Comments
Description
Transcript
Bambini che vivono al buio
5/maggio 2012 M ZIN A G A E PORTFOLIO Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma Bambini che vivono al buio L’INCHIESTA/UTOPIE URBANE La città che tutti vorrebbero JULIA KRISTEVA Uno sguardo filosofico sulla disabilità EDITORIALE di Mario Carletti Direttore Centrale Riabilitazione e Protesi, Inail Il nostro Paese indietro nella caccia alla città ideale P eter Pan ha l’isola che non c’è, noi (italiani) la città che non c’è. È inutile, non mi voglio rassegnare all’idea che l’Italia non riesca a esprimere una città che possa arrivare tra quelle finaliste al concorso europeo per le città accessibili. Ci hanno provato Venezia, Parma, Reggio Emilia, tanto per citarne qualcuna, ma niente da fare: l’ultima porta è rimasta chiusa. Hanno vinto Spagna (Avila) e Austria (Salisburgo), Paesi ovviamente rispettabilissimi, ma credo che l’Italia non valga meno. Cosa ci manca? Perché nella corsa alla città ideale ci facciamo battere da realtà che sembrerebbero quanto meno nostre pari? Non credo sia una questione squisitamente tecnica. Esportiamo cervelli in tutto il mondo, in ogni settore. Nella moda e nel design abbiamo uno spazio universalmente riconosciuto per creatività e gusto: non parliamo di “archistar” o di ingegneri, perché gli italiani costruiscono con successo in tutto il mondo. Mi verrebbe da aggiungere che anche la materia prima non è affatto un problema: ne abbiamo in abbondanza e di qualità, e non ci mancano teste e professionalità. Forse, come accade in una cucina quando si prova a preparare un buon piatto, non bastano ottimi ingredienti, ma sono necessari anche un ambiente ideale e soprattutto un bravo cuoco capace di miscelare il tutto. L’ambiente ideale è costituito da un senso civico generalizzato, che purtroppo in Italia è al di sotto della sufficienza. Ho incontrato di recente un alto funzionario del Parlamento Europeo che sta facendo una battaglia non politica, ma personale, per il reinserimento nei programmi scolastici dell’educazione civica. Un passo indietro? Una nostalgia antistorica? Mah… forse tutti i torti non li ha. E poi il cuoco. Oggi sparare sui politici è un sport nazionale troppo semplice e, di certo, non mi metto nel gruppo. Tuttavia, sicuramente la sensibilità da parte di ha il compito di gestire il bene pubblico su questi temi sarebbe il catalizzatore determinante per la riuscita del progetto. Giriamo quindi un invito ai tanti sindaci italiani bravi e di buona volontà: qualcuno si lanci nell’impresa. Per quanto serve, avrà il nostro sostegno. 3 In bilico fra utopia e realtà In questo numero, Superabile Magazine si interroga sulla città ideale che tutti vorrebbero, accessibile e sostenibile, ma che spesso resta ancora un’utopia. L’intervista a Julia Kristeva, scrittrice e semiologa di fama internazionale, propone riflessioni filosofiche sulla disabilità, per scardinare dal tessuto culturale pregiudizi e stereotipi. Nel portfolio e in copertina, la storia di un centro estivo molto particolare, per bambini costretti a vivere al buio dalla loro malattia rara. Poi focus su pellegrinaggi, audioracconti e molto altro. E una sorpresa finale: dopo l’inchiesta Handicappato sarà lei!, tra serio e faceto continua la riflessione sul linguaggio con la rubrica Le parole per dirlo: l’autore è Franco Bomprezzi, primo direttore di Superabile.it. Seguitelo a partire da questo numero. E inviate i vostri commenti, anche su altri articoli, a [email protected]. NUMERO CINQUE Maggio 2012 EDITORIALE 3 Il nostro Paese indietro nella caccia alla città ideale di Mario Carletti ACCADE CHE... 5 “Reatech Italia”, a Fiera Milano 7 la disabilità è protagonista A Trani apre la ludausilioteca L’INCHIESTA 8 Viaggio alla ricerca della città ideale di Michela Trigari INSUPERABILI 14 Perché l’handicap fa così paura Intervista a Julia Kristeva di Eleonora Camilli SOTTO LA LENTE MEDIA 16 Circo Insieme, per allenarsi 30 Docusound, suoni al divertimento di Giovanni Augello che raccontano vite di Elisabetta Proietti CRONACHE ITALIANE CULTURA 18 Le battaglie di Emma 31 Abbracci non umani PORTFOLIO 35 di Raffaella Cosentino 20 Bambini che vivono al buio SPORT 36 Inail... per saperne di più a cura del Comitato italiano paralimpico 37 TEMPO LIBERO 26 Pellegrini in cammino. 38 39 Anno I - numero cinque, maggio 2012 Direttore: Mario Carletti più rassicuranti delle parole di Laura Badaracchi Il sogno di una vita “slow” contro le barriere della mente di Antonella Patete RUBRICHE 24 Nuove leve crescono Su rotte note e inedite di Chiara Ludovisi Superabile Magazine Tutela globale e integrata con il Regolamento protesico Viaggi e tempo libero Vacanze per tutti i gusti: consigli di viaggio Ausili Wheelmap.org: l’accessibilità segnalata dagli utenti L’esperto risponde Lavoro, parcheggi riservati In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi, Eleonora Camilli e Diego Marsicano Editore: Istituto Nazionale Direttore responsabile: Stefano Trasatti Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Hanno collaborato: Giovanni Augello, Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Raffaella Cosentino, Chiara Ludovisi, Dario Paladini, Elisabetta Proietti, Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Comitato italiano paralimpico, Luca Saitta; Rosanna Giovèdi, Daniela Orlandi, Giovanni Sansone e Francesca Tulli del Consorzio sociale Coin PINZILLACCHERE 40 Il pranzo della domenica per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 Progetto grafico: Giulio Sansonetti 4 41 L’Alipinta di Carla Chiaramoni Cucine accessibili in tutto, anche nel prezzo Le parole per dirlo Falsi invalidi di Franco Bomprezzi I quadri di Mele, dipinti con il corpo e con le mani DULCIS IN FUNDO 42 Strissie - I pupassi di Adriana Farina e Massimiliano Filadoro Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso di foto e immagini, a Dante Ferretti (pagg. 4, 8-9), Olivia Woodhouse (pag. 10), Claudio Bosco (pag. 13), Circo Insieme (pagg. 4, 16-17), Comunità Progetto Sud (pagg. 18-19), Elisabeth Bernstein e Carlo Shalom Hintermann (pagg. 20-23), Comitato italiano paralimpico (pagg. 24-25), Unitalsi (pagg. 26-29), Erica Borghi (pagg. 4, 30). In copertina, un fotogramma del documentario The dark side of the sun, girato dal regista Carlo Shalom Hintermann a Camp Sundown, nello stato di New York, che d’estate accoglie i bambini affetti da Xp, una malattia rara. ACCADE CHE... L’EVENTO “Reatech Italia”, a Fiera Milano la disabilità è protagonista G li espositori saranno oltre cento. Dagli ausili per la formazione professionale alle carrozzine motorizzate, dalla pet therapy ai test drive: dal 24 al 27 maggio si potrà vedere di tutto alla prima edizione di “Reatech Italia”, fiera-evento sulla disabilità, organizzata da Fiera Milano nel centro espositivo di Rho. Previsto anche un programma culturale, con una trentina tra incontri, seminari, laboratori e convegni; spazio anche a sport, turismo e tempo libero. E gli stand non saranno dedicati solo alle aziende che offrono prodotti, ma anche al mondo dell’associazionismo. L’iniziativa ha il patrocinio delle federazioni delle as- “Zerobarriere”: marchio di qualità. Niente più luoghi inaccessibili per chi si muove in sedia a ruote: il protocollo d’intesa siglato tra la Provincia di Arezzo e l’Associazione paratetraplegici aretini prevede iniziative per sensibilizzare sulle problematiche delle barriere architettoniche sociazioni che si occupano di disabilità, Fand e Fish, della Fondazione don Gnocchi, della Regione Lombardia e della Provincia di Milano. In Italia le persone con disabilità sono circa 2,8 milioni, in Lombardia 365mila (di cui 27 mila studenti). «Dobbiamo poi con- siderare tutti coloro che anche momentaneamente possono avere difficoltà, come un anziano o una mamma con il bimbo nel passeggino – sottolinea Giulio Boscagli, assessore regionale alla Famiglia, conciliazione, integrazione e solidarietà sociale –. Insomma, è un e sostenere il marchio di qualità “Zerobarriere”. «Questo accordo ci permette di sviluppare la cultura dell’accessibilità e formare professionisti che abbiano le giuste conoscenze per intervenire in modo adeguato», sottolinea la vicepresidente della Provincia Mirella Ricci . 5 tema che riguarda tutti». Inoltre Reatech Italia può contare sull’esperienza decennale dell’edizione brasiliana, che Fiera Milano organizza nella metropoli di San Paolo tramite la sua controllata Cipa Fm. «Siamo un’azienda e quindi anche questa esposizione dovrà essere occasione di business, ma il profitto che ne deriverà intendiamo reinvestirlo nel settore per contribuire a diffondere un po’ di cultura della disabilità», afferma Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano, precisando che nei padiglioni di Rho verranno fatti «investimenti strutturali importanti per renderli accessibili, nonostante siano stati costruiti di recente e all’avanguardia». Per informazioni: Reatechitalia.it. [Dario Paladini] VIgORSO DI BUDRIO Al volante con la protesi, senza adattamenti all’auto T ornare alla guida dopo un brutto infortunio, utilizzando solo la protesi e senza alcun adattamento al veicolo. Cristophe Quarena, cinquantenne francese di professione falegname, c’è riuscito. Nel 2008 è arrivato al Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio, in seguito a un incidente che gli è costato l’amputazione di quattro dita della mano destra. Inizialmente Quarena ha usufruito di una protesi estetica, che ha utilizzato fino a due anni fa. Poi è stato inserito in un progetto innovativo: un team di ingegneri e tecnici ha sviluppato un dispositivo poliarticolato a comando mioelettrico. L’uomo ha potuto così indossare una protesi che gli consente di fare qualsiasi cosa, anche di tornare al volante. Visti i risultati positivi, per la prima volta è stata avanzata la proposta di non effettuare alcun adattamento all’auto: dopo le verifiche della Commissione patenti, Cristophe è stato ritenuto idoneo. ACCADE CHE... FORMAZIONE Varese, arriva la Carta dei servizi per gli studenti con disabilità L’ Università degli studi dell’Insubria, a Varese, ha adottato la Carta dei servizi per gli studenti disabili. Si tratta di uno strumento di tutela attraverso il quale l’ateneo «si assume in maniera trasparente Si chiama “Uffizi da toccare” il percorso tattile inaugurato alla galleria di Firenze per ipovedenti e non vedenti. Che senza prenotazione, ma dotate di guanti monouso in lattice distribuiti all’ingresso e accompagnate da personale appositamente formato, possono toccare 16 sculture scelte per l’alto valore storico-artistico. “Leggendo con le mani” e responsabile un chiaro impegno nei confronti degli studenti e delle studentesse con disabilità, che vengono accolti e accompagnati nella loro formazione culturale e professionale». In nove articoli, la Carta PREVENZIONE Sicurezza sul lavoro, ora la guida è in Braille M SPORT “Village for all” sbarca in Brasile, per l’accessibilità di Mondiali e Olimpiadi V anche il nero Cupido dormiente, appartenuto a Lorenzo il Magnifico, e il leggendario Ermafrodito. In corrispondenza di ogni opera sono a disposizione anche leggii con didascalie in italiano e inglese; il testo in Braille è stampato su carta trasparente. l’università, il Servizio disabili rappresenta un fiore all’occhiello: si va dal trasporto casa-sedi al counselling a tutta descrive finalità, una serie di strumenti principi e servizi offerti, volti a rendere più tracciando anche diritti semplice l’inserimento e doveri degli studenti dello studente nella con handicap. Per vita dell’ateneo. illage for all fa tappa in Brasile per assicurare Mondiali e Olimpiadi senza barriere. Il direttore del Dipartimento strutture, coordinamento e pianificazione del ministero, Ricardo Moesch, ha annunciato l’accordo con Village for all per realizzare strutture turistiche e sportive accessibili a tutti in vista della Confederation Cup di calcio del 2013, dei Mondia- li del 2014 e delle Olimpiadi e Paralimpiadi che si svolgeranno a Rio de Janeiro nel 2016. Secondo Roberto Vitali, presidente e fondatore di Village for all, si tratta di «un’entusiasmante collaborazione: finalmente potremo pensare a tre grandi eventi in maniera inclusiva, intervenendo nella fase di progettazione del sistema di accoglienza». 6 anuali che parlano di sicurezza sul lavoro ce ne sono tanti, ma per i ciechi? Per colmare questa lacuna, l’Istituto dei ciechi di Milano e l’associazione Ambiente e lavoro hanno creato una guida in Braille, realizzata sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica con il patrocinio di Inail e Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (Ciip). Il manuale spiega la normativa italiana su prevenzione e protezione in fabbrica, così come in ufficio o nei cantieri. Ed è pensato per i computer dotati di software screen reader o barra Braille. Chi si impegna a farne un uso sociale senza scopo di lucro, aziende comprese, può riceverlo gratis via mail scrivendo a segreteria. [email protected] oppure a info@ amblav.it. Inoltre si può richiedere il volume su cd-rom e in versione cartacea, disponibili in copie ridotte, all’Istituto dei ciechi di Milano (tel. 02/799315) o all’associazione Ambiente e lavoro (tel. 02/26223120). FOOD Dal vino ’’Raboso” a grappa e olio S i chiama “Raboso della solidarietà” ed è un vino davvero “speciale”: a farlo sono infatti i ragazzi con sindrome di Down dell’Aipd, sezione della Marca Trevigiana, che conta 150 soci tra cui 62 giovani. Si dedicano alla vendemmia, alla spremitura e alla preparazione del mosto per la vinificazione. Quindi decorano e firmano personalmente le etichette, e in primavera imbottigliano e confezionano circa 500 bottiglie. Il vino è realizzato grazie alla collaborazione dell’azienda agricola Giorgio Cecchetto di Tezze di Piave (Treviso). Da poco viene prodotta anche una grappa insieme alla Distilleria Capovilla di Rosà (Vicenza). L’ultima new entry è l’olio extravergine d’oliva in bottiglie da 250 centilitri. I prodotti, realizzati nell’ambito del progetto “Autonomia sociale”, sono stati presentati all’ultima edizione di Vinitaly. Il sogno? Aprire un agriturismo dove le persone down possano svolgere attività lavorative di vario genere, dalla coltivazione all’allevamento. Info: Aipdmarcatrevigiana.it. qUALITÁ DELLA VITA Foggia, dal 17 al 19 maggio torna InnovAbilia I nnovazione come chiave per «abbattere le barriere e garantire pari opportunità». È questo il credo di Innovabilia, festival dedicato alle novità presenti sul mercato per migliorare la qualità della vita delle persone disabili. Promosso dall’assessorato al Welfare della Regione Puglia e organizzato dall’Arti (Agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione) alla Fiera di Foggia, l’evento intende diventare un punto di riferimento nazionale per lo scambio di cono- scenze su tecnologie, design, servizi e politiche innovative a sostegno delle diverse abilità anche temporanee. Tutti argomenti che saranno al centro di InnovAbilia, per lanciare nuove iniziative a favore delle persone anziane, disabili e con ridotta autonomia; i percorsi di visita abbracceranno sette aree tematiche: innovazioni e tecnologie per terapia e assistenza, domotica, mobilità, educazione e inclusione scolastica, inclusione lavorativa, comunicazione e inclusione sociale, tempo libero (sport, cultura, turismo). In programma, anche la mostra “Diverso design-oggetti diversamente utili”, con prototipi che integrano tecnologie sensibili e interattive, realizzati da progettisti. Negli ospedali psichiatrici italiani circa 6 mila Un fax o un sms per soccorrere i sordi A