Impedimenti assoluti alla registrazione: i marchi di colore
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Impedimenti assoluti alla registrazione: i marchi di colore
Impedimenti assoluti alla registrazione: i marchi di colore Paul Blondeel I ∗ M A R C H I D I C O L O R E Mi è stato chiesto non già un "ragionamento accademico", bensì un contributo sintetico alla problematica dei marchi di colore che avviasse uno scambio di opinioni sull'argomento. Non sarà tuttavia semplice evitare di cadere in ragionamenti puramente accademici al termine della, peraltro corposa, rassegna delle decisioni adottate sul punto in questione. Un profano potrebbe addirittura perdere il suo sano colorito. Si tratta di un compito del pari spinoso, ove considerato alla luce della decisione del 6 maggio 2003, ma i segni non mi sembrano tutti altrettanto facilmente intelligibili. La presente analisi contiene pertanto una sintesi di questi due aspetti ed un tentativo – imposto dall'argomento - di dare un po' di colore a questo succinto intervento. Nel corso dell’esposizione ci si soffermerà innanzitutto sul "colore in quanto tale" dal momento che, dopo la sentenza del 6 maggio 2003 della Corte di giustizia, ricercare il carattere distintivo è divenuto arduo. I. Introduzione 1. Colori, combinazioni di colori e colori in quanto tali come segni distintivi Può sembrare strano che in caso di deposito o di domanda di registrazione di un segno distintivo - che dovrebbe quindi abbondare in chiarezza -, ci si debba chiedere di cosa si tratti e se, in sostanza, la domanda si riferisca a dei colori. Già nel 1925 il Larousse definiva il termine "couleur" (colore) come: "l’impression que fait sur l’œil la lumière réfléchie par les corps". In un altro dizionario illustrato si legge: "impressions produites sur l’oeil par les diverses radiations constitutives de la lumière". Il Van Dale’s Groot Woordenboek der Nederlandse Taal riporta al riguardo: "elk der bestanddelen waarin wit (kleurloos) licht kan worden ontleed, alsook de mengingen daarvan; de bijzondere eigenschap van dingen, van het licht dat erop of erdoor valt slechts stralen van een bepaalde, voor iedere stof karakteristieke golflengte terug te kaatsen of door te laten". Dal canto suo, il Webster’s New International Dictionary dedica una pagina e mezza di testo e due pagine di illustrazioni alla spiegazione del termine "color", descritto in primo luogo come: "any of manyfold phenomena of light or of visuel sensation or perception that enables one to differentiate objects even though the objects may appear otherwise identical (size, form, texture)". Si potrebbe dunque affermare, non senza un certo gusto per la filosofia semantica, che colui che domanda la registrazione di un "colore" intenda riservare per sé una caratteristica delle cose, attribuibile ai raggi solari, da utilizzare per le classi di prodotti e servizi indicate. In altri termini, si potrebbe sostenere che non si descrive esattamente il contenuto del "colore", bensì la sensazione che ognuno percepisce non appena lo vede. ∗ Giudice alla Corte d'appello di Bruxelles Sessione di lavoro: 1.3 In relazione al deposito o alla domanda di un marchio, come è noto, un colore non compare unicamente in quanto parte di un segno (segno complesso), ma anche senz’altro segno se non un disegno geometrico o di fantasia o addirittura senza disegno alcuno: in tal caso o singolarmente (un solo colore) o in combinazione (due o più colori). In modo particolare, il colore privo di forma e contorno rappresenta il colore "di per sé" o "in quanto tale" (in francese: la couleur plate). La ragione per cui si faccia richiamo a nozioni note a tutti è che si tratta di elementi essenziali al ragionamento sull'"idoneità" dei colori a fungere da segno e sulla loro capacità di assumere carattere distintivo secondo il diritto dei marchi. 2. Alcune impostazioni dottrinali in un breve excursus storico I marchi di colore sono da sempre - e nella fattispecie il sempre è relativamente recente - un punto controverso. In dottrina, si è assistito ad una lunga evoluzione prima che il colore venisse incluso tra i segni idonei a distinguere la provenienza di un prodotto rispetto ad una determinata impresa. Nel Benelux sono prevalse fino agli anni Settanta due posizioni diametralmente opposte, anche a motivo della mancanza di disposizioni legislative formali (dal 1° gennaio 1971 è in vigore nel Benelux una legge comune del 19 marzo 1962). Con l'ultimo protocollo dell'11 dicembre 2001 - la cui entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio 2004 - la legge sui marchi è stata modificata al fine di adeguarne la terminologia alla direttiva di armonizzazione del 21 dicembre 1988. Ci si è avvalsi di tale opportunità anche per indicare i colori come segno idoneo alla registrazione. Una prima posizione, d’ispirazione olandese, faceva capo a Wichers-Hoet secondo il quale un colore è idoneo a ricoprire una funzione distintiva. L’autore considera correttamente il colore alla stregua di una caratteristica del prodotto. Gielen scrive nel 1992 che un unico colore solo raramente potrebbe essere preso in considerazione (fa riferimento alle descrizioni del tipo di colore: per esempio per distinguere una qualità di caffè). Osserva inoltre, nuovamente a ragione, che il "consolidamento" di un colore si rileva arduo allorché esso venga utilizzato per un numero elevato di prodotti. In tal caso l'effetto distintivo si sposta ovviamente dal prodotto all'impresa. La seconda impostazione è di matrice francese. Essa si basa su un'interpretazione estensiva del significato del termine "segno", facendo leva, per