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Farsi in quattro, anzi in due!
È natale Dio è venuto, viene, verrà. È venuto: lo ricorda il presepio (pag. 4); lo ricorda la Bibbia nel confronto della lettura cristiana con la lettura ebraica (pag. 10); lo ricorda la fede dei nuovi popoli d’Europa verso il Mille Bollettino Parrocchiale Trimestrale di Santo Stefano di Cadore Anno LXXXI - 2015 N. 4/INVERNO (pag. 3). Viene e verrà. Viene per servire e non per essere servito (pag. 1). Continua a venire nella vita normale dei giorni (vedi la Vita in Parrocchia) e nei fatti piccoli e grandi della comunità. la Conquista Spedizione in abbonamento postale - DIRETTORE Rossini don Paolino - RESPONSABILE Buzzo Guido - Aut. Trib. 6/84 n. 2539 Stampa: Tipografia Piave - Belluno - C.C.P. 10301323 intestato alla PARROCCHIA DI S. STEFANO DI CADORE - BL Farsi in quattro, anzi in due! S i iamo vicini i i i all Natale N l e c’è ’è il rischio i hi di esser presi da molte cose. Papa Francesco ha preso tutti in contropiede. Il sinodo sulla famiglia ci impegna a riflettere e a pregare. Come ciò non bastasse, ecco l’anno giubilare per i cinquant’anni della conclusione del Concilio Vaticano II. In autunno le parrocchie hanno avviato le attività pastorali. Gli operatori della catechesi sono mobilitati da qualche tempo, così pure coloro che si dedicano alle opere caritative e a Insieme si può… Poi i gruppii del d l vangelo l e, per finire, i tutto il volontariato tanto prezioso per la società e la parrocchia che va dal servizio agli anziani, agli scolari e a molti altri ambiti. C’è sempre tanto da fare. Non si sa proprio da che parte cominciare! *** Non farsi prendere dal panico, né dalla fretta! È il caso di pensare un attimo. Bisogna fare una cosa alla volta, come si è sempre fatto. Soprattutto facciamo quello che possiamo. Occorre che in O h cii facciamo f i i due, d piuti tosto che in quattro. Occorre farsi in due come le due sorelle che ospitarono Gesù a casa loro… fare contemporaneamente la parte di Marta e quella di Maria. Una era affannata a cucinare e l’altra faceva accoglienza all’ospite. Ad un certo punto, come succede a volte in tutte le case, ci fu un piccolo corto circuito tra le due. Gesù si trova in mezzo e che cosa fa? Valuta molto positivamente entram> CONTINUA A PAG. 2 Pellegrinaggio foraniale in Slovenia: dal Comelico al santuario di Brezje, venerdì 19 settembre. C’è la grande statua di S. Giovanni Paolo II. Un papa germogliato dal ceppo dei popoli slavi che sono popoli giovani innestati nell’antica Europa, mille anni fa, e subito diventati cristiani. (foto R. Trevisan) La Conquista 2 DALLA PRIMA PAGINA be, senza sbilanciarsi a favore dell’una o dell’altra. Mentre Gesù fa onore alle due sorelle, ci domandiamo: il Signore desidera da me che preghi un po’ di più? O è urgente che aiuti il prossimo in questo momento senza perder tempo, magari rinviando le preghiere? *** C’è un ordine nelle cose, una precedenza. Gesù dice che bisogna prima ascoltare (e questa è il miglior modo di pregare!) e poi fare… Come dire: prima si carica la batteria e poi si parte. Da notare che proprio Gesù altera lo schema parlando, appena prima, del buon Samaritano, con la carità che sconvolge i piani di quell’uomo in viaggio, a differenza dei sacerdoti che davano precedenza assoluta alle loro orazioni. Un detto memorabile di Gesù è questo: «Sono venuto non per essere servito, ma per servire». Lo fa intendere a Marta indaffarata e all’umanità di oggi che corre da mattina a sera. «Lasciami fare il mio servizio – dice Gesù - per il quale sono venuto! Sono qui per darti la mia parola che ti rallegra e ti solleva…». Suo servizio e scopo per cui è venuto è rinnovarci e rifarci con la sua parola. Nostro compito è ascoltarlo attentamente, prima di iniziare la nostra «diaconia» la corsa per famiglia e comunità. Solo in questo modo si evita la fretta eccessiva, l’affanno, la preoccupazione di voler arrivare dappertutto… col nervosismo che questo spesso comporta! Marta e Maria: se entrambe sono necessarie, dovremo alternarle. Nella giornata ci sono i momenti di Marta, ma non senza sua sorella Maria che mette al centro del pensiero quanto il Maestro dice. *** Tornando al Sinodo sulla Famiglia, se si bada ai giornali è solo questione di leggi da modificare. Sarà utile che andiamo oltre ai discorsi superficiali e cerchiamo di captare lo spirito del messaggio dei vescovi e di papa Francesco per crescere nell’amore vicendevole. Per quanto riguarda il Giubileo, prima di tutto non c’è da preoccuparsi delle masse che si radunano a Roma e della prenotazione da fare per questo o altri appuntamenti. È il giubileo della “misericordia” e la misericordia la si trova tranquillamente di domenica in domenica. Guarda caso proprio l’anno prossimo viene letto in chiesa il vangelo di Luca che è veramente quello che annuncia la misericordia. Restauri a buon punto I l cantiere dell’impresa “Art – edilia” ha occupato a lungo l’area attorno alla chiesa di S. Stefano nel corso NOTA LITURGICA Andate! La Messa non è finita! Qualcuno è contento che sia finita, qualcun altro vorrebbe intrattenersi ancora con pensieri devoti. Le luci però si spengono e il sacrestano ha fretta di chiudere. «Andate!»: è il comando del Signore quando ascende al cielo e si stacca dai suoi. Dice di andare a portare la lieta notizia. Come esco da Messa? Acceso o spento? Infervorato o annoiato? Indifferente come sono entrato o impressionato da una parola di Cristo? Non basta un po’ di buonumore, devo aver attinto amore… e di quello coraggioso: pronto anche a sacrificarsi. Non basta un po’ di ottimismo per aver visto e salutato qualcuno: Dio voleva mettersi d’accordo con me, con te per salvare il mondo. dell’estate. Prima c’è stata la demolizione della fascia bassa dei muri perimetrali, che erano stati deteriorati dall’umidità nonostante i ripetuti interventi di restauro fatti in passato. Poi è stato rifatto l’intonaco con materiali speciali traspiranti. Alla base, tutto attorno, è stata realizzata l’isolazione dall’umidità di risalita con la realizzazione della barriera chimica. Il progetto generale di restauro era stato studiato dall’architetto Aldo Kratter di Sappada. La Soprintendenza, una volta data l’approvazione, si era riservata di esaminare le scelte da fare in corso d’opera. I ponteggi sono stati allestiti a fine agosto e solo allora si sono viste da vicino le condizioni degli intonaci: quello originale del ’600 fatto con calce era an- Ritrovato l’intonaco antico, originale del ’600. I colpi di scalpello furono inferti perché il nuovo intonaco attaccasse meglio… in che non si verificò cora molto buono, mentre i successivi si staccavano (erano stati verosimilmente realizzati negli anni ’20 del secolo scor- Ambulanza qualche ritardo dovuto al caso Volkswagen La consegna della nuova ambulanza subirà qualche ritardo nella consegna in seguito alle note vicende dei diesel truccati della casa tedesca. Il nuovo mezzo perciò non arriva per la festa di Santa Barbara come promesso ma, se tutto va bene, un mese e mezzo dopo: entro gennaio. I soldi per l’acquisto ci sono, grazie ai contributi di enti e persone del Comelico. L’elenco degli offerenti è stato pubblicato man mano su “La Conquista”. La ditta “Class” di S. Lucia di Piave conta che il furgone le venga consegnato entro dicembre. Dopodiché occorre circa un mese per allestirlo come autolettiga. Continua l’elenco degli offerenti da settembre in poi: Ugo Romano Comis in ricordo dell’Alpino Comis Vito reduce… 500, Cooperativa di S. Vito di Cadore “La tua spesa per il territorio” 350, Maria e Anna Comis 150, Nadia e Alfredo Comis 1.000. ▶ La Conquista Stuccature e consolidamento dell’intonaco originale (dopo il trattamento biocida, contro l’insorgere di alghe, muschi o altri vegetali). Segue poi la tinteggiatura a calce con protettivo per intonaci esterni. ▶ so). Battendo sul muro risuonavano, perciò la scelta di tornare all’antico si è imposta. L’abbattimento di questi intonaci recenti e precari è stato un lavoro rapido… e con molta povere. Sul muro sono comparsi i colpi di scalpello dati elle pareti perché la malta attaccasse meglio… il che non si verificò. Muratori molto bravi, tra i quali due di origine macedone, hanno poi ritoccato pazientemente i punti lesi, i buchi e i distacchi portando le superfici all’originale come erano in antico. Ci sono stati dei ritardi, dovuti prima all’attesa dei pareri della Soprintendenza e poi per le settimane di pioggia che hanno impedito di lavorare. Finalmente per la festa dei Santi le impalcature sono state tolte, con sollievo di tutti e anche della fiera dei Morti. Finora la parrocchia ci ha messo del suo, fino ad esaurire le scorte finanziarie compresi alcuni contributi generosi che hanno cominciato ad arrivare da quando il Consiglio di amministrazione della parrocchia ha chiesto collaborazione a parrocchiani e amici. Si sta cercando dei contributi straordinari per completare l’opera: rimangono la facciata col portico e le colonne, il campanile e la parte alta dell’abside (la parte bassa della cappella ora si presenta bene!)… e qualche dettaglio come i gradini in pietra delle porte laterali. *** La parrocchia ringrazia tutti i contribuenti. Continua elenco: M.a Bice 50, Sergio Kratter 10, bambini Matteo, Valentina, Elisa e Greta 10, Rodolfo De Candido 50, n.n. 100, Maria De Zolt 50, fm. Aldo Baldissarutti 500, in occ. battesimo Vincenzo Migliaccio 200, Claudia e Agostino 100, Pierina Zampol 50, Karin e Luca 50, Nadia e Alfredo Comis 1.000, n.n. 40, n.n. 50, n.n. 50, Pesca di beneficenza 6.060, Mercatino delle Meraviglie 6.505, n.n. 40. A fine ottobre il cantiere è stato chiuso e così il primo stralcio di restauri è completato. Sono state versate a saldo le somme seguenti: all’Impresa euro 89.440, all’architetto euro 9.618 con ritenute d’acconto di euro 1.816. Intonaco a calce per esterni e rappezzi. Sotto la fascia bassa rifatta dopo il risanamento. 