Trani apre la Ludausilioteca sterilizzazioni forzate: dal 1985 al 1998. Una hiedere aiuto per i vio di un fax al numero usili informatici, disponibili anche per il prestiviolazione ancora diffusa, non udenti da oggi è 0532/206066, corrisponto, e un laboratorio sperimentale sul giocatto- su cui non esistono dati più facile, grazie al pro- dente alla centrale ope- lo accessibile. A Trani è nata la Ludausilioteca, per recenti, secondo Silvia getto di emergenza sa- rativa 118 di Ferrara, o di venire incontro ai bisogni di divertimento di tutCutrera, presidente dell’Avi (Agenzia per la vita nitaria “118 sordi”. un sms al 339/9941118, ti i bambini, in particolare quelli con disabilità. Il indipendente) di Roma I responsabili delche mette in comunica- progetto innovativo è siglato dall’associazione e membro dell’European la Centrale operativa zione con la centrale di “Promozione sociale e solidarietà”, insieme all’asdisability forum. Risale di Ferrara hanno coin- Parma. sessorato alla Solidarietà della Regione Puglia. al 2008 l’inizio del “caso volto l’Ens della città La risposta dell’operaOspitato presso i nuovi locali del Centro Jôbêl, lo Gauer”, che ha focalizzato estense in un sistema tore verrà inviata nella spazio dedicato al gio- l’attenzione su questo innovativo, che garan- stessa forma utilizzata co sarà aperto a bamtipo di violenza contro le tisce di comunicare in per la richiesta. Così sabini disabili e non e alle donne disabili. Nell’agosto 2011 è approdato alla Corte caso di bisogno attrarà possibile individuare loro famiglie, che poeuropea dei diritti umani, verso due modalità: l’in- il luogo della chiamata tranno contare – oltre e ottenere le principache su strumenti ludici ma ci vorranno alcuni anni per conoscerne il li informazioni sull’acca- e didattici – anche su un serie di ausili informatici, pronunciamento. duto, in base alle quali resi disponibili anche per il prestito. Inoltre presso gli infermieri del 118 at- la particolare ludoteca prenderà il via un laboratotribuiranno un codice rio sperimentale sul giocattolo accessibile e sarà all’urgenza e invieranno attivato un servizio di trasporto a pagamento. Le il mezzo più appropria- attività saranno gratuite fino a luglio. to all’intervento. Info: [email protected]. IL PROgETTO C RAgAZZI A 7 L’INCHIESTA Città dell’utopia Viaggio alla ricerca Tutti la vorrebbero, ma nessuno è riuscito a realizzarla. È la città dell’utopia: comoda e accogliente verso disabili, anziani e bambini. E anche esteticamente gradevole. Ma soprattutto ispirata a un approccio olistico e realmente inclusivo, che vada oltre il superamento delle barriere architettoniche Michela Trigari N on è la città della fantascienza evocata più volte dalla penna di Philip Dick o dai film tratti dai suoi romanzi come Blade Runner o Minority Report. E non è nemmeno quella società ideale descritta ne L’Utopia di Tommaso Moro. Anche se spesso si tratta di scenari urbani che non esistono ancora, se non solo in piccola parte o nell’immaginario di qualche architetto che ha deciso di sposare l’idea di una società più attenta all’inclusione. Parliamo di spazi e luoghi completamente privi di barriere architettoniche, più o meno futuristici o futuribili, attraversati da scooter elettrici a tre o quattro ruote e dotati di scivoli con pendenze molto lievi, rampe e pedane mobili, ascensori e tapis roulant, indicatori visivi e acustici, pavimentazioni tattili e case automatizzate, senza però stravolgere il paesaggio. È la città per tutti. Un centro abitato a misura di persone disabili e 8 anziane, mamme e bambini, dove ogni elemento – dagli edifici alle strade, dalle piazze ai parchi, dagli impianti sportivi ai mezzi pubblici – è ispirato ai principi della democrazia, della partecipazione e dell’accessibilità. Realtà o utopia? Un po’ l’una e un po’ l’altra. Se in Italia, ma soprattutto all’estero, esistono alcuni esempi di architettura e mobilità urbana che seguono i dettami del cosiddetto design for all, molto resta ancora sulla carta. Eppure qualcosa si muove. Pezzi di urbanistica sparsi qua e là che, come in un puzzle, vanno a comporre quell’habitat che la maggior parte delle persone vorrebbe. Se n’è accorta anche la Commissione Europea, tanto che due anni fa ha istituito il Premio per la città accessibile (Access city award): nel 2011 il riconoscimento è andato al lavoro fatto da Ávila (in Spagna) sulla sua pianta medievale, mentre nel 2012 ha vinto l’opera a 360 gradi realizzata da Salisburgo (in Austria). In lizza, tra i Co- della città ideale Sopra, uno dei rendering architettonici di Dante Ferretti per arredare i viali della Expo 2015, in programma a Milano muni italiani, si sono alternati Venezia, Parma, Reggio Emilia e Cuneo, ma in questi due anni nessuno di loro si è classificato tra i finalisti. Sempre presente, nella fascia alta della classifica, anche la Germania. Il motivo? L’adozione di strategie a lungo termine, l’approccio alla progettazione universale, l’integrazione delle persone disabili anche nei piani comunali per l’accessibilità. L’importanza della partecipazione. Una città perfetta, infatti, inizia dalla partecipazione dei suoi abitanti già in fase di programmazione edilizia, urbanistica e ambientale. I Paesi anglosassoni già lo fanno, e la Gran Bretagna insegna, privati compresi. Ne è un esempio lo studio di consulenza, ricer- ca e design inclusivo di David Bonnet, in Inghilterra: in fase di consultazione, infatti, gruppi di persone disabili e anziane o di bambini si incontrano con i progettisti, le autorità locali e i clienti, utilizzando anche planimetrie tattili, per aiutarli a mettere a fuoco un progetto che sia veramente accessibile a tutti. «In Italia, invece, i processi partecipativi inclusivi sono considerati spesso come un regalo che le amministrazioni locali fanno ai cittadini, mentre dovrebbero essere semplicemente strumenti di democrazia», commenta Lucia Lancerin, architetto e coordinatrice del “Laboratorio città, partecipazione e ambiente” di Bassano del Grappa (Vicenza). Qualche buona prassi comunque esiste, soprattutto in sede di riqualificazione urbana: si tratta, per esempio, delle esperienze dei Comuni di Piossasco (Torino), Castenaso (Bologna), Prato (Firenze), Monterotondo (Roma). «Ma bisogna evitare di commettere l’errore di attivare proces- 9 Expo 2015: la sfida di una Milano per tutti. Mentre Dante Ferretti, vincitore di tre premi Oscar per la scenografia, sta preparando il progetto per arredare i due principali viali dell’Esposizione universale del 2015, la Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) di Milano ha costituito l’“Osservatorio Expo per tutti”. Lo scopo della rete di associazioni lombarde è quello di diffondere i principi e le linee guida per l’accessibilità universale delle strutture e delle infrastrutture che saranno realizzate in vista di quell’evento, compresi i trasporti e la viabilità cittadina, gli edifici e i servizi pubblici, l’accoglienza e la comunicazione via web. Un tavolo di confronto con i soggetti pubblici e privati competenti in materia di coordinamento e pianificazione, la formazione degli addetti ai lavori, un architetto esperto di universal design, la figura del disability manager e il monitoraggio del grado di accessibilità degli interventi previsti sono le proposte finora avanzate dalla Ledha. [M.T.] L’INCHIESTA Città dell’utopia Una panoramica della strada londinese Exhibition Road, in South Kensington, scattata da Olivia Woodhouse. Nonostante gli sforzi compiuti, il parco Dora di Torino (nella pagina a fianco), sorto sui resti degli stabilimenti Michelin e delle ferriere Fiat come recupero di archeologia industriale, non ha superato il test d’accessibilità fatto dal gruppo “Una città per tutti”. La causa? Ascensori non funzionanti e canalini d’acqua non protetti, visionati durante il sopralluogo dell’area Vitali, inaugurata lo scorso anno. si partecipativi rivolti esclusivamente a una determinata categoria sociale, per esempio solo alle persone disabili o con una determinata disabilità, e realizzare invece un processo di trasformazione aperto a tutti i fruitori di uno stesso luogo, legandolo cioè al territorio, che sia il più possibile libero e spontaneo – continua Lancerin –. E poi bisogna ricordarsi che la partecipazione può nascere anche dal basso, grazie all’impegno di cittadini o associazioni». Design for all: un occhio al com– scendi con la giusta inclinazione, oppu- superamento delle barriere architettofort, l’altro all’estetica. L’altro con- re eliminandolo e sostituendolo con un niche all’urbanistica per tutti. La stra- cetto chiave, design for all, è ispirato ai principi del bello e del benessere per tutti che dà per scontato l’elemento dell’accessibilità, basandosi sull’individuo reale e sulla diversità umana. «Il nostro lavoro non è quello di eliminare le barriere architettoniche – spiega Avril Accolla, vicepresidente di Design for all Italia e membro dell’omonimo network europeo –, né di progettare specificatamente per la disabilità o altre categorie sociali, ma di avere un approccio olistico, inclusivo, multisensoriale e multidisciplinare in ogni campo della vita quotidiana senza creare nessun tipo di discriminazione»: dall’oggettistica all’arredamento, dall’architettura ai trasporti. «Prendiamo come esempio un marciapiede: la sua funzione è quella di proteggere dalle auto. Come faccio a ottenere questo risultato nella maniera più agevole per tutti? Prevedendo dei sali- cordolo che separa la carreggiata dall’area riservata ai pedoni come a Iseo (in provincia di Brescia), ma anche inserendo delle guide per le persone non vedenti, o utilizzando pavimentazioni tattili come ad Århus, in Danimarca». Tenendo però sempre «un occhio puntato sul comfort e un altro sull’estetica – continua Accolla –, senza mai dimenticare il caposaldo fondamentale: l’utente standard non esiste». Un altro esempio sono «i sedili abbattibili» o a scomparsa «che si trovano nelle sale convegno multifunzionali di alto livello. Lo stesso meccanismo potrebbe essere utilizzato anche nei cinema, anziché relegare le persone in carrozzina ai margini della sala». La lezione d’Oltralpe. È all’estero che si vedono i risultati migliori quando si pensa alla città ideale. La filosofia è quella di passare dai piani per il 10 tegia adottata da molti Paesi europei è questa: meno rigore legislativo in materia di standard di accessibilità e meno tecnicismi normativi in fatto di altezze, larghezze e pendenze. Il risultato? Molta più funzionalità per tutti. Dai taxi londinesi alla metropolitana di Copenaghen – dove le biglietterie e le carrozze sono accessibili, segnali sonori e visivi avvisano della chiusura delle porte e delle varie fermate, i cani guida non pagano e c’è posto anche per loro –, dai treni svedesi (molti dei quali hanno le porte allo stesso livello delle piattaforme, i sedili ergonomici e lo spazio per le sedie a ruote) al museo del Louvre di Parigi, che nel 2002 ha ottenuto il marchio di qualità Tourisme et handicap. E poi ancora: dalle banalissime audio-guide per visitare una mostra alle più sofisticate mappe tattili anche per le aree naturalistiche e i Mobilità: ecco gli elettroscooter Una città ideale dovrebbe avere un sistema integrato di trasporti accessibili a tutti: autobus, tram, metropolitana, taxi e nodi di interscambio, ma anche pulmini in convenzione con il privato sociale e strumenti di mobilità alternativa. La perfezione, infatti, non si raggiunge solo con i mezzi pubblici. Il servizio di shopmobility mette a disposizione delle persone con difficoltà motorie piccoli scooter elettrici o sedie a ruote a noleggio per muoversi liberamente in città, nelle aree verdi, nei centri commerciali o all’interno delle fiere. Questo servizio nasce alla fine degli anni Settanta in una cittadina inglese, per rispondere alle diverse esigenze di mobilità nelle aree pedonalizzate. Nel 1987 viene istituita la Federazione nazionale dello shopmobility. Oggi ci sono circa 300 centri in tutta la Gran Bretagna, aperti almeno quattro ore al giorno, senza contare i servizi temporanei offerti in occasioni particolari. Anche Olimpiadi e Paralimpiadi di Londra avranno il loro Games mobility. Lo shopmobility, solitamente erogato da un ufficio e da eventuali punti mobili in caso di eventi speciali, viene segnalato nelle guide turistiche; la gestione è affidata a volontari, mentre i fondi per l’attivazione arrivano dall’autorità locale e da sponsor privati. In Italia un servizio con caratteristiche simili è presente a Genova: si chiama Mobility service, ideato dalla cooperativa sociale “La Cruna”. Ma sono dotati di scooter elettrici anche la nuova sede del Comune di Bologna, l’Orto botanico di Roma (guasti permettendo) e Villa d’Este a Tivoli, dove i veicoli ricordano quelli dei campi da golf. [Daniela Orlandi] centri storici. Passando infine per le tipiche aree gioco dei Paesi scandinavi – con strutture in legno fatte di rampe, maniglie, elementi didattici e sonori – e per il manuale spagnolo Bar e ristoranti accessibili per tutte le persone, una pubblicazione realizzata dalla fondazione Once che dà indicazioni perfino sulle posate, sul bancone, sui tavolini e sugli arredi. Ma anche in una città come Londra non tutte le ciambelle riescono col buco: pomo della discordia il restyling di Exhibition Road, in South Kensington, dove l’assenza di marciapiede non ha soddisfatto le persone non vedenti, in quanto i cani guida non avevano più nessun punto di riferimento. Ecco allora che l’amministrazione è dovuta correre ai ripari; sono così stati realizzati dei solchi nella pavimentazione per segnalare l’inizio della carreggiata riservata alle automobili. Ora tutti sono d’accordo sulla nuova veste della via. Cosa avviene nel nostro Paese. Anche sul versante italiano, comunque, le buone prassi non mancano. È il caso di Parma, la città più accessibile d’Italia secondo una giuria nazionale formata da Anmic (Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili), Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) e Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), oppure del Maxxi, il nuovo Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma: un esem- 11 pio di architettura contemporanea che, oltre all’ascensore e alle sedie a ruote a disposizione di chi ha problemi motori, ha voluto una lunga rampa al posto delle scale per raggiungere la galleria al terzo piano, sperimentando anche visite guidate per le persone non vedenti e non udenti. Ma si possono citare anche il piano per l’accessibilità urbana di Brescia (un tentativo di progettazione a lungo termine), la ristrutturazione di piazza della Vittoria e di piazza Martiri del 7 luglio a Reggio Emilia, totalmente inclusive senza che ciò dia nell’occhio. Ancora, il Parco delle libertà di Montesilvano (Pescara), un’oasi verde priva di barriere architettoniche, e l’area di ristorazione veloce dell’Autogrill di Ravenna sulla E45, che ha ottenuto il marchio di qualità Design for all Italia. «Non esiste una sola città dell’utopia. Ci sono invece varie soluzioni per rendere ideale una città», sostiene Fabrizio L’INCHIESTA Città dell’utopia Domotica: meglio se pubblica Vescovo, architetto, direttore del corso di formazione post laurea “ProgettaDal laboratorio di domotica del Centro protesi re per tutti” all’Università La Sapienza Inail, che si occupa di sviluppare nuove applicazioni per semplificare il controllo di Roma. «Però i centri abitati italiani, ambientale da parte delle persone disabili, grandi o piccoli che siano, non sono stafino alla casa a riconoscimento vocale di Dirha ti pensati