quanto riguarda i colori, su una disposizione della legge francese sui marchi, in cui si trovano "combinaisons et dispositions de couleurs". Peraltro, in Francia, l'interpretazione minoritaria assai più restrittiva ha avuto i suoi sostenitori (Roubier e Saint-Gal). In Belgio è stata seguita in prevalenza l'ampia posizione francese (fra gli altri, Innis, Cornu, più restio, Braun, e completamente contrario Van Bunnen). Il legislatore tedesco non ha lasciato adito ad alcun dubbio: l'articolo 3 della Markengesetz dispone espressamente che "tutti i segni" possono costituire marchi, e fra l'altro anche "colori e combinazioni di colori". Nel Regno Unito, nel 1975 la House of Lords ha riconosciuto la validità delle combinazioni di colori come marchio. Spagna e Portogallo hanno escluso espressamente per legge i "colori in quanto tali". Negli accordi Trips (articolo 15) sono menzionate solo le combinazioni di colori, il che può essere interpretato sia a favore sia contro i colori in quanto tali. Sessione di lavoro: 1.3 3. Soluzioni recenti della giurisprudenza del Benelux a. Il Tribunale del Benelux (con competenza pregiudiziale quasi esclusiva) ha influito fortemente sulla giurisprudenza del Benelux con due sentenze del 9 febbraio 1977 e del 9 marzo 1977 (Centrafarm/Beecham - combinazione dei colori nero/rosso per una capsula e Gaz & Sieben/Leefering - unico colore in una tonalità di blu). Il Tribunale ha stabilito che un colore in quanto tale o una combinazione di colori possono costituire un segno distintivo e che esso può acquisire carattere distintivo anche attraverso il consolidamento (usage, familiarity). Il Tribunale ha altresì statuito che: (i) un unico colore non viene preso in considerazione spesso; (ii) il carattere distintivo può piuttosto essere ammesso per un numero limitato di prodotti molto specifici; (iii) un colore può essere preso in considerazione anche quando la forma del prodotto o il suo imballaggio siano realizzati in quel colore. Dalle conclusioni dell'avvocato generale Berger alle sentenze summenzionate trapelano una certa influenza del diritto tedesco, come pure un celato riferimento al concetto di "disponibilità” dei colori (Freihaltbedürfnis), poi ripreso dal Tribunale senza riserve. b. La sentenza Turkoois (turchese) della Corte d'appello di Bruxelles del 28 settembre 1999 ha riportato nell’impostazione dottrinale del Belgio un'eco rilevante. Belgacom (allora l'unico operatore belga per i servizi di telecomunicazione fissa) aveva depositato il colore "turchese" per cinque classi di prodotti e servizi nel settore delle telecomunicazioni. L'Ufficio dei marchi del Benelux ne aveva respinto la domanda – in sede di esame preventivo degli impedimenti assoluti - e la Corte d'appello aveva accolto il ricorso di Belgacom. [Il ricorso in cassazione dell'Ufficio è stato respinto con sentenza del 22 dicembre 2000. Si aggiunge che non si ebbe una pronuncia su un punto specifico della domanda, ovvero l'idoneità di un colore come "segno" e il suo carattere distintivo, in assenza di consolidamento.] Le principali considerazioni della sentenza non lasciano alcun dubbio: i) un colore in quanto tale può essere idoneo, a seconda delle circostanze, a costituire un marchio e può possedere carattere distintivo, in assenza di consolidamento; ii) la valutazione deve essere realizzata con riguardo alle circostanze concrete e per i marchi di colore non deve essere più severa rispetto a qualsiasi altro segno; il fatto che il pubblico medio riconosca l'impresa dal colore (senza logo o nome) non è rilevante; iii) la prova che il colore è inusuale non può essere imposta; iv) l'uso previsto del segno non è rilevante, bensì l'uso effettivo al momento del deposito. c. Il Gerechtshof dell'Aia ha notevolmente contribuito a chiarire la problematica con la sentenza sul marchio di colore "arancione" depositato da Libertel. Libertel - operatore di telecomunicazioni al pari di Belgacom, ma per la telecomunicazione mobile - aveva depositato il colore "arancione" per cinque classi di prodotti e servizi, tre delle quali uguali a Belgacom. Il classico punto di vista dell'Ufficio dei marchi del Benelux (BMB) - l'autorità dei marchi per il Benelux - non è cambiato rispetto al caso Turchese, per cui "un colore in quanto tale è privo di carattere distintivo, a meno che non si dia prova del consolidamento", dal momento che un colore il più delle volte sarà percepito come un elemento decorativo. Siffatto punto di vista si è, del resto, a poco a poco attenuato (chiaramente sotto l'influenza della giurisprudenza dell'UAMI): attualmente il carattere distintivo può essere Sessione di lavoro: 1.3 acquisito anche in modo diverso dal consolidamento, quando si tratta di uno specifico tipo di prodotto e di un colore percepito come inusuale dalla società. Il Gerechtshof ha respinto il ricorso di Libertel sulla base delle seguenti considerazioni: i) un colore in quanto tale può costituire un segno e possedere carattere distintivo, da valutare per i prodotti e/o i servizi per i quali viene depositato; ii) i colori presentano una difficoltà a essere considerati come "segno": attirano l'attenzione, ma sono privi di caratteristiche identificative e quindi poco adatti a fungere da marchio, pur essendo idonei a contribuire alla formazione di un marchio; iii) permane il desiderio sociale di potere registrare i colori come marchi: il Tribunale esprime una certa riserva al riguardo in relazione alla necessità di "mantenere libero" un colore se viene depositato per un numero elevato di prodotti; iv) i dati concreti portano alla conclusione che il colore arancione è privo di qualsiasi