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Decameron - Guglielmo Rossiglione

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Decameron - Guglielmo Rossiglione
I classici • Giovanni Boccaccio
Decameron, Guiglielmo Rossiglione
VOLUME 1
Il Trecento
Giovanni Boccaccio
Guiglielmo Rossiglione
Opera: Decameron, giornata IV, novella 9
Punti chiave:
Le regole dell’amor cortese
Amore e morte
Il tema del cuore mangiato
quegli che dentro sepolti v’erano e il modo e la cagione della lor morte».
Il motivo del cuore mangiato ha grande fortuna in
ambito provenzale: il gilos (il “geloso”, che nella letteratura provenzale osteggia l’amor cortese, qui è rappresentato, appunto, dal marito) decide di vendicarsi del tradimento subito dando in pasto alla moglie
il cuore dell’amante. Tale topos si trova anche nel
Roman de Tristan di Thomas (XII sec.) e nel Roman
du Chastelain de Couci di Jakemes (fine XIII sec.);
in ambito italiano è presente sia in Dante (Vita nova, III), sia in Petrarca (Triumphus Cupidinis, III,
vv. 53-54). Lo stesso Boccaccio, all’interno del Decameron, l’aveva già usato nella novella di Guiscardo e Ghismonda, la prima della quarta giornata.
a quarta giornata, governata da Filostrato, ha per
tema i casi di «coloro li cui amori ebbero infelice fine» e, dunque, il rapporto tra Amore e Morte.
La novella narra di una tragica storia tra due
amanti, culminante con la morte dei due protagonisti. La vicenda è ambientata in Provenza: da un
lato troviamo il feudatario, Guillem de Roussillon
(il marito), dall’altro Guillem de Cabestanh
(l’amante), suo vassallo. La moglie, infedele, scatena la gelosia e il desiderio di vendetta del marito che,
una volta ucciso il nemico, imbandisce il suo cuore alla donna. Quest’ultima, appena scoperto il sacrilegio, si suicida. I corpi dei due amanti vengono,
con un atto di pietà, sepolti insieme: sopra la loro
tomba vengono apposti «versi significanti chi fosser
L
Messer Guiglielmo Rossiglione1 dà a mangiare alla moglie sua il cuore di messer Guiglielmo Guardastagno2 ucciso da lui e amato da lei; il che ella sappiendo, poi si gitta da una alta finestra in terra e muore e col suo amante è sepellita.
Essendo la novella di Neifile finita3, non senza aver gran compassion messa in tutte le sue
compagne, il re, il qual non intendeva di guastare il privilegio di Dioneo4, non essendovi
altri a dire, incominciò.
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Èmmisi parata dinanzi5, pietose donne, una novella alla qual, poi che così degli infortunati6 casi d’amore vi duole, vi converrà non meno di compassione avere che alla passata,
per ciò che da più7 furono coloro a’ quali ciò che io dirò avvenne, e con più fiero accidente che quegli de’ quali è parlato.
Dovete adunque sapere che, secondo che raccontano i provenzali, in Provenza furon già
due nobili cavalieri, de’ quali ciascuno e castella e vassalli aveva sotto di sé, e aveva l’uno
nome messer Guiglielmo Rossiglione e l’altro messer Guiglielmo Gardastagno; e per ciò
che l’uno e l’altro era prod’uomo8 molto nell’arme, s’amavano assai e in costume avean
1. Messer Guiglielmo Rossiglione: secondo le cronache provenzali (che però
parlano di un Raimondo), fu signore del
castello di Roussillon, presso Perpignan,
al confine tra la Catalogna e il Narbonese.
Morì probabilmente nel 1209.
2. Guiglielmo Guardastagno: Guillem de
Cabestanh era suo vassallo; la fonte di
questa novella, dichiarata da Boccaccio
stesso, è infatti la sua vida.
3. Essendo...finita: si tratta della novella
di Girolamo e Salvestra, immediatamente precedente (giornata IV, novella 8).
4. il privilegio di Dioneo: questo personaggio avrà il privilegio di parlare per ultimo,
alla fine della giornata, e su un tema da lui
scelto.
