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affari tuoi - Nicolacarlot.it
AFFARI TUOI
AVVENTURA DI UN CONCORRENTE
NICOLA CARLOT
1
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I personaggi e le situazioni di questo libro sono frutto di
fantasia.
Le emozioni sono reali.
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A te zio Vito.
A te Alex, per sempre il mio migliore amico.
A te nonna Mariuccia.
E soprattutto a te Daniela, donna della mia vita.
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Due cose ci salvano nella vita
amare e ridere
Se ne avete una
va bene
Se le avete tutte e due
siete invincibili
Flavio Insinna
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TRE ANNI DOPO
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Roma è ai miei piedi.
Dall’alto del colle dove si trova l’albergo il panorama è
mozzafiato. Qui sul balcone al terzo piano si vede tutta la
capitale illuminata.
Il Colosseo riflette luci gialle come se stesse bruciando. La
cupola di San Pietro svetta dominando la città, e l’acqua del
Tevere sembra percorsa da centomila fiammelle tremolanti.
Mi appoggio alla balaustra.
Tutto è cominciato in questo luogo. Sono passati tre anni ma
sembra solo ieri. Se mi concentro posso ancora sentire le voci
delle persone che hanno condiviso con me quest’ avventura.
Torno indietro con la mente fino al momento in cui ogni cosa è
iniziata…
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1
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TRE ANNI PRIMA
“Buongiorno, siamo quelli dei pacchi”.
“Io non ho ordinato nessun pacco, mi dispiace deve avere
sbagliato numero”.
“Lei è il signor Fabio?”.
“Sì”.
“Allora è corretto, le comunico che la sua richiesta è stata
accettata”.
“Guardi che sta facendo un errore, non ho richiesto nulla. E
comunque sto lavorando. La pregherei di non insistere”.
“Se è per questo sto lavorando anch’io, e non ho tempo da
perdere”.
“Ma di cosa stiamo parlando?”.
“Dei pacchi”.
“Ma quali pacchi?”.
“La trasmissione! Affari Tuoi!”.
“Affari miei?”.
“Affari Tuoi, ma mi sta prendendo in giro?”.
“Io? E’ lei che mi sta prendendo in giro!”.
“La televisione, il programma condotto da Carlo Colonna su
Rai 1, non l’ha mai sentito nominare?”.
“Sì... Adesso che ci penso sì. Non guardo molto la Tv. In realtà
fino al mese scorso nemmeno ce l’avevo”.
“Andiamo bene. Scusi non ha fatto lei richiesta di
partecipazione?”.
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“Assolutamente no. Deve avere preso un granchio”.
“Non ho preso ne granchi ne aragoste. Senta, io le devo dare
l’appuntamento per il provino, poi vedrà lei se andare o meno”.
“E mi dia questo appuntamento, almeno la finiamo una volta
per tutte”.
“Ce l’ha carta e penna?”.
“Sì”.
“Allora scriva…”.
Qualche minuto dopo chiudo la conversazione.
Ma cosa sta succedendo? L’unica risposta possibile è che un
altro abbia fatto domanda al posto mio. E conosco anche
l’unica persona in grado di farlo.
Oltretutto a mia insaputa.
Compongo un numero sul cellulare e resto in attesa.
“Pronto?”.
“Mamma. Sai qualcosa della trasmissione Affari Tuoi?”.
“Ti hanno chiamato?” ribatte alzando la voce di un’ottava.
“Ecco, lo sapevo, è opera tua. Sì, devo fare il provino tra due
giorni a Milano”.
“Non ci credo, ti hanno preso!”.
“Però potevi almeno avvertirmi, santo cielo”
“A che ora ti han dato l’appuntamento?”.
“Alle sedici, quindi non posso andare perché a quell’ora
lavoro”.
“Ma dai, figurati se non c’è qualcuno che possa sostituirti”.
“Potrebbe anche esserci mamma, ma non vedo perché devo
fare una cosa che non mi interessa”.
“Non essere sciocco, è un’occasione”.
“Ma che occasione? Non so nemmeno che gioco sia!”.
“Bèh, provare non costa nulla, no?”.
“Vedremo” concludo riappendendo il ricevitore, e sapendo già
che per quieto vivere tra due giorni accontenterò mia madre.
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Il provino
L’hotel dove si svolge il provino è pieno di gente.
Si trova sul Viale Monza di Milano ed è un quattro stelle extra
lusso.
Entrare nell’atrio è come varcare la soglia di Tiffany.
Mi avvicino al vasto bancone della reception cercando
informazioni da una delle persone in abito di Gala. Neanche
fossimo in prima classe sul Titanic.
“Mi scusi, è qui che si fanno le selezioni per Affari Tuoi?”.
“Sì, benvenuto, lei è il signor…?”.
“Fabio Marelli”.
“Ecco a lei signor Marelli” dice l’inserviente allungandomi un
pacco di fogli pieno di scritte, “Si può sedere laggiù in fondo
insieme agli altri, per compilare i documenti”.
Afferro il plico dirigendomi in un’ala dell’albergo ricolma di
divanetti e tavolini, dove centinaia di persone hanno in mano
un pacco simile al mio.
“Ma quanti siamo?” pronuncio sottovoce, incredulo di quanta
gente vorrebbe partecipare ad un programma televisivo. Trovo
uno spazio vuoto ed inizio a compilare le delibere con i miei
dati anagrafici.
C’è gente di tutti i tipi.
Casalinghe di mezza età, ragazzi con le pettinature più
stravaganti, uomini d’affari con la ventiquattrore al seguito.
Tutti vestiti bene ed eleganti.
“Cosa ci faccio in mezzo a questa gente?”, continuo a
ripetermi. Dovrei essere in bottega a lavorare e non qui a
perdere tempo.
Maledico mia madre per l’ennesima volta.
Per farle un dispetto mi sono presentato in jeans e felpa,
immaginando che l’abbigliamento distinto avrebbe fatto da
padrone.
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Sono praticamente vestito da lavoro.
Prima finisce questa storia e meglio è.
Fortunatamente la selezione è veloce, ed ogni cinque minuti
viene chiamata una persona nella stanza adiacente, che
suppongo sarà quella dove avverrà il provino.
Dopo circa un’ora di noia passata giocando al cellulare,
chiamano il nome di una signora che è arrivata
immediatamente prima di me. E’ accompagnata dalla figlia.
Quest’ultima cerca di tranquillizzare la madre che è molto
agitata.
“Possiamo entrare insieme?” domanda la giovane al ragazzo di
guardia alla porta, che probabilmente farà parte dello staff
televisivo.
“Mi dispiace, ma può accedere solo chi ha fatto domanda per
diventare concorrente” .
La signora si fa coraggio, tira un bel respiro ed entra nella
stanza.
La figlia si siede in attesa.
“Ma che ci è venuta a fare se è così agitata?” mi domando
osservando la scena. Per fortuna il prossimo sono io. Dopo
alcuni minuti la madre esce ed il ragazzo della produzione mi
fa cenno di entrare.
Era ora.
Varco la soglia ed entro in una grande stanza con una sedia
rossa al centro, dietro la quale si trova un grande telo bianco.
Ho l’impressione di essere dal fotografo quando devo scattare
l’immagine per la carta d’identità.