3 Pellegrinaggio in Slovenia N el santuario nazionale della Slovenia, a Brezje, c’è la venerata immagine di Maria Ausiliatrice. Vicino all’ingresso ci accoglie una grande statua di S. Giovanni Paolo II, che vi fece visita nella ricorrenza dei 1250 anni della conversione degli Sloveni e dei Croati al cristianesimo. Questo viaggio ci ha dato l’occasione di conoscere qualcosa dei popoli slavi e del loro ingresso nella fede cristiana, quando nasceva l’Europa. Recentemente tutti hanno celebrato, con piccole differenze di tempo, il millennio della loro adesione alla fede. Hanno cominciato i Polacchi, negli anni ’60. Sono seguiti i Russi negli anni ’80 (il Millennio della Rus) e c’era ancora il regime sovietico. Poi è stata la volta degli altri: Serbi, Bulgari, Cechi e Slovacchi… Gli Ungheresi sono un’etnia che non fa parte del ceppo slavo: sono discendenti degli Ungari che nel X secolo terrorizzavano mezza Europa razziando come, prima di loro, facevano gli Unni di Attila… con la differenza che erano più furbi: non distruggevano tutto, ma aspettavano qualche anno prima di tornare in modo che la gente si riprendesse. Per evangelizzare gli Slavi, fu determinante l’opera dei fratelli Cirillo (un letterato) e Metodio (un diplomatico di Bisanzio che poi fu fatto arcivescovo dal Papa). Conoscevano bene le lingue di quei popoli, ma dovettero inventare la scrittura: quella che ancor oggi esiste e si chiama alfabeto cirillico. Tradussero la Bibbia e la liturgia nella nuova lingua > CONTINUA A PAG. 4 APERTURA del Giubileo della Misericordia a PIEVE DI CADORE per la nostra zona Cadore – Comelico – Ampezzo DOMENICA 22 NOVEMBRE festa di Cristo Re alle ore 15 a Tai, in piazza delle corriere, parte il pellegrinaggio a piedi sulla ciclabile verso la chiesa arcidiaconale dove ci sarà adorazione, con testimonianze e canti di un gruppo musicale... La Conquista 4 e così i testi sacri ebbero una buona diffusione tra quei popoli. A causa delle invasioni ungare dell’inizio ’900, l’organizzazione ecclesiastica messa in piedi dai santi Cirillo e Metodio fu devastata, ma la loro opera non fu vanificata: un secolo dopo la loro morte la chiesa risorse tra gli Slavi, grazie alla diffusione dei testi tradotti. Il Principe di Kiev, S. Vladimiro, scelse la fede cristiana per il suo popolo (non a caso, in questi giorni, una statua di St. Vladimir viene innalzata vicino al Cremlino). Gli Ungari furono sconfitti definitivamente da Ottone il Grande di Sassonia DALLA TERZA PAGINA nel 955 e, da allora, persero la voglia di razziare e si insediarono nel territorio dell’Ungheria attuale. Gli imperatori ottoni, da Ottone I a Enrico II il Santo, si adoperarono moltissimo per l’organizzazione ecclesiastica e l’opera missionaria in mezzo ai popoli slavi. Quest’ultimo, spostandosi di persona, metteva ordine nei regno e nelle diocesi in collaborazione col Papa e cercando in tutti i modi il progresso spirituale dell’Europa del tempo. S. Stefano d’Ungheria era cognato di Enrico II, avendone sposato la sorella S. Gisella, I presepi de Nina i sono presepii iin miniatura i i provenienti i i dda tutto il mondo, oltre che da varie regioni italiane. La Santa Famiglia è ambientata nel trullo di Alberobello, vicino a un cactus in Messico, al polo nord con una renna e un orso bianco al posto del bue e dell’asinello… Sono presepi modellati in legno, ceramica, gesso, metallo, plastica… collocati sulla sezione di un tronco d’albero, in un guscio di noce, all’interno di un libro aperto, perfino dentro la caffettiera di alluminio. Ogni anno a natale Nina riempie credenze e scaffali del salotto e sorride contenta in mezzo a più di un centinaio dei suoi minipresepi: un museo originale che fa sentire un caldo ambiente natalizio. BEL L AL MIÒ Ò NAD DÀ Bel al miò Nadà de tance ane fa che iò voi ricordà e contà com chi nere nota. Ne nere chel chi né ades, ne nera nanche Babbo Natale e nei canaie la Vigilia spietone che vegne Gesù Bambino. Na stomana ignante done a e fece del popolo un tempo razziatore la nazione cattolica che conosciamo. La nostra comitiva ha fatto tappa in riva al lago di Bled, per ammirare l’isola e il maniero in alto che l’imperatore Enrico II affidò al vescovo di Bressanone… Abbiamo fatto un ideale gemellaggio col Castello di Andraz. Raggiunta la meta del santuario di Brezje e concelebrata la messa coi parroci del Comelico, siamo giunti a Lubjana: la bella città di impronta austriaca, ora capitale della Slovenia, con tanto verde e piazze chiuse al traffico dove abbiamo ammirato chiese e antichi palazzi con l’aiuto delle guide. muscio e i nose pare, o i nose none o barbes de tal bosco a taja un abete par fei l’albero de Nadà. La vigilia fadone n’tin de presepio, na capanna con Maria, Giuseppe e il Bambino Gesù, su l’albero metone un poce de cucce fate su con carta colorata, metone calche mandarin e s’inere anche calche caramela, par fei al nei metone l’bombas che somié proprio fioche de nei, metone le candeline vere che se impifé dal de sera così stadone a vardà le lus. Oh, com chi n’ere bel al mio Nadà de tance ane fa! La sera d’la Vigilia didone su le orazion e done a dormì presto parchié via par la note rivé Gesù Bambino ma prima de dì a dormì nei canaie parcione soto l’albero n’tin de fien, n’tin de aga e n’tin de sal par al muset sperando cal Bambino Gesù ne porte algo de bel. Bonora levone su presto e io ceteu sotte l’albero na bela pupa de pezza che avé fato mio nona, doi nastre colorati da mete su sul ciò e n’poce de cuccé n’tin de barbagige e doe caroble e iò ero contenta parchié basté poco par ese contente. Al dì de Nadà done a Messa granda e a medodì se mangé n’tin de ciarne, doe luganghe, un piatto de gnoche e se fadé un Nadà coi fiocche. Dal de sera intorno ala cosina tal ciaudo, metone su la plota calche scorza de mandarin parchié profumé duta la ceda. Arone duce felici e contenti coi nose cari e i nose parenti. Chesto iné al mio Nadà de tance ane fa che ne se po desmentià e che iò voi ricordà. Tilia De Candido Marina di Massa) La Conquista 5 La vita in parrocchia CAT TEC CHIS STI… SOLO O DO ONN NE? Perché non incaricare anche qualche uomo? Si parla tanto di pari opportunità! Per la verità, un uomo tra i catechisti c’era già lo scorso anno, un giovane, e insieme al parroco fanno già due. Per la parrocchia è una grande grazia avere persone che si prestano a seguire un gruppetto di ragazzi nel loro cammino con Gesù Cristo. Fare il catechista e la catechista è una vocazione: il Signore chiama e il cristiano risponde, mette da parte qualche impegno o fa posto tra quelli che ha già, fa un po’ di slalom tra i suoi orari… Soprattutto mette da parte la paura di non farcela, di non essere adatto o preparato. Prepararsi, è necessario! Occorre leggere con calma la guida e scegliere le cose da dire e da fare. Ai catechisti viene offerta sempre una formazione che va un po’ in profondità. Viene apposta da Belluno don Luciano Todesco, una volta al mese, e fa un discorso di fondo che non offre subito spunti pratici, forse, ma allarga un po’ le idee. Anche la rivista “Dossier catechista” è messa in mano a tutti e contiene materiale per insegnare, risposte a problemi pratici, idee nuove adatte al mondo che cambia… La parrocchia è molto riconoscente a quanti si prestano per la catechesi dei ragazzi. Ci sono quest’anno degli avvicendamenti: mentre facciamo gli auguri ai nuovi catechisti e giovani, esprimiamo un grazie a quanti per anni hanno svolto un fedele e generoso servizio. conoscenza. Sia lodato il Signore! Signore, fa’ che quest’anno sia ricco di emozioni, speranze, sogni realizzati, progetti vissuti insieme agli insegnanti e ai compagni… Ti preghiamo per gli insegnanti dell’anno precedente, per la preside, per i collaboratori scolastici: che siano sempre pazienti, costanti nell’ascolto, gentili nello sguardo, in modo che possano aiutare chi non è al passo con gli altri ed è più in difficoltà… Signore, in Italia e nel resto d’Europa arrivano molti profughi che hanno perso tutto. Aiutali ad avere un tetto, cibo e lavoro per comprare i libri ai figli che vanno a scuola. Ti ringraziamo delle belle esperienze del Grest di quest’estate e siamo pronti ad impegnarci nel catechismo con serietà e costanza…». SUO OR GA AET TAN NA Suor Gaetana è stata trasferita a Todi, in Umbria. S.Stefano le è riconoscente per i cinque anni di presenza in parrocchia quando ancora c’era l’asilo. Poi, quando era a Lozzo, veniva per la pastorale degli anziani e malati ogni mese, quando poteva. PES SCA A E ME ERC CAT TINO La parrocchia ringrazia il gruppo che quest’estate ha lavorato instancabilmente alla pesca pro chiesa: gli uomini che hanno allestito e poi smontato il box e le donne che hanno numerato oggetti e premi. Prima hanno preparato a lungo ogni cosa, poi hanno tenuto aperta la pesca dal 24 luglio per chiuderla a ferragosto, ad esaurimento dei biglietti. L’utile netto di euro 6.060 è stato subito girato all’impresa che restaura la chiesa. Riporto da “L’Amico del Popolo” del 15 ottobre: Diciassettemila euro, per la precisione 17.005, a tanto ammonta il ricavato dell’edizione 2015 del «Mercatino delle meraviglie», l’originale e poliedrico bazar che, ogni estate, la parrocchia di S. Stefano organizza per raccogliere fondi da destinare a un’ampia gamma di iniziative sociali. In molti quindi si sono recati, da fine giugno ad agosto, nel vivace punto alla ricerca di curiosità, rarità e simpatici oggetti. E alla fine ciò che cercavano è stato trovato, condividendo nel contempo un progetto a sostegno di varie proposte. Così 6.505 euro sono stati destinati ai restauri della chiesa pievanale; 6.000 per il “bonus bebè”, 2.500 per le missioni, 1.000 per l’acquisto di materiale didattico per la scuola primaria di S. Stefano; altrettanti per la scuola dell’infanzia di ME ESS SA D’IN NIZ ZIO O AN NNO O SC COLA ASTICO O Ci sono state due celebrazioni distinte: per i più piccoli (Scuola dell’Infanzia) e per i più grandi (Scuola Media). Le messe dei ragazzi sono più vive perché sono fatte da loro, con canti e battimani a scandire il ritmo, con la comprensione dei gesti e parole adatte all’età, con preghiere fatte da loro… «Ti