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Vi presento Tommy, mio figlio autistico
M ZIN A G A E Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma 3 marzo 2013 GIANLUCA NICOLETTI Vi presento Tommy, mio figlio autistico SPORT Wheelchair rugby, campionato da urlo PARI OPPORTUNITÀ Donna e disabile, doppia discriminazione EDITORIALE di Mario Carletti Direttore Centrale Riabilitazione e Protesi, Inail Il tornado Matilde non porta devastazioni T ravolge, trascina, scuote ma non fa danni, anzi costruisce. Mi permetto una confidenza perché conosco la professoressa Matilde Leonardi da anni. Non solo perché nota professionista e medico (lavora all’Istituto neurologico “Besta” di Milano), ma soprattutto perché ho avuto modo di collaborare con lei in più di una occasione e ne sono stato travolto. Ovviamente dal suo entusiasmo, dalla voglia di fare, dalla determinazione: solo lei poteva riuscire nella impresa non facile di coordinare, come presidente della Commissione tecnico-scientifica, gli incontri dell’Osservatorio nazionale sulla disabilità e sintetizzare, rendendoli ufficiali, i lavori delle diverse sottocommissioni. Abbiamo quindi in mano – per la prima volta in Italia – un programma d’azione sulla disabilità, come previsto dalla convenzione Onu. Tanta enfasi perché non è proprio scontato che i lavori delle Commissioni sfocino in documenti concreti. Il compito poi si complica se gli interlocutori, come in questo caso specifico, sono decine, a loro volta portatori di altre decine di istanze, in un gioco complesso che ricorda, per la moltiplicazione esplosiva, il chicco di riso sulla tavola della dama. Sette le aree tematiche individuate dall’Osservatorio, affrontate e sviscerate da sei gruppi di lavoro, tan- te le ambizioni ma anche molto chiari i punti di partenza. Innanzitutto, provare ad avere dati statistici reali e concreti dai quali trarre indicazioni utili per qualsiasi tipo di intervento. Senza numeri su cui basarsi nessuna proposta può essere presa in seria considerazione e, a oggi, l’Osservatorio ha preso atto che in Italia ci sono diverse fonti e molteplici numeri, ma non aggregati e raccolti in modo serio e omogeneo. Non manca poi l’approfondimento su temi cardine come il lavoro, la scuola, l’autonomia, l’accessibilità, la salute e il diritto alla vita. Insomma, siamo davanti a un Programma biennale che naturalmente dovrà passare al vaglio politico del Consiglio dei ministri per le valutazioni globali, di fattibilità e sostenibilità. Il cammino è lungo, ma iniziare con un passo fermo e sicuro è già molto importante. 3 Donne e disabili, otto marzo amaro Ostacoli nella vita personale, sul lavoro, nella rivendicazione del diritto alla salute. Se per una donna qualsiasi è già difficile, per una donna disabile il quotidiano può trasformarsi in un vero e proprio percorso a ostacoli. Questo mese SuperAbile Magazine riflette sul binomio donna e disabilità, interpellando esperte, esponenti delle associazioni e dirette interessate. Torna poi il tema dell’essere genitori, con un’intervista a Gianluca Nicoletti, noto conduttore radiofonico, che ha appena pubblicato un volume sulla sua esperienza di padre di un ragazzo autistico. E poi tante storie dall’Italia e non solo. A cominciare da una bella novità: l’esordio della Nazionale del wheelchair rugby, che ora punta a rappresentare il nostro Paese alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Poi, come di consueto, tanta cultura: scrittori, editori, registi che hanno compreso che la disabilità non è una dimensione-ghetto, ma un aspetto della vita che interessa tutti a prescindere dalla propria esperienza personale. E che può essere narrata in modi inediti. Non ci credete? Guardate gli scatti di Christian Rocher, un fotografo poco conosciuto in Italia ma autore di un lavoro molto interessante e singolare. NUMERO tre Marzo 2013 EDITORIALE 3 Il tornado Matilde non porta devastazioni di Mario Carletti ACCADE CHE... CRONACHE italiane CULTURA PINZILLACCHERE 20 La bellezza e l’audacia del web di Giovanni Augello 29 Il ragazzo che amava i cavalli di A.P. 32 Mister Eugenio: quando il rap è in Lis di M.T. 33 Voci nel buio, film e laboratorio di A.P. SPORT RUBRICHE 16 Con le mani in pasta, a sfidare il mercato di Sara Mannocci 18 Ecco perché ho smesso 7 PORTFOLIO L’INCHIESTA 8 Se questa è una donna (disabile) di Laura Badaracchi 11 Immagine e pubblicità: il modello impossibile di Antonella Patete 13 Avanti tutta. Anche di fronte a certe umiliazioni di Michela Trigari sotto la lente 5 Osservatorio nazionale disabilità: approvato il primo Programma d’azione Istat: 145mila alunni disabili e 65mila insegnanti di sostegno 28 Come Tommy divenne una star 38Il francobollo del mese di volare di Maurizio Molinari 24 Scende in campo l’Italia 34 Inail... per saperne di più del rugby di Stefano Caredda Menomazioni dell’apparato visivo 35 Senza barriere Casa per tutti. Il vademecum 36 Lavoro Impiegati di notte. Gli esoneri per la disabilità 37 L’esperto risponde Esami, Ausili Turismo 26 Viaggio in Europa. E senza sorprese di Giorgia Gay INSUPERABILI 14 Senza di te cosa sarei 39 40 41 41 Anche in Italia il valore è in Braille di Gian Piero Ventura Mazzuca Bambole “buone”. Oltre ogni limite di M.T. Il pranzo della domenica GusTop di Carla Chiaramoni Le parole per dirlo Assistente sessuale di Franco Bomprezzi Fatti una “skarrozzata”. Almeno per provare di M.T. Dulcis in fundo 42 Strissie - I pupassi di Adriana Farina e Massimiliano Filadoro Intervista a Gianluca Nicoletti di Chiara Ludovisi Superabile Magazine Anno II - numero tre, marzo 2013 Direttore: Mario Carletti In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Giovanni Augello, Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Giorgia Gay, Daniele Iacopini, Chiara Ludovisi, Sara Mannocci, Maurizio Molinari, Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Giorgia Di Cristofaro, Rosanna Giovèdi e Daniela Orlandi del Consorzio sociale Coin Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 Progetto grafico: Giulio Sansonetti 4 Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, a Contrasto (pagg. 3, 8-9, 12-13), Anmil (pagg. 4, 10-11), Pietro Sparaco e Uildm Bergamo (pag. 10), Giulia Macchia Vercesi (pagg. 14-15), Fondazione il Sole (pagg. 16-17), Vivek Gohil (pag. 18), Christian Rocher (pagg. 20-23), Diversamenteagibile.it (pag. 26), Unicef (pag. 31), Unitalsi (pag. 40), Enrico Ercolani (pag. 41). In copertina, una foto di Gianluca Nicoletti e del figlio Tommaso scattata da Fabrizio Intonti (Fabriziointonti.com) ACCADE CHE... welfare Osservatorio nazionale disabilità: approvato il primo Programma d’azione V arato, finalmente, il primo Programma d’azione italiano per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità. Ad approvarlo, il 12 febbraio scorso, l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. La notizia è arrivata circa tre mesi dopo l’invio, nel novembre 2012, del primo Rapporto italiano alle Nazioni Unite sulla implementazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità nel nostro Paese. Dal respiro biennale, il testo dovrà essere sottoposto all’esame del Consiglio dei ministri e al parere della Conferenza unificata, per poi essere adottato come decreto del presidente della Repubblica. «Un gran risultato perché non abbiamo proposto una politica per i disabili, ma una politica per l’Italia che sappia accogliere anche le persone con disabilità», ha commentato la presidente del comitato tecnicoscientifico dell’Osservatorio, Matilde Leonardi, dell’Istituto neurologico “Besta” di Milano. Precisando: «Abbiamo voluto mettere una pietra miliare. Era fondamentale fare il piano d’azione prima che cadesse il governo, perché chiunque venga dopo possa avere un piano d’azione biennale al quale attenersi». Sette le aree principali individuate dall’Osservatorio nel nuovo piano: dalla salute un parametro di riferimento, abbiamo solo un’idea di quanti disabili lavorino». Altra proposta condivisa: «Una profonda riforma del sistema di certificazione della disabilità. Quello attuale è un sistema percentualistico risarcitorio, che crea discrepanze e non sempre può offrire risposte ai bisogni delle persone». Oltre ai gruppi di al lavoro, dalla scuola agli lavoro su scuola, accessibilità, interventi nei progetti di vita indipendente, diritto cooperazione all’estero. Uno alla vita e salute, ce n’è uno dei primi obiettivi indicati dal collegato con il ministero degli programma è quello di avere Affari esteri: «Ci è sembrato cifre precise sulla disabilità giusto che la nostra modalità di in Italia. «Vogliamo provare a pensiero fosse trasferita anche mettere insieme tutte le fonti nelle azioni sulla disabilità fuori per rendere i dati amministrativi dall’Italia, mantenendo una anche statistici – ha spiegato linea nostrana all’approccio Leonardi –. Non sappiamo, da esprimere nel lavoro che per esempio, quale sia il il terzo settore svolge nella cooperazione internazionale». tasso di disoccupazione delle (immagine Fotolia) [G.A.] persone con disabilità. Senza Turismo Torna Gitando.all, dal 21 al 24 marzo a Vicenza U n nuovo padiglione dedicato al design for all e agli ausili per la vacanza, comprese le nuove tecnologie per la comunicazione e l’informazione al servizio del tempo libero. Torna Gitando.all, il Salone Pietro Barbieri è il nuovo portavoce del del turismo e dello sport accessibile, Forum nazionale del in programma alla Fiera di Vicenza Terzo Settore. Membro dal 21 al 24 marzo. Al suo interno del Coordinamento il Meeting internazionale del nazionale dal 2008, turismo accessibile, quest’anno in è presidente dal ‘96 collaborazione con la Commissione della Fish (Federazione europea e l’European network italiana per il superaaccessible tourism, e Buy Italy for mento dell’handicap). «Dobbiamo saper rappresentare la società civile in maniera non inerte davanti alla crisi. E la disabilità è collocata in questa proposta», ha dichiarato. all, una sorta di “borsa” dove le agenzie di viaggio, le associazioni e i tour operator stranieri possono comprare vacanze accessibili in Italia. Tra gli eventi, si segnalano il concorso “Libero accesso”, la mostra europea “Cities for all” e le aree esperienziali. Ma anche esibizioni sportive, un percorso a ostacoli in sedia a ruote, test drive per le persone disabili e il museo tattile Omero. Entrata libera. Per informazioni, Gitando.it. 5 E dopo di noi? Sempre più soli. Perché nei prossimi anni, in Italia, il numero delle persone disabili che rischiano di restare senza supporto alla morte dei propri cari è destinato ad aumentare. Lo rivela anche uno studio del Cnel: infatti il 45% dei ragazzi disabili sotto i 24 anni ha una disabilità grave, o è affetto da multidisabilità, e vive in famiglia. ACCADE CHE... Ricorrenze L’Istituto per i ciechi di Trieste compie 100 anni P Baby-sitter per bambini autistici. Grazie a un corso organizzato a Roma e Napoli dall'associazione Ipertesto, in collaborazione con Culturautismo, che durerà fino a giugno. Rivolto a diplomati, studenti di Scienze dell'educazione o Psicologia, animatori di centri diurni e operatori sociali, il corso è incentrato sui disturbi pervasivi dello sviluppo e prevede un tutoraggio. Per informazioni: tel. 06/2292416 (Roma), tel. 081/5790743 (Napoli), paolazanini@ culturautismo.it. er la disabilità visiva di Trieste è tempo di festeggiare il centenario. L’Istituto regionale Rittmeyer, infatti, compie un secolo di vita e lo celebra continuando il programma di visite guidate bendate, mostre, concerti, cene al buio, open day e spettacoli iniziato due anni fa. Nato nel 1913 grazie alla donazione della baronessa Cecilia de Rittmeyer, da centro assistenziale per i ciechi l’istituto si è pian piano trasformato in ente educativo. Punto di riferimento del Friuli Venezia Giulia per le persone non vedenti e le loro famiglie, organizza laboratori occupazionali e artigianali, attività motorie e di psicomotricità, pet-therapy, progetti personalizzati, promuovendo ricerche nell’ambito dell’assistenza ai disabili visivi in partnership con vari Paesi della Ue. Info: Istitutorittmeyer.it. Un manuale contro i disturbi visivi sul lavoro. Sono le Linee guida per le aziende su prevenzione delle disabilità e degli infortuni alla vista pubblicate dalla Fondazione Bietti in collaborazione con la Camera di commercio di Roma. Non è il videoterminale a fare danni, ma una cattiva progettazione di postazioni e modalità di lavoro, si legge nella prefazione. Quindi sì all’ergonomia e ai comportamenti corretti dei lavoratori. MONDO INAIL Con la Comunità di Sant’Egidio per una sicurezza senza frontiere L Workshop Danza integrata, laboratorio aperto a tutti M ovimento scenico e somatico insieme alla contact improvisation: elementi per creare un linguaggio comune tra danzatori con e senza disabilità. Così il corpo diventa strumento per raccontare storie. È il laboratorio di danza integrata condotto da Marisa Brugarolas ogni martedì pomeriggio, fino a maggio, presso l’Accademia di Spagna a Roma (piazza San Pietro in Montorio 3). L’insegnante è responsabile dal 2005 del progetto “Ruedapiés”. Costo: 2 euro a lezione. Per iscriversi: [email protected]. 6 a Comunità di Sant’Egidio di Roma e l’Inail Lazio insieme per una giornata di formazione senza frontiere voluta per affermare una cultura della sicurezza e della prevenzione degli incidenti sul lavoro, con particolare riguardo al settore edilizio e all’ambiente domestico. L’iniziativa, rivolta soprattutto agli studenti immigrati della Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio, ha visto la partecipazione di oltre mille persone straniere. Una sorta di “festa in famiglia” fatta però di incontri con gli esperti e approfondimenti sugli aspetti legali. Il concorso “Apriti sesamo”, per una cultura a prova di sensi S ostenere e promuovere idee che favoriscano l’accessibilità dei luoghi e delle opere d’arte per le persone con disabilità sensoriale. È l’obiettivo di “Apriti sesamo”, il primo concorso nazionale per la selezione di progetti pilota promosso dal ministero per i Beni e le attività culturali, Centro per i servizi educativi del museo e del territorio, Unione italiana ciechi e ipovedenti ed Ente nazionale sordi. L’iniziativa si rivolge a giovani creativi capaci di elaborare percorsi comunicativi in grado di abbattere le barriere sensoriali e migliorare la fruizione del patrimonio artistico-culturale contemporaneo. I progetti dovranno tener conto delle nuove tecnologie e di come rendere percepibili gli spazi legati all’architettura. Info: alessandra.pivetti@ beniculturali.it. Scuola Istat: 145mila alunni disabili e 65mila insegnanti di sostegno A umenta dello 0,1% la presenza di alunni con disabilità nelle scuole statali e non. L’ultimo rapporto Istat ne rileva infatti circa 145mila nell’anno 2011-2012, di cui 81mila nella scuola primaria (pari al 2,9% del totale) e poco più di 63mila in quella secondaria di primo grado (pari al 3,5%). Il ritardo mentale è il problema più frequente (39% dei casi), seguito dai disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, del linguaggio e affettivo-relazionali. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, si contano poco più di 65mila insegnanti di sostegno, ma il 40% di loro è diverso rispetto all’anno precedente. Al Sud si registra il maggior numero di ore di sostegno assegnate per alunno (12 ore medie settimanali, contro le 9 del Centro-Nord) e il minor numero di ore prestate dall’assistente educativo (poco più di 5 ore, contro le quasi 13 del Nord). Una famiglia su dieci, infine, ricorre al tribunale per ottenere più ore di sostegno per i propri figli. teatro Corsi di recitazione in Lis N ovità in vista per i Diversamente Comici: “La città dei sordi in festival”, in programma a luglio ai giardini della Filarmonica di Roma, e “La città dei sordi sit-com cabaret” (al Teatro Due il prossimo dicembre). Alla ricerca di un linguaggio teatrale per comunicare con persone udenti e non, il duo apre un laboratorio di recitazione per creare il gruppo che sarà coinvolto nei nuovi progetti: fino al 26 giugno, corsi per principianti e avanzati il mercoledì pomeriggio all’Istituto statale dei sordi, a Roma. Le lezioni, aperte a tutti, propongono un uso creativo della Lis. Info: [email protected]. Europa Assistenza domiciliare: il Regno Unito arranca I n Inghilterra le persone disabili non ricevono la giusta assistenza. È l’allarme lanciato dall’associazione Scope in un rapporto che ha raccolto le voci di 600 titolari di assistenza domiciliare. Il 40% non riceve aiuto neppure per l’igiene personale, il vestirsi, il mangiare o l’uscire di casa e il 34% si sente limitato sul 7 lavoro e nelle attività sociali. Ciò sembra dipendere dalla scarsità di fondi. E la situazione potrebbe peggiorare se passasse la riforma sull’assistenza sanitaria ipotizzata dal governo britannico: circa 200mila persone rischierebbero di non ricevere alcuna sovvenzione, garantita solo alle disabilità più gravi. Una carta dei servizi per i pazienti del Centro di riabilitazione motoria Inail di Volterra. L’opuscolo fornisce informazioni sulla struttura, l’organizzazione e le prestazioni: dal ricovero all’attività ambulatoriale, dall’utilizzo di piscina e palestra alla consulenza psicologica. Nel 2011 il 94,5% dei pazienti ha dichiarato “ottima o buona” l’assistenza ricevuta. Per contatti: tel. 0588/98444, e-mail [email protected]. l’inchiesta L’altra metà del mondo Se questa è una donna (disabile) Otto marzo amaro per l’universo femminile con disabilità. Tante le discriminazioni: nella vita privata, sul lavoro, in ambito sanitario. Ancora numerosi i pregiudizi e le violenze subite. Mentre da tempo le associazioni s’impegnano in un lavoro dal basso, per scardinare la mentalità comune Laura Badaracchi O ggi Marie Deliesse ha 64 anni. Un papà operaio e una mamma casalinga che non ha mai accettato la sua disabilità, la sindrome di Little, infermità motoria cerebrale che provoca problemi nella coordinazione dei movimenti. «Fino all’età di sette anni mi sposto strisciando. Poi mio padre mi porta a Parigi per un intervento alla colonna ver- tebrale che mi permetterà di camminare, seppur in maniera ancora molto scoordinata. Mia madre sviluppa nei miei riguardi un odio che mi perseguiterà per tutta l’infanzia, l’adolescenza e lungo tutta la mia vita di donna». Ripercorre dolorosamente la spirale di botte, discriminazioni e soprusi – subiti in casa proprio da chi l’ha messa al mondo – nel volume autobiografico Più for- 8 te della violenza, pubblicato dalle Paoline. È la sua storia, drammaticamente vera seppur estrema. E rappresenta la punta di un iceberg: restano ancora molte, troppe, le facce della discriminazione che le donne con disabilità si trovano a dover affrontare dalla nascita o a causa di una malattia invalidante, di un incidente sul lavoro. «Vengo picchiata senza mo- tivo, privata di amore e di affetto, maltrattata fisicamente e moralmente», racconta Marie, ricordando in maniera lucida, nitida, tutti gli episodi di violenza subiti dalla madre: «Deve aver sofferto anche lei per odiarmi così tanto». L’autrice riproduce nelle sue scelte l’imprinting ricevuto: sposa un uomo aggressivo, che abuserà di lei. Ma con un lungo percorso riuscirà a separarsi e a riannodare i fili della sua esistenza, impegnandosi anche in numerose associazioni a fianco di persone disabili e malate: è il suo riscatto, insieme ai suoi figli. Insomma, l’esclusione subita non resta mera cronaca, anzi si trasforma in vicinanza e condivisione. essere donna e avere una disabilità comporta una vita di discriminazione multipla. Le donne disabili sono sempre e comunque donne, ma non sono mai riconosciute come tali. Non bisogna credere che in Italia la condizione di vita delle donne con disabilità sia sicuramente migliore rispetto ad altri Stati, né che la povertà economica e culturale in cui sono segregate le donne disabili sia tipica dei Paesi in via di sviluppo», denuncia Luisella Bosisio Fazzi, consigliere della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità). L’associazione sta progettando l’apertura di un Centro di tutela antidiscriminatoria, a sostegno anche dell’universo femminile, in grado di diventare punto di ri«In un mondo costruito per ferimento regionale e nazionale uomini e gestito da uomini, raccogliendo segnalazioni e ri- 9 Musica in rosa per la sicurezza sul lavoro. Una sfida tra cantautrici e compositrici per esprimere l’importanza della prevenzione degli infortuni, in fabbrica così come in casa, in ufficio o nei cantieri. È “Note di sicurezza - Umbria donne e lavoro”, il concorso nazionale per parole e musica al femminile promosso da Inail e Anmil di Perugia insieme a Comune, Provincia, Consigliera provinciale di Parità, Università, Ordine degli psicologi dell’Umbria, Centro internazionale di promozione delle attività musicali e Radio Subasio, nell’ambito delle manifestazioni organizzate per la Festa della donna. Giunta alla sua ottava edizione – dopo quelle dedicate a pittura, prosa, fotografia, fumetto, video, sms e favole –, quest’anno l’iniziativa ha visto le “sfidanti” cimentarsi nello scrivere una canzone o nel comporre un’opera per quintetto d’archi e voce recitante. Il filtro di una lente “di genere” sta diventando sempre più essenziale per guardare al mondo professionale, oltre alla volontà di rendere le donne vere protagoniste di una cultura della prevenzione dei rischi sul lavoro che passi anche attraverso la dimensione artistica e creativa. Le opere vincitrici – premiate il 6 marzo a Perugia e la sera stessa in concerto a Terni –, nonché quelle scelte dalla giuria presieduta dal maestro Carlo Alberto Neri, saranno pubblicate in un cd. «Insieme al materiale delle scorse edizioni, faranno parte degli strumenti di comunicazione utilizzati nelle varie iniziative di sensibilizzazione e formazione sul territorio», commenta Alessandra Ligi, direttrice della sede Inail di Perugia. [M.T.] In Italia le donne disabili sono il doppio degli uomini (oltre un milione e 700mila, contro gli oltre 880mila di sesso maschile) e rappresentano circa il 6% della popolazione. Ma su tre lavoratori disabili, solo uno è donna. Le rappresentanti del genere femminile sono però più autonome: il 37% delle donne disabili vive da sola, contro il 13% degli uomini (fonte: Istat-ministero del Lavoro e politiche sociali). l’inchiesta L’altra metà del mondo Con il progetto “Omero. La forza della narrazione” l’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) sta affrontando al femminile il tema degli infortuni sul lavoro: su 800mila incidenti annui in Italia, 245mila riguardano le donne. Obiettivo? Sviluppare attraverso storie reali una «catena della consapevolezza» insieme a organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, associazioni imprenditoriali e di categoria. Info: [email protected]. [L.B.] Le lavoratrici disabili? Doppiamente discriminate secondo la sesta relazione Isfol. Nel biennio 2010/2011, a fronte della contrazione generale che interessa entrambi i sessi nelle iscrizioni al collocamento mirato, la presenza femminile resta inferiore rispetto a quella maschile: 382.226 iscrizioni nel 2010, pari al 48,7%, e 328.382 nel 2011, pari al 48,1%. Invariata la distribuzione geografica: più consistente al Sud e nelle Isole. Nel 2011 gli avviamenti complessivi di donne con disabilità sono stati 8.902. Sopra, uno degli scatti di Pietro Sparaco per la mostra fotografica sulle donne “Tra il corpo e gli affetti”, realizzata per la Uildm di Bergamo. Al centro, Maria Pia Latorre, fotografata da Tiziana Luxardo per Anmil. «In lavanderia le macchine lavorano a una temperatura di 190°. Ne bastano molti meno per mangiarti un braccio», racconta la 32enne di Carpi. La sua mano è finita lì dentro 12 anni fa, quando lavorava d’estate in un albergo. chieste, offrendo informazioni e consulenze. «I dati ci dicono che le donne disabili trovano con più difficoltà lavoro, spesso devono rinunciare al desiderio di maternità e, in generale, subiscono più discriminazioni rispetto ai maschi. Sono invisibili perché le politiche di genere non influenzano la loro condizione e le politiche sulla disabilità non tengono conto del genere», insiste Bosisio Fazzi. Evidenziando che raramente le donne disabili sono «considerate in relazione alla femminilità, alla maternità, alla genitorialità, alla bellezza. Detengono il più alto tasso di non impiego, sono più spesso escluse dai sistemi educativi; normalmente vengono dissuase dall’avere figli. Spetta a loro la percentuale più elevata di violenze e abusi subiti, soprattutto alle donne con malattie psichiatriche, disabilità sensoriali e in- cepire e rendersi conto di quanto le è accaduto. L’imputato infattellettive». ti durante il processo ha più volUn quadro sconfortan- te negato gli addebiti, ma dopo il te. Per questo la Ledha offre dibattimento è stato condannato da tempo un servizio legale. a una pena di sei anni». Se circa il 16% delle donne eu«Anche a causa della scarsa informazione sul tema, le persone con ropee è disabile, un rapporto del disabilità e in particolar modo le Parlamento dell’Unione denuncia donne, sono ancora spesso vitti- che circa l’80% di quelle istituziome di violenza», fa notare l’av- nalizzate sono esposte al rischio vocato Gaetano De Luca, che ha di violenza, spesso compiuta prosupportato la famiglia di una ra- prio dalle persone che dovrebbegazza milanese con una disabilità ro prendersi cura di loro. E nella di tipo intellettivo vittima di vio- civilissima Germania uno studio lenza sessuale da parte dell’auti- commissionato dal ministero per sta che l’accompagnava a scuola e la Famiglia rivela che migliaia di al centro diurno: «Comprensibile donne con disabilità intellettiva, la difficoltà dei genitori nel dover rinchiuse in istituti, hanno subiaffrontare un processo e nel ve- to abusi sessuali. Al di là dei casi di cronaca, i dere la propria figlia subire tutta una serie di attività di indagine diritti violati pongono l’urgenvolte ad accertarne la credibili- za di un cambiamento culturale, tà e la reale capacità di poter per- di una sterzata decisa nella men- 10 ma di negazione del loro diritto alla sessualità. Sono quasi invisibili all’interno dei media, poiché il loro corpo è percepito dalla società come “poco desiderabile”». Secondo il Global gender gap report 2012, lo studio sulla disuguaglianza di genere a livello mondiale elaborato annualmente dal World economic forum, «l’Italia si colloca all’80° posto nella classifica planetaria della parità donna-uomo. C’è ancora una forte rigidità nell’associare i ruoli sociali al genere di appartenenza. E questo solitamente penalizza le donne, anche quelle disabili, soggette a discriminazione anche per la loro disabilità, il che le pone in posizione di svantaggio rispetto a chi (uomo o donna) non è disabile, ma anche rispetto agli uomini svantaggiati “solo” per il fatto di essere disabili», fa notare Simona Lancioni, sposata con un partner disabile e membro fin dalla sua costituzione, nel 1998, del Coordinamento del Gruppo donne Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, Uildm.org/ gruppodonne). Un gruppo che punta alla formazione e all’informazioni di genere, formato da volontarie non solo disabili. «Penso sia un valore aggiunto: se ciò che si vuol promuovere è l’inclusione, quale miglior modo che praticarla? Un bell’esempio di solidarietà tra donne al di là delle differenze che mi consente di coniugare due miei interessi: quello per la condizione femminile e quello di chi con la disabilità si confronta quotidianamente da 20 anni». talità comune. Perché i pregiudizi sono duri a morire. Approvata nel dicembre 2006, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ratificata da una ventina di Paesi della Ue) auspica che le donne non siano più vittime della «discriminazione multipla». Un concetto «reso noto dagli studi di Kimberly W. Crenshaw in riferimento alle esperienze di discriminazione vissute dalle donne nere in America, che si è progressivamente esteso in altri ambiti», spiega la psicologa valdostana Laura Elke D’Apolito, autrice di una recente ricerca sulle donne disabili: «In una società come la nostra, dove la sessualità è l’oggetto più frequente della comuA volte Simona viene nicazione di massa, l’invisibilità “scambiata” al telefono per a cui sono costrette le donne di- una persona disabile: «Quansabili in qualche modo è una for- do chiarisco che non lo sono, al- 11 Immagine e pubblicità: il modello impossibile influenza le donne in particolare, «Lainpubblicità quanto genere subalterno. E le donne disabili sono doppiamente discriminate perché subiscono anche il processo di “inferiorizzazione” che, storicamente, l’Occidente ha portato avanti nei confronti delle persone con un aspetto diverso». A riflettere sul potere della pubblicità nella vita delle donne disabili è Laura Corradi (nella foto), docente di Studi di genere all’Università della Calabria e autrice di un saggio pubblicato nel 2012 da Ediesse: Specchio delle sue brame. Analisi socio-politica delle pubblicità: genere, classe, razza, età ed eterosessismo. Qual è l’impatto della pubblicità sulle donne disabili? «La pubblicità dà un’idea di norma, di bellezza e di prestanza fisica che è un insulto per tutte le donne e lo è doppiamente per le donne con disabilità. Queste ultime, infatti, sono escluse in partenza rispetto a un ideale di bellezza talmente lontano e irreale da cozzare contro la realtà della stragrande maggioranza delle donne». C’è modo di scalfire la forza di questo modello? «Negli ultimi mesi tante cose sono cambiate: nel mondo della pubblicità sono comparse persone più “normali”. Come cinque ex top model degli anni Ottanta reinserite nel mercato pubblicitario per reclamizzare creme di bellezza. Sono donne non più giovani, che io trovo assolutamente appropriate per la pubblicità di prodotti di bellezza destinati a chi è avanti con gli anni». Alcune donne disabili cercano di essere protagoniste nella pubblicità e nella moda. Che ne pensa? «Accanto alla lotta per i diritti sociali e civili, esiste anche una lotta per i diritti cosiddetti simbolici. Non è indecente che una donna disabile porti una scollatura o una minigonna. Un tempo le persone con disabilità venivano