“Prego si accomodi” dice una voce alle mie spalle mentre si
richiude la porta. Davanti alla sedia c’è un’ enorme scrivania
con tre persone accomodate, una donna e due uomini. Stanno
compilando dei fogli e regolando una telecamera.
Mi siedo al centro della stanza.
Si accende un puntino rosso sulla cinepresa.
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“Buongiorno lei è il signor Fabio Marelli giusto?” domanda la
donna senza alzare gli occhi dalle carte.
“Esatto”.
“Bene signor Fabio” dice appoggiando i gomiti sulla scrivania
“Ci racconti un po’ di lei”. Sfodera un sorriso simpatico e
radioso che trovo molto confidenziale. E’ anche carina con
quegli occhiali senza montatura ed i capelli castani raccolti in
un piccolo codino sulla nuca.
“Di me?”.
“Sì, di lei”.
“Va bene, mi scusi ma sto parlando con…”. La donna si guarda
intorno un po’ stupita , “Mi chiamo Teresa”.
“Ok, grazie Teresa. Chiedo perdono se le ho chiesto il nome,
ma sa… Se devo raccontare i fatti miei voglio almeno sapere
con chi sto parlando”. I due uomini rilasciano un piccolo
sorriso sotto i baffi, mentre lei ha lo sguardo divertito.
“Dunque, mi chiamo Fabio Marelli, ho 37 anni e abito a
Lassina in provincia di Monza Brianza, dove faccio l’artigiano
intagliatore”.
“Davvero? Che bello” ribatte Teresa “E in cosa consiste di
preciso il suo lavoro?”.
“Ti prego dammi del tu, se no mi sento vecchio”.
“Va bene Fabio”.
“In pratica sono un falegname, ma specializzato nel realizzare
oggetti di qualsiasi tipo con martello e scalpello. Come si
faceva nelle botteghe di una volta. Per esempio, se vuoi fare un
regalo originale ad un amico, mi porti la fotografia di
quest’ultimo, ed io intaglio una statuetta di legno raffigurante
la sua miniatura”.
“Ma è fantastico! E realizzi solo personaggi o anche altro?”.
“Faccio di tutto. Generalmente modelli in scala di edifici, o
parcheggi, o aree edificabili che ci vengono commissionate per
studiare in scala il progetto”.
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“Lo fai tu da solo?”.
“No, in ditta siamo sei, ma solamente io e mio fratello ci
occupiamo di questo”.
“Ah è un lavoro di famiglia?”.
“Sì, tramandato da generazioni. Pensa che ha iniziato mio
nonno nel 1935, poi ha proseguito mio padre, e adesso stiamo
cercando di allargare la clientela”.
Parliamo della mia attività per diverso tempo, sembrano molto
interessati. Rispondo a tutto ciò che chiedono. Mi domando
quando inizierà il vero provino, perché per ora stiamo
tergiversando senza arrivare al dunque.
“Ok Fabio, a parte il lavoro fai qualche altra attività
particolare?”.
“Intendi hobby?”.
“Esattamente”.
“Sì, suono in una band”.
“Ma dai? E cosa suoni?”.
“Veramente faccio il cantante, anche se so strimpellare la
chitarra. Male a dire il vero”.
“E che genere fate?”.
“Canto in dialetto, un tributo a Davide Van De Sfroos e alla
Canzone Milanese”.
“Però, sei un ragazzo pieno di sorprese”.
“Bèh per me è facile, sono cresciuto con mia nonna che parla
solo il brianzolo, e l’ho imparato di conseguenza. E poi è un
genere particolare, che piace. Suoniamo spesso nei ristoranti e
nei locali”.
“Che tipo di locali?”.
“Mah, di solito birrerie e pub. Magari vogliono organizzare una
serata a tema con cibi tipici della nostra regione e veniamo
chiamati per suonare”.
“Vi pagano?”.
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“Sì. Anche se lo faremmo gratis. Ci piace stare in mezzo alla
gente e far divertire; siamo un po’ i Cochi e Renato dei tempi
moderni”.
“Ecco perché ti vedo così rilassato, sei abituato a stare davanti
alle persone. Parlami ancora un po’ della tua musica”.
Racconto la mia attività musicale finché Teresa, ormai
incuriosita, mi domanda di cantare qualcosa:
“In dialetto o in italiano?” è la mia risposta.
“In dialetto”.
“Va bene ‘La balera’ di Davide Van De Sfroos?”.
“Quello che vuoi, tanto non lo capisco, siamo tutti di Roma”.
“Ok” ribatto iniziando a intonare la prima strofa della canzone.
Mi ascoltano senza interrompere.
Guardo la telecamera come mi hanno insegnato a scuola di
teatro, in un corso che ho fatto da ragazzino.
Quando concludo parte un piccolo applauso dai miei
spettatori.
Faccio un leggero inchino ridendo. Ho cantato di camionisti
che guardano il culo alle ragazze, ma ovviamente loro non lo
sanno.
“Bravo Fabio. Ora per favore alzati in piedi”.
Allontano la sedia guardandomi nello specchio dietro di loro.
Ho una faccia da sonno che è tutta un programma, ed i capelli
corti sparati in aria.
Stamattina li ho pettinati solamente passandoci una mano.
Barba di una settimana.
“Sei alto”.
“Un metro e novanta”.
“Giochi a basket?”.
“Ma và, col fisico mingherlino che mi ritrovo alla prima
spallata mi lusserei una scapola”.
Ridono.
“E quel braccialetto colorato che hai al polso?”.
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“Questo?” chiedo agitando il braccio sinistro “L’ho preso
un’estate al mare, non ricordo nemmeno quanti anni fa”.
“Risalta parecchio con tutti quei colori”.
“E’ un intreccio di fili. Pensavo si rompessero subito ma
sembrano eterni. Non l’ho mai tolto”.
“Anche la collanina?”.
“No, questa è un regalo di mia nipote, l’ha fatta l’anno scorso”.
“Hai un numero fortunato, magari collegato a delle date a cui
tieni particolarmente?”.
“Direi di no, non sono scaramantico. Difficilmente gioco al
lotto o al gratta e vinci”.
“Bene Fabio, puoi andare, abbiamo finito”.
“Come finito? E il provino?”.
“E’ questo il provino”.
“Ma non mi avete chiesto niente”.
“Sappiamo già tutto quello che ci serve”.
“Ah…”.
Un po’ perplesso mi avvio verso l’uscita, supero il corridoio
dell’albergo e mi ritrovo in strada. Telefono a mia madre per
avvertirla.
“Pronto?”.
“Ho finito”.
“Com’è andata?”.
“Bèh, pensavo facessero domande di cultura generale, e invece
non mi hanno chiesto nulla”.
“Di cosa avete parlato?”.
“Del lavoro. E del fatto che suono. Non credo che il provino sia
andato molto bene”.
“Staremo a vedere. L’importante è che tu sia stato spigliato; sei
molto più bravo di me in mezzo alla gente, io sono timida”.
“Ok, però la prossima volta che mi iscrivi a qualcosa almeno
avvertimi”.
“Ma se è la prima volta che lo faccio!”.
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“Anche quando mi hai iscritto alla corsa del paese? Avevi
nascosto che era una gara con gli asini; mi sono trovato a
cavalcarne uno imbizzarrito. Ho ancora il segno del suo
zoccolo sull’anca”.
