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«I problemi ci sono ma smettetela con i soliti piagnistei»

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«I problemi ci sono ma smettetela con i soliti piagnistei»
SABATO 31 MARZO 2012
LA SICILIA
il FATTO
.3
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE
«I problemi ci sono
ma smettetela
con i soliti piagnistei»
«Gli agricoltori siciliani cambino mentalità»
MARIO BARRESI
NOSTRO INVIATO
suonare tutti i tasti al momento giusto
e con la dolcezza e la pesantezza necessarie per far uscire un bello spartito. Invece noi pensiamo che lo sviluppo sia un suono forte, acuto, netto e
sottovalutiamo che per fare sviluppo
bisogna saper toccare bene e al momento giusto i tasti».
Un capitolo importante sono i fondi
europei. Se n’è parlato nel pomeriggio
– tra gli altri – con l’ex ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro, oggi presidente della commissione Agricoltura e
sviluppo rurale del Parlamento europeo: «In Europa stiamo definendo la
Pac, la più importante politica economica mondiale e lo stesso accade negli
Usa. E in Italia è arrivato dalla fase della critica a quella della proposta: come
scrivere le regole ambientali, come ridistribuire gli aiuti con più flessibilità
e meno burocrazia». Una partita che si
gioca a Bruxelles e a Strasburgo. Ma
anche a Palermo: «Le risorse comunitarie – ricorda l’eurodeputato catanese, Giovanni La Via – sono l’unico strumento che le aziende hanno per abbattere i costi, soprattutto dell’innovazione. Ma la Sicilia continua a farsi del
male: procedure farraginose, bandi
che durano un anno e mezzo dalla domanda alla graduatoria, percentuale
bassissima di spesa delle risorse a disposizione». E quindi la stoccata finale
al governo regionale: «L’assenza del
presidente Lombardo nell’intervento
previsto ieri (giovedì per chi legge, ndr)
a Taormina, senza nemmeno degnarsi
di inviare un rappresentante di Giunta,
la dice lunga sul profondo disinteresse
che ha il governatore per l’agricoltura,
considerata come bacino di voti».
IL RETROSCENA
E oggi il ministro Catania
incontra i leader dei Forconi
NOSTRO INVIATO
TAORMINA. La «Confindustria» delle campagne ha davvero fatto le cose in grande. La
tre-giorni taorminese è una sfilata di ministri, big di partito, economisti, banchieri
e manager di primo piano. Ma anche sull’Academy di Confagricoltura svolazza il
«fantasma» dei Forconi. Che, in Sicilia, sono stati il tumultuoso simbolo della
messa in discussione della rappresentanza «classica» degli agricoltori, portando in
piazza migliaia di produttori che non si riconoscono nelle tradizionali associazioni
di categoria. E stamattina il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania,
incontra una delegazione dei Forconi, guidata dal leader Mariano Campo. S’era
anche parlato, qualche giorno fa, di un sit-in di protesta a Taormina, ma alla fine –
grazie anche a qualche lungimirante intermediazione – è stata scelta la strada
della diplomazia. L’incontro ci sarà, in prima mattinata. Lontani da occhi indiscreti
e non, per ovvie ragioni, nell’hotel dove si svolge la convention. Catania non
smentisce: «Mi hanno detto qualcosa del genere ma non ho ancora riscontri certi.
Ma io, in linea di principio, dialogo con tutti senza problemi». Il ministro è
guardingo nella lettura del movimento: «È difficile giudicare le cose da lontano e
io non voglio essere tranchant». Ma non risparmia critiche a chi, indirettamente,
ha favorito l’esplosione della protesta: «Le rappresentanze storiche degli
agricoltori, al Sud soprattutto, hanno la loro parte di responsabilità. I processi di
modernizzazione li avrebbero dovuti portare avanti loro, le associazioni, che
dovevano farsi avanguardia di un nuovo approccio con il mercato». Con
un’avvertenza di fondo: «Se la politica dei Forconi è semplicemente quella di
chiedere abbuoni fiscali o interventi di tipo assistenziale – precisa – allora è meglio
tenersi le vecchie rappresentanze». Anche Ferro, sentito telefonicamente in
serata, conferma che il faccia al faccia col ministro ci sarà davvero: «Avremo pochi
minuti, magari per fissare anche un successivo incontro a Roma per approfondire
le cose che ci stanno a cuore. Ma domani (oggi per chi legge, ndr) un paio di
richieste le faremo subito, al ministro: lotta senza quartiere al taroccamento dei
prodotti agricoli, strategie per rispondere agli effetti disastrosi dell’accordo UeMarocco e un freno all’incapacità delle istituzioni regionali nel gestire le risorse
comunitarie destinate all’agricoltura». Chissà come andrà a finire…
MA. B.