per essere amichevoli con tut(Distant-speech interaction for robust home ti. Viviamo in tessuti urbani affaticanti, applications), progetto europeo partito a creati per un uomo medio che in realtà è marzo e coordinato dalla Fondazione Bruno pura fantasia. Le persone, infatti, modiKessler di Trento. Passando per il condominio “orizzontale” di edilizia residenziale pubblica, ficano le proprie esigenze in base all’età, totalmente accessibile e automatizzato, alla salute, al grado e al tipo di disabilinato nel 2008 dalla collaborazione tra tà, a come sono vestite». Comune di Bologna, Azienda casa, Ausl e Aias Una mamma con il bimbo nel pas(Associazione italiana assistenza spastici): una seggino, un anziano con il bastone, una casa popolare con otto appartamenti senza barriere architettoniche e dotati di comandi ragazza con i tacchi a spillo o una perautomatici, destinati alle persone disabili che sona disabile dovrebbero avere lo stesso ne fanno domanda e che posseggono i requisiti per accedervi. La città dell’utopia, infatti, non diritto a fruire del luogo in cui vivono, senza fare fatica nemmeno a salire è perfetta solo fuori. Ecco allora che entra sull’autobus. «La prima regola in matein gioco la domotica, che punta a migliorare la vita quotidiana rendendo più facile ria di progettazione, quindi, è quella di regolare la temperatura delle stanze, alzare e non riferirsi a degli stereotipi, ma imabbassare le tapparelle, sintonizzare radio e maginare infinite sfumature. Tenendo tv sui programmi preferiti, aprire o chiudere conto soprattutto di quattro elemenle finestre, attivare gli elettrodomestici ti fondamentali: le distanze, i dislivelo far partire segnali di allarme. In Emilia Romagna, per dare uniformità al sistema, li e il tipo di pavimentazione, l’arredo sono nati i Centri provinciali per l’adattamento urbano e la conciliazione di normatidell’ambiente domestico (Caad): dieci sportelli ve diverse che vanno dalla circolaziod’informazione e consulenza ai cittadini su ne stradale all’edilizia. Di conseguenza, automazione della casa, agevolazioni fiscali e contributi a cui le persone disabili e gli anziani serve un approccio globale e integrato possono accedere. Sportelli dotati anche di che diversifichi gli strumenti a dispoun’équipe multidisciplinare – formata da un sizione, non solo in materia di urbanifisioterapista, un educatore professionale, stica ma anche di mobilità, occorre più un architetto, un ingegnere elettronico e un attenzione da parte del versante poliesperto di domotica – che effettua colloqui, tico e amministrativo e bisogna punvalutazioni e sopralluoghi. [M.T.] tare maggiormente sulla formazione dei tecnici», commenta Vescovo. A Ro- 12 Piazza della Vittoria e dei Martiri del 7 luglio, a Reggio Emilia. A destra, uno scorcio dall’alto dell’interno del Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, in uno scatto di Claudio Bosco. Nella foto piccola, il Parco Olimpico di Londra (by Anthony Charlton, Oda, London 2012). ma, comunque, qualcosa si è mosso: «Mi riferisco soprattutto al Lungotevere di fronte all’ospedale Santo Spirito e al tratto pedonale che va dal Pantheon alla fontana di Trevi, in particolare nei pressi di piazza della Borsa, dove accanto ai classici sampietrini è stata aggiunta una striscia di pavimentazione più liscia – spiega l’architetto –. A Villa Borghese, poi, c’è la possibilità di utilizzare le auto elettriche tipo quelle usate sui campi da golf». Una scelta culturale, prima che legislativa. «Non è una questione di normativa, e neanche di pianta medievale dei centri storici italiani, ma si tratta piuttosto di metodo, cultura, scelte politiche e coinvolgimento delle associazioni». Su questo tasto insiste anche Leris Fantini, membro del Centro europeo di ricerca e promozione dell’accessibilità Cerpa Italia onlus. Così la fruibilità «dei nostri luoghi e spa- Il sabato del villaggio (paralimpico) zi, un concetto soggettivo che è diverso da persona a persona, risulta spesso a macchia di leopardo. E siamo capaci di costruire nuove generazioni di barriere architettoniche perfino dopo un intervento di riqualificazione urbana – commenta il tecnico –. Restano sempre alcuni ostacoli, che magari non tengono conto delle disabilità sensoriali, quando la progettazione non è partecipata o non è per tutti». Le leggi ci sono, eccome (in primis le disposizioni atte a garantire accessibilità e adattabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, oltre alle norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli spazi e servizi pubblici), ma «sono superate o non vengono applicate» correttamente. Tanto che «la giurisprudenza in materia non si fonda sulla normativa tecnica ma sulla legislazione che tutela i diritti delle persone disabili e condanna ogni forma di discriminazione», dalla legge quadro 104/92 alla Convenzione Onu approvata nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009. «Le amministrazioni virtuose sono veramente poche – continua Fantini –: si trova qualcosa di buono in Veneto, in Lombardia, in Emilia-Romagna (per la presenza del Centro regionale di informazione sul benessere ambientale) e in Toscana, dov’è nato l’Osservatorio regionale contro le barriere architettoniche e in cui sono state elaborate le Linee guida per la redazione dei piani di accessibilità». Nonostante gli sforzi fatti in questi anni per dare uniformità al sistema – e parliamo del Libro bianco sull’accessibilità e la mobilità urbana, voluto dal ministero del Welfare (che ha istituito anche la figura del disability manager), delle linee guida ministeriali per la fruibilità dei parchi, delle zone marittime e dei luoghi di interesse culturale, dei vari piani regolatori comunali –, quella che manca è semplicemente la mentalità for all. 13 Torino e Londra insegnano. La prima perché si è già rifatta il look (era il 2006); la seconda, invece, perché è in pieno restyling. Parliamo delle ultime due città europee sede delle Olimpiadi e Paralimpiadi, invernali e non: eventi che per eccellenza devono raggiungere il massimo grado di accessibilità. E non solo per gli atleti. La sfida di Londra 2012 è quella di avere Giochi aperti a tutti e di sfruttare l’occasione per fornire ai cittadini un’eredità tangibile fatta di infrastrutture e servizi, in una visione complessiva dove l’accessibilità occupa un posto di primo piano. La capitale britannica si sta preparando per questo evento sportivo di fine estate, mettendo a punto una strategia in cui anche l’inclusione è importante. La riqualificazione di una parte della città – l’area di Statford, dove sorge il Parco olimpico –, il miglioramento del sistema dei trasporti e il potenziamento del turismo rappresentano le tre aree strategiche di intervento. La ristrutturazione urbana vuole lasciare ai posteri nuovi edifici e servizi improntati tanto alla piena accessibilità quanto alla sostenibilità ambientale. Dunque nessuna cattedrale nel deserto poiché, una volta finiti i Giochi, i londinesi potranno appropriarsi di questi spazi: lo stesso Villaggio olimpico, con i suoi 2.800 alloggi, diventerà un quartiere residenziale. Il sistema dei trasporti, invece, è stato oggetto di uno studio e di investimenti mirati a garantire un alto grado di accessibilità per tutti. Gli organizzatori hanno lavorato per migliorare la fruibilità di stazioni e linee ferroviarie (oltre 100 milioni di sterline solo per quella di Stratford), attraverso il potenziamento dell’esistente e la realizzazione di nuovi ascensori e strumenti d’informazione audiovisiva per chi ha problemi sensoriali. Ma anche la qualità e l’accoglienza delle strutture ricettive, così come i turisti disabili e anziani, ne trarranno beneficio. Informazioni su Inclusivelondon.com e London2012.com, sezione Accessibility. [D.O.] INSUPERABILI Intervista a Julia Kristeva Perché l’handicap fa così Spesso la disabilità genera angoscia e induce chi non la vive sulla propria pelle a voltarsi dall’altra parte. Ne parla Julia Kristeva, intellettuale e madre di un ragazzo disabile. Che spiega quanto, tra compassione e battaglia per i diritti, sia difficile farsi un’idea giusta delle persone disabili. Per i credenti come per i non credenti Eleonora Camilli B ulgara di nascita, francese d’adozione, Julia Kristeva è oggi una delle più importanti intellettuali viventi. Semiologa, psicanalista, filosofa e scrittrice, esponente di spicco dello strutturalismo francese, nel suo percorso ha collaborato con i più grandi pensatori della sua epoca. Atea convinta, è consulente del Pontificio Consiglio della cultura. Nel suo ultimo libro – Il loro sguardo buca le nostre ombre, uno scambio epistolare con Jean Vanier, che ha fondato in Francia la comunità “L’arca” –, affronta il tema della diversità da filosofa ma soprattutto da madre di un ragazzo disabile, David. Il suo libro è un dialogo tra due punti di vista sulla disabilità. Da una parte, l’approccio caritatevole di stampo cattolico di Vanier; dall’altra, lo sguardo laico e la questione dei diritti. Quali sono i principali ostacoli per una piena realizzazio- 14 ne della persona disabile che vada oltre la commiserazione? Il più grande ostacolo risiede nella difficoltà di noi tutti, credenti e non credenti, a farci un’idea giusta della persona disabile. Per i credenti si sviluppa spesso una grande compassione e un’identificazione con la sofferenza, che può condurre a un’infantilizzazione delle persone disabili, nel senso che si tende a proteggerle sviluppando meno la loro partecipazione alla vita sociale, culturale, politica e lavorativa. Invece, salvo casi di handicap molto gravi, c’è sempre la possibilità di assicurare questa partecipazione e arrivare a una piena integrazione. Invece, dal punto di vista delle persone che si battono per i diritti, è chiaro che la solidarietà non basta. È necessario uno sforzo di comprensione affettiva, non solo intellettuale, dell’esclusione terribile in cui si trovano le persone disabili. Un’identificazione affettiva che ha una grande affinità con la La copertina del volume di Julia Kristeva, scritto con Jean Vanier, edito da Donzelli vanti alla vita e alla morte. E quest’idea della singolarità si sviluppa nell’incontro tra la normalità e l’handicap. La disabilità, dunque, ci mette davanti alla nostra vulnerabilità, alla parte più segreta di noi, che non vogliamo vedere. Ma cosa c’è alla base di questa rimozione? paura lotta per la vita, molto difficile da sviluppare in chi non è disabile. Perché è così difficile? Perché si tratta di un tipo di esclusione incomparabile: non è un’esclusione per ragioni politiche, sociali, di razza, di religione o sessuali. Con queste tipologie di esclusione lo spirito illuminista ci ha insegnato a essere solidali e tolleranti. Ma il disabile, a differenza degli altri, ci mette di fronte ai limiti stessi della vita e alla nostra mortalità. L’incontro con l’handicap è dunque fonte di enorme angoscia per chi non è affetto dagli stessi problemi, e fa sì che ci si disinteressi e si giri la testa dall’altra parte. In realtà si tratta soltanto di una forma di difesa nei confronti della propria paura. Per questo è necessario un enorme lavoro di informazione. La preoccupazione del nostro umanesimo, che si sia credenti o meno, è non considerare le divisioni tra normali e anormali, ma pensarci tutti come individui unici da- L’educazione alla funzione materna avviene attraverso molte difficoltà e insuccessi. Capita spesso che si considerino i figli come una riparazione: il bambino deve riuscire dove noi abbiamo fallito. La tendenza è di investire in maniera esagerata sui figli, dandogli degli obiettivi incommensurabili, creando così la figura del bambino ideale. Come fare dunque a cambiare? Bisogna accompagnare le donne e aiutare le madri nel loro lavoro, prevedendo aiuti finanziari e potenziando il numero di asili e di assistenti familiari. Ma soprattutto è necessario cambiare l’immagine della responsabilità genitoriale: madri e padri non devono considerare i figli come realizzazione dei propri ideali, ma hanno la responsabilità di incoraggiarli a svilupparsi nei loro limiti e desideri. Siamo una società che non ha modelli per la genitorialità. Nelle religioni troviamo il modello della madre ebrea o cristiana, spesso molto caricaturali. Di contro, nel mondo laico, non abbiamo paradigmi per sapere chi è una buona madre e un buon padre. Il grande psicanalista inglese Winnicot ha parlato di una «madre sufficientemente buona». Ma cosa vuol dire «sufficientemente»? È qualcosa di intuitivo, singolare, creativo. Apriamo, dunque, il dibattito perché la questione di una pedagogia della genitorialità diventi un progetto della società. L’handicap ci pone di fronte a due questioni molto difficili: la morte e la norma. La società secolarizzata, l’umanesimo moderno, non ha dato vita a un discorso sulla morte. Mentre nella religione esiste l’idea della vita eterna, l’umanesimo non ha prodotto un suo discorso sul tema. L’handicap, invece, rappresenta l’ombra della morte sulla vita: un grande dibattito filosofico che è necessario aprire. La seconda questione è quella della norma: spesso le belle anime sostengono che la disabilità è senza norme, ma non è vero. L’evoluzione del concetto di normalità oggi comincia a entrare anche nel dibattito politico. Ma ci sono delle persone disabili che hanno fatto talmente tanti sforzi rispetto al loro handicap da rinnegare la loro differenza e i limiti che gli vengono posti. Bisognerebbe invece avere un atteggiamento che tiene conto delle anomalie, che possono essere compensate da altre creatività. Queste supplenze rispetto al binomio norma-anomalia devono essere prese in considerazione per far capire a tutti il rispetto che devono avere per i disabili e per non metterli nelAfferma di aver perso l’illusione di poter la situazione di dover denigrare i propri cambiare lo sguardo sulle persone disabilimiti. Se riusciamo ad accompagnare li. Ha ritrovato la speranza di poterlo fare? le persone disabili con questa delicatezÈ sempre possibile continuare a batza, l’handicap può diventare una risor- tersi, cercando di far convivere lo sguarsa per tutti. do politico con la delicatezza che persone Scrive: «Non voglio che mio figlio non sia come Jean Vanier ci mostrano. Conservo considerato diverso nella società. Ma vo- un certo scetticismo per quanto riguarglio aiutarlo a trovare i suoi desideri». Per da la riuscita in tempi rapidi di questo cambiare lo sguardo sui disabili, bisogna cambiamento, ma l’incontro con Jean forse cominciare da un cambiamento nel- mi ha incoraggiata nella ricerca di nuove ragioni per andare avanti. lo sguardo materno? 