chiuse in casa, mentre oggi possono viaggiare, fare politica, lavorare. Domani potranno girare in bikini e nessuno troverà oscena l’esposizione della loro “difformità” rispetto a una norma sempre meno tale. Quindi ben venga il giorno in cui una casa di cosmetici deciderà di avvalersi di una donna disabile per reclamizzare un profumo. Tuttavia, non penso che si tratti di un focus prioritario. Ci sono battaglie più urgenti da portare avanti, come quelle per il lavoro, per l’istruzione e contro gli stereotipi dominanti». [Antonella Patete] l’inchiesta L’altra metà del mondo cuni si scusano come se fosse un’offesa. Anche questi episodi dimostrano che le persone con disabilità sono guardate in modo differente, che talora si traduce in discriminazione. Quelle scuse non esprimono solo un pregiudizio negativo riguardo alla disabilità: l’idea che ci facciamo delle cose incide sui nostri comportamenti molto più della realtà stessa». L’obiettivo primario del Gruppo donne Uildm è proprio questo: suscitare un dibattito e un cambiamento culturale a riguardo. «Siamo diventate un punto di riferimento per coloro che cercano informazioni sul tema “donne e disabilità”. Siamo costanti e mettiamo a disposizione gratuitamente tutto il nostro lavoro di documentazione. Lo scorso anno l’associazione culturale e compagnia teatrale “Decima Musa Caravaggio” (Bergamo) ci ha assegnato il premio omonimo 2011 per il nostro lavoro e impegno contro la violenza sulle donne». Sopra, Antonella Munaro. Alle pagg. 8-9, Luciana Gibertini, 38 anni, della provincia di Reggio Emilia, assistita Inail (© Riccardo Venturi/Contrasto) Certo, i margini di miglioramento non mancano: «Si po- test non si trovano strumenti dia- trebbero promuovere campagne di comunicazione mirate e approfondire maggiormente aspetti specifici, cercando di coinvolgere gruppi femminili e quelli che si occupano specificamente di donne disabili», ammette Simona. Una discriminazione ancora nell’ombra da segnalare? «L’accesso ai servizi di ginecologia e ostetricia che spesso, per le donne con disabilità, è molto problematico: un tema molto poco conosciuto e sottovalutato». Il diritto alla salute viene condizionato dall’accessibilità e la discriminazione può palesarsi, per esempio, quando per una mammografia e un pap gnostici adeguati per chi ha problemi di mobilità o di equilibrio. Concorda Annalisa Benedetti, dal 2000 nel Coordinamento: «Non è contemplato che una donna disabile possa piacere, suscitare desiderio e avere rapporti sessuali, relazioni sentimentali, essere madre. Siamo perciò convinte che nell’immaginario collettivo non esista nemmeno il binomio “donna disabile-violenza”. Sarebbe un paradosso: esseri considerati privi di interesse sessuale che possono subire abusi in tal senso. Invece accade: le donne con disabilità non soltanto non sono escluse dalle forme 12 di violenza che colpiscono il genere femminile, ma restano vittime completamente invisibili dei soprusi che si consumano tutti i giorni tra le mura domestiche e in ogni contesto sociale». A volte, per vincere lo stigma, la genialità aiuta. Come dimostra la pittrice messicana Frida Kahlo, scomparsa nel 1954 a 47 anni: affetta da spina bifida, su una sedia a ruote, si ritraeva senza nascondere il proprio corpo. Il registro dell’ironia e la mancanza di pudore nei confronti della sofferenza contraddistinguono le sue tele. L’arte come forma di resistenza, dunque: può essere questa una delle chiavi, per aprire gli occhi – senza banalizzarle – sulle discriminazioni e trasfigurarle in forza propulsiva, dirompente. In voci uniche da ascoltare per diventare più umani. Avanti tutta. Anche di fronte a certe umiliazioni A 22 anni Antonella Munaro ha avuto un incidente stradale tornando a casa dal lavoro. Ma non ha perso la sua grinta e la sua voglia di vivere Michela Trigari N on le sono mai piaciuti certi sguardi un po’ pietistici. E nemmeno i medici indelicati. Capelli corti spesso colorati di rosso, blu, fucsia, viola o turchese, piercing al sopracciglio, più che appassionata di atletica leggera, grande amante dei tatuaggi, dell’estetista e del parrucchiere. Antonella Munaro, 48enne assistita Inail, nel 2011 campionessa di carrozzina olimpica, ora è consigliere nazionale in rappresentanza degli atleti nella Fispes (Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali) e segretaria dell’Aspea Padova, la società per cui è tesserata. «Un impegno a tempo pieno, anche se non retribuito», commenta ironica e quasi divertita. Eppure di difficoltà, nella sua vita, ne ha incontrate. A partire da quell’incidente stradale che, a 22 anni, l’ha costretta a usare la sedia a ruote e a cambiare impiego. Un colpo di sonno mentre guidava ed è finita in pieno contro un albero con la sua auto. «Era il 1988 e facevo la cassiera in pizzeria ma, un po’ per via dei problemi che ho avuto con il titolare nel riuscire a farmi riconoscere l’infortunio nel tragitto casa-lavoro, un po’ perché il locale non era accessibile e un po’ perché non ero psicologicamente pronta a riprendere la macchina da sola per tornare a casa dopo il turno serale, ho deciso di aprire un bar insieme a mio fratello». Lo ha chiuso dopo un paio d’anni, assorbita dagli allenamenti e dall’attività sportiva. «Discriminazioni subite dal punto di vista professionale? Molti “poverina” da parte di alcuni clienti nel vedere la carrozzina e nel sentire la mia storia, soprattutto le prime volte. Ci rimanevo proprio male, non mi è mai piaciuta la pietà: la vita va avanti. Da seduta, ma se hai la forza di reagire può anche darti delle soddi- 13 sfazioni». Qualche altro episodio spiacevole? «Con una ginecologa e con un urologo. Alcuni medici non sanno nulla della paraplegia causata da lesione midollare e dei problemi di sensibilità che può comportare. Così, a volte, sono verbalmente davvero poco delicati. Soprattutto quando si è giovani, è umiliante sentirsi dire frasi come queste: “Cos’è venuta a fare, visto che non ha la sensibilità?”. Ora, però, le cose sono cambiate». Ma la vita in campo affettivo resta difficile: «Sogno ancora un compagno e una famiglia. Ho girato mezzo mondo, mi piace essere sempre femminile, ma non nego che il lato relazionale e sessuale sia faticoso, specie quando non c’è l’amore. Ci sono uomini che capiscono, altri che invece proprio non ci riescono». Almeno lo sport è “un’isola felice” in rosa? «Se si guardano le medaglie paralimpiche o altri risultati, direi di sì. Però sono ancora poche le donne disabili che si dedicano all’attività sportiva. Servirebbe più promozione. Anche perché fa bene pure alla vita sociale». INSUPERABILI Intervista a Gianluca Nicoletti Tommy è il suo gigante bambino. Un radar sull’umanità, che aiuta a gustare quei pochi attimi di libertà che gli restano. In un libro spudorato il giornalista racconta la sua vita accanto al figlio autistico. Con cui ha ormai un rapporto simbiotico «O Chiara Ludovisi ra Tommy è lì a cavallo che sorride contento, è in uno stato di grazia. E io posso parlare tranquillamente al telefono». Mentre ci aiuta a ripercorrere insieme le pagine del suo libro, Una notte ho sognato che parlavi, appena uscito in libreria per Mondadori, Gianluca Nicoletti, giornalista e scrittore, guarda il figlio Tommaso cavalcare, nella caserma dei Lancieri di Montebello, a Roma. «È una delle sue attività preferite. E, di conseguenza, uno dei miei momenti migliori: lui è felice, io sono libero». Tommaso è un “gigante” autistico di 14 anni, con i piedi grandi, i capelli ricci, le spalle larghe e robuste e il passo sicuro, quando cammina per strada insieme, anzi davanti, al suo papà. Una coppia quasi simbiotica, perché «il padre di un ragazzo autistico di solito fugge. Quando non lo fa, nel tempo lui e il figlio diventano gemel- Senza di te li inseparabili». Così racconta Nicoletti, Centauro: lui è il giovane guerriero, ma nel libro-diario in cui «scrivendo di not- ha bisogno di me per completarsi. Il volume è pieno di dettagli, anche molto te, in fretta, quasi in uno stato di trance», tratteggia con l’affetto del padre, la personali, sulla sua vita e quella della sua lucidità del giornalista e l’ironia tutta famiglia. Si pente di aver svelato tanto? sua, giornate e fatiche, conquiste e diffiHo scritto il libro in uno stato di quacoltà di un figlio «per sempre bambino». si incoscienza e oggi, mentre lo rileggo, Il libro si chiude con un’immagine sul futu- mi chiedo chi me l’abbia fatto fare. Tanti ro: il vecchio Anchise portato sulle spalle mi hanno detto che sono stato un folle e dal giovane Enea. Quale figura mitologi- forse, se fossi stato più lucido, tante cose ca rappresenta invece il vostro presente? non le avrei scritte. Ma il libro nasce per Quella di Anchise ed Enea è una far vivere un progetto, di cui parlo alla chiusura mesta, ma è ciò che ci aspetta fine. E poi credo che sia importante racse non troveremo una soluzione. Tom- contare, dire ciò che nessuno dice, senza maso, diversamente dagli altri ragazzi, filtri e senza pudore. Ecco, credo di aver più cresce e più si attacca a me. Arriverà scritto un libro spudorato. il giorno in cui, anziano, non ce la farò Spudorato come suo figlio? Parla spesso più, di fronte alla sua forza e vitalità illidel suo rapporto immediato con le cose e mitata. Tommy non conosce i pericoli e le persone. Si sta “tommizzando”? non li saprà mai gestire: per questo, forEsattamente, è proprio così. Sempre se passeremo col semaforo rosso. L’im- di più cerco di capire cosa posso impamagine che invece rappresenta meglio rare attraverso Tommy: e con lui facla nostra condizione attuale è quella del cio un salto in avanti sul mondo e sui 14 Aggiornamenti e approfondimenti relativi al volume Una notte ho sognato che parlavi (Mondadori) su Miofiglioautistico.it (foto di Giulia Macchia Vercesi) è a suo agio, vuol dire che in quella persona o in quel luogo c’è positività. La seconda: con Tommy diventi intollerante. E siccome non puoi arrabbiarti con lui, finisce che scarichi sugli altri le tue tensioni: in famiglia, anzitutto. La terza: con lui ho imparato a dare grande valore ai piccoli spazi di libertà che mi restano. Con Tommy, non so perché, mi godo molto di più le cose. Come se fosse un esaltatore di sapidità della cucina orientale. cosa sarei pregiudizi. Il libro è spudorato e spregiudicato come lui. Oggi assistiamo all’ipermediazione di tutto: non riesci più a dire quello che pensi. Nel libro, ho provato a eliminare tutte le mediazioni, come fa Tommy. Una sorta di postsocial network: ovvero, la presa diretta sulla realtà. Lei racconta lo spazio che ha ricavato, anche per suo figlio, in un appartamento a pochi metri da casa, organizzato su misura per lui. Non teme di avergli costruito una gabbia dorata? Uno dei capitoli più divertenti è quello sulla sessualità: riesce a toccare con disinvoltura quello che è ancora un grande tabù. A volte parla di sua moglie con un’ombra Sì, anche in questo caso ho appreso di rancore. La sua empatia si esaurisce con da Tommy a “depotenziare” il probleTommaso? Sì, con un figlio autistico moglie e marito smettono di essere empatici tra loro. Io e Natalia stiamo insieme da 30 anni e ci staremo tutta la vita, ma non è facile. Da quando Tommy è entrato nell’adolescenza, lei non riesce più a stare sola con lui, ha paura dei suo attacchi di aggressività, di cui più di una volta è stata vittima. Così Tommy passa gran parte del suo tempo con me. E questo mi rende a volte intrattabile, in casa. È quello che accade in tutte le famiglie, ma con un figlio autistico le difficoltà vanno moltiplicate per 100mila. Vorrei girare il mondo con Tommy e se potessi lo farei: viaggiare con lui è la cosa più divertente in assoluto. Per ora, però, posso solo tenermelo accanto mentre lavoro. Così ho costruito questo Radar sull’umanità, catalizzatore di tenspazio in cui posso accudire mio figlio sioni, acceleratore di felicità: tre definimentre continuo a lavorare. Anche perzioni di suo figlio. Che vuole dire? ché vivo in una città completamente La prima: Tommy è un grande indipriva di strutture in cui lui possa passa- catore, nota aspetti che a noi sfuggono sia nelle persone che negli ambienti: se re del tempo felicemente. 15 ma: lui con grande naturalezza esegue pubblicamente pratiche che dovrebbero essere “clandestine”. Stiamo cercando di affrontare la questione, ma senza drammatizzare. E, allo stesso modo, ho cercato di scriverne. Insettopia è una «città per persone speciali»: utopia o possibilità? È un progetto che sta incontrando un certo interesse: creare, in strutture dismesse, luoghi in cui i ragazzi e gli adulti autistici possano svolgere attività in condizioni adeguate. L’ideale sarebbe che esistesse uno di questi centri diurni in ogni città e quartiere, che potrebbero diventare residenziali per il “dopo di noi”. Il primo passo è creare un centro pilota. Ho già individuato la struttura ideale, nel Bioparco di Roma: con gli sponsor, credo che sarà realizzabile. cronache ITALIANE CRONACHE italiane Grosseto Con le mani in pasta, a sfidare il mercato Il laboratorio artigianale “Pasta di sole” è un’impresa “senza handicap” che occupa sette giovani disabili. Tra gnocchi e pappardelle, il lavoro in un’azienda che pensa a crescere Sara Mannocci È il lavoro la migliore terapia. Per rendersene conto basta fare tappa a Grosseto in via della Pace 69, al negozio “Pasta di sole”, e guardare sette giovani con disabilità impegnati a preparare pici, tortelli, gnocchi, pappardelle: pasta fresca all’uovo della migliore tradizione, creata con dedizione autentica. Dal settembre dello scorso anno questo laboratorio per la produzione artigianale e la vendita di pasta ha aperto i battenti, ingaggiando la sfida più grande: dare lavoro a persone disabili mettendo in piedi un’azienda vera, che prova a lanciarsi sul mercato, che produce per vendere e si impegna per crescere. Vale davvero la pena capire il percorso che ha portato a questa realtà, che affonda le radici nell’“Associazione grossetana genitori di bambini portatori di handicap”, sul territorio ormai da 25 anni. Le riflessioni maturate nel tempo dalle famiglie intorno ai proble- 16 mi del “dopo di noi” – garantire la qualità della vita dei propri figli e l’accesso al lavoro – portano nel 2005 alla nascita della “Fondazione il Sole”, concepita come strumento per realizzare i progetti nei vari settori. Risorse del cinque per mille, donazioni e raccolte fondi, compartecipazione delle famiglie e contributi pubblici sono i principali canali che danno linfa a una realtà oggi consolidata e riconosciuta nel territorio come istituzione. Dalla Fondazione prendono vita una residenza sanitaria per disabili, che ospita 14 persone, e numerose attività di integrazione. Sul fronte lavoro, nel 2012 nascono – anche grazie a risorse del Fondo sociale europeo – la cooperativa sociale di tipo B “Raggi di sole” e contestualmente il pastificio artigianale, gestito dalla stessa cooperativa. Idee per fare impresa. «L’impresa senza handicap»: così recita lo slogan della locandina che pubblicizza l’attivi- tà, specializzata anche nel fornire sughi pronti e pasta senza glutine. «La cooperativa impiega nove persone, di