña
del hijo mayor. Ellos continuaron su tertulia en
un ambiente de fiesta. Esta visita era un evento
ya que hacía 5 meses no tenían la santa misa
en su aldea. Además para los no cristianos un
“toubabou” (blanco) tan joven entre ellos era
algo novedoso (Están acostumbrados a los
misioneros de ultra mar con barba abundante
o menuda, cabellos grises o sin ellos, con panza
“pronunciada” o de gran estatura).
El domingo se anunció no solo con el canto de
los gallos sino con un: “padre, el agua tibia está
lista”, eran las 5:30 am, pues es mejor que el
padre tome su baño antes de que el sol ilumine
el día. Dos horas después de nuevo juntos
donde el café con leche y el pan eran el centro de
nuestra opción. En esas llegó una mujer con un
niño, su hermano menor. Éste con discapacidad
en las piernas, tal vez una polio pensé para mí.
Dianra
CRÓNICA DE UNA VISITA
Su papá musulmán quisiera que su hijo fuera
católico. Él morirá musulmán, eso ha dicho,
pero su hijo enfermo, el cree que siguiendo
al Cristo, tal vez, pueda ser sanado. Así pues,
mientras llegaban las 9:30 am hora de la misa,
el catequista y auxiliar de enfermería que me
acompañaba con una caja de medicamentos
atendía a unos y a otros, cristianos y no. Al
acercarse la hora nos dirigimos a la nueva capilla,
hace poco inaugurada, porque orgullosamente
me han dicho: “la otra nos quedaba pequeña,
hemos aumentado en número”. La misa al son
de balafón, tambores, “maracas” y “triángulo”;
entre el francés esencial y “doméstico” del
padre y la traducción del catequista al sénoufo;
sentida y vivida por cada uno de ellos con una fe
sencilla, mezclada con lo que “han sido y son”
llegó a su termine litúrgico. Antes de esto me
presentaron una mujer catecúmena para una
bendición especial pues sus padres, para ellos
“hechiceros”, le habían hecho un maleficio a
su propia hija y por eso su ojo derecho estaba
enfermo (para mí una fuerte conjuntivitis).
Todos juntos como comunidad de hermanos
en Cristo oramos por esta joven mujer.
Unos minutos más tarde nos reunimos al frente
de la capilla, sentados en lo bancos de la misma
bajo la sombra de un árbol. Era la presentación
de los nuevos catecúmenos y un saludo
da Casa Madre 12/2012
47
Dianra
especial para los del segundo y tercer año de la
catequesis (los adultos o los niños mayores de
7 años, inclusos, para ser bautizados requieren
un camino de 4 años: un año de conocimiento
recíproco más tres de catequesis). Cuando el
encuentro llegaba a su fin una mujer y todos
los que estaban de frente al padre gritaron y
corrieron desesperadamente. El padre al ver
dicho gesto, por reflejo, hizo lo mismo sin
saber porque lo hacía. Después de haberse
desplazado unos metros en dicha confusión
se giró y sus ojos fueron testigos de como el
joven más alto y robusto del grupo tomaba
con todas sus fuerzas uno de los bancos de la
capilla, y con él golpeaba fuertemente una gran
serpiente que descendía del árbol bajo el cual
ellos desarrollaban su reunión. La serpiente, un
metro y más, cayó a tierra herida a muerte mas
seguía contorsionándose en sí. El fuerte joven
la golpeó una y dos veces hasta que por fin le
tocó la cabeza. El temor se apoderó de todos.
Cómo no pensar en el libro del Génesis (Gn
3, 1-7)… Bajo el árbol un pequeño paraíso de
aquellos que quieren seguir al Hijo de Dios mas
el mal está ahí, presente, pronto a atacar. La
mujer dejándose tentar condujo a la creación
a la desobediencia del pecado mas una mujer,
en este caso, ha sido la primera que viendo la
serpiente nos ha avisado a todos, evitando tal
vez una tragedia. Entre más te acercas a Dios
más el mal querrá alejarte de Él.
48
El susto pasó, terminamos la reunión y
aterrados del animalote nos fuimos a compartir
un almuerzo comunitario.