15 SOTTO LA LENTE Tra clown e trapezi Circo Insieme, per allenarsi al divertimento Giovanni Augello A In una scuola del quartiere romano di Torpignattara, ogni sabato pomeriggio, si vola appesi alle funi e non solo. Protagonisti delle esibizioni, una cinquantina di ragazzi disabili e non. Piccoli artisti dai 4 ai 17 anni, con una regola ferrea: «Prima di dire “non si può fare”, prova» lla periferia di Roma c’è una scuola dove ogni sabato, una volta chiusi libri e quaderni, si vola sui trapezi e appesi alle funi, si gira per i corridoi con i pattini o con la faccia impiastricciata di colore. Una scuola dove vige una regola ferrea che vale per tutti: «Prima di dire “non si può fare”, prova». È sabato mattina, il quartiere di Torpi Torpignattara di Roma è silenzioso. L’Isti L’Istituto comprensi comprensivo Laparelli è aperto anche oggi. Il sabato si riempie di piccoli artisti, i ragazzi di Circo Insieme. Lo hanno chiamato così perché è la realtà: ci sono tutti, grandi e piccini, disabili e normodotati, in un miscuglio di gag e esibizioni, di grida e ovazioni 16 sotto gli occhi attenti di Gianni Alessio, direttore tecnico dell’associazione Acli terzo millennio, di cui fa parte il progetto, e docente di scienze motorie dell’istituto. Insegna qui da quarant’anni, ha visto il quartiere cambiare nel tempo e crescere nella sua scuola la voglia di superare gli ostacoli. «Qui è proibito dire che non si può fare», dice Alessio, sollevando con un sorriso gli occhiali da vista appoggiati sul naso. L’idea del circo è nata con un esperimento: «È l’ambiente più favorevole per privilegiare quelle che noi chiamiamo situazioni di deficit – spiega –. Abbiamo scoperto che quella che viene considerata una riduzione nell’ambiente sociale, può diventare un punto di forza nell’ambiente circense, dove c’è il concetto di solidarietà e di assistenza reciproca». Nato nel 2008 da un’idea di Stefano Moser e Serena Roveta, il progetto è un work in progress spesso costretto a navigare a vista in balia dei fondi concessi ora dalla Provincia, ora dallo stesso istituto. Raggruppa una cinquantina di ragazzi eterogenei per età e tipo di disabilità. Si va dai quattro ai diciassette anni. «Abbiamo riunito in regime di integrazione bambini portatori della sindrome Adhd (deficit d’attenzione), un ragazzo con sindrome di Down, alcuni disabili fisici con emiplegia (esito di cerebro lesioni), non vedenti e autistici. Scoprendo che le loro capacità resi- due diventano un punto di forza nel gruppo». Le lezioni vedono i ragazzi impegnati in diverse discipline, dall’acrobatica alla clownerie. Prova dopo prova, ognuno ha affinato le proprie attitudini: i ragazzi con sindrome Adhd si sono distinti nell’atletica aerea, i bambini non vedenti invece hanno stupito tutti nel pattinaggio e Simone, quasi diciottenne con sindrome di Down, ha scoperto un’innata passione per la clownerie. È lui la vera star del gruppo e, quando toglie il trucco, è anche un campione di atletica nei 60 metri indoor. «Mi piace far divertire le persone – dice sorridendo, mentre alle sue spalle due bambini dondolano sui trapezi –. Soprattutto quando faccio l’uomo più forte del mondo». Gli piace anche improvvisare sul palco durante gli spettacoli. «Ha delle attitudini eccezionali, per la sua capacità di immedesimarsi nella scena con serietà e l’aspetto del clown Auguste, che non ride mai e gestisce il proprio corpo in una maniera così buffa da far ridere», commenta Alessio. europei nei 100 metri e 15 autistici che lavorano insieme ai tirocinanti della facoltà di Scienze motorie dell’università di Tor Vergata e dello Iusm di Roma». Un contributo, quello di neolaureati e universitari, che dà una spinta motivazionale in più. «È una bellissima esperienza – racconta Veriana Vespa, tirocinante di Scienze motorie dell’università di Tor Vergata –. Chiunque mette piede qui nota il senso di comunità e l’entusiasmo. Sembra una grande famiglia». Un entusiasmo che coinvolge tutti. «Si crea un rapporto molto bello sia fra ragazzi disabili, che con i ragazzi normodotati. I più piccoli, che potrebbero essere più inclini all’emarginazione, al contrario sono molto aperti. Gli stessi disabili non hanno Un clown di Circo Insieme Se l’esperimento è riuscito, la palestra del Laparelli non può che essere un laboratorio in pieno fermento. Dispone di spogliatoi senza barriere architettoniche, ha ben nove postazioni di acrobatica aerea, cerchio, tessuto, trapezi e fune. Attrezzature che non soffrono certo di solitudine: sugli scaffali, un’affollata schiera di trofei raccolti in giro per l’Italia grazie all’impegno anche in ambito sportivo. «Abbiamo una squadra femminile che per due anni di seguito ha vinto il titolo italiano a squadre del Cip per l’atletica leggera – riferisce Alessio –. C’è anche una ragazza che ha partecipato ai campionati 17 paura di sperimentare cose nuove, perché hanno chi li accompagna e dà loro uno stimolo per non arrendersi». Ma il circo ha coinvolto anche le famiglie: «Seguono costantemente i propri figli in queste attività – spiega Alessio –. Abbiamo scoperto con dei questionari, poi, che anche i genitori dei ragazzi normodotati sottoscrivono in pieno l’esperienza per questa sorta di vaccinazione contro i pregiudizi. In questo ambiente si scoprono le ricchezze dell’altro». Purtroppo, però, a oggi le risorse limitate non permettono di avere altri istruttori. E spesso di tratta di una sorta di «semivolontariato: siamo una decina di operatori. Due si occupano della clownerie, uno del pattinaggio e altri due dell’acrobatica aerea e a terra, altre tre persone coordinano la parte teatrale e organizzativa circense e io curo la parte di potenziamento muscolare. Abbiamo ricevuto fondi dalla Provincia e la scuola ci ha aiutato molto, ma i finanziamenti sono limitati». Senza limitazioni, invece, le iscrizioni: possono partecipare gratuitamente tutti i bambini della capitale; i genitori affrontano solo le spese per l’assicurazione. Nonostante le difficoltà, Circo Insieme sta esportando la propria esperienza anche fuori Roma: ha partecipato al Festival delle scuole di piccolo circo a Pisa e quest’anno ha presentato il progetto al “Circomondofestival” di Siena, rassegna internazionale di circo sociale. Per Lucia Gallina, tecnico Fidal e Cip e parte del team, il segreto di questo successo è da ricercare nel coraggio di lavorare bene anche con quel poco che si ha. «Bisogna entrare in gioco – sottolinea –. Essere prima di tutto formati, ma avere anche cuore per entrare nella sofferenza e nella difficoltà. Mettere le mani in pasta per fare una grande pasticceria». CRONACHE ITALIANE Lamezia Terme Le battaglie di Emma Viene da una famiglia in cui quattro fratelli su sette hanno la distrofia muscolare. Ma Emma Leone, tra i fondatori della Comunità Progetto Sud, non si è mai arresa alla sua disabilità. Sposando un obiettore di coscienza e abbracciando le cause del pacifismo e dell’antimafia. Anche se da oltre quattro anni vive attaccata a un respiratore Raffaella Cosentino T rasformare il veleno in medicina. È un principio buddhista risalente al Medioevo che Emma Leone ha messo in pratica per tutta la vita. Anche se è nata cattolica, a Lamezia Terme, e con la filosofia del buddhismo non ha mai avuto a che fare. Un cognome, un destino: con la forza di un felino all’attacco, ha trasformato la disabilità nello strumento per salvare la sua vita da un destino segnato. La distrofia muscolare, portandole una sedia a rotelle prima e un respiratore poi, l’ha resa una donna libera. Le prime difficoltà a camminare si sono manifestate a 14 anni. Era il 1969 e in casa Leone c’erano altri tre fratelli con la stessa malattia, iniziata per tutti fra gli 11 e i 12 anni. Sette figli in tutto, di cui quattro con la distrofia; Emma, l’unica ragazza. Nello stesso anno morì Giovan Battista, un fratello ventenne, muratore: durante una giornata al ma- 18 re fu colpito per sbaglio alla testa da un proiettile vagante, esploso con una dinamica che non è mai stata chiarita. «Quattro fratelli disabili e un morto in casa per una disgrazia, la nostra famiglia fu sbattuta in prima pagina dalla stampa. Da allora ho cominciato a non sopportare i giornalisti», racconta oggi, che di reporter ne conosce tanti e molti sono diventati suoi amici. «Non avevo fede, non credevo in niente. Ma due anni dopo la morte di mio fratello mi sono convinta a fare la cresima per fare festa in casa e svegliare un po’ mamma». La madre di Emma ormai non usciva più, se non per andare al cimitero. Subito dopo la morte di Giovan Battista, qualcuno per strada le disse: «Peccato che ti hanno ammazzato il figlio sano». Invece lei adorava tutti i suoi ragazzi e non avrebbe voluto nemmeno lasciarli andare in comunità. Ma quando le comunicarono la loro scelta, non si oppose. Disse soltanto: «Sap- piate che questa resta la vostra casa». A vent’anni, nel 1975, Emma incontra don Giacomo Panizza, bresciano trapiantato in Calabria per fondare la Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme. Oggi è un “prete sotto scorta” per aver sfidato la ’ndrangheta. Ma per lei stare ferma non è possibile. Inizia con l’attivismo antima- Emma Leone. A sinistra, manifestazione antimafia a Lamezia Terme «Con l’entrata in comunità mi sono chiesta: perché queste persone spendono la loro vita con noi in carrozzina?». Così inizia a cambiare il suo modo di vedere le cose. E oggi si sente davvero «fortunata. Aver avuto la disabilità mi ha fatto vivere situazioni e scelte che danno senso alla mia esistenza – dice con un guizzo di luce negli occhi –. Altrimenti avrei avuto un percorso designato da moglie e casalinga. Rifarei tutto; certo, se potessi modificherei alcuni malesseri fisici, ma sento di aver realizzato una vita piena». Chi va a trovarla nella sua stanza alla Comunità Progetto Sud, la trova sempre con una sfilza di giornali davanti, il computer e il telefono. Impegnata a «tenere le fila», come spiega lei stessa, delle tante iniziative sociali e antimafia che coordina. Ma il racconto del passato è ancora più sorprendente. «Negli anni Settanta i disabili venivano deportati negli istituti del Nord, ma i miei genitori non hanno mai seguito questo consiglio che arrivava da vicini e conoscenti – ricorda –. I miei fratelli e io abbiamo incontrato persone che venivano dalla Comunità di Capodarco, ora in provincia di Fermo, per scambiare idee ed evitare questa “deportazione”. Alcuni disabili calabresi sono partiti per fare un’esperienza di autonomia proprio a Capodarco, nelle Marche». Con il Comune di Lamezia è un braccio di ferro per ottenere la struttura abbandonata. Una battaglia vinta minacciando anche l’occupazione. «Siamo riusciti ad avere questo edificio forzando un po’ la mano e, prima di entrarci, l’abbiamo ristrutturato rendendolo accessibile, per avviare un’autogestione economica e strutturale. In carrozzina facevamo i turni per cucinare e lavare i piatti, senza differenze tra uomini e donne», ricorda. Agli inizi, nel ’76, la comunità era costituita da 20 disabili adulti e una bambina. «L’obiettivo era aiutare le persone a crescere in autonomia, portarle a scegliere il proprio progetto di vita. Incontravamo gruppi, giovani, parrocchie, per dire che anche una persona con disabilità può gestire la propria vita». In comunità Emma incontra anche l’amore. A metà degli anni Ottanta, dopo l’approvazione della legge sul servizio civile, arriva in comunità il primo obiettore di coscienza, Beppe, che diventa suo marito e anche il mentore che la porta sulla strada del pacifismo. «Mi affascinava il discorso della non violenza, di dire no alle armi». Contro la guerra del Golfo c’era anche lei con il suo corpo a comporre la scritta umana No war a Catanzaro, davanti alla Regione Calabria. Ha fondato anche il Crep (Coordinamento regionale educazione alla pace), per formare volontari e insegnanti come educatori della non violenza. «Poi mi sono fermata: dovevo vivere con il respiratore, non avevo più le forze». 19 fia: Progetto Sud riesce a ottenere il primo bene confiscato alla ’ndrangheta in città. È una casa di tre piani nel quartiere di Capizzaglie; apparteneva al clan dei Torcasio, che vivono ancora nel cortile accanto. «Ci sono voluti dieci anni di lotte per averlo: eravamo soli. Dopo di noi, tante altre associazioni hanno chiesto beni confiscati: abbiamo sbloccato la situazione», racconta. Oggi nel palazzo confiscato hanno sede l’associazione “R-evolution Legalità” ideata da Emma, una comunità per disabili anziani e un’altra di accoglienza per minori stranieri soli. «Man mano che vado avanti, la distrofia diventa sempre più prepotente – confida senza un filo di rimpianto –. Da quattro anni e mezzo non esco più: sto 24 ore su 24 in una stanza ma vivendo, senza subire la situazione. Ciò che mi interessa lo porto avanti da qui: non ci tengo a essere presente, mi sta a cuore il territorio». Intanto i clan diventano sempre più prepotenti. Le intimidazioni contro don Giacomo e la Comunità Progetto Sud si sono trasformate in veri attentati. A due persone disabili sono stati manomessi i freni delle automobili perché andassero a schiantarsi: ne sono uscite miracolosamente illese. Contro il bene confiscato, una bomba a Natale e spari di proiettili in varie occasioni: gli ultimi durante le feste pasquali. Ma a Lamezia anche il sindaco Gianni Speranza è solidale con loro: «Sono fiducioso che gli inquirenti riusciranno a spiegare chi sono i responsabili e quali sono i motivi di questi continui attentati intimidatori. Saremo a fianco della comunità Progetto Sud e della sua attività quotidiana». portfolio Bambini che vivono al buio Per alcuni bambini il sole è un nemico mortale. Una rara malattia li costringe a vivere isolati, lontani dal mondo diurno dei loro coetanei: infatti possono uscire solo se completamente coperti. Non accade però a Camp Sundown, un campo estivo unico al mondo a Craryville, nello stato di New York, che ospita gratuitamente piccoli pazienti a livello internazionale. Un universo rovesciato: in una comunità notturna, genitori e figli possono giocare e vivere pienamente, nonostante la malattia. Sogno reso possibile dalla “Xp Society”, associazione fondata nel 1995 da Caren e Dan Mahar: la loro figlia minore, Katie, è affetta proprio da Xeroderma pigmentosum. Lo Xeroderma pigmentosum? Una malattia rara, che consiste in una deficienza della capacità delle cellule umane di riparare i danni provocati dall’esposizione ai raggi ultravioletti, provenienti dal sole ma generati anche da alcuni sistemi di illuminazione artificiale. Per i pazienti, significa un rischio di tumori della pelle mille volte superiore rispetto a quello di una persona sana: maggiore è l’esposizione, peggiori le conseguenze. E non si può guarire. Le aspettative di vita sono molto basse; quindi i malati sono costretti a un’esistenza principalmente notturna. Dove finisce la giornata di un bambino sano, comincia quella di un coetaneo “lunare” affetto da Xp. Che colpisce, nella finzione, anche Anne e Nicholas: i figli di Grace Stewart, interpretata da Nicole Kidman nel film The others, girato nel 2001 dal regista Alejandro Amenábar. 