TAORMINA. «I problemi ci sono, ma gli agricoltori siciliani devono smetterla con i
piagnistei e rimboccarsi le maniche». Sarà
pure in linea con la sobrietà imposta da
Mario Monti, ma il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, non le manda certo a dire. E l’intervista che ci ha
concesso in esclusiva al termine dei lavori della sessione pomeridiana di Confindustria Academy è l’occasione per fare il
punto sulla crisi che attanaglia la campagna siciliana.
Ministro, arriva in una Sicilia in cui l’agricoltura è in ginocchio. Come si risolvono
i problemi del costo dei trasporti e della
concorrenza dei prodotti extracomunitari?
«Sicuramente la situazione è difficile, nel
Mezzogiorno e in Sicilia in particolare. C’è
il problema del costo del trasporto, c’è
l’import proveniente dai Paesi extracomunitari a partire dal Marocco. Ma a me
non piace allisciare il pelo a tutti quanti:
i produttori siciliani dovrebbero fare
qualcosa di importante, rapportarsi al
mercato superando quell’atteggiamento
storico per cui gli imprenditori agricoli
non si associano e vanno da soli nel rapporto con la filiera e con il mercato. Questo non è più possibile».
Eppure i dati fotografano una situazione
drammatica.
«Ci sono problemi grossi: il gasolio, la
lontananza, la difficoltà dei trasporti, anche l’accordo Ue-Marocco, che peraltro
non va sopravvalutato. L’importante è
cambiare approccio, col mercato innanzitutto: bisogna smettere di vendere il prodotto da soli, associandosi in modo da superare quella dimensione in cui l’agricoltore viene schiacciato, nella remunerazione, da un commerciante il quale a sua
‘
L’importante è cambiare
approccio, col mercato
innanzitutto: bisogna
smettere di vendere il
prodotto da soli, occorre
associarsi. Il siciliano è
restio a mettersi in Rete
volta è il primo di una catena di altri commercianti che devono trattenere valore».
È forse un retaggio di un assistenzialismo consolidato?
«Adesso non voglio essere drastico. Gli
agricoltori siciliani sono stati e sono tuttora penalizzati. Se pensiamo che il prodotto siciliano per raggiungere i mercati
del centro-nord Europa deve affrontare
una serie di difficoltà e di costi aggiuntivi, oggettivi e reali, non è che siano soltanto lagnanze. Però il punto è che tutto
questo si supera con un piglio nuovo,
mettendo da parte il retaggio culturale
che molte volte ha impedito in Sicilia forme associative. Il siciliano, come alcuni
altri produttori meridionali, è restio a
mettersi in rete. Ma oggi siamo al redde
rationem: la redditività s’è talmente abbassata che o si fa questo sforzo o si è fuori dal mercato».
Eppure non è solo una questione di associazionismo. I giovani, ad esempio, non
credono più nella campagna e alla guida
delle imprese siciliane la media d’età è
sempre più alta.
«Il ringiovanimento delle imprese parte
attraverso la redditività. È chiaro che se
l’attività agricola è sempre meno redditizia ci saranno sempre meno giovani
pronti a investire. Ci sono delle misure comunitarie di sostegno per i giovani e noi
stiamo lavorando per rafforzarle. Ma il
punto è che le imprese agricole devono
tornare a essere redditizie e convenienti
per chi le gestisce e investe il proprio capitale».
Anche per percentuale di spesa sui fondi
comunitari è infinitesimale.
«Al Sud, e in Sicilia in particolare, si sfruttano male e poco i fondi comunitari di
sviluppo rurale. C’è scarsa informazione:
in molti casi le imprese non conoscono
neanche tutte le possibilità offerte dal
Programma regionale. In altri casi le conoscono, ma, proprio perché sono isolate, non hanno gli strumenti idonei per attivare le misure. Ci vuole una rivoluzione
totale, che non deve riguardare solo l’agricoltura ma tutta la società siciliana. Bisogna voltare pagina e rapportarsi al mercato con un’ottica completamente diversa».
C’è allarme per l’Imu. E l’ipotesi di minisconto non è che sia stata presa con entusiasmo.
«Il provvedimento sull’Imu non è l’optimum, risponde a una esigenza di compromesso con il ministero dell’Economia,
ma si muove nella direzione giusta. Non
esageriamo, le organizzazioni agricole
sono parzialmente insoddisfatte, per ragioni diverse, e in fondo è giusto che sia
così».
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