ringraziamo per il pane quotidiano, per questa scuola, i compagni… Dopo un’estate di riposo siamo pronti a impegnarci in un nuovo percorso di studio, di crescita, di Inizio di catechismo a Costalissoio: dai più grandi all’orsacchiotto ci sono tutti. > CONTINUA A PAG. 6 La Conquista 6 DALLA QUINTA PAGINA Campolongo. La distribuzione del ricavato è stata effettuata su indicazione espressa direttamente dai volontari impegnati nel mercatino. A tutti loro, alla Regola e alla famiglia Mario Pellizzaroli per la disponibilità gratuita dei locali, a chi ha donato gli oggetti e a chi li ha acquistati va il grazie della parrocchia. GR RAZ ZIE OLIVA A… E AUG GUR RI MARIU UCC CIA A! Oliva aveva iniziato il suo servizio il giorno della beatificazione di Padre Pio e lo ha terminato la vigilia della festa di S. Francesco. Sabato 3 ottobre, al termine della Santa Messa, la Comunità di Casada ha voluto porgere il suo sentito ringraziamento a Oliva De Pol, che per più di 13 anni ha svolto l’incarico di sagrestana nella chiesa di questa frazione. Il parroco, il presidente della Regola Tiziano Comis e Pierluigi Comis Da Ronco, in rappresentanza della Parrocchia, le hanno rivolto sentite parole di ringraziamento e le hanno consegnato un quadro ligneo raffigurante un piccolo paese adagiato su dolci pendii e circondato da splendide vette dolomitiche, che ben simboleggia il nostro paese. A nome di tutta la Comunità di Casada giunga ad Oliva, anche da queste pagine, la nostra più sincera riconoscenza per quanto ha fatto in tutti questi anni per la nostra chiesa e per tutti noi. Un servizio importante, puntuale, svolto in silenzio e con tanta disponibilità. La chiesa era sempre preparata con cura ed attenzione, nei momenti importanti dell’anno liturgico poi ci metteva davvero l’anima perché tutto risultasse perfetto, così come nelle occasioni gioiose e tristi dove sentivamo concretamente tutta la sua partecipazione. «Per tutto quello che hai fatto ti ringraziamo di cuore, ma sicuramente la riconoscenza più grande l’avrai da Lui, per aver avuto amorevolmente cura della sua casa e di noi tutti». Maria Letizia a comunità di Costalissoio era tutta in festa sabato 17 ottobre. Prima ci siamo ritrovati in chiesa per la messa e poi sotto il tendone. Il gruppo organizzatore ha servito un lauto pranzetto, allietato da musica e anche da un intrattenimento in dialetto del Gruppo Ladino di Costalta. Il discorsetto di Elvis, fatto con semplicità e a braccio, rende bene il significato della giornata. Buon giorno a tutti e ben trovati; un saluto ai presenti ed anche a coloro che per svariati motivi non hanno potuto esserci. Siamo giunti alla seconda edizione di questa festa alla quale abbiamo voluto dare un nome e un cognome: “Festa paesana con gli Anziani”. Ebbene, una denominazione non casuale ma che vuole mettere in evidenza un binomio importantissimo per la nostra piccola comunità ovvero il legame indissolubile che esiste ed esisterà sempre tra il paese (in senso lato…) e gli anziani. Anziani che rappresentano la vera ricchezza dell’attuale generazione, un punto di riferimento, una garanzia per le nuove famiglie che si formano, molto spesso costrette al logorio dei moderni stili di vita e a lasciare a casa i bambini per recarsi al lavoro. E ancor più nei nostri piccoli paesi, la figura dell’anziano assume un ruolo di vitale importanza! Badate bene, oggi la figura di una persona che ha raggiunto una certa età non è più associabile a quella di qualche decennio fa; oggi, “l’anziano moderno” è una persona più che mai attiva e, come dicevo poc’anzi, un punto di riferimento per i più giovani… Hanno il grande pregio di aiutarci a guardare le vicende terrene con più saggezza e soprattutto sono i custodi della memoria collettiva. Ciò che mi preme sottolineare poi, di questa festa, è il fatto che non dobbiamo assolutamente associarla ad un evento commemorativo o straordinario per ricordare che esistono anche gli anziani! No, non è questo lo spirito con il quale l’abbiamo concepita! ….e si sbaglia chi pensa il contrario! Questa è una festa CON gli anziani e non PER gli anziani, un momento di incontro e confronto di una intera comunità che, per andare avanti e stimolare la crescita e la vitalità del paese, ha bisogno di restare unita e di incontrarsi, anche sotto un tendone in una giornata di festa per scambiarsi idee, opinioni e dove le persone più anziane, grazie alla loro matura esperienza sono in grado di proporre ai giovani consigli preziosi. Non sono d’accordo, quindi (permettetemi di dirlo…), con coloro che pur scherzosamente (…ma forse neanche troppo…) ricevendo l’invito hanno risposto «…io non mi sento vecchio, per cui non è la mia festa!»… All’uscita dalla messa, c’è il sole e c’è tempo fin che si vuole di conversare in piazza. La Conquista Concludo ringraziando tutti voi che con la vostra presenza dimostrate l’apprezzamento per questa iniziativa e noi, naturalmente, ne siamo felici. Un grazie al Gruppo Costalissoio che con orgoglio rappresento ed in particolare a tutti coloro che si sono adoperati in prima persona per organizzare tutto questo; un grazie alla Regola e all’Amm.ne Comunale di S. Stefano, al nostro Parroco don Paolino, un grazie al Gruppo di Costalta, sempre bravi e disponibili, un grazie ai nostri giovani musicisti. Un ringraziamento particolare vorrei rivolgere a due anziani, originari di Costalissoio ma che da tempo, per motivi di lavoro, non vivono più in paese: la Signora Giovanna De Lenart ed il figlio Leo Polzotto che non avendo potuto partecipare alla festa odierna per altri impegni già presi, hanno voluto lasciare un segno ai loro compaesani attraverso una donazione in denaro che, secondo la loro volontà, è stata convertita in una serie di premi che saranno distribuiti con una lotteria. Colgo l’occasione, infine, per porgere un caloroso saluto e fare un grosso in bocca al lupo per una pronta guarigione a Gigetta che, purtroppo, nei giorni scorsi è stata vittima di una caduta ed oggi non ha potuto essere presente fra noi. Sperando che questa festa possa entrare nel cuore di noi tutti e diventare una tradizione paesana da ripetere ogni anno, auguro a tutti voi un buon proseguimento nel segno della festa e del divertimento… Grazie a tutti! Elvis Dal Popera all’Etna Giovanni Arcangeli. Di Rimini ma sua mamma è di S. Stefano: Franca Puliè. Architetto, sposato, quattro figli, 52 anni. Partito in mountain bike dal rifugio Berti, in cinque settimane è arrivato al rifugio Sapienza sull’Etna, in Sicilia. Questo percorso, con tappe per incontrare persone e associazioni allo scopo di sensibilizzare e raccogliere fondi a favore di un ospedale in Zimbabwe, per la progettazione di un pozzo e di un impianto di potabilizzazione dell’acqua nonché di un laboratorio artigianale… Ha inteso rappresentare il Comelico e dar testimonianza di quel Veneto che a parole rifiuta i migranti – ha detto – mentre sa che è una regione con persone di cuore e molto generose. 7 La catena umana M olti dal Comelico hanno partecipato, domenica 13 settembre, alla catena umana attorno alle Tre Cime. L’iniziativa, che si ripete da anni ed è nota ormai a livello mondiale, vuol smuovere le coscienze a favore dei diritti umani. Piergiorgio Da Rold, fondatore di Insieme si può, ha detto nell’occasione: «Crediamo che rifugiati e migranti abbiano diritto di cercare protezione e salvezza attraverso canali legali e sicuri, senza dover rischiare la vita… Le nostre mani, strette come quelle di un genitore a un figlio, hanno accolto chi fino ad oggi ha conosciuto mani violente, che abbracciano armi, che si colmano di egoistica ricchezza…». Il direttore generale di Ammnesty International Italia ha auspicato che le Tre Cime diventino impegno per le tre “cime” che sono giustizia, libertà e pace. L’abbraccio della catena ha voluto essere un grande abbraccio ai diritti umani, caldo e solidale come quello che migliaia di persone stanno dedicando ai richiedenti asilo in cerca di protezione in Europa. Claudia De Candido racconta… D omenica 13 settembre 2015 anche una piccola rappresentanza di Campolongo, con qualche aggiunto, è salita per partecipare all’ “abbraccio alle tre cime di Lavaredo” una manifestazione che ha voluto richiamare l’attenzione di tutta l’opinione pubblica sulla negazione ed il mancato rispetto dei diritti umani in tanti stati del mondo. Arrivati al rifugio Auronzo abbiamo ascoltato gli interventi del rappresentante di Amnesty International e di Piergiorgio Da Rold per “Insieme si può”, persone che hanno speso la loro vita per aiutare chi invece vive da sempre nella marginalità, soggetto a violazioni, soprusi e miserie di ogni tipo. L’organizzazione prevedeva poi la suddivisone in settori del percorso, assegnando ad ognuno di essi il nome di uno stato dove attualmente i diritti umani non sono rispettati; noi abbiamo raggiunto il settore 5 dell’Eritrea. Lo sparpagliarsi delle migliaia di persone presenti ha permesso alle ore 12 di formare una lunghissima catena umana che è stata ripresa, vista e postata ovunque, soprattutto nelle sedi istituzionali dove la politica deve lavorare affinché qualcosa migliori e ci sia una speranza per ogni popolo. È stata fatta anche una raccolta firme che verrà presentata ai governanti perché facciano di più in questa direzione (la manifestazione è alla sua seconda edizione, la prima si era svolta nel 2009). Come gruppo abbiamo poi proseguito e completato l’anello che gira intorno alle tre Cime. Il sole non è quasi mai riuscito a spazzare via la nebbia ed il freddo che ci hanno accompagnato per tutto il resto della giornata, quasi a significare come si faccia ancora troppo poco per andare verso un mondo più giusto… io l’ho interpretato così. Tra di noi si è creato un bel clima di condivisione ed abbiamo fatto conoscere la zona a persone che ci salivano per la prima volta. Durante la camminata abbiamo incontrato anche qualche altra persona del Comelico principalmente del gruppo “Insieme si può”. (Le foto sono di Lorenzo Casanova) 8 RIC CORD DAT TO IL CE ENT TENA ARIIO La