Para el padre espaguetis
mezclados con frijoles y
pescado, para ellos varios
platones llenos de arroz seco
con salsa de pescado. Todos
comían de un mismo platón
o platoncito, todos utilizaban
sus manos para alimentarse.
Los hombres de un platón,
la mujeres de otro, los niños
de uno más pequeño. El
ambiente de fiesta no hacía
excepciones pues Creer
no puede hacer otra cosa
que donar esperanza no
obstante las dificultades de
la pobreza, el analfabetismo,
da Casa Madre 12/2012
las enfermedades, la superstición, la sequía,
la corrupción, los abusos sociales, políticos
y militares. Una visita para retomar fuerzas
alimentándose de la Palabra de Dios y del
cuerpo de Aquel que decidió morir en la cruz
por amor a todos ellos y que poco a poco le van
conociendo en profundidad. Al despedirme
y después de ofrecerme un bulto y medio de
arroz, ñames, bananos, un pollo y 2000 fcfa
para la gasolina del carro (todo un gesto de
gratitud y donación, como la viuda al templo
que dona la única moneda que le queda, Lc 21,
1-4) me preguntaron que cual era mi nombre
en sénoufo, pues es tradición que cada uno
de los misioneros tenga uno como signo de
acogida entre ellos, yo les dije que aún no lo
tenía. Entonces me llamaron: “Nadjo” como
su aldea.
P. Diamantino Antunes, IMC
Eram duas da tarde de um domingo cheio de sol
(4 de novembro). Junto à igreja de Nhaduga,
paróquia de Santa Isabel do Guiúa, um grupo de
cristãos esperava, entoando cânticos. A imagem
peregrina de Nossa Senhora da Conceição
havia de chegar, vinda da paróquia de Nossa
Senhora de Fátima de Jangamo, onde concluíra
duas semanas de peregrinação. No âmbito
das comemorações do Jubileu Diocesano,
a imagem da padroeira de Inhambane tem
vindo a percorrer em peregrinação todas as
missões da diocese, de Zandamela ao Save. Guiúa
PADROEIRA DE INHAMBANE CHEGA AO GUIÚA
A população da paróquia do Guiúa foi esperar
a chegada de Maria Mãe de Deus, junto à
sua comunidade mais próxima de Jangamo:
Nhaduga. Eis que, ao início da tarde, entre
as nuvens de calor e já ao longe se ouviam os
cânticos da numerosa delegação da paróquia
de Jangamo, que acompanhou em júbilo a
imagem peregrina. Esta passou para as mãos
dos cristãos do Guiúa e, em comunhão, as duas
comunidades acompanharam a Senhora até ao
interior da igreja, entoando cânticos a Maria. Após a despedida dos cristãos de Jangamo, rezouse o terço e foi feita uma oração. A padroeira da
diocese iniciava assim o seu percurso na missão
de Santa Isabel do Guiúa, onde ficará até ao dia
18 de novembro. A peregrinação da padroeira
é uma iniciativa que tem mexido com todas
as comunidades da diocese e proporcionado
intensos momentos de consolação e devoção. O início oficial da peregrinação começou
no dia 8 de dezembro de 2011, quando na
Missa de Abertura do Jubileu, na Catedral de
Inhambane, foi entregue à paróquia de Nova
Mambone, a paróquia mais distante da sede da
diocese, uma antiga e bonita imagem de Nossa
Senhora da Conceição, em madeira, até então
conservada na catedral. Desde esta data, a
imagem da padroeira, ficou em cada paróquia
duas semanas e já peregrinou por quase
todas as paróquias da diocese de Inhambane. Ao longo deste longo itinerário de Nossa
Senhora os cristãos católicos têm valorizado e
manifestado o seu afeto e respeito por Maria.
Para além da devoção, tem decorrido uma
importante catequese comunitária, com vista
a conhecer a importância de Maria na vida
da Igreja, como testemunha fiel do plano de
salvação e como aquela que nos convida a
confiar-nos ao seu Filho Jesus.