5. Èmmisi parata dinanzi: mi è venuta in
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mente (personificazione della novella
stessa).
6. infortunati: sventurati.
7. da più: da persone di più nobile condizione (sottinteso: rispetto ai protagonisti
della novella precedente, che appartenevano all’aristocrazia cittadina).
8. prod’uomo: uomo onesto e valoroso
(gallicismo; dal provenzale prodom).
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d’andar sempre ad ogni torniamento9 o giostra o altro fatto d’arme insieme e vestiti d’una
assisa10.
E come che ciascun dimorasse in un suo castello e fosse l’un dall’altro lontano ben diece
miglia, pur avvenne che, avendo messer Guiglielmo Rossiglione una bellissima e vaga donna per moglie11, messer Guiglielmo Guardastagno fuor di misura, non ostante l’amistà e
la compagnia12 che era tra loro, s’innamorò di lei e tanto, or con uno atto e or con uno altro, fece, che la donna se n’accorse; e conoscendolo per valorosissimo cavaliere, le piacque,
e cominciò a porre amore a lui13, in tanto che niuna cosa più che lui disiderava o amava,
né altro attendeva che da lui esser richiesta; il che non guari stette che14 avvenne, e insieme furono e una volta e altra, amandosi forte.
E men discretamente insieme usando15, avvenne che il marito se n’accorse e forte ne sdegnò16, in tanto che17 il grande amore che al Guardastagno portava in mortale odio convertì; ma meglio il seppe tener nascoso che i due amanti non avevano saputo tenere il loro amore, e seco diliberò del tutto d’ucciderlo18.
Per che, essendo il Rossiglione in questa disposizione19, sopravenne20 che un gran torneamento si bandì in Francia, il che il Rossiglione incontanente significò21 al Guardastagno,
e mandògli a dire che, se a lui piacesse, da lui venisse e insieme diliberrebbono22 se andar
vi volessono e come. Il Guardastagno lietissimo rispose che senza fallo23 il dì seguente andrebbe a cenar con lui.
Il Rossiglione, udendo questo, pensò il tempo esser venuto di poterlo uccidere; e armatosi il dì seguente con alcuno suo famigliare24 montò a cavallo, e forse un miglio fuori del
suo castello in un bosco si ripose in agguato, donde doveva il Guardastagno passare; e avendolo per un buono spazio25 atteso, venir lo vide disarmato con due famigliari appresso disarmati, sì come colui che di niente da lui si guardava26; e come27 in quella parte il vide giunto dove voleva, fellone e pieno di mal talento28 con una lancia sopra mano29 gli uscì addosso
gridando:
– Traditor, tu se’ morto –; e il così dire e il dargli di questa lancia per lo petto fu una cosa30.
Il Guardastagno, senza potere alcuna difesa fare31 o pur dire una parola, passato di quella lancia32, cadde e poco appresso morì. I suoi famigliari, senza aver conosciuto chi ciò fatto s’avesse33, voltate le teste de’ cavalli34, quanto più poterono si fuggirono verso il castello del lor signore.
Il Rossiglione, smontato35, con un coltello il petto del Guardastagno aprì e colle proprie
mani il cuor gli trasse, e quel fatto avviluppare in un pennoncello di lancia36, comandò ad
un de’ suoi famigliari che nel portasse37; e avendo a ciascun comandato che niun fosse tanto ardito che di questo facesse parola, rimontò a cavallo, ed essendo già notte al suo castello se ne tornò.
La donna, che udito aveva il Guardastagno dovervi esser la sera a cena e con disidèro gran-
9. torniamento: torneo.
10. vestiti d’una assisa: vestiti con la medesima uniforme; l’espressione allude a
una fratellanza d’armi, a un patto di lealtà reciproca tra i due uomini.
11. per moglie: Saurimonda de Peiralada,
che sposò Rossiglione nel 1197: contrariamente a quanto scrive Boccaccio, la donna non si uccise, ma sopravvisse anzi al
marito. Morì nel 1221.
12. l’amistà e la compagnia: l’amicizia e la
lealtà nelle armi.
13. porre amore a lui: provare amore per lui.