cui sette disabili, impegnate nel negozio», spiega il presidente Massimiliano Frascino, a capo anche della “Fondazione il Sole”, giornalista free-lance coinvolto dalla vita nelle problematiche della disabilità dopo aver perso l’uso delle gambe per un infortunio in una partita di rugby. «Una volta creata la cooperativa, volevamo affrontare il mercato vero e proprio, attivare tutto quello che può favorire l’autonomia e la qualità della vita; per questo è nato il pastificio. La molla è quella del lavoro autentico», sottolinea. A lavorare al laboratorio artigianale, con la collaborazione di una cuoca, ci sono quattro ragazzi e tre ragazze sotto i 35 anni con deficit intellettivo di varia natura e gravità, attivi ciascuno per tre giorni a settimana e su diversi turni. Tra loro c’è chi è più produttivo e chi lo è meno, ma tutti hanno seguito corsi di preparazione alla realtà della cooperativa, imparando l’uso dei macchinari; percepiscono stipendi dai 300 ai 700 euro. Un percorso graduale, maturato insieme alle famiglie dei giovani, scelti tra le circa 70 persone dell’Associazione grossetana coinvolte nelle iniziative di socializzazione della Fondazione. La vera scommessa ora è rimanere sul mercato, rafforzando un’attività partita con il piede giusto, che vanta già una numerosa clientela ma deve anche inventarsi idee per far crescere Nelle foto: attività dei ragazzi nel laboratorio del negozio “Pasta di sole” (© Cielo verticale) il giro. È già operativa la gestione di piccoli catering presso il centro sociale della “Fondazione: «Quando il centro viene affittato per convegni o altre iniziative, il pastificio si occupa di preparare il pranzo, la cena o l’aperitivo. E grazie all’accordo con una cooperativa di pescatori di Marina di Grosseto, una volta al mese è disponibile un menù con pesce di stagione – riferisce Frascino –. Vorremmo anche partire con le consegne a domicilio e bisognerebbe cercare di ampliare la clientela tra i ristoranti, in modo da garantirci ordini più sostanziosi». Lavorare è aprirsi al mondo. L’energia e la voglia di impegnarsi oltre i propri limiti non mancano in uno staff che in occasione del Natale ha preparato 6mila tortelli in un giorno. Quello che davvero fa la differenza è la percezione di lavorare in un contesto reale, che fa i conti con le regole del mercato. «La vita di questi giovani è cambiata – aggiunge il presidente della cooperativa –: hanno un ruolo sociale, soddisfazione e stimoli continui, la possibilità di interloquire con clienti e fornitori. Si è aperto per loro un mondo di relazioni da cui erano esclusi». Sono proprio la socializzazione e il rendere la vita più ordinaria possibile le chiavi di tutte le attività con cui, oltre al pastificio, la Fondazione coinvolge i ragazzi dell’associazione. Tra loro ci 17 sono persone con sindrome di Down e problematiche motorie, ma anche con disturbi legati all’autismo o patologie psichiatriche. Uno staff di dieci operatori è a disposizione per far sperimentare loro la quotidianità: fare la spesa, impegnarsi in laboratori per costruire manufatti da rivendere, dedicarsi al pattinaggio o all’ambientalismo attivo per superare le paure. «È molto importante anche la gestione del tempo libero – afferma Roberto Marcucci, coordinatore delle attività e dei servizi della “Fondazione il Sole” –. Due o tre volte a settimana i ragazzi si dedicano a quello che farebbe qualunque loro coetaneo: le “vasche” sul corso in centro, il teatro, una pizza. In futuro vorremmo prendere in affitto uno o due appartamenti per coloro che hanno maggiore spinta all’autonomia. Le persone e le problematiche possono essere molto diverse tra loro, ma certamente i bisogni veri rimangono sempre gli stessi». sotto la leNtE Tra le nuvole Ecco perché ho smesso di volare Prendere un aereo nel Regno Unito può rivelarsi un’impresa da non ripetere. In attesa che le cose cambino, l’associazione Trailblazers ha deciso di dare battaglia. Non così nel nostro Paese, dove l’Enac rivendica standard di altissimo livello Maurizio Molinari V ivek Gohil è un ragazzo inglese di 22 anni, affetto da distrofia muscolare e da emofilia. Nella sua vita ha preso l’aereo solo due volte, poi ha deciso di non volare più. «La prima volta è stato per andare in Florida, avevo nove anni – racconta – ed è andata abbastanza bene, anche perché allora avevo ancora una certa mobilità. La seconda volta invece, su un volo per il Portogallo, sette anni fa, ho vissuto un incubo: il personale dell’assistenza è stato sbrigativo e maleducato, assolutamente non addestrato a trattare un caso come il mio. Per farmi salire sull’aereo, mi hanno trasferito in malo modo dalla mia sedia a ruote a un’altra sedia, ma quella che hanno utilizzato era troppo stretta e non aveva un sostegno per la testa. In più, all’arrivo la mia sedia elettrica era danneggiata. Ho dovuto chiamare l’ingegnere che l’aveva progettata per farla ripartire. Conosco persone che in aereo hanno avuto la loro sedia completamente distrutta». A questo si è aggiunto il problema del posto a sedere. «I passeggeri con disabilità devono sedersi vicino al finestrino – sottolinea –. Ma ciò ha significato essere trasportato attraverso tre sedili. Inoltre, nei posti per disabili i braccioli non si potevano sollevare e quindi sono stato costretto a chiedere al personale di bordo di essere messo a sedere in un sedile non pensato per persone con disabilità. Per non parlare dell’inacces- 18 sibilità del bagno. Non potendo utilizzare la toilette, un disabile come me ha due scelte: non bere prima del viaggio per minimizzare i rischi di dover fare pipì, o farla davanti a tutti in una bottiglia. Insomma l’esperienza di volare in aereo per me è stata frustrante e umiliante, per questo ho deciso di non volare più finché le cose non cambieranno». Ma poter prendere l’aereo, per persone come Vivek, vuol dire poter andare in vacanza o avere più possibilità di lavoro. «Io, dall’ultima volta che ho volato, faccio vacanze solo in Inghilterra e di solito di breve durata – spiega Vivek –. Ora sto pensando di andare in crociera, perché altre persone con le mie stessa disabilità mi hanno detto che la cosa è fattibile. Però il mio sogno è quello di prendere di nuovo un volo, prima o poi, quando le cose cambieranno. A me non piace lamentarmi, per questo ho deciso di unirmi alla campagna di Trailblazers, un’organizzazione di persone affette da distrofia muscolare che nel Regno Unito ha avuto successo in altre occasioni come, per esempio, quella per cinema più accessibili». Trailblazers ha rilasciato nell’ottobre 2012 un rapporto intitolato Up in the air (Per aria), in cui dimostra come la situazione di Vivek non sia isolata in Inghilterra a dispetto del regolamento Ue del 2008, che regola i diritti dei passeggeri a mobilità ridotta quando viaggiano in aereo. La situazione italiana. Gabriele Favagrossa, della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), ci dice che, per quanto gli risulta, «in Italia non ci sono molte lamentele sul servizio di assistenza alle persone disabili. Ovviamente non mancano le situazioni problematiche – precisa – in cui il Regolamento Ue è ambiguo oppure non viene rispettato: politiche commerciali poco chiare, posti scomodi, aerei inaccessibili, atteggiamenti sbagliati da parte del personale di assistenza. Ma questi casi sono eccezioni più che la norma, almeno nel nostro Paese. Per quanto riguarda l’accessibilità di aerei e aeroporti – spiega Favagrossa – il discorso è un po’ più complesso: ovviamente non si può sostituire tutta la flotta di una compagnia aerea in un sol colpo, e avere dal giorno alla notte tutti aerei perfettamente accessibili. Però il regolamento europeo prevede che, in caso di costruzione di nuovi velivoli o terminal o in caso di grandi ristrutturazioni del parco aerei o degli aeroporti, l’accessibilità debba esser tenuta in conto. È molto importante – conclude Favagrossa – che i disabili conoscano il regolamento e le sue linee guida, entrate in vigore nell’estate 2012, perché è il documento fondamentale che sancisce i loro diritti e gli oneri sia dei disabili stessi che dei vettori e degli operatori aeroportuali». Se un passeggero disabile subisce un torto, può presentare reclamo ai gestori degli aeroporti, alle compagnie aeree o all’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac), che ha il potere di ordinare ispezioni e di fare multe. Sorpreso del gran numero di lamentele da parte dei disabili inglesi è Giuseppe Carrabba, ingegnere dell’Enac ed esperto in materia di assistenza alle persone con mobilità ridotta nel trasporto aereo: «In Italia siamo all’avanguardia sia per quel che riguarda l’accessibilità, sia per i servizi di assistenza – spiega –. Ma anche qui si verificano situazioni particolarmente delicate che vanno trattate di volta in volta e valutate nello specifico. Molto spesso i problemi sorgono più per mancanza di comunicazione fra le varie parti coinvolte nella fornitura dell’assistenza che per effettive carenze. La formazione degli operatori sia a terra che a bordo è fondamentale, e noi dell’Enac stiamo lavorando, a fianco delle associazioni delle persone con disabilità, per far sì che gli standard di altissimo livello che abbiamo concordato insieme vengano effettivamente adottati». 19 Cosa non va nel Regno Unito. Ecco le principali conclusioni dello studio Up in the air, fatto da Trailblazer: Su più di cento disabili censiti, la maggior parte ha dichiarato che i vettori e gli operatori aeroportuali dovrebbero fare di più per allineare i viaggi aerei agli standard di altri tipi di trasporto come, per esempio, quello ferroviario. Il 50% degli intervistati ha riscontrato problemi nell’imbarcare sedie a ruote o altre tecnologie assistive. In alcuni casi, sedie a ruote troppo pesanti non sono state accettate a bordo. Sei passeggeri su dieci hanno detto di aver avuto le sedie a ruote danneggiate durante il trasporto. Quasi la metà degli intervistati si dicono convinti della scarsa qualità del servizio di assistenza. Nove persone su dieci non riescono a usare i bagni a bordo degli aeromobili. Mancano numeri gratuiti o a prezzo di una chiamata urbana per prenotare l’assistenza, apportare cambiamenti alla richiesta già effettuata o fornire informazioni aggiuntive. Spesso comprare i biglietti e prenotare l’assistenza risulta molto dispendioso in termini di tempo. Trailblazer chiede, fra l’altro, una maggiore formazione e attenzione da parte del personale di terra e di bordo nei confronti della disabilità e nuovi aerei più accessibili; inoltre avanza la richiesta di poter utilizzare alcuni posti in business class per permettere alle persone disabili di restare sulle loro sedie a ruote. portfolio La bellezza e l’audacia L’estetica della diversità insieme alla bellezza dei corpi imperfetti, dei gesti in lingua dei segni, degli sguardi di chi non vede o semplicemente di un oggetto come una sedia a ruote. Immortalati attraverso l’occhio di un professionista francese, Christian Rocher, oggi impegnato nella fotografia artistica, soprattutto in bianco e nero. Scatti d’autore che spesso ritraggono la disabilità. O meglio le persone disabili: con i loro volti, i loro sorrisi, la loro luce interiore, i loro linguaggi, i loro ausili. Immagini utilizzate come veicolo d’integrazione e come breccia contro il muro dell’esclusione sociale che, valorizzando l’handicap, riescono a trasmettere tutta la bellezza dell’anima, delle espressioni, delle emozioni, di una fragilità che è allo stesso tempo amante della vita. Piccoli istanti fugaci resi opere d’arte, come solo l’occhio selettivo e attento di un obbiettivo capace sa catturare e far figurare. 20 Nato a Marsiglia nel 1965, Christian Rocher vive a Vaucluse, ProvenceAlpes-Cote D’Azur, in Francia. Per vent’anni fotografo nel campo della moda e della pubblicità, nel 2008 ha perso l’uso delle gambe in un incidente stradale. Da allora vive su una sedia a ruote e la disabilità è diventata parte integrante del suo lavoro. 21 portfolio La bellezza e l’audacia Nel 2011 Rocher ha presentato ad Avignone la mostra Au-delà du handicap, in collaborazione con l’Association des paralysés de France. Tra i suoi progetti futuri, ci sono la realizzazione di un libro e di un’altra esposizione sulla bellezza della disabilità. 22 È nella sua seconda vita da fotografo che nasce il progetto di Rocher “Bellezza e handicap”: un lavoro che ha come scopo quello di rappresentare la diversità al di là degli stereotipi, restituendo ai corpi quella dignità che spesso può aiutare le persone disabili a riappropriarsi della propria immagine. Negli scatti di Rocher, infatti, si incontrano persone in sedia a ruote, amputate o non vedenti, ma mai immagini che indugiano sul dolore o sulla sofferenza. E nulla è mai brutto o grottesco, pietistico o volutamente provocatorio. Il progetto “Bellezza e handicap” è visibile sul sito web Rocher-photographe.com. 23 SPORT Verso Rio 2016 Scende in campo l’Italia del rugby Arrivato nel nostro Paese appena due anni fa, il rugby in carrozzina ha finalmente una Nazionale che punta alle prossime Paralimpiadi. Destinato solo a chi ha una disabilità grave, offre una grande opportunità ad atleti trascurati dal Comitato paralimpico internazionale Stefano Caredda N on è uno sport per educande, si diceva un tempo. Ma anche oggi, come pensarla diversamente? Il rugby è da sempre sinonimo di forza fisica, contatti rudi e mischie collettive, passatempo per gente con le spalle larghe, capace di incassare con ostentata indifferenza urti a dir poco robusti e di tenere botta di fronte alla furia sportiva di “marcantoni” in carne e ossa intenzionati a bucare la difesa avversaria per segnare una meta. Uno sport “maschio”, per riprendere un vecchio e abusato luogo comune, anche se in realtà nient’affatto violento, caratterizzato come pochi altri da lealtà, correttezza, rispetto per l’avversario, vero e proprio spirito cavalleresco: tutto ciò, insomma, che gli anglosassoni intendono significare quando parlano di fair play. Sarà pure leale e corretto, certo, ma da qui a proporlo a persone con disabilità fisiche 24 ce ne passa: la cosa, oltre che irragionevole, sembrerebbe quasi criminale. E invece il rugby per disabili c’è, esiste e – follia pura? – è destinato so- lamente a quelli che hanno una disabilità grave: gli altri, che si divertano con altri sport. Per giocare a rugby in carrozzina, però, dimenticate la palla ovale e il campo in erba: c’è più affinità con il basket in carrozzina, la pallamano e l’hockey su ghiaccio. Si gioca al chiuso, sul parquet di un campo da pallacanestro, quattro contro quattro con gli atleti su carrozzine a spinta manuale: squadre miste, uomini e donne giocano assieme. Pallone rotondo (è quello usato per giocare a pallavolo), quattro tempi da otto minuti ciascuno, scopo del gioco è portare la sfera oltre la linea di meta. Una meta, un punto: e chi alla fine ne ha di più, naturalmente vince. Regole stringenti: non è ammesso nessun contatto fisico diretto fra gli atleti, ma tutto è concesso alle loro carrozzine, e così blocchi, speronamenti, scontri e ribaltamenti fanno parte integrante dello spettacolo di