“Dicevi che ti sarebbe piaciuto cavalcare”.
“I cavalli, non gli asini! E quando mi hai incluso alla gara di
canto della scuola? All’improvviso ero vestito da banana a
canticchiare ‘Banane e lamponi’ di Gianni Morandi. I
compagni delle elementari mi prendono ancora in giro”.
“Perché ti è sempre piaciuto cantare! Comunque è inutile che te
la prendi con me, stavolta non è stata mia l’idea di chiamare la
televisione”.
“Come no? Allora chi è stato?”.
Silenzio.
Capisco in un lampo di chi stiamo parlando.
Un brivido sale lungo la schiena.
“Mi dispiace Fabio…”.
“Va bene, non ti preoccupare” rispondo chiudendo la
comunicazione.
C’è solo un’altra persona che segue assiduamente il gioco dei
pacchi.
Anna.
La mia ex ragazza.
Con la quale ho appena chiuso una storia lunga dodici anni.
Entrambi d’accordo
Suono il campanello.
Sono passati due giorni da quando ho fatto il provino.
Oggi ho trovato il coraggio di andare da Anna.
Sento i suoi passi dietro la porta. Rumore di serrature che
scattano. Spalanca l’uscio e me la ritrovo davanti più bella che
mai.
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“Ciao…”.
“Ciao Fabio”.
Non sembra sorpresa di vedermi, probabilmente si aspettava
una mia visita.
“Come stai?”.
“Fabio…”.
“Ok ok, lo so”.
“Avevamo deciso di non vederci per un po’di tempo”.
“Hai ragione, ma ho fatto il provino per Affari Tuoi”.
Alcuni attimi di silenzio.
“Davvero?”.
“Mia madre ha spifferato che sei stata tu a iscrivermi”.
“Sì, ho telefonato alcuni mesi fa”.
“Ecco, sono qui perché volevo dirtelo di persona”.
La osservo come se non la vedessi da secoli. Alta, capelli
lunghi biondi che fanno da contorno ad un viso acqua e sapone.
Occhi talmente azzurri da sembrare trasparenti ed un fisico che
ha tutte le curve al posto giusto.
Ed io che non ho mai smesso di amarla.
“Ti auguro buona fortuna allora”.
“Mi hanno detto che stai uscendo con lui”.
“Nicola è una brava persona”.
“Sì, infatti sono contento per voi. Cioè, sono contento se tu sei
contenta. Lo sei?”.
“Fabio, dove vuoi arrivare?”.
“Non lo so nemmeno io. Mi manchi Anna”.
Un sorriso malinconico le spunta dalle labbra. Gira la mano
attorno al pomello della porta; la vedo in imbarazzo mentre
cerca di trovare le parole giuste:
“Senti, ci siamo lasciati perché la storia era finita. Esaurita. Le
nostre vite sono diverse da tanto tempo ormai. Non abbiamo
mai smesso di volerci bene, ma non potevamo continuare a
prenderci in giro. E tu eri d’accordo su tutto questo”.
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“Sì, è vero”. Mi suona il telefono. “E’ solo che… Ora non sono
più tanto convinto della scelta che abbiamo fatto”.
Un altro squillo.
“Forse è meglio che rispondi” dice Anna. Con aria seccata
estraggo il telefono dalla tasca. E’ un numero che non conosco.
Premo la cornetta verde e rispondo:
“Pronto?”.
“Signor Marelli?” una voce femminile.
“Sì…?”.
“E’ un piacere sentirla, sono Giulietta della redazione di Affari
Tuoi. Le comunico ufficialmente che è stato selezionato come
concorrente per la regione Lombardia!”.
“Davvero?”.
“Sì, abbiamo visionato…” mentre ascolto noto che Anna mi
osserva con aria interrogativa. Muovendo solo le labbra
formulo la silenziosa frase “Mi hanno preso al gioco dei
pacchi”.
Anna si porta alla bocca entrambe le mani dallo stupore.
“…era il più idoneo per la trasmissione” conclude la mia
interlocutrice al telefono.
“Ma… come mai proprio io tra tutte quelle persone che c’erano
all’hotel? Siete sicuri di volere proprio me?”.
“Assolutamente, altrimenti non l’avrei contattata. Adesso devo
farle alcune domande per compilare al meglio la sua biografia”.
“A dire il vero ora non è un buon momento, può chiamare più
tardi? Anzi meglio nei prossimi giorni”.
“Nei prossimi giorni? Sta dicendo sul serio?”. Anna fa ampi
gesti nella mia direzione di continuare la telefonata e di non
fare lo stupido.
“Fabio, mi permetto di darti del tu perché vedo che abbiamo la
stessa età, non so se hai capito bene la situazione. Ti sto
dicendo che vieni in televisione e potresti guadagnare un
mucchio di soldi”.
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Ovviamente non ho la più pallida idea di cosa si vinca, ne
tantomeno in cosa consista il gioco.
“E’ che in questi giorni sono un po’ preso”.
“Questa è bella” esclama Giulietta al telefono “E’ la prima
volta che mi capita una cosa del genere. Facciamo così Fabio,
ora io ti faccio alcune brevi domande generali e ti spiego la
vicenda, poi vedi tu cosa vuoi fare”.
“Ok”.
Anna si posiziona su uno scalino mentre io resto in piedi
nell’atrio. Riferisco a Giulietta tutti i miei dati anagrafici, che
scuole ho fatto e dove lavoro. Poi passa a chiedermi nello
specifico della Tv:
“Hai già partecipato a qualche altra trasmissione televisiva?”.
“No”.
“Hai parenti che ci sono andati? O anche amici, insomma
qualsiasi persona che conosci”.
“Direi di no”.
“Sei sicuro? E’ importante”.
“Sì, sono sicuro”.
“Hai qualche carica politica o sei candidato alle prossime
elezioni?”.
“Attualmente sono consigliere comunale”.
“Ai ai ai Fabio, mi spiace. Qui non andiamo bene. Per venire in
trasmissione devi lasciare la carica politica. E’ per la par
condicio”.
“Lasciare il comune? Addirittura?”.
“Mi dispiace non dipende da noi. E’ una legge”.
“Ma questa è una cosa troppo importante, non posso farlo”.
“Scusa Fabio, adesso ci sono le elezioni giusto?”.
“Giusto”.
“Basta che non ti ricandidi e siamo a posto”.
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“Beh, in teoria potrebbe essere una soluzione. Però devo
parlarne con la mia lista civica e con il sindaco, ho bisogno di
un po’ di tempo. Quando dovrei venire a giocare?”.
“Devi essere a Roma tra due giorni”.
“Cosa?! E’ impossibile con un così breve preavviso” esclamo
ormai in agitazione.
“Allora Fabio, parliamoci chiaro” ribatte con voce calma
Giulietta “C’è tutta Italia che vorrebbe venire al gioco dei
pacchi. Alcuni ci provano da anni. Noi abbiamo scelto te. Mi
sembrano assurde le tue titubanze”.
Resto in silenzio qualche secondo a riflettere. La mia ex
ragazza rimane in attesa.
“Senti Giulietta, ce la fai a darmi mezzora?”.
“Mezzora va bene, non di più però”.
“Il tempo necessario per fare qualche telefonata”.