capacità distintiva (si tratta del colore nazionale, è molto utilizzato, esistono numerose registrazioni con il colore arancione) e non ne viene dimostrato il consolidamento (quest’ultima è una questione di anni, non di mesi). Il precedente giurisprudenziale alla sentenza Libertel dell'Hoge Raad der Nederlanden del 23 febbraio 2001 - e quest'ultima, a propria volta, per la sentenza Libertel della Corte di giustizia delle Comunità europee - perviene quindi alla decisione contraria a quella della Corte d'appello di Bruxelles. Volendo speculare sulla portata attendibile della decisione dell'Hoge Raad der Nederlanden, in seguito alla sentenza pregiudiziale del 6 maggio 2003, l’interpretazione del Gerechtshof dell'Aia sembrerebbe corretta. Una seconda sentenza Turchese non sembra per contro proponibile nell'ambito dei limiti tracciati dalla Corte di giustizia e naturalmente non risulterebbe più legittima. II. La prassi dell'UAMI che rigetta i colori in quanto tali 1. Le Commissioni di ricorso a. Nel corso di diversi procedimenti ormai noti [fra cui Orange Personnel Communications Services (02/1998), Wrigley (12/1998), KWS Saat (04/200), Viking (07/2000), Andreas Stihl (07/2001)], le Commissioni di ricorso dell'UAMI hanno avuto modo di prendere posizione sui marchi di colore in quanto tali. Si trattava di domande di registrazione per i colori "arancione", "verde chiaro", "verde e grigio", e "combinazione di arancione e grigio". In tutti i casi, il ricorso proposto avverso le decisioni di rigetto dell'esaminatore è stato respinto e in tre dei procedimenti è stato adito successivamente il Tribunale di primo grado. b. Le Commissioni di ricorso adottano in generale un approccio assai cauto rispetto ai colori in quanto tali. L'Ufficio sembrerebbe richiedere che la tonalità del colore sia riprodotta su un foglio di carta, che i prodotti e i servizi delle classi siano descritti quanto più specificamente possibile e che in caso di rivendicazione di "uso prolungato" sia allegata una relazione di mercato. L'UAMI avrebbe registrato taluni colori in quanto tali solo in casi in cui avevano acquisito carattere distintivo a seguito dell'uso che ne era stato fatto. Sessione di lavoro: 1.3 c. In sintesi, il punto di vista dell'Ufficio può essere formulato come segue: i) i colori in quanto tali possono costituire segni distintivi, ma in linea di principio è necessario adottare una certa cautela rispetto ai colori in quanto tali o le loro combinazioni; ii) i colori non possiedono solitamente carattere distintivo che possono acquisire in seguito ad un uso intensivo, grazie al quale nella mente del pubblico può crearsi un'associazione fra il colore e i prodotti di una determinata impresa; iii) tuttavia il consumatore medio, ma anche uno specifico gruppo di riferimento, non è solitamente abituato ad identificare l'origine di prodotti con un'impresa sulla base di un colore, privo di forma e contorni; iv) ove sia stato acquisito carattere distintivo, quest'ultimo vale per prodotti o servizi specifici rivolti ad un pubblico specifico, ovvero allorquando interessi un colore molto inusuale caratteristico per quei prodotti o servizi. 2. Il Tribunale di primo grado (TPG) Il Tribunale di primo grado ha potuto pronunciarsi sui colori in quanto tali nell’ambito di tre dei procedimenti summenzionati e ha sempre respinto il ricorso (tranne che per un solo aspetto parziale nella causa KWS Saat). In tutti e tre i casi, per coincidenza, era stata chiesta la registrazione per le stesse classi di prodotti. a. La causa KWS Saat/UAMI (TPG - seconda sezione, 9 ottobre 2002) La domanda riguardava una tonalità di colore arancione, con la precisazione del codice HKS7 per i prodotti e i servizi delle classi 7, 11, 31, 42 (settore orticolo - carattere industriale e agroindustriale nonché materiale vegetale e simili). Il Tribunale ha considerato che per i prodotti della classe 31 (sementi, materiale vegetale e simili) il colore non è inusuale dal momento che è difficile applicare su quei prodotti un marchio denominativo o figurativo in considerazione della loro taglia o forma. Il colore non può essere inteso neppure in senso figurativo in quanto i prodotti sono destinati ad essere interrati, di modo che può supporsi che il colore non sarà considerato come elemento decorativo dal pubblico interessato. Il colore scelto (minio) non è raro per i prodotti oggetto della domanda: viene utilizzato spesso per indicare che essi sono stati trattati (dal punto di vista sanitario). Manca pertanto per quei prodotti il carattere distintivo e non potrebbe essere altrimenti anche per i prodotti delle altre classi. Per quanto riguarda i servizi, la situazione è diversa perché i servizi, per definizione, sono privi di colore: in quel caso il colore può effettivamente avere carattere distintivo. Il ricorso è stato accolto solo su questo punto. b. Nella causa Viking (TPG-quarta sezione, 25 settembre 2002) è stato deciso, analogamente, che la combinazione cromatica di verde e grigio - colori usuali per i prodotti indicati - non ha carattere distintivo per i prodotti della classe 7 (macchine per il giardinaggio e simili). Sessione di lavoro: 1.3 c. La causa Andreas Stihl (TPG-quarta sezione, 9 luglio 2003) Il Tribunale doveva pronunciarsi sul carattere distintivo della combinazione cromatica arancione e grigio (sovrapposti) solo per i prodotti della classe 7. Merita soffermarsi su quest'ultima sentenza dal momento che pone l'accento su quattro aspetti. (i) Si fa riferimento alle caratteristiche dei marchi di colore perché il pubblico interessato, diversamente da quanto avviene per i marchi denominativi o