questa disciplina. Insomma, in piedi o seduti, il rugby è sempre uno sport per gente tosta. Lo è in Canada, dove è nato sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, lo è negli Stati Uniti e in Australia, dove arrivò poco dopo (per queste Nazioni rispettivamente l’argento, il bronzo e l’oro alle Paralimpiadi di Londra 2012), lo è in Europa (14 i Paesi in cui è diffuso, in Germania – per fare un termine di paragone – i disabili che lo praticano attivamente sono oltre 350) e lo è ora anche in Italia, dove fino a due anni fa semplicemente non esisteva. La luce si è accesa con il progetto voluto dal Cip e affidato alla Fe- derazione italiana sport paralimpici e sperimentali (Fispes): obiettivo finale, portare la nostra nazionale ai Giochi di Rio de Janeiro 2016. Il decollo avviene in una precisa area geografica: il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, con un ruolo fondamentale assunto dall’Inail. «Siamo stati noi per primi, nel dicembre 2010 –racconta Giovanna Tajarollo di Inail Padova – a raccogliere la sfida di creare e sviluppare questa nuova disciplina: in accordo con Inail e Cip regionali abbiamo contattato gli assistiti Sopra, la “zampata” del leone azzurro Ahmed Raourahi. Nella pagina precedente, Nicolò Toscano varca la linea di meta veneti con le caratteristiche fisiche adatte e raccolto le adesioni». Da quel momento, individuato anche un piccolo numero di atleti paralimpici già rodati disponibili a impegnarsi nel progetto (il più conosciuto è Alvise De Vidi, una delle icone azzurre, sempre sul podio nell’atletica leggera nelle sei edizioni dei Giochi a cui ha partecipato), sono partiti allenamenti, stage e raduni mensili. E confronti con la nazionale austriaca, il cui allenatore, René Schwarz, assumerà poco dopo la carica di commissario tecnico degli azzurri. «Nel 2012 – continua Tajarollo – sulla scia del lavoro fatto nasce la prima società di rugby veneta, la Asd Padova Rugby: attualmente ci sono 18 atleti, tre tecnici, due arbitri e molti e preziosi volontari». Insomma, nasce un movimento: «In pochi mesi – come dice con orgoglio il presidente della Fispes Sandrino Porru – abbiamo messo in campo una squadra che potesse rappresentare dignitosamente l’Italia all’estero». La prima vittoria in un torneo internazionale con squadre di club è a Colonia nell’aprile 2012, mentre poche settimane fa (febbraio 2013) gli azzurri entrano nella ranking list mondiale con un terzo posto al torneo di Dublino. La qualificazione ai campionati europei del 25 2014 per il momento è lontana, ma l’obiettivo Paralimpiadi (nel 2016 o, se non ci si riuscirà, nel 2020) non è più avvertito come irraggiungibile. «Abbiamo grandi margini di miglioramento – dice Claudio Da Pon- te, responsabile delle comunicazioni esterne della Nazionale – perché il rugby è poco conosciuto e perché il bacino potenziale di atleti è notevole». Giocano infatti, chiarisce, soprattutto persone tetraplegiche, con disabilità sia agli arti superiori che inferiori, ma c’è posto anche per alcune forme di distrofia muscolare, per gli amputati agli arti inferiori con limitazione di quelli superiori, per i poliomielitici. «L’Inail ha sempre sostenuto e incentivato questo sport – spiegano ancora dalla sede di Padova –. È una delle poche discipline sportive “aperte” a soggetti con invalidità gravi e importanti, un gioco di squadra dove tutti, dall’atleta più grave all’atleta con limitazioni più lievi (sempre nei limiti della tetraplegia), sono importanti e preziosi per giungere alla meta». «Il nostro primo obiettivo insomma – conclude il presidente della Fispes – è dare un’opportunità ai disabili gravi, particolarmente trascurati dalle politiche del Comitato paralimpico internazionale: facendo così, mettiamo anche le basi per un buon futuro agonistico. Anche l’Italia arriverà fra i grandi del rugby». TURISMO Itinerari accessibili Viaggio in Europa. E senza sorprese Parigi, Vienna, Barcellona. Su Diversamenteagibile.it le avventure, le emozioni, i consigli di chi ha deciso di affrontare un soggiorno fuori dall’Italia in sedia a ruote. Perché partire è bello, ma raccontare le proprie avventure è ancora meglio Giorgia Gay N on c’è guida che regga il confronto: i migliori consigli per un viaggio ben riuscito sono quelli che arrivano da chi l’ha sperimentato sulla propria pelle. Sulla scelta dell’albergo, di un ristorante, di una meta da visitare, il popolo del web ha sempre qualcosa da dire, stroncando senza pietà chi non è all’altezza e tessendo lodi per chi le merita. E quando c’è di mezzo l’accessibilità e la possibilità reale di visitare una città questi giudizi sono ancora più preziosi. Alcuni sono raccolti in Diversamenteagibile.it, un sito pensato da Maximiliano Ulivieri che propone testimonianze da tutta Europa di persone disabili con la passione per i viaggi. Persone come Pietro, che è volato a Parigi e dà alcune “dritte”: «All’aeroporto i taxi fanno a gara per rubarvi 60 euro. E vi chiederanno anche la mancia per aver fatto la fatica di scaricare la sedia a rotelle». Fortuna che, una volta in città, ci sono i mezzi pubblici: la metropolitana ha gli ascensori e poi c’è la Rer, un treno veloce urbano che però ha un piccolo ostacolo: «Tra il marciapiede e il treno c’è uno spazio di circa 30 centimetri. I più agili e temerari come 26 me lo possono fare e con un balzo, essendo a livello, montare in treno. Altrimenti meglio farsi aiutare». Impossibile non trovarsi al cospetto della tour Eiffel: «Con la carrozzina si può accedere dalla torre ovest, bisogna avvisare il personale che fa saltare un po’ la coda degli altri turisti». E poi Versailles… «Delle indicazioni segnalano il percorso adatto alle persone con disabilità. È molto importante chiedere al personale: vi saranno aperte le porte di stanze che spesso gli altri turisti non possono vedere». In generale, il consiglio è: «Armatevi di forza e pazienza, di spirito di adattamento e Parigi sarà per voi un libro aperto». A Vienna, invece, è andato Raffaello: «Abbiamo cercato un hotel accessibile e in centro, il trasferimento da e per l’albergo con un mezzo privato e non il taxi per i bagagli». Dopo la Cattedrale e la casa di Mozart non manca un giro nella zona pedonale, che ha qualche difetto: «Gli scivoli dei marciapiedi hanno tutti un piccolo gradino. Solo i grandi magazzini e le grandi firme hanno lo scivolo. Il 90% di caffè, pasticcerie e ristoranti ha uno scalino e non ha un wc accessibile». La metropolitana è un buon modo per spostarsi, anche se «le indicazioni con l’ascensore non sempre sono interpretabili ed è spesso nascosto. Non tutti i vagoni, anche se hanno il simbolo della sedia a ruote, sono paralleli al marciapiede». Federica, affetta da distrofia muscolare e da cinque anni in sedia a ruote, parla di Londra: «Appena arrivati in aeroporto ho capito che per “noi”, Londra era tutto un altro mondo. Migliore. Tutti i bus a due piani rossi hanno la pedana e lo spazio interno per le carrozzine (per noi sono anche gratuiti), i taxi neri hanno una pedana manuale, i marciapiedi hanno tutti la discesa, ogni semaforo ha anche il segnale acustico». L’unico problema è entrare nei locali privati: «Se uno va a Londra, come fa a non entrare in un pub a bere una o due birre?». Anche Barcellona stupisce per l’accessibilità, una città «muy especial por los discapacitados» come dice un simpatico tassista a Roxi. «Trovarsi in una città che ha fatto di tutto e di più per renderti libero di visitarla ti fa sentire come se stessi per sfondare una porta e la trovassi improvvisamente aperta. È un grande respiro di sollievo». La Sagrada Família è accessibile, «ma essendo molto frequentata e l’interno occupato da gru e quant’altro la visita è stata abbastanza veloce e su percorsi obbligati». Il museo Dalì purtroppo non è tutto accessibile, «ma quello che potete vedere è assolutamente sufficiente…». E come negarsi un giro sulla golondrinas, dal porto alla costa di Barcellona? Impressioni positive anche da Manuela: «Sono rimasta piacevolmente stupita dalla semplicità con cui si può girare la città» (nella foto, Adriano nella capitale catalana). Un’altra ragazza, che non si firma, riferisce della Finlandia. «Una visita decisamente la vale: per i suoi boschi, i suoi laghi, per la pace e l’aria pulita che si respira persino nella capitale». Rita ha preferito Amsterdam: «Non è una città facile, l’asfalto riveste solo le strade periferiche o quelle più trafficate, per il resto ci sono dei mattoni stretti. In compenso non ci sono marciapiedi rialzati e comunque sempre con gli scivoli». Tutti i musei sono accessibili, tranne la casa di Anna Frank, «ma l’interminabile fila all’entrata è un disincentivo». Rita si è poi spostata a Copenhagen: «Non ho avuto difficoltà a percorrere tutti gli spostamenti in carrozzina, mai preso un mezzo pubblico». Praga invece è un po’ ostile, come racconta Toppe: «L’accessibilità per i praghesi è un concetto opinabile e certamente “nuovo”. C’è però una particolare attenzione per i non vedenti». Solo apparentemente inaccessibile è l’Acropoli di Atene: «Gli esseri umani sono strani – riflette un altro internauta –, magari il negozio davanti casa 27 vostra ha due scalini e nessuno che pensa a come renderlo accessibile, poi ti ritrovi una struttura vecchia secoli e così impetuosa che già un “normodotato” si chiederebbe come entrare e… ma dai? Un servoscala! Sì ok, ma dove ti porta? Ci sono delle mura enormi poi da superare! Che problema c’è, basta il reale desiderio di rendere accessibile ogni meraviglia del pianeta a tutti e si risolve. Ovviamente arrivati dentro non pensate ci siano scivoli e stradellini lisci, è tutta sconnessa, com’è giusto che sia, non è che un disabile pretende di asfaltare ogni cosa…». Un’altra viaggiatrice incallita è Fabrizia, che si sposta spesso per lavo- ro e per piacere. Non ha scelto il sito di Ulivieri per raccontare la sua esperienza, ma l’ha voluta condividere direttamente con Superabile.it. Il suo viaggio testimonia che anche le mete più gettonate e alla moda possono essere accessibili. Tenerife, per esempio: «La maggior parte degli alberghi è attrezzata per accogliere turisti con disabilità e alcuni hanno perfino la piscina con seggiolino per entrare in acqua. Esistono i taxi para todos, muniti di rampa per salire, disponibili sempre, senza bisogno di prenotazione». Il punto forte è la spiaggia di Las Americas: «Il Comune ha allestito una parte della spiaggia per le persone disabili: con l’aiuto di personale addetto (gratis) si può entrare in acqua con una carrozzina anfibia. Il personale è a dir poco magnifico: ho visto persone con handicap molto gravi fare il bagno in mare senza alcun problema. Hanno addirittura le stampelle da sabbia». Si gira molto bene con qualsiasi tipo di sedia a ruote: «Il 95% dei posti ha rampe di accesso, marciapiedi ribassati e pavimentazione liscia». L’unico neo? Il lungo viaggio per arrivare in quel paradiso: «Da Roma ci vogliono circa dieci ore, ma ne vale la pena». Ora non resta altro che decidere dove prenotare. OS IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO L O I D NFUMET RA TITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEA fotografia Come Tommy divenne una star del web È la regola numero uno del web nell’era dei social network: condividere. Bastano pochi click per pubblicare foto, impressioni, ricordi, punti di vista e raccogliere i commenti da amici, conoscenti o addirittura da perfetti sconosciuti. Ma che pubblicare uno scatto su Internet potesse dare la possibilità di cogliere le sensazioni che danno i colori e la luce a un cieco dalla nascita, Tommy Edison non l’aveva calcolato: vedere il mondo attraverso i commenti dei propri follower. Speaker radiofonico di un’emittente locale del Connecticut, negli Stati Uniti, Edison è anche un blind film critic, un critico cinematografico cieco. Sul suo sito web commenta i dialoghi, le musiche e il sonoro delle ultime pellicole. Una critica originale che ha incuriosito tanti naviganti che lo hanno sommerso di domande su come riesca a fare questa attività, fino alle più semplici operazioni quotidiane. Ed è così che Tommy ha iniziato a fare foto. Spiegando come un cieco possa usare uno smartphone, fotocamera inclusa. Ora ha un profilo su Instagram, il più noto social network di fotografia sulla rete, con oltre 200 scatti e più di 30mila follower che lasciano commenti e impressioni su quello che vedono nelle sue foto. «Vedo un pavimento rosso e lucido – dice un follower a una sua foto scattata in treno –. Un uomo stanco guarda Alcune fotografie di Tommy Edison. In alto a destra, un autoscatto che lo ritrae fuori dal finestrino. Le luci all’interno del treno sono luminose e questo rende difficile fargli prendere sonno». È lo spiccato senso dell’umorismo a rendere Tommy una vera calamita sul web. «Una volta ho fotografato la natura e mi hanno detto che non potevo rovinarla così – racconta ridendo –. Ho ritratto anche me stesso, ma alla fine è venuta soltanto la narice sinistra del mio naso. È fantastico. Una volta mi hanno chiesto se faccio controllare le foto prima di pubblicarle. La risposta è no. È molto più divertente così». Alle domande più intriganti, risponde con un video che carica su Youtube. «Questa foto mi fa venire in 28 mente una domanda interessante – scrive uno dei suoi contatti commentando un’immagine –. Si può capire col bastone se c’è del ghiaccio in modo da non cadere?». E la video-risposta non tarda ad arrivare. Così come per quelli che gli domandano perché spesso i ciechi hanno gli occhi chiusi, o come fa a cucinare, contare banconote o prelevare al bancomat. «Mi chiedono spesso se posso vedere i miei sogni – racconta –. Non ho mai visto niente in vita mia e quindi non vedo nei sogni. È tutto olfatto, udito, gusto e tatto. È tutto quello che c’è per me e che si vede nei miei sogni». [Giovanni Augello] GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R AT STIVALFICTIONFU libri Il ragazzo che amava i cavalli ono diversi i romanzi, per adolescenti S Il cavaliere del silenzio di Gonzalo Giner è diviso in due volumi, pubblicati entrambi nel 2012 da Salani: Il figlio del buio (pagine 368, euro 14,90) e Il segreto della creazione (pagine 335, euro 14,90) e non solo, che negli ultimi anni hanno visto come protagonista un ragazzo autistico: da Ben X di Nic Balthazar a L’amico immaginario di Matthew Dicks, passando per Il mistero del London Eye di Siobhan Dowd, la differenza affascina gli scrittori e piace alla critica. Ma il caso del Cavaliere del silenzio di Gonzalo Giner, pubblicato in Spagna nel 2011 e tradotto in Italia alla fine del 2012 da Salani, è completamente diverso. E non solo perché è diventato un vero e proprio best-seller con all’attivo 100mila copie vendute in Patria, ma anche perché si tratta di un romanzo storico, ambientato nell’età del Rinascimento e diviso in due volumi: Il segreto della creazione e Il figlio del buio. Il protagonista è Yago, un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, una particolare forma di autismo ad alta funzionalità che – secondo alcuni – avrebbe colpito anche geni indiscussi del calibro di Isaac Newton, Albert