Conquista si sono radunati a S. Stefano assieme alle loro famiglie domenica 13 settembre. Si sono quindi recati al Cimitero della Grande Guerra a deporre una corona, nonché un mazzo di fiori sulla tomba del capitano Fabio Brovedani, comandante del Battaglione e deceduto in servizio negli anni ’70. La caserma Calbo è rimasta chiusa dal 1997. Solo la palazzina degli Ufficiali resta oggi occupata dai Carabinieri. Si parla di voler adibire il grande immobile a nuova sede dei Vigili del fuoco, una volta che si trovassero i finanziamenti. RICORDO DI MARCIN NEL Quando c’erano gli Alpini a S. Stefano e andavano di moda i distintivi. Avendo nel territorio del Comune di S. Stefano il Sacrario militare che raccoglie quasi mille Caduti della Grande Guerra, ci si è sentiti in dovere – ha detto il vice sindaco Paolo Tonon – di fare per loro una celebrazione solenne. La cerimonia voluta dall’Amministrazione comunale, dal Gruppo Alpini locale e dalla Comunità Montana ha avuto luogo domenica 6 settembre. La messa festiva è stata celebrata in cimitero anziché in chiesa ed è stata animata dal Coro Comelico. Invece la fanfara degli Alpini ha accompagnato il corteo per le vie del centro. Tra le autorità presenti c’era anche il sindaco di Kartitsch, assieme a una rappresentanza dell’Associazione Caduti sudtirolese. Va dato merito al Gruppo Ana di S. Stefano, in particolare, per la cura del Cimitero militare e anche per il cartello allestito che illustra al visitatore gli eventi del fronte del Comelico. L’iniziativa della celebrazione è, oltre che un doveroso ricordo, anche un modo per promuovere il turismo delle nostre zone. RIM MPAT TRIIAT TA DE EL VA AL CIS SMON N Un numeroso numero di Alpini, ex ospiti della locale caserma Carlo Calbo, Nella nuova sala della Regola di Casada è stata ricordata la tragedia avvenuta tanti anni fa nelle miniere del Belgio, a Marcinel, con molti morti italiani. A parlare il 25 agosto era l’autrice del libro “Il cuore nel pozzo”, lei stessa figlia di un minatore ivi emigrato. Il titolo (il cuore nel pozzo) dice bene come fossero persone con un cuore quelle mandate a mille metri di profondità a scavare carbone, un cuore che faceva questi sacrifici immani per la famiglia e il paese lontano (l’Italia)… dal 1956 in poi. D’Andrea. A seguire, Valentina Comis ha fatto da guida al monumento ai Caduti in piazza SS. Trinità, che è uno dei più belli e significativi del Cadore con i bassorilievi di Augusto Murer. Si riporta il comunicato stampa diffuso per l’occasione… I monumenti sono parte integrante dei paesi cadorini, sono luoghi di ricordo delle sofferenze e delle difficoltà di chi ha vissuto direttamente, in prima linea, il periodo della Grande Guerra. Quanti sguardi, pensieri e sospiri hanno lanciato verso quelle pietre le madri, le mogli e i famigliari; quante ricorrenze e quanti fiori deposti per decenni. Poi via via l’oblio dei parenti, lentamente scomparsi e della collettività ha relegato queste memorie a muti e degradati testimoni della storia. Lo studio di Emanuele D’Andrea “I monumenti urbani ai caduti cadorini” (Tipi Ed.), pubblicato dalla Magnifica Comunità di Cadore nell’ambito del programma per le commemorazioni del Centenario della Grande Guerra della Regione del Veneto, ha il preciso intento di rivitalizzare la conoscenza di questi simboli di storia, spesso opere di grandi artisti locali, e incentivarne il recupero e il restauro. Il volume, corredato da molte foto d’epoca, aneddoti e curiosità, è inoltre un prezioso strumento di studio per le generazioni future. QUALIFICA A Marvin Alfarè ha conseguito la qualifica di Autoriparatore dopo aver frequentato l’apposito corso triennale Enaip a Longarone. UNIVERSIT TÀ A/A ANZIA ANI I MONU UME ENTII CA ADO ORINII Nella sala della Regola di Costalissoio, sabato 26 settembre, è stato presentato il volume “I monumenti urbani ai soldati cadorini” di Emanuela L’Università Adulti Anziani sezione Comelico – Sappada, che si ritrova sempre il mercoledì presso la Comunità Montana, ha presentato un programma molto vasto e intenso. Non solo conferenze, ma gite socio-culturali, attualità, sport e medicina, laboratori e seminari, visita a musei, ecc. La prolusione di apertura è stata tenuta dal presidente don Attilio Menia Cadore che ha illustrato l’enciclica di Papa Francesco “Laudato sii” in modo acuto e incisivo. Don Menia ha raggiunto il 50° di sacerdozio ed è stato festeggiato dai suoi compaesani a Danta l’estate scorsa. La Conquista I coscritti: quante sere passate a far fiori! CALCIO A CIN NQUE «Vi presto il pullmino se andate a vincere!», si sono sentiti rispondere un gruppo di ragazzi. Si sono classificati secondi al torneo di Calcio a Cinque di Forni di Sopra del 29-30 agosto. Sono stati bravi! Sono tornati con questo trofeo (altezza cm 90,5 sponsorizzato da Joppi Abbigliamento). I nostri eroi hanno ben figurato tra una quindicina di squadre. Erano Jacopo Solagna, Alessandro Doriguzzi Sartor, i gemelli Kevin e Mark, Mirko Bressan, Lorenzo Zampol e Mario Colle. DO ON CIIOT TTII «Ragazzi, rimanete in questa terra!», ha detto don Luigi Ciotti a Pieve di Cadore, suo paese d’origine, parlando in particolare a molti giovanissimi. «Il Cadore conta molto su di voi. Conta molto anche perché restiate in questi luoghi meravigliosi». Ha ricordato sua madre che quando vivevano in una baracca, in un cantiere a Torino, non avendo la luce elettrica leggeva libri a lume di candela. Per dire che la cultura è importante, purché sia critica e frutto di ricerca personale… stre l’impegno è stato massimo, sicuramente abbiamo commesso degli errori e di questo ci scusiamo. Il successo ottenuto lo dobbiamo a te che hai contribuito, ad un gruppo organizzativo affiatato e alla disponibilità dell’Amministrazione comunale. Insomma, l’unione fa la forza e tutti noi siamo stati l’esempio che il Comelico non è solo uno splendido territorio ma anche una splendida comunità… ». AC CQU UA BE ENE E COM MUNE E Venerdì 23 ottobre, un pubblico numeroso e molto interessato ha seguito il dibattito sullo sfruttamento idrico dei fiumi e dei torrenti. Progetti e domande di centraline hanno preso d’assalto tutti i corsi d’acqua della montagna a scopo – è stato detto – esclusivamente speculativo. Pazienza quando ad usufruirne sono i comuni o le regole, ma sono arrivate società da Trento e più lontano. Agli abitanti solo il danno ambientale, ai pescasportivi un rigagnolo d’acqua, ai cittadini la beffa di dover pagare in bolletta gli incentivi dati dallo Stato ai proprietari delle centraline… Ha ragione il sindaco Alessandra Buzzo a voler unire le forze (popolazione e associazioni ambientaliste) per contrastare le conces- 9 sioni che la Regione distribuisce con troppa facilità. COL LLE EGA AME ENT TO SCIIIST TICO O Via libera dalla Regione alla variante urbanistica necessaria per il collegamento sciistico fra il Comelico e la Pusteria. La Commissione ambientale strategica (VAS) ha ritenuto l’intervento sostenibile e conforme. Ora l’iter burocratico prosegue più speditamente. Pareri positivi erano già stati emessi da vari enti, tra i quali la Sovrintendenza ai Beni archeologici, quella ai beni paesaggistici, Arpav, Centro valanghe, Forestale, Genio civile, tutti i Comuni limitrofi e la Provincia. Il passo avanti è decisivo per la parte ancora mancante del collegamento sciistico, cioè la pista e l’impianto di risalita da Valgrande a Cima dei Colesei e Passo Montecroce e rientro. Si pensa come possibile la data di dicembre 2017 perché il Giro delle Cime sia tutto sciabile. L’Amico del Popolo Gli abbonati sono in aumento nella nostra parrocchia. il settimanale della Provincia riscuote consenso perché si batte per i problemi della montagna e anche per la cronaca locale, abbondante e qualificata. Sulle locandine pubblicitarie appare la cincia allegra che, come si sa, è un uccello che non emigra ma resta qui anche d’inverno e lo slogan è contro lo spopolamento: “Difendiamo la vita in montagna”. Tra i periodici del suo genere è anche il più a buon prezzo: l’abbonamento annuale è di 48 euro, pur con molte pagine e grande varietà di argomenti. VITA NELL LE VIE EDIZIONE E 2015 5 Il gruppo organizzatore ha emanato questo comunicato ai collaboratori: «Questa edizione è stata per noi un grande successo in termini di presenze, ma soprattutto di soddisfazioni. Per motivi organizzativi le serate sono state ridotte a tre, è però indiscusso che il livello di qualità degli eventi, partecipazione e affluenza sia stato migliore di queste ultime edizioni. Da parte no- Vita nelle Vie. Lo stand della Casa di Riposo Giovanni Paolo II. 10 La Conquista A chi della Bibbia… ne sa poco o niente Biibb bia a ebra aicca e Biibb bia a criisttia ana a: qu uali diiffferren nze e? La Bibbia ebraica comprende tutti i libri sacri fino a Gesù. Dai racconti della creazione, che sono nelle prime pagine, fino all’ultimo dei profeti… dopo del quale ci sono i vangeli, si estende la Bibbia ebraica che noi chiamiamo Antico Testamento (testamento qui vuol dire alleanza o patto tra Dio e il suo popolo). Noi cristiani teniamo come anche nostri tutti i libri dell’Antico Testamento e in più aggiungiamo quelli del Nuovo, che sono i vangeli e gli scritti apostolici. Noi accogliamo nella nostra Bibbia tutti i libri degli Ebrei e li leggiamo con sincera venerazione, perché li consideriamo Parola di Dio tanto quanto i libri del Nuovo Testamento. Immaginiamo uno scaffale di libri, molto lungo perché ne comprende oltre una settantina: questa è la Bibbia che vuol proprio dire “Biblioteca”. I nostri fratelli ebrei usano i libri di questo scaffale solo fino a un certo punto e poi si fermano: prendono i libri della Legge, dei Profeti e dei Salmi e poi basta. Noi cristiani teniamo l’intero scaffale, dall’inizio alla fine, e lo leggiamo nel suo insieme senza scartare nessuno scritto. Questa è la Bibbia Cristiana, che comprende tutti i libri biblici, mentre la Bibbia Ebraica ne comprende solo una parte, anche se è una parte molto consistente quanto a numero di pagine. La a Bib bbia a co ome un na