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da Casa Madre 12/2012
SAN FÉLIX 50 AÑOS
A TRES MIL METROS HASTA LOS RECUERDOS
SE CONGELAN
P. Orlando Hoyos Z. IMC
En días pasados nos llegó una tarjeta postal
de la Institución Educativa San Félix donde
aparecía todo el alumnado en formación y en
primer plano el P. Víctor Menegón. Se trataba
de una invitación a celebrar las bodas de oro
del Colegio Fundado por los Misioneros de La
Consolata en el lejano 1962. Las festividades se
llevarían a cabo los días 3, 4 y 5 de Noviembre
de 2012.
Independientemente de la representación
oficial por parte de la dirección regional que
era apenas obvio que debía asistir, desde
Fátima sentimos la necesidad de participar
a tal celebración. El P. Israel Amador Ávila
en su condición de Sanfeleño, ex alumno y
bachiller egresado de dicho colegio y el suscrito
quien deambuló por sus corredores, salones y
escaleras, todo de madera, cuando aún era Casa
Apostólica o sea seminario menor.
Salimos de Manizales el sábado 3 de noviembre
por la mañana. A las once, a diez minutos de
Salamina, encontramos un bus con la Colonia
de Bogotá que había salido a las doce de la
noche del viernes.
San Félix
Entramos a saludar al párroco quien estaba
ocupado con otros tres sacerdotes confesando
a 300 jóvenes que se preparaban para la
Confirmación. El saludo fue cordial pero muy
breve.
50
Llegamos a San Félix hacia el mediodía, hora
de almuerzo. Como no había sido posible
contactar al Párroco por teléfono, para anunciar
con anticipación nuestra presencia, pensamos
que lo más sano era buscar almuerzo en algún
restaurante antes de ir a la casa cural en busca
de alojamiento para el suscrito ya que el P.
Israel lo tenía seguro en casa de su hermano.
Encontramos un restaurante aceptable. En una
mesa nos ubicamos los dos y en otra estaba el
comandante de la policía. Luego llegó un joven
da Casa Madre 12/2012
Nos mostró la casa parroquial con su nuevo
portón en madera natural artísticamente
tallado que había sido instalado el día anterior
y nos explicó el proyecto de arreglo del salón
parroquial, obra que pensaba terminar antes de
ir a Manizales a donde había ya sido trasladado
por el Arzobispo. No pudo definir lo de mi
alojamiento porque como le había arrendado
las habitaciones al Corregidor, para alojar a
personas de las colonias de otras ciudades no
sabía si quedaba alguna habitación libre. Se
habló de una eucaristía campal en el parque, en
la misma tarima que ocuparía por la noche la
orquesta. La misa fue programada por el Colegio
y contaría con la presencia de los alumnos, las
colonias venidas de otras ciudades y la población
del Corregimiento. Le pidió al P. Israel presidir
dicha celebración y se ofreció para acompañar
con los cantos.
Antes de la eucaristía hubo un desfile muy
animado. Encabezaban los alumnos del colegio
exhibiendo los mosaicos de las promociones de
bachilleres de todos los años, seguía la banda
sinfónica del colegio y a continuación las colonias
de Bogotá, Cali, Medellín, Armenia, Manizales,
Villa María, Salamina, etc. Allí estaban también
los habitantes de San Félix dando la bienvenida
a familiares y amigos.
la homilía el P. Israel exhortó a los presentes
a conservar, no sólo en la memoria sino
también en la práctica, los valores evangélicos
transmitidos por los Misioneros de La
Consolata en su larga permanencia en aquella
“Risueña Holanda caldense” como definía el P.
Víctor a San Félix. El Párroco diocesano tuvo
una presencia muy modesta, acompañó con su
voz y su guitarra los cantos de la misa.
San Félix
y se sentó a la mesa junto al policía. Me imaginé
que se trataba de un agente, de civil. Terminado
el almuerzo pagamos y nos dirigimos a la casa
cural. Allí encontramos a la empleada que nos
informó que el Párroco había ido a almorzar
afuera ya que ella tenía su día libre y que estaba
sólo limpiando la entrada para irse luego a su
casa. Nos pusimos a esperar al Párroco en la calle
pues no debería tardar. Estando en esa espera
llegó el comandante de la policía a saludarnos
acompañado del otro personaje que vimos en el
restaurante y que resultó ser nadie menos que el
Señor cura Párroco: P. Edwin Andrés Prías.