“Va bene, tra trenta minuti ti richiamo. Però dovrai dirmi se sei
dentro o fuori. Perché se rinunci devo mettermi in moto per
trovare un sostituto”.
“Promesso, avrai una risposta”.
“A tra poco” e chiudiamo la telefonata.
Spiego brevemente ad Anna la situazione, dopodiché chiamo
mio padre, il quale dice di andare a Roma senza problemi, in
ditta ci penserà lui a sostituirmi.
Poi informo il sindaco, mio amico da diversi anni, al quale
spiego nei dettagli le novità. Al contrario di quello che mi sarei
aspettato la sua risposta è entusiasta, consiglia di partecipare al
gioco:
“Anche in famiglia guardiamo la trasmissione tutte le sere”
dice “Se fossi in te andrei, è un’occasione da non perdere. Puoi
sempre candidarti ancora tra cinque anni, e comunque porterai
pubblicità al paese con la tua presenza in Tv”.
Concludo la chiamata sospirando.
“Anna cosa devo fare?”.
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“Devi decidere tu”.
“Al posto mio come agiresti?”.
“Devi decidere tu”.
La osservo seduta sulle scale, gomiti appoggiati alle ginocchia
ed un’ espressione tesa sul volto.
“Sono stata io ad infilarti in questo pasticcio, non darmi anche
la responsabilità di una tua decisione”.
“La consideri un’occasione da cogliere, vero?”.
Il suo silenzio è eloquente.
“Ok, vado se torniamo insieme” dico tra il serio e il faceto.
Pronuncio la frase con il sorriso sulle labbra e per un momento
la faccio ridere. So che è impossibile e non sarebbe nemmeno
giusto ricominciare una relazione. Ma il sentimento che provo
è ancora vivo, e so che Anna lo percepisce.
“Allora ci stai?” chiedo.
Suona il telefono.
E’ passata mezzora.
Sono loro.
“Rispondi” dice.
“Prima devi rispondere tu”.
“Dai Fabio…”.
“Ma sì, lo so, sto scherzando. Dammi l’ultimo bacio e vado in
Tv”.
Anna si alza dirigendosi verso la porta di casa. Si appoggia allo
stipite.
Il telefono continua a squillare.
“E dai, un bacio che ti costa?” esclamo ridendo.
Suona ancora.
“Solo uno e poi me ne vado. Dai, dai, dai!”.
Altro squillo.
Anna all’improvviso viene verso di me, mi prende il viso tra le
mani baciandomi delicatamente sulle labbra.
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Si allontana di pochi centimetri, il tempo di vedere nei suoi
occhi un’infinita malinconia. Un velo di commozione le passa
sul volto mentre il mio cuore si stringe facendomi mancare il
respiro.
E’ stato il suo saluto definitivo.
Con questo bacio mi lascia libero di vivere la mia vita e di
prendere le mie decisioni.
Da solo.
Senza di lei.
Suona ancora il telefono.
Entra in casa.
Chiude la porta lasciandomi nel mondo.
Ennesimo squillo del cellulare.
Premo la cornetta verde.
“Pronto?”.
“Sei dentro o fuori?”.
Prendo fiato prima di pronunciare la frase:
“Sono dentro”.
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PRIMA SETTIMANA
27
2
28
Anna come sono tante
Anna permalosa
Anna bello sguardo
sguardo che ogni giorno perde qualcosa
Se chiude gli occhi lei lo sa
stella di periferia
Anna con le amiche
Anna che vorrebbe andar via
Lucio Dalla
Anna e Marco
Il treno Frecciarossa sta viaggiando a trecento chilometri
all’ora.
In meno di tre ore sarò a Roma Termini.
Sono le sette del mattino e l’avventura è iniziata.
Mi hanno spedito i biglietti via mail, tutto a carico della Rai,
compreso vitto e alloggio. Non spenderò un centesimo durante
il soggiorno nella capitale, a meno che non siano spese
personali.
La notizia che giocherò ad Affari Tuoi deve rimanere nascosta,
soprattutto nei canali virtuali, Facebook per primo. Ignoro il
motivo di tutta questa segretezza ma ovviamente farò come
dicono loro.
Non ho avuto tempo di vedere nemmeno una puntata del
gioco, sono stato impegnato con i bagagli e a sistemare il
lavoro in mia assenza. Mi farò una cultura durante il viaggio;
so che il treno ha il collegamento wi-fi, perciò guarderò più
puntate possibili su you tube.
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Il problema è che da quando sono partito la linea è lenta, non fa
in tempo a caricare un pezzo di filmato che subito si
interrompe.
Sto perdendo la pazienza.
Di questo passo arriverò in Rai senza nemmeno conoscere il
programma dove sarò concorrente.
“Mi scusi” domando al mio vicino di posto che sta usando un
computer portatile , “Internet su Frecciarossa è sempre così
lento?”.
“Oh sì” risponde senza staccare gli occhi dal monitor
“Funziona raramente. Sto usando la chiavetta esterna”.
Osservo gli altri viaggiatori con il notebook aperto, ed
effettivamente hanno tutti la Usb collegata ad una linea
telefonica indipendente. Porca miseria ed ora come faccio a
vedere le puntate di Affari Tuoi? Il traffico dati che ho sul
cellulare è quasi finito, non riuscirei a visionare nemmeno dieci
minuti.
Sconsolato prendo le cuffie ed accendo il lettore mp3.
Aspetterò di trovarmi in zona Firenze e poi proverò di nuovo.
Magari il collegamento sarà migliore.
Chiudo gli occhi lasciandomi cullare dal rollio del vagone.
Nascosto
Vengo svegliato di soprassalto dalla suoneria del telefono.
Accidenti per quanto ho dormito?
“Pronto?” rispondo con la bocca impastata.
“Buongiorno, sono l’autista che la deve venire a prendere, dove
si trova in questo momento?”.
“Salve, aspetti che le dico…”. Guardo fuori dal finestrino e
vedo il cartello ‘Roma Termini’ sulla banchina pedonale.
“Mi sa che sono arrivato”.
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“Molto bene signor Marelli, dovrei essere lì tra circa dieci
minuti, si faccia trovare davanti al bar Trombetta appena uscito
dalla stazione. Lo trova proprio dall’altra parte della strada”.
“Va bene”.
“A tra poco”.
Porca miseria ho dormito tutto il tempo.
Prendo la valigia e mi appresto a scendere dal treno. Il bagaglio
è pesante, contiene diversi cambi d’abito, uno per ogni puntata
che verrà registrata. Nel giro di tre giorni filmeremo sette
puntate, quindi dovrò modificare l’abbigliamento per dare
l’impressione che sia un giorno nuovo, e non una registrazione.
Mi auguro di cuore di non utilizzare tutti gli indumenti e di
essere sorteggiato prima.
Spingo la valigia fino al centro della stazione. Non è cambiata
dall’ultima volta che l’ho vista; ho fatto il Vigile del fuoco a
Roma nel periodo militare. E’ sempre ampia e spaziosa, piena
di negozi e centri commerciali, con un gran via vai di gente
distratta. Tutti con il naso affondato in un giornale o sui
pannelli luminosi degli orari dei treni.
Esco, attraverso la strada e giungo al bar Trombetta.
C’è un tiepido sole e si sta bene con una giacca leggera. Mi
siedo ad un tavolino sul marciapiede ed ordino un caffè. Chissà
quale sarà il mio taxi.
