la rilevanza della colpa lieve nell`ambito della attività medica
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la rilevanza della colpa lieve nell`ambito della attività medica
Archivio selezionato: Dottrina GRADO DELLA COLPA E LINEE GUIDA: UNA VENTATA D'ARIA FRESCA NELLA VALUTAZIONE DELLA COLPA MEDICA Cassazione Penale, fasc.5, 2014, pag. 1670B Sira Grosso - Perfezionanda in diritto penale - Scuola Superiore Sant'Anna Classificazioni: OMICIDIO COLPOSO E LESIONI PERSONALI COLPOSE - Lesioni personali colpose 1. PREMESSA: IL CASO AFFRONTATO DALLA CORTE E I PUNTI OGGETTO D'ANALISI Il caso da cui trae origine la sentenza in commento riguarda un intervento svolto in clinica privata conclusosi con esito infausto. Più in particolare l'imputato, un medico chirurgo, nel contesto dell'asportazione di un'ernia discale recidivante, procurando lesioni alla vena e all'arteria iliaca della paziente, ne cagionava il decesso in seguito alla grave emorragia provocata dalla lesione. Il giudizio di merito, tanto in primo che in secondo grado, accertava la responsabilità colposa del sanitario ritendo sussistente la violazione della regola precauzionale, cristallizzata in una linea guida, che prevede di non agire ad una profondità superiore a 3 centimetri. Contro la sentenza di condanna l'imputato aveva proposto ricorso invocando – per quel che qui interessa – da un lato, l'assenza della violazione di una guideline quale quella invocata dai giudici di merito nella sentenza impugnata, dall'altro, l'applicazione al caso di specie del novum legislativo dell'art. 3, d l. 13 settembre 2012, n.158, conv. in l. 8 novembre 2012, n. 189, che stabilisce che «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve» (1). La difesa, in particolare, sottolinea la necessità di un nuovo accertamento dell'«esistenza di una buona pratica chirurgica che imponga di non introdurre l'ago a non più di 3 centimetri e se, con riguardo alle accreditate linee guida, vi sia colpa non lieve». Proprio in riferimento a quest'ultima doglianza il ricorso viene accolto: la suprema Corte, annulla la sentenza di secondo grado, ritenendo che l'intervento legislativo abbia prodotto un'abolitio criminis parziale con riferimento alle fattispecie colpose (omicidio e lesioni personali) commesse dagli esercenti la professione sanitaria. Pertanto, in seguito alla nuova nor mativa, il medico che, nel rispetto delle linee guida, cagioni un evento pregiudizievole per il paziente con colpa lieve, non realizzerebbe un fatto tipico ai sensi degli artt. 589 e 590 c.p. Sebbene la conclusione nel senso dell'abolitio criminis parziale realizzata dalla nuova normativa rappresenti la parte massimata della sentenza, essa costituisce solo uno dei nuclei della motivazione che, per il tenore delle problematiche affrontate, merita di essere scandagliata con cura. Pertanto, al fine di un'analisi che ripercorra i punti nodali della sentenza, il discorso sarà ripartito in due parti ideali. Nella prima fase del lavoro lo sguardo sarà rivolto alla ricostruzione del grado della colpa offerta dall'organo giudicante. In particolare verrà messo in luce come la sentenza riveli un'insolita sensibilità per le questioni afferenti al momento soggettivo della cosiddetta colpevolezza colposa, aprendo nuovi spiragli per una maggiore valorizzazione della stessa nella successiva giurisprudenza. E tuttavia, alla luce della ricostruzione del grado della colpa, così come elaborata dalla sentenza in commento, non congrue appaiono le conseguenze che se ne fanno derivare in merito all'incidenza dello stesso sulla tipicità del reato. Alcuni rilievi critici saranno rivolti proprio alla qualificazione come tipico del fatto commesso dall'operatore sanitario, nel rispetto delle linee guida e con colpa lieve. In un secondo momento, invece, ci concentreremo sull'analisi svolta dai giudici di legittimità circa la natura delle linee guida, con particolare riferimento all'interrogativo se esse possano essere qualificate alla stregua di regole cautelari, richiamando, ai fini dell'inquadramento della questione, le principali posizioni della dottrina. 2. IL PROCEDIMENTO DI GRADUAZIONE DELLA COLPA: LA CONSIDERAZIONE DELLA DUPLICE RILEVANZA DELL'ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA TEORIA DEL REATO L'esame della ricostruzione del grado della colpa costituisce il primo passo da muovere nell'analisi della sentenza. Non può non essere rilevato, anzitutto, come si tratti della prima volta in cui un organo giudicante affronti la questione definitoria di cosa debba intendersi per colpa lieve e, specularmente, per colpa grave. Peraltro, una precisa descrizione dei due concetti costituiva, in virtù della nuova norma, una tappa obbligata (2), data l'irrilevanza penale che essa istituisce, a certe condizioni, per la colpa lieve del medico. Nella ricostruzione dell'istituto del grado della colpa l'organo di legittimità, dato atto dello scarso approfondimento in giurisprudenza, attinge dal pioneristico lavoro di Tullio Padovani (3). Dal saggio in questione viene in particolare ripresa l'idea che il grado della colpa costituisca un coefficiente misurabile e ricavabile in termini di diretta proporzionalità sia avendo riguardo del quantum dell'inosservanza della regola cautelare, sia con riferimento all'esigibilità della condotta richiesta al soggetto. Ripercorrendo tali orme, dunque, la sentenza, al fine di individuare le nozioni di colpa lieve e colpa grave, ritiene di dovere distinguere due fondamen tali momenti: mentre nel primo assumono rilievo elementi che attengono alla sfera oggettiva dell'illecito, nel secondo incidono considerazioni attinenti alla persona dell'autore (4). Sotto il primo profilo – osservano i giudici – «poiché la colpa costituisce la violazione di un dovere obiettivo di diligenza, un primo parametro attinente al profilo oggettivo della diligenza riguarda la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si doveva attenere. Occorrerà cioè considerare quanto ci si è discostati da tale regola» (5). Viene in rilievo, in questo momento, l'individuazione della norma cautelare che l'agente deve osservare. Da questo punto di vista, il grado della colpa sarà direttamente proporzionale alla gravità della condotta inosservante: più sarà ampio lo scarto della condotta dell'agente rispetto al comportamento diligente, più il grado della colpa tenderà ad innalzarsi. Più concretamente, sotto questo versante, i giudici qualificano come rimarchevole l'errore consistito nel seguire le linee guida nonostante fattori riconoscibili non lasciassero residuare dubbi sulla necessità di un intervento difforme e personalizzato alla peculiare situazione del paziente. Tuttavia ritiene la Corte che – anche in questi casi – serviranno ad attenuare il grado della colpa sul versante oggettivo elementi quali la complessità del caso clinico, l'oscurità del quadro patologico, nonché la novità o atipicità della situazione data (6). Una volta conclusosi il giudizio sullo scarto della condotta dell'agente rispetto alla cautela doverosa, l'organo di legittimità ritiene necessario individuare un secondo passaggio ai fini della determinazione del grado della colpa. Qui il punto più rivoluzionario della sentenza nel quadro giurisprudenziale attuale: l'analisi del profilo più propriamente soggettivo si inserisce, infatti, in quella che viene scandito come secondo momento della ricostruzione del grado della colpa. Sotto questo punto di vista, statuisce la Corte, è necessario fare riferimento al potere dell'agente di adeguarsi alla regola cautelare violata sia in ragione delle sue capacità personali, sia in ragione delle particolari condizioni in cui si trovava ad operare (7). Assume importanza ai fini della commisurazione della gravità della colpa, in definitiva, anche il quantum di esigibilità (8) del comportamento dovuto. Sotto questo profilo, più in concreto, rileveranno le caratteristiche individuali del soggetto agente, quali, ad esempio, la specializzazione del medico, gli anni di esperienza sul campo, la qualifica professionale e tutti quegli elementi che meglio puntualizzano cosa l'ordinamento si attendeva da quel determinato soggetto. La sentenza, a tale proposito afferma infatti che «quanto più è adeguato il soggetto all'osservanza della regola e quanto maggiore e fondato è l'affidamento dei terzi, tanto maggiore il grado della colpa», aggiungendosi come, sempre sul versante soggettivo, debbano avere rilievo le motivazione della condotta (9), nonché la previsione dell'evento (10). Richiamando conclusivamente sul punto autorevoli considerazioni, può infatti correttamente affermarsi che se «è indiscutibile che la mancata osservanza di una medesima regola terapeutica non può acquistare uguale significato nei confronti del medico di campagna ovvero dell'insigne clinico specialista» (11), così anche l'osservanza di linee guida, quando il caso concreto imponeva di seguire ulteriori e diverse regole cautelari, dovrà essere rimproverata in misura diversa al medico cattedratico e al medico non ancora specializzato (12). 2.1. La valorizzazione del momento soggettivo nella ricostruzione del grado della colpa operata dalla Corte La nozione del grado della colpa, così come accolta dalla Corte di legittimità nella sentenza in esame è solo una delle diverse opzioni su cui l'interprete poteva fare ricadere la propria scelta. Ad esempio, una diversa nozione di colpa grave è quella contenuta in un'interessante proposta di riforma della responsabilità medica, in cui si propone la creazione di un'apposita fattispecie incriminatrice per morte e lesioni cagionate dall'esercente di una professione sanitaria applicabile ai soli casi di colpa grave (13). Secondo la definizione che si rinviene nella nuova fattispecie incriminatrice «la colpa è grave quando l'azione o l'omissione dell'esercente una professione sanitaria, grandemente inosservante di regole dell'arte, ha creato un rischio irragionevole per la salute del paziente, concretizzatosi nell'evento». Come si nota, nella previsione appena esaminata, il grado della colpa dipenderebbe unicamente dalla quantificazione dell'inosservanza della regola cautelare, dovendosi fermare quindi l'interprete al piano oggettivo dell'illecito. Un'altra importante proposta definitoria di colpa grave, in parte più vicina all'impostazione della sentenza, si rinviene nello Schema di disegno di legge recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione della parte generale di un nuovo codice penale, elaborato dalla Commissione Pisapia. In tale progetto di riforma, infatti, ai sensi dell'art. 13, lett. e), la colpa è grave «quando, tenendo conto della concreta situazione anche psicologica dell'agente, sia particolarmente rilevante l'inosservanza delle regole ovvero la pericolosità della condotta, sempre che tali circostanze oggettive siano manifestamente riconoscibili». Anche in questa seconda definizione il grado della colpa si incentra sulla grandezza della violazione obiettiva della regola di diligenza, trascolorando invece, la considerazione dell'individualità del soggetto inosservante, della cui situazione psicologica, troppo genericamente si dispone si debba tener conto. Rispetto alle impostazioni appena segnalate, la sentenza ha volutamente accolto una nozione di grado della colpa che conferisce espresso rilievo (anche) a quella che si indica come misura soggettiva (14). L'organo di legittimità ha, dunque, mostrato una forte sensibilità per le questioni che afferiscono al momento più propriamente individualizzante che, come messo ben in luce da una parte della dottrina (15), in seguito al processo di ultra-normativizzazione (16) della colpa penale, viene spesso trascurato dalla prassi delle aule di tribunale, dove l'accertamento dell'elemento colposo si riduce, per lo più, alla verifica della violazione della regola cautelare. A tale proposito, nel settore della responsabilità medica, lo studioso rinviene un importante banco di prova per testare quanto la valutazione della colpa da parte della giurisprudenza, che non lascia spazio alcuno alla verifica della possibilità dell'agente “in carne ed ossa” di adeguarsi alla pretesa ordinamentale, ricalchi il modello del versari in re illicita(17). In seguito a questa importante pronuncia a “rimpolpare” il giudizio della c.d. colpevolezza colposa negli orientamenti giurisprudenziali successivi alla sentenza in analisi, dunque, potrebbe essere proprio il grado della colpa che, così come ricostruito dai Giudici di legittimità, indurrebbe a una vera e propria inversione di rotta. Infatti, la valutazione del quantum di rimproverabilità soggettiva, quantomeno nei processi afferenti alla responsabilità colposa del medico, dovrebbe costituire un passo obbligato a seguito della nuova disposizione come interpretata dalla sentenza in esame. Il grado della colpa si rivelerebbe dunque, come una parte della dottrina auspicava, un vero e proprio “grimaldello” (18) funzionale al passaggio del giudizio sulla condotta dell'agente dal livello del fatto illecito, al piano superiore della colpevolezza (19). Tale funzione del grado della colpa, è bene ribadirlo, è utilmente svolta solo e in quanto lo stesso istituto venga ricostruito, come mostra di fare la sentenza, tenendo conto del quantum della violazione da un lato, e della esigibilità soggettiva dell'osservanza dall'altro. 