Después de la misa el Padre Edwin me asignó,
en la casa cural, una habitación cuyo huésped
no llegaría ese sábado sino el domingo. La cita
siguiente sería el homenaje en las instalaciones
de la Institución Educativa San Félix.
La reunión en el patio del colegio fue bastante
concurrida. También allí la memoria de los
Misioneros de La Consolata fue uno de los
temas recurrentes. Entre discursos, encuentros
con ex alumnos, piezas musicales de la banda
sinfónica del colegio, fotos de ocasión, torta y
brindis transcurrieron aproximadamente tres
horas, en un clima bastante frio por tratarse de
un patio descubierto. Volví a recorrer aquellos
corredores y escalas con piso de madera, aún en
buen estado y la capilla transformada en salones
de clase, trayendo a la memoria mis primeros
años de seminario. Allí estaba también, con
la colonia de Medellín, uno de los primeros
seminaristas, Sanfeleño él: Dubel Grisales, ya
abuelo y hasta bis abuelo.
El domingo por la mañana participamos con
el P. Dubel Cifuentes en el bautismo de un
sobrino nieto y la consiguiente reunión con sus
hermanos y demás familiares y amigos.
Después de mediodía nos disponíamos a
regresar a Manizales cuando los alumnos del
colegio se alistaban con su uniforme de gala
Todo era una alusión continua a los Misioneros
de La Consolata: el discurso de las directivas del
colegio y del Señor Corregidor; dos Misioneros
de La Consolata presidian la eucaristía de acción
de gracias; estábamos en el parque de Bolívar
donde el libertador tuvo que desplazarse para un
lado del parque porque el puesto central lo ocupa
el busto del P. Víctor Menegón. Igualmente en
51
da Casa Madre 12/2012
para un nuevo desfile conmemorativo. Vimos
a un niño con sotana y le preguntamos cuál
era su papel en el desfile y nos dijo con mucho
orgullo: “yo soy Luis Tagini” (que fue uno de
los rectores del Colegio).
Volvimos a recorrer los 18 kilómetros de
carretera aún destapada, aunque seguramente
en el Agustín Codazzi ya figura pavimentada,
que llevan a Salamina. Cuantas veces recorrió
esas trochas a toda velocidad en su Land Rover
el Padre “Papito” con alguna parturienta en
dificultad a quien los saltos de la irregular vía
hacían dar a luz antes de llegar a Salamina
sin necesidad de intervención quirúrgica. De
cuantas mareadas fue también testigo esa
carretera cuando don Higinio Salazar iba con
su carriól hasta Pensilvania y se regresaba
recogiendo a los seminaristas de Pensilvania,
Manzanares, Padua, Manizales e intermedias
como dicen en su argot los conductores del
servicio público.
San Félix
Sinceramente no pensé que después de tantos
años se conservara tan vivo el recuerdo de Los
Misioneros de La Consolata en ese lindo caserío
que, quitándole los carros y poniendo las mulas,
vuelve a ser el mismo de hace cincuenta años.
52
da Casa Madre 12/2012
P. Antonio Giordano, IMC
Alle 5.30, quando è ancora buio pesto, Fr. Aldo
apre la portineria di Casa Madre che dà sul
Corso Ferrucci, accende la tastiera telefonica e
si siede dietro il banco di recezione ad aspettare
i fornitori: il panettiere, il giornalaio, che portano
cibo per il corpo e per la mente dei missionari
della Consolata della nostra comunità.
Fr. Aldo Allemandi, 86 anni, lo si vede sovente
muovere per i corridoi di Casa Madre, con due
canne una per mano, perché, dice, che ormai,
a motivo dei sui deboli piedi, deve muoversi a
quattro gambe; va a portare al loro posto i sacchi
vuoti della biancheria, controlla le luci e i rubinetti
dell’acqua e osserva che tutto sia a posto. Poi se
ha ancora un po’ di tempo entra furtivo nella
sala di lettura della Comunità a dare uno sguardo
ai giornali e alle riviste. Alle volte mi chiede di
fargli fotocopia di un articolo o di stamparli a
parte un documento dell’Istituto, perché vuole
approfondirli meditandoli in camera sua.