20 21 portfolio Bambini che vivono al buio Per Carlo Shalom Hintermann conoscere Dan e Caren Mahar, fondatori dell’Xp Society e di Camp Sundown, ha significato imporre un metodo e un approccio particolare per girare il documentario The dark side of the sun (Il lato oscuro del sole). «Un percorso lungo, un vero e proprio apprendistato – spiega il regista –. Si trattava di rovesciare la prospettiva: abbandonare il nostro mondo diurno, apprezzare la notte e il suo corredo di vita e meraviglia. E immaginare una vita minata dalla malattia. Abbiamo cercato un punto di osservazione e i loro bisogni sono diventati i nostri». Il progetto ha riguardato anche la creazione di apposite luci a led, non convenzionali per le riprese, e di giochi luminosi con cui i bambini potessero interagire; come si vede in queste pagine, lanterne volanti, ninfee galleggianti e diverse candele decorative sono entrate nell’universo visivo del film. 22 A Camp Sundown, una volta all’anno, una quarantina di famiglie condividono informazioni e aggiornamenti sulla malattia Xp, oltre a divertimento e amicizia sotto le stelle. Fra loro, anche tre ragazzi volati a New York dall’Italia. Nel campo estivo notturno i partecipanti hanno a disposizione un edificio protetto dai raggi ultravioletti, costruito in un bosco pieno di animali, con giochi luminosi (come frisbee, palle, cappelli) per godersi i prati al buio. E un dermatologo specializzato li visita gratuitamente. Oltre a fotogrammi tratti dal documentario, girato da Hintermann tra il 2008 e il 2011, alcuni scatti del backstage sono di Elisabeth Bernstein. [L.B.] 23 SPORT Le speranze del futuro a cura del Comitato italiano paralimpico N on solo i veterani. Non solo quelli che di esperienza ne hanno da vendere, quelli che di medaglie e trofei hanno riempito il soggiorno di casa, quelli che – carta d’identità in mano – sono già nella categoria degli “anta” e gli anni della gioventù sono un bellissimo, ma lontano ricordo. Non ci sono solo i “vecchietti” a far girare il mondo paralimpico italiano, anche se – tradizionalmente – il problema del ricambio generazionale è quello che più di ogni altro attanaglia l’intero movimento. Una difficoltà cronica, con allenatori e tecnici costretti a fare i conti con l’esiguità dei numeri, a iniziare da quella dei praticanti, e con la brutta sensazione che nel nostro Paese mettere in piedi quelli che vengono chiamati “vivai” sia troppo spesso nient’altro che un’impresa impossibile. Intere discipline sportive come il calcio a 5 non vedenti e ipovedenti, il tiro a segno e il tiro con l’arco, o anche il tennistavolo e lo showdown, sono alle prese con rose nazionali ormai attempate e carenti di entusiasmo; problema che tormenta anche l’atletica leggera, in piena crisi di vocazioni, e lo sci alpino e nordico, dove ci si affida alle vecchie glorie non ancora in pensione. Una penuria di novità che trova ragione anzitutto in un dato di fondo del nostro sport paralimpico: quelli che lo praticano sono per la gran parte per- Nuove leve Non solo campioni attempati e glorie consacrate: nel movimento paralimpico figurano anche vivai di giovani atleti. Come dimostrano ice sledge hockey, canottaggio, tennis e basket logia invalidante (per esempio la spina bifida, la focomelia, una qualsiasi altra condizione causata da un problema avuto durante il parto) sono una minima parte dei praticanti sportivi: il futuro dello sport azzurro passa per forza di cose dal loro coinvolgimento nella pratica sportiva fin dalla più tenera età. Un quadro generale a tinte fosche, dunque, ma a cercarle si riescono anche a trovare delle discipline che stanno investendo sui giovani talenti, giustificando un sone che hanno conosciuto la disabili- certo ottimismo per il futuro. tà a seguito di esperienze traumatiche in età già adulta. Incappate nella paraÈ il caso del basket in carrozziplegia o nell’amputazione di un arto a na (da tempo si disputa un campionacausa di incidenti stradali o infortuni to di minibasket) e in particolare del sul lavoro. In molti casi, già praticavano Santa Lucia Roma, la società – più volte una disciplina sportiva e, quando entra- campione d’Italia – legata alla omonima vano a far parte del bacino di utenti del Fondazione che si occupa di riabilitaziomondo paralimpico, erano già avanti ne. «Da qualche mese – racconta Stefacon gli anni. Gli altri, quelli che acquisi- no Rossetti, giocatore nella squadra di scono un handicap nei primissimi anni serie A1 – accanto alle due squadre che di vita o che già nascono con una pato- già militano nella A1 e nel minibasket, 24 crescono abbiamo messo in piedi e inserito nel campionato di B una nuova formazione, con alcuni dei tantissimi che ci chiedono di giocare. Per lo più si tratta di ragazzi amputati che provengono dal nuoto e vogliono mettersi alla prova in una nuova disciplina». Ad allenarli c’è proprio lui, Rossetti, che si alterna così fra il parquet di gioco della A1 e la panchina della B. Come il basket in carrozzina, anche un altro sport di squadra si segnala per la presenza di giovanissimi: è l’ice sledge hockey, la versione paralimpica dell’hockey su ghiaccio, con i giocatori seduti su uno slittino. Werner Winkler, nazionale azzurro, milita nelle Aquile del Sud Tirolo, la formazione più titolata, ininterrottamente campione d’Italia dal 2008 a oggi. Anche lui, come il suo “collega” del basket, unisce l’impegno da atleta con quello di allenatore, e segue gli Aquilotti under 18, per lo più ragazzi affetti da spina bifida: «Hanno dai 5 ai 17 anni: qui in Alto Adige tutti fanno hockey, nella versione su slittino particolarmente adatto ai bambini, che hanno così la possibilità di sviluppare la muscolatura del corpo dagli addominali in su». Le speranze per il futuro sono riposte in loro: oggi la nazionale infatti «è composta da atleti con età media di 35 anni, soprattutto amputati agli arti inferiori». Dal ghiaccio all’acqua del canottaggio, uno di quegli sport in cui la ricerca di nuovi talenti è più avanzata: «Quest’anno – racconta l’allenatore azzurro Paola Grizzetti – nel corso dei raduni promozionali ho scoperto dei ragazzini con buone capacità: hanno fra i 12 e i 15 anni e sono loro a fare da stimolo ai “vecchi”. Ripeto sempre che si deve cominciare per gioco, provando se piace; poi, con tanto impegno, i risultati arrivano». Una filosofia che vale anche in uno degli sport individuali più in 25 crisi, il tennis in carrozzina, dove dietro alle stelle Fabian Mazzei e Marianna Lauro, un giovane ventiduenne si è già messo in mostra. È Ivan Lion, un ragazzo con spina bifida, già oggi numero due azzurro proprio alle spalle di Mazzei. «Il tema dell’età media – commenta Gianluca Vignali, commissario tecnico del tennis paralimpico – è sempre critico: la ragione principale sta nel fatto che il tennis in carrozzina non è tra gli sport proposti e praticati dopo un infortunio. In Italia è difficile che tra istituti di riabilitazione e circoli di tennis ci siano convenzioni e collaborazioni: piuttosto, si mandano tutti in piscina a fare nuoto, o si viene indirizzati verso basket, tiro con l’arco o tennistavolo. A torto, il tennis è spesso ritenuto non indicato per gli scatti di braccia che si compiono nel colpire la pallina da seduti». Pochi giovani, quindi, non solo per una questione di ordine pratico e organizzativo, ma di tipo culturale, che vale anche per gli altri sport: «Capita spessissimo, anche nel caso di bambini con disabilità dalla nascita – spiega Vignali – che il più grande ostacolo alla loro integrazione nel mondo dello sport sia rappresentato dalla famiglia: genitori e parenti, nella convinzione di proteggerli da eventuali rischi connessi alla pratica sportiva, li tengono lontani da ogni disciplina». Facendo del male a loro, e impedendo l’arrivo di nuovi giovani in maglia azzurra. VIAGGI Itinerari dello spirito Pellegrini in cammino. Su rotte note e inedite Accanto a quelli più conosciuti, si fanno strada nuovi percorsi fra le mete scelte dalle persone disabili per un’esperienza spirituale. Ma i pellegrinaggi rappresentano anche un’occasione per uscire di casa. Avendo alle spalle associazioni attente ad accessibilità e a comfort personalizzati Chiara Ludovisi U n’esperienza spirituale, innanzitutto, un atto di devozione e di fede. Anche, però, un’occasione per viaggiare, per uscire di casa e attraversare le frontiere, spesso invalicabili per chi ha una disabilità. Numerosi sono i pellegrini disabili che ogni anno si riversano nei luoghi più tradizionali della spiritualità cristiana: da Lourdes a Fatima, da Medjugorie a Loreto, da Santiago de Compostela alla Terra Santa e alla Città eterna. In viaggio per chiedere un miracolo, per trovare la forza, per ringraziare o semplicemente per raccogliersi in preghiera e per condividere un’esperienza. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, il pellegrinaggio sta conoscendo nuove forme e mete, che riscuotono grande successo tra le persone disabili: alla dimensione religiosa e mistica si unisce, sempre più spesso, la proposta sociale e culturale. 26 Alcune persone disabili durante un pellegrinaggio a Lourdes, organizzato dall’Unitalsi Agli itinerari tradizionali si aggiungono così destinazioni inedite e meno note, per esempio Oropa e Banneux, o comunque meno battute, come la Polonia, dove i monumenti degli orrori nazisti convivono con le radici di Giovanni Paolo II, proclamato Beato poco più di un anno fa. A riferire numeri e tipolo- 330 milioni i pellegrini ogni anno nel mondo, secondo la World Trade Organization 10 milioni i pellegrini che ogni anno visitano Nostra Signora di Guadalupe (Messico) 7 milioni i pellegrini che nell’arco di 12 mesi vanno al santuario mariano di Lourdes 5 milioni i pellegrini che ogni anno si recano a Santiago de Compostela 6 milioni i pellegrini disabili europei 20-40 anni l’età del 30% dei pellegrini 18 miliardi di dollari il fatturato annuo complessivo prodotto dai pellegrinaggi 550-650 euro il costo medio di un pellegrinaggio a Lourdes 1.100 euro il prezzo base di un pellegrinaggio in Terra Santa gie del pellegrinaggio del terzo millennio, attento alle persone con disabilità, è Salvatore Pagliuca, presidente dell’Unitalsi, Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali. «Circa 30mila persone con disabilità prendono parte, ogni anno, ai nostri pellegrinaggi – racconta –. Accanto alle mete più tradizionali e sempre molto richieste, come Lourdes, Fatima, Loreto, nell’ultim0 decennio abbiamo introdotto nuove destinazio- ni». Una scelta che nasce dalla «lettura dei bisogni dei pellegrini, dalle richieste intercettate durante gli stessi viaggi: la necessità di far parte del mondo, di uscire dalle proprie case per vivere momenti di socialità, conoscenza e svago, oltre che di spiritualità. Aumentano così le prenotazioni per la Polonia – precisa Pagliuca –: certamente un luogo di devozione dopo papa Wojtyla, ma anche terra votata al turismo, ricca di una storia importante». 27 Anche il viaggio in Terra Santa, sempre più frequentato dalle persone disabili, è un segno di questo cambiamento. Il recente accordo tra Unitalsi e la compagnia aerea israeliana El Al, che eleva a 12 il numero massimo di posti per passeggeri disabili sugli aerei della linea, risolve uno dei problemi maggiori di questa destinazione. Altro nodo da sciogliere è l’accoglienza locale, ancora largamente inadeguata alle esigenze delle persone con disabilità. «Per questo l’Unitalsi è impegnata in diversi progetti – riferisce il presidente –. Oltre a gestire strutture di accoglienza per bambini disabili locali, abbiamo affittato un pullman attrezzato per i pellegrini disabili e stiamo per inaugurare un bagno pubblico accessibile presso il Santo Sepolcro. Le persone con disabilità – conclude – hanno il diritto di vivere il mondo in cui tutti viviamo: occorre solo dar loro l’opportunità di farlo». VIAGGI Itinerari dello spirito Ne sa qualcosa Maria Luisa, che frequenta l’Unitalsi da 40 anni e ha una ricca esperienza di pellegrinaggi: l’ultimo in Terra Santa, da cui è tornata il 23 novembre scorso. «Non ci ero mai stata – racconta – e non salivo su un aereo dal 1981. È stata un’esperienza bellissima: accoglienza ottima, volontari tutti giovanissimi e impeccabili. Li vedevo spesso sudati e affaticati, ma non si fermavano mai». Infatti, aggiunge Maria Luisa, quello in Israele e Palestina «è un pellegrinaggio particolarmente faticoso: tante cose da vedere, sempre a salire e scendere dal pullman, scale ovunque e luoghi inaccessibili». Il momento più bello? «La Via crucis sul Calvario: lungo la salita, servivano quattro ragazzi per portare ogni carrozzina: legavano delle cinghie davanti; in due la tiravano con quelle, mentre gli altri due la spingevano da dietro. Eravamo sei carrozzine in tutto, con 24 ragazzi che le portavano. Una fatica incredibile, ma loro era- no sempre sorridenti. Per me è stata una quell’amicizia, quello star bene insieme grandissima emozione». agli altri, non lo trovo da nessun’altra parte», assicura. Per Luigi il pellegrinaggio «è un’espeOggi Luigi ha 42 anni: quando ne aveva sette, ha partecipato al suo primo rienza di fede, ma anche un’occasione pellegrinaggio. «Ho trovato tanta fede, per uscire di casa. In tanti, purtroppo, ma soprattutto molti amici ed esperien- vivono ancora chiusi nelle loro abitazioze che mi aiutano ad andare avanti nel ni e nelle loro sofferenze: il viaggio dimio futuro – racconta –. Potrei pregare venta così un’opportunità per aprirsi al anche a Roma, a Napoli, a Pescara: ma mondo. Quando sali sul Treno bianco quello che sperimento in pellegrinaggio, che porta a Lourdes, forse non conosci Il lungo viaggio di Marcella e Anna, P iù di 1.600 chilometri a piedi per parlare di disabilità, arte e sport in oltre 60 tappe, portando la propria testimonianza di mamma di una ragazza disabile. «Il miracolo è svegliarsi ogni mattina e avere la forza di alzarsi, avendo fiducia nel mondo e nelle persone che abbiamo vicino»: Anna Maria Rastello ha camminato da Sarzana (in provincia di La Spezia) a Lourdes, dal 26 febbraio al 9 maggio 2011, per dare un senso alla disgrazia che nel 1996 costò quasi la vita a sua figlia Marcella. Anna e il marito seduti davanti, cinque dei loro sei figli sui sedili posteriori: lo schianto scaraventò Marcella, otto anni, fuori dall’abitacolo. Mentre i soccorritori la cercavano disperatamente, la madre in preda al pa- nico si rivolse al cielo: «Se la troviamo, vado a Lourdes a piedi». Marcella fu poi ritrovata, in gravissime condizioni ma viva. Non avrebbe camminato mai più. Iniziava così il lungo cammino della sua famiglia, fatto di accettazione, di comprensione e di ricerca di un nuovo modo per immaginare il futuro. Quello stesso cammino simbolicamente rappresentato dal lungo viaggio che, dopo tanti anni, la mamma ha deciso di intraprendere. Un pellegrinaggio, ma prima di tutto un viaggio che, come spiega Anna «ha assunto un valore sociale» in cui la disabilità si è posta decisamente al centro della riflessione: «Ho deciso infatti – continua Anna – che lungo il percorso avrei raccolto le testimonianze di amministratori pubblici, rappresentanti 28 di associazioni e persone incontrate anche casualmente, per capire quali sono le barriere da abbattere per liberare la disabilità dall’handicap, e in particolare per permettere alle persone con disabilità di praticare attività sportive e artistiche». Marcella, infatti, era una sportiva: «Piccola atleta, iperattiva – la descrive la mamma –, è ora costretta a vivere su una sedia a rotelle, con una tetraparesi che le limita i movimenti sia delle Pellegrini dell’Unitalsi a Gerusalemme, mentre ripercorrono la Via crucis nessuno e le 24 ore di viaggio potrebbero essere una tortura. Invece, quando arrivi a destinazione, si è già formata una vera e propria famiglia». Lourdes è ormai per Luigi quasi una seconda casa: «Ci vado tre o quattro volte l’anno: è un posto che mi fa stare in pace con me stesso e con la mia malattia. Però non ho mai chiesto un miracolo – confida –. Nella grotta delle apparizioni avrei potuto chiedere tante volte alla Madonna: “Fammi camminare”. Lo chiedono, purtroppo, tante persone disabili alla ricerca del fatto prodigioso. Invece, credo che il vero miracolo siano l’amicizia e la forza di andare avanti che da queste esperienze mi riporto a casa». Lo scorso 13 aprile Luigi è partito nuovamente alla volta della cittadina francese, sul treno dei bambini malati: «Per la prima volta sono andato in veste di volontario: ho fatto il pagliaccio. Sono un disabile grave, ma non sto mai fermo e non rinuncio ad aiutare gli altri». Silenziosi operai della Croce: viaggiare insieme a chi soffre U no sguardo particolare verso la sofferenza, e un’attenzione in più nei confronti delle persone con disabilità, caratterizzano le attività dei Silenziosi operai della Croce (Sodc), associazione internazionale riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i laici. Le stesse peculiarità strutturano i pellegrinaggi organizzati dai Sodc due volte l’anno, come membri della Confederazione internazionale dei Centri volontari