Einstein e Michelangelo Buonarroti. Figlio illegittimo di un ricco proprietario terriero senza scrupoli e di un’umile serva, Yago mostra fin da subito un’eccezionale capacità di comprendere i comportamenti e le emozioni dei cavalli, ma troverà la propria realizzazione umana ed esistenziale solo al termine di un percorso lungo e doloroso. Infatti, dopo un’infanzia tragica in Andalusia e un viaggio avventuroso fino alle coste della Giamaica dove diverrà schiavo di un conquistador crudele e disumano, il ragazzo approderà poi nella Napoli del Rinascimento. Qui riuscirà finalmente a ricongiungersi con i suoi veri amici e a mettere a frutto il suo formidabile talento nella selezione e nella doma dei cavalli. Un cammino tortuoso che, passando per le mille peripezie imprescindibili in un romanzo storico e d’avventura, conduce alla presa di coscienza di sé attraverso il riconoscimento dei propri meriti e dei propri limiti. «Yago mi ha fatto innamorare – scrive l’autore nella postfazione –. Ho sofferto con lui durante la reclusione, la sua condizione di orfano, i primi esempi di un comportamento diverso e quasi sempre incompreso». Solo a me tà del secolo scorso, infatti, si è cominciato a utilizzare il termine autismo, mentre la sindrome di Asperger non è stata riconosciuta prima degli anni Ottanta. «Mi rendo conto che trattando questa sindrome da un punto di vista romanzato posso permettermi certe licenze narrative che spero non offendano gli specialisti di questi disturbi e ancor meno chi ne è affetto o i suoi familiari – aggiunge Giner –. L’unico motivo per cui il tema è trattato nel romanzo così com’è, è l’intento di avvicinare il grande pubblico a un problema che dev’essere inteso come un modo diverso di affrontare la vita e dunque non come una patologia». [A.P.] 29 AGGILIBRITEATRODANZAFOTOGRAFIAVID N O S EOMUSIC R NEPE ARADIOLIB O I S I V E RIRAG L FUMETTITE libri Quella dolorosa impermanenza dell’ amore e vie dell’innamoramento Disegni fissati sulla carta da Carlo Levi quando era temporaneamente cieco, nel 1973, dopo aver subito un intervento chirurgico agli occhi. Accompagnate da appunti autografi, oltre 30 tavole sono state esposte alla Casa della memoria e della storia di Roma fino all’inizio di marzo, nella mostra “Oltre il buio”. Le opere, gentilmente concesse dal collezionista Antonio Milicia, suscitano una riflessione sullo sviluppo formale e poetico della produzione dell’ultimo periodo dell’esistenza dell’autore di Cristo si è fermato a Eboli, scomparso nel 1975 a 73 anni. Le edizioni Ensemble hanno pubblicato un saggio con lo stesso titolo dell’esposizione, a cura di Pier Luigi Berto: testimonianze e riflessioni di chi ha conosciuto l’artista e scrittore, e di chi lo ha incontrato attraverso le sue opere. Sopra, un autoritratto di Levi. [L.B.] L sono infinite. Si può essere attratti dalle cose più inspiegabili, a volte dalla stessa debolezza di una persona. O da quella fragilità del corpo che fa apparire unico l’oggetto del desiderio, rendendolo più aderente alla fugace volatilità dell’oggi. Di questa materia, che contiene in sé attrazione, complicità, pietas, è fatto l’amore che il quarantaquattrenne Stanislav matura per la giovane Marina. I ragazzi di Patrasso del croato Zoran Zerić, pubblicato a fine 2012 per l’editore Zandonai, narra un’inedita storia d’amore. E non perché lui, sposato da undici anni, vive il suo matrimonio come una gabbia invisibile fatta di consolidate abitudini e tenerezze sempre uguali. Né perché lei, attraente e piena di vita, ha solo 17 anni e frequenta la scuola dove lui insegna. Fin qui, infatti, non ci sarebbe niente di nuovo. Senonché la storia assume un gusto dolce-amaro fin dai primi momenti. Quando si scopre che la giovane Marina manifesta i sintomi di una sclerosi multipla allo stadio iniziale: una condizione che illumina tutto il corso del breve e intenso amore con il professore in un continuo richiamo all’impermanenza dell’oggi. Lei vorrebbe tracannarsi la vita in un unico sorso, vagheggiando le dolcezze di una vecchiaia ordinaria e senza sorprese. Lui vive il paradosso di una relazione con una 30 Zoran Ferić I ragazzi di Patrasso Zandonai 2012 pagine 157, euro 13,50 donna tanto giovane, ma dal futuro già scritto. L’intero volume è, dunque, segnato dal disperato inno a un carpe diem che unisce insieme passato, presente e futuro. Un romanzo dove la malattia o l’handicap sono a tutti gli effetti parte della vita. E anzi l’autore non manca occasione di svelarli e metterli a nudo, in qualsiasi momento. Anche in circostanze insignificanti e fortuite, come il breve incontro a bordo di una scala mobile. Spiazza, infine, la domanda scomoda e diretta che il padre di una ragazza rimasta paralizzata in seguito a un incidente stradale rivolge al protagonista nelle prime pagine del romanzo: «Dico sul serio, cosa pensi dei disabili?». [A.P.] libri Le mille sfide di un campione ono un pilota, nonoLuca Corsolini Alex. Un inguaribile ottimista Aliberti 2012 pagine 107, euro 11 «S stante la vita abbia cercato di cambiare il corso delle cose. Ci sono stati dei momenti difficili, ma non ho mai perso l’entusiasmo di vivere. Ed è grazie a questo atteggiamento che ho avuto l’occasione di vivere ancora diverse occasioni di grande esaltazione». Così il bolognese Alex Zanardi si presentò sulla scena paralimpica, nel discorso inaugurale alla cerimonia di apertura di Torino 2006. Una frase in cui ci sono l’ottimismo dell’uomo e la caparbietà del campione. A raccogliere queste e altre testimonianze è il libro Alex. Un inguaribile ottimista, scritto da FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI N O I T TEATROD C ANZAFO IVALFI T S E F A GAZZIMOSTRECINEM Luca Corsolini (Aliberti editore): giornalista di Sky sport, nel 1990 ha portato per primo in tv il mondo paralimpico, di cui è tifoso, con la rubrica Giocare per vivere. Oggi Zanardi è atleta di successo, ma anche conduttore su RaiTre del programma Sfide. Dal libro emerge l’immagine di una persona serena, ironica, che accetta la sua condizione e, con lo sport, la sfida quotidianamente. Una disabilità che lo ha spinto oltre i propri limiti, se è vero che «prima la fatica la faceva il motore poi a Londra, nel 2012, da motore di se stesso ha vinto due medaglie d’oro e una d’argento». Eppure ad ascoltare Alex si ha sempre l’impressione della semplicità, della “normalità”. Attraverso fatti, situazioni, aneddoti, l’autore racconta in maniera inedita un atleta certamente “solare” e al tempo stesso determinato non a sfidare a muso duro la vita, ma a trattarla con dolce fermezza. Senza lasciare conti in sospeso. Come quando, a due anni dal terribile incidente avvenuto il 15 settembre 2001 – in cui ha perso le gambe –, nel 2003 è tornato sul circuito tedesco del Lausitzring: voleva completare gli ultimi 13 giri della gara interrotta. Un modo per chiudere un ciclo e riaprirne un altro. Diverso, ma non meno avvincente. «Quando correvo fino ai 400 all’ora sulle piste di tutto il mondo ero io da solo. Adesso, su quell’handbike, c’è mezza Italia che spinge con me. Sento che la gente mi vuole bene. Ma, in fondo, non ho fatto niente di speciale. Ho preso la bicicletta. E ho pedalato». [Daniele Iacopini] ragazzi Una zia fuori dagli schemi tratti somiglia a una storia A Sylvia Heinlein In fuga con la zia Edizioni San Paolo 2012 pagine 144, euro 13,50 on the road, per certi versi avvincente ed esilarante. Ma la fuga di Sara con la sorella di sua madre nasconde dietro l’ironia significati profondi. La ragazzina avverte che, in un mondo dove contano molto le apparenze (anche per i suoi genitori), la zia anticonformista esula non poco dagli schemi. E Sara è affascinata dalla dimensione comunitaria in cui zia Ubalda vive con altre persone disabili. La sua bassezza, le forme abbondanti e il ritardo mentale, dunque, non rappresentano un ostacolo per la nipotina, affezionata sinceramente a questa parente che la fa ridere con frasi talvolta disconnesse ma sempre schiette, tanto da far arrossire i benpensanti, e capaci di scardinare le rigide formalità. Quando la mamma di Sara decide arbitrariamente di trasferire altrove la sorella, la ragazzina si ribella e scappa insieme alla zia: una decisione di rottura, che apre però gli occhi a sua madre e ne sfonda i pregiudizi. Facendole posare su Ubalda uno sguardo più vicino e simile a quello di Sara, che accetta la zia nella sua unicità, senza falsi buonismi. Adatto a lettori dagli otto anni in su, ma anche agli adulti, In fuga con la zia è firmato dalla giornalista amburghese Sylvia Heinlein, che ripercorre nelle pagine il suo incontro personale con persone disabili. Per l’adattamento cinematografico di questo romanzo ha ricevuto una sovvenzione dal Centro di promozione media tedeschi. [L.B.] 31 Uno spot animato dell’Unicef contro il rischio emarginazione dei bambini disabili. Poco più di un minuto per mettere in guardia e dire no a ogni forma di discriminazione verso i più piccoli, compreso il diritto di poter giocare all’aria aperta con i propri coetanei. Il video d’animazione è stato voluto dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia «per sensibilizzare le famiglie, gli allenatori e le comunità di ogni Paese in merito al fatto che i bambini con disabilità – circa 93 milioni nel mondo – non dovrebbero mai essere esclusi dalle diverse attività, né a casa né a scuola e neppure nei parchi gioco», spiega Damijan Saccio, il disegnatore. «Il messaggio è che, una volta abbattute le barriere architettoniche, tutti possono contribuire a rendere universale la quotidianità, compresi i minori. Ma è stato difficile trovare una chiave comunicativa neutrale». Realizzato da Uvphactory, casa di produzione newyorkese, lo spot è on line sul sito Unicef.it e su Youtube. Peccato, però, che non abbia una voce narrante per i non vedenti. Ma questo «ha evitato di dover tradurre il video in più lingue». [M.T.] GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE A CINEMAFE STIVALFICTIONFUMETTITELEV musica Mister Eugenio: quando il rap è inemozione Lis silenziosa di can- L’ tare con le mani. Anzi, di far rap con le mani. Incastrando rime e versi a gesti, in brani dalle strofe che però risuonano mute. È quello che fa Eugenio Scarlato, il primo e unico rapper sordo d’Italia a esibirsi in lingua italiana dei segni (Lis) attraverso parole visive “segnate” gesticolando. Così che le canzoni non solo si ascoltano, perché una voce fuori campo recita il testo, ma si guardano anche. E ha scelto proprio il rap, forse il più verbale dei generi musicali, per esprimersi. Non solo: ha deciso di portare la sua arte sotto i riflettori, all’attenzione del grande pubblico televisivo. Partecipando, con la sua canzone muta “Dubbio dubbio” a Italia’s got talent, il talent show in onda su Canale 5 con Maria De Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerbi a fare da giudici. Dopo questa apparizione sul piccolo schermo, anche la stampa generalista e perfino il tg di ItaliaUno Studio Aperto hanno parlato di lui. Ma Eugenio Scarlato, classe 1981, calabrese di origine e bolognese d’adozione, nonché padre di una bimba di pochi mesi, si definisce un “Lis performer”: un artista completo quindi, impegnato da anni nell’opera di sensibilizzazione intorno alla tematica della sordità. Prima di dedicarsi alla musica, infatti, aveva già sperimentato le potenzialità espressive del linguaggio dei segni attraverso il teatro, recitando sempre a gesti e girando i palcoscenici di tutta Italia. Da Caltanisetta a Verona, passando per Roma, Avellino e Reggio Emilia, sia come attore di monologhi sia insieme al gruppo Camaleonte di Bologna, un’associazione che organizza eventi culturali promuovendo l’attività degli artisti sordi. Da qui, l’esplorazione delle capa- Nuovo successo per la British Paraorchestra. Poco prima di Natale, infatti, l’ensemble di musicisti disabili che ha debuttato alle Paralimpiadi di Londra 2012 è uscita con la propria versione di True Colors, realizzata insieme ai bambini sordi del coro The Kaos, che cantano anche in linguaggio dei segni, e alle voci di alcuni atleti paralimpici della nazionale britannica. Un’iniziativa alla Band Aid (il supergruppo inglese/irlandese guidato da Bob Geldof che negli anni Ottanta cità comunicative del corpo, e in particolare delle mani e della mimica facciale, è proseguita poi come cantautore di testi rap. La collaborazione con Alfonso Marrazzo, autore delle basi musicali e anch’egli non udente, gli ha permesso di dare ai suoi gesti il ritmo giusto, utilizzando un inedito mezzo espressivo tutto da sperimentare. Ma è difficile tradurre a parole una canzone “segnata” perché, come ha spiegato lo stesso rapper durante la sua apparizione televisiva a Italia’s got talent, si rischia di perderne un po’ il significato: «Le rime e le assonanze in Lis infatti sono visive», non uditive. Nonostante questo, Mr. Scarlato (questo il suo nome d’arte) ha già pronte altre «sette canzoni e in cantiere molte di più». [M.T.] si era riunito in favore dell’Etiopia), ma con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla mancanza di opportunità per i musicisti disabili e raccogliere fondi per sostenere la squadra paralimpica inglese che parteciperà ai Giochi invernali di Sochi 2014. Pur non arrivando in testa alla classifica delle canzoni natalizie più vendute, la British Paraorchestra ha avuto l’onore di esibirsi anche davanti alla regina Elisabetta a Buckingham Palace. [M.T.] 32 Sopra, Eugenio Scarlato al programma Italia’s got talent. A sinistra, il rapper durante un’esibizione improvvisata all’Aran pub di Roma RITEATRODANZAFOTOGRA NAGGILIB FIAVIDEO O S R E MUSICAR P E N ADIOLIBRIRA VISIO GAZZIMOSTRE Cinema Voci nel buio, filmoneè chiaro laboratorio perché Angelo, N un professore universitario che ha abbandonato la carriera accademica e oggi vive consegnando giornali di notte, abbia smesso di parlare. Sul muro di silenzio che ha alzato tra sé e il mondo pesa l’impotenza e la frustrazione per il sanguinoso sgretolamento della ex Jugoslavia con il carico di esistenze spezzate che ne è derivato e la sua vicenda personale: il figlio Giovanni ha perso la vista all’età di quattro anni e di questa perdita si sente, per oscure ragioni, responsabile. È un film intenso e commovente, che non lascia alcuno spazio al Scritta e diretta da Rodolfo Bisatti (nella foto qui sopra accanto al protagonista, Giuseppe Cocevari), la pellicola Voci nel buio è stata prodotta da Gianluca Arcopinto, Kineofilm e Studio Arkadena sentimentalismo, Voci nel buio di Rodolfo Bisatti, regista padovano trapiantato a Trieste. Ma la forza di questa pellicola è anche nella struggente normalità di una storia che per mantenere viva l’attenzione dello spettatore non fa ricorso a nessun tipo di additivo: la disperazione vive nei silenzi, il dramma non si trasforma mai in tragedia e, soprattutto, la cecità di Giovanni non ha nulla di spettacolare. Perché lui, il vero protagonista del film, è un adolescente intelligente e sensibile che, come spesso accade nella vita vera, si troverà costretto a salvare i suoi genitori dalla disperata incapacità di comunicare che si è abbattuta sulle loro vite. «Per