Aldo è pure il cantiniere della Casa Madre: lui
gestisce la cantina, dove riempie le bottiglie
tirando il vino dalle damigiane che i fornitori
portano regolarmente di cui lui ha cura perché
il vino non si alteri. Passando e ripassando per
la cucina ha sempre un occhio al cibo e al lavoro
che procede nella preparazione del pranzo e della
cena. Lui ancora controlla la “mucca elettrica”
che fornisce caldi latte e caffè per la colazione.
Anche se ha difficoltà a correre, è presente
dovunque e sembra che sappia sempre arrivare
un po’ prima che capiti una rottura o un
sconquasso da qualche parte. Il senso della
manutenzione dei locali e degli oggetti deve
essere cresciuto in lui pian piano durante i
lunghi anni trascorsi nella diverse case della
Regione Italia e ora in Casa Madre ha raggiunto
l’apice della perfezione, e lo rende più che mai
capace di presentire e prevedere le necessità
di una comunità così grande e variegata come
la nostra. Puntuale alla preghiera comunitaria,
ama intrattenersi in chiesa nel silenzio e
raccoglimento.
Torino
I QUATTRO PILASTRI PORTANTI
Dietro quel cassonetto delle immondizie che
corre per il cortile di Casa Madre, c’è un piccolo
uomo con una barbetta ribelle che spinge e
suda: è Fr. Roberto, l’Operatore ecologico della
comunità di Casa Madre, che tutte le settimane
si assicura che i cassonetti raggiungano il loro
posto in via Cialdini, per la raccolta comunale.
Fr. Roberto Zanchettin, 62 anni, fin da quando
cominciammo a sistemare la Biblioteca
generale dell’Istituto si mise a disposizione
per il lavoro con i libri: lui ha etichettato 103
mila volumi, incollando sul dorso e all’interno
della prima pagina il “nome di ubicazione” di
ogni volume e disponendoli poi in ordine nei
rispettivi piani dei 230 scaffali che riempiono le
17 stanze della Biblioteca. Lavoro di precisione,
costanza e impegno. Con la stessa dedizione
lavora al computer al mattino e al pomeriggio
sul programma Excell dove prepara una lista
per autore, titolo e argomento di due riviste
francesi: “Lumen vitae” e “Peuples du monde”.
D’inverno poi riempie, due volte la settimana, le
vaschette poste sui radiatori che consentono di
mantenere l’umidità necessaria nella biblioteca.
Qui raccoglie pure i libri “scartati” o perché
doppi o perché inutili e li porta nella stanza
della carta destinata al macero.
Roberto è anche il “postino” della Casa Madre.
Al mattino verso le nove, arriva il sacco della
da Casa Madre 12/2012
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dedicata al Beato Allamano, è quella che gli da più
lavoro, ma anche quella della comunità ha le sue
esigenze, come quella piccolina dell’infermeria e
quella simpatica del CAM.
Fr. Fortunato Rosin, 70 anni, da quando è
arrivato in Casa Madre, lasciando la sua amata
Colombia, è diventato il Sacrestano ufficiale. Il
camice che indossa durante le funzioni lo rende
elegante e ufficialmente inserviente a tutti gli atti
di culto. La sua compostezza non gli impedisce
di osservare tutto e correggere mancanze o
dimenticanze. Le lampade al Santissimo nelle
quattro chiese sono sempre sotto il suo controllo.
Se una viene spenta da una folata di vento, lui lo
sente anche se lontano e qualcosa lo attira ad
andare a dare uno sguardo in quelle chiesa … e
riaccendere la lampada.
posta in portineria; lui lo raccoglie, si ritira nel
reparto “posta” e smista i giornali, le riviste e
le lettere, che porta ad ogni ufficio e ad ogni
individuo, facendo cento volte le scale in su e
in giù.
Torino
Inoltre Roberto al sabato mattina distribuisce
la biancheria che raccoglie in guardaroba su
un carrello in fagotti personali e li distribuisce
accuratamente sulle scansie nella sala del
telefono di ogni piano di corso Ferrucci e di
Via Bruino.