catten na dii monttag gne Se immaginiamo la sequenza dei libri biblici come un itinerario di montagna, vediamo un susseguirsi di cime di una catena montuosa. Ci sono vette più alte e più importanti, altre più famose e frequentate e altre meno note e quasi mai nominate. L’itinerario ebraico parte subito dalle cime più alte e poi va come in discesa. La vetta più alta per gli Ebrei è la Torà, che si traduce di solito “La Legge” ma vuol dire “La Parola di Dio”. Si tratta dei cinque libri del Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Gli altri scritti della Bibbia Ebraica sono disposti in modo diverso dal nostro. Vengono prima i “Profeti anteriori”: Giosuè, Giudici, Samuele e Re che noi cristiani preferiamo chiamare “Libri storici”. Poi vengono i “Profeti posteriori” che sono suddivisi in maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele) e dodici minori (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia). Nel resto della Bibbia Ebraica ci sono gli “Scritti” (Salmi, Proverbi, Giob- be), i cosiddetti “Rotoli” (Rut, Cantico dei Cantici, Qohèlet, Lamentazioni, Ester) e infine Daniele, Esdra e Neemia, Cronache. I nostri fratelli ebrei partono in alto, dalla Legge o Parola, e poi fanno una lunga discesa. I Profeti si presentano come commenti della Legge e gli Scritti sono meditazioni sempre sulla Legge. Itiine erarrio o dellla a Biibb bia a Cristtia ana Noi cristiani guardiamo l’intero scaffale dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, anche se scambiamo un po’ l’ordine dato dagli Ebrei ai libri dell’Antico. Se prendiamo in mano il volume della Bibbia che abbiamo in casa e lo sfogliamo, noi percorriamo una lunga storia che inizia dalla creazione del mondo e si prolunga fino ai libri dei Maccabei. L’intenzione è ovvia: la Bibbia intende creare un filo narrativo fra creazione – caduta da una parte e il Nuovo Testamento, cioè incarnazione – redenzione dall’altra. Per noi la storia è in salita verso la cima e non in discesa. La venuta di Gesù Cristo si trova alla fine del percorso. Nella Bibbia Cristiana, quindi, l’apice si trova alla fine e non all’inizio come per gli Ebrei. I “Libri Sapienziali” (Giobbe, Salmi, Proverbi, Qohèlet, Cantico, Sapienza, Si- Negli spazi parrocchiali continua la serie delle feste di compleanno autogestite. I genitori si prestano ad animarle con giochi. La Conquista racide) sono collocati dopo i libri storici. In qualche modo permettono al lettore una pausa meditativa prima di affrontare i libri profetici. Nella Bibbia Cristiana comprendiamo quattro profeti “Maggiori”: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. Ad essi si aggiungono il libro delle Lamentazioni, attribuito a Geremia, e il libro di Baruc, il segretario di Geremia. Infine ci sono i dodici profeti “Minori”, da Osea a Malachia, detti così non perché siano meno importanti, ma perché i loro scritti sono più brevi. Nella Bibbia Cristiana, i profeti non sono in primo luogo commentatori della Legge come nella Bibbia Ebraica. Sono piuttosto veggenti che annunciano la venuta del Messia. Ho o la Biibb bia a ma no on ho il Va ange elo o?!! A volte qualcuno dice: «Ho la Bibbia, ma non ho il Vangelo… ». Niente paura! I vangeli ci sono all’interno della Bibbia. Alla fine del Vecchio Testamento comincia il Nuovo e i Vangeli ci sono tutti lì. Non c’è bisogno di cercare il piccolo volume al quale, di solito, si ricorre per comodità, perché è anche tascabile. Nell’ultima parte del volume della Bibbia c’è tutto quello che si riferisce a Gesù. Ci sono tutti gli scritti degli Apostoli e degli Evangelista che lo riguardano. Sono scritti molto brevi, a volte, ma studiatissimi. Ci danno nel modo più sicuro e completo il messaggio che sostiene la nostra fede in Gesù Cristo. 11 Preghiera della Guardia di Finanza Signore Dio, che hai voluto distinta in molti popoli la famiglia umana, da te creata e redenta, guarda benigno a noi che serviamo in armi l’Italia. Aiutaci, o Signore, affinché, forti della fede in te, affrontiamo fatiche e pericoli in generosa fraternità di intenti, offrendo alla Patria la nostra pronta obbedienza e il nostro sereno sacrificio. Fa’ che sentiamo ogni giorno, nella voce del dovere che ci guida, l’eco della tua voce: fa’ che le Fiamme Gialle d’Italia siano d’esempio a tutti i cittadini nella fedeltà ai tuoi comandamenti e alla tua Chiesa, nell’osservanza delle patrie leggi e nella consapevole disciplina verso l’autorità costituita. Accogli nella tua pace i Caduti di tutte le guerre e dona il premio a coloro che hanno speso la vita nell’adempimento del dovere. E concedi a noi e alle nostre famiglie la tua benedizione, la protezione di Maria Santissima e del nostro Patrono San Matteo, Amen. Preghiera del Cacciatore Sii lodato, Signore, per aver creato le montagne e il sole che le illumina, l’acqua che le bagna, gli animali, le piante e i fiori che le adornano: io ti ringrazio per avermi fatto comprendere la bellezza di questa tua creazione. Ti ringrazio ancora, mio Dio, che mi concedi di giungere alle nevi immacolate, di cacciare il capriolo e il cedrone nella foresta, il gallo, le bianche e il camoscio fra rododendri e dirupi, di ammirare l’aquila reale nell’azzurro senza confine. Benedetto sia tu Signore, per la pace che mi dona l’immensa solitudine fra i tuoi monti, le cui valli mi portano l’eco sopita dell’armonia eterna del cielo: scrutandone l’altezza senza limite ascolto la voce perduta dei miei cari e medito l’abisso in cui mi trovo. Perdona ora, mio Dio, se talvolta sacrifico alla mia passione quelle tue creature: è il compimento di un rito che resta nel primordiale istinto quando tu concedesti all’uomo la padronanza sugli altri animali. Il loro sangue mi fa tuttavia capire la tua generosità e la mia miseria, mi propone il rispetto dei tuoi beni e i limiti dei miei diritti. Lodato e ringraziato tu sia perché dalle tue montagne ritorno più buono, e quando, privo di forze ne serberò solo il rimpianto, ti prego, Signore, di darmi rassegnazione e pace. Se un giorno poi, per triste ventura, dalla montagna più non tornassi, io ti supplico, mio Dio, di accogliere benigno in quell’ora l’anima mia piena di colpe ma a te più vicina. Così sia! 12 La Conquista Preghiera dell’Alpino (altra edizione) Caro Amico Alpino, che sei andato avanti, noi piangiamo la tua dipartita e ti ricordiamo con affetto e commozione, per quanto in questa vita hai dato alla Patria, alla famiglia, a tutti noi. Lassù tu ora hai ritrovato tanti vecchi amici alpini, che ti hanno preceduto nell’ultima marcia, con i nostri gloriosi caduti. Noi ti preghiamo, intercedi con loro presso l’Altissimo, presso Maria Madre di Dio, San Maurizio nostro Patrono, perché gli alpini sappiano restare sempre fedeli a quegli ideali di amor patrio, di spirito di sacrificio, di concordia, solidarietà e fratellanza, che hanno fatto grandi, nel tempo, il nostro Corpo e la nostra Associazione. Così sia. Preghiera del Carabiniere Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra, noi Carabinieri d’Italia a te eleviamo reverente il pensiero, fiduciosa la preghiera e fervido il cuore! Tu, che le nostre Legioni invocano confortatrice e protettrice col titolo di “Virgo fidelis”, tu accogli ogni proposito di bene e fanne vigore e luce per la Patria nostra. Tu accompagna la nostra vigilanza, tu consiglia il nostro dire, tu anima la nostra azione, tu sostenta il nostro sacrificio, tu infiamma la devozione nostra! E da un capo all’altro d’Italia suscita in ognuno di noi l’entusiasmo di testimoniare, con la fedeltà fino alla morte, l’amore a Dio e ai fratelli italiani. E così sia! Boscaioli in Val Visdende nel 1952 (in Val Montina, per la precisione). La valanga in quell’inverno aveva fatto disastri, dice Oliva. La foto molto stropicciata era nel portafogli del marito, Eldo De Mario, che la portava sempre con sé. Da sin.: Vito Comis, Oneglia (da S. Pietro che faceva da mangiare), Nenci (Gaudenzio) Comis, Berto (Vittorio) Doriguzzi, Luigi De Mario,Ugo Pradetto, Soravia… Vicino c’era una sorgente d’acqua tanto buona, sotto malga Manzon, ma nella damigiana c’era vino, per il pasto! Si è concllusoo unn cicclo C inque Comuni, cinque anni, cinque trittici, quindici pittori, quindici opere. Il trittico di pittura dolomitica denominato, nel variegato panorama del ladino comeliano “Arco di San Marco”, cioè l’arcobaleno individuato è emblematicamente beneaugurante per i pittori per la raffigurazione dei borghi e la trasposizione sulle tele dei colori e delle luci del Comelico. Direttore artistico unico il Maestro Vico Calabrò con il compito di individuare e scegliere annualmente i pittori. Tutti i cinque Comuni sono stati partecipi, coinvolti nell’ospitalità degli artisti e nel far conoscere loro gli aspetti del territorio, le caratteristiche, gli angoli pittorici, tutte componenti capaci di ispirare fantasia e estro artistico astratto o verista, o impressionista dei pittori. E così vennero raffigurati aspetti, angoli nascosti, mestieri, borghi, Sopalù, torbiere, Visdende… A metà luglio le tre opere, di grandi dimensioni, nel corso di una cerimonia ufficiale vennero scoperte al pubblico, incorniciate in apposite strutture metalliche, illuminate di notte, nei giardini municipali di Santo Stefano e vi rimanevano per un intero anno fino alla loro sostituzione con le nuove opere. Con il 2015 si è concluso il ciclo di cinque anni a Valle di San Pietro di Cadore con i pittori Karl Brandstätter di Ebenthal in Carinzia-Austria, Donatella Mangolini di Porto Viro e Cinzia Boninsegna di Merano. Significativamente nel centenario del Primo Conflitto Mondiale, per un futuro auspicio di pace, i pittori scelti sono del Veneto, dell’Alto Adige, dell’Austria. Si farà ancora il trittico di Pittura Dolomitica? Non si sa. Potrebbe essere trasformato, assumere una nuova veste, suscitare nuovo interesse, nuova vivacità, in un trittico del Comelico fiorito. Il trittico appartiene al comprensorio del Comelico e la celebrazione di un trittico fiorito rientra a pieno titolo nella connotazione del Comelico conosciuto