me la disabilità è sempre stata un valore – racconta il regista –. Avevo una nonna cieca, che faceva l’insegnante elementare. Sono cresciuto con una persona che, pur non vedendo niente, mi spiegava tutto. Mi hanno educato i suoi silenzi, le sue meditazioni, il racconto orale della sua vita. Anche in seguito ho trovato sempre compagni di vita che, per una ragione o per l’altra, erano considerati “socialmente sgraditi” – prosegue –. Così ho cominciato ad associare la diversità all’idea di una riflessione più profonda. Come se chi si doveva dare molto da fare per emergere o semplicemente per restare dove stava divenisse, per questo motivo, portatore di un pensiero più complesso». La pellicola però non è la fine, ma solo l’inizio di un’avventura. Perché da quel lavoro è nato og- 33 gi un laboratorio di alfabetizzazione multisensoriale, gratuito, aperto a tutti e frequentato non solo da non vedenti, ma anche dai loro familiari e da tante persone interessate al cinema. «Formo i miei attori in laboratori che continuano dopo il film – sottolinea Bisatti –. Ma sia chiaro, non mi interessa il tema dell’integrazione fine a se stesso. Il vero problema sono i cosiddetti normodotati: in questo frastuono di suoni e di immagini sono loro che non sanno comunicare. Chi non vede ha spesso la capacità di raccontare un’immagine in modo straordinario. Non è una questione di fare del bene, ma lavorando con quelli che chiamiamo disabili si traggono enormi benefici. E allora il tema centrale non è l’integrazione, ma tornare alla fonte della comunicazione». Intanto gli incontri proseguono, ogni sabato dalle 9.30 del mattino fino a sera. Incessantemente, senza stancarsi mai. «E ora vorrei che questa esperienza si trasformasse in un laboratorio permanente a Trieste – conclude il regista –. È la scuola di cinema che ho sempre sognato». [A.P.] RUBRICHE Inail... per saperne di più Rosanna Giovèdi Menomazioni dell’apparato visivo. L’intervento dell’Istituto ci e/o tollerano con difficoltà altri tipi di protesi per gli assistiti con anoftalmo unilaterale. Ci sono, inoltre, le protesi su misura: due protesi a guscio in L’articolo 24 del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi vetro; una protesi a guscio in resina quando sia accertata la non idoneità del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno di quella in vetro; una in resina con la per il reinserimento nella vita di relazione” stabilisce tecnica dell’impronta nei casi di bulbi subatrofici che hanno conservato una quali dispositivi possono essere forniti agli infortunati certa sensibilità e tollerano con difficoltà altri tipi di protesi per gli assistiti on l’obiettivo di proseguire il per- te a contatto per correzione adeguata con bulbi subatrofici o cavità anoftalcorso teso a realizzare un model- agli assistiti con differenza di rifrazio- miche insufficienti. lo sempre più evoluto di “presa in ne fra i due occhi (es: afachia monolacarico” del lavoratore infortunato e/o terale, astigmatismo post-traumatico, Nei casi in cui al lavoratore intecnopatico, l’Inail ha ravvisato la ne- ecc.) nei casi in cui sia comprovata la fortunato e/o tecnopatico sia sopragcessità di adeguare il “Regolamento non tollerabilità agli occhiali; lenti ar- giunta, a seguito dell’evento lesivo, la per l’erogazione agli invalidi del lavo- tificiali intraoculari o, se ritenute ne- cecità completa o la riduzione grave ro di dispositivi tecnici e di interventi cessarie, lenti a contatto o un paio di della vista (con residuo visivo non sudi sostegno per il reinserimento nel- occhiali correttivi adeguati; lenti arti- periore a 1/10 per entrambi gli occhi la vita di relazione” al costante pro- ficiali intraoculari e lenti corneali od con correzione) possono essere pregresso scientifico e tecnologico che ha occhiali correttivi adeguati, nei casi scritti un paio di occhiali affumicaconsentito, in questi ultimi anni, di in cui la correzione delle sole lenti in- ti e protesi in cristallo o in resina ove ottenere prodotti sempre più evoluti e traoculari risulti insufficiente per gli applicabili; un orologio tattile o vocale più efficienti dal punto di vista del lo- assistiti con afachia sia mono che bi- da polso o da tasca; un bastone bianro utilizzo, procedendo, nel contem- laterale; un paio di occhiali affumicati co rigido o pieghevole; altri eventuali po, a una ridefinizione delle modalità protettivi o – ove preesistano vizi di ri- ausili percettivi e/o tecnici del tipo ridi fornitura di alcuni dispositivi tecni- frazione nell’occhio non infortunato – tenuto più idoneo (tastiere Braille per ci. Le attività svolte dall’Inail mirano a un paio di occhiali correttivi, nonché pc, sistema di riconoscimento ottico favorire il recupero dell’integrità fisica protesi oculari su misura. In partico- testi, sintesi vocale per cellulari, ecc.). Agli ipovedenti (gravi, medio-grae psichica delle persone con disabilità lare: due protesi in vetro; una protesi da lavoro, attraverso gli strumenti fon- oculare in resina quando sia accertata vi e lievi) possono essere forniti altri damentali per l’attuazione del sistema la non idoneità a quella in vetro; una ausili percettivi e/o tecnici del tipo ridi “tutela globale e integrata” che l’I- protesi in resina con la tecnica dell’im- tenuto più idoneo (video ingranditostituto intende garantire ai propri as- pronta nei casi di cavità orbitarie che ri, software ingrandenti con o senza hanno subito gravi danni anatomi- sintesi vocale), nonché apparecchi per sicurati. telefonia (fissa e mobile) a tasti inL’articolo 24 del Regolamento granditi. Ai fini della fornitura delle dispone che agli assicurati con menolenti a contatto e delle lenti intraomazioni dell’apparato visivo possano culari si dovrà tener conto anche delessere prescritti: un paio di occhiala tollerabilità del dispositivo, dell’età del soggetto e del tipo di attività lavoli correttivi adeguati per gli assistiti con disturbi di rifrazione; un paio rativa eventualmente svolta. Le lenti di occhiali affumicati protettivi o cora contatto potranno essere prescritrettivi ove preesistano vizi di rifraziote del tipo rigido, semirigido, morbine nell’occhio non infortunato per gli de, secondo le indicazioni del medico assistiti con amaurosi unilaterale con proscrittore; sono escluse dalla forniconservazione del bulbo oculare; lentura le lenti di natura estetica. I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg C 34 RUBRICHE Senza barriere Daniela Orlandi Casa per tutti. Il vademecum Quando si acquista un appartamento non sempre si tengono nella dovuta considerazione eventuali necessità future. E invece sarebbe utile porsi alcune utili domande. Per identificare una casa flessibile e adattabile al mutare dell’età Q uando si decide di acquistare una casa le valutazioni da fare sono molte: il luogo, i collegamenti viari, la rete dei trasporti, i servizi disponibili nelle vicinanze, le possibilità di parcheggio, la superficie dell’alloggio, il piano, la visuale, la distribuzione dei vari spazi interni e altre variabili. Aspetti considerati ovviamente dopo la valutazione del prezzo. A tanti pensieri, bisogna aggiungere un interrogativo: come facciamo a sapere se quella specifica casa che abbiamo scelto è comoda e agevole per i bambini che verranno, per quando saremo anziani o anche per noi stessi se viviamo una disabilità? Una variabile spesso trascurata è quella relativa alla possibilità di trasformare lo spazio che abbiamo acquistato o intendiamo acquistare, ovvero se la casa è “modificabile” e adattabile alle trasformazioni dello stato di salute di chi vi abita. Non ci si pensa, ma l’età porta con sé alcune difficoltà, così lo stato di disabilità oppure l’arrivo di neonati: una casa che poteva sembrare comoda per una coppia normodotata può diventare scomoda. Scale, ingressi con scalini, servizi igienici in spazi inadeguati. Utile, in questo senso, un vademecum. Ovvero, come riconoscere una casa flessibile e adattabile al mutare dell’età: alcune domande aiutano chi compra o sta per comprare a capire meglio. Esiste, per esempio, almeno un percorso accessibile, cioè privo di ostacoli, strettoie o possibili fonti di pericolo, dall’esterno all’ingresso fino alle parti comuni? Esiste un percorso accessibile dall’atrio all’appartamen- 35 to? Le parti comuni del condominio sono accessibili? Se ci sono gradini è prevista una rampa o un mezzo meccanico di sollevamento come una piattaforma elevatrice, un servoscala, un ascensore come alternativa? In caso di alloggio ubicato in un piano diverso da quello dell’ingresso c’è un ascensore che conduca al suo piano? In caso non ci sia l’ascensore, è stato previsto uno spazio per una sua futura installazione? In caso di alloggi duplex (su due piani), la scala interna è abbastanza ampia da alloggiare un servoscala oppure è stato previsto lo spazio per alloggiare un meccanismo di sollevamento (piattaforma elevatrice o ascensore) in un secondo momento? Le porte e i corridoi all’interno dell’alloggio sono sufficientemente ampi? Controllate che siano almeno 75 centimetri per le porte e 120 centimetri per i corridoi. Esiste la possibilità di arrivare al bagno avvicinandosi al lavandino e al water se una persona è su sedia a ruote? Controllate che il percorso per raggiungerli sia privo di ostacoli e strettoie (ovvero porte di ampiezza pari o superiore a 75 centimetri e altri passaggi di ampiezza variabile tra i 90 e i 120 centimetri). Dopo aver risposto alle domande e agli interrogativi del vademecum, verificate se anche con gli arredi esistono comode possibilità di percorrenza all’interno dell’alloggio. Nell’alloggio arredato è possibile avere in alcuni luoghi, come il soggiorno o la zona pranzo, una comoda fruizione interna. Per comoda intendiamo spazi liberi dal diametro di 150 centimetri, almeno. RUBRICHE Lavoro Giorgia Di Cristofaro Impiegati di notte. Gli esoneri per la disabilità I lavoratori disabili e i loro familiari risultano tra le categorie esonerate. Ma è comunque necessario il giudizio di idoneità emesso dal medico competente. A meno che la deroga non sia prevista dall’atto di assunzione o dalla convenzione tra datore di lavoro e Servizio di collocamento I l lavoro notturno è previsto in una moltitudine di contratti. In quelli collettivi, tuttavia, esistono alcune tipologie di lavoratori che, per le tutele di cui godono, ne sono esonerati: tra questi, le persone con disabilità e i loro familiari. L’esonero non può essere derogato né dai contratti collettivi né tantomeno da accordi individuali tra lavoratore e datore di lavoro. Le definizioni di lavoro e di lavoratore notturno sono affronta- te nel D.Lgs 532/1999 (art.2), nel D.Lgs 66/2003 (art 1 comma 2) e nel D.L. 112/2008 convertito in legge 133/2008. Il lavoro notturno va inteso come quella attività svolta nel corso di un periodo di almeno sette ore consecutive, comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino. Il lavoratore notturno è colui che svolge durante il periodo notturno in via non eccezionale almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero o colui che svolge in via non eccezionale almeno una parte del suo orario normale durante il periodo notturno. Questa parte è definita dalla contrattazione collettiva. In mancanza di specifica disposizione nel contratto collettivo, è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, per almeno 80 giorni l’anno, lavoro notturno nell’ambito dei limiti temporali sopra specificati. In definitiva, come precisa la circolare del ministero del Lavoro n. 13/2000, per poter essere considerato lavoratore notturno, il prestatore di lavoro deve svolgere le proprie mansioni di notte in via normale: la prestazione, quindi, non deve avere carattere di eccezionalità. Circa la locuzione “a proprio carico”, il ministero del Lavoro con la risoluzione n. 4 del 6 febbraio 2009 all’interpello della Confindustria ha fornito alcune precisazioni. Il ministero si rifà alle indicazioni della legge 104/1992 sostenendo che la definizione “a proprio carico” vada ricollegata e resa omogenea a quanto disposto da quella norma a proposito della conces- 36 sione dei permessi lavorativi. Pertanto il disabile va considerato “a proprio carico” anche ai fini dell’esenzione dal lavoro notturno quando il lavoratore presti a questi effettiva assistenza. Il ministero riprende, a tal proposito, le indicazioni della circolare Inps 23 maggio 2007 n. 90, adottando il principio che «tale assistenza non debba essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità». La risoluzione ministeriale conclude che «solo il soggetto che risulti già godere dei benefici della legge n. 104/1992 – o possederne i requisiti per goderne – secondo gli attuali criteri normativi e giurisprudenziali richiamati potrà richiedere l’esonero dalla prestazione dal lavoro notturno». L’inosservanza del divieto di adibire il lavoratore che ne abbia i requisiti, a prestare lavoro notturno, è punita dalla legge. L’esonero dal lavoro notturno riguarda anche le persone con disabilità. La normativa non parla di uno specifico esonero se non nei casi previsti per tutti gli altri lavoratori: ovvero un giudizio di inidoneità al lavoro notturno emesso dal medico competente nello svolgimento dei suoi compiti di sorveglianza sanitaria in base alla normativa sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 41 del decreto legislativo n. 81/2008). Inoltre, per quanto riguarda il lavoratore invalido, l’esonero dal lavoro notturno potrebbe essere richiesto o previsto all’atto dell’assunzione o nella convenzione tra il datore di lavoro e l’agenzia di collocamento che ha dato luogo all’assunzione, in base alle norme sul diritto al lavoro dei disabili che prevedono il collocamento mirato. l’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Esami Ho bisogno di chiarire un dubbio per quanto riguarda l’esame di Stato per alunni disabili con Pei (Progetto educativo individuale) differenziato frequentanti la scuola superiore. L’attestazione rilasciata dalla scuola indicante le competenze raggiunte dall’alunno che non sostiene l’esame ha la stessa spendibilità e lo stesso valore in campo lavorativo della certificazione di competenze rilasciata dalla commissione esaminatrice se l’esame viene invece sostenuto? I l rilascio dell’attestato finale, predisposto dalla scuola di appartenenza, deve tenere presenti tutte le informazioni indicate dall’art. 13 comma 2 Dpr n. 323/98 che recita ai commi 1, 2 e 3: «(1) La certificazione rilasciata in esito al superamento dell’esame di Stato, anche in relazione alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea, attesta l’indirizzo e la durata del corso di studi, la votazione complessiva ottenuta, le materie di insegnamento ricomprese nel curriculum degli studi con l’indicazione della durata oraria complessiva destinata a ciascuna, le competenze, le conoscenze e le capacità anche professionali acquisite, i crediti formativi documentati in sede d’esame. (2) Qualora l’alunno in situazione di handicap abbia svolto un percorso didattico differenziato e non abbia conseguito il diploma attestante il superamento dell’esame, riceve un