2.2. L'incidenza della colpa lieve del medico sugli elementi del reato: non congruità della soluzione accolta Sebbene la ricostruzione del grado della colpa offerta dai Giudici di legittimità risulti pienamente condivisibile per le ragioni già espresse, poco coerenti con le premesse risultano le conseguenze sistematiche che se ne fanno derivare, con particolare riferimento all'incidenza del grado della colpa sulla fattispecie di reato commessa dall'esercente la professione sanitaria. La sentenza in esame ha, infatti, sostenuto come la valutazione del grado della colpa «segna l'essere o il non essere del reato», escludendo espressamente che la nuova norma abbia configurato una causa di giustificazione o una causa di esclusione della colpevolezza. L'irrilevanza della colpa lieve viene, dunque, ricondotta all'assenza di tipicità della condotta. Il grado della colpa, in quest'ottica, sarebbe uno strumento per definire vere e proprie soglie di tipicità. I rilievi a tali conclusioni si appuntano, in particolare, sulla compatibilità tra la nozione di grado della colpa accolta dalla Corte di cassazione e la ricostruzione della tipicità del reato in questione a partire da una determinata “soglia” quantitativa di colpa. A tale proposito va infatti sottolineato che, se sul giudizio di graduazione conta, come la Corte ha ritenuto di far contare, (anche) il quantum di rimproverabilità soggettiva dell'agente concreto rispetto alla violazione della regola cautelare, allora l'incidenza del grado della colpa sul piano della tipicità “ibriderebbe” quello che è un “giudizio obiettivo di sussunzione” (20) con valutazioni di tipo assiologico. Infatti se – come vuole la sentenza – un fatto diviene tipico a partire da un determinato grado che, a sua volta, è deciso (anche) dalla c.d. colpevolezza colposa dell'agente, allora bisognerebbe effettuare un giudizio di rimproverabilità soggettiva all'interno (o addirittura prima) del giudizio sul fatto tipico. Si assisterebbe, in definitiva, a una relativizzazione del primo momento di costruzione del reato in ragione delle condizioni personali dell'agente, perdendosi così il disvalore obiettivo del fatto che proprio il primo momento del reato sta ad indicare. L'incidenza del grado della colpa sul fatto tipico, invece, si sarebbe potuta configurare senza timore di contraddizioni, ove si fosse accolta una definizione dello stesso fondata sulla mera valutazione della gravità della violazione, quale, ad esempio, quella risultante dalle proposte di riforma ricordate nel precedente paragrafo. Dovendosi dunque escludere che, in relazione alla ricostruzione del grado della colpa operata dai Giudici di legittimità, l'irrilevanza della colpa lieve prospettata dalla norma si identifichi con l'atipicità del fatto, resta aperta all'interprete la questione di stabilire quale sia l'elemento che, venendo meno in seguito ad un giudizio di colpa lieve, determini l'irrilevanza penale della condotta decisa dalla norma. Può escludersi, anzitutto, che la norma abbia introdotto una causa di esclusione dell'antigiuridicità obiettiva. Infatti, poiché quest'elemento del reato esprime il contrasto del fatto tipico con l'intero ordinamento giuridico (21), proprio la residualità di una responsabilità ex art. 2043 c.c., prevista dalla nuova norma, presuppone che comunque la condotta del sanitario, chiamato a risarcire il danno, si sostanzi in un illecito. Il riferimento alla colpa lieve potrebbe, invece, avere inciso sulla colpevolezza. Sotto questo profilo il legislatore avrebbe innalzato il livello di colpa penalmente rilevante. La colpa, in definitiva, in presenza dei presupposti richiesti dalla norma, non sarebbe rimproverabile al soggetto quando sia lieve. Tale opzione, peraltro, si colloca in sintonia con la posizione di quella dottrina che da tempo si fa portavoce dell'esigenza, avvertita soprattutto in ambito medico, di differenziare la colpa penale da quella civile, rendendo la prima un elemento su cui contare, ai fini del rafforzamento della sanzione penale intesa come ultima ratio di cui l'ordinamento si serve per realizzare i propri fini (22). Un'altra soluzione interpretativa altrettanto praticabile sembra quella secondo cui la norma avrebbe introdotto una causa di non punibilità in senso stretto. Il fatto lesivo colposo del medico che ottempera alle linee guida, in quest'ottica, sarebbe tipico, antigiuridico e, nonostante il lieve grado della colpa, comunque colpevole. Nell'irrilevanza della colpa lieve, dunque, andrebbe letta la rinuncia da parte dell'ordinamento di comminare la sanzione penale ad un fatto, comunque perfezionatosi come reato, per ragioni di mera opportunità politico-criminale volte a soddisfare interessi di natura extrapenale (23). Questi ultimi, nella norma in esame, possono essere rinvenuti nel contenimento della medicina difensiva, che può ritenersi lo scopo precipuo della norma. A tale proposito se si accoglie l'impostazione che associa alla non punibilità di un fatto comunque perfezionatosi come reato (24), l'idea di un fenomeno “eccezionale” e, pertanto, non applicabile al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (25), la tesi della causa di non punibilità riferibile alla locuzione «non risponde penalmente per colpa lieve» ne uscirebbe rafforzata risultando, nel caso previsto dalla norma, preferibile a quella della causa di esclusione della colpevolezza. In particolare, l'adempimento delle linee guida costituisce il fattore che determina in base alla norma, l'eccezionale non punibilità della colpa lieve. Proprio per questa ragione, inoltre, non potranno andare esenti da pena condotte non rispettose di linee guida, anche se giudicate lievemente colpose. 2.3. Le ricadute pratiche della ricostruzione che inserisce la colpa lieve come limite del fatto tipico Affinché la differenza tra la soluzione adottata dalla Corte e quella appena proposta non risulti uno sterile capriccio ermeneutico volto – parafrasando la nota metafora – allo spostamento dei mobili all'interno della stessa stanza (26), mette conto sottolineare come tra le due ricostruzioni sussistano differenze di non poco conto in campo processuale. Queste si prestano, in un'ottica di effettivo coordinamento tra le categorie sostanziali e le loro dinamiche nel processo, a dare man forte alla soluzione prospettata nel precedente paragrafo. La conseguenza più rilevante derivante dall'impostazione, secondo cui il grado della colpa rappresenti una soglia di tipicità del fatto colposo, sarebbe costituita dal fatto che l'accusa, avente ad oggetto un reato colposo attribuito al medico nonostante l'ottemperamento di guidelines, dovrebbe fare riferimento alla grossolanità dell'imperizia, causa dell'evento, già in punto di imputazione. In definitiva il pubblico ministero sarebbe onerato della dimostrazione della gravità dell'imperizia che si addita come tipica, con puntuale riferimento, come da indicazioni della Corte, anche ai profili più propriamente soggettivi dell'illecito (27) già nel momento dell'esercizio dell'azione penale. Inoltre, accogliendo l'impostazione sistematica della sentenza in analisi, la difesa potrebbe mirare alla formula assolutoria piena, «perché il fatto non sussiste» (28), tramite la sola prova della levità della colpa; la stessa possibilità sarebbe invece preclusa qualora la colpa lieve fosse, come sosteniamo, una causa di non punibilità. Ciò posto, poiché la giurisprudenza, nonostante accolga a livello di diritto sostanziale l'inserimento della violazione della norma cautelare come afferente al fatto tipico (29), è ancora lontana dall'applicazione di tale sistematica a livello processuale (30), la soluzione interpretativa che riferisce alla colpa lieve una causa di non punibilità sarebbe da preferire anche sotto un altro versante: l'atipicità della colpa lieve, infatti, resterebbe una mera questione di etichetta. 3. LA QUALIFICAZIONE DELLE LINEE GUIDA COME NORME CAUTELARI L'altra importante questione affrontata dalla Corte di cassazione è quella della possibile qualificazione delle linee guida come regole precauzionali. Con riferimento a questo profilo, la Corte, che sin da subito precisa come le linee guida non diano «luogo a norme propriamente cautelari e non configurano, quindi, ipotesi di colpa specifica», sembra, ad una prima lettura, dare risposta negativa all'interrogativo in questione. In particolare, si precisa in sentenza come l'attività medica non sia «di regola governata da prescrizioni aventi propriamente natura di regole cautelari», essendo piuttosto «fortemente orientata dal sapere scientifico e dalle consolidate strategie tecniche, che svolgono un importante ruolo nel conferire oggettività e determinatezza ai doveri del professionista e possono al contempo orientare le più difficili valutazioni cui il giudice di merito è chiamato» Più puntualmente – ritiene la Corte – la riconduzione delle linee guida nell'alveo delle regole di colpa specifica sarebbe ostacolata, da un lato, dalla «varietà ed il diverso grado di qualificazione delle linee guida», dall'altro, dalla «loro natura di strumenti di indirizzo ed orientamento, privi della prescrittività propria di una regola cautelare, per quanto elastica». Tali affermazioni sebbene sembrerebbero far propendere la Corte per la negazione della qualificazione delle linee guida come norme cautelari, costituiscono, ad una più attenta analisi, conclusioni interlocutorie, destinate cioè a proporsi come viatico per una più ampia e problematica trattazione della materia. 3.1. Il dibattito dottrinale Per favorire una più profonda comprensione di quelle che rappresentano le indicazioni della Corte circa il quesito di interesse, sembra doveroso ripercorrere brevemente il dibattito dottrinale che, prima della riforma, aveva avuto ad oggetto il valore delle linee guida come norme cautelari. In particolare gli studiosi del tema hanno più volte ribadito come la locuzione linee guida, oltre indicare, secondo l'autorevole definizione dell'Institute of Medicine, «raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte sistematicamente allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le cure sanitarie più appropriate in specifiche circostanze cliniche» (31), faccia riferimento anche ad altri significati. Tra questi si segnalano quelli che si sostanziano in prescrizioni influenzate da interessi economici, o volte alla riduzione dei costi delle cure al fine di una maggiore efficienza operativa dei servizi (32). Posto che dunque, secondo tali concezioni, l'interesse delle linee guida per la salute del paziente sembra quasi trascolorare, varie sono state le obiezioni sollevate dalla dottrina al riconoscimento della funzione cautelare di tali strumenti. Tra le critiche si ricorda quella volta a stigmatizzarne la vocazione economica ai fini del contenimento della spesa sanitaria (33); quella di chi ha rilevato come parte di tali prescrizioni siano predisposte da organismi non indipendenti, così recando un probabile conflitto tra l'interesse dei soggetti che le elaborano e quello della salute del malato (34); quella che evidenzia il carattere parziale delle linee guida, riferito alla circostanza che esse, il più delle volte, riflettano solo una parte delle soluzioni offerte dal mondo scientifico, nonché la critica che si appunta sul contrasto, non di rado rilevabile, tra il contenuto prescrittivo delle stesse linee guida (35). Infine, è stato obiettato come le linee guide tendendo all'omologazione del paziente al modello su cui quest'ultime si basano, sarebbero addirittura una fonte di rischio, dal momento che indurrebbero chi vi si adegui a sottovalutare le specificità che ogni singolo caso reca con sé (36). 