figurativi, riconosce immediatamente come segno una caratteristica del prodotto che coincide con il segno (cfr. la posizione olandese). (ii) Si afferma quindi che il marchio deve essere considerato nel suo insieme e che l'esame può vertere su ciascun elemento di cui esso si compone (interpretazione non condivisa dal tribunale del Benelux). [Per quanto riguarda poi i colori in modo specifico osserva che l'arancione può servire normalmente a richiamare l'attenzione sulla pericolosità dei prodotti e che la sfumatura indicata non si differenzia dai colori comunemente utilizzati per i prodotti della classe 7: non sarà considerato immediatamente come un "segno". Per quanto riguarda poi il grigio, afferma che detto colore non si può distinguere dal colore con cui sono fabbricati gli stessi prodotti.] (iii) Infine, con riferimento al segno interamente considerato, si sostiene che non è stata comunicata la suddivisione concreta dei colori nel segno rivendicato né la sistematica del loro uso (schema d'uso). E anche se la parte superiore fosse sistematicamente "arancione" e quella inferiore "grigia", afferma il Tribunale, possono ancora differire le proporzioni fra i due colori (gli strumenti sono molto diversi dal punto di vista della forma e del volume). Ne discende che l'insieme viene considerato normalmente come "combinazione dei colori dei prodotti" e non come "segno": è negato quindi qualsiasi carattere distintivo. d. Trovo singolare nelle sentenze Viking e Stihl che il Tribunale tenga conto del modo in cui il marchio sarà utilizzato e non di come è stato utilizzato, vale a dire il consolidamento - di cui all'articolo 7, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario non è mai stato preso in considerazione (sic!). Ritengo che dette considerazioni si riferiscano al problema di come il marchio viene utilizzato successivamente e se è stato utilizzato nel modo in cui è stato depositato, il che è rilevante solo ai fini della tutela dei diritti esclusivi derivanti da una registrazione già ottenuta. III. La sentenza Libertel del 6 maggio 2003 1. Considerazioni generali Come già accennato, siamo debitori al Gerechtshof dell'Aia del fatto che la Corte di giustizia si sia potuta pronunciare in via pregiudiziale. L'impatto della sentenza difficilmente potrà essere sopravvalutato - eppure non mi sembra impossibile che il giudizio della Corte di giustizia possa evolversi a questo riguardo. La causa in questione verteva sull'interpretazione degli articoli 2 e 3, paragrafo 1, della prima direttiva sui marchi del Consiglio del 21 dicembre 1988: - articolo 2: possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese. Sessione di lavoro: 1.3 - articolo 3, paragrafo 1: sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: a) i segni che non possono costituire un marchio di impresa, b) i marchi di impresa privi di carattere distintivo. È risultato che le considerazioni della Corte di giustizia e dell'avvocato generale erano fondamentalmente divergenti. 2. Le domande proposte dall'Hoge Raad der Nederlanden L'Hoge Raad, con l'ordinanza del 23 febbraio 2001, chiedeva quanto segue: - Se sia possibile che un semplice specifico colore, riprodotto in quanto tale o indicato con un idoneo codice internazionale, possa avere carattere distintivo per determinati prodotti o servizi ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva. In caso di soluzione affermativa, in base a quali circostanze sia possibile ritenere che un semplice colore specifico possieda carattere distintivo. - Se sia rilevante ai fini della soluzione della prima questione la circostanza che la registrazione venga chiesta per un elevato numero di prodotti e/o servizi oppure per un prodotto o servizio specifico, ovvero per un gruppo specifico di prodotti o servizi. - Se, ai fini della valutazione del carattere distintivo di un determinato colore come marchio, debba verificarsi se, con riferimento al detto colore, sussista un interesse generale a mantenerlo disponibile, come avviene per quanto riguarda i segni che indicano una provenienza geografica. - Se il [BMB] debba limitarsi ad una valutazione in astratto del carattere distintivo ovvero debba tener conto di tutte le circostanze concrete del caso, in particolare dell'uso che di tale segno sia stato fatto e del modo in cui sia stato usato. 3. Le conclusioni dell'avvocato generale Léger a. Le conclusioni si incentrano sull'idoneità dei colori a fungere da marchio. Nel complesso, l'avvocato generale parte dalla convenzione dell'Unione di Parigi, dall'economia della direttiva sui marchi e dalla sentenza Sieckmann del 12 dicembre 2000 (concernente un marchio olfattivo), in cui la Corte ha chiarito per la prima volta cosa possa essere considerato come "segno". Il segno deve poter essere oggetto di una riproduzione grafica, in particolare mediante figure, linee o caratteri, e la riproduzione grafica deve soddisfare ai seguenti criteri: essere chiara, precisa, di per sé completa, facilmente accessibile, intelligibile, durevole e oggettiva. b. Alla domanda se un colore in quanto tale, quindi senza forma né contorno, possa costituire un marchio ai sensi dell'articolo 2 della direttiva, la risposta dell'avvocato generale è formalmente negativa: vi si oppongono immediatamente gli impedimenti assoluti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Non sembra quindi essere influenzato dall'interpretazione diffusa secondo cui, in assenza di una qualsiasi limitazione normativa testuale, in linea di principio possono essere presi in considerazione tutti i segni. Tale impostazione sembrerebbe condivisibile. L’avvocato generale Léger afferma