della sofferenza. Un itinerario parte da Brescia, l’altro da Roma. Il primo si svolge a Lourdes durante la Settimana santa: partecipano circa 700 persone, molte delle quali con disabilità. Il pellegrinaggio da Roma, invece, è nato con l’intento specifico di portare a Lourdes i sacerdoti malati e anziani. Attualmente vi partecipano anche laici con diversi tipi di disabilità. Il calendario prevede anche un viaggio annuale a Fatima e, saltuariamente, ogni due o tre anni, in Polonia e in Terra santa. «Il numero dei partecipanti negli ultimi anni si è assottigliato un po’, forse per effetto della crisi economica – spiegano gli organizzatori –. Non siamo un’agenzia di pellegrinaggi, ma li realizziamo in quelle mete che sono in coerenza con il nostro apostolato specifico». [C.L.] per liberare la disabilità dall’handicap gambe che delle braccia». Proprio per questo, attraverso le oltre 60 tappe, il “cammino di Marcella” vuole essere sopratutto una raccolta di idee e testimonianze su come l’arte e lo sport possano aiutare le persone disabili e i loro familiari ad accettare con serenità la propria condizione. Per Anna, era la prima esperienza di pellegrinaggio: «Non è stata una promessa razionale, ma sgorgata dal cuore all’improvviso. Credo che i pellegrinaggi possano avere un valore: condividere un’esperienza, conoscere altre situazioni, creare legami che possano aiutare a stare meglio. Penso però che non ci debba essere la ricerca del miracolo: sono fermamente convinta che il vero miracolo sia accettare noi stessi per come siamo, con i nostri talenti e le nostre disabilità. Mia figlia è arrivata a Lourdes con il nostro cammino, ha quindi visto questa realtà, ma anche lei è convinta che il miracolo sia svegliarsi ogni mattina e avere la forza di alzarsi avendo fiducia nel mondo e nelle persone che abbiamo vicino». Il cammino di Marcella è già un libro edito da Ali&no e sarà presto un filmdocumentario. Anna, nel frattempo, ha terminato il suo viaggio, ma continua a offrire la propria testimonianza: 29 «Chiedo a chi lo voglia di organizzare un incontro pubblico in cui poter raccontare questa esperienza, capace di dare stimoli nuovi anche a me, che vivevo nel mondo della disabilità da molti anni, essendo anche mamma affidataria di due ragazzi con disabilità mentale e comportamentale». Marcella, intanto, «è un’adulta che sta costruendo il suo futuro professionale con tenacia. Sta terminando i suoi studi universitari, e presto potrà esercitare la professione di psicoterapeuta. Ha seguito il cammino con interesse e ora partecipa con entusiasmo agli incontri pubblici con gli studenti della scuola superiore, raccontando la sua esperienza: una testimonianza in più oltre alle tante raccolte lungo il viaggio a piedi». [C.L.] MEDIA Docusound, suoni che raccontano vite « Q Per informazioni sul catalogo e sulle prossime uscite degli audio-racconti, Docusound.it. Sopra, la cover – disegnata da Erica Borghi – di Mai arrendersi mai. Storie di genitori resistenti, di Stefania Claudio. uesta che sentite è Tina, ha sette anni ed è il mio cane guida da cinque anni e mezzo». L’audio-ritratto della inseparabile cagnolina è realizzato da Silvia Zaru: è uno dei dieci lavori portati a termine in tecnica mista (suoni, parole e musica su mp3) da Docusound Lab Milano e sostenuti dalla casa di produzione Doc in progress con l’Unione italiana ciechi Piemonte. Perché Docusound Lab è un corso di avvicinamento all’oralità e al racconto della realtà in cui vedenti e non vedenti si confrontano per imparare a narrare senza l’ausilio delle immagini. «In un’epoca ipervisiva, che vuole vedere tutto, torniamo al suono per recuperare la sostanza. Creiamo ricordi sonori: oggi abbiamo immagini di ogni momento della nostra vita, ma non ci preoccupiamo di conservare il suono di ciò che ci circonda», recita il manifesto della casa di produzione. Per i promotori del progetto, infatti, «ascoltare con attenzione è come guardare al microscopio: isoli un particolare e gli vai così vicino che l’oggetto di osservazione ti si rivela in modo diverso da come te lo aspettavi». Senza negare l’immagine («L’ascolto aiuta a ritornare al visivo con maggiore consapevolezza e sensibilità percettiva»), Docusound vuole includere i non vedenti, «milioni di persone nel mondo tagliate fuori dalla comunicazione visiva». Ma non chiamatelo laboratorio per disabili: «I nostri corsi sono aperti a tutti – spiega la produttrice Fabrizia Galvagno –. I racconti (on line su Docusound.it) sono realizzati per il 50% da vedenti e per il 50% da non vedenti. Si tratta di un progetto accessibile in cui i non vedenti, che hanno una particolare propensione all’ascolto, possono insegnare molto agli altri». La formula è semplice: munire di microfono chi non vede e registrare il risultato, quasi sempre straordinario perché «qualsiasi storia può essere raccontata dal punto di vista del suono». Ed ecco l’audio-ritratto Vito, maestro di musica e di rumore, di Michele Foresti; Giocoliamo, di Elena Lazzari, sull’arte di strada; La scala dei colori (cosa succede quando 50 famiglie di un palazzo devono decidere quale colore dare alla facciata?), resoconto dettagliato, di Sandro Lecca; La gare d’Italie, di Francesca Lopresti, e Seble di Ilaria Sesana. Dalla Lombardia alla Toscana: i corsi sono al vaglio dell’Uic di Firenze, che dovrebbe avviarli in collaborazione con Views Italia, associazione impegnata a creare ponti tra giovani non vedenti e ipovedenti d’Europa e oltre. Ma Docusound è anche un workshop di approfondimento per professionisti: dopo Bologna, è partita ai primi di maggio un’edizione a Roma e se ne terrà un’altra a Bari prima dell’estate. Inoltre il percorso di formazione continua anche a distanza, in maniera virtuale, tramite una piattaforma wiki. [Elisabetta Proietti] 30 mente pensiamo anche come gli esseri umani normali: in fondo non siamo così diversi», rivela. E racconta il segreto del suo successo nella vita: «Il comportamento degli animali era il campo giusto per me, perché potevo compensare la mia inadeguatezza sociale». Oltre 300 gli articoli scientiemple Grandin insegna zo- fici scritti da Grandin, che tiene ologia alla Colorado Sta- in giro per il mondo 25 conferente University. Parlare con gli ze all’anno sull’autismo e 35 sul animali, a cui dedica anche le pagine scritte con il supporto di Catherine Johnson, è il sottotitolo di questo volume sorprendente, a cui accostarsi in punta di piedi e senza pregiudizi. «... tutti gli animali ci rendono umani» (nelle citazioni, i corsivi sono dell’autrice). Convinzioni di una 65enne con oltre quattro decenni d’esperienza nel settore. E un deficit diventato il suo potenziale: l’autismo. La sua storia è stata raccontata da Oliver Sacks nel 1995; dieci anni dopo, è uscito negli Stati Uniti La macchina degli abbracci. Un corposo volume in cui Temple argomenta le sue teorie sul rapporto tra gli uomini e gli animali, con una pre- trattamento degli animali. Con messa: la sua vicenda personale. risultati impressionanti: «Metà Diciottenne, con problemi di dei capi di bestiame allevati negli relazione e comunicazione, Tem- Stati Uniti e in Canada viene maple aveva visto le mucche diven- cellata all’interno di sistemi protare mansuete dentro la gabbia di gettati da me in modo da ridurre contenimento usata dal veterina- al minimo le loro sofferenze». rio per visitarle. Intuendo che un Per la professoressa, il «differencongegno di quel tipo avrebbe po- te funzionamento» del suo cerveltuto calmarla, si costruì una sua lo è una chance che le fa scrivere. personalissima macchina per gli «Gli animali hanno talenti parabbracci: due assi di compensato ticolari che gli esseri umani non che si stringevano dolcemente ai hanno, proprio come le persone lati di una panca. Un’invenzione autistiche hanno talenti che gli curiosa, che le fa intravvedere un individui normali non hanno». futuro grazie al suo rapporto spe- Affermazioni spiazzanti e crude, lontane anni luce da un apciale con cavalli, mucche, cani. «Noi autistici riusciamo a pen- proccio buonista alla disabilità. sare come gli animali. Natural- [Laura Badaracchi] LIBRI Abbracci non umani più rassicuranti delle parole Temple Grandin con Catherine Johnson, La macchina degli abbracci Adelphi 2012 pagine 430, euro 14,00 T 31 Il regista Mick Jackson ha scelto il sottotitolo Una donna straordinaria per il film-tv sulla Rain man al femminile, prodotto nel 2010 da Hbo e trasmesso in Italia da Sky Cinema 1. Pluripremiato, il bio-pic evidenzia anche il ruolo cruciale della famiglia Grandin, la sensibilità dei suoi insegnanti, l’apertura mentale di chi le ha offerto un lavoro. E della sua mente atipica, che ha vinto. Nella foto, Temple Grandin sulla copertina dell’edizione precedente del volume di Adelphi, che risale al 2007. CULTURA LIBRI Dalla Corea, un romanzo alla scoperta della madre Il 35° volume della “Bibliografia italiana sui disturbi dell’udito, della vista e del linguaggio”, edizione 2012, contiene centinaia di voci di articoli pubblicati su riviste specializzate. Inoltre è corredato di un indice per parolechiave, di un elenco delle principali riviste, associazioni e siti web sui problemi pedagogici connessi alla disabilità. Fondata, ideata e curata da Salvatore Lagati, responsabile del Servizio di consulenza pedagogica di Trento, la rassegna si può richiedere gratuitamente (così come le edizioni del decennio precedente) scrivendo a [email protected]. [L.B.] F ino al giorno in cui scompare nella metropolitana di Seul, inghiottita da una folla oceanica, Park So-nyo è stata sempre una madre e moglie ideale: ha alle spalle una vita di lavoro e sacrificio, ha saputo far fronte alle intemperanze del marito e, soprattutto, è riuscita a tirare su cinque figli, garantendo loro la possibilità di studiare e di costruirsi un avvenire migliore. Ma negli ultimi tempi nessuno sembrava essersi veramente accorto che So-nyo non fosse più la stessa. Appariva come intontita e le capitava di non ricordare nulla. A volte rimaneva seduta sul ciglio di una strada che conosceva bene, senza riuscire a tornare a casa. Oppure fissava una pentola che usava da cinquant’anni con un’espressione stupefatta. Nessuno si era reso conto che, con l’avanzare dell’età, le sue facoltà mentali non erano più quelle di una volta. E che una malattia, mai nominata apertamente, si era lentamente fatta strada nel suo corpo e nel suo spirito così allenato a combattere le avversità. Eppure, Prenditi cura di lei della coreana Kyung-Sook Shin (Neri Pozza editore) non è un racconto sulla vecchiaia e sulla malattia. È piuttosto un romanzo sulla maternità vista con gli occhi di chi (figli o marito) quel modo di vivere, negando il proprio essere, lo ha dato sempre per scontato. E che, a 32 Kyung-Sook Shin Prenditi cura di lei Neri Pozza 2011 pagine 219, euro 16,50 un certo punto, riscopre la donna celata sotto i panni della madre. Una volta scomparsa, infatti, So-nyo cessa di essere semplicemente “mamma”, ovvero quella che rigoverna la casa mentre gli altri discutono a tavola, che si reca a trovare i figli in città con le tasche rigonfie di frutti e ortaggi della campagna e che chiede loro, incessantemente, di non viaggiare in aereo. I suoi gesti assumono una nuova luce, le sue parole un nuovo profondo significato. Non c’è più nulla di ovvio nella sua vita, che così bene si accorda col ritmo delle stagioni. E il mistero dell’essere donna e dell’essere madre appare ora sotto gli occhi di tutti. Un romanzo delizioso, che si legge d’un fiato. [Antonella Patete] LIBRI Un giallo avvincente (con qualche pregiudizio) S Luigi Carletti Prigione con piscina Mondadori 2012 pagine 220, euro 17,00 eduto sulla sua sedia a rotelle, scortato dall’indispensabile Isidro, infaticabile e onnipresente maggiordomo peruviano, Filippo Ermini trascorre la sua vita a bordo di una piscina incastonata tra i viali alberati di Villa Magnolia, un esclusivo e appartato complesso condominiale situato nel cuore di Roma. La sua vita non è più la stessa da quando, nel mezzo dei suoi trent’anni, è stato investito in moto da un pirata della strada, che lo ha lasciato a terra fuggendo via. L’incidente lo mette di fronte alla scommessa di una nuova esistenza, che Filippo mostra solo apparentemente di accettare. Sotto le buone maniere e la consolidata abitudine a non lasciar trasparire i propri sentimenti, il trentottenne professore universitario esperto di new media medita, in realtà, una soluzione definitiva. Allenandosi ogni giorno con costanza per realizzare il suo proposito. Procede a ritmo lento per esplodere solo nel finale Prigione con piscina (uscito anche in Francia, per l’editrice Liana Levi, con il titolo Prison avec piscine), l’ultimo romanzo che Luigi Carletti, giornalista e scrittore, ha pubblicato per Mondadori. La vita a bordo piscina trascorre noisamente placida e sempre uguale, fino a quando a sparigliare le carte non arriverà Rudi De Rysky, nuovo e misterioso inquilino di Villa Magnolia che, con i suoi modi da criminale gentiluomo, cerca di scuotere Filippo dalla situazione di perfetto stallo in cui lo ha precipitato il triste evento che lo ha reso disabile. Colto, raffinato, amante delle donne e del vino, Rudi non è però un personaggio qualsiasi: si tratta di un prigioniero sotto copertura, protetto dallo Stato italiano per assicurare la cattura di Genko Tre Colpi, pericoloso criminale pluripregiudicato. E la sua presenza a Villa Magnolia cambierà il corso della vita di quanti, come Filippo Ermini, vengono in contatto con lui, aiutando ciascuno a ricongiungersi col proprio destino. Fallito il suo insano proposito, grazie all’intervento del criminale De Rysky, Filippo riuscirà infatti a rompere la campana di cristallo che lo avvolge dal giorno dell’incidente e, forse, anche da prima. Ed è un uomo più maturo e consapevole quello che si affaccia nelle ultime pagine del libro. Una nota, però, colpisce il lettore attento ai risvolti psicologici e sociali determinati da una condizione di disabilità: Filippo ha rinunciato a vivere e il simbolo di questa rinuncia diventa proprio la sedia a rotelle a cui il giovane professore rimane “attaccato”, rifiutando un paio di eleganti e iper-tecnologiche stampelle. Che compariranno solo sul finale, a dimostrare che la sua vita è ripartita. Eppure, almeno in alcuni casi, la sedia a ruote avrebbe potuto garantirgli un procedere più spedito. Ma per l’autore è metafora di rassegnazione e di rinuncia. Quando si dice la forza dello stigma. [A.P.] FILM Le rughe della mente raccontate con dolce ironia È stato in lizza con altri 18 titoli, nel gennaio scorso, per entrare nella cinquina finale delle nomination agli Oscar 2012, nella categoria “miglior film di animazione”. Ma Arrugas ha comunque portato a casa da Barcellona due Premi Goya (come miglior film di animazione e miglior adattamento) e da Lione il Premio Cartoon movie come miglior produzione europea. Tratto da Rughe (graphic novel dello spagnolo Paco Roca, vincitore come miglior opera lunga al “Lucca Comics and Games” 2008) e prodotto da Perro verde Films, 33 il lungometraggio animato è di diretto da Ignacio Ferrares e racconta la storia di Emilio, anziano direttore di banca in pensione affetto dal morbo di Alzheimer. Ricoverato in una casa di riposo, cerca di mantenere i ricordi. La mancanza di memoria – dai gesti più semplici, come il saper mangiare o il vestirsi –, di lucidità e contatto con la realtà, il disagio dei familiari e dei pazienti nei confronti della malattia, sono descritti con ironia ed emozione da Roca, che ha visitato diverse cliniche per anziani prima di scrivere il