54
Sua caratterista è, nell’intervallo tra un lavoro
e l’altro, la sua fumatina passeggiando ora
in cortile, ora sul terrazzo della biblioteca,
oppure seduto sotto il porticato che unisce l’ala
di Corso Ferrucci all’ala di via Bruino. Quella
è diventata la sua medicina e la sua risorsa.
Non di rado va in biblioteca in cerca i libri che
piacciono a lui, scienze, specie fisica e chimica,
ma anche astronomia e lingue: conosce bene il
francese, discretamente l’inglese, lo spagnolo e
il tedesco. In camera sua, nei momenti di libertà
da impegni si dedica a questi studi.
Alle sei Fr. Fortunato corre ad aprire la chiesa,
a controllare la lampada del Santissimo, ed
ad accendere le prime luci perché i fervorosi
possano entrare a pregare. Sono quattro
le cappelle di cui lui ha cura: la più grande,
da Casa Madre 12/2012
Gli altari sono sempre lindi e le tovaglie stirate
sempre pendenti armoniosamente ai lati. È
lui che apre e chiude il portone di ingresso
alla chiesa del Beato Allamano dal corso
Ferrucci, assicurandosi che le luci illuminino
sufficientemente la gradinata di accesso ai
fedeli. Per la benedizione Eucaristica arriva
dondolando il turibolo. Poi inginocchiato sul
pavimento, scatta a stendere il velo omerale sulle
spalle del sacerdote, alzandosi in punta dei piedi
quando questi è più alto, con una garbatezza e
senso di cerimonia liturgica invidiabili.
Torino
Ha curato per diversi anni la pulizia del
marciapiede lungo Corso Ferrucci fino a quando
il Superiore lo ha esentato da questo extra
lavoro. Da allora trova il tempo per le sue due
colazioni: una all’alba, prima dei lavori, l’altra
al ritorno dei Padri che vanno a celebrare nelle
diverse comunità della città. Uomo di preghiera,
passa metà del suo tempo nelle 4 cappelle, dove
lavora e prega per tutti.
Ma Fratel Fortunato è anche il “barbiere”
ufficiale della Casa Madre: barba e capelli per
tutti gli inquilini nel suo salotto al terzo piano.
Sempre gentile e raffinato con gli eleganti, un po’
spaccone con gli innovatori che amano la moda
del disordine e della precarietà, sotto pretesto
di povertà. Lui ci ride su e accetta di tagliare
od acconciare le teste secondo il desiderio del
padrone.
Su tutta questa attività vigila guardingo Fr.
Angelo, economo della Casa Madre. La sua
esperienza meccanica lo rende non solo
amministratore, ma esperto nel funzionamento
della luce, del riscaldamento, dei filtri dell’acqua
e di tutto l’andamento della larga cucina; inoltre
ha anche cura di tutte le auto che i confratelli
usano.
Fr. Angelo Bruno, 80 anni, reduce da lunghi anni
di missione in Congo, ha lavorato in altre case
della Regione Italia, ora porta avanti il non facile
disbrigo dell’attività di economo in Casa Madre.
Il controllo dei telefoni e della rete interna di
Internet richiedono tatto e tempestività. Si
appoggia in questo al suo tecnico Gianni con cui,
in breve tempo, ha esteso la rete locale a tutti le
stanze delle due ali di Casa Madre. La contabilità
è un piccolo lavoro, ma l’amministrazione è
un lavoro senza fine. I vecchi muri della Casa
Madre si rivelano precari e in qualcosa cedono
sempre ad ogni temporale: ora salta fuori
umidità che scrosta l’intonaco dove meno te
l’aspetti, altrove filtra l’acqua della pioggia e
penetra nel seminterrato invadendo ripostigli,
magazzini e centri elettrici. Da un’altra parte
le tegole del tetto, smosse dal vento, lasciano
entrare la pioggia che poi gronda dal soffitto
del terzo piano fino a correre sul pavimento. I
due piani della biblioteca e il seminterrato del
Museo abbisognano controlli alle finestre e agli
scoli per evitare svolazzi di carta e inondazione
dal risucchio dell’acqua piovana.
