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Donne in azienda: la “diversità” come valore
MANAGEMENT Donne in azienda: la “diversità” come valore Le differenze di genere costituiscono una risorsa e vanno riconosciute e correttamente utilizzate per lo sviluppo delle imprese. Tuttavia ad oggi il numero delle donne che accedono a posizioni di vertice o di rilevante responsabilità manageriale è ancora basso, in Italia più che in altri paesi Paola Ellero a classificazione biologica relativa al maschile e al femminile è facile, ma quanto può essere considerata legittima nel descrivere e prevedere dei comportamenti? È questa una domanda di grande importanza rispetto al tema “uguaglianza/diversità”. In questi ultimi anni hanno avuto molto successo una serie di pubblicazioni che riportavano comportamenti “tipicamente” femminili o maschili: 䡵 le donne non sanno leggere le cartine, hanno maggiori abilità linguistiche e sono più intuitive, sono più sensibili e altruiste, ma poco abili nel costruire alleanze; 䡵 gli uomini non si fermano a chiedere indicazioni stradali, hanno maggiori capacità analitiche e di soluzione di problemi spaziali, costruiscono gerarchie di dominanza all’interno dei gruppi. L Paola Ellero, consulente senior di Mida, società di consulenza e formazione, si occupa di progetti per lo sviluppo dei collaboratori. È professore a contratto presso l’Università di Padova: Laboratorio di scrittura per scienze della comunicazione e comunicazione interculturale. Collabora con Cfmt come docente nell’area corsi dedicata alla gestione risorse umane. È evidente come la classificazione delle persone, anche se necessaria per la comprensione dei fenomeni, si può facilmente trasformare in una 42 䡵 DIRIGENTE 12|2008 lettura stereotipica, dove le categorie finiscono con l’assomigliare a caricature e alimentare così i pregiudizi. Molte donne, in particolare quelle di successo nei diversi ambiti professionali, stentano a riconoscere la “diversità” come valore. Questo atteggiamento nasce anche dalla storia del movimento femminista che ha dovuto lottare per far riconoscere la parità e quindi l’uguaglianza. Ma la parità non è sufficiente a garantire “uguaglianza” di opportunità, quando il “potere” è, a tutti i livelli, in mano maschile. Nonostante la realtà del nostro Paese sia, negli ultimi anni, profondamente mutata (l’organizzazione del lavoro, l’assetto della famiglia, il concetto di maternità ecc.) e si siano delineati nuovi stili di vita e di lavoro, l’Italia a livello internazionale si colloca agli ultimi posti in fatto di parità: il tempo passa ma la distanza non si colma. Pari opportunità: dove sta l’Italia? Secondo il “Global Gender Gap Report 2008” del World Economic Fo- rum, il nostro Paese è al 67° posto su 130 nazioni prese in considerazione quest’anno. Il rapporto, giunto alla sua quarta edizione, analizza il gap in termini di opportunità che separa i due sessi soffermandosi in particolare su partecipazione economica al lavoro, istruzione, salute e presenza all’interno delle istituzioni politiche. L’area in cui nel nostro Paese le disparità sono più acute è quella della partecipazione economica, dove l’Italia risulta all’85° posto. Sotto questo aspetto le italiane sono svantaggiate soprattutto quando si tratta di stipendi, livelli di partecipazione e accesso a professioni altamente qualificate. Il rapporto del World Economic Forum individua una correlazione tra la competitività di un Paese e il punteggio relativo al gap. «Paesi che non capitalizzano a pieno una metà del proprio capitale umano – ha dichiarato Laura Tyson, docente di Business administration and economics all’Università di Berkeley in California – corrono il rischio di minare il loro potenziale competitivo». Perché “Diversity” ? Nonostante il quadro sconfortante, ci sono segnali positivi di cui tener conto. I cambiamenti più rilevanti che le aziende si trovano ad affrontare hanno contribuito a portare elementi di diversità che