Finisco l’espresso, pago e rimango in attesa.
Decine di vetture passano ma nessuna è la mia.
Una macchina scura inizia a strombazzare furiosamente. Che
maleducato, penso tra me e me, non si accorge di quanto è
fastidioso?
Cerco di non prestargli attenzione.
“Signor Marelli. Hey signor Marelli!”.
Mi volto per vedere che il conducente dell’auto nera è sceso e
sta chiamando proprio me.
“Venga, faccia in fretta che siamo in ritardo, sono l’autista”.
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Un po’ confuso prendo la valigia e apro lo sportello della
Mercedes. Fa cenno di accomodarmi sul sedile posteriore,
mentre afferra il bagaglio riponendolo nel baule.
Stanno guardando tutti nella mia direzione. Sembro uno di quei
Vip alla premiazione degli Oscar, mentre in realtà sono un
perfetto nessuno.
“Posso mettermi davanti?” domando imbarazzato.
“Come vuole lei”.
Saliamo in auto e chiudiamo gli sportelli. Si allontana
velocemente dalla stazione seguendo una corsia preferenziale.
“Accidenti, mi sento un deputato sull’auto blu”.
L’autista fa una piccola risata.
“Lei è della Lombardia?”.
“Sì”.
“Perfetto, in quanto concorrente nascosto devo portarla
all’ingresso posteriore”.
“Concorrente nascosto?”.
“Esattamente”.
“E cosa vuol dire?”.
Mi osserva con aria curiosa.
“Non sono autorizzato a rispondere”.
“Addirittura?”.
“Guardi, le dico solo che lo scoprirà tra breve tempo”.
Un po’ perplesso decido di restare in silenzio godendomi il
paesaggio che scorre dal finestrino.
Attraversiamo il parco di Villa Borghese, costeggiando poi la
bellissima Piazza del Popolo. Ci sono turisti ovunque e di ogni
nazionalità, che passeggiano con la macchina fotografica ben
salda tra le mani. Attraversiamo il Tevere sul ponte Matteotti
per giungere alla rotonda Mazzini, che conduce direttamente al
Teatro delle Vittorie, dove si registrano le puntate di Affari
Tuoi. L’insegna che molto spesso ho visto in televisione
troneggia di fronte a noi, sormontata dalla scritta RAI
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altrettanto grande. Ma come previsto giriamo intorno alla
costruzione dirigendoci all’entrata secondaria.
Scendo, scarico la valigia e mi avvicino ad una porta con a
guardia un vigilante.
“Buongiorno, lei è il concorrente nascosto?” domanda.
“Sono io, anche se non so cosa voglia dire”.
“Prego”.
Attendo nella cabina di guardia alcuni minuti, dopodiché
giunge una ragazza a prelevarmi.
“Ciao, sono Sabrina, tu sei Fabio giusto? Vieni con me, ti
accompagno di sopra dove ti spiegherò alcune cose”.
“Meno male” rispondo fra i denti. Sabrina è interamente vestita
di nero, capelli neri, carnagione scura ma luminosi occhi chiari.
Saliamo diverse scale fino a giungere ad uno stretto corridoio
con alcune porte laterali.
Ne apre una invitandomi ad entrare.
“Appoggia pure la valigia per terra, dovrai aspettare per un
pò”.
Il locale è davvero piccolo, sembra la cella di un carcere. Due
sedie, un lavandino, un tavolino e nient’altro.
“Quanto dovrò stare qui?”.
“Dipende”.
“Dipende da cosa?”.
“Da come andrà la puntata. Potresti starci un paio d’ore o tutto
il giorno. Forse anche domani”.
“Cosa?” esclamo sbigottito “E perché tutto questo tempo? Non
mi avete chiamato a Roma per giocare?”.
“Infatti, però non ti so dire quanto ci vorrà esattamente”.
“Ma con una giornata così bella non sto dentro in questo
sgabuzzino. Facciamo così Sabrina, ti lascio il mio numero di
cellulare, intanto vado a fare un giro per Roma. Quando avete
bisogno mi chiamate e arrivo subito”.
Ride di gusto, devo avere detto una castroneria.
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“Mi spiace Fabio, ma questo è veramente impossibile”.
“E perché?”.
“Non te lo posso dire, ma devi stare per forza qui”.
“Cos’è, sequestro di persona?”.
“Ma no rilassati, vedo che sei un po’ agitato. Non ti
preoccupare che tra poco arriverà uno degli autori a spiegarti
tutto. Nel frattempo non uscire dalla stanza. Io sarò sempre nel
corridoio. Se hai bisogno di andare in bagno non aprire. Bussa
alla porta. Verrò io ad accompagnarti alla toilette”.
“Addirittura? Mi verrebbe da ridere se non sapessi che stai
dicendo sul serio”.
“Infatti. Ora accomodati che tra non molto riceverai visite”.
Esce lasciandomi solo.
La stanza è veramente un buco.
Mi lavo le mani, guardo fuori dalla piccola finestra ma il
panorama è solo il palazzo adiacente.
Inizio a giocare con il cellulare. A quanto pare la televisione è
una maestra dei tempi morti.
Dopo circa un’ora finalmente entra una donna con una
cartelletta sotto braccio. Mi tende la mano.
“Ciao Fabio, è venuto il momento di conoscerci, sono
Giulietta”.
La Matta
“Ciao Giulietta!” esclamo con sollievo riconoscendo una voce
amica.
Si siede sullo sgabello di fronte a me. Magra, lunghi capelli
castani con un paio di ciocche rosse, larghi occhiali anni
settanta.
“Intanto scusa per la tua piccola sistemazione provvisoria”.
“Stavo pensando di darci un Party questa sera, vuoi venire?”.
Ride.
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“Oh grazie, ne avrei proprio bisogno sai? Ma devo lavorare.
Dunque parliamo di noi. Sai come funziona il gioco vero?”.
“A dire la verità non sono molto afferrato. So che siamo venti
concorrenti, uno per ogni regione d’Italia, ma poco altro. Mi
hanno iscritto a mia insaputa. Guardo raramente il
programma”.
Mento in modo sfacciato, non ho mai visto una puntata.
“Raramente? Ok Fabio, diciamo che questa cosa rimane fra
noi. Non lasciartela scappare con Carlo”.
“Carlo Colonna il conduttore?”.
“Lui”.
“Non preoccuparti, sarò una tomba”.
“Come saprai il concorrente che giocherà la partita viene
chiamato Pacchista. Quest’ultimo apre un pacco alla volta fino
a rimanere con due pacchi chiusi, il suo e quello di uno dei
concorrenti. I pacchi che vengono aperti sono annullati nel
tabellone, e il loro contenuto non può più essere vinto. La
Dottoressa durante la partita può chiedere di cambiare pacco, o
offrire una cifra. Nel caso che il pacchista accetti la cifra la
partita finisce. Dunque oggi registreremo tre puntate.
Ovviamente una delle regioni che verrà estratta sarà la
Lombardia, visto che tu sei qui apposta per sostituire il
concorrente”.
“Quindi le estrazioni sono fasulle?”.