chiaramente che un colore in quanto tale non può essere riprodotto graficamente e si ricollega logicamente alla dottrina Sieckmann. Sessione di lavoro: 1.3 Egli parte dal presupposto che un colore non costituisce una realtà oggettiva, ma viene percepito diversamente a seconda delle circostanze e non è dotato di una propria esistenza. Non può essere percepito un colore, ma solo un oggetto con quel colore. Dal tenore della direttiva si è portati a considerare che con la riproduzione grafica di ciò che viene offerto come segno si intende il segno che verrà utilizzato: il principio della certezza del diritto impone che si possa sapere con precisione qual è l'oggetto dell'esclusiva. L'applicazione della dottrina Sieckmann comporta che, nell'impossibilità di realizzare una riproduzione grafica chiara a precisa, non può comunicarsi quale segno sarà utilizzato; nella domanda appare solo un attributo dei prodotti o servizi - che per definizione sono immateriali. Per quanto riguarda la funzione di un colore come segno e il suo carattere distintivo, si deve tenere conto anche del fatto che un marchio attribuisce un monopolio sull'uso del colore per le classi di prodotti e servizi indicate e che possono sorgere problemi in relazione all'uso del colore per prodotti o servizi simili o all'uso di una "sfumatura simile" (quindi rischio di confusione: cfr. UAMI). I colori sono spesso legati alla cultura (significato simbolico, sentimenti). Ciò porta l'avvocato generale alla considerazione che l'autorità dei marchi non possa svolgere adeguatamente un esame preventivo. A mio avviso, egli solleva la delicata questione dei "segni identici". Ci si domanda quale sarebbe la soluzione in presenza di un "colore (principale)" - o anche una sua tonalità con le sfumature immediatamente vicine. c. Infine, si fa riferimento alla finalità del diritto dei marchi in vista del mantenimento della concorrenza leale: potenti operatori economici possono monopolizzare taluni colori (per esempio le compagnie petrolifere), mentre i colori rivestono una grande importanza dal punto di vista della concorrenza dato che possono facilmente rimanere nella memoria del pubblico medio. 4. La sentenza della Corte di giustizia. Gli argomenti dell'avvocato generale non sono risultati persuasivi per la Corte. Può essere opportuno illustrare come o –a ben vedere- se la Corte stessa ha aggirato tali conclusioni discordanti. a. La Corte, come prevedibile, per le prime tre questioni si è ricollegata alla propria sentenza Sieckmann, vale a dire: il colore in quanto tale costituisce un segno? Può essere oggetto di riproduzione grafica? Possiede carattere distintivo? Nella sentenza Sieckmann - vertente su un marchio olfattivo - la Corte aveva stabilito che l'articolo 2 della direttiva sui marchi dev'essere interpretato nel senso che può costituire un marchio d'impresa un segno che di per sé non può essere percepito visivamente, a condizione che possa essere oggetto di una rappresentazione grafica (punto 45). La riproduzione grafica indiretta è quindi sufficiente. Una tale interpretazione è d'obbligo per il buon funzionamento del sistema di registrazione dei marchi d'impresa. (punto 47). b. Nella causa Libertel la Corte afferma, come assioma, che un colore rappresenta una semplice proprietà delle cose. Tuttavia, "in quanto tale" può ben costituire un segno in relazione ad un prodotto o un servizio (punto 27). La Corte, chiaramente, non si lascia influenzare dalle argomentazioni fisicoscientifiche né dalle speculazioni metafisiche dell'avvocato generale per quanto riguarda Sessione di lavoro: 1.3 "l'essere o il non essere dei colori". Con un certo gusto per l'ironia, si potrebbe sostenere che un tale atteggiamento da parte dei giudici non sia del tutto sorprendente. Possiamo allora affermare che la Corte nel suo esame collega fin dall'inizio un colore a un prodotto o servizio, cosa che del resto non fa neppure lo stesso richiedente nel caso di specie. c. La situazione diventa più ardua allorché si tratti di dimostrare che un colore può essere riprodotto anche graficamente tramite figure, linee o caratteri. Un campione di colore su carta non è sufficiente perché, secondo la Corte, è soggetto a sfumature e quindi instabile, e quindi non corrispondere sotto questo profilo alla dottrina Sieckmann. Ad avviso della Corte, la descrizione verbale di un colore offre la soluzione per la riproduzione grafica, dal momento che una descrizione verbale di un colore, laddove sia formata da parole composte esse stesse da caratteri, costituisce una rappresentazione grafica del colore medesimo (punto 34). d. Mi sembra tuttavia un salto piuttosto rischioso nella logica giuridica. Dopo tutto, non mi sembra che esista una "riproduzione grafica indiretta". Ciò che si riproduce graficamente è ciò che è e non ciò che si vuole che sia. Se si chiede la registrazione del colore "rosso" aggiungendo "il colore rosso", con questo segno grafico si rappresenta solo la descrizione "il colore è rosso" - dicitura che non si desidera proteggere come segno - ma non il colore. Il colore rosso, quindi, con la descrizione verbale non viene riprodotto né direttamente né indirettamente. Il ragionamento implicito, parafrasando Cartesio, è: "vedo il colore rosso, ergo esiste in quanto tale". Si passa così, apparentemente senza problemi, da una particolare forma manifesta percepita (che è) all'invisibile generale (che è non percepibile). Mi sembra un sofisma anche quanto segue: una parola è una riproduzione grafica (major) - rosso è una parola (minor) - quindi il colore rosso è riprodotto graficamente dalla parola "rosso" (conclusione). La