libro. L’adattamento per lo schermo, proiettato in anteprima italiana al cinema Farnese di Roma il 6 e il 9 maggio, scaturisce da un autentico best-seller: tradotto in Italia da Tunué, in Spagna ha venduto 50mila copie, ma è uscito anche in Francia, Olanda, Finlandia, Germania e Giappone, facendo incetta di critiche positive e riconoscimenti internazionali. Presentato dall’Associazione familiari Alzheimer Pordenone, il volume ha ispirato anche lo spettacolo Non ti ricordo, che Afap onlus e la compagnia Proscenium hanno messo in scena in diversi teatri della provincia friulana, replicandolo a richiesta. [L.B.] CULTURA IL CASO Incontro tra “diversi”, ma nel libro c’è più malinconia I ga in una dimensione di depressa irrecuperabilità, ma diventa “reazione”, “scontro”, “recupero”. In breve: ritorno alla vita. Il “vero” Philippe non è segnato solo dalla terribile disabilità che lo vede paralizzato, dal collo in giù, su una sedia a rotelle, ma è anche distrutto nell’anima dalla morte, per una rara forma tumorale, dell’amatissima moglie Béatrice. E la sua condizione di va François Truffaut, vestendo i panni del regista Ferrand nel meraviglioso Effetto notte –. I film vanno avanti come i treni nella notte». Una metafora che vale benissimo per Quasi amici, dove rispetto alle pagine di Pozzo di Borgo prevalgono – dietro le battute “politicamente scorrette” di Driss – una tenerezza e un sentimentalismo amorevoli (seppure controllati). n una pagina del libro, cita- David di Donatello per Quasi amici. ta anche nella quarta di coPremiata dal pertina, viene descritto come pubblico italiano «insopportabile, vanitoso, orgocon oltre 14 glioso, brutale, superficiale, uma- milioni di incassi, la pellicola no». E in un altro passaggio la sua francese filosofia di vita è riassunta in una ha ricevuto formula cruda: «Va tutto in merla statuetta da. La morte è una fatalità, e il recome “Miglior sto è solo commedia». film dell’Unione Europea”. In quanti riconoscono in questi tratti il simpatico, vitale, irresisti- Un riconoscimento significativo bile Driss del film Quasi amici di per la tradizione Olivier Nakache ed Éric Toledano, d’Oltralpe il giovane delinquente di origine della commedia senegalese che viene assunto cointelligente. me badante personale di Philippe, ricco e colto aristocratico divenuIl diavolo custode – come la vita “handicappato” viene raccontata to paraplegico dopo un incidente senza fronzoli né orpelli in tutto vera – procede, invece, per intopdi parapendio? il suo dramma quotidiano, fatto pi, lacrime, inquietudini e anche Già questi brevi riferimendi difficoltà respiratorie e piaghe incomprensioni. Ma il significati fanno cogliere lo scarto che seda decubito: aspetti che, sul gran- to ultimo non cambia: quello di para la pellicola dal libro da cui è de schermo, sono appena merito- due uomini diversissimi tra lostata tratta, Il diavolo custode, la ro, eppure capaci di costruire un ri di un accenno velato. storia autobiografica di Philippe – Analogamente, il badante Ab- rapporto sulla base del reciproco il cui cognome è Pozzo di Borgo, del (nella realtà, di radici algerine) rispetto della propria condiziofiglio del quinto duca del nobile è l’espressione di una vita all’in- ne di “diversi” – la persona dicasato d’Oltralpe –, edita in Italia segna dell’umiliazione sociale e sabile e il disadattato sociale di da Ponte alle Grazie (208 pagine, di una lotta di classe che lo hanno origine straniera – e, soprattut13,90 euro). Una storia completareso rancoroso e violento nei con- to, in cui l’handicap è consideramente avulsa dal tono favolistico, fronti della società, grossolano, to una barriera sociale piuttosto e spesso umoristico, della sua tramaschilista, manesco e assai me- che architettonica. Un pregiudizio sposizione in celluloide e, al conno fascinoso del personaggio in- sciocco che, tuttavia, a differenza trario, profondamente intrisa di carnato dal bravissimo Omar Sy. di un muro di mattoni, può essedolore. Un dolore – e questo è il «Non ci sono intoppi nei film, re compreso, superato e sconfitto. principale tratto comune con il non ci sono rallentamenti – dice- [Luca Saitta] film – che, tuttavia, non naufra- 34 Lo spettacolo che andrà in scena il prossimo 19 giugno al Teatro delle Muse di Roma prevede una dosata alternanza tra musica e silenzio. E quando le note si spengono, arriva la calma o la danza muta delineata dalla Lingua italiana dei segni. Il tutto a disegnare un’atmosfera sospesa, di sogno appunto. «L’idea arriva al termine di una riflessione su quanto gli esa musica per ricordare che la seri umani abbiano perso la loro vita è anche armonia, il silenzio per richiamare la quiete che vince la fretta e aiuta a ritrovare il gusto di scoprire le mille e diverse espressioni dell’esistenza. Nasce da una critica ai ritmi frenetici che stravolgono l’azione quotidiana, e dalla nostalgia di un’umanità capace di recuperare il giusto passo, il nuovo spettacolo del laboratorio di movimento creativo, condotto dalla psicologa e danza-terapeuta Sara Di Michele all’interno del Kairos Teatro di Roma. «Lo spettacolo si intitola Sogno umanità – sottolinea Di Michele e rappresenta il momento conclu- –. In costante corsa contro il temsivo di un laboratorio che portia- po, diventa sempre più difficile mo avanti dallo scorso ottobre essere pazienti, aperti e disponi– precisa la psicologa –. Si tratta bili nei confronti degli altri. Ed è di una forma di espressione molto proprio questa fretta a impedire libera, che parte dall’ispirazione e la realizzazione di un vero incondalla volontà della persona, non tro con l’altro». Il messaggio, insomma, è queldalle indicazioni dell’insegnante». Il corso nasce dall’incontro lo di rallentare il passo e concedi un gruppo composto da perso- dersi il giusto spazio per i rapporti ne udenti e non udenti, che hanno umani. «Spesso la chiusura, l’indeciso di dare vita a un percorso capacità di relazione e l’insoffesperimentale di teatro integra- renza verso l’altro non nascono to. «Abbiamo inziato alla fine del da veri pregiudizi, ma dal non ri2009 e attualmente siamo in die- uscire a soffermarsi su quanto ci ci in tutto – prosegue –, tra cui tre circonda a causa della mancanpersone sorde e un interprete Lis. za di tempo». E invece basterebMa la nostra ambizione è quella di be soltanto concedersi il lusso di trasformare il laboratorio in una una vita slow per superare le barcompagnia stabile, che riesca a la- riere che ci dividono gli uni dagli altri. [A.P.] vorare con continuità». TEATRO Giorni rubati: in scena gli infortuni sul lavoro. Una sera di novembre del 2006, il 37enne Giammarco Mereu rimane schiacciato sotto un cancello di 600 chili, che gli spezza la schiena togliendogli per sempre la possibilità di camminare. Lavorava nella zona industriale di Tortolì, dove gli operai sono costretti a orari massacranti per la costruzione del nuovo molo di Arbatax. «Era martedì e già pensavo a quello che avrei fatto la domenica. Quella domenica non è mai arrivata e non arriverà mai più». Da questa tragica vicenda personale prende le mosse lo spettacolo teatrale Giorni rubati, realizzato dalla compagnia Rossolevante, con il contributo dell’Inail di La Spezia. Una storia, quella di Giammarco, comune a quei lavoratori «che vedono, in un attimo, la loro vita stravolta a causa di un infortunio – sottolinea Carmelo Faliti, direttore della sede Inail di La Spezia –. Ma è anche la testimonianza di un uomo che affronta la sua disabilità con tutta l’energia possibile, che non rinuncia agli affetti, alle amicizie. Che vuole rimanere, innanzitutto, al centro del palcoscenico della propria vita». Per informazioni: Rossolevante.it. [A.P.] Il sogno di una vita “slow” contro le barriere della mente L 35 RUBRICHE Inail... per saperne di più Rosanna Giovèdi Tutela globale e integrata con il Regolamento protesico Fornitura di protesi e reinserimento degli infortunati nella vita di relazione: le novità nel testo aggiornato. Tra gli obiettivi, il sostegno alla rete dei servizi locali per un reinserimento efficace I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg I n sede di predisposizione del nuovo testo del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione”, si sono tenuti in debita considerazione gli indirizzi programmatici in materia di interventi di fornitura di protesi e di reinserimento sociale degli infortunati. In particolare, nella “Relazione programmatica 2011-2013”, in relazione al reinserimento sociale e lavorativo, sono stati individuati tra gli obiettivi attuativi delle “Linee di mandato strategico 2009–2012” il passaggio a un assetto consolidato dell’attività di reinserimento, nonché la creazione di una rete che, attraverso la collaborazione con le istituzioni e altri soggetti operanti sul territorio, renda possibile la completa ed efficace erogazione dei servizi dello stesso reinserimento. I contenuti del Regolamento, inoltre, sono stati aggiornati tenendo in considerazione la profonda evoluzione culturale rispetto ai temi della disabilità che, da ultimo, si è concretizzata nell’elaborazione del sistema di Classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (Icf), adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel 2001. L’Icf, infatti, ha dato una nuova connotazione al concetto di riabilitazione, non più inteso unicamente nell’accezione di recupero funzionale, ma con un significato che comprende la riappropriazione da parte della persona divenuta disabile della capacità di autodeterminazione e del proprio ruolo nel contesto familiare, socio-ambientale e lavorativo. Con il nuovo Titolo IV “Interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione”, si sottolinea una metodologia di intervento basata su una visione complessiva della persona, che tiene conto delle lesioni funzionali dell’infortunato o tecnopatico e delle sue esigenze, ai fini del superamento degli ostacoli e delle barriere che ne limitano l’azione e la partecipazione all’ambiente di vita. Tale metodologia interviene non solo con azioni di adattamento della persona all’ambiente, mediante l’erogazione dei dispositivi tecnici, ma anche con interventi diretti a rimuovere gli ostacoli nel contesto familiare e socio-ambientale che impediscono l’autonomia della persona nelle attività di vita quotidiana e nelle relazioni. 36 Il Titolo IV introduce la possibilità di elaborare progetti in ambito riabilitativo-sociale destinati al lavoratore infortunato o tecnopatico e al suo contesto di vita e volti, secondo la prospettiva del modello Icf, all’eliminazione dei vincoli e degli ostacoli ambientali, culturali e sociali che limitano l’autonomia del lavoratore e gli impediscono la ripresa dei ruoli sociali svolti prima dell’infortunio, nonché all’introduzione di specifici elementi di facilitazione che possano ampliare le opportunità di reinserimento nel contesto di vita. Ne consegue che gli interventi di assistenza protesica e di sostegno al reinserimento nella vita di relazione devono essere definiti in modo sinergico e complementare all’interno di un progetto riabilitativo individualizzato, per fornire all’infortunato sul lavoro o tecnopatico un sistema di interventi e prestazioni che gli permetta di raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale e sociale. I potenziali destinatari degli interventi del Titolo IV sono gli infortunati o tecnopatici con postumi stabilizzati (compresi gli assistiti ex Ipsema) e ancora in inabilità temporanea assoluta, per i quali si renda necessaria una «presa in carico tempestiva», tenuto conto del quadro diagnostico conseguente all’evento infortunistico, al fine di un più efficace reinserimento nell’ambiente di vita e di lavoro; i familiari del lavoratore infortunato o tecnopatico, nonché i familiari superstiti dei lavoratori deceduti per cause lavorative, con l’obiettivo di sostenere a livello psicologico e sociale anche la famiglia del lavoratore direttamente colpita dall’evento infortunistico, che si trova ad affrontare nuove situazioni: la disabilità o la morte del familiare lavoratore. RUBRICHE Viaggi e tempo libero Francesca Tulli Vacanze per tutti i gusti: consigli di viaggio glutine, per esempio, trovano risposte attraverso il progetto “Alimentazione fuori casa”, promosso dall’Associazione italiana celiachia. Quanti invece devono essere seguiti da sedute di diaWeek-end fuori porta, progetti per l’estate, gite in campagna lisi anche in vacanza, possono contare sul programma “Dialisi Vacanze”, e passeggiate: prima di avventurarsi, però, meglio promosso dalla Società italiana nefroinformarsi su accessibilità e accoglienza logia o anche dall’organizzazione Holiday Dialysis International, che offre a primavera è l’occasione per organizzare i primi week-end “fuori porta”, un servizio di prenotazione gratuita ma è anche il periodo migliore per pianificare le vacanze estive con le do- di sedute dialitiche presso centri sparvute attenzioni, ovvero informazioni utili e sufficienti a non incorrere in si in tutto il mondo. brutte sorprese. Orientarsi verso strutture di comune circuito ricettivo, al mare o in montagna, o ancora nelle città d’arte, per il turista con esigenze speAccanto al comune circuito tucifiche significa valutare in prima istanza le condizioni di ristico, in ambito ricettivo, si collocaaccessibilità delle strutture ospitanno anche quelle fattorie sociali, quelle ti e/o la presenza o meno dei servicase per ferie/case vacanze e similazi indispensabili e necessari. Chi ha ri, caratterizzate da un buon livello di difficoltà motorie, sensoriali o intelletaccessibilità degli spazi, dalla capacitive, deve in sostanza riuscire ad avetà di offrire più sistemazioni adeguate re un’idea complessiva della fruibilità ai clienti con disabilità e dal proporre dei diversi ambienti in cui andrà ad servizi ad hoc. Queste strutture divenalloggiare, ma anche un’informaziotano spesso meta di gruppi turistici ne puntuale sulla presenorganizzati e omogenei nelle esigenze za di tutti quegli elementi specifiche: associazioni, cooperative che vengano incontro aled enti spesso riescono tramite quele sue esigenze specifiche. ste strutture a coniugare turismo e diDiventa quindi strategico sabilità. porre le domande giuste alInfine, si segnalano le cosiddette le strutture di destinazione, o “vacanze assistite”. Rimane infatti di sapere a chi rivolgersi per ricevere ampia rilevanza la domanda e l’offersegnalazioni utili. ta di questo tipo di vacanza, ossia una tipologia di soggiorno particolarmente adatta alla persona con gravi disaNegli ultimi anni si sobilità che non vuole però rinunciare no ampliate le fonti informative alla propria autonomia. Pur dovendo per l’utenza con esigenze speciLombardia, Città per tutti per Vene- contare sul supporto costante e prefiche: dal back office di SuperAbile – che effettua ricerche mirate avva- zia e zone limitrofe. Ci sono poi siti parato di un assistente alla persona, lendosi di questionari di rilevazione internet d’informazione, quali village- la vacanza assistita permette comuntelefonica e fornisce attraverso il suo forall.net, diversamenteagibile.it, turi- que una generale auto-organizzazione call center informazioni a 360 gradi smosenzabarriere.it, ma anche diversi del tempo libero. Chi preferisce de– agli sportelli informativi sul terri- progetti nati per offrire risposte per- mandare l’organizzazione del viaggio torio dedicati alle persone con disabi- sonalizzate. È il caso, per esempio, di ad agenzie e/o cooperative sociali, imlità. Gli esempi, in questo ultimo caso, quei turisti che hanno come esigenze pegnate nel settore del turismo accessono