“No, sono assolutamente vere e davanti al notaio. Solo che le
facciamo ogni tre settimane, in modo da poter gestire il cambio
di concorrenti. Devi restare nascosto perché gli altri giocatori
non ti devono scoprire. Se svelassi loro che sei lombardo
capirebbero chi deve giocare e svanirebbe l’effetto sorpresa”.
Inizio finalmente a capire il meccanismo del programma.
Lascio proseguire Giulietta senza interromperla.
“Nella stanza adiacente a questa ci sono altri due concorrenti in
attesa come te. Nel corso del pomeriggio verrete chiamati,
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sempre che il rappresentante della vostra regione non peschi
l’arrivederci. In quel caso ti toccherà tornare a Roma un altro
giorno. Ecco perché non possiamo dirti con precisione se
giocherai oggi”.
“Cos’è l’arrivederci?”.
“E’ un’opzione della carta Matta, non la conosci?”.
“Se per te non è un disturbo gradirei un ripasso” chiedo
innocentemente.
“Se aprendo un pacco trovi la carta Matta devi chiamare uno
qualsiasi degli altri diciannove concorrenti. Quest’ultimo
prenderà una pergamena assegnata alla sua postazione e te la
mostrerà.
Potrai
trovare
dieci
opzioni
diverse.
Cambio obbligato: sei obbligato a cambiare pacco.
Apri un blu: ti verrà svelato un pacco contenente un premio
compreso fra 0.01 centesimi e 250 euro, cioè i più bassi del
tabellone, che vengono indicati con il colore blu.
Raddoppia: il valore più alto ancora in gioco sarà raddoppiato.
Dimezza: qui invece sarà dimezzato.
Pericolo pubblico: dovrai indicare chi, tra le persone del
pubblico, sceglierà il prossimo pacco da aprire al posto tuo.
Svela la X: dovrai sorteggiare il valore del pacco X , che varia
da 0.02 centesimi a 200.000 euro.
Vai o resti: dovrai scegliere se abbandonare la partita tornando
al tuo posto o proseguire fino al termine. Ovviamente un
pacchista lascia la partita se sta andando particolarmente male,
e vuole riprovarci in un giorno più fortunato.
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Provaci: è una prova di abilità da superare, che potrebbero
essere domande o indovinelli.
Conta: dovrai aprire il pacco successivo attraverso una
filastrocca che eseguirà il conduttore.
Arrivederci: abbandonerai la partita e tornerai al tuo posto.
Potrai giocare nuovamente come pacchista quando verrà
estratta ancora la tua regione. Qualche altro concorrente
prenderà il tuo posto e continuerà la sfida esattamente dal
punto in cui l’hai lasciata. Speriamo che il pacchista della
Lombardia in gioco oggi non peschi l’arrivederci, altrimenti
come ti ho detto, dovrai tornare a casa e presentarti la prossima
volta che verrà estratta la tua regione”.
“Speriamo davvero che non accada”.
Passa i successivi dieci minuti a delucidarmi sul regolamento,
poi mi porge dei fogli da firmare.
“Questi sono i contratti con la Rai e con la Endemol, l’agenzia
produttrice di Affari Tuoi. Devi firmarli per partecipare.
Cederai i diritti d’immagine per sei mesi. Per questo non potrai
pubblicare foto e filmati su internet. O meglio, potrai farlo ma
solo dopo che le persone nelle immagini, tu compreso, siano
andate in onda almeno una volta. E comunque ti consiglio di
pubblicare il meno possibile. Non si sa mai con questi contratti
cosa puoi fare e cosa no. Meglio andarci con i piedi di
piombo”.
“Va bene, starò attento”.
“Ed ora passiamo alla notizia più brutta”.
“Oh cavolo, quale?”.
“Alla cifra che vincerai dovrai togliere circa il 40%”.
“Così tanto? E perché?”.
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“Principalmente per le tasse. In più l’importo verrà liquidato in
gettoni d’oro. Il valore di mercato di tali gettoni varia a
seconda del valore dell’oro, dei costi per l’acquisto e per la
coniazione, che diminuiscono il valore effettivo del premio.
Diciamo che se vincerai 10.000 euro in realtà ne porterai a casa
circa 6.000”.
Immaginavo ci potesse essere qualche fregatura, ma poco male.
Basterà calcolare il reale valore nel momento del gioco ed agire
di conseguenza. Giulietta si allontana dopo alcuni minuti.
Da adesso inizia l’attesa vera e propria.
Non faccio nulla per diverse ore.
Mi viene servito il pranzo in un cartone da asporto che contiene
petto di pollo insipido, riso bianco e spinaci.
Una tristezza assoluta.
Manca solo la mela bacata per sentirmi come nel film di
Fantozzi, quando acquista un sacchetto di merenda alla
stazione per cinquantamila lire.
Verso metà pomeriggio sento un applauso.
Non mi sono sbagliato sono proprio persone che acclamano. E
cantano.
Devono essere iniziate le registrazioni.
Mi affaccio alla finestra, cerco qualcuno con cui poter
dialogare ma non trovo nessuno.
Resto in attesa guardando il soffitto.
Successivamente ancora un’ora di silenzio.
Poi improvvisamente di nuovo la voce del pubblico.
Probabilmente sarà la seconda puntata in programma.
Inizio a odiare la Matta.
Ho il terrore che il mio alter ego possa trovare l’arrivederci e
rispedirmi a casa.
Non ce la faccio più chiuso in questa prigione.
Ma alle cinque di pomeriggio si spalanca la porta. E’ Sabrina
che con gesti frettolosi dichiara:
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“Tocca a te Fabio, esci”.
Il corridoio
Non me lo faccio ripetere due volte. Prendo armi e bagagli
seguendo la ragazza fino a nuove scale, questa volta più ampie,
che costeggiano il teatro. Giungiamo in cima infilandoci in un
corridoio con molte porte laterali. ‘Sala costumi’ dice il cartello
appeso ad una di queste. Sembra di essere dentro Camera café,
la sitcom di Luca e Paolo ambientata nell’area relax di
un’azienda. Solo che gli spazi qui sembrano più vecchi e
ristretti.
“Questo è il camerino degli uomini” dice entrando in una
stanza sulla sinistra. E’ solo leggermente più grande del tugurio
dove sono stato finora, e ricolma di valige sparse ovunque sul
pavimento.
“Sabrì! E’ arrivata la Lombardia?” grida una voce lontana con
chiaro accento romano.
“E’ qui!”.
“Portalo da noi che lo dobbiamo vestire”.
Vengo dirottato nel locale che ho intravisto poco prima
all’inizio del corridoio. All’interno delle donne stanno
sistemando abiti sulle grucce e stirando camice. Una piccola
televisione trasmette immagini di Affari Tuoi ma senza scritta
‘Rai’ in basso a destra.
“E’ la puntata che stanno registrando adesso?”.
“Proprio così” risponde una piccola donna che si avvicina,
presentandosi come Luciana. Porta un caschetto biondo di
capelli e sfoggia occhi luminosi.
Un sorriso che trovo subito simpatico lascia scivolare il
commento:
“Ma come sei alto ragazzo mio. Un po’ magro però. Mangi
ogni tanto?”.
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“Qualche volta”.
“Ce l’hai una camicia bianca? Oggi dobbiamo vestire tutti gli
uomini come Matiacic”.
“Ma ci vuole la giacca nera e il sombrero” ribatto perplesso.
“Ma che stai a dì? Il sombrero? Non mariachi, Matiacic”.