devono essere gestiti. La diversificazione e la crescita di complessità dei mercati e il conseguente articolarsi delle organizzazioni per rispondervi hanno modificato la composizione e la qualità della forza lavoro impiegata. In primo luogo la crescita delle multinazionali e la diffusione di accordi di collaborazione internazionali hanno visto la crescita di un management interculturale che ha dovuto imparare che molti aspetti dei propri comportamenti e dei propri valori non erano universalmente validi, soprattutto in rapporto a culture sempre più distanti e di difficile comprensione, quali quelle del mondo arabo o dell’Asia. Dall’altro la presenza femminile nel mercato del lavoro, progressivamente in crescita, occupa via via posizioni più qualificate e quindi meno fungibili. Infatti, mentre fino a pochi anni fa la partecipazione femminile spesso si interrompeva con la gravidanza e il parto, oggi le curve di occupazione femminile rivelano la tendenza a rimanere attive anche dopo la nascita dei figli. Inoltre questa propensione si innalza nel lavoro qualificato e professionalmente gratificante: le donne ad alta scolarità mantengono la posizione occupata prima della maternità. Nel cambiamento di prospettiva che queste tendenze evidenziano è necessario valorizzare sia le esigenze individuali sia il contributo che le persone possono dare all’organizzazione, mentre nella logica delle pari opportunità venivano salvaguardati gli interessi dei singoli, senza necessariamente tenere presente i vantaggi organizzativi. Molte aziende (ma anche i sindacati, per un vecchio retaggio culturale troppo orientato all’egualitarismo) non hanno colto l’importanza di questi fenomeni e 䊳 Cfmt propone un percorso per esplorare alcuni aspetti della diversità di genere come si configura oggi nelle organizzazioni italiane: “Il genere nelle organizzazioni - Diversity management”. Il percorso si articola in un seminario di base (propedeutico) e tre workshop di approfondimento. I viaggi di Penelope: self empowerment al femminile Roma, 22-23 gennaio 2009 Milano, 18-19 febbraio 2009 Le “maschere” dell’identità Roma, 23 febbraio 2009 Milano, 23 marzo 2009 Stili di comunicazione e di relazione Roma, 25 marzo 2009 Milano, 21 aprile 2009 Diversity leadership Roma, 16 aprile 2009 Milano, 19 maggio 2009 Per maggiori informazioni: Roberta Corradini [email protected] - tel. 025406311 - www.cfmt.it Modelli emergenti di management a tinta rosa Secondo il 70% delle rispondenti le imprese che hanno un maggior numero di donne nel gruppo di management producono performance migliori delle altre. Ad avviso delle stesse, però, queste performance vanno valutate Il Cnel ha condotto una ricerca su un campione di 1.000 non secondo gli indicatori tradizionali (risultati economi- donne manager e imprenditrici “Donne al vertice e ge- ci e volumi di produzione), che restano comunque elementi importanti, ma secondo indicatori diversi (qualità del prodotto, efficacia nel raggiungimento di obiettivi, qualità del lavoro), che sono spesso prioritari per il successo delle imprese. stione aziendale” per approfondire lo studio delle variabili di genere e del loro ruolo nella gestione in quelle imprese nelle quali le donne hanno rotto il soffitto di vetro. Tre sono state le aree indagate dalla ricerca: 䡵 䡵 䡵 quali sono le ragioni del successo delle donne che ce l’hanno fatta; In conclusione quali sono le differenze di genere nel management, Il tema delle diversità non è semplice. L’interesse di cui oggi e in prospettiva; è circondato deriva da alcuni cambiamenti in atto che le relazioni tra maggiore presenza delle donne nel sempre più s’impongono all’attenzione manageriale. In gruppo di management e successo delle imprese. aggiunta a una necessità di tipo esterno il tema raccoglie anche un’istanza di natura etica. La classifica dei principali fattori che hanno favorito la Sono ormai numerose le aziende, pubbliche e private, in carriera delle rispondenti vede al 1° posto