La Casa Madre che ha compiuto 100 anni
di vita sei anni fa, è vecchia. Anche se fu
ristrutturata subito dopo la guerra a motivo
dello sfondamento causato dalle bombe delle
incursioni aeree su Torino, e ristrutturata poi
di nuovo nel 1985 con l’aggiornamento degli
impianti elettrico e d’acqua e la trasformazione
delle stanze in camere “self-contained” ha
bisogno di cure continue. Lo stile di Fr. Angelo
è: rattoppare per mantenere tutto in funzione
fino ad una futura ristrutturazione basilare.
Sembra che ci riesca bene con l’aiuto dei suoi
muratori e imbianchini.
Ecco i Quattro Pilastri Portanti di Casa
Madre: Roberto, Aldo, Fortunato, sotto la
guida di Angelo. Si meritano tutti e quattro un
monumento, che come religiosi e missionari, il
Signore erigerà loro ma solo in cielo.
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CASA MADRE
P. Michelangelo Piovano, IMC
PROFESSIONE PERPETUA DI 5
CONFRATELLI
Festa di famiglia il 4 ottobre 2012 per la comunità di Casa Madre e per tutto l’Istituto: 5 giovani studenti che hanno già terminato il corso
di teologia di base fanno la loro professione
perpetua e scelgono di fare parte per sempre
dell’Istituto Missioni Consolata.
Torino
Sono: Daniel Handino Mathewos (Etiopia),
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da Casa Madre 12/2012
Nicholas Omondi Odhiambo (Kenya), Dawinso Licona Sierra (Colombia), Kennedy Orero
Owuor (Kenya) e Juan Carlos Araya Carmona
(Argentina).
Si sono preparati a questo importante momento con gli Esercizi Spirituali guidati da Padre
Francesco Peyron alla Certosa di Pesio (CN)
e la mattina del 4 novembre, scesi dal monte,
sono arrivati in Casa Madre per la celebrazione
avvenuta durante la Santa Messa delle 17.00 nel
Chiesa del Beato Allamano.
Torino
Padre Sandro Carminati, superiore regionale, ha
presieduto la celebrazione nella quale ha ricevuto la professione nella quale i candidati hanno fato voto in perpetuo di obbedienza, castità
e povertà. Molti confratelli della Casa Madre e
delle comunità delle quali i professi fanno parte erano presenti ed hanno dato l’abbraccio di
pace e di accoglienza nell’Istituto. I giovani del
CAM di Torino ed il coro Amani, che in quella
stessa domenica hanno dato inizio alle loro attività annuali di formazione e animazione, hanno
animato la celebrazione rendendola viva e partecipata.
Facoltà di Milano, Dawinso e Kennedy nella
comunità di Rivoli frequentando la Facoltà dei
Salesiani a Torino e Juan Carlos nella comunità
di Vittorio Veneto frequentando la Facoltà a
Padova.
In questo modo sono già inseriti pienamente
nella vita delle nostre comunità collaborando
nelle attività di animazione missionaria, pastorale ed in quella ordinarie della casa.
Li attende ancora l’ordinazione diaconale e sacerdotale: tappe importanti per la quali continuano la loro preparazione.
Alla fine della celebrazione i professi hanno
sostato in preghiera presso la tomba del Beato
Allamano che ha trasmesso anche a loro quel
carisma per il quale hanno deciso di consacrare
tutta lo loro vita.
Per tutti noi è stato come un vento di primavera
e di speranza. Ci sono ancora giovani pronti a
giocare la propria vita per Dio e per la missione,
pronti a donarsi agli altri là dove saranno chiamati a lavorare.
Nel frattempo Daniel e Nicholas facendo parte
della comunità di Bevera completano lo studio
della teologia con la specializzazione presso la
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da Casa Madre 12/2012
L’INFERMERIA – “AMBULATORIO” SI
RINNOVA
Anche la nostra Infermeria che vorremmo chiamare “ambulatario”, ma che alla fine non cessa
di essere un luogo al servizio dei confratelli infermi o per controlli medici, si è rinnovata nel
suo personale in questo inizio di anno.