attestato recante gli elementi informativi di cui al comma 1. (3) I modelli per le certificazioni di cui al comma 1 sono predisposti dal Ministero della pubblica istruzione». Per altre informazioni, può consultare la circolare ministeriale 20 luglio 2001, n. 125, sui modelli di certificazione per gli alunni in situazione di handicap. Ausili Scrivo per sapere se il televisore è considerato a tutti gli effetti un ausilio tecnico-informatico e, quindi, sottoposto a tutte le agevolazioni di legge oppure no. Sono il genitore di un ragazzo disabile intellettivo audioleso. P er quanto riguarda l’elenco dei sussidi tecnici e informatici che rientrano nel beneficio, non è mai stata stilata una vera e propria lista. Quindi, dalla prescrizione del 37 medico specialista della Asl di appartenenza deve risultare il collegamento funzionale con le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, sia di comune reperibilità, sia appositamente fabbricati. Inoltre deve trattarsi di sussidi da utilizzare a beneficio di persone con menomazioni permanenti di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio e per conseguire una delle seguenti finalità, cioè assistere la riabilitazione e facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso all’informazione e alla cultura. pinzillacchere IL FRANCOBOLLO DEL MESE di Gian Piero Ventura Mazzuca Anche in Italia il valore è in Braille L e differenze tra numismatica e filatelia non sono solo il materiale e la forma, metallico e tondo per la prima, di carta e rettangolare quello usato per la seconda ma, ben più importante, è stata la decisione di utilizzo del sistema Braille. Le monete lo hanno seguito da molto tempo e diffusamente, i francobolli invece molto meno, ma è di questi ultimi l’aspetto che seguiamo con maggior interesse. Louis Braille è vissuto nella prima metà del XIX secolo in Francia. Rimasto cieco giovanissimo per un infortunio, è successivamente riuscito a inventare l’alfabeto utile alla scrittura e alla lettura per i non vedenti, prima di morire di tubercolosi a meno di 50 anni. In Italia il primo choc francobollo dedicato al linguaggio Braille, e quindi sovraimpresso per renderlo leggibile anche ai ciechi, è arrivato nel 2004 in un’emissione di due valori insieme a un altro dedicato a Santa Lucia, nel XVII centenario del suo martirio, questo però non sovraimpresso. Negli altri Paesi molte sono invece le emissioni effettuate in tale direzione, ma questo lo racconteremo prossimamente. sex therapy In Inghilterra la prima “casa di piacere” per persone disabili L a notizia ha fatto discutere tutto il Regno Unito e non solo. Si tratta del primo “bordello” per persone disabili che dovrebbe aprire, nel 2014, nel Buckinghamshire. L’idea è venuta a Becky Adams, un’ex tenutaria di case di appuntamenti che, poco più di un anno fa, una volta finita la professione, ha dato vita all’associazione ParaDoxies per mettere in contatto la domanda di prestazioni con l’offerta (volontaria e gratuita). Constatato però che non tutti gli “appartamenti privati” sono accessibili, ecco allora l’idea di creare quello che lei stessa ha definito «un centro per la salute e l’educazione sessuale delle persone con disabilità» privo di barriere. Madame Adams, che ha detto di aver investito circa 75mila euro nel progetto, ha dichiarato alla Bbc di aver già ricevuto molte mail sia da parte di futuri clienti sia da parte di escort, ex infermiere o altre collaboratrici che comunque hanno lavorato in strutture per disabili. Peccato che in Inghilterra le “case chiuse” siano illegali. Ma per Becky Adams non si tratta di prostituzione: i rapporti a pagamento sarebbero «un diritto» e il mezzo per poter «educare le persone disabili a una sana sessualità e a conoscere meglio il loro corpo». [M.T.] Ditelo chiaramente che non ci volete C erto che in Francia, in materia di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, fanno davvero sul serio. Nel suo blog su Superabile.it Matteo Schianchi racconta di quando, girando tra alcune delle vie più frequentate di Parigi, ha notato i manifesti di una campagna contro le barriere architettoniche lanciata dall’Association des paralysés de France (Afp). Il messaggio è esplicito: dite chiaramente che non volete le persone disabili tra voi, perché altrimenti la maggior parte dei locali sarebbe accessibile. Cosa che invece non è. «Vedere questo tema, pubblicizzato come una birra qualsiasi, alla portata di chiunque mi ha felicemente sorpreso. Il tema è facile, chiaro: il limite non è la patologia, ma sono le barriere che impediscono a chiunque di muoversi liberamente, di stare tra gli altri, indipendentemente dalla disabilità», commenta Schianchi. Poi questa felicità si è interrotta. «Ancora qua? La questione mi pare troppo ovvia da poter suscitare ancora qualche moto. Ma, come sappiamo, spesso bisogna ripartire dall’Abc». [M.T.] 38 a ciascuno il suo Bambole “buone”. Oltre ogni limite U na volta erano solo un giocattolo per bambine. Ora sono diventate educative, sensibilizzanti, provocatorie, psico-terapeutiche e, da qualche anno, perfino disabili. Parliamo di bambole. Dalla Barbie in sedia a ruote (era il 1997) a quella pelata perché malata di cancro, richiesta alla Mattel appena un anno fa dal gruppo americano Facebook “Bella e calva”, che negli Stati «bambola handicappata Uniti ha già portato alle Bratz e Moxie Girlz senza capelli True da trattare come una vera deficiente» – così recita la hope. scritta sulla confezione – voluta dalla Cooperativa per la vita indipendente di Göteborg (Svezia), che lo scorso anno ha fatto molto discutere, anche se l’intento era chiaramente provocatorio: dire basta a pietà, buonismi e al fatto che spesso le persone disabili vengono trattate come bambini. Ma ci sono anche Dalla Baby down (prodotta in Spagna e nel 2009 distribuita in Italia dalla cooperativa sociale “Il martin pescatore”) agli altri bambolotti dai tratti somatici “tipici” della Trisomia 21, che si possono acquistare sui siti web di prodotti medicali. Fino alla semplice e adatto all’età del bambino, perché la fantasia e l’imitazione degli adulti fanno il resto. Ha senso, allora, spingere così tanto sul meccanismo di identificazione con il giocattolo, anche se si tratta di favorire l’accettazione di sé? E se invece la funzione è quella di educare alla diversità, allora perché non una bambola obesa, amputata o cieca? gli ausili per bambolotti e quello con sei pulsanti sulla pancia per aiutare i piccoli non vedenti a imparare l’alfabeto braille. Negli anni Settanta c’erano Cicciobello nelle versioni “Angelo nero” e “cinese”: chissà se hanno influito sulla nostra idea di immigrazione. [M.T.] Nella pedagogia steineriana la bambola è l’immagine dell’essere umano, formato non solo dal corpo fisico ma anche dal corpo delle forze vitali, delle forze dell’anima e dell’Io. Ma per Rudolf Steiner il bambolotto doveva essere 39 Nelle foto, gli “accessori” per bambolotti di “B Indipendent” e, in alto al centro, le Sew Able dolls di “Sew dolling”. Tutti acquistabili on line sui siti web delle due aziende statunitensi. Cercando “bambola disabile” su Google, i risultati superano quota 330mila. pinzillacchere IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carla Chiaramoni GusTop via Selvanesco, 77 20142 Milano [email protected] www.gustop.it Tel. 02.89309263, 346.8778737 In cucina Roberto (coordinatore), Cristian, Davide, Giancarlo e Marcelo Chiusura a cena, sabato e domenica Coperti 85 (35 all’aperto) Locale accessibile Prezzo pranzo completo 9 euro (self service) è un modo di “ C ucinare dare: ecco la garanzia di un buona cucina!”. La scritta che accoglie i clienti di questo nuovo locale milanese invoglia e dimostra una giusta visione dell’antica arte del nutrire. Ancor più significativa perché in questo ristorante selfservice, aperto da qualche mese alla periferia Sud della città, lavorano ragazzi disabili: sette delle undici “persone genuine” che si occupano del servizio sala e cucina. A gestire GusTop due importanti realtà del terzo settore: “Via Libera”, cooperativa sociale specializzata nell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, e “L’Impronta” onlus, che opera con persone disabili e che – per il suo arte floreale I stagione è invece il riso noci e gorgonzola. Non mancano poi ogni giorno un secondo di carne e uno di pesce. Anche i dolci sono homemade: una sicurezza la torta di mele e cannella e quella di pere e cioccolato. L’offerta sicuramente non delude i vegetariani. Il prezzo è assolutamente adeguato all’offerta: menù completo a meno di dieci euro, caffè compreso. Accettati i più importanti ticket della ristorazione. Avviata anche l’attività di catering per la realizzazione di eventi. Il servizio bar è aperto dalle 7 di mattina. hi-tech “Germogli diversi”: piante in cattedra mparare l’arte delle composizioni floreali e riprodurle su ceramica attraverso la pittura. Questo e altro durante i corsi gratuiti nell’ambito del progetto “Germogli diversi”, promosso dall’Unitalsi e finanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Partito nel settembre scorso, sta coinvolgendo in tutta Italia soci unitalsiani malati e non, anziani, disabili e giovani disoccupati. Che si cimentano con fiori e rami, foglie e frutti per cre- impegno – nel 2011 è stata insignita dell’Ambrogino d’Oro. Una scelta maturata e consolidata da due anni di lavoro, scanditi da formazione e studio di fattibilità. Il locale, accogliente, predilige i toni naturali e luminosi. Offre un menù essenziale ma curato, pensato per accontentare chi vuole una pausa dal lavoro sana e salutare. Dalle 12 alle 14.30 si può scegliere tra primi, secondi, insalatone, contorni, frutta e dolci. I piatti seguono la stagionalità. Da non perdere, quindi, le zuppe con verdure fresche. Senza are ornamenti destinati ad abbellire chiese e cerimonie. Fonte d’ispirazione? Versi della Bibbia e della letteratura. Il percorso punta anche a un possibile sbocco professionale per le persone disabili. Che sviluppano competenze per progettare in autonomia o per lavorare in aziende del settore. Non solo: la manipolazione dei materiali agisce positivamente sull’emotività. Al termine dei cicli formativi, prima dell’estate, sarà costituita un’associazione culturale. [L.B.] 40 Brailletouch, un’app per chi non vede S crivere in Braille sull’iPhone e poi esportare quanto si è scritto in una mail o in un sms oppure postarlo su Facebook e Twitter. Si chiama Brailletouch la nuova app che permette a chi non vede di raggiungere una velocità di scrittura di oltre 23 parole al minuto, con punte di 32 parole, molto maggiore di quella che si ottiene utilizzando la tastiera Qwerty virtuale, con cui è possibile digitare in media dalle 10 alle 15 parole ogni 60 secondi. Inoltre con Brailletouch si possono usare e creare tutte le combinazioni di punti che formano l’alfabeto Braille, senza bisogno di vagare sulla tastiera dell’iPhone alla ricerca della lettera giusta, per poi inserirla sollevando il dito o toccando due volte lo schermo. È così, infatti, che i non vedenti utilizzano i dispositivi dotati di touch screen. Infine, questa nuova app permette anche a chi vede di imparare il Braille, mostrando a schermo quello che si scrive, in modo da familiarizzarsi con le diverse combinazioni di punti. [A.P.] Assistente sessuale LE PAROLE PER DIRLO percorso a ostacoli di Franco Bomprezzi Fatti una “skarrozzata”. Almeno per provare È la parola più di moda. Provoca emozioni, suscita diffidenze, inquieta e affascina. Se ne parla, ma non si dice. L’assistente sessuale è un tabù nel tabù. Le persone con disabilità sanno benissimo che il sesso è il problema numero uno, da quando si è in grado di discernere amicizia e attrazione fisica e sentimentale. Da quel momento in poi ci si accorge, davvero, della disabilità. Non esiste una ricetta facile, si sa. È un diritto ma non lo si può esigere, almeno nel senso banale che non si può obbligare nessuno a volerti bene e a dimostrarti l’amore in modo fisicamente sensibile. Ed ecco spuntare, negli ultimi tempi, l’attrazione fatale per una figura “professionale”, celebrata dal cinema (che si limita, quasi sempre, a raccontare gli anfratti della realtà, precedendo o seguendo il sentire comune). L’assistente sessuale, ossia un professionista del sesso, che si mette a disposizione delle persone che da sole non potrebbero neppure eccitarsi. Naturalmente in Italia non c’è niente di tutto ciò, almeno a livello ufficiale. Il fatto è che questo modo un po’ contorto di affrontare la questione sembra orientato quasi esclusivamente al maschile. Ossia nell’immaginario collettivo, con un po’ di pruderie che non guasta, l’assistente sessuale è donna, e il destinatario delle attenzioni professionali è un uomo. Il contrario non risulta. Non ho mai sentito parlare di assistenti maschi per le ragazze o le donne con disabilità. Al fondo rimane forse quell’archetipo mai rimosso, in base al quale sono gli uomini ad avere bisogno in ogni caso di soddisfare l’istinto sessuale. Ma sappiamo che non è vero. Il merito di questa parola “magica” è di far uscire dal limbo la situazione di tante famiglie, specie quelle in cui la disabilità non è solo fisica, ma riguarda le capacità intellettive e di comunicazione. In queste situazioni, oltre al tabù, cade il silenzio, un muro di non detto, di indicibile. T utti in carrozza, o meglio in “carrozzina”, per capire cosa significano davvero le barriere architettoniche. E allo stesso tempo per sensibilizzare la gente, bambini compresi, sul tema dell’accessibilità. Sono le “skarrozzate”, percorsi in sedia a ruote a ostacoli (o in giro per la città) aperti a chiunque e soprattutto a chi disabile non è. L’idea è venuta due anni fa a Enrico Ercolani, un geometra di 31 anni che vive a Bologna e che nel 2009 si è rotto l’osso del collo in montagna durante una discesa in bicicletta. «Da quel giorno la mia vita è cambiata», racconta. Si è dato alla pittura e poi ha iniziato a organizzare queste 41 strane passeggiate grazie all’aiuto di Costanza Guarenghi, dell’associazione “Macondo suoni di sogni”, della Asl e delle sanitarie che hanno prestato le sedie a ruote. “Camminate” che hanno avuto come testimonial l’attore Alessandro Bergonzoni. Obiettivo della prossima “skarrozzata”, a maggio, «coinvolgere anche le disabilità sensoriali e far provare la sedia ruote a sindaco, amministrazione cittadina, professionisti del settore edile e teorici dell’accessibilità perché – come spiega il promotore – per comprendere le barriere architettoniche, occorre la pratica». Per saperne di più: Enricoercolani.it. [M.T.] dulcis in fundo 42 Tutto è... SuperAbile! Clicca su SuperAbile, il Contact center integrato dell’Inail, che dal 2000 si dedica alla disabilità. SuperAbile è il più completo sistema di comunicazione al servizio degli infortunati sul lavoro e delle persone disabili. Un’esperienza unica in Italia e in Europa, che fornisce informazione quotidiana e consulenza attraverso il suo sito web e il suo Call center. Con un unico obiettivo: favorire la piena integrazione sociale, culturale e lavorativa. 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