molti: Terre di Mare per la Ligu- specifiche quelle di particolari intolle- sibile, può navigare sul portale www. ria, AssoinViaggio per l’Emilia Roma- ranze o allergie o quelle di trattamenti superabile.it, in particolare sul canale gna, Sportello disabili della Regione sanitari: quanti hanno problemi con il tematico “Viaggi e tempo libero”. L 37 RUBRICHE Ausili Giorgia Di Cristofaro Wheelmap.org: l’accessibilità segnalata dagli utenti Realizzato da un’azienda tedesca, il sito si avvicina in termini progettuali a GoogleMap e permette di inserire informazioni sull’accessibilità a luoghi pubblici e privati. Utile per chi vive su sedia a ruote. E facile da usare S egnalare le barriere architettoniche, ma anche mettere in luce l’accessibilità di luoghi pubblici e privati. Il tutto attraverso le moderne tecnologie informatiche a disposizione di utenti con disabilità e cittadini. La novità si chiama Wheelmap.org, un portale dove, grazie a una semplice registrazione gratuita, è possibile per chiunque inserire informazioni utili sulla presenza o meno di barriere architettoniche, renderle pubbliche e fruibili da chiunque Ma come funziona? Andando ne abbia bisogno e facilitare la qualità sulla home page, ci si registra gratuidella vita delle persone con disabilità tamente e si inseriscono i dati sull’acfisica che si muovono su sedia a ruote. cessibilità secondo i tre colori indicati: Prodotto e progettato in Germa- verde, se l’ingresso non ha un gradinia dall’impresa sociale “Sozialhelden no più alto di 7 centie.V.”, è ancora poco conosciuto in Itametri, se tutte le lia, ma molto facile da usare. Infatti località senza Wheelmap è un progetto di “Heroes eccezioni sono sociali”, gruppo di giovani che dal raggiungibili 2004 si dedica all’innovazione su sedia a ruotecnologica a scopo sociale. te, se un ba- 38 gno è accessibile; giallo, se l’ingresso non ha un gradino più alto di 7 centimetri e le località più importanti sono raggiungibili su sedia a ruote; rosso, se l’ingresso ha un gradino più alto di 7 centimetri e le località più importanti non sono raggiungibili. Resta in grigio tutto quello che è sconosciuto in termini di accessibilità. Un “sistema semaforo”, per intendersi, che – giocando sulla strategia di GoogleMap – permette di segnalare accessibilità in tutte le zone del mondo. Musei, ristoranti, edifici pubblici e privati, palestre, scuole, città: tutto diventa conoscibile e mappabile. E questo aiuta chi, benché su sedia a ruote, non voglia rinunciare a una gita, a un servizio, a un momento di tempo libero. Ovviamente in autonomia e sicurezza. Pur disponibile nell’App Store e nell’Android Market con le proprie applicazioni, presente sia in Twitter che in Facebook (dove conta quasi 2mila “fan”), questo strumento dalle grandi potenzialità è disponibile anche in italiano. La scheda di inserimento dati, dal 2010 a oggi, ha permesso di raccogliere informazioni su oltre 200mila caffè, librerie, piscine e altri luoghi pubblici ad alta densità di frequentazione. Ogni giorno, poi, sono quasi 200 le segnalazioni che vengono inserite in modo autonomo dagli utenti. Wheelmap è ora fruibile – oltre che in tedesco – in danese, greco, inglese, spagnolo, francese, islandese, italiano, giapponese, svedese, turco, coreano e persino klingon, lingua ideata da Marc Okrand per la Paramount Pictures e parlata dall’omonima razza aliena nelle serie tv e nei film di Star Trek. La progettazione prevede comunque l’inserimento di nuovi idiomi. Ulteriori informazioni su Sozialhelden. de o navigando su Wheelmap.org. L’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Lavoro La computabilità di un soggetto normodotato divenuto disabile, al fine della copertura della quota d’obbligo prevista dalla legge 68/99, deve prevedere assolutamente un rapporto di lavoro già costituito a tempo indeterminato? Oppure si può computare anche un soggetto assunto a tempo determinato? I l computo nella quota di riserva del lavoratore dipendente, divenuto disabile successivamente all’instaurazione del rapporto di lavoro, è possibile nel caso in cui sia stata riconosciuta una invalidità civile pari o superiore al 60%. La normativa per il diritto al lavoro delle persone con disabilità prevede che il datore di lavoro (pubblico o privato) possa chiedere che venga computato nella quota di riserva il lavoratore dipendente divenuto disabile, successivamente all’instaurazione del rapporto di lavoro in due casi: lavoratore divenuto disabile in costanza di rapporto di lavoro, in conseguenza di infortunio o malattia con riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60% e che non sia stata determinata da violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene del la- voro da parte dello stesso datore di lavoro; lavoratore divenuto disabile in costanza di rapporto di lavoro per infortunio sul lavoro o malattia professionale con un grado di invalidità pari almeno al 34%, non causata da violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro da parte dello stesso datore di lavoro. La richiesta va inoltrata dal datore di lavoro ai Servizi per l’Impiego provinciali competenti. Sono esclusi dalla base di computo lavoratori assunti con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi. Per i datori di lavoro pubblici o privati che svolgono attività di carattere stagionale, il periodo di nove mesi si calcola sulla base delle corrispondenti giornate lavorative effettivamente prestate nell’arco dell’anno solare, anche non continuative. Parcheggi riservati Munito di contrassegno di invalidità, ho parcheggiato l’auto nel posto riservato a tale scopo. Al mio ritorno, una settimana più tardi, ho avuto la sgraditissima sorpresa di scoprire che l’auto era stata rimossa e portata in un deposito a dieci chilometri di distanza. Ho dovuto pagare 221 euro per il deposito e 20 euro di tassametro. Evidentemente mi arriverà anche il verbale con la multa da pagare. Il custode del parcheggio mi ha detto che la mia automobile era stata rimossa perché il contrassegno di invalidità era scaduto da poco più di un mese. Il poliziotto ha rispettato la legge o posso cercare di rivalermi? A bbiamo interpellato Anglat, associazione impegnata a livello nazionale sui temi della guida e trasporto di persone con disabilità: ci ha confermato che i benefici connessi al possesso del contrassegno parcheggio invalidi vengono meno nel momento in cui il documento risulti scaduto. Per tale ragione, da parte sua è dovuto il pagamento delle spese di deposito ed eventualmente della contravvenzione rilevata. Nulla toglie che è un suo diritto provare comunque a presentare ricorso al giudice di 39 pace, dopo aver provveduto al rinnovo del contrassegno in argomento presso l’Ufficio competente del suo Comune. Ricordiamo, infine, che l’autovettura al servizio delle persone invalide gode delle facilitazioni riservate a questa fascia di utenza, sempre che il veicolo non costituisca, ai sensi del Codice delle strada, intralcio al traffico, oppure situazione di pericolo per la circolazione e per il passaggio dei pedoni. PINZILLACCHERE IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carla Chiaramoni L’Alipinta Strada Provinciale 90 Valledoria-Badesi, bivio La Tozza (OT) 079.684762 - 079.684747 In cucina Maria e Giuseppe Chiusura da ottobre a maggio Coperti 60 Locale accessibile Prezzo menù fisso a 12 euro (bevande escluse) S e siete consumatori consapevoli o amanti nostalgici della stagionalità, “L’Alipinta” non vi deluderà. La cucina è semplice e genuina, guarda alla tradizione regionale e utilizza materie prime locali, fornite dalle cooperative sociali del territorio. Inoltre gran parte dei prodotti utilizzati in cucina cresce e matura proprio nell’orto di questa struttura, che può contare su un ettaro di terreno tra giardino per gli ospiti e area coltivata. È proprio nell’orto che lavorano persone con disabilità psicosensoriale: una scelta a chilometro zero che valorizza la filiera corta e crea qualità. “L’Alipinta” si trova a un chilometro dal mare, lungo la statale Sassari-Santa Teresa di Gallura, immerso nel verde, su un ampio prato attrezzato con un parco giochi per bambini. Ideale per le famiglie. Ristorante-pizzeria con griglieria e bar, gestito dal consorzio di cooperative sociali Andalas de Amistade, è nato con l’obiettivo di dare lavoro a persone con disagio mentale e sociale. Particolare attenzione a chi ha una disabilità motoria: locale totalmente accessibile, comodo parcheggio e oltre sette chilometri di piste percorribili su sedia a ruote. Il “benessere sociale” si sposa con quello ambientale: infatti la struttura è anche ecocompatibile, con impianto fotovoltaico e riciclaggio delle acque. A pranzo è disponibile esclusivamente l’open bar, per un’offerta veloce rivolta a chi lavora o si sposta verso il mare. La sera: servizio di ristorazione e pizzeria. Il menù è fisso, ma ogni giorno potrete trovare una specialità o un piatto tipico legati alla stagionalità e alla reperibilità delle materie prime. Tra le proposte: spiedini di agnello in agliata, pescatrice alla catalana, ostriche di allevamenti locali, fregola con frutti di mare, malloreddus alla sarda, oltre a pesce fresco fritto, alla griglia o al cartoccio. Tra i dolci, da non perdere sebadas con miele. Pizzeria aperta tutte le sere e griglieria all’aperto due o tre volte la settimana. Casa dolce casa Cucine accessibili in tutto, anche nel prezzo C ucine di qualità ad elevata accessibilità e a prezzo sostenibile. È la promessa della multinazionale svedese del mobile low cost, che da alcuni anni ha deciso di adattare gli arredi componibili da cucina alle esigenze delle persone con disabilità. «Tutto è nato dalla collaborazione con la Fondazione Alessio Tavecchio onlus di Monza – fanno sapere dall’azienda –. Abbiamo predisposto un sistema di autoprogettazione assistita da coworker specializzati, che permette di creare cucine su misura adattabili alle diverse esigenze e agli spazi disponibili». La progettazione Ikea è focalizzata sul superamento delle barriere sia verticali (altezza dei pensili, delle basi cucina e del piano di lavoro) che orizzontali (gli ostacoli che rendono difficoltosi gli spostamenti nello spazio). Per esemplificare concretamente, «i piani di lavoro posti a 80 centimetri da terra consentono di operare anche da seduti, gli spazi vuoti permettono di cucinare e lavare i piatti con comodità e le piastre a induzione, che trasmettono il calore direttamente sotto la pentola e si raffreddano in fretta quando questa viene tolta, scongiurano il rischio di scottarsi. Mentre gli elementi estraibili e scorrevoli, i cassetti a rete con visibilità dal basso e le maniglie trasformabili in appoggi contribuiscono a garantire piena libertà di movimento e autonomia alle persone con ridotte capacità motorie», assicura Ikea. I prezzi possono variare molto, a seconda delle diverse soluzioni e della grandezza degli spazi da arredare, ma restano comunque convenienti. Un esempio? Una cucina angolare di 4 metri per 3 costa circa 4.300 euro, elettrodomestici inclusi, tra cui un piano a induzione elettrica e un forno combinato a microonde. 40 LE PAROLE PER DIRLO di Franco Bomprezzi Falsi invalidi incredibile ma vero I quadri di Mele, dipinti con il corpo e con le mani I N on ne posso più. È entrato nell’uso comune. “Falsi invalidi”. Ovvero ladri, imbroglioni, furbi, millantatori, sanguisughe, parassiti, creature diaboliche che si annidano ovunque, che vivono in mezzo a noi cibandosi della nostra cialtroneria e incapacità di controllare. Ingrassano e si moltiplicano, ridono sgangheratamente, laidamente orgogliosi delle loro malefatte, ribaldi nemici dello Stato sociale, esecrabili e immondi, concentrati nel Meridione, ma diffusi anche nelle isole e in qualche sperduta Asl del Nord. Sono loro, finalmente, i nemici, i colpevoli di tutto, quelli che distruggono il bilancio dello Stato e ci avvicinano alla Grecia. Vivono sulle nostre spalle, di onesti cittadini che paghiamo le tasse fino all’ultimo centesimo, e banchettano ogni giorno, incuranti del bene comune. Non solo: parcheggiano a sbafo, percorrono le corsie preferenziali a tutta velocità. Vanno allo stadio gratis, e non paga neppure l’accompagnatore. Hanno l’Iva agevolata, comprano dei Suv giganteschi e parcheggiano sui marciapiedi, con il contrassegno in bella mostra. Usano il bastone bianco, tutti quanti, credendo che siamo fessi. Ma ormai non ci caschiamo più. Lo sappiamo bene che razza di manigoldi siano gli invalidi italiani. Mica solo quelli falsi, che si comincia così, ma in realtà il fenomeno è generale, cosmico. Non esistono più le “persone con disabilità”, ma solamente gli “invalidi”, ovviamente quasi sempre “falsi”. Io stesso ormai, quando mi guardo allo specchio, mi interrogo e mi dico: «Non sarai mica invalido tu, Franco, solo perché hai un po’ di ossa fragili e l’insufficienza respiratoria. In fin dei conti lavori, ti muovi, guidi: che cosa vuoi di più dalla vita? Sei un falso invalido, ecco cosa sei. Vergognati. Potevi inventarne un’altra di scusa per rimanere seduto in carrozzina tutta la vita. Uno scroccone, ecco cosa sei». Per la prima volta, tre mesi fa, le opere di Mele sono state esposte a Viareggio, la sua città. La mostra ha ricevuto grande attenzione da parte di critici e pubblico 41 suoi muscoli non ricevono sufficienti energie per funzionare, ma la sua mente è piena di colori: Emanuele, detto Mele, ha appena compiuto quattro anni: una grave patologia mitocondriale, incurabile e letale, rende il suo corpo ipotonico, «floscio come una bambola di pezza», dice la mamma, che insieme al papà fa di tutto per rendere serena e bella la vita di Mele e del suo fratellino, nato un anno prima di lui, sano e robusto. Nonostante le quotidiane crisi epilettiche, le carenze respiratorie e l’alimentazione nasogastrica, la vita di Mele sta diventando una vera opera d’arte, grazie ai quadri che, come per magia, escono dalle sue mani e da tutto il suo corpo. Il bambino «riesce a muovere volontariamente le mani e la testa – spiega ancora la mamma - ma non è in grado di trattenere a lungo un pennello: per questo glielo fisso con il nastro sanitario di carta». «L’idea di farlo dipingere è stata solo un caso. Avevamo preparato l’attività per suo fratello, ma abbiamo deciso di far provare anche lui». Così è iniziata questa esperienza di pittura «interattiva. Mele indica con movimenti delle mani, degli occhi e conferma con la voce che tela vuole, quale o quali colori vuole, quanto diluiti, se vuole usare un pennello e quale oppure dipingere con le mani. Poi con molta calma e pazienza spalma i colori, ne chiede altri, domanda che la tela venga girata e poi “dice” che ha finito. È un modo di comunicare: dipingendo, racconta qualcosa di sé e noi finalmente conosciamo qualcosa di lui». [C.L.] dulcis in fundo 42 Tutto è... SuperAbile! Clicca su SuperAbile, il Contact center integrato dell’Inail, che dal 2000 si dedica alla disabilità. SuperAbile è il più completo sistema di comunicazione al servizio degli infortunati sul lavoro e delle persone disabili. Un’esperienza unica in Italia e in Europa, che fornisce informazione quotidiana e consulenza attraverso il suo sito web e il suo Call center. Con un unico obiettivo: favorire la piena integrazione sociale, culturale e lavorativa. Scopri sul sito le ultime novità: “SuperAbile Magazine”, mensile disponibile su carta e on line social network, con spazi su Facebook, Flikr, Youtube e Twitter contenuti multimediali applicazioni per il mobile banche dati interattive e molto altro... www.superabile.it Manifesti delle campagne Inail, anni 2009-2012.