trasposizione di siffatta conclusione ad un marchio uditivo potrebbe comportare quanto segue: io deposito (per esempio) il tema del famoso motivo "La folia d’Espagna", aggiungo su un pentagramma la scrittura musicale e affermo "questo è il tema «La folia d’Espagna»". Dubito che la Corte di giustizia lo considererebbe come un segno uditivo riprodotto graficamente. Del resto, la Corte stessa si è espressa in modo analogo nella causa Sieckmaan affermando che la riproduzione grafica della formula di struttura del "metilcinnamato" (aroma balsamico) descrive la sostanza, ma non il suo odore. e. La descrizione verbale a priori non soddisfa necessariamente tutti i criteri Sieckmann, ad avviso della Corte, ma tale evenienza dipende dai casi. Se il campione dei colori e la descrizione non sono ancora sufficienti, allora il codice di identificazione internazionale può valere come riproduzione grafica aggiuntiva. f. La Corte considera inoltre che il carattere distintivo del colore contrasti in via di principio con l'obbligo della comunicazione di informazioni. Essa decide quindi che un colore "in quanto tale" può costituire un marchio solo nel rispetto delle condizioni indicate. Sessione di lavoro: 1.3 g. La questione della necessità della "disponibilità" (Freihaltbedürfnis) viene risolta dalla Corte in senso affermativo, come era prevedibile, dopo avere sostenuto che il diritto dei marchi ha una propria collocazione nel sistema della concorrenza leale. Gli impedimenti devono essere interpretati in funzione dell'interesse generale: esistono troppi pochi colori senza un contorno definito e la loro registrazione come marchio può falsare la concorrenza. Quanto più elevato è il numero di prodotti e servizi per i quali viene chiesta la registrazione, quanto maggiore è la possibilità che la non disponibilità diventi un ostacolo dal punto di vista dell'interesse generale. h. La Corte considera inoltre che solo in circostanze eccezionali si possa ipotizzare che un colore in quanto tale abbia un carattere distintivo anteriormente a qualsiasi utilizzazione e afferma del resto che un processo normale di consolidamento possa portare all'acquisizione di un carattere distintivo. La prima ipotesi (senza consolidamento) si verificherebbe solo quando il numero dei prodotti o servizi per i quali viene richiesta la registrazione del marchio risulti molto limitato e il pubblico di riferimento molto specifico (punto 66). i. Per quanto riguarda la valutazione che le autorità dei marchi, al pari dei giudici di merito, sono chiamati ad effettuare, la Corte conferma che la circostanza che la registrazione venga richiesta per un numero elevato e ridotto di merci è pertinente tanto ai fini della questione del carattere distintivo quanto ai fini della valutazione se la registrazione si ponga in contrasto con l'interesse generale (punti 69 e 70). j. La Corte conferma infine, come previsto, con riferimento all'articolo 6 quinquies della convenzione di Parigi, che l'esame deve essere effettuato in concreto, tenendo conto di tutte le circostanze della specie, in particolare: - della durata dell'uso del segno, - del rapporto con i prodotti e/o servizi, - della percezione di tale marchio da parte del pubblico cui ci si rivolge. 5. Decisione. Le conclusioni dell'avvocato generale danno prova, a mio avviso, di una logica lineare e offrono un'inoppugnabile certezza giuridica: i colori in quanto tali non possono costituire marchi. La sentenza della Corte da un lato ha spalancato la porta alle registrazioni dei colori in quanto tali, ponendoli in via di principio su un piede di parità con tutti gli altri segni, ma dall'altro ha imposto tali e tanti limiti da non lasciare molto spazio alla valutazione discrezionale degli ostacoli che si frappongono a detta registrazione. La complessa sfumatura non ne facilita l'uniforme applicazione da parte dei giudici dei marchi dei futuri 25 Stati membri, ciascuno dei quali possiede proprie sensibilità culturali. Sessione di lavoro: 1.3 IV. Una difficile opera di chiarificazione per il giudice dei marchi europeo 1. Considerazioni generali Non mi risulta finora che esistano altri segni diversi dai "colori in quanto tali" per i quali sia necessario tenere conto di un numero così elevato di condizioni prima che si possa decidere a favore della loro idoneità, in via preventiva o successiva. Forse all'orizzonte si profilano ancora molti altri segni (più) problematici. Si pensi in particolare a tutti i segni che si riferiscono ad un determinato senso: segni olfattivi, segni uditivi e segni sensoriali. 2. La riproduzione grafica dei segni a. Fino alla sentenza pregiudiziale Sieckmann, la problematica della "riproduzione grafica" dei segni era sconosciuta nel Benelux. La legge sui marchi del Benelux non prevedeva quella condizione di validità e la problematica non si era manifestata nella sua complessità, in quanto i segni depositati, quasi senza eccezioni, potevano essere riprodotti anche graficamente. Successivamente all'entrata in vigore del protocollo dell'11 dicembre 2001 la situazione è divenuta precisamente la stessa del mercato comune. b. Dopo la famosa sentenza Sieckmann, i segni olfattivi sembrano respinti definitivamente. Prima della sentenza, peraltro, la Seconda Commissione di ricorso dell'Ufficio aveva annullato il rigetto - per motivi materiali - di una domanda di registrazione del marchio olfattivo "l’odore dell’erba appena tagliata” per palle da tennis (decisione dell'11 febbraio 1999 nel procedimento Senta Aromatic Marketing). Nel caso di una domanda di sospensione a livello europeo da parte della suddetta impresa a norma degli articoli 