“E che cos’è?”.
La costumista mi guarda stralunata, come già altre volte è
capitato in queste ore. Poi rivolgendosi a tutte esclama:
“Ao, questo non sa chi è Matiacic, ma da dove arriva?”.
Piccola risata generale.
Sempre più confuso dichiaro di non avere niente di bianco
mettendomi nelle loro mani.
Proviamo una camicia.
Poi un’altra.
Dopo nuovamente una.
“Ragazzo mio sei troppo alto e magro, non ti va bene niente.
Hai qualche maglietta in valigia?”.
“Certamente”.
“Allora fammele vedere. Mi raccomando devono essere senza
scritte, perché in Tv non si può fare pubblicità”.
Recupero gli indumenti e torno appoggiando tutto sull’asse da
stiro.
“Questa no, questa no…” ripete Luciana.
“Come mai non vanno bene?”.
“Guarda questo simbolo in trasparenza”.
“Sì, ma non si vede”.
“Però non va bene!” ripete come se stesse parlando con un
idiota. E forse lo sono davvero.
All’ultima maglietta ribatto:
“Non c’è motivo di scartarla, le scritte non sono pubblicità. E’
il motoraduno dello Stelvio, che è un passo di montagna”.
Le donne si guardano perplesse.
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“E va bene, prendila. Oggi sarai l’unico diverso, ma ci può
stare visto che sei il nuovo”.
Ripongo nuovamente tutto in camerino quando all’improvviso
sento un gran schiamazzare di persone.
Esco dalla stanza per vedere una frotta di ragazzi giungere
nella mia direzione.
Sono i concorrenti.
Tutti belli, solari e briosi.
Respiro subito l’energia che portano nell’aria.
“Ciao sono Matteo, tu sei la Lombardia vero?”
“S-sì” rispondo balbettando. E’ un ragazzo dal sorriso perfetto,
denti bianchi, occhi azzurri e con il cartellino ‘Trentino Alto
Adige’ attaccato sulla camicia.
“Piacere sono Ivan, Piemonte”.
“Ciao Lombardia, sono Sandro, Calabria ”.
“Benvenuto, sono Gloria, Sardegna”.
Stringo decine di mani in pochi secondi. Sono totalmente
frastornato, non capisco più nulla. Ogni nuova persona che
conosco è bella e simpatica, sembra di essere ad una sfilata di
moda.
Ci sono anche adulti di una certa età, ma pure questi hanno
qualcosa di particolare, un’eleganza innata, un carisma subito
percepibile che le rende persone non comuni.
Un operatore con la cinepresa registra ogni nostro movimento
stando nell’ombra, non ci accorgiamo della sua presenza;
sembra di essere al Grande fratello.
Ferma nel corridoio ad osservare la scena c’è una signora
spaesata quanto me.
Si avvicina.
“Ciao, mi chiamo Sara. Sono la concorrente del Lazio arrivata
prima di te. Eri anche tu nella prigione vero?”.
“Sì. Che bello trovare qualcuno con cui parlare, ho
l’impressione di non trovarmi nella realtà”.
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“Anch’io sono ancora confusa”.
Infine giunge una ragazza che sta abbracciando tutti; le
costumiste, Sabrina e altre persone dello staff.
Dal cartellino sul vestito leggo che è il mio alter ego della
Lombardia. Sui trent’anni, capelli rossi, robusta ma non in
sovrappeso e molto carina.
“Beata lei che va a casa” dice Matteo comparso al mio fianco.
“Quanto ha vinto?”.
“Novemila euro”.
“Beh, non è male”.
“Insomma”.
“Da quanto tempo era qui?”.
“Circa due settimane”.
“Accidenti. E tu invece?”.
“Ormai è quasi un mese”.
“Cosa?” è la mia risposta esterrefatta.
“Sono il più anziano tra gli uomini. Augurati di non prendere il
mio posto” pronuncia sempre con il sorriso.
“Lo spero di cuore”.
“Vieni che ti spiego un po’ come funziona qua dentro. Il primo
giorno siamo tutti in confusione, perciò stai tranquillo e cerca
di goderti la giornata. Tanto oggi non giocherai di sicuro”.
Seguo Matteo mentre illustra i segreti di questo lungo
corridoio.
La prima porta sulla destra è la sala costumi che ho già visitato.
Poi l’aula mensa, dove ci sono quattro tavoli al centro della
stanza.
“E’ qui che passiamo la maggior parte del tempo” dice.
Molte sedie sono sparse ovunque. Diverse finestre si affacciano
sulla strada proprio dietro la scritta ‘RAI – Teatro delle
Vittorie’. Fa una strana impressione trovarsi alle spalle
dell’insegna che così tante volte ho visto in Tv.
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La stanza successiva è il camerino delle donne. Chiaramente
non possiamo entrare, ma la porta è socchiusa e diverse
ragazze entrano ed escono in continuazione. C’è parecchia
confusione intorno a noi, tutti parlano e si confidano come se
fossero grandi amici, anche se da quello che ho capito nessuno
si conosce da più di qualche settimana.
La stanza successiva è quella del trucco.
Sei postazioni da parrucchiera con quattro estetiste che stanno
lavorando su viso e ciglia di alcune concorrenti. C’è anche un
uomo a cui stanno tamponando guance e fronte con della terra
rossa.
“Ti prego, non dirmi che dobbiamo truccarci anche noi”
domando a Matteo.
“Oh sì, più di una volta al giorno”.
“Se lo verranno a sapere i miei amici sarò fottuto”.
Il corridoio poi svolta a sinistra dove troviamo uno stanzino
con il computer.
Successivamente i bagni.
Alla fine del corridoio si trova una porta con maniglione
antipanico che si apre su un piccolo cortile, dove diverse
persone stanno fumando.
Matteo torna indietro presentandomi l’altro lato del corridoio.
“Questa è la stanza dove proviamo i balletti”. La camera è tra
le più ampie che ho visto finora. Un tavolo appoggiato al muro,
divanetti vicino alle pareti e due mobili tipo scrivania con tanto
di specchio e cassetti. Dietro i divani c’è una porta-finestra che
dà sul cortile di prima dedicato alla pausa sigaretta.
Successivamente un altro camerino per le donne.
“Come mai ce ne sono due?”.
“Questo è per le ragazze, quello di prima generalmente viene
usato dalle donne più grandi”.
Per ultimo Matteo spalanca la porta della stanza dove ho
depositato la valigia. Il camerino degli uomini.
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Vengo salutato da diverse voci.
“Buongiorno Lombardia”
“Allora come ti trovi?”.
“Bene, anche se un po’ spaesato”.
Saremo in dieci in un luogo poco più grande di un bagno.
“Ma noi abbiamo solo questo per cambiarci?”.
“Eh sì” risponde il Piemonte, un ragazzo dalle addominali
scolpite “Gli uomini non contano un cazzo, sono le donne che
fanno girare il mondo”.
C’è un appendiabiti con diverse grucce, dalle quali penzolano i
vestiti.