quale zona che celebra la protezione dei fiori di montagna particolarmente nel bosco e in quota. Guido Buzzo La Conquista 13 Capitello dei “Menadas” Il capitello all’entrata di S. Stefano. Interno del capitello. Q contro l’altro e in concentrazioni pericolose, ingannevoli soste e improvvise partenze dei tronchi stessi, quindi in situazione pericolosissima che costringeva i “menadas” ad avere attenzione, con quattr’occhi, notevole sveltezza e prontezza di riflessi. Ebbene il Buzzo Mucchian si trovò in un momento di gravissimo pericolo e si rivolse alla Madonna e per Suo intervento si salvò. In ricordo del fatto prodigioso venne costruito un capitello in muratura, imbiancato e molto semplice e vi venne collocata una pregevole statua lignea di una Madonna Addolorata. Questa statua di un certo interesse artistico fu rubata negli anni ’70. Ora nel ca- uando non c’erano, come ora, gli autotreni, i camion, per trasportare i tronchi provenienti dai tagli dei boschi che venivano concentrati nei luoghi chiamati “stazi”, si attendeva una piena del Piave (una montana) per affidarli al fiume e farli fluitare fino a Perarolo. Nella seconda metà dell’Ottocento durante una di queste operazioni chiamate “menade” un menadas di Santo Stefano, un Buzzo Mucchian (probabilmente fratello di Matteo padre di Concetta Mucchian che ha sempre curato il capitello) corse un serio pericolo per la sua vita. Si era trovato in balia di acque impetuose, tronchi sbattuti uno Fusion Fusion, mondializzazione, mix di popoli, mix di etnie, mobilità di persone verso i paesi del mondo. Fusione di costumi, di modi di vita e di tradizioni. Mix di abbigliamento, di colori, di alimentazione, di cibi multietnici. Questo è il nuovo, inarrestabile in continua evoluzione. Da tenere presente nelle programmazioni da parte di tutti. Guido Buzzo pitello, al posto della statua, c’è un quadro con la riproduzione a stampa raffigurante sempre la Madonna Addolorata. Il capitello antico era stato costruito in corrispondenza del punto dove era avvenuto il fatto del fiume. Emerge quindi che l’attuale capitello non è quello originale: infatti è proprio così. Il vecchio capitello venne demolito per far passare la nuova strada. Pare sia stato costruito nello stesso periodo e con lo stesso stile di quello esistente in Via Dante, ma anche quest’ultimo è stato rifatto. Guido Buzzo Quest’anno il capitello è stato restaurato per interessamento di molte persone: Virgilia De Candido e il figlio Walter, Bruno Baldissarutti che l’ha ritinteggiato, Giuseppe Fontana che ha aggiustato il cancello in ferro. Sul pavimento c’è la data 1927, quando fu ricostruito sulla nuova sede: Anno Domini MCMXXVII, V dell’era fascista. All’interno c’è l’immagine dell’Addolorata di Michelangelo assieme ad altri oggetti di culto: molta fatica a ripulirli dalle incrostazioni dovute alla polvere della strada! Oggi il capitello dei menadas saluta i viaggiatori quando arrivano a S. Stefano in auto. La Conquista 14 (5^ puntata) Voglia di lavoro col rischio di perderlo Nell’anno 1966, nel mese di luglio, la ditta chiudeva una settimana per ferie. Quella volta ho chiesto al padrone se potevo fare due settimane perché avevo dei lavori da fare a casa, in Italia. Era una bugia. Non sono andato in ferie, bensì a Winterthur sempre col vecchio padrone. Ho lavorato due settimane in nero… sempre per guadagnare di più e poter in futuro intraprendere un’attività in proprio. Certo il rischio era alto, perché se la polizia veniva a saperlo, questa volta potevo essere espulso dalla Svizzera. Desiderio fin dal tempo della scuola Ogni tanto penso ai tempi quando andavo a scuola… Un giorno era l’ora di religione con don Bortolot, parroco di S. Stefano. Non seguivo la lezione e magari disturbavo i compagni. Il parroco si accorse e io, per non prenderle, scappai fra i banchi. Nel rincorrermi, andò a urtare contro lo spigolo di un banco. Vidi i suoi occhi lacrimare e ne rimasi anche molto dispiaciuto. Non presi le botte ma fui sospeso due giorni dalla scuola. Quella sera non andai a casa, perché mio padre me le avrebbe date di santa ragione, e così per paura saltai anche la cena. Era gennaio e faceva molto freddo. Andai a dormire nella stalla, dove c’era la mucca e c’era un po’ di caldo. Mi feci accompagnare dal mio amico Alvio che abitava vicino. Siccome la porta si chiudeva col catenaccio dall’esterno, mi feci rinchiudere. La mia famiglia aveva una mucca. Quella sera trovai in stalla anche un asinello. Andai a dormire nella mangiatoia e mi sembrava di essere Gesù bambino in mezzo al bue e all’asinello. Dopo dieci minuti, sentii dei passi sopra, nel fienile, e pensai che non poteva essere che mio padre venuto a cercarmi. Ascoltavo in silenzio quasi trattenendo il fiato. Lo sentii scendere e avvicinarsi alla porta della stalla. Evidentemente vide che la porta era chiusa dall’esterno e se n’era andato. Trassi un sospiro di sollievo e mi addormentai. L’asino svogliato La mattina presto arrivò mio nonno Beppo a governare la mucca. Quando mi vide, mi domandò che cosa fosse successo. Lui era un buono e mi voleva bene, non mi ha mai toccato con un dito. Gli raccontai tutto. Lui mi diede un po’ di latte appena munto. Gli domandai da dove arrivava l’asinello. Mi disse che l’aveva avuto a prestito da un amico di Campolongo per trainare la slitta e portare letame nei campi. Fu così che per due giorni rimasi ad aiutarlo a fare questo lavoro. L’asinello si fermava troppo spesso e per ripartire bisognava dargli qualche bacchettata. Dissi: «Nonno, io ho voglia di lavorare, ma questo asino non ha voglia né di imparare e meno ancora di lavorare!». Il nonno mi rispose: «Dai, che abbiamo ancora un viaggio e poi lo riconsegno al suo padrone!». Tempo in Svizzera agli sgoccioli Era il 1966. Un bel giorno un amico, Guido Venturini di Città di Castello, col quale avevo lavorato insieme nella ditta Strehler, mi ha detto che un suo paesano voleva dar via la sua gelateria in Germania, che doveva rientrare in Italia per assistere il padre malato essendo figlio unico… Io ho preso la notizia al volo. Con l’amico ho deciso di fare un giro subito per vedere se l’affare era fattibile. «Io ero contraria!», precisa Antonietta, la moglie. Siamo partiti il sabato 1 agosto, ma il giorno prima era arrivata a trovarci Rina, una cugina di Antoniet- Primo impegno: papà e mamma col neonato Sergio in Svizzera. ta, con la notizia che aveva trovato per noi un negozio a Courmaieur e che l’affittavano. Tutto era successo perché a novembre dell’anno prima eravamo andati a nozze di sua sorella… Ricordo che avevano appena aperto la galleria del Monte Bianco e quindi si faceva presto: eravamo partiti venerdì sera e la domenica eravamo di ritorno. In quei due giorni a Courmaieur avevo avuto l’impressione che era una zona ricca, mi pareva anche molto più della Svizzera, e per questo avevo detto alla zia Olimpia che se avesse trovato qualche occasione, sarei stato disposto a andare lì. Purtroppo ormai ero d’accordo con l’amico di andare in Germania e sabato mattina siamo partiti: 450 km circa. Siamo rimasti sabato e domenica, per aver modo di vedere quest’attività, e ci siamo accordati che la prendevo… naturalmente senza chiedere alla moglie! Gelatiere in Germania Ho promesso al titolare della gelateria che il giorno dopo avrei dato le dimissioni dal lavoro. Rientrato a casa, la domenica sera, ho detto: «Domani mi licenzio! E parto per la Germania». C’erano in casa, quella sera, mia moglie, nostro figlio Sergio, mio cognato Tullio e Apollonia coi figli piccoli. Tutti sono rimasti molto sorpresi. Ho visto gli occhi di Antonietta lacrimare e così pure quelli della cognata. Mio cognato ha tenuto la testa bassa e non ha fatto una parola. Antonietta oggi conferma di aver detto: «Io non ci vengo. Vai dove vuoi. Io rimango qui». «Se vuoi venire, bene. Se no io vado lo stesso!» - ho risposto. Il giorno dopo mi sono licenziato. Ho La Conquista dovuto fare i quindici giorni, come da contratto, e poi sono partito, solo, per la Germania. Imparare un nuovo mestiere L’accordo fatto col titolare della gelateria era che sarei andato lì un paio di mesi, per imparare perché non sapevo far niente, né gelato né niente. Era agosto. La gelateria l’abbiamo presa in novembre. Intanto Antonietta ci aveva ripensato: «Essere all’estero con un bambino di tre anni, che cosa avrei fatto da sola? Mi sono licenziata dando un mese. Mi sono staccata dalla fabbrica, dove avevo sempre lavorato e mi ero trovata molto bene, e ho raggiunto il marito». Così ci siamo trasferiti a Laufen Ober Bayern, un paesino sul confine con l’Austria alle porte di Salisburgo [la zona dove è nato Papa Ratzinger] e abbiamo iniziato la nuova avventura. Sergio è rimasto in Svizzera con la zia qualche mese e poi ci ha raggiunti in Germania… se ne stava da solo, su in appartamento, a giocare con le macchinine mentre noi giù in bottega si lavorava e non si aveva tempo di badare a lui. Era bravo e si perdeva via facilmente. 