Torino
Abbiamo visto l’arrivo dalla Costa d’Avorio di
Fratel Ndala Rombaut Ngaba, esperto infermiere congolese e di Suor Ana Ortiz, brasiliana,
anche lei già infermiera nell’antica casa di Alpignano. Assieme al Diacono Maurizio Emanueli,
che ne è il responsabile, formano l’equipe che
ad ogni ora attende chi ne ha bisogno, programmano le visite mediche negli ospedali, seguono
gli ammalati ed in modo speciale i missionari
anziani residenti in Casa Madre.
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Padre Ermanno Montini, che per alcuni anni
ha svolto questo servizio con precisione e competenza, facendo sempre parte della comunità
di Casa Madre, continua a prestare il suo aiuto
quando è necessario per accompagnare i confratelli per le visite mediche o per altri servizi
della casa.
Giorno 16 di ogni mese: giorno del Fondatore
La comunità di Casa Madre, facendo il suo
Progetto Missionario Comunitario di Vita e
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mettendo in pratica una indicazione della III
Conferenza Regionale, ha deciso di celebrare
il giorno 16 di ogni mese come giorno di preghiera e di adorazione. Abbiamo così iniziato
il 16 novembre l’ Adorazione eucaristica continua dalle 9.00 del mattino fino a sera. Lungo
tutta la giornata gruppi di confratelli in modo
spontaneo si sono susseguiti per adorare il Santissimo Sacramento ed in modo particolare per
pregare per l’Istituto e le vocazioni.
La giornata viene poi conclusa con la recita del
Rosario e la celebrazione dei Vespri nella Chiesa del Beato Allamano. Colui che presiede i
Vespri propone ai partecipanti un pensiero del
Padre Fondatore o una breve riflessione che inviti a vivere il suo carisma.
SOMMARIO
PRESEPIO,
Calenzano (Firenze)
la città dei Presepi
NON TOCCATE BETLEMME!..............2
IL PRESEPE DI GRECCIO..................5
L’ULTIMA STATUA DELL’ALLAMANO....6
IL TESTAMENTO
DI SAN FRANCESCO.......................8
IL SUPERIORE GENERALE.................12
ENCONTRO DA COORDENAÇÃO
EUROPEIA DOS LMC........................13
NUOVI SUPERIORI REGIONALI..........14
SANTI MARTIRI DELL'AMERICA
DEL NORD PROTETTORI IMC
PER IL 2013....................................15
DIARIO CASA GENERALIZIA..............21
LA CAPPELLA FUNERARIA IMC
AL VERANO IN ROMA.......................24
UNA STORIA AFFASCINANTE DI 25
ANNI! (Seconda Parte).....................27
PIRANÉ 63 AÑOS DE VIDA
Y DE MISIÓN..................................33
MISSIONÁRIOS DA CONSOLATA
NO BRASIL ELEGEM
NOVO SUPERIOR PROVINCIAL...........35
ORDINAZIONE SACERDOTALE
DI PIERO DI MARIA.........................37
INAUGURAÇÃO DO NOVO CENTRO
“FONTE DE CONSOLAÇÃO”...............38
RINNOVO DEI VOTI E MANDATO PER
L’ANNO DI SERVIZIO DI
CINQUE STUDENTI DI TEOLOGIA......40
SALTA-MORILLO O CORONEL JUAN
SOLÁ “EN LAS HUELLAS DE
LA BUENA NOTICIA”........................41
“PIAZZA LA MISSIONE
SULLO STRADONE”..........................43
Sommario
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
2012 A MARTINA FRANCA.................43
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SEMINARISTA FAZ VOTOS
PERPÉTUOS NA MAIA.......................45
OSPITI ALLA MISSIONE....................46
CRÓNICA DE UNA VISITA.................47
da Casa Madre
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per la Missione
Supporto tecnico: Adriano Podestà
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
C/C postale 39573001 - Email: [email protected]
da Casa Madre 12/2012
PADROEIRA DE INHAMBANE CHEGA AO
GUIÚA...........................................49
SAN FÉLIX 50 AÑOS A TRES MIL
METROS HASTA LOS RECUERDOS SE
CONGELAN.....................................50
I QUATTRO PILASTRI PORTANTI .......53
CASA MADRE .................................56
Fly UP