3.2. Le linee guida come norme cautelari di colpa specifica Tuttavia, val la pena di sottolineare come la Corte escluda expressi verbis che le linee guida possano integrare norme di colpa specifica. E ciò in virtù della «loro natura di strumenti di indirizzo ed orientamento, privi della prescrittività di una regola cautelare per quanto elastica»: le stesse proporrebbero, in definitiva, «solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti». Proprio dalle caratteristiche delle linee guida poc'anzi richiamate – secondo i giudici di legittimità – la contraddittorietà addotta dal Procuratore Generale nei confronti della nuova norma, consistente nella possibilità di formulare un giudizio colposo nonostante il rispetto delle stesse (37), sarebbe solo apparente, essendo ben concepibile l'evenienza che il medico, pur rispettando quelle che vengono definite “istruzioni per l'uso”, erri nel loro adattamento al caso concreto. In realtà le indicazioni della Corte tendenti a caratterizzare le linee guida come vagamente orientative e, proprio per ciò, non suscettibili di integrare norme di colpa specifica, non risultano convincenti. Le stesse affermazioni, infatti, reclamano un migliore inquadramento dogmatico. In primo luogo, con riferimento all'esclusione delle linee guida dal novero delle norme di colpa specifica in virtù della (presunta) elasticità delle prime, va rilevato che la dottrina ha più volte ribadito come per “norma specifica” non debba necessariamente intendersi “norma precisa” (38), esistendo all'interno dell'ordinamento norme a carattere cautelare codificate in testi di legge, e quindi pacificamente considerate di colpa specifica, che mancano tuttavia di esaustività e completezza (39). Si pensi, ad esempio, alle norme del codice della strada che impongono al conducente di moderare la velocità a seconda delle condizioni metereologiche (40). Rispetto a tale prescrizione, mentre è pacifico che si tratti di una norma di colpa specifica, non si può di certo asserire che sia esaustiva e precisa quanto ad indicazioni cautelari. Può dunque affermarsi, in definitiva, che tra le due forme di colpa, specifica e generica, intercorra una differenza essenzialmente formale (41), concernente solo la fonte della cautela doverosa (42). La nomenclatura colpa specifica, pertanto, rimanderebbe ad un contenuto di specificità ed esaustività meramente apparente, in quanto non generalizzabile per la categoria (43). Inoltre, l'affermazione secondo cui le linee guida «propongono solo direttive generali, istruzione di massima, orientamenti», se confrontata con la moltitudine delle linee guida messe a disposizione dal mondo medico, risulta eccessivamente generalizzante, quando non addirittura apodittica. Esistono, infatti, una serie di linee guida che si caratterizzano per la puntualità degli adempimenti che indicano (44), mentre ve ne sono altre che posseggono un certo quale grado di vincolatività (si pensi, ad esempio, alle linee guida emanate ufficialmente dai dirigenti responsabili della struttura nella veste di «atti normativi interni»). Non erroneamente, pertanto, una parte della dottrina avrebbe ritenuto plausibile la riconduzione di questi strumenti al genus delle “discipline” (45). Per concludere, si ha l'impressione che la difficoltà della Corte di riconoscere alle linee guida la natura di norme di colpa specifica, nella specie di “discipline” sia legata, da un lato, alla volontà di fugare l'ipotesi, sostenuta nel processo dal Procuratore generale, e non condivisa dall'organo giudicante (46), circa la configurabilità della norma di una contraddizione in termini, dall'altro alla diffidenza (47) che ancora la giurisprudenza mostra nei confronti di questi strumenti contenenti, per lo più, sapere scientifico codificato. 3.3. I rapporti tra colpa specifica e colpa generica In realtà anche una parte della dottrina, ritenendo evidentemente che le linee guida (o almeno una parte di esse) possano configurarsi come regole cautelari, ha sostenuto che la nuova norma realizzi un'antinomia tra legislazione e dogmatica. Il ragionamento che è stato condotto fa leva sul fatto che, consistendo la colpa in un giudizio normativo, il cui primo livello è rappresentato dalla violazione oggettiva della regola cautelare (48), il novum legislativo potrebbe porci dinnanzi a un'ipotesi di “culpa sine culpa” (49). Ma, a ben vedere, la contraddizione appare insussistente. In primo luogo, deve sottolinearsi come il medico, anche nel seguire le regole cautelari cristallizzate, non può non tener conto delle specifiche peculiarità che ogni organismo reca con sé, essendo onerato ad adattare le stesse alla ineniminabile specificità del paziente e della malattia. Pertanto, ben potrebbe accadere che una data peculiarità del paziente possa suggerire al medico di modificare il percorso diagnostico o terapeutico indicato dalla linea guida astrattamente pertinente alla situazione di specie. Proprio in questo caso il medico che si attenesse pedissequamente agli adempimenti delle linee guida, senza tener in debito conto la peculiarità del caso, potrebbe, per l'appunto, incorrere in colpa, per violazione di un'ulteriore evidenza scientifica che era destinata a cumularsi alla linea guida, sostituendola o integrandola parzialmente. Tali osservazioni, sul piano più generale, sono riconducibili all'atteggiarsi dei rapporti tra colpa generica e colpa specifica, nonché all'identità di struttura, ai fini dell'accertamento del reato colposo, riferibile alle due forme di colpa. La dottrina oramai maggioritaria, infatti, ammette la configurazione della colpa generica, anche nei casi di osservanza di norme di colpa specifica (50), giustificando tale concorrenza in virtù del fatto che le regole cautelari codificate non riescono mai a fornire una completa guida comportamentale che contenga le indicazioni volte a neutralizzare la totalità dei rischi derivanti dalle inesauribili peculiarità che la prassi può presentare (51). Così, in presenza di “lacune” dischiuse da regole cautelari codificate rispetto alla concretezza delle situazioni, si dovrà ricorrere a regole di diligenza, prudenza e perizia non scritte. Un tipico esempio, nel settore della circolazione stradale, è quello della diminuzione della velocità anche al di sotto di quella consentita nei casi di particolari condizioni climatiche, o di spostarsi sulla corsia di emergenza nei casi di ingombro della carreggiata autostradale a seguito di un incidente. In questi casi, è evidente come sia obbligo del guidatore seguire regole cautelari generiche, contravvenendo, se del caso, alle previsioni codificate (52). È dato rilevare come il soggetto, obbligato ad infrangere una regola cautelare scritta, dovrà osservarne una non scritta di diligenza e prudenza cd generica (53). Allo stesso modo il medico, relazionandosi nella propria professione a organismi che rispondono individualmente e in modo diverso ai trattamenti (54), dovrà spesse volte mettere in atto “manovre emergenziali”, talvolta ulteriori, talaltra contrastanti con le prescrizioni codificate del sapere scientifico. Del resto le stesse considerazioni sui rapporti tra colpa specifica e generica potrebbero placare i timori di coloro che, a causa degli scopi di alcune linee guida, ritenuti estranei alla salute del paziente, hanno sempre guardato con diffidenza all'utilizzo di questi strumenti nell'abito dell'accertamento della colpa medica. È chiaro, infatti, che, quale che sia lo scopo di una linea guida, sarà l'analisi della situazione concreta, letta in una prospettiva ex ante, a dire quale fosse la cautela idonea a fronteggiare lo specifico rischio di cui la stessa situazione fosse portatrice. Sussistendo, sulla base delle considerazioni svolte, la possibilità, anzi, addirittura, il dovere per il medico di disattendere le linea guida, anche una loro previa e astratta qualifica come regole cautelari (di colpa generica o specifica è indifferente) non inciderebbe, ex se, sulla qualificazione della condotta del medico. Infatti, l'imputato che volesse difendersi dall'accusa di violazione di leges artis tramite l'affermazione di aver rispettato le linee guida, dovrebbe comunque far riferimento al fatto che le stesse fossero modali ed efficaci rispetto al contenimento del rischio del caso concreto. È chiaro che, in questi casi, nessun pregio avrebbe una difesa che allegasse il rispetto di prescrizioni aventi ad oggetto indicazioni atte a contenere i costi. 4. QUALE IL VALORE DELLE LINEE GUIDA SUL GIUDIZIO DI COLPA DEL MEDICO? Nonostante le considerazioni appena mosse sui rapporti tra colpa specifica e colpa generica indurrebbero ad un pregnante ridimensionamento della portata delle linee guida sul giudizio di responsabilità colposa per del medico, si scorgono comunque, anche in virtù delle importanti affermazioni contenute nella sentenza, nuovi spiragli per la valorizzazione del sapere codificato all'interno della valutazione della colpa medica nei vari casi che la prassi propone. La prima feritoia da cui l'osservanza delle linee guida si presta a ricevere nuova luce è quella aperta dalla valorizzazione del momento di rimproverabilità soggettiva nella valutazione della condotta colposa dell'agente. In quest'ottica, infatti, l'osservanza delle linee guida, sebbene indifferente ai fini dell'esclusione del cd momento oggettivo della colpa quando, nel caso specifico, l'agente avrebbe dovuto discostarsene, potrebbe rilevare sul piano soggettivo. Infatti, considerato che le linee guida costituiscono un collaudato standard di perizia si potrebbe escludere il momento soggettivo e, con esso dunque, la colpa, tutte le volte che, le caratteristiche personali del soggetto agente o la situazione concreta, non rendessero esigibile, ancorché doveroso, il discostamento da queste (55). Inoltre, l'importanza di questi strumenti nel giudizio di accertamento della condotta colposa del medico si apprezzerebbe sotto il profilo dell'accertamento processuale della regola cautelare che, nel caso di specie, il medico avrebbe dovuto seguire per andare esente da colpa. Infatti, come ricorda la stessa sentenza, in ambiti complessi quali quello della responsabilità medica le informazioni scientifiche sono veicolate al processo tramite il parere degli esperti, i quali devono «delineare lo scenario di studi e fornire gli elementi di giudizio che consentano al giudice di comprendere se (...) vi sia conoscenza scientifica in grado di guidare affidabilmente l'indagine. Di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto». La Corte sottolinea come, in definitiva, la regola cautelare debba essere rinvenuta secondo parametri chiari che, evitando di concretiz zare l'opinione del singolo perito, esprimano quella che, secondo il mondo scientifico, è la diligenza doverosa. Le linee guida costituirebbero, sotto questo profilo, un importante referente probatorio (56) che, imponendo ai periti e consulenti l'onere di documentare che il proprio parere faccia riferimento alla migliore letteratura disponibile consente al giudice che, in fondo, conserva il ruolo di peritus peritorum(57), di addivenire ad una decisione razionale, che sia motivata in forza di un parametro da un lato oggettivizzato e dall'altro intellegibile. Esse infatti, provenendo dalla comunità scientifica, sono in genere espressione della migliore scienza ed esperienza. Proprio il credito di cui godono le rende un punto fermo di orientamento nell'individuazione della regola cautelare che andava seguita nel caso concreto. L'insostituibile importanza di tali strumenti, dunque, emerge non solo come veicolo dell'informazione scientifica al processo tramite la perizia, ma anche un ai fini della controllabilità della correttezza metodologica della stessa (58) e, in definitiva, della motivazione. In definitiva, ci pare di poter affermare che proprio il processo (59), e non il diritto penale sostanziale, sarebbe l'habitat naturale della rilevanza delle linee guida. 5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: L'INFONDATEZZA DEL RICORSO E LA MINACCIA DELLA DECORRENZA DEL TEMPO In conclusione dell'analisi svolta riteniamo che la sentenza costituisca per l'interprete una preziosa fonte da cui attingere per la comprensione del volto parzialmente nuovo della responsabilità medica. Il provvedimento, che si segnala per la raffinatezza dell'indagine svolta sull'elemento soggettivo del delitto colposo, recepisce le indicazioni provenienti dalla dottrina circa la valorizzazione della c.d. colpevolezza colposa al fine della selezione dei fatti penalmente rilevanti. La ricostruzione del grado della colpa operata è, del resto, il riflesso dell'acuta sensibilità dell'organo giudicante per le questioni attinenti al momento soggettivo della colpa (60). Inoltre, la trattazione dell'importanza del sapere codificato nell'accertamento processuale della colpa medica nonché ai fini della verificabilità della motivazione, segnala che siamo lontani da quel paventato “assolutismo giudiziario” a cui, in tema di individuazione della regola cautelare si è autorevolmente fatto riferimento (61). Il lettore, pertanto, non può che trarre dal complesso delle argomentazioni un bilancio senz'altro positivo. Tuttavia, l'occasione processuale da cui ha preso le mosse la sentenza, forse, immeritatamente riceve, per così dire, un tale felice coronamento. Come la Corte correttamente precisa «la restrizione della portata dell'incriminazione ha avuto luogo attraverso due passaggi: l'individuazione di un'area fattuale costituita da condotte aderenti ad accreditate linee guida e l'attribuzione della rilevanza penale, in tale ambito, alle sole condotte connotate di colpa grave del sanitario»; per cui, presupposti indefettibili ai fini dell'applicazione del novum legislativo sono la levità della colpa del medico da un lato, e l'accertamento di una condotta conforme a linee guida, dall'altro. È doveroso ricordare che, nel giudizio di merito, si era invece accertata la violazione di una linea guida (quella di non agire, nelle operazioni della stessa tipologia di quella effettuata, ad una profondità superiore ai 3 centimetri). D'altro canto la difesa, nel proprio ricorso, pur contestando la suddetta violazione, non adduceva alcuna conformità del comportamento dell'imputato a linee guide o buone pratiche di sorta. In ragione dell'accertata insussistenza di uno dei due presupposti congiuntamente richiesti dalla nuova norma, dunque, non parrebbe applicabile al caso concreto il trattamento favorevole introdotto dalla stessa. Il ricorso – in definitiva – sarebbe dovuto risultare infondato. Se tali considerazioni hanno pregio, un duplice ordine di conseguenze potrebbe – forse – segnare le sorti della vicenda processuale: mentre da un lato la sentenza del giudizio del rinvio, dopo avere escluso l'applicabilità del novum legislativo al caso di specie, si ritroverebbe a ripetere le conclusioni della sentenza annullata, dall'altro il decorrere del tempo potrebbe averla vinta sulle sorti del processo (62). 