15 Cadorini a Milano Siamo venuti da lontano per trovare lavoro a Milano. Quando il lavoro abbiam trovato con tenacia e fatica abbiam migliorato il tenore della nostra vita. In questa città le radici abbiam piantato sperando in un futuro migliore del passato. Ogni giorno con premura e frenesia a Milano il tempo vola via. Poco o niente si può fare con tranquillità perché ci siamo inseriti nel vortice della città. È una città meravigliosa anche se in autunno è un po’ nebbiosa. Il tempo libero chi lo può trovare anche con la nebbia lo può sfruttare. Lo può sfruttare in tante maniere perché ci sono tante cose da vedere. Il Duomo che è il simbolo di Milano con la Galleria, che è lì a due passi, e lo può prendere per mano. In fondo alla Galleria, vi è una piazza che per andare alla Scala molta gente illustre di lì ci passa. Dirimpetto che sta a guardare vi è Palazzo Marino che ospita chi Milano deve amministrare. Tantissime altre illustri opere sarebbero da elencare di questa città che è tutta da scoprire ed amare. Ed infine rivolgiamo un pensiero alla Madonnina che di tutti i Milanesi è la Regina. Milano, 5 dicembre 1991 Dino Zandonella (continua) Se l’anziano potesse e se il giovane sapesse... Silvano) 5 agosto: S. Gaetano da Tiene. San Gaeton, la nodela z’man. (Costalissoio) O se fas canai, o se fas formai. (Lisa) Allevare figli è, per la donna, un impegno a tempo pieno. Nebbia bassa, bon tempo lassa. (Costalissoio) Bruno nella gelateria in Germania: da muratore a perfetto cameriere. Can che la növe tocia l’aga, l dì dopo torna l soroio. (Costalissoio) Pellegrini a Luggau, 21 giugno 2015. Il più anziano (88 anni) e il più giovane (9 anni): solo un pochino stanchi del lungo viaggio a piedi! La Conquista 16 LA FAMIGLIA meravigliosa idea di Dio N egli scorsi mesi, il Papa ha costantemente richiamato la nostra attenzione sulla famiglia, proiettandoci verso la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi che si svolgerà a Roma, dal 4 al 25 ottobre, sul tema: «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo». Fin dal dicembre 2014, quasi ogni settimana, il Papa ha proposto una catechesi importante attorno alla famiglia occupandosi di tutti i componenti: la madre, il padre, i figli, i fratelli, i nonni, i bambini, la fatica di Educare... La cellula della nostra vita sociale è davvero attaccata da ogni parte, è fragile eppure, secondo il progetto di Dio fin dal principio, è lo spazio in cui l’uomo e la donna sono dal principio, è lo spazio in cui l’uomo e la donna sono l’uno all’altro aiuto, visibilità dell’amore di Dio, «grande sacramento» di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5,32). La Chiesa intende rinnovare il suo impegno e farsi vicina alla famiglia, sostenerne le fatiche e i valori, accompagnarla anche nella vita di ogni giorno. Vi è come una «piccola liturgia familiare» che al di là delle paroleprogramma dettate dal Papa: permesso, scusa, grazie... fa parte della vita quotidiana. Sono le attenzioni reciproche che cominciano dagli stessi genitori, per esempio nel dirsi buongiorno al mattino, una preghiera di lode insieme, un segno di croce prima di uscire; la benedizione sulla fronte dei figli lasciandoli a scuola; la liturgia della mensa, della sera, delle feste e della domenica, giorno luminoso e diverso, in cui si va insieme all’assemblea della Chiesa, memori della Parola del Signore nella Lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone. Non disertiamo le nostre riunioni come alcuni hanno l’abitudine di fare...» (cf. Eb 10,24). Vi sono poi gli eventi di famiglia: compleanni, onomastici, le tappe sacramentali come il battesimo, la cresima, la prima Comunione, i sacramenti dei malati, il matrimonio; anche il sacramento della riconciliazione che dona tanta pace, aiuta a mettere ordine nella propria vita, a fare verità e vivere nella verità e nell’amore come garanzia di buoni rapporti e legami duraturi. Tanti altri momenti vanno valorizzati come occasione per riavviare un dialogo, mostrare attenzione alle persone, consolare… di Cristina Cruciani (Da “La vita in Cristo e nella Chiesa”, agosto-settembre 2015) La s.Messa nel loro anniversario di vent’anni di matrimonio: Giusy e Stefano Zandonella Piton. ▶ 50 anni di matrimonio di Elena Bergagnin e Bertino D’Ambros in primo piano gli sposi in secondo i figli e sotto i nipoti in ottemperanza al dettato crescete e moltiplicatevi. (foto Delfino) La Conquista 17 Parroci nella Grande Guerra /7 Un chierico in guerra Don Alberto Chiarelli fu per molti anni parroco a Danta: dal 1929 al 1975. Nato ad Auronzo nel 1895, stava studiando in Seminario a Belluno quando fu chiamato alle armi come tutti i giovani del suo tempo. I suoi ricordi di guerra sono riprodotti in viva voce in una registrazione, fatta dal nipote Marco Ciani, appena una settimana prima che morisse, a 88 anni di età. Alla leva avevano chiesto, a lui e ai coscritti, che mestiere facessero e risposero chi il falegname o qualcos’altro. Lui disse: «Faccio l’automobilista!»… aveva infatti preso la patente di guida un anno prima a Verona. Lo mandarono a Mantova e diventò autista di ambulanze. Dapprima fu inviato verso il Trentino dove arrivava qualche bombardamento tedesco, ma poi fu sul fronte della Bainsizza. Disse che doveva attraversare l’Isonzo in modo precario, su tavole magari, però non si trattava di un fiume molto grande, a fare la spola tra i monti Sabotino e Vodice, al di là di Gorizia. Appena arrivato a Zagora – Sagoviza, due villaggi completamente distrutti dai tedeschi, si riparò nella galleria di difesa. C’erano i corpi di due soldati morti sulle panche e li spostarono uno un po’ da una parte e uno un po’ dall’altra. Visto che la sabbia era asciutta, era talmente stanco che si addormentò lì per terra e dormì tutta la notte. Nella galleria di difesa del monte Vodice i bombardamenti erano a volte terribili: «una tempesta di bombe… ma non facevano niente perché si era dentro la roccia!». Quando andavano sull’altopiano della Bainsizza a prendere i nostri feriti i tedeschi, a quattro chilometri di distanza, di solito lasciavano fare. Ci fu solo qualche fucilata e il Chiarelli si riparò buttandosi sotto la macchina, poi sempre in viaggio, giù verso Vodice, a Zagora – Sagoviza. In quel periodo si ammalò un po’ Don Alberto Chiarelli, classe 1895, reduce della guerra, fu ordinato nel 1921 e fu parroco a Danta dal 1929 al 1975. per la fatica e lo stress. Colpito da intercolite fu portato giù dal Sabotino con la sua stessa ambulanza e ricoverato in una casetta che serviva da ospedaletto. Lì trovò altri due soldati ammalati come lui. Dovevano mangiare sempre di magro. Il dottore aveva loro prescritto un brodino con un rosso d’uovo e basta. Ma avevano una gran fame! Alberto aveva dei soldi e procurò pane e formaggio, per mangiare di nascosto sotto le coperte, ma guai se il tenente medico si fosse accorto! Alla fine riconobbe i benefici effetti della dieta da lui prescritta: «Avete visto?», ma appena se ne fu andato si misero a ridere. Un periodo di convalescenza Dopo una quindicina di giorni si fecero sentire le cannonate su Caporetto. Il tenente disse che bisognava partire. Nelle fermate del treno, a S. Giovanni al Natisone e a Manzano, Alberto fu molto contento di incontrare alcuni compagni seminaristi che, come di solito toccava ai chierici, erano a servizio di sanità. Quindi su treno attrezzato fu condotto verso le Marche, in una località a cinque chilometri da Loreto. Il chierico Chiarelli ora si trovava molto distante da casa sua, ma si consolava al pensiero della Santa Casa conservata in quel santuario che, per altro, aveva già visitato. Gli arrivò in quei giorni una cartolina di suo padre, ma non da Auronzo, bensì da Magenta in provincia di Milano. Come mai? Dopo il 4 novembre del ’17 erano sfollati, tutta la famiglia, ed erano ospitati in quella località. Proprio in quei giorni diedero un mese di convalescenza a lui e ai suoi compagni, ma laggiù ancora nessuno sapeva che il Veneto era stato tutto occupato dagli austriaci e che la gente era scappata. Per questo Alberto Chiarelli aveva anche pianto! Si mise in viaggio dunque verso Magenta. Arrivato alla stazione di Bologna, mentre stava aspettando, ebbe un incontro inaspettato. Si sentì chiamare: era il rettore del seminario di Feltre mons. Giuseppe Biasia (1876-1934) che era cappellano militare e fu molto rincuorato da quell’incontro. Siccome i soldati dovevano salire sui treni merci o sui carri bestiame lui, che era graduato, lo fece salire sul vagone viaggiatori fino a Milano. Qui riprese il vagone merci alla volta di Magenta e nel viaggio era insieme a un soldato, buon ragazzo, che all’arrivo lo ospitò la notte a casa sua. Fece svegliare la famiglia e sua mamma li accolse festosa, accese il fuoco e offrì loro caffelatte. Il giorno dopo Alberto incontrò il papà Bortolo, la mamma, i familiari e la zia: «Tutti piangevano a rivedermi. Ero come uno scheletro e papà in seguito mi disse che pensava avessi dovuto morire, ridotto così! Un po’ alla volta mi sono tirato su. A Magenta ho mangiato molto pane. Ho anche conosciuto il prevosto, don Domenico, che in seguito è diventato vescovo e con mio papà hanno continuato a scriversi…». Dalle ambulanze ai camion Il mese di licenza passò presto e Alberto dovette tornare all’esercito. Da Padova, il generale degli autisti lo man> CONTINUA A PAG. 18 La Conquista 18 DALLA PAGINA 17 dò a Tombolo (il paese vicino al monte Grappa dove Giuseppe Sarto, il futuro S. Pio X, era stato cappellano). Trovò un tenente che lo conosceva già, da quando all’inizio andava con l’ambulanza verso il Trentino, cioè verso Asiago. Da allora l’autista Chiarelli cominciò a condurre un grosso camion, un “18 BL”, e a fare viaggi anche lunghi. Una volta andando su verso Marostica dovette fermarsi a riparare il tubo della benzina che spandeva: lo aggiustò con nastro isolante, ma intanto perse di vista i compagni del convoglio. Invece di andare su verso Asiago prese una stradella in discesa e stava andando proprio in bocca al lupo: era la prima linea. «Se i tedeschi mi avessero scoperto – disse – mi avrebbero fatto saltare in aria! Comunque la notte sono montato sul cassone carico di bombe. Avevo una pagnotta e formaggio, un sacco a pelo e mi sono addormentato svegliandomi solo la mattina… perché sui camion non si avevano mica tutte le comodità! Se ci fosse stata un’esplosione, non avrebbero più trovato neanche le unghie!..». A svegliarlo furono i suoi compagni. Lo avevano considerato disperso. Una volta trovato, lo accompagnarono a destinazione e quindi giù a Bassano. Dopo qualche tempo a Mestre, fu di nuovo sul Grappa per quindici giorni a condurre munizioni su, fino alla galleria “Vittorio Emaniele”. La strada era piena di buche provocate dai bombardamenti. A forza di manovre la frizione si bruciò e dovette scendere piano piano. «Mi dicevano: -Sta attento, che ti bombardano! Infatti mi buttai sotto al camion quando caddero due sdrapeln, ma non fecero niente. Di solito stavo seduto dove c’è il volante e aspettavo che gli artiglieri scaricassero. Una volta mandarono su al mio posto un compagno