le caratteristi- cui si sono avviati progetti che riguardano i processi di che personali (94,50%), al 2° le caratteristiche organizzative dell’impresa (44,95%) e al 3° posto le caratteristiche del settore (28,13%), seguite a breve distanza dai fattori relativi alla famiglia di origine (25,69%). Per quanto riguarda i modelli di management emergenti, destinati ad avere successo nel prossimo futuro, questi appaiono sempre più tinti di rosa. Accanto infatti alla visione strategica, che resta la caratteristica principale, le altre caratteristiche indicate come dominanti sono l’attenzione alla qualità della vita di lavoro, la condivisione degli obiettivi e la ricerca di soluzioni ad hoc, considerate come fortemente femminili e del tutto assenti o scarsamente rappresentative del modello maschile di management. work and life bilance, ad esempio con la realizzazione di asili nido in azienda, borse di studio e viaggi all’estero per i figli ecc., piuttosto che di supporto alle famiglie con anziani o disabili (convenzioni con strutture sanitarie o case di riposo). Questi progetti di supporto alla famiglia sono molto apprezzati, soprattutto dalle donne, che si fanno carico in misura maggiore dell’organizzazione familiare. Appare comunque evidente come l’accettare la diversità comporta anche un percorso individuale e personale di apprendimento in cui si mettono a fuoco quali stereotipi si sono insediati nella nostra mente e quali diversità si è singolarmente disposti ad accettare. Non sempre ciò è facile. Se alla fine si decide di farlo, affrontare le diversità può diventare una fatica che vale la pena intraprendere. CARATTERISTICHE PIÙ RAPPRESENTATIVE DEL MODELLO DI MANAGEMENT FEMMINILE, MASCHILE E COMUNE (risposta multipla sino a 4 per ogni modello) FEMMINILE (%) MASCHILE (%) COMUNE (%) 1. Intuito 2. Attenzione alla qualità della vita di lavoro 57,46 51,43 3. Conciliazione razionale ed emozionale 36,19 4. Mediazione 35,56 1. Visione strategica 51,75 2. Definizione degli obiettivi 39,68 3. Controllo dei risultati 38,41 4. Visione a lungo termine 28,25 1. Esercizio dell’autorità 68,57 2. Competitività individuale 53,33 3. Ricerca di alleanze 32,38 4. Propensione alla definizione di regole 27,30 Ricerca Cnel “Donne al vertice e gestione aziendale” 44 䡵 DIRIGENTE 12|2008 MANAGEMENT nelle loro politiche di gestione delle persone si muovono come se tutti fossero uguali, classificabili in grandi categorie contrattuali e intercambiabili. Con i rischi che sono sotto i nostri occhi: la perdita di alcuni talenti, il turn over ravvicinato, l’assenza di percorsi di carriera che motivino le persone, la scarsa valorizzazione delle caratteristiche individuali delle persone. Invece nella gestione della diversità devono essere tenuti presenti tutti gli aspetti complementari. Da un lato le persone con i loro valori, le loro culture e i loro comportamenti, dall’altro l’organizzazione e il contesto sociale in cui le persone operano. Cerniera tra questi due elementi è lo stile di leadership diffuso che deve esprimere attenzione e rispetto a questi temi e mettere in atto comportamenti coerenti. Il contributo della formazione Se da un lato le regole progettate per il funzionamento organizzativo (reclutamento e selezione, gestione del personale, valutazione delle prestazioni, sistema premiante, gestione delle informazioni ecc.) possono essere determinanti nel creare discriminazioni, dall’altro, nelle tematiche connesse alla diversity, c’è un’evidente e necessaria complementarietà tra individuo e organizzazione. Qualsiasi percorso di riflessione non può ignorare il fatto che gli stereotipi sono spesso sedimentati profondamente e nascosti all’osservazione. Affrontare il tema a livello individuale significa strutturare delle occasioni, ad esempio formative, che consentano alle persone di avviare un processo di consapevolezza dei propri bisogni e valori. Si possono individuare almeno due aree di lavoro prioritarie: una rivolta specificamente a una riflessione sul “sé” donna, l’altra che inserisce, nel classico tema della leadership, le riflessioni e gli apporti derivanti dalle ricerche condotte in questi ambiti. 