14. il che non guari stette che: non passò
molto tempo che.
15. men discretamente insieme usando:
incontrandosi con minor prudenza.
16. forte ne sdegnò: iniziò per questo mo-
tivo a provare un forte risentimento.
17. in tanto che: al punto che.
18. seco... d’ucciderlo: tra sé decise senza alcun dubbio di ucciderlo.
19. essendo... disposizione: avendo questo proposito.
20. sopravenne: accadde.
21. significò: comunicò.
22. diliberrebbono: avrebbero deciso.
23. senza fallo: certamente.
24. famigliare: attendente, scudiero.
25. un buono spazio: un certo tempo.
26. sì come... si guardava: come se non
avesse affatto timore di lui.
27. e come: ma appena.
28. fellone e pieno di mal talento: accecato dal rancore.
29. sopra mano: «alzata sopra la spalla
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per colpire dall’alto» (N. Sapegno).
30. il così dire... fu una cosa: in un medesimo istante lo minacciò e lo trapassò con
la lancia nel petto.
31. senza potere... fare: senza potersi difendere in alcun modo.
32. passato di quella lancia: ferito, trapassato da quella lancia.
33. senza aver... s’avesse: senza aver riconosciuto chi l’avesse ferito.
34. voltate le teste de’ cavalli: girati i cavalli, cioè con l’intenzione di fuggire.
35. smontato: sceso da cavallo.
36. quel... di lancia: dopo aver fatto avvolgere il cuore in una banderuola («che s’innesta all’estremità della lancia», N. Sapegno).
37. nel portasse: glielo portasse.
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dissimo l’aspettava, non vedendol venire si maravigliò forte e al marito disse:
– E come è38 così, messere, che il Guardastagno non è venuto?
A cui il marito disse39:
– Donna, io ho avuto da lui che egli non ci può essere di qui domane40 –; di che la donna un poco turbatetta41 rimase.
Il Rossiglione, smontato, si fece chiamare il cuoco e gli disse:
– Prenderai quel cuor di cinghiare42 e fa’che tu ne facci43 una vivandetta44 la migliore e la
più dilettevole a mangiar che tu sai; e quando a tavola sarò, me la manda45 in una scodella d’argento.
Il cuoco, presolo e postavi tutta l’arte e tutta la sollicitudine sua, minuzzatolo e messevi di
buone spezie assai, ne fece uno manicaretto troppo buono46.
Messer Guiglielmo, quando tempo fu47, con la sua donna si mise a tavola. La vivanda venne, ma egli per lo malificio da lui commesso, nel pensiero impedito48, poco mangiò.
Il cuoco gli mandò il manicaretto, il quale egli fece porre davanti alla donna, sé mostrando quella sera svogliato, e lodògliele molto49.
La donna, che svogliata non era, ne cominciò a mangiare e parvele buono; per la qual cosa ella il mangiò tutto.
Come il cavaliere ebbe veduto che la donna tutto l’ebbe mangiato, disse:
– Donna, chente v’è paruta50 questa vivanda?
La donna rispose:
– Monsignore, in buona fé51 ella m’è piaciuta molto.
– Se m’aiti Iddio52, – disse il cavaliere – io il vi credo, né me ne maraviglio se morto v’è piaciuto ciò che vivo più che altra cosa vi piacque.
La donna, udito questo, alquanto stette53; poi disse:
– Come? Che cosa è questa che voi m’avete fatta mangiare?
Il cavalier rispose:
– Quello che voi avete mangiato è stato veramente il cuore di messer Guiglielmo Guardastagno, il qual voi come disleal54 femina tanto amavate; e sappiate di certo ch’egli è stato desso55, per ciò che io con queste mani gliele strappai, poco avanti che io tornassi, del
petto.
La donna, udendo questo di colui cui ella più che altra cosa amava, se dolorosa fu non è
da domandare; e dopo al quanto disse:
– Voi faceste quello che disleale e malvagio cavalier dee fare; ché se io, non sforzandomi
egli56, l’avea del mio amor fatto signore e voi in questo oltraggiato, non egli ma io ne doveva la pena portare. Ma unque57 a Dio non piaccia che sopra a così nobil vivanda, come
è stata quella del cuore d’un così valoroso e così cortese cavaliere come messer Guiglielmo
Guardastagno fu, mai altra vivanda vada58.