e una bomba gli portò via la testa, mentre stava seduto al posto di guida: era unico figlio di una vedova…». un milanese coi baffetti che parlava sconciamente. – Finiscila! gli ho detto. Ci fu qualche spintone ed abbi la meglio. – Bravo! mi dissero i miei compagni. Sapevano che ero seminarista e mi volevano bene». «Quando sarai ordinato – dissero – verremo alla festa, se sappiamo…». Erano da Rovigo, dalla Bassa… Dopo il congedo, il chierico Alberto Chiarelli si rimise a studiare. Tornò in seminario a Belluno e nel 1921 fu ordinato da mons. Cattarossi. Tenente del 7° è diventato salesiano Germano Zandonella Gorgolon di Dosoledo, classe 1897, ha fatto la Prima Guerra arruolato nel 7° Alpini, Batt. Antelao, col grado di tenente. Si è distinto in Val Calcino, tra il Monte Grappa e il Monte Tomba, conseguendo anche la medaglia d’argento al valor militare. Questa la motivazione: «Comandante di un plotone, sempre calmo e coraggioso, da una trincea battuta di fianco da una mitragliatrice nemica metteva fuori combattimento otto avversari addetti all’arma stessa e costringeva il nemico a desistere dal tentativo di procedere a un nuovo appostamento. Respingeva poi con pochi superstiti sette assalti avversari. Sopraffatto, ripiegava ordinatamente, sempre valorosamente combattendo». Monte Fontanel (Val Calcino), 12-13 dicembre 1917. A guerra finita, dopo qualche anno, Germano ha seguito la vocazione religiosa. È entrato tra i Salesiano ed è stato ordinato prete nel 1925. Ha svolto Il Dopoguerra e la ricostruzione L’euforia della vittoria, il ritorno dei soldati dal fronte e delle famiglie sfollate in Italia, il Te Deum cantato nelle chiese caratterizzarono la fine dell’anno 1918. Dopo tante sofferenze la guerra era finita, ora però si doveva curare le ferite e fare i conti con la nuova realtà. I combattenti quando tornarono trovarono il paese da riparare. Fu intensa l’attività in Comelico per la ricostruzione delle strade e dei ponti, delle case bruciate in vicinanza dei baraccamenti militari incendiati e per bombardamenti austriaci, a Comelico Superiore e Cima Sappada, e italiani a scopo distruttivo nel momento della ritirata dal forte del monte Tudaio. Per la ricostruzione prese stanza a S. Stefano un ufficio del Ministero delle Terre Liberate. (FONTANA G., Notizie storiche del Comelico e di Sappada). La vita riprendeva, ma la situazione non era per niente facile; c’era grande povertà, il lavoro scarseggiava e presto molti cercarono la via dell’emigrazione che avevano battuto prima della guerra. La ripresa fu lenta e faticosa anche perché non mancarono calamità come l’epidemia “spagnola”. Agitatori politici approfittarono del malcontento dei reduci che vedevano vanificati i loro sacrifici. Ricostruzione morale «Sapevano che ero seminarista» «Ci fu un episodio tra commilitoni… Eravamo a S. Biagio di Callalta. C’era la missione di insegnante a Lanzo Torinese ed ha assunto anche importanti incarichi all’interno della Congregazione. Tra l’altro è autore di varie pubblicazioni tra le quali uno studio su S. Giovanni Crisostomo. Don Germano Zandonella di Dosoledo, alpino durante la Grande Guerra e poi salesiano. Finita la guerra, il vescovo Giosuè Cattarossi si premurò subito di fare visite pastorali a tutte le parrocchie, a cominciare da quelle che erano state maggiormente sconvolte dal conflitto. La visita del vescovo doveva essere preceduta da un triduo di predicazione, in forma di missione o di esercizi spirituali, e in tal modo sarebbe stata più fruttuosa. La Conquista I predicatori potevano essere nostrani, con scambi opportuni tra parroci vicini, altrimenti erano suggeriti i Frati Minori di Feltre o i Padri Oblati di Padova. Le cresime negli anni della guerra erano state rinviate, anche perché al vescovo era impossibile raggiungere tutte le parrocchie, ed erano ammessi tutti quelli che avessero compiuto il quinto anno di età. I preti avevano bisogno pure loro di fare gli annuali esercizi spirituali, ma i seminari di Belluno e di Feltre erano malridotti essendo stati usati come caserme dai tedeschi durante l’invasione. Perciò furono invitati a recarsi a Padova dove sarebbero stati ospitati presso la Pensione Universitaria. La guerra, come si è visto, aveva chiamato alle armi anche i chierici (arruolati di solito come portaferiti e nei reparti di sanità) e aveva disperso i giovani seminaristi, come il vescovo scrisse: «Lo spaventoso turbine della guerra ha purtroppo travolto nei suoi vortici qualche giovane speranza!». Era urgente coltivare nuove vocazioni e intanto si provvedeva al restauro dei seminari. Il coraggio e la determinazione non mancavano: «Dobbiamo a qualunque costo superare questa critica situazione». Preti cadorini per il seminario Il seminario di Belluno fu come rifondato perché, prima della guerra, era stato affidato a una congregazio- ne esterna: gli Stimmatini. Nel 1920 il vescovo Cattarossi si pose lui stesso alla direzione e avviò l’opera con soli diciassette chierici chiamando come vicerettore don Mario Coletti di S. Vito di Cadore, poi come insegnanti don Vittorio Coletti suo fratello, don Riccardo Piazza e don Giuseppe Da Vià entrambi di Domegge, mons. Gaetano Masi di Vallesella e don Angelo Fiori ancora di S. Vito. Altri insegnanti furono: uno di Feltre, don Mario Zanin futuro vescovo e nunzio apostolico, un agordino di Gosaldo, don Giovanni Juris… compagno di cella a Baldenich per una notte di don Luigi Fiori, e infine uno zoldano don Angelo Santin. La ripresa religiosa non era disgiunta dalle opere sociali e culturali. Occorreva riprendere le iniziative adatte ai tempi moderni che avevano fornito felici esperienze prima della guerra e il vescovo ne fece un dovere preciso: «Non potrebbe rimanere tranquillo quel Parroco che di tali opere si disinteressasse»… e cioè «diffondere la buona stampa, fondare una biblioteca circolante, raccogliere pochi giovinetti e alcune persone adulte benpensanti, che in nessuna parrocchia possono mancare, come primo nucleo per la istituzione di un circolo giovanile, di un gruppo parrocchiale dell’Unione Popolare, di una sezione del Partito Popolare, di una lega del lavoro, di una mutua, di una cooperativa…». Nella visita alle parrocchie il vescovo parlava alla popolazione che accorreva 19 numerosa in chiesa, sia durante la messa al mattino sia durante l’esposizione del Santissimo nel pomeriggio, salutava le autorità comunali, incontrava i vari gruppi del catechismo, la fabbriceria della chiesa. Nei ritagli di tempo visionava i registri canonici mentre il cancelliere ispezionava minuziosamente la sacrestia e le suppellettili sacre. Ecco il suo ritratto (da TIEZZA N., Diocesi di Belluno e Feltre, pp 376 ss).: «Il Cattarossi precedeva la schiera dei suoi preti, dando l’esempio di un acceso zelo apostolico. Il suo lavoro preferito era la predicazione: aveva il dono di una parola semplice, che usciva dal cuore e trascinava l’ascoltatore. Era instancabile: nelle visite pastorali era pronto a parlare a tutti i numerosi incontri della giornata; sul bollettino diocesano si dichiarò disponibile a tutte le chiamate dei parroci in qualsiasi circostanza… Sempre aveva l’efficacia di un grande comunicatore, che sapeva farsi capire dai piccoli e far riflettere anche gli intellettuali. Non trattava temi di alta teologia; argomento preferito erano i misteri della vita di Cristo, soprattutto la sua passione. L’occupazione principale e ininterrotta del suo episcopato fu la visita pastorale. Protratta per alcuni giorni, diventava una missione che arava a fondo nell’anima del popolo. Furono quattro le visite complete, con scadenza regolare, dopo la guerra…» (continua) ANAGRAFE HANNO CO OMINCIATO A VIVER RE IN CRISTO O COL BATTESIMO • MIGLIACCIO VINCENZO di Giuseppe e Lisa Molin Pradel, nato a Padova il 25 maggio 2015 e battezzato il 20 settembre 2015 a S. Stefano. • KRATTER ALEXANDER di Silvano e Chiara Buzzetto, nato a Tolmezzo il 9 giugno 2015 e battezzato il 27 settembre 2015 a Sappada. • ZANDONELLA GABRIEL di Andrea e Gloria Casanova, nato a Pieve di Cadore il 14 maggio 2015 e battezzato il 10 ottobre 2015 a S. Stefano. • CASANOVA BORCA ALICE di Marco e Barbara Comis, nata a Belluno l’1 gennaio 2015 e battezzata il 24 ottobre a Casada. HANNO AT TTINTO ALLA SOR RGENTE DELL’AMORE E CON IL MA ATRIMONIO • ZANELLA AGOSTINO e FONTANA CLAUDIA si sono sposati il 12 settembre 2015 in Val Visdende. • LOPRIORE LUCA e KARIN CASANOVA CREPUZ si sono sposati il 19 settembre 2015 in Val Visdende. SONO RIS SALITI ALLA SORGEN NTE DELLA VIT TA • D’AMBROS DINA di anni 88, deceduta a Zurigo il 4 settembre 2015. Le sue ceneri ora riposano nel nostro cimitero. • FRANCI PAOLO di anni 60, deceduta il 23 settembre 2015. Abitava a Bottrop in Germania con la famiglia. • BERGAGNIN LIDIA ved. BROVEDANI di anni 85 (a giorni 86), mancata dopo breve malattia in ospedale a Belluno il 29 ottobre 2025. • FONTANA GUIDO di anni 84, è deceduto il 2 novembre 2015 a Merano dove abitava con la famiglia. Festa del Rosario Lunghe file di ombrelli. Tutti i Coscritti portano il fazzolettone del 1997 e pure l’immagine di Maria. P ia, e gocc Q u a l c hoi che sia? che vu er i Coscritti è un fatto grande. Il folto gruppo si è dato appuntamento la mattina, nei primi banchi, per animare la Messa solenne insieme alla Corale. In piazza tutti facevano le meraviglie per gli ornamenti, il grande arco, il fiume argenteo che cascava dall’alto verso una fontana posta al centro… La preghiera che attraversasse le nubi (e possibilmente le spazzasse via) è stata esaudita in pieno (con il sole) in un primo momento e poi a metà (con qualche goccia) alla partenza, ma la numerosa processione è partita con passo deciso e ombrelli aperti. Un rovescio più forte si è avuto verso la fine, quando la processione rientrava… e questa volta non si può dire «Beati gli ultimi»! Con qualche saccrr cio abbiamo impreziosito la preghiera per il crifi P Paese. Il tempo non prometteva niente di buono, m siamo riusciti a rubargli b g la festa lo stesso! ma era! Sembra v Il carro della vita va avanti.