1. PREMESSA: IL CASO AFFRONTATO DALLA CORTE E I PUNTI OGGETTO D'ANALISI Il caso da cui trae origine la sentenza in commento riguarda un intervento svolto in clinica privata conclusosi con esito infausto. Più in particolare l'imputato, un medico chirurgo, nel contesto dell'asportazione di un'ernia discale recidivante, procurando lesioni alla vena e all'arteria iliaca della paziente, ne cagionava il decesso in seguito alla grave emorragia provocata dalla lesione. Il giudizio di merito, tanto in primo che in secondo grado, accertava la responsabilità colposa del sanitario ritendo sussistente la violazione della regola precauzionale, cristallizzata in una linea guida, che prevede di non agire ad una profondità superiore a 3 centimetri. Contro la sentenza di condanna l'imputato aveva proposto ricorso invocando – per quel che qui interessa – da un lato, l'assenza della violazione di una guideline quale quella invocata dai giudici di merito nella sentenza impugnata, dall'altro, l'applicazione al caso di specie del novum legislativo dell'art. 3, d l. 13 settembre 2012, n.158, conv. in l. 8 novembre 2012, n. 189, che stabilisce che «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve» (1). La difesa, in particolare, sottolinea la necessità di un nuovo accertamento dell'«esistenza di una buona pratica chirurgica che imponga di non introdurre l'ago a non più di 3 centimetri e se, con riguardo alle accreditate linee guida, vi sia colpa non lieve». Proprio in riferimento a quest'ultima doglianza il ricorso viene accolto: la suprema Corte, annulla la sentenza di secondo grado, ritenendo che l'intervento legislativo abbia prodotto un'abolitio criminis parziale con riferimento alle fattispecie colpose (omicidio e lesioni personali) commesse dagli esercenti la professione sanitaria. Pertanto, in seguito alla nuova nor mativa, il medico che, nel rispetto delle linee guida, cagioni un evento pregiudizievole per il paziente con colpa lieve, non realizzerebbe un fatto tipico ai sensi degli artt. 589 e 590 c.p. Sebbene la conclusione nel senso dell'abolitio criminis parziale realizzata dalla nuova normativa rappresenti la parte massimata della sentenza, essa costituisce solo uno dei nuclei della motivazione che, per il tenore delle problematiche affrontate, merita di essere scandagliata con cura. Pertanto, al fine di un'analisi che ripercorra i punti nodali della sentenza, il discorso sarà ripartito in due parti ideali. Nella prima fase del lavoro lo sguardo sarà rivolto alla ricostruzione del grado della colpa offerta dall'organo giudicante. In particolare verrà messo in luce come la sentenza riveli un'insolita sensibilità per le questioni afferenti al momento soggettivo della cosiddetta colpevolezza colposa, aprendo nuovi spiragli per una maggiore valorizzazione della stessa nella successiva giurisprudenza. E tuttavia, alla luce della ricostruzione del grado della colpa, così come elaborata dalla sentenza in commento, non congrue appaiono le conseguenze che se ne fanno derivare in merito all'incidenza dello stesso sulla tipicità del reato. Alcuni rilievi critici saranno rivolti proprio alla qualificazione come tipico del fatto commesso dall'operatore sanitario, nel rispetto delle linee guida e con colpa lieve. In un secondo momento, invece, ci concentreremo sull'analisi svolta dai giudici di legittimità circa la natura delle linee guida, con particolare riferimento all'interrogativo se esse possano essere qualificate alla stregua di regole cautelari, richiamando, ai fini dell'inquadramento della questione, le principali posizioni della dottrina. 2. IL PROCEDIMENTO DI GRADUAZIONE DELLA COLPA: LA CONSIDERAZIONE DELLA DUPLICE RILEVANZA DELL'ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA TEORIA DEL REATO L'esame della ricostruzione del grado della colpa costituisce il primo passo da muovere nell'analisi della sentenza. Non può non essere rilevato, anzitutto, come si tratti della prima volta in cui un organo giudicante affronti la questione definitoria di cosa debba intendersi per colpa lieve e, specularmente, per colpa grave. Peraltro, una precisa descrizione dei due concetti costituiva, in virtù della nuova norma, una tappa obbligata (2), data l'irrilevanza penale che essa istituisce, a certe condizioni, per la colpa lieve del medico. Nella ricostruzione dell'istituto del grado della colpa l'organo di legittimità, dato atto dello scarso approfondimento in giurisprudenza, attinge dal pioneristico lavoro di Tullio Padovani (3). Dal saggio in questione viene in particolare ripresa l'idea che il grado della colpa costituisca un coefficiente misurabile e ricavabile in termini di diretta proporzionalità sia avendo riguardo del quantum dell'inosservanza della regola cautelare, sia con riferimento all'esigibilità della condotta richiesta al soggetto. Ripercorrendo tali orme, dunque, la sentenza, al fine di individuare le nozioni di colpa lieve e colpa grave, ritiene di dovere distinguere due fondamen tali momenti: mentre nel primo assumono rilievo elementi che attengono alla sfera oggettiva dell'illecito, nel secondo incidono considerazioni attinenti alla persona dell'autore (4). Sotto il primo profilo – osservano i giudici – «poiché la colpa costituisce la violazione di un dovere obiettivo di diligenza, un primo parametro attinente al profilo oggettivo della diligenza riguarda la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si doveva attenere. Occorrerà cioè considerare quanto ci si è discostati da tale regola» (5). Viene in rilievo, in questo momento, l'individuazione della norma cautelare che l'agente deve osservare. Da questo punto di vista, il grado della colpa sarà direttamente proporzionale alla gravità della condotta inosservante: più sarà ampio lo scarto della condotta dell'agente rispetto al comportamento diligente, più il grado della colpa tenderà ad innalzarsi. Più concretamente, sotto questo versante, i giudici qualificano come rimarchevole l'errore consistito nel seguire le linee guida nonostante fattori riconoscibili non lasciassero residuare dubbi sulla necessità di un intervento difforme e personalizzato alla peculiare situazione del paziente. Tuttavia ritiene la Corte che – anche in questi casi – serviranno ad attenuare il grado della colpa sul versante oggettivo elementi quali la complessità del caso clinico, l'oscurità del quadro patologico, nonché la novità o atipicità della situazione data (6). Una volta conclusosi il giudizio sullo scarto della condotta dell'agente rispetto alla cautela doverosa, l'organo di legittimità ritiene necessario individuare un secondo passaggio ai fini della determinazione del grado della colpa. Qui il punto più rivoluzionario della sentenza nel quadro giurisprudenziale attuale: l'analisi del profilo più propriamente soggettivo si inserisce, infatti, in quella che viene scandito come secondo momento della ricostruzione del grado della colpa. Sotto questo punto di vista, statuisce la Corte, è necessario fare riferimento al potere dell'agente di adeguarsi alla regola cautelare violata sia in ragione delle sue capacità personali, sia in ragione delle particolari condizioni in cui si trovava ad operare (7). Assume importanza ai fini della commisurazione della gravità della colpa, in definitiva, anche il quantum di esigibilità (8) del comportamento dovuto. Sotto questo profilo, più in concreto, rileveranno le caratteristiche individuali del soggetto agente, quali, ad esempio, la specializzazione del medico, gli anni di esperienza sul campo, la qualifica professionale e tutti quegli elementi che meglio puntualizzano cosa l'ordinamento si attendeva da quel determinato soggetto. La sentenza, a tale proposito afferma infatti che «quanto più è adeguato il soggetto all'osservanza della regola e quanto maggiore e fondato è l'affidamento dei terzi, tanto maggiore il grado della colpa», aggiungendosi come, sempre sul versante soggettivo, debbano avere rilievo le motivazione della condotta (9), nonché la previsione dell'evento (10). Richiamando conclusivamente sul punto autorevoli considerazioni, può infatti correttamente affermarsi che se «è indiscutibile che la mancata osservanza di una medesima regola terapeutica non può acquistare uguale significato nei confronti del medico di campagna ovvero dell'insigne clinico specialista» (11), così anche l'osservanza di linee guida, quando il caso concreto imponeva di seguire ulteriori e diverse regole cautelari, dovrà essere rimproverata in misura diversa al medico cattedratico e al medico non ancora specializzato (12). 2.1. La valorizzazione del momento soggettivo nella ricostruzione del grado della colpa operata dalla Corte La nozione del grado della colpa, così come accolta dalla Corte di legittimità nella sentenza in esame è solo una delle diverse opzioni su cui l'interprete poteva fare ricadere la propria scelta. Ad esempio, una diversa nozione di colpa grave è quella contenuta in un'interessante proposta di riforma della responsabilità medica, in cui si propone la creazione di un'apposita fattispecie incriminatrice per morte e lesioni cagionate dall'esercente di una professione sanitaria applicabile ai soli casi di colpa grave (13). Secondo la definizione che si rinviene nella nuova fattispecie incriminatrice «la colpa è grave quando l'azione o l'omissione dell'esercente una professione sanitaria, grandemente inosservante di regole dell'arte, ha creato un rischio irragionevole per la salute del paziente, concretizzatosi nell'evento». Come si nota, nella previsione appena esaminata, il grado della colpa dipenderebbe unicamente dalla quantificazione dell'inosservanza della regola cautelare, dovendosi fermare quindi l'interprete al piano oggettivo dell'illecito. Un'altra importante proposta definitoria di colpa grave, in parte più vicina all'impostazione della sentenza, si rinviene nello Schema di disegno di legge recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione della parte generale di un nuovo codice penale, elaborato dalla Commissione Pisapia. In tale progetto di riforma, infatti, ai sensi dell'art. 13, lett. e), la colpa è grave «quando, tenendo conto della concreta situazione anche psicologica dell'agente, sia particolarmente rilevante l'inosservanza delle regole ovvero la pericolosità della condotta, sempre che tali circostanze oggettive siano manifestamente riconoscibili». Anche in questa seconda definizione il grado della colpa si incentra sulla grandezza della violazione obiettiva della regola di diligenza, trascolorando invece, la considerazione dell'individualità del soggetto inosservante, della cui situazione psicologica, troppo genericamente si dispone si debba tener conto. Rispetto alle impostazioni appena segnalate, la sentenza ha volutamente accolto una nozione di grado della colpa che conferisce espresso rilievo (anche) a quella che si indica come misura soggettiva (14). L'organo di legittimità ha, dunque, mostrato una forte sensibilità per le questioni che afferiscono al momento più propriamente individualizzante che, come messo ben in luce da una parte della dottrina (15), in seguito al processo di ultra-normativizzazione (16) della colpa penale, viene spesso trascurato dalla prassi delle aule di tribunale, dove l'accertamento dell'elemento colposo si riduce, per lo più, alla verifica della violazione della regola cautelare. A tale proposito, nel settore della responsabilità medica, lo studioso rinviene un importante banco di prova per testare quanto la valutazione della colpa da parte della giurisprudenza, che non lascia spazio alcuno alla verifica della possibilità dell'agente “in carne ed ossa” di adeguarsi alla pretesa ordinamentale, ricalchi il modello del versari in re illicita(17). In seguito a questa importante pronuncia a “rimpolpare” il giudizio della c.d. colpevolezza colposa negli orientamenti giurisprudenziali successivi alla sentenza in analisi, dunque, potrebbe essere proprio il grado della colpa che, così come ricostruito dai Giudici di legittimità, indurrebbe a una vera e propria inversione di rotta. Infatti, la valutazione del quantum di rimproverabilità soggettiva, quantomeno nei processi afferenti alla responsabilità colposa del medico, dovrebbe costituire un passo obbligato a seguito della nuova disposizione come interpretata dalla sentenza in esame. Il grado della colpa si rivelerebbe dunque, come una parte della dottrina auspicava, un vero e proprio “grimaldello” (18) funzionale al passaggio del giudizio sulla condotta dell'agente dal livello del fatto illecito, al piano superiore della colpevolezza (19). Tale funzione del grado della colpa, è bene ribadirlo, è utilmente svolta solo e in quanto lo stesso istituto venga ricostruito, come mostra di fare la sentenza, tenendo conto del quantum della violazione da un lato, e della esigibilità soggettiva dell'osservanza dall'altro. 2.2. L'incidenza della colpa lieve del medico sugli elementi del reato: non congruità della soluzione accolta Sebbene la ricostruzione del grado della colpa offerta dai Giudici di legittimità risulti pienamente condivisibile per le ragioni già espresse, poco coerenti con le premesse risultano le conseguenze sistematiche che se ne fanno derivare, con particolare riferimento all'incidenza del grado della colpa sulla fattispecie di reato commessa dall'esercente la professione sanitaria. La sentenza in esame ha, infatti, sostenuto come la valutazione del grado della colpa «segna l'essere o il non essere del reato», escludendo espressamente che la nuova norma abbia configurato una causa di giustificazione o una causa di esclusione della colpevolezza. L'irrilevanza della colpa lieve viene, dunque, ricondotta all'assenza di tipicità della condotta. Il grado della colpa, in quest'ottica, sarebbe uno strumento per definire vere e proprie soglie di tipicità. I rilievi a tali conclusioni si appuntano, in particolare, sulla compatibilità tra la nozione di grado della colpa accolta dalla Corte di cassazione e la ricostruzione della tipicità del reato in questione a partire da una determinata “soglia” quantitativa di colpa. A tale proposito va infatti sottolineato che, se sul giudizio di graduazione conta, come la Corte ha ritenuto di far contare, (anche) il quantum di rimproverabilità soggettiva dell'agente concreto rispetto alla violazione della regola cautelare, allora l'incidenza del grado della colpa sul piano della tipicità “ibriderebbe” quello che è un “giudizio obiettivo di sussunzione” (20) con valutazioni di tipo assiologico. Infatti se – come vuole la sentenza – un fatto diviene tipico a partire da un determinato grado che, a sua volta, è deciso (anche) dalla c.d. colpevolezza colposa dell'agente, allora bisognerebbe effettuare un giudizio di rimproverabilità soggettiva all'interno (o addirittura prima) del giudizio sul fatto tipico. Si assisterebbe, in definitiva, a una relativizzazione del primo momento di costruzione del reato in ragione delle condizioni personali dell'agente, perdendosi così il disvalore obiettivo del fatto che proprio il primo momento del reato sta ad indicare. L'incidenza del grado della colpa sul fatto tipico, invece, si sarebbe potuta configurare senza timore di contraddizioni, ove si fosse accolta una definizione dello stesso fondata sulla mera valutazione della gravità della violazione, quale, ad esempio, quella risultante dalle proposte di riforma ricordate nel precedente paragrafo. Dovendosi dunque escludere che, in relazione alla ricostruzione del grado della colpa operata dai Giudici di legittimità, l'irrilevanza della colpa lieve prospettata dalla norma si identifichi con l'atipicità del fatto, resta aperta all'interprete la questione di stabilire quale sia l'elemento che, venendo meno in seguito ad un giudizio di colpa lieve, determini l'irrilevanza penale della condotta decisa dalla norma. Può escludersi, anzitutto, che la norma abbia introdotto una causa di esclusione dell'antigiuridicità obiettiva. Infatti, poiché quest'elemento del reato esprime il contrasto del fatto tipico con l'intero ordinamento giuridico (21), proprio la residualità di una responsabilità ex art. 2043 c.c., prevista dalla nuova norma, presuppone che comunque la condotta del sanitario, chiamato a risarcire il danno, si sostanzi in un illecito. Il riferimento alla colpa lieve potrebbe, invece, avere inciso sulla colpevolezza. Sotto questo profilo il legislatore avrebbe innalzato il livello di colpa penalmente rilevante. La colpa, in definitiva, in presenza dei presupposti richiesti dalla norma, non sarebbe rimproverabile al soggetto quando sia lieve. Tale opzione, peraltro, si colloca in sintonia con la posizione di quella dottrina che da tempo si fa portavoce dell'esigenza, avvertita soprattutto in ambito medico, di differenziare la colpa penale da quella civile, rendendo la prima un elemento su cui contare, ai fini del rafforzamento della sanzione penale intesa come ultima ratio di cui l'ordinamento si serve per realizzare i propri fini (22). Un'altra soluzione interpretativa altrettanto praticabile sembra quella secondo cui la norma avrebbe introdotto una causa di non punibilità in senso stretto. Il fatto lesivo colposo del medico che ottempera alle linee guida, in quest'ottica, sarebbe tipico, antigiuridico e, nonostante il lieve grado della colpa, comunque colpevole. Nell'irrilevanza della colpa lieve, dunque, andrebbe letta la rinuncia da parte dell'ordinamento di comminare la sanzione penale ad un fatto, comunque perfezionatosi come reato, per ragioni di mera opportunità politico-criminale volte a soddisfare interessi di natura extrapenale (23). Questi ultimi, nella norma in esame, possono essere rinvenuti nel contenimento della medicina difensiva, che può ritenersi lo scopo precipuo della norma. A tale proposito se si accoglie l'impostazione che associa alla non punibilità di un fatto comunque perfezionatosi come reato (24), l'idea di un fenomeno “eccezionale” e, pertanto, non applicabile al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (25), la tesi della causa di non punibilità riferibile alla locuzione «non risponde penalmente per colpa lieve» ne uscirebbe rafforzata risultando, nel caso previsto dalla norma, preferibile a quella della causa di esclusione della colpevolezza. In particolare, l'adempimento delle linee guida costituisce il fattore che determina in base alla norma, l'eccezionale non punibilità della colpa lieve. Proprio per questa ragione, inoltre, non potranno andare esenti da pena condotte non rispettose di linee guida, anche se giudicate lievemente colpose. 2.3. Le ricadute pratiche della ricostruzione che inserisce la colpa lieve come limite del fatto tipico Affinché la differenza tra la soluzione adottata dalla Corte e quella appena proposta non risulti uno sterile capriccio ermeneutico volto – parafrasando la nota metafora – allo spostamento dei mobili all'interno della stessa stanza (26), mette conto sottolineare come tra le due ricostruzioni sussistano differenze di non poco conto in campo processuale. Queste si prestano, in un'ottica di effettivo coordinamento tra le categorie sostanziali e le loro dinamiche nel processo, a dare man forte alla soluzione prospettata nel precedente paragrafo. La conseguenza più rilevante derivante dall'impostazione, secondo cui il grado della colpa rappresenti una soglia di tipicità del fatto colposo, sarebbe costituita dal fatto che l'accusa, avente ad oggetto un reato colposo attribuito al medico nonostante l'ottemperamento di guidelines, dovrebbe fare riferimento alla grossolanità dell'imperizia, causa dell'evento, già in punto di imputazione. In definitiva il pubblico ministero sarebbe onerato della dimostrazione della gravità dell'imperizia che si addita come tipica, con puntuale riferimento, come da indicazioni della Corte, anche ai profili più propriamente soggettivi dell'illecito (27) già nel momento dell'esercizio dell'azione penale. Inoltre, accogliendo l'impostazione sistematica della sentenza in analisi, la difesa potrebbe mirare alla formula assolutoria piena, «perché il fatto non sussiste» (28), tramite la sola prova della levità della colpa; la stessa possibilità sarebbe invece preclusa qualora la colpa lieve fosse, come sosteniamo, una causa di non punibilità. Ciò posto, poiché la giurisprudenza, nonostante accolga a livello di diritto sostanziale l'inserimento della violazione della norma cautelare come afferente al fatto tipico (29), è ancora lontana dall'applicazione di tale sistematica a livello processuale (30), la soluzione interpretativa che riferisce alla colpa lieve una causa di non punibilità sarebbe da preferire anche sotto un altro versante: l'atipicità della colpa lieve, infatti, resterebbe una mera questione di etichetta. 3. LA QUALIFICAZIONE DELLE LINEE GUIDA COME NORME CAUTELARI L'altra importante questione affrontata dalla Corte di cassazione è quella della possibile qualificazione delle linee guida come regole precauzionali. Con riferimento a questo profilo, la Corte, che sin da subito precisa come le linee guida non diano «luogo a norme propriamente cautelari e non configurano, quindi, ipotesi di colpa specifica», sembra, ad una prima lettura, dare risposta negativa all'interrogativo in questione. In particolare, si precisa in sentenza come l'attività medica non sia «di regola governata da prescrizioni aventi propriamente natura di regole cautelari», essendo piuttosto «fortemente orientata dal sapere scientifico e dalle consolidate strategie tecniche, che svolgono un importante ruolo nel conferire oggettività e determinatezza ai doveri del professionista e possono al contempo orientare le più difficili valutazioni cui il giudice di merito è chiamato» Più puntualmente – ritiene la Corte – la riconduzione delle linee guida nell'alveo delle regole di colpa specifica sarebbe ostacolata, da un lato, dalla «varietà ed il diverso grado di qualificazione delle linee guida», dall'altro, dalla «loro natura di strumenti di indirizzo ed orientamento, privi della prescrittività propria di una regola cautelare, per quanto elastica». Tali affermazioni sebbene sembrerebbero far propendere la Corte per la negazione della qualificazione delle linee guida come norme cautelari, costituiscono, ad una più attenta analisi, conclusioni interlocutorie, destinate cioè a proporsi come viatico per una più ampia e problematica trattazione della materia. 3.1. Il dibattito dottrinale Per favorire una più profonda comprensione di quelle che rappresentano le indicazioni della Corte circa il quesito di interesse, sembra doveroso ripercorrere brevemente il dibattito dottrinale che, prima della riforma, aveva avuto ad oggetto il valore delle linee guida come norme cautelari. In particolare gli studiosi del tema hanno più volte ribadito come la locuzione linee guida, oltre indicare, secondo l'autorevole definizione dell'Institute of Medicine, «raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte sistematicamente allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le cure sanitarie più appropriate in specifiche circostanze cliniche» (31), faccia riferimento anche ad altri significati. Tra questi si segnalano quelli che si sostanziano in prescrizioni influenzate da interessi economici, o volte alla riduzione dei costi delle cure al fine di una maggiore efficienza operativa dei servizi (32). Posto che dunque, secondo tali concezioni, l'interesse delle linee guida per la salute del paziente sembra quasi trascolorare, varie sono state le obiezioni sollevate dalla dottrina al riconoscimento della funzione cautelare di tali strumenti. Tra le critiche si ricorda quella volta a stigmatizzarne la vocazione economica ai fini del contenimento della spesa sanitaria (33); quella di chi ha rilevato come parte di tali prescrizioni siano predisposte da organismi non indipendenti, così recando un probabile conflitto tra l'interesse dei soggetti che le elaborano e quello della salute del malato (34); quella che evidenzia il carattere parziale delle linee guida, riferito alla circostanza che esse, il più delle volte, riflettano solo una parte delle soluzioni offerte dal mondo scientifico, nonché la critica che si appunta sul contrasto, non di rado rilevabile, tra il contenuto prescrittivo delle stesse linee guida (35). Infine, è stato obiettato come le linee guide tendendo all'omologazione del paziente al modello su cui quest'ultime si basano, sarebbero addirittura una fonte di rischio, dal momento che indurrebbero chi vi si adegui a sottovalutare le specificità che ogni singolo caso reca con sé (36). 3.2. Le linee guida come norme cautelari di colpa specifica Tuttavia, val la pena di sottolineare come la Corte escluda expressi verbis che le linee guida possano integrare norme di colpa specifica. E ciò in virtù della «loro natura di strumenti di indirizzo ed orientamento, privi della prescrittività di una regola cautelare per quanto elastica»: le stesse proporrebbero, in definitiva, «solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti». Proprio dalle caratteristiche delle linee guida poc'anzi richiamate – secondo i giudici di legittimità – la contraddittorietà addotta dal Procuratore Generale nei confronti della nuova norma, consistente nella possibilità di formulare un giudizio colposo nonostante il rispetto delle stesse (37), sarebbe solo apparente, essendo ben concepibile l'evenienza che il medico, pur rispettando quelle che vengono definite “istruzioni per l'uso”, erri nel loro adattamento al caso concreto. In realtà le indicazioni della Corte tendenti a caratterizzare le linee guida come vagamente orientative e, proprio per ciò, non suscettibili di integrare norme di colpa specifica, non risultano convincenti. Le stesse affermazioni, infatti, reclamano un migliore inquadramento dogmatico. In primo luogo, con riferimento all'esclusione delle linee guida dal novero delle norme di colpa specifica in virtù della (presunta) elasticità delle prime, va rilevato che la dottrina ha più volte ribadito come per “norma specifica” non debba necessariamente intendersi “norma precisa” (38), esistendo all'interno dell'ordinamento norme a carattere cautelare codificate in testi di legge, e quindi pacificamente considerate di colpa specifica, che mancano tuttavia di esaustività e completezza (39). Si pensi, ad esempio, alle norme del codice della strada che impongono al conducente di moderare la velocità a seconda delle condizioni metereologiche (40). Rispetto a tale prescrizione, mentre è pacifico che si tratti di una norma di colpa specifica, non si può di certo asserire che sia esaustiva e precisa quanto ad indicazioni cautelari. Può dunque affermarsi, in definitiva, che tra le due forme di colpa, specifica e generica, intercorra una differenza essenzialmente formale (41), concernente solo la fonte della cautela doverosa (42). La nomenclatura colpa specifica, pertanto, rimanderebbe ad un contenuto di specificità ed esaustività meramente apparente, in quanto non generalizzabile per la categoria (43). Inoltre, l'affermazione secondo cui le linee guida «propongono solo direttive generali, istruzione di massima, orientamenti», se confrontata con la moltitudine delle linee guida messe a disposizione dal mondo medico, risulta eccessivamente generalizzante, quando non addirittura apodittica. Esistono, infatti, una serie di linee guida che si caratterizzano per la puntualità degli adempimenti che indicano (44), mentre ve ne sono altre che posseggono un certo quale grado di vincolatività (si pensi, ad esempio, alle linee guida emanate ufficialmente dai dirigenti responsabili della struttura nella veste di «atti normativi interni»). Non erroneamente, pertanto, una parte della dottrina avrebbe ritenuto plausibile la riconduzione di questi strumenti al genus delle “discipline” (45). Per concludere, si ha l'impressione che la difficoltà della Corte di riconoscere alle linee guida la natura di norme di colpa specifica, nella specie di “discipline” sia legata, da un lato, alla volontà di fugare l'ipotesi, sostenuta nel processo dal Procuratore generale, e non condivisa dall'organo giudicante (46), circa la configurabilità della norma di una contraddizione in termini, dall'altro alla diffidenza (47) che ancora la giurisprudenza mostra nei confronti di questi strumenti contenenti, per lo più, sapere scientifico codificato. 3.3. I rapporti tra colpa specifica e colpa generica In realtà anche una parte della dottrina, ritenendo evidentemente che le linee guida (o almeno una parte di esse) possano configurarsi come regole cautelari, ha sostenuto che la nuova norma realizzi un'antinomia tra legislazione e dogmatica. Il ragionamento che è stato condotto fa leva sul fatto che, consistendo la colpa in un giudizio normativo, il cui primo livello è rappresentato dalla violazione oggettiva della regola cautelare (48), il novum legislativo potrebbe porci dinnanzi a un'ipotesi di “culpa sine culpa” (49). Ma, a ben vedere, la contraddizione appare insussistente. In primo luogo, deve sottolinearsi come il medico, anche nel seguire le regole cautelari cristallizzate, non può non tener conto delle specifiche peculiarità che ogni organismo reca con sé, essendo onerato ad adattare le stesse alla ineniminabile specificità del paziente e della malattia. Pertanto, ben potrebbe accadere che una data peculiarità del paziente possa suggerire al medico di modificare il percorso diagnostico o terapeutico indicato dalla linea guida astrattamente pertinente alla situazione di specie. Proprio in questo caso il medico che si attenesse pedissequamente agli adempimenti delle linee guida, senza tener in debito conto la peculiarità del caso, potrebbe, per l'appunto, incorrere in colpa, per violazione di un'ulteriore evidenza scientifica che era destinata a cumularsi alla linea guida, sostituendola o integrandola parzialmente. Tali osservazioni, sul piano più generale, sono riconducibili all'atteggiarsi dei rapporti tra colpa generica e colpa specifica, nonché all'identità di struttura, ai fini dell'accertamento del reato colposo, riferibile alle due forme di colpa. La dottrina oramai maggioritaria, infatti, ammette la configurazione della colpa generica, anche nei casi di osservanza di norme di colpa specifica (50), giustificando tale concorrenza in virtù del fatto che le regole cautelari codificate non riescono mai a fornire una completa guida comportamentale che contenga le indicazioni volte a neutralizzare la totalità dei rischi derivanti dalle inesauribili peculiarità che la prassi può presentare (51). Così, in presenza di “lacune” dischiuse da regole cautelari codificate rispetto alla concretezza delle situazioni, si dovrà ricorrere a regole di diligenza, prudenza e perizia non scritte. Un tipico esempio, nel settore della circolazione stradale, è quello della diminuzione della velocità anche al di sotto di quella consentita nei casi di particolari condizioni climatiche, o di spostarsi sulla corsia di emergenza nei casi di ingombro della carreggiata autostradale a seguito di un incidente. In questi casi, è evidente come sia obbligo del guidatore seguire regole cautelari generiche, contravvenendo, se del caso, alle previsioni codificate (52). È dato rilevare come il soggetto, obbligato ad infrangere una regola cautelare scritta, dovrà osservarne una non scritta di diligenza e prudenza cd generica (53). Allo stesso modo il medico, relazionandosi nella propria professione a organismi che rispondono individualmente e in modo diverso ai trattamenti (54), dovrà spesse volte mettere in atto “manovre emergenziali”, talvolta ulteriori, talaltra contrastanti con le prescrizioni codificate del sapere scientifico. Del resto le stesse considerazioni sui rapporti tra colpa specifica e generica potrebbero placare i timori di coloro che, a causa degli scopi di alcune linee guida, ritenuti estranei alla salute del paziente, hanno sempre guardato con diffidenza all'utilizzo di questi strumenti nell'abito dell'accertamento della colpa medica. È chiaro, infatti, che, quale che sia lo scopo di una linea guida, sarà l'analisi della situazione concreta, letta in una prospettiva ex ante, a dire quale fosse la cautela idonea a fronteggiare lo specifico rischio di cui la stessa situazione fosse portatrice. Sussistendo, sulla base delle considerazioni svolte, la possibilità, anzi, addirittura, il dovere per il medico di disattendere le linea guida, anche una loro previa e astratta qualifica come regole cautelari (di colpa generica o specifica è indifferente) non inciderebbe, ex se, sulla qualificazione della condotta del medico. Infatti, l'imputato che volesse difendersi dall'accusa di violazione di leges artis tramite l'affermazione di aver rispettato le linee guida, dovrebbe comunque far riferimento al fatto che le stesse fossero modali ed efficaci rispetto al contenimento del rischio del caso concreto. È chiaro che, in questi casi, nessun pregio avrebbe una difesa che allegasse il rispetto di prescrizioni aventi ad oggetto indicazioni atte a contenere i costi. 4. QUALE IL VALORE DELLE LINEE GUIDA SUL GIUDIZIO DI COLPA DEL MEDICO? Nonostante le considerazioni appena mosse sui rapporti tra colpa specifica e colpa generica indurrebbero ad un pregnante ridimensionamento della portata delle linee guida sul giudizio di responsabilità colposa per del medico, si scorgono comunque, anche in virtù delle importanti affermazioni contenute nella sentenza, nuovi spiragli per la valorizzazione del sapere codificato all'interno della valutazione della colpa medica nei vari casi che la prassi propone. La prima feritoia da cui l'osservanza delle linee guida si presta a ricevere nuova luce è quella aperta dalla valorizzazione del momento di rimproverabilità soggettiva nella valutazione della condotta colposa dell'agente. In quest'ottica, infatti, l'osservanza delle linee guida, sebbene indifferente ai fini dell'esclusione del cd momento oggettivo della colpa quando, nel caso specifico, l'agente avrebbe dovuto discostarsene, potrebbe rilevare sul piano soggettivo. Infatti, considerato che le linee guida costituiscono un collaudato standard di perizia si potrebbe escludere il momento soggettivo e, con esso dunque, la colpa, tutte le volte che, le caratteristiche personali del soggetto agente o la situazione concreta, non rendessero esigibile, ancorché doveroso, il discostamento da queste (55). Inoltre, l'importanza di questi strumenti nel giudizio di accertamento della condotta colposa del medico si apprezzerebbe sotto il profilo dell'accertamento processuale della regola cautelare che, nel caso di specie, il medico avrebbe dovuto seguire per andare esente da colpa. Infatti, come ricorda la stessa sentenza, in ambiti complessi quali quello della responsabilità medica le informazioni scientifiche sono veicolate al processo tramite il parere degli esperti, i quali devono «delineare lo scenario di studi e fornire gli elementi di giudizio che consentano al giudice di comprendere se (...) vi sia conoscenza scientifica in grado di guidare affidabilmente l'indagine. Di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto». La Corte sottolinea come, in definitiva, la regola cautelare debba essere rinvenuta secondo parametri chiari che, evitando di concretiz zare l'opinione del singolo perito, esprimano quella che, secondo il mondo scientifico, è la diligenza doverosa. Le linee guida costituirebbero, sotto questo profilo, un importante referente probatorio (56) che, imponendo ai periti e consulenti l'onere di documentare che il proprio parere faccia riferimento alla migliore letteratura disponibile consente al giudice che, in fondo, conserva il ruolo di peritus peritorum(57), di addivenire ad una decisione razionale, che sia motivata in forza di un parametro da un lato oggettivizzato e dall'altro intellegibile. Esse infatti, provenendo dalla comunità scientifica, sono in genere espressione della migliore scienza ed esperienza. Proprio il credito di cui godono le rende un punto fermo di orientamento nell'individuazione della regola cautelare che andava seguita nel caso concreto. L'insostituibile importanza di tali strumenti, dunque, emerge non solo come veicolo dell'informazione scientifica al processo tramite la perizia, ma anche un ai fini della controllabilità della correttezza metodologica della stessa (58) e, in definitiva, della motivazione. In definitiva, ci pare di poter affermare che proprio il processo (59), e non il diritto penale sostanziale, sarebbe l'habitat naturale della rilevanza delle linee guida. 5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: L'INFONDATEZZA DEL RICORSO E LA MINACCIA DELLA DECORRENZA DEL TEMPO In conclusione dell'analisi svolta riteniamo che la sentenza costituisca per l'interprete una preziosa fonte da cui attingere per la comprensione del volto parzialmente nuovo della responsabilità medica. Il provvedimento, che si segnala per la raffinatezza dell'indagine svolta sull'elemento soggettivo del delitto colposo, recepisce le indicazioni provenienti dalla dottrina circa la valorizzazione della c.d. colpevolezza colposa al fine della selezione dei fatti penalmente rilevanti. La ricostruzione del grado della colpa operata è, del resto, il riflesso dell'acuta sensibilità dell'organo giudicante per le questioni attinenti al momento soggettivo della colpa (60). Inoltre, la trattazione dell'importanza del sapere codificato nell'accertamento processuale della colpa medica nonché ai fini della verificabilità della motivazione, segnala che siamo lontani da quel paventato “assolutismo giudiziario” a cui, in tema di individuazione della regola cautelare si è autorevolmente fatto riferimento (61). Il lettore, pertanto, non può che trarre dal complesso delle argomentazioni un bilancio senz'altro positivo. Tuttavia, l'occasione processuale da cui ha preso le mosse la sentenza, forse, immeritatamente riceve, per così dire, un tale felice coronamento. Come la Corte correttamente precisa «la restrizione della portata dell'incriminazione ha avuto luogo attraverso due passaggi: l'individuazione di un'area fattuale costituita da condotte aderenti ad accreditate linee guida e l'attribuzione della rilevanza penale, in tale ambito, alle sole condotte connotate di colpa grave del sanitario»; per cui, presupposti indefettibili ai fini dell'applicazione del novum legislativo sono la levità della colpa del medico da un lato, e l'accertamento di una condotta conforme a linee guida, dall'altro. È doveroso ricordare che, nel giudizio di merito, si era invece accertata la violazione di una linea guida (quella di non agire, nelle operazioni della stessa tipologia di quella effettuata, ad una profondità superiore ai 3 centimetri). D'altro canto la difesa, nel proprio ricorso, pur contestando la suddetta violazione, non adduceva alcuna conformità del comportamento dell'imputato a linee guide o buone pratiche di sorta. In ragione dell'accertata insussistenza di uno dei due presupposti congiuntamente richiesti dalla nuova norma, dunque, non parrebbe applicabile al caso concreto il trattamento favorevole introdotto dalla stessa. Il ricorso – in definitiva – sarebbe dovuto risultare infondato. Se tali considerazioni hanno pregio, un duplice ordine di conseguenze potrebbe – forse – segnare le sorti della vicenda processuale: mentre da un lato la sentenza del giudizio del rinvio, dopo avere escluso l'applicabilità del novum legislativo al caso di specie, si ritroverebbe a ripetere le conclusioni della sentenza annullata, dall'altro il decorrere del tempo potrebbe averla vinta sulle sorti del processo (62). Note: (1) Lo stesso articolo precisa che «In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. Il Giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo». Si ricorda che tale formulazione, contenuta nella legge di conversione, è radicalmente diversa da quella recepita nel d.l. originario che così recitava: «Fermo restando il disposto dell'art. 2236 c.c., nell'accertamento della colpa lieve nell'attività dell'esercente le professioni sanitarie il Giudice, ai sensi dell'art. 1176 c.c., tiene conto in particolare dell'osservanza, nel caso concreto, delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale». (2) È noto come la non florida trattazione del grado della colpa ha comportato una sostanziale oscurità del concetto di colpa grave e, specularmente, di colpa lieve. A tale proposito va segnalata l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale da parte del Tribunale di Milano che, in una delle molteplici questioni di legittimità proposte con il medesimo provvedimento ha ritenuto la nuova norma carente di determinatezza in riferimento alla colpa grave quale soglia della rilevanza penale della condotta Cfr. Trib. Milano, 21 marzo 2013, in www.penalecontemporaneo.it. E tuttavia la questione di costituzionalità sollevata con l'ordinanza in questione è stata giudicata dalla Corte costituzionale, con ord. 6 dicembre 2013, n. 295, manifestamente inammissibile per carenza di rilevanza nel giudizio a quo della questione. (3) Ci si riferisce al fondamentale saggio di Padovani, Il grado della colpa, in, Riv. it. dir. e proc. pen., 1969, p. 818 ss. (4) Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 876 ss. (5) Nello stesso senso cfr. Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 880. (6) Deve ricordarsi come autorevole dottrina ritiene che qualora le difficoltà del caso clinico siano eccessivamente complesse, esse possano costituire, con riferimento alla condotta del soggetto agente, una condizione di inesigibilità, intesa come situazione di fatto che influenza la capacità del soggetto di conformarsi alla regola cautelare «che pure non viene meno, non perdendo la sua oggettiva efficacia erga omnes» v. Fornasari, Il principio di inesigiblità nel diritto penale, Cedam, 1990, 334. Sull'inesigibilità come componente negativa della colpevolezza Grotto, Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colpa specifica, Giappichelli, 2012, p. 349 ss. (7) Nello stesso senso Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 882 (8) Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 882. Sul concetto di esigibilità nel diritto penale v. Fornasari, Il principio di inesigibilità, p. 380, che definisce l'esigibilità come «principio regolatore nella determinazione del grado della colpa», ma anche come elemento strutturale del momento soggettivo della colpa. Per una recente analisi e valorizzazione dell'esigibilità nella valutazione del momento soggettivo della colpa Grotto, Principio di colpevolezza, p. 355 ss. (9) Più dettagliatamente, al fine di indicare le modalità di graduazione della condotta colposa, sono stati indicati in dottrina dei veri e propri criteri, suddivisi in oggettivi e soggettivi. Tra i criteri oggettivi rientrerebbero il quantum di prevedibilità e di evitabilità dell'evento, nonché il quantum di divergenza tra la condotta doverosa e quella tenuta, essendo la colpa tanto maggiore quanto più il soggetto si sia discostato dalla regola di condotta che doveva essere osservata. Tra i criteri soggettivi assumono, invece, rilievo il quantum di esigibilità dell'osservanza delle regole cautelari violate, nonché il tipo di motivazione, specie quando si tratti di conflitto di doveri. Per tali osservazioni si veda F. Mantovani, voce Colpa, in Dig. d. pen., vol. II, Utet, 1988, p. 313. (10) In tal senso v. anche Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 887, dove, a proposito di minore rimproverabilità soggettiva in presenza di un conflitto di doveri, si riporta l'esempio del conducente di un'autoambulanza che trasporta una partoriente, quello del carro attrezzi dei pompieri chiamato d'urgenza nei casi di sinistri stradali, nonché il caso esemplificativo, caro alla dottrina tedesca, del bracciante che ottempera all'ordine del padrone di guidare un cavallo bizzarro, nella consapevolezza di non esserne capace, per evitare il licenziamento minacciatogli in caso di rifiuto all'obbedienza. (11) Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 882. (12) Padovani, Il grado della colpa, cit., p. 882. Specifica l'A., infatti, che «non da tutti i soggetti si possono esigere una uguale diligenza, una uguale esperienza, uguali capacità tecniche od umane». (13) Si fa riferimento alla proposta riportata in Centro Studi Federico Stella, Il problema della medicina difensiva, a cura di Forti-Catino-D'Alessandro-C.Mazzucato-Varraso, Pisa, 2010, p. 47 che prevede l'introduzione di una fattispecie autonoma di reato rubricata “Morte o lesioni come conseguenza di condotta colposa in ambito sanitario”, secondo la quale «l'esercente di una professione sanitaria, grandemente inosservante di regole dell'arte, ha creato un rischio irragionevole per la salute del paziente, concretizzatosi nell'evento». (14) V. da ultimo Canestrari, La doppia misura della colpa nella struttura del reato colposo, in Ind. pen., 2012, p. 21 ss. (15) Per questo tipo di rilievi si vedano, da ultimo, gli interventi svolti da Donini-Castronuovo all'importante convegno annuale dell'Associazione “Franco Bricola”, dal titolo “Reato colposo e modelli di responsabilità”, tenutosi presso l'Università di Bologna il 23 e 24 marzo 2012, i cui atti sono pubblicati in AA.VV., Reato colposo e modelli di responsabilità, Bononia University Press, 2012. Nello stesso senso Palazzo, Responsabilità medica, cit., p. 1064, che definisce «nullo o quasi nullo lo spazio argomentativo per le questioni che vadano oltre la secca violazione della regola cautelare» Canepa, L'imputazione soggettiva della colpa. Il reato colposo come punto cruciale nel rapporto tra illecito e colpevolezza, Giappichelli, 2011, passim; Grotto, Principio di colpevolezza, cit., passim. (16) Così Castronuovo, La colpa “penale”. Misura soggettiva, cit., p. 186. (17) In tal senso si vedano le considerazioni di Donini, Imputazione oggettiva dell'evento, Giappichelli, 2006, p. 96. Un esempio concreto, in cui l'orientamento riferito nel testo mostra il lato più oscuro è quello della responsabilità colposa del medico specializzando che cagioni l'evento infausto nell'esecuzione delle direttive del tutore e, dunque, in concorso con quest'ultimo. A tale proposito la giurisprudenza è granitica nel sostenere la rimproverabilità per colpa del medico specializzando il quale, dovendo possedere la medesima preparazione teorica del medico tutore, al fine di non incorrere in una responsabilità penale, è addirittura tenuto, nella collaborazione con il tutore, ad emendare gli errori della propria stessa guida, quantomeno segnalando il proprio dissenso. (Cfr. in particolare Sez. IV, 22 gennaio 2004; nello stesso senso Sez. IV, 6 ottobre 1999, Sez. IV, 10 dicembre 2009, n. 6215; 17 gennaio 2012, n. 6981). Tale orientamento, che sancisce la riconoscibilità, in ogni caso, dell'errore del tutor da parte dello specializzando, si fonda su una fictio iuris di pari conoscenza teorica dei due soggetti, la quale chiaramente rivela lo scivolamento della giurisprudenza verso una presunzione di colpa e – in ultima analisi – verso una responsabilità oggettiva occulta. In dottrina v. Vallini,Gerarchia in ambito ospedaliero e omissione colposa di trattamento terapeutico, in Dir. pen. proc., 2000, p. 1626 ss. (18) L'espressione è di Castronuovo, “La colpa penale”, Misura soggettiva e colpa grave, cit., p. 200. (19) R. Blaiotta, La responsabilità medica:nuove prospettive per la colpa, in Reato colposo e modelli di responsabilità, cit., p. 327 che sottolinea come “attraverso il concetto di colpa grave rivisitato in chiave logica si rinviene lo strumento concettuale, il topos per fare entrare il profilo più squisitamente soggettivo della colpa nel giudizio di responsabilità. Interessante notare, peraltro, che lo stesso Autore è l'estensore della sentenza in commento. Nello stesso senso Castronuovo, “La colpa penale”, Misura soggettiva e colpa grave, cit., p. 200. (20) Padovani, Diritto penale, Giuffrè, 2006, p. 103. Per una ricostruzione anche storica della tipicità penale come fatto conforme al tipo si veda Gargani, Dal corpus delicti al Tatbestand. Le origini della tipicità penale, Giuffrè, 1997. (21) Cfr. Marinucci, Cause di giustificazione, in Dig. d. pen., vol. II, Utet, 1988, p. 130 ss. (22) V. per tutti Palazzo, Responsabilità medica, disagio professionale, cit., p. 1066. (23) Per la posizione che ha ritenuto come la presenza di interessi di natura-extrapenale distinguerebbe le cause di non punibilità dalle scusanti si veda Roxin, Rechtfertigungs und Entschuldiggungsgründe in Abgrenzung von sontstigen Strafausschlienssungsgründen, in Rechtfertigung und Entschuldigung, p. 260, citato in Romano, Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, p. 64. (24) Per l'impostazione che inserisce la punibilità come quarto elemento del reato si veda Marinucci-Dolcini, op. cit. Per una critica di tale impostazione si v. per tutti Donini, Non punibilità e idea negoziale, in IP, 2001, 1038, che fa un quadro delle principali posizioni della dottrina favorevole e contraria alla teoria quadripartita del reato. (25) Cfr. Vassalli, voce Cause di non punibilità, in Enc. dir., vol. VI, Giuffrè, 1960, p. 609 ss. L'A a proposito della difficoltà di distinguere tra cause di esclusione del reato e cause di esclusione della punibilità in senso stretto ritiene come, le seconde, a differenza delle prime, non possano essere riconosciute fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, in quanto eccezionali. Sull'associazione idea di “eccezionalità” e cause di non punibilità, si veda di Martino, La sequenza infranta. Profili della dissociazione tra reato e pena, Giuffrè, 1998, p. 25 ss. (26) La metafora, come è noto, è riferibile a Lange, Literaturbericht, in ZStW, 1951, p. 476. (27) Per un riferimento costante ai profili processuali dell'inserimento della colpa anche all'interno del fatto tipico v. Micheletti, La normatività della colpa penale nella giurisprudenza della Cassazione, in AA.VV., Medicina e diritto penale, ETS, 2009, p. 247 ss. (28) Va sottolineato, comunque, come sul fronte del risarcimento del danno qualsiasi ricostruzione non possa sortire effetto alcuno in ragione dell'espressa previsione legislativa che fa salvo, ad ogni modo, il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. (29) Cfr. Sez. IV, 19 maggio 2007, 4675, dove si legge testualmente che «la collocazione teorica della colpa oggi non possa esaurirsi nell'ambito della colpevolezza ma attenga direttamente anche alla tipicità del reato. La natura normativa della colpa risulta ancora più evidente nelle fattispecie di reato (...) denominate causalmente orientate (...) caratterizzate dal fatto che il legislatore prende in considerazione esclusivamente l'evento senza che venga descritta la condotta – nelle quali la tipicità è descritta sostanzialmente dalle regole cautelari violate». (30) Fa riferimento ad una «carenza metodologica della giurisprudenza» che, una volta accolta l'attinenza della regola cautelare al fatto tipico, tende a fare svaporare l'impostazione accolta nel processo Micheletti, La normatività della colpa penale, cit., p. 263-264. Nello stesso senso cfr. Castronuovo, La contestazione del fatto colposo:discrasie tra formule prasseologiche e concezioni teoriche della colpa, in questa rivista 2002, p. 3836 che sottolinea come, accolta l'impostazione che inserisce la colpa all'interno del fatto tipico, la giurisprudenza realizzerebbe una violazione della necessaria correlazione tra accusa e sentenze tramite la frequente sostituzione, durante il processo, della regola cautelare. (31) La definizione riportata nel testo costituisce la traduzione della versione originaria