“Vedi Fabio” prosegue Matteo “Quando sceglierai gli abiti che
vorrai indossare nelle varie puntate dovrai appenderli qui. Poi
prendi questi cartoncini marroni dove c’è scritto il nome della
tua regione” dice porgendomeli. “Lombardia 1 , Lombardia 2 e
Lombardia 3 . Ovviamente Lombardia 1 non dovrai abbinarlo a
nessun vestito, visto che la prima puntata è già stata registrata e
non eri presente. Lombardia 2 è la maglietta che indossi ora
suppongo, anche se ti chiederanno di mettere una camicia
bianca. Lombardia 3 devi sceglierlo adesso, e poi appenderlo
sulle grucce, in modo che le costumiste possano controllarlo”.
“Va bene, lo faccio subito. Comunque per Lombardia 2 mi han
detto di tenere questa maglietta”.
“Hanno confermato in sala costume?”.
“Sì”.
“Allora ok. Fai sempre quello che ti dicono loro”.
“Cerco il mio bagaglio, l’avevo appoggiato sulla sedia in fondo
ma l’hanno spostato”.
“Sono stato io. Quello è il punto più comodo per cambiarsi, e
lo prende il più anziano. Scusa ma ci ho messo un mese per
averlo e me lo tengo stretto”.
“Figurati, non c’è problema, anzi scusami tu”.
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Inizio a cercare il vestito da mettere nella terza puntata, mentre
ascolto i discorsi degli altri partecipanti. Ognuno di loro ha una
teoria sul gioco.
“Il numero preferito di Ilaria era il 3, e avete visto cosa gli
hanno messo nel pacco 3?”.
“Centomila euro”.
“Appunto, la dottoressa ha fatto apposta. Sapevano che
l’avrebbe chiamato per ultimo e l’ha fregata”.
“Invece sospettavano che avrebbe chiamato Stefania per la
Matta. Sono molto amiche, e gli autori vedono tutto. Ci
osservano. Quindi hanno messo a Stefy la pergamena con
Dimezza” commenta Sandro della Calabria.
“Io non ci cascherò di sicuro. Sanno che il 13 è nato mio padre
e il 18 mio nipote, immaginano perciò che non chiamerò questi
due. Invece al primo Cambio prenderò il pacco con una di
quelle cifre, così mi ritroverò dentro i soldi”.
“Ma davvero la redazione fa caso a tutte queste combinazioni?”
domando.
“Certamente” risponde la Sicilia “Quando hai fatto il provino
hai compilato la tua biografia. Sanno tutto di te. E la tua partita
verrà impostata su quello”.
“Ma io non ho nessun numero a cui tengo” ribatto sottovoce.
“Guarda Fabio” sottolinea Matteo “Sono solo teorie. A volte
son giuste, a volte no. Secondo me è tutto casuale”.
“Anch’io credo sia così”.
Osservo la Sicilia che ha dei segni a penna sulla pelle:
“Come mai si è scritto dei numeri sul palmo della mano?”
domando a Matteo.
“Per il calcolo delle probabilità. Supponi che nella partita
appena trascorsa nel pacco 9 ci sia stata una cifra alta. E’ poco
probabile che nella partita successiva il pacco 9 contenga
ancora una cifra elevata. Così alcuni concorrenti se lo scrivono
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per ricordarselo, in modo da avere una sequenza di numeri più
corretta da chiamare”.
“Potrebbe avere una logica, anche si mi sembra un po’ campata
per aria”.
“Oppure recentemente nel pacco 12 ci sono stati dei soldi, per
questo nelle ultime settimane viene lasciato tra gli ultimi da
aprire. Ma anche qui dipende se uno ci crede o meno”.
“Ao, ci vogliamo muovere?” sento un urlaccio provenire dal
corridoio.
“Ora conoscerai Rum” dice Ivan “Fa sempre la parte
dell’arrabbiato. Ma non ti preoccupare, non morde”.
“Lombardia! Dov’è la Lombardia?”.
Improvvisamente si spalanca la porta. Un omone vestito di
nero mi indica. Riccioli scuri che gli sparano ovunque e fisico
da wrestler in un vestito altrettanto cupo. Sembra essere
appena sceso da una Harley Davidson.
“Tu ascoltami bene. Quando sentirai che chiamo ‘Le borse’
devi lasciare il cellulare nella tua sacca, uscire di corsa e
metterti in fila con gli altri. Loro lo sanno” dice indicando i
miei colleghi che ridono sotto i baffi. “Non farmi ripetere due
volte le cose se no me fai incazzà, vabbene?” pronuncia con un
fortissimo accento romano.
“Va bene”.
“Poi te spiego tutto il resto. Ao, me raccomando, nun fa
cazzate. Comunque piacere e benvenuto ad Affari Tuoi” chiude
la porta e se ne va.
“Sticazzi” è il mio commento poco elegante. Gli altri ragazzi
ridono di gusto.
“E’ sempre così, dopo non ci fai più caso”.
I minuti successivi scorrono in mezzo a discussioni sulle
tattiche da usare contro la dottoressa. Conosco superficialmente
anche tutti gli altri concorrenti, scambiando due chiacchiere
con ognuno di loro, finché giunge la promessa voce di Rum:
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“Le borse! Muovetevi!”.
Chiudo il telefono nella valigia.
Seguo gli altri concorrenti che si infilano nella stanza dei
balletti.
“Tu mettiti accanto alla porta” mi dice la ragazza del Veneto,
“Quelli nuovi stanno sempre qui”.
“Cosa succede adesso?”.
“Arriva Carlo a parlare prima di andare in trasmissione” si
allontana sedendosi sopra il tavolo appoggiato alla parete.
Accanto a lei altre ragazze, tutte con le gambe a penzoloni.
Ecco in cerchio radunati i concorrenti.
Gli uomini con le spalle al muro, e le donne comode su
divanetti e sedie. Ognuna ha il tacco dodici e sono bellissime.
Ora che ho una visuale completa mi rendo conto di quanto
siano straordinarie. Da copertina.
La Campania sembra una bambola. Alta, capelli lunghi neri che
le cadono sulle spalle, in un abito da sera mozzafiato.
Il Friuli ha due occhi così azzurri da sembrare luminosi, e uno
scollo sul vestito che le mette in mostra una schiena bianca e
levigata.
Anche le altre sono allo stesso livello, qualunque età abbiano.
Avverto dei passi in corridoio.
Cala il silenzio nella stanza.
Un secondo dopo si affaccia alla porta Carlo Colonna, il
conduttore.
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3
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È quel sole d'ottobre che scalda Roma
la stagione migliore che arriva prima
e chi ti batte le mani
perché fa suo quello che sei
Laura Pausini
Largo sorriso e fronte spaziosa, capigliatura spettinata color
zafferano che gli conferisce un aspetto sbarazzino.
Ampie spalle ed un torace prominente.
Noto subito che ha un carisma importante, tutti gli occhi sono
puntati su di lui, ed anch’io non riesco a smettere di guardarlo.
Ecco un grande personaggio dello spettacolo a pochi centimetri
da me. So che è un fuoriclasse come conduttore, tutto ciò che
tocca lo trasforma in oro. E’ anche un attore formidabile ed
eccellente ballerino.
Non si contano i premi e i riconoscimenti che gli sono stati
assegnati.
“Allora ragazzi, tutto bene?” chiede.
“Bene Carlo, grazie” è la risposta che viene ripetuta in coro.
“Dov’è il nuovo concorrente? Ah, eccoti qui” commenta
girandosi verso di me, “Come ti chiami?”.
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