E levata in piè, per una finestra la quale dietro a lei era, indietro senza altra diliberazione59
si lasciò cadere.
38. E come è: perché.
39. A cui... disse: il marito le rispose.
40. io ho avuto da lui... domane: sono stato incaricato da lui (il Guardastagno) di
comunicare che non potrà essere qui prima di domani.
41. un poco turbatetta: un po’ preoccupata (frequente in Boccaccio l’uso del vezzeggiativo, cfr. nota 44: vivandetta).
42. cinghiare: cinghiale.
43. fa’ che tu ne facci: fai in modo di preparare.
44. vivandetta: pietanza.
45. me la manda: mandamela.
46. troppo buono: veramente molto buono.
47. quando tempo fu: quando giunse l’ora.
48. per lo malificio... nel pensiero impedito: con la mente oppressa dal delitto
che aveva commesso.
49. sé mostrando... lodògliele molto: mostrando di non aver appetito e, tuttavia, assicurando la moglie di apprezzare molto la
pietanza.
50. chente v’è paruta: come vi è sembrata.
51. in buona fé: in verità.
52. Se m’aiti Iddio: «Così m’aiuti Dio» (N.
Sapegno). Interiezione, forma esclamativa: «l’uso di particelle che indicano speranza o timore, senza alcun verbo reggen-
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te, alla latina, è frequente negli scritti del
tempo» (V. Branca).
53. alquanto stette: rimase un istante a riflettere.
54. disleal: disonesta.
55. desso: suo (del Guardastagno); forma
rafforzativa.
56. non sforzandomi egli: senza alcuna
forma di costrizione.
57. unque: mai (latinismo).
58. sopra a così nobil... altra vivanda non
vada: la donna esprime, per via metaforica, il proprio proposito di suicidio.
59. senza altra diliberazione: senza indugio.
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La finestra era molto alta da terra, per che, come la donna cadde, non solamente morì, ma
quasi tutta si disfece60.
Messer Guiglielmo, vedendo questo, stordì forte61, e parvegli aver mal fatto; e temendo egli
de’ paesani e del conte di Proenza62, fatti sellare i cavalli, andò via.
La mattina seguente fu saputo per tutta la contrada come questa cosa era stata: per che da quegli del castello di messer Guiglielmo Guardastagno e da quegli ancora del castello della donna con grandissimo dolore e pianto furono i due corpi ricolti63 e nella chiesa del castello medesimo della donna in una medesima sepoltura fur posti, e sopr’essa scritti versi significanti64
chi fosser quegli che dentro sepolti v’erano e il modo e la cagione della lor morte.
G. Boccaccio, Decameron, a cura di N. Sapegno, UTET, Torino 1956.
60. quasi tutta si disfece: «si sfracellò» (N.
Sapegno).
61. stordì forte: rimase profondamente
turbato.
62. temendo egli... di Proenza: temendo la
reazione dei compaesani e del conte di Provenza, che l’avrebbe così punito (come racconta la vida). In realtà Alfonso d’Aragona (il
conte) morì nel 1196, un anno prima del
matrimonio tra Guglielmo e Saurimonda.
IN PRIMO PIANO
I temi
ANALISI DEL TESTO
Le donne pietose All’inizio della novella, Filostrato si rivolge alle donne ascoltatrici del racconto: esse sono definite pietose, con
un aggettivo emblematico per Boccaccio. Al centro della quarta giornata sono storie di amori infelici, le quali dir non si possono che chi le dice e chi l’ode non abbia compassione, come afferma Fiammetta all’inizio della prima novella della giornata.
Nell’Introduzione dell’opera, inoltre, Boccaccio aveva esordito affermando che Umana cosa è aver compassione degli afflitti: l’aggettivo pietose designa quindi sia una qualità del pubblico del
Decameron, sia una qualità delle novelle medesime, che sono
in grado, raccontando diverse situazioni, di suscitare pietà.
to quello del codice cavalleresco (nei confronti del Guardastagno), dall’altro lato quello della fedeltà amorosa (nei
confronti della moglie).