seguente «sistematically developed statements to assist the practioner and patient decisions about appropriate healt care for specific clinical circumstances»: Institute Of Medicine, Guidelines for clinical practice: from development to use, Washington DC, 1992. (32) Terrosi Vagnoli, op. cit., p. 191; Per una differenziazione delle linee guida in base alle fonti di produzione e alla vincolatività giuridica cfr. Castronuovo-Ramponi, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, in Belvedere-Riondato, Le responsabilità in medicina. Trattato di biodiritto, Giuffrè, 2011, p. 974. (33) Civello, Responsabilità medica e rispetto delle “linee guida” tra colpa grave e colpa lieve, in www.archiviopenale.it, 13; Caputo, “Filo d'Arianna” o flauto magico”? Linee guida e checklist nel sistema della responsabilità per colpa medica, in www.penalecontemporaneo.it, 13; Cartabellotta, Medicina basata sulle evidenze o sulle linee guida?, in RicSan 2000, p. 41; V. Fineschi - P. Frati, Linee guida, a double edge sword. Riflessioni medico legali sulle esperienze statunitensi, in RIM, 1998, p. 665. Per un riferimento anche in giurisprudenza di tale possibile aspetto delle linee guida, con cenni al complesso rapporto tra principio di economicità e tutela della salute, Sez. IV, 23 novembre 2011, n. 8254. Relativizza l'obiezione economicista, sottolineando come gli operatori sanitari siano comunque influenzati sia da valutazione costi-benefici che da raccomandazioni di organi amministrativi Micheletti, La normatività della colpa medica nella giurisprudenza di Cassazione, in AA.VV., Medicina e diritto penale, cit., p. 276. (34) Civello, Responsabilità medica, cit., p. 15. (35) Di Landro, Linee guida e colpa professionale, in Foro it., 2011, c. 427. (36) Per tale ragioni di critica, nella dottrina anglosassone, esse sono state metaforicamente indicate come “cuore” e allo stesso tempo “tallone d'Achille” della responsabilità del medico. V. S. Timmermans, From Autonomy to Accountability: The role of clinical practice guidelines in professional power, in PerspBiolMed, 2005, p. 490 ss. (37) In dottrina le stesse perplessità sono stata espresse da Piras, In culpa sine culpa, cit., passim. Nello stesso senso S. Torraca, «Nuovi» confini della responsabilità penale del medico dopo il c.d. Decreto Balduzzi? In Riv. trim. dir. pen. econ., 2012, p. 820. (38) Autorevolmente, in dottrina, fanno riferimento a regole cautelari “elastiche” Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, cit., p. 231 ss; Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, Cedam, 1993, 164. Da ultimo v. Grotto, Principio di colpevolezza, cit., p. 67. (39) Si veda sul punto Grotto, Principio di colpevolezza, cit., p. 67, che riporta l'esempio degli artt. 29 d.lg. n. 81 del 2008 che, imponendo al datore di lavoro la valutazione dei rischi, lascia poi alla perizia ed esperienza di quest'ultimo le modalità del suo compimento. (40) Cfr. art. 141 c. strad. (41) In tal senso M. Gallo, voce Colpa penale, in Enc. dir., vol. VII, Giuffrè, p. 637. Da ultimo Grotto, Principio di colpevolezza, p. 70. (42) Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, cit., p. 231; Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, Giuffrè, 1990, cit., p. 313; Giunta, Illiceità e colpevolezza, cit., p. 178, secondo cui l'identità di struttura tra colpa specifica e generica, in particolare, viene sottolineata onde indicarne l'uguale metodo di accertamento. (43) Cosi da ultimo Grotto, Principio di colpevolezza, p. 70. (44) Cfr., ad esempio le puntuali linee guide in materia emotrasfusionale pubblicate sul sito del Centro Nazionale Sangue, oppure, le linee guida in materia di Trattamento del Trauma Cranico minore e severo pubblicate sul sito del Sistema Nazionale delle linee guida, rispettivamente in www.centronazionalesangue.it/sites/default/files/EUOBUP_Manual.pdf www-www.snlg-iss.it/cms/files/ASSR_Trauma_cranico_pdf. (45) Sulla configurabilità delle linee guida alla stregua di discipline (intese come regole cautelari che trovino la propria fonte in atti emanati da singoli soggetti privati che esercitino un'attività pericolosa) v. Veneziani, I delitti contro la vita e l'incolumità individuale, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, diretto da Marinucci-Dolcini, Cedam, 2009, p. 182; Risicato,Le linee guida e i nuovi confini della responsabilità medico-chirurgica:un problema irrisolto, in Dir. pen. proc., 2013, p. 200; Giunta, Il reato colposo nel sistema delle fonti, in Reato colposo e modelli di responsabilità, cit., p. 82; Giunta, Protocolli medici e colpa penale secondo il «decreto Balduzzi», in Riv. it. med. leg., 2013, p. 827; Iadecola, Il valore dell'opinione dell'ordine professionale e delle società scientifiche nel contenzioso penale, ivi, 2011, p. 11; Castronuovo - Ramponi, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, cit., p. 972; Caputo, “Filo d'Arianna” o flauto magico?, cit., p. 15. Va tuttavia ricordato che, secondo una parte della dottrina, le regole di colpa specifica non possono che provenire da organi pubblici, secondo i procedimenti e limiti fissati per la produzione di norme di rango secondario. Per tale impostazione v. G. Marini, voce Nullum crimen, nulla poena sine lege, in Enc. dir., vol. XXVIII, Giuffrè, 1978, p. 954 (46) Del resto la Corte palesa sin da subito l'intento di interpretare in modo “costruttivo” la nuova normativa, al fine di valorizzarne le innovazioni. Si legge, a tale proposito che «Non può essere del tutto condiviso il pur argomentato punto di vista del Procuratore generale requirente, che ha rimarcato le imperfezioni, le incongruenze nonché l'apparente contraddittoreità della legge. Si è considerato che non è facile comprendere come possa configurarsi colpa nel caso in cui vi sia stata l'osservanza delle linee guida e delle buone pratiche terapeutiche; e se ne è desunto che si è in presenza di una novità di modesto rilievo. Non vi è dubbio che l'intervento normativo, se sottoposto a critica serrata, mostrerebbe molti aspetti critici. Si è in effetti in presenza, per quel che qui interessa, di una disciplina in più punti laconica, incompleta; che non corrisponde appieno alle istanze maturate nell'ambito del lungo dibattito dottrinale e della vivace, tormentata giurisprudenza in tema di responsabilità medica (...). Tuttavia, piutttosto che attardarsi nelle censure, conviene tentare, costruttivamente, di cogliere e valorizzare il senso delle innovazioni». (47) Fa riferimento ad una “cauta diffidenza” della giurisprudenza nei confronti delle linee guida Risicato,Le linee guida e i nuovi confini della responsabilità medico-chirurgica, cit., 2013, p. 198; Manna,Medicina difensiva e diritto penale. Tra legalità e tutela della salute, in Arch. pen., 2014, p. 151. (48) Sull'appartenenza della colpa al fatto tipico v. Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, cit., Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, cit.; Canestrari, L'illecito penale preterintenzionale, Cedam 1989, p. 100 ss.; Pioletti, Contributo allo studio del reato colposo, Cedam, 1990; Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, cit.; Giunta, Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, Cedam, 1993; Veneziani, Regole cautelari proprie e improprie nella prospettiva delle fattispecie colpose causalmente orientate, Cedam, 2003; Cornacchia, Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio, Giappichelli, 2004; Basile, La colpa in attività illecita. Un'indagine di diritto comparato sul superamento della responsabilità oggettiva, Giuffrè, 2005; A. Canepa, L'imputazione soggettiva della colpa. Il reato colposo come punto cruciale nel rapporto tra illecito e colpevolezza, Giappichelli, 2011; Grotto, Principio di colpevolezza, cit. ContraDe Francesco, Diritto penale. I fondamenti, Giappichelli, 2008, p. 426, che esprime posizione contraria all'inserimento delle regole cautelari all'interno del precetto, ribadendo l'appartenenza della colpa unicamente al momento della colpevolezza. (49) È la posizione di Piras, In culpa sine culpa, cit., passim. Nello stesso senso Torraca, «Nuovi» confini della responsabilità penale del medico dopo il c.d. Decreto Balduzzi?, cit., p. 820. (50) Marinucci-Dolcini, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, 2006, p. 267 laddove si distingue tra regole di colpa specifica “elastiche” e “rigide”. Mentre le prime indicano un comportamento da determinarsi in rapporto a circostanze concrete, le seconde indicano in modo netto e pressoché assoluto la regola di condotta da osservare. Tuttavia gli A. specificano che anche nel caso di regole prudenziali a contenuto rigido l'agente può essere tenuto a derogare alle stesse rispettando norme prudenziali di colpa generica. Ipotesi di deroga a regole prudenziali rigide, nel settore della circolazione stradale, sono rappresentate, ad esempio dalle “manovre di emergenza” che il conducente è chiamato a effettuare in presenza di talune circostanze. In dottrina ha ammesso la possibilità che residui colpa generica ance a fronte dell'ottemperamento di prescrizioni di colpa specifica F. Mantovani, voce Colpa, cit., p. 309; Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, cit., p. 236; Forti, Colpa ed evento nel diritto penale, cit., p. 316; Veneziani, I delitti contro la vita e l'incolumità individuale, cit., p. 189. Contrari a tale prospettiva Antolisei, Manuale di diritto penale, par. 132, che ribadisce invece che «nei casi derivanti da inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (...) la responsabilità per colpa è esclusa, anche se l'agente ha previsto il risultato stesso, sempre che egli abbia osservato le disposizioni che gli erano imposte»; Piergallini, Attività produttive e imputazione per colpa: prove tecniche di diritto penale del rischio”, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, p. 1491, che ritiene che «Se si concorda sul fatto che le norme cautelari scritte disciplinano una determinata classe di rischi, pare davvero difficile, e tutto sommato contraddittorio, sostenere che una volta esclusa la trasgressione della regola possa residuare uno spazio di operatività per la colpa generica». (51) Marinucci, La colpa per inosservanza di leggi, cit. (52) Cfr. Palazzo, Corso di diritto penale, Giappichelli, 2011, p. 341. (53) Palazzo, Corso di diritto penale, cit., p. 341. (54) Proprio in riferimento al fatto che il medico si trovi ad operare con organismi individuali emergono tutte le difficoltà, di pervenire ad una standardizzazione delle regole cautelari che, quanto meno possa avere la stessa funzione di altri settori del diritto penale in cui la stessa può dirsi realizzata. Per tali considerazioni cfr. Palazzo, Responsabilità medica, “disagio” professionale e riforme penali, in Dir. pen. proc., 2009, p. 1063. A proposito della difficile standardizzazione delle regole cautelari in medicina l'A. sottolinea l'irripetibilità degli atti medici, il loro essere strettamente condizionati dalla relazione personale medico-paziente e dall'individualità del paziente (55) In tal senso Veneziani, I delitti contro la vita e l'incolumità individuale, cit., p. 189, postula che le linee guida possano essere fatte valere quali scusanti. Per la rivalutazione del concetto di esigibilità come causa di esclusione della colpevolezza, v. Grotto, Principio di colpevolezza, cit. (56) E ciò, peraltro in linea con quello che, più in generale, è stato ritenuto da autorevole dottrina il carattere «indiziario» delle regole cautelari di colpa specifica. V. Forti, Colpa ed evento, cit., p. 314. (57) Conti, Iudex peritus peritorum e ruolo degli esperti nel processo penale, in La prova scientifica e il diritto penale, DPP Dossier, 2008, p. 29 ss. In senso critico Masera,Il giudice penale di fronte a questioni tecnicamente complesse: spunti di riflessione sul principio dello iudex peritus peritorum, in Corr. merito, 2007, p. 354. (58) Ha sottolineato in dottrina tale funzione Giunta, Il reato colposo nel sistema delle fonti, cit., p. 81. (59) Ci sembra esprimersi in tal senso Caputo,“Filo d'Arianna” o “flauto magico”, cit., p. 19-20 che ritiene che siano fonti di cognizione di regole cautelari. (60) Pare opportuno segnalare come relatore del provvedimento in analisi sia il dott. Blaiotta autore di diversi contributi sull'elemento della colpa, tra cui, in relazione alla valorizzazione dell'elemento soggettivo si segnala Blaiotta, La responsabilità medica: nuove prospettive per la colpa, in Reato colposo e modelli di responsabilità, cit., p. 313 ss. (61) Giunta, Il reato colposo nel sistema delle fonti, cit., p. 81. (62) Si sofferma sui profili prescrizionali in materia di responsabilità colposa del medico, Micheletti, La colpa del medico. Prima lettura di una ricerca “sul campo”, in Criminalia, 2008, p. 189. Sullo stesso tema v. da ultimo Roiati, Il ruolo del sapere scientifico e l'individuazione della colpa lieve nel cono d'ombra della prescrizione, in www.penalecontemporaneo.it. Utente: lacro01 LA CROCE www.iusexplorer.it - 18.06.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156