90-94 del regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario o in caso di una domanda di nullità presentata presso l'Ufficio a norma dell'articolo 55 del regolamento sul marchio comunitario, la stessa impresa può attendersi quindi un annullamento. c. Per quanto riguarda la registrazione dei segni uditivi, ritengo che la situazione sia altrettanto delicata come per i colori in quanto tali, con la sfumatura che non tutti i limiti indicati nella sentenza Libertel troverebbero analoga applicazione. Non credo che esista alcuna differenza sostanziale fra un foglio di carta con uno o più colori e un disco (CD) contenente la registrazione di una melodia o anche una sequenza casuale di toni dissonanti. Con l'aggiunta della relativa trascrizione musicale - eventualmente sottotitolata con i nomi delle note - e l'indicazione dei nomi delle note successive il segno sarebbe rappresentato graficamente (impostazione offerta dalla sentenza Libertel). Si è già segnalato in precedenza che la percezione di un segno uditivo collide tuttavia con gli stessi ostacoli a livello di riproduzione di quelli di un colore in quanto tale. La descrizione non rappresenta il segno uditivo neppure indirettamente, non è altro se non una rappresentazione grafica della riproduzione linguistica di come si comunica qualcosa in merito ad una "sequenza di note" contenuta su un disco (CD). Sessione di lavoro: 1.3 d. Con l'eventuale comparsa dei segni sensoriali l'intera gamma dei sensi invaderebbe il diritto dei marchi. I segni sensoriali, nell'interpretazione estensiva data dalla Corte di giustizia all'articolo 2 della direttiva sui marchi, al pari di tutti gli altri segni, non possono essere esclusi in via di principio e si può per contro sostenere che essi possono costituire un fattore determinante per i videolesi o gli audiolesi per riconoscere un prodotto come proveniente da una determinata impresa. Mutatis mutandis, si può immaginare che il segno (qualsiasi irregolarità percettibile) sia depositato e descritto secondo modalità da definire con maggiori dettagli (per esempio scrittura braille). 3. Probabili alternative a. Il giudice dei marchi deve valutare i colori sotto diversi aspetti. A prescindere dalla "problematica della riproduzione grafica" dei segni, egli deve agire con prudenza entro i limiti delineati dalla Corte di giustizia. Non mi sembra un compito di scarso rilievo. b. generale". Gli impedimenti assoluti devono essere valutati in funzione dell'"interesse La nozione di "interesse sociale" viene considerata da molti giudici come il più vuoto dei gusci. Si può supporre che il riempimento di tale guscio dipenderà in larga misura dall'opinione sociale dello stesso giudice. A mio avviso non è facile né rimanere entro i limiti della giurisprudenza né attenersi al riguardo all'obbligo giuridico della motivazione. c. Non credo che sia alla portata di ogni giudice dei marchi valutare l'esigenza della disponibilità in funzione dei requisiti della concorrenza leale. Sono necessarie sia conoscenze dei meccanismi di creazione e di esercizio di posizioni di potere economico sia capacità di valutazione del comportamento di mercato dei concorrenti e dei modelli di acquisto dei consumatori. La mia esperienza mi porta ad affermare che spesso si tratta di una materia estremamente complessa per la quale, a seconda delle circostanze, è opportuno ricorrere alla consulenza tecnica sotto il profilo econometrico. Ci si può domandare se sia lecito attendersi che un'autorità in materia di marchi ed il giudice dei marchi siano in possesso, anche in questo campo, delle necessarie conoscenze per pronunciarsi in materia. d. Vi sono invero anche aspetti tecnici meno complicati, quali l'esame della "inusualità" di un colore e l'analisi delle sensazioni socioculturali in questo settore, la valutazione del "consolidamento" (mesi oppure anni), la delimitazione del gruppo obiettivo e l'immedesimazione nella sua percezione. A questo proposito va osservato, tuttavia, che nel caso dei colori in quanto tali la valutazione se il riconoscimento dipenda dai prodotti e/o dai servizi oppure da una caratteristica decorativa che l'impresa stessa distingue è un compito decisamente delicato. Sessione di lavoro: 1.3 4. Limiti della portata della tutela a. La portata della tutela, in via di principio, può non essere presa direttamente in considerazione nel caso di valutazione preventiva della validità di un segno come marchio, ma siffatta problematica è più prossima di quello che in realtà potrebbe sembrare. Sugli odori e sui colori non si discute - così dice il proverbio - ma vi sono pochi dubbi sul fatto che chi deposita un colore in quanto tale ne preveda un vantaggio per il quale è pronto ad adire le vie legali. b. L'avvocato generale Léger ha toccato questo aspetto incidentalmente per contestare l'idoneità di un colore in quanto tale. È noto che un marchio conferisce al suo titolare non solo il diritto di opporsi all'uso del proprio segno, ma anche all'uso di un segno identico per prodotti o servizi identici o simili a quelli per cui è stato registrato il marchio nel caso in cui detto uso potesse dare adito ad un rischio di confusione per il pubblico interessato circa la provenienza dei prodotti e servizi da parte di una determinata impresa. È giustificato affermare che un segno il quale in questa materia può dare adito a illimitate controversie sotto il profilo della portata della tutela è privo dell'idoneità a fungere da marchio. Mi sembra curioso che la Corte di giustizia non abbia dedicato a questo aspetto dell'idoneità del segno alcuna considerazione. c. È arduo ignorare la coincidenza dei