䡵 Area del potenziamento del sé Le donne hanno imparato a fare i capi dagli uomini che sono, spesso, l’unico modello di riferimento. D’altro canto le donne che tentano di mantenere le tipiche modalità di relazione e di comunicazione vengono considerate inadeguate come leader: è questo che definiamo “doppio legame organizzativo”. Le cause possono essere ricondotte da un lato alla cultura dell’organizzazione, dall’altro a una sorta di autoboicottaggio femminile: una condizione di “impotenza” che deriva dall’esperienza soggettiva della persona, da convinzioni bloccanti ed emozioni disfunzionali. Diventa quindi importante una riflessione sulle dinamiche nascoste che impediscono alle donne di sentire uno stato di potenza, un’esperienza per mobilitare le risorse che sono state bloccate e recuperare una condizione che consenta di pensare in termini di “possibilità”, di riconoscere a se stesse il “potere” di scelta e di progettualità. Un percorso che permette di analizzare i vissuti psicologici che determinano atteggiamenti e comportamenti autolimitanti fino a condizionare la rinuncia a ruoli di responsabilità, l’esercizio della leadership, il raggiungimento del “successo”; sviluppare un dialogo interno che favorisca comportamenti funzionali allo sviluppo della propria capacità di influenza. In questo percorso si inseriscono momenti specifici di acculturazione sui temi delle culture, dell’antropologia, degli stili relazionali. Queste aree di lavoro si possono affrontare proficuamente offrendo occasioni di discussione guidata, ma anche con percorsi di “contaminazione” delle reciproche esperienze, in cui si sviluppano le occasioni di contatto e di lavoro comune. 䡵 Area della leadership Quali comportamenti di guida sono più congeniali alle esigenze delle aziende di oggi e di domani nel rispetto delle differenze di genere di capi e collaboratori? Secondo una ricerca condotta dal Cnel e rivolta a un campione di donne manager e imprenditrici di successo le differenze ci sono e rilevanti. Sulla base di caratteristiche comuni – che sono essenzialmente la visione strategica, la definizione degli obiettivi, il controllo dei risultati – si innestano caratteristiche molto differenzianti: 䡵 per le donne, l’intuito, l’attenzione alla qualità della vita di lavoro e la conciliazione razionale/emozionale; 䡵 per gli uomini, l’esercizio dell’autorità, la competitività individuale e la ricerca di alleanze. Le donne manager in particolare ritengono di aver fatto carriera perché hanno aggiunto al vecchio profilo del manager nuove e specifiche capacità, tra cui: l’attitudine alla flessibilità, le capacità cooperative, le capacità di esplorazione. Spesso coloro che esercitano un ruolo di comando non hanno coscienza di quanto il loro stile di leadership sia di capitale importanza non solo nella definizione dei valori dichiarati, ma soprattutto nella coerenza con i valori praticati. Diventa quindi utile una riflessione rivolta a tematiche quali: le condizioni di genere sul luogo di lavoro, essere leader al maschile, essere leader al femminile, guidare donne e guidare uomini, per trovare un modello di leadership coerente con i propri valori e con la propria indole, all’interno delle organizzazioni in cui si opera. Ci sono inoltre ambiti di problematiche individuali – ad esempio nei percorsi di carriera al femminile, nella gestione dei congedi per maternità e nella fase di rientro da lunghe assenze – che possono essere affrontate con interventi di tipo one-to-one. Se diverse sono le posizioni e differenti gli approcci personali, la formazione tradizionale può non essere più sufficiente. In questo caso si possono prevedere percorsi di mentoring, counselling o coaching, in cui le persone vengono seguite in modo specifico e differenziato. 䡵 DIRIGENTE 12|2008 䡵 45