La figura del marito non è peraltro ritratta in modo completamente negativo ed egli mostra, nel suo cieco risentimento,
qualche scrupolo (per lo malificio da lui commesso, nel pensiero impedito, r. 61; e ancora, dopo il tragico gesto della moglie,
stordì forte, e parvegli aver mal fatto, r. 90).
La superiorità del sentimento amoroso In conformità con
il tema della giornata, il suicidio della donna intende affermare la superiorità e la bontà del sentimento amoroso, anche
se estraneo al patto coniugale, com’è prescritto proprio dalla fin’amor provenzale. I corpi degli amanti vengono perciò raccolti con un atto di pietà e sepolti insieme. La pietra tombale, su cui
si chiude la novella, richiama proprio la nobiltà del loro amore,
spiegando chi fosser quegli che dentro sepolti v’erano e il modo e la cagione della lor morte, r. 96: dietro, evidentemente, sta
il modello rappresentato dal V canto dell’Inferno dantesco.
L’immagine della sepoltura, che reca il ricordo di un tragico
amore, è un tema frequente di origine classica: compare già nelle Metamorfosi di Ovidio, con la vicenda di Piramo e Tisbe e viene poi ripreso nel romanzo di Tristano e Isotta.
L’amor cortese I protagonisti della novella occupano i ruoli tipici dell’amor cortese (fin’amor), codificato dalla poesia provenzale: da un lato c’è il marito, Guglielmo di Rossiglione, cavaliere nobile e potente, che impersona il gilos (il “geloso”); dall’altro
la moglie, che cede alle lusinghe del corteggiatore Guglielmo di
Guardastagno, il quale tanto, or con uno atto e or con uno altro, fece, che la donna se n’accorse (rr. 17-18). Guardastagno,
però, è vassallo di Rossiglione: è quindi colpevole di infrangere
le regole del codice cavalleresco. Per questo motivo è considerato un traditore (così gli urla, prima di ucciderlo, Rossiglione).
Lealtà tradita e memoria di un amore Al centro del racconto è il conflitto tra l’amistà e la compagnia (la lealtà) esistenti
tra i due cavalieri e il sentimento di amore che nasce tra la moglie di Rossiglione e Guardastagno. Incuranti del pericolo di essere scoperti (men discretamente insieme usando), gli amanti provocano lo sdegno e, successivamente, la vendetta del
marito della donna.
Lo stratagemma escogitato da Guglielmo di Rossiglione,
cioè dare in pasto alla moglie disleale il cuore del vassallo traditore, vorrebbe infatti risarcire entrambi i torti subiti: da un laG. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
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63. ricolti: «raccolti pietosamente» (C.
Segre).
64. significanti: per spiegare.
La fonte della novella Per la stesura di questa novella, Boccaccio prende come modello un’antica biografia provenzale.
Fonte della novella è, infatti, la vida di Guillem de Cabestanh che,
oltre a essere stato realmente un vassallo di Roussillon, fu anche
trovatore, ossia poeta. Di Guillem de Cabestanh ci restano nove testi da lui composti, di cui due dedicati proprio a Rossiglione. Le vidas sono testi generalmente brevi che raccontano la vita e le vicende (solitamente drammatiche) dei trovatori, mettendo
in rapporto la loro esistenza con la dedizione alla poesia.
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Comprensione
1. Dividi la novella in sequenze e riassumine il contenuto in massimo 8 righe.
SPAZIO
COMPETENZE
Analisi
2. Perché le destinatarie della novella sono le donne pietose? Che cosa significa questo aggettivo? Quale importanza riveste nell’opera?
3. Spiega il significato del motivo del “cuore mangiato”.
4. Qual è il valore simbolico dell’immagine della sepoltura su cui si chiude la novella?
5. Qual è la fonte della novella?
Approfondimenti
6. Descrivi i caratteri essenziali dell’amor cortese secondo la tradizione provenzale, qui ripresa da Boccaccio. (massimo 10 righe)
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