colori per numerose sfumature. Diventa oggettivamente difficile delimitare la portata della tutela per la presenza di sfumature quasi non distinguibili, ma dotate di uno specifico codice internazionale. Alla luce del rischio di confusione, è difficile evitare che codici immediatamente vicini possano causare confusione agli occhi del pubblico medio se quest'ultimo non è specializzato per antonomasia. O la tutela viene limitata alla tonalità depositata e non minaccia di ottenere una reale portata, oppure viene estesa a sfumature vicine e la tutela andrà sensibilmente oltre l'ambito della registrazione. d. Il giudice dei marchi, in caso di marchi costituiti da un colore in quanto tale, deve rispondere anche alla domanda di come il titolare del marchio possa dimostrare di avere utilizzato il segno nel modo in cui è stato registrato, il che è un requisito per non incorrere nella decadenza del diritto sul marchio. Nella fattispecie si tratta infatti della registrazione di un segno senza forma né contorno. Un colore, tuttavia, non può essere utilizzato se non in una determinata forma manifesta, e quindi mai nel modo in cui è stato registrato. Affermare che il colore sia stato utilizzato così come registrato e che quindi esso protegga il modo in cui è stato utilizzato - in modo intensivo e dominante per una gamma di prodotti - mi sembra sia un'inversione dell'ordine. Ci si potrebbe interrogare sulle ragioni per cui non si limiti la registrazione alle modalità di utilizzo. V. Alcune riflessioni conclusive La sentenza Libertel è senza dubbio una sentenza “colorita”. Sessione di lavoro: 1.3 Si ritiene che la soluzione data alle diverse questioni abbia risolto molti problemi pratici. Prima del 6 maggio 2003, ci si muoveva su di un terreno spinoso; peraltro la ricerca di un equilibrio non è divenuta meno importante. La collega J. Fasseur-van Santen, nel suo coinvolgente contributo al simposio del 2728 settembre 2001, ha citato le parole alate di Yves Saint Gal, ovvero: " il valore di un colore in quanto marchio pone delicati problemi”. Alla luce dell'attuale situazione, sembrerebbe addirittura riduttivo. Si ritiene del pari legittima la domanda se abbia senso dichiarare un colore idoneo a costituire un segno e riconoscerlo come segno distintivo quando esso è in grado di garantire a stento una tutela rispetto a segni identici ovvero quando comporta un rischio intrinseco di decadenza ed è quindi non in grado di garantire diritti esclusivi durevoli. Vi è ancora un altro aspetto che non rientra nella direttiva di armonizzazione, ma che non mi sembra meno importante in questo contesto: l'uso di un segno non come marchio (utilizzato quindi per distinguere un'impresa e non prodotti o servizi). Nella sua sentenza pregiudiziale del 21 novembre 2002 (causa Robelco/Robeco) la Corte di giustizia ha risposto che la materia continua a rientrare nella competenza degli Stati membri. La materia del resto non è neppure considerata nel regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario (articolo 9). Nulla impedisce agli Stati membri, nel caso di uso di un segno non come marchio, di non tenere conto del limite rappresentato dall'uso "commerciale". In particolare, sembrerebbe che i paesi del Benelux stiano preparando progetti in tal senso. Né risulta plausibile che la condizione per il riconoscimento del carattere distintivo sia rispettata in modo diverso in una legislazione non armonizzata rispetto ad una legislazione armonizzata. Sarebbe invero il colmo se la tutela di un colore in quanto tale registrato come marchio dovesse estendersi anche all'uso non commerciale. Un privato intraprendente, un'organizzazione senza scopo di lucro, artisti possono allora diventare l'obiettivo del titolare di una registrazione di un marchio di colore in quanto tale. Sarei propenso al riguardo a concludere con una parafrasi del poeta Herman De Coninck: kleur is zoals de zon en de lucht: ze zijn van iedereen (i colori sono come il sole e l'aria, appartengono a tutti). I marchi conferiscono un diritto esclusivo e tale esclusività è incompatibile con la natura stessa dei colori. Pur essendo consapevole di aver adottato un’impostazione parziale, e tale non era l'obiettivo dell'amministratore Bonne quando mi ha invitato ad intervenire, resto del pari convinto del fatto che nulla aiuta a chiarire le cose più del sacrosanto contraddittorio, di cui nella nostra professione non possiamo fare a meno. Auspico in ogni caso di aver in qualche modo contribuito alla discussione. Sessione di lavoro: 1.3 Imarchi I. d i c o l o r e. P r o s p e t t o g e n e r a l e. Introduzione 1. Colori, combinazioni di colori e colori in quanto tali come segni distintivi. 2. Alcune impostazioni dottrinali in un breve excursus storico. 3. Soluzioni recenti della giurisprudenza nel Benelux. a. Il tribunale del Benelux (1977) b. La sentenza belga Turchese(1999) c. II. La sentenza olandese Liberte" (1998) La prassi dell'UAMI che rigetta i colori in quanto tali 1. Le Commissioni di ricorso. I procedimenti Orange, Wrigley, Viking, KWS Saat e Andreas Stihl. 2. Il Tribunale di primo grado. Cause Viking, Saat e Andreas Stihl. III. La sentenza Libertel del 6 maggio 2003 1. Considerazioni generali. 2. Le domande proposte dal Nederlandse Hoge Raad. 3. Le conclusioni dell'avvocato generale Léger. 4. La sentenza della Corte di giustizia. Sessione di lavoro: 1.3 IV. Una difficile opera di chiarificazione per il giudice dei marchi europeo 1. Considerazioni generali. 2. Riproduzione grafica dei segni. 3. Probabili alternative. 4. Limiti